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Paolo Cozzo, Andate in pace. Parroci e parrocchie in Italia dal Concilio di Trento a papa Francesco, Carocci, Roma 2014

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University of Turin’s Institutional Research Information System and Open Access Institutional Repository ! ! ! ! ! This!is!the!author's!final!version!of!the!contribution!published!as:! ! Marta!Margotti,!recensione!a!Paolo!Cozzo,!Andate'in'pace.'Parroci'e'parrocchie'in' Italia'dal'Concilo'di'Trento'a'papa'Francesco,!«Impegno»,!1,!2016,!p.!82=84.! ! The!publisher's!version!is!available!at:! http://fondaziovm.cluster011.ovh.net/impegno=50/! ! ! When!citing,!please!refer!to!the!published!version.! ! ! Link!to!this!full!text:!! http://hdl.handle.net/2318/1550586! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! This!full!text!was!downloaded!from!iris=Aperto:!https://iris.unito.it/!!

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rarchi.

L’autore conclude in chiave modesta, affermando esplicitamente che vuole solo offrire «un tassello che si ag-giunge ad un mosaico già ampio e ar-ticolato», un mosaico al quale intende solo dare, e vi è riuscito, un contri-buto.

Maurilio Guasco

Paolo Cozzo, Andate in pace. Parroci

e parrocchie in Italia dal Concilio di Trento a papa Francesco, Carocci,

Roma 2014, pp. 252

Il libro di Paolo Cozzo offre un’ampia sintesi delle trasformazioni che hanno interessato la parrocchia e il ruolo dei parroci dal XVI secolo fino ai giorni nostri, con precisi riferimenti alle vi-cende sviluppatesi nella penisola ita-liana. Dalla ricostruzione emerge un quadro frastagliato, dove si intrec-ciano i diversi aspetti della vita quo-tidiana dei parroci, gli sviluppi delle riflessioni teologiche sul sacerdozio e i costanti tentativi dei vescovi di im-porre ai preti in cura d’anime vinco-lanti norme canoniche in materia spirituale e disciplinare, divenute più stringenti con il Concilio di Trento. Attraverso il riferimento a numerosi casi esemplari, l’autore richiama op-portunamente i condizionamenti po-litici e i mutamenti dell’influenza sociale di un ceto che, in parte note-vole, traeva la sua forza dal carattere “mediatorio” del suo ruolo. Il clero “curato” è stato, in effetti, titolare di mansioni religiose, ma anche di una riconosciuta funzione sociale, perce-pito vicino al popolo e al tempo stesso parte delle élites dirigenti. Ha tradotto nella concretezza delle realtà locali la volontà della Chiesa cattolica di

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nervare con la sua presenza la religio-sità degli individui, ma pure di in-fluenzare le strutture politiche e le dinamiche culturali delle comunità: le pratiche di controllo sociale di cui i parroci sono stati protagonisti risul-tavano tanto più efficaci quanto più il prete era riconosciuto a servizio della comunità, partecipe delle sue vi-cende, ma senza essere di parte. Si trattava di un equilibrio altamente in-stabile, condizionato dal percorso di formazione del singolo prete e delle sue attitudini personali, come pure dalle differenti situazioni in cui si tro-vava a operare e dalle sollecitazioni – ora convergenti, ora contrastanti – provenienti dal vescovo diocesano e dalle autorità locali.

Il ruolo del parroco come «mediatore ideale» (p. 109) tra contadini e “pa-droni”, che emerse con maggiore pre-cisione nel corso del Settecento, si affermò non soltanto (o, forse, non tanto) per le conoscenze teologiche che il prete curato poteva vantare di fronte alla comunità. L’usuale pro-pensione del parroco a tutelare l’or-dine sociale e a richiamare i fedeli al rispetto delle autorità, da un lato, e le sue competenze in campo medico, agronomico ed economico messe a disposizione delle popolazioni che gli erano state affidate, dall’altro, rende-vano il prete un’autorevole figura

fi-duciaria, soprattutto all’interno delle comunità contadine largamente pre-valenti in Italia fino alla metà del No-vecento. Nonostante l’amplissima varietà di forme attraverso cui i sin-goli preti hanno interpretato il loro compito di «gestori del sacro» (p. 67), i parroci hanno acquisito – nei fatti, prima, e formalmente, poi – una po-sizione che li avvicinava (e in alcuni casi li assimilava) ai funzionari pub-blici, con tutta l’ambivalenza che que-sta doppia identità provocava.

Particolare attenzione è dedicata nel volume alle trasformazioni interve-nute nell’ultimo secolo sia nell’auto-rappresentazione del clero curato, sia

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nella percezione pubblica del suo ruolo. La dissoluzione della civiltà contadina che per secoli gli stessi par-roci avevano contribuito a definire, l’emersione della società industriale e di massa e la diffusione di fenomeni di secolarizzazione che hanno radical-mente trasformato l’ethos collettivo, hanno sottoposto a forti tensioni l’istituzione parrocchiale e, con essa, l’identità dei preti in cura d’anime. Pur nella loro eccezionalità, le scelte compiute da alcuni parroci (come Giovanni Minzoni, Primo Mazzolari e Lorenzo Milani) segnalano la crisi del modello “tradizionale” di prete in cura d’anime, di origine tridentina e post-tridentina, manifestatasi nel corso del Novecento. Si tratta di una trasformazione complessa, che ha avuto nel Concilio Vaticano II un momento cruciale di ridefinizione e che ha riflesso i più generali cambia-menti della società italiana, in modo meno evidente – ma non per questo meno rilevante – rispetto al passato. Anche per tale motivo, come corret-tamente osserva Cozzo, è necessario osservare i mutamenti avvenuti nella storia dei parroci e delle parrocchie superando «schematismi interpreta-tivi […] non più compatibili con un approccio storiografico rinnovato» (p. 13): più che le differenze tra alto e basso clero o la distanza tra religiosità

delle classi popolari e spiritualità dei ceti dirigenti, è necessario seguire i fili – ora sottili, ora tenaci – che costrui-scono la trama della storia intreccia-tasi intorno alle parrocchie, che ha attraversato in modo aggrovigliato e persistente le vicende della società ita-liana.

Marta Margotti

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