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PICCOLI FRUTTI COLTIVATI CON METODO BIOLOGICO

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TERRA TRENTIN

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PICCOLI FRUTTI COLTIVATI

CON METODO BIOLOGICO

La coltivazione dei piccoli frutti è un’attività consolidatasi nel tempo nelle zone collinari delle nostre vallate, laddove queste produzioni hanno trovato una loro ottimale collocazione in vir-tù della vocazionalità climatico-ambientale, della dimensione aziendale di norma limitata, non-ché per la professionalità acqui-sita dagli operatori.

Il metodo di gestione adottato per queste colture che richie-dono, più di altre, tecniche colturali condotte con criteri e tecnologie all’avanguardia, ha lasciato finora poco spazio al

perseguimento di una condu-zione agronomica meno inten-siva, ma più in armonia con le esigenze ambientali, obiettivo che invece si prefigge di per-seguire la coltivazione secon-do il metosecon-do dell’agricoltura biologica.

Attualmente non sono molte le aziende operanti nell’ambito dei piccoli frutti inserite nel-l’Elenco degli Operatori biolo-gici curato dalla Provincia, in quanto tale comparto, proprio per il livello specialistico rag-giunto, non sempre è in linea con i dettami del Reg. CEE 2092/91 che disciplina il meto-do di produzione biologica. Vale per tutti, a titolo esempli-ficativo, oltre ovviamente al generale divieto ad impiegare prodotti di sintesi per difesa e concimazione, l’incompatibili-tà per il metodo biologico del-la coltivazione fuori suolo che invece è predominante nel convenzionale per fragola e, in parte, per il lampone.

Inoltre anche dal punto di vi-sta commerciale finora non è stata ritenuta sufficientemente interessante la domanda di pic-coli frutti certificati “biologici”, forse l’aspetto attualmente più limitante al diffondersi di que-ste particolari produzioni. I motivi possono essere diver-si e verodiver-similmente riconduci-bili alle seguenti problema-tiche:

- l’attribuzione a queste produ-zioni da parte del consumato-re di un valoconsumato-re intrinsecamen-te legato alla naturalità e all’am-biente incontaminato tale da

far percepire come superflua la certificazione del metodo di produzione biologico; - il costo al consumatore già di

per sé elevato che non lascia spazio ad ulteriori ritocchi che le produzioni ottenute con metodo biologico di nor-ma richiedono;

- la difficoltà di gestione di due linee di lavorazione per strut-ture commerciali già oberate da pressanti problemi dovuti alla stagionalità dei conferi-menti, scarsa predisposizione alla conservazione dei pro-dotti e molteplicità di lavora-zioni e confezionamenti si-multanei che le varie tipologie produttive richiedono. Si spiega così l’orientamento fi-nora intrapreso dalle aziende produttrici di piccoli frutti certi-ficati biologici di imboccare, pa-rallelamente al consumo fresco, la strada della trasformazione con produzioni di confetture ed altri lavorati di qualità che con-sentono di ovviare in parte alle problematiche sopra esposte. Unitamente alle valutazioni di natura economica e di strategia commerciale occorre conside-rare la scarsa conoscenza e la limitata esperienza sul modo di affrontare secondo i dettami dell’agricoltura biologica aspetti agronomici e fitosanitari speci-fici di queste colture.

Per tali motivi si è ravvisata la necessità di approfondire le tematiche legate alla produzio-ne dei piccoli frutti secondo il metodo dell’agricoltura biolo-gica coinvolgendo diverse aziende, alcune già operanti

Coinvolte sette aziende agricole di altrettante zone del Trentino

PICCOLI FRUTTI COLTIVATI

CON METODO BIOLOGICO

Il programma avviato

nel 2001 è ancora

in corso. Rientra nelle

iniziative finanziate

dalla PAT e finalizzate

a promuovere

e sostenere progetti

dimostrativi

che possano trovare

concrete applicazioni

nelle nostre realtà

produttive. Prime

indicazioni alla fine

del terzo anno.

Alberto Grassi1

Davide Profaizer2

Giuseppe Visintainer3

1U.O. Difesa delle colture – IASMA 2C.A.T. – IASMA

3Ufficio qualità delle produzioni

agroalimen-tari – PAT

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nel settore, altre invece di nuo-va costituzione, inserendole in un programma sostenuto a par-tire dal 2001 dall’Assessorato all’Agricoltura in collaborazio-ne con ’Istituto di S. Michele a/ A nell’ambito delle iniziative finalizzate a promuovere e so-stenere progetti dimostrativi che possano trovare benefiche ricadute e concrete applicazio-ni nelle nostre realtà produtti-ve ( ex art. 40 L.P. 17/81 ). Il progetto ha lo scopo di veri-ficare sul campo la possibilità di coltivare con soddisfazione le più diffuse colture di piccoli frutti secondo i dettami del-l’agricoltura biologica.

In questo percorso conoscitivo non rientra, per diversi motivi, la coltura del mirtillo che co-munque gode già di una di-screta diffusione presso le aziende certificate per la pro-duzione con metodo biologico in virtù di una apprezzabile, intrinseca rusticità.

Le aziende aderenti al proget-to sono sette, individuate su indicazione dell’Associazione Trentina per l’Agricoltura Bio-logica ( A.T.A.Bio) e per la loro posizione geografica rappre-sentano una buona parte del territorio provinciale investito a piccoli frutti.

Gestione della difesa nelle aziende aderenti al proget-to.

In quanto attività dimostrativa, quindi destinata a fornire infor-mazioni utili a quanti vorran-no intraprendere in futuro pro-duzioni di questo tipo, la PAT ha richiesto l’intervento e la supervisione tecnica del perso-nale esperto dello IASMA pre-cisamente della Unità Operati-va Difesa delle Colture, per se-guire le problematiche ineren-ti la difesa da insetineren-ti, acari e funghi e del CAT (Centro

Assi-stenza Tecnica) per quanto at-tiene gli aspetti agronomici ed economici del progetto. Consapevole che questa oppor-tunità costituisce una occasio-ne importante per valutare le reali possibilità di produrre pic-coli frutti con metodi biologici, l’U.O. Difesa delle Colture ha pianificato il proprio interven-to secondo precisi criteri. 1. Tra gli impianti finanziati, ne

sono stati selezionati alcuni quali “campi pilota”, im-pianti cioè dove;

- seguire con regolarità (ogni 7-15 gg circa), me-diante l’applicazione di svariate tecniche di monitoraggio, le dinami-che di popolazione di in-setti ed acari dannosi, uti-li e indifferenti, indivi-duando così anche le epo-che più opportune per un eventuale trattamento; - isolare diverse parcelle

nelle quali poter compa-rare l’efficacia di alcuni formulati commerciali tra quelli d’uso più comune o di diverse tecniche di lot-ta o strategie, verso lo stes-so fitofago bersaglio. Nel contempo, ciò permette di analizzare eventuali ef-fetti collaterali degli inter-venti sugli organismi utili (insetti ed acari predatori

e parassiti) e l’efficacia secondaria dei prodotti verso specie fitofaghe mi-nori e specie indifferenti; - disporre di un utilissimo blocco testimone (non trattato), utile sia al fine di poter valutare l’efficacia dei trattamenti, che per osservare la dinamica na-turale delle popolazioni, senza alcuna interferenza dei trattamenti;

- testare strategie di moni-toraggio dei vari fitofagi (es. controlli visuali, trap-pole cromotropiche, batti-ture, ecc.);

- valutare la fattibilità e l’im-pegno economico delle strategie adottate;

- individuare nuovi fitofagi, o fitofagi minori e occasio-nali;

- individuare soglie di dan-no ecodan-nomico dei vari fitofagi (nelle situazioni di coltivazione in esame); - ricostruire lo sviluppo del

clima (temperatura del-l’aria e umidità relativa), l’influenza delle copertu-re, e mettere in relazione questi dati con le dinami-che di popolazione dei fitofagi chiave.

In buona sostanza, ottene-re quindi alla fine di ogni stagione un quadro

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tivo della evoluzione di una parte della frazione bioce-notica che frequenta gli im-pianti oggetto di indagine, evidenziando le relazioni tra l’ospite, l’ambiente di colti-vazione, i nemici e i fattori di contenimento naturale in genere. Infine poter analiz-zare l’efficacia delle strate-gie adottate, rivederle e reimpostarle per l’anno suc-cessivo, alla luce delle co-noscenze acquisite al termi-ne di ogni stagiotermi-ne.

2. Nelle rimanenti aziende, è sta-ta previssta-ta l’applicazione del-le strategie di difesa più ido-nee, sulla base di monitoraggi decisionali eseguiti dagli stes-si produttori. Ispezioni dei tec-nici IASMA sono programma-te solamenprogramma-te nelle epoche fenologiche strategiche per l’evoluzione dei fitofagi chia-ve delle singole colture. Nonostante notevoli difficoltà nell’assicurare, come previsto, una regolare presenza nelle aziende, al termine del 3° anno è stata raccolta una gran quan-tità di informazioni e dati, che devono essere ancora oppor-tunamente analizzati ed orga-nizzati in un rapporto finale. Senza scendere per ora nel det-taglio, riteniamo che i dati rac-colti permetteranno in partico-lare di:

1. Estrapolare una serie di nor-me di comportanor-mento per realizzare quello che è un fattore chiave nella coltiva-zione e nella difesa dei pic-coli frutti, siano essi prodot-ti con metodi biologici che convenzionali, ovvero la prevenzione. Non si tratta di norme rivoluzionarie, bensì di conferme, nella maggior parte dei casi, di quanto era già noto.

2. Formulare delle ipotesi di strategie di “difesa attiva” dai principali fitofagi delle col-ture considerate in

coltiva-zione biologica. Ipotesi che, chiaramente, saranno parti-colarmente valide per tutte quelle situazioni di coltiva-zione analoghe o vicine a quelle considerate nel pro-getto.

All’interno della prevenzione, ad esempio, è emersa in tutta la sua importanza la necessità di rispettare per ogni specie la vocazionalità pedo-climatica. Si tratta di un presupposto fon-damentale affinché la pianta sia messa nelle condizioni ottimali per esprimere la propria resi-stenza naturale verso i fitofagi. Per quanto riguarda, ad esem-pio, il lampone rifiorente e la fragolina di bosco, nello stes-so impianto, caratterizzato da un terreno fortemente carbo-natico, l’infestazione di

Tetra-nychus urticae (ragnetto rosso)

ed il danno conseguente si è sviluppata in modo significati-vamente più massiccio sulle piante più clorotiche ed espo-ste alle temperature più eleva-te duraneleva-te il giorno.

Relativamente invece alla dife-sa attiva, è emerdife-sa l’importan-za del monitoraggio costante delle colture sin dalle prime fasi vegetative, alla ricerca delle prime forme infestanti di insetti ed acari.

Infatti, tutte le sostanze saggia-te nel progetto, ed alcune in modo particolare (es. azadirac-tina), dimostrano di avere una efficacia tanto maggiore, quan-to più sono precoci gli inter-venti, indirizzati su popolazio-ni ancora contenute.

Si deve considerare infatti che questi prodotti non hanno in genere il potere abbattente e la persistenza d’azione che carat-terizza molti dei prodotti di sin-tesi chimica. Per ottenere il massimo beneficio dalle so-stanze di origine naturale ed evitare numerosi trattamenti, è necessario un intervento tem-pestivo e precoce, che possa

evitare la formazione di grosse colonie di insetti e di acari, di più difficile controllo.

In sostanza, chi intende pro-durre piccoli frutti biologici è chiamato ad una forte “relazio-ne” con il proprio impianto, si-curamente superiore a quella richiesta al produttore conven-zionale.

Il legame della coltura con il proprio ambiente di coltivazio-ne (inteso in senso lato; terre-no, clima, biocenosi, interven-ti agronomici, ecc.) si basa su equilibri più delicati che non nel convenzionale.

I mezzi produttivi a disposizio-ne devono essere conosciuti e sapientemente impiegati, inte-grati e valorizzati.

Aziende partecipanti al pro-getto.

Azienda Giacomozzi Mirta, situata a Gaggio di Segonzano in Val di Cembra, ad un’altitu-dine di 820 m slm, con giacitura declive ed esposizione a Nord - Ovest. Il terreno, ricco in so-stanza organica, ha reazione acida. L’azienda è composta da 7 appezzamenti in cui si colti-vano la mora Lochness, nume-rose cultivars di mirtillo tra cui un appezzamento di Brigitta, ciliegio tardivo e lampone rifiorente. Gli appezzamenti interessati dal progetto sono 2, entrambi coltivati a lampone rifiorente della varietà Herita-ge, con copertura antipioggia, per una superficie complessi-va di 700 mq. Quello posto più in alto è costituito da 2 tunnel affiancati larghi 5 metri e lun-ghi 30; quello in basso, in pros-simità della chiesa, da 4 tunnel di 20 metri, al centro dei quali si trovano due grossi meli se-colari.

Il lampone in questi impianti non ha mai sofferto fino ad ora di particolari problematiche legate

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a presenza di fitofagi o di origi-ne fungina; i polloni, specie origi- nel-l’impianto posto ad altitudine inferiore, crescono vigorosi e con un diametro piuttosto mar-cato. Sono frequenti le spacca-ture dell’epidermide sulla base dei polloni e, di conseguenza, gli attacchi di Resseliella theobaldi (cecidomia del pollone). Sebbe-ne il danno dei funghi associati a questo insetto sia spesso evi-dente, esso non ha mai portato a morte il pollone durante la sta-gione di produzione.

Popolazioni modeste di

Tetra-nychus urticae (ragnetto rosso)

sono state fino ad ora controlla-te da fitoseidi naturali

Azienda agrituristica Brugnara Fabio, situata nel comune di Meano in località Gorghe alla quota di circa 600 m slm espo-sta ad Ovest, con giacitura leg-germente declive, caratterizza-ta da terreno argilloso a reazio-ne basica. L’attività agricola vie-ne effettuata su un appezza-mento di 1500 mq, tutto coper-to con tunnel antipioggia. Vi si coltiva ribes rosso della varietà Rovada, a grappolo lungo e maturazione tardiva, in 5 tunnel di 20 metri di lunghezza; mora Lochness in 5 tunnel di 20 me-tri e lampone rifiorente Heritage in 6 tunnel di 18 metri.

L’evoluzione dei fitofagi nell’im-pianto di mora viene seguita con una certa frequenza in que-sto impianto. Data la vicinanza con il bosco, si riscontrano ogni anno attacchi piuttosto consi-stenti e pericolosi di

Anthono-mus rubi (antonomo)

contrasta-to efficacemente con piretro naturale e di larve di lepidotteri defogliatori nelle prime fasi del-la ripresa che possono arrecare danno diretto anche ai boccioli fiorali, parzialmente controllati con azadiractina e Bacillus

thuringiensis) Gli afidi, che in

alcune primavere calde e umi-de possono dare luogo a colo-nie di dimensioni ragguardevoli con effetto temporaneo depri-mente sulla crescita della vege-tazione, si controllano facilmen-te con piretro o rofacilmen-tenone. Azienda biodinamica Gadler Luigi, sita nel comune di Pergine Valsugana, in cui si col-tivano melo, mirtillo e lampo-ne. L’appezzamento interessa-to dalla sperimentazione è ubicato nella frazione di Zivignago con giacitura pianeg-giante. Il suolo è a reazione sub-acida, di tessitura fine con qual-che problema nello sgrondo dell’acqua, della superficie di 1600 mq, coltivato a lampone unifero della varietà Tulameen,

disposto su 4 file della lunghez-za complessiva di 120 metri cia-scuna e coperte da 2 file affian-cate di tunnel della lunghezza di 20 metri in modo tale da fa-vorire una buona ventilazione. Il lamponeto non ha trovato nelle sua collocazione un am-biente ideale e la crescita ne ri-sente fortemente ogni anno. Non è stato possibile effettuare osservazioni degne di nota in questo impianto, se non duran-te il primo anno di coltivazio-ne, quando è stata registrata una infestazione di tripidi (Thrips

fuscipennis). Proveniente dalle

erbacee dei prati, questa popo-lazione (che ha raggiunto un massimo di circa 10 forme mo-bili/fiore) non ha causato alcun danno alla produzione. Presenti sin dalla ripresa vegetativa ne-gli apici ancora avvolti dei get-ti, questi insetti provocano necrosi e spaccature del lembo fogliare, piuttosto insignificanti agli effetti dello sviluppo rego-lare della vegetazione.

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Azienda Debiasi Stefano, og-getto di monitoraggio in un appezzamento situato nel co-mune di Rovereto sul colle del-la Campana dei Caduti, a mez-za costa ad altitudine di 250 m slm con giacitura pianeggian-te. Il terreno è calcareo e ricco di scheletro. La superficie oc-cupata dal lampone rifiorente è di 1280 mq, coperti da 4 tun-nel disposti per 2, affiancati, della lunghezza di 30 metri cia-scuno e precedentemente im-piegati per la coltivazione di ortaggi. Accanto ad esso, ci sono alcuni tunnel di fragole della varietà Madleine ed un filare di ribes nero per la pro-duzione di confetture, colture queste ultime non rientranti nell’iniziativa.

Rilievi entomologici sono stati eseguiti solamente durante il primo anno di coltivazione in questa azienda. é stata registra-ta all’epoca una pericolosa infestazione precoce (primave-rile/estiva) di Tetranychus

urticae, controllata mediante

l’abbinamento di metodi agronomici (aumento del teno-re di umidità teno-relativa sotto i tun-nel) e l’impiego tempestivo di olio minerale leggero

Azienda Pucher Bruna, situata a Povo di Trento in posizione collinare, con giacitura declive ed esposizione a ovest. Il

terre-no è calcareo e a reazione basica. Vi si coltiva, in sistemazione a rittochino, lampone rifiorente della varietà Heritage su 2000 mq avvalendosi dell’impiego di tun-nel con caratteristiche standard. Il lamponeto ha manifestato ogni anno problemi piuttosto gravi di clorosi ferrica; le piante, notevol-mente stressate da questa situa-zione pedologica, sono state in-teressate da forti infestazioni di ragnetto rosso (che ha potuto raggiungere livelli di presenza notevoli, anche grazie alle ele-vate temperature estive del sito). Il controllo di questo fitofago è diventato l’obiettivo primario della difesa in questo impianto; l’impiego dell’olio minerale esti-vo e dei predatori commerciali (es. Amblyseius californicus) ha dato buoni risultati. Il controllo dell’Anthonomus rubi median-te piretro naturale (un doppio intervento poco prima della fio-ritura) si è rivelato efficace

Azienda Baldessari Michela, collocata sulla collina di Martignano in prossimità della strada che porta in Valsugana ad un altitudine di 280 m slm, con giacitura leggermente declive ed esposizione ad ovest. Il terreno è calcareo e a reazione sub-basica. Vi si col-tiva su 2000 mq coperti con tunnel antipioggia la mora

spi-nosa Topee, rustica, caratteriz-zata dalla maturazione preco-ce e 2000 mq di ribes rosso pre-coce, varietà Junifer. Questi due impianti sono stati ogget-to di frequenti ispezioni da par-te dei par-tecnici IASMA.

La mora spinosa presenta una vigoria naturale piuttosto mar-cata, che la aiuta nella resisten-za verso diversi fitofagi; annual-mente si ripresentano alla ripre-sa vegetativa (aprile-maggio) infestazioni di afidi, che specie in alcune stagioni possono rag-giungere livelli notevoli. Il dan-no diretto è assai debole (rallen-tamento della crescita dei getti colpiti e imbrattamento dei frutti con melata); il trattamento con piretro naturale effettuato poco prima della fioritura per il con-trollo dell’antonomo, altro inset-to chiave di questa coltura in questa zona, consente la limi-tazione anche degli afidi. Per quanto riguarda il ribes, certa-mente gli afidi (e tra questi

Cryptomyzus ribis e Aphis schneideri) sono i fitofagi

chia-ve in questo impianto; l’impie-go dell’olio minerale a fine in-verno riduce sensibilmente le infestazioni primaverili, che possono essere limitate anche con trattamenti a base di piretro o rotenone. La sesia del ribes viene controllata mediante ap-plicazione della confusione ses-suale.

Azienda Manfrini Marco, si-tuata nell’abitato di Noriglio posto all’imbocco delle Valli del torrente Leno alla quota di 494 m slm. Si tratta di un appezzamento con giacitura declive, con esposizione ad ovest e condizioni di tempera-ture favorevoli in inverno e molto caldo e ventilato in esta-te. Il pendio è terrazzato con muri a secco che ne consente la meccanizzazione solo in for-ma leggera; inoltre le rigide geometrie dei tunnel di

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tura poco si adattano a questi terreni di conformazione irre-golare generando numerose tare di superficie. Il terreno è calcareo a reazione sub-basica. Nella parte superiore dell’ap-pezzamento si coltiva fragolina di bosco della cultivar Alexan-dria, coperta da 5 tunnel per una superficie totale di 365 mq; nella parte sottostante lampo-ne unifero Tulameen, in 5 tun-nel per 380 mq complessivi e 2 tunnel di more per 120 mq di superficie.

Certamente, la fragolina è tra tutte le colture interessate da questo progetto, quella che ha dimostrato di soffrire maggior-mente degli attacchi di alcuni fitofagi. Inoltre, il lungo ciclo colturale (da aprile a ottobre) e l’accavallarsi degli stadi fenologici che caratterizza que-sta coltura, ne rende difficile la difesa. In questo sito, tra l’al-tro, la pianta non ha potuto esprimere la sua resistenza na-turale, a causa di un contenuto carbonatico piuttosto forte nel suolo e a temperature estive decisamente elevate sotto le

coperture in nylon, che ne han-no impedito una crescita ottimale. Ciò conferma la no-tevole importanza che riveste nelle produzioni biologiche (ma non solo) il rispetto della vocazionalità pedoclimatica per queste colture.

Il ragnetto rosso si è sempre sviluppato con popolazioni medio-alte, specialmente nei tratti dell’impianto più soleg-giati e sofferenti a causa della clorosi ferrica che interessa tut-to l’impiantut-to. Il controllo è sta-to difficile, e ci si è affidati sia a metodi agronomici (impiego di nebulizzatori per innalzare l’umidità relativa sotto le coper-ture), che di lotta biologica (ri-lasci di A.californicus). Sin dalla ripresa vegetativa, di-verse specie di afidi infestano le piante e possono rapida-mente sviluppare colonie nu-mericamente consistenti; la crescita vegetativa può subire forti rallentamenti e le colonie possono passare ad interessa-re i fiori e i frutti, imbrattandoli di melata e ritardandone la maturazione. Si trovano afidi sulla coltura per tutta la durata del ciclo colturale. La lotta me-diante l’impiego di sostanze naturali è necessaria nelle pri-me fasi della crescita vegeta-tiva, per evitare la formazione di dense colonie, difficili poi da controllare. A questo scopo, piretro naturale e rotenone si sono dimostrati efficaci. L’antonomo può provocare danni di una certa consisten-za, dal momento che dispone di boccioli per un lungo peri-odo; il trattamento ad inizio fioritura, non consente un controllo persistente durante la stagione.

In alcune stagioni, i tripidi (Thrips tabaci) si sono presen-tati con popolazioni medio-alte, creando comunque dan-ni di debole consistenza.

Considerazioni di carattere agronomico.

Dopo il terzo anno di coltiva-zione, giunti alla metà della durata del progetto dimostrati-vo, si possono fare le prime considerazioni in merito ai ri-sultati, seppur parziali, rag-giunti.

La coltura che ha dimostrato di adattarsi meglio al metodo di coltivazione biologica, è stato il lampone rifiorente della cultivar Heritage, che ha confermato di possedere una rusticità intrinseca e ha forni-to buoni risultati nella mag-gior parte delle varie situazio-ni di coltivazione. Il proble-ma principale emerso nella coltivazione è stata l’indivi-duazione dell’esatto momen-to di esecuzione del taglio dei polloni per il controllo della cecidomia ed il ritardo del-l’epoca di maturazione, che in annate siccitose come il 2003 ha creato problemi di ricre-scita dei germogli quando eseguito troppo tardi. Si può quindi affermare che in regi-me di agricoltura biologica, con la difficoltà di sostenere sufficientemente la coltura a causa della limitata disponibi-lità di concimi a pronto effet-to aueffet-torizzati all’impiego, l’opportunità di esecuzione di questa operazione va valuta-ta attenvaluta-tamente in base alla vi-goria dell’impianto e alla fertilità del terreno, evitando in ogni caso di effettuarla in presenza di polloni troppo sviluppati.

Non altrettanto positivi sono stati i risultati raggiunti dal lam-pone unifero della varietà Tula-meen, che ha dimostrato di soffrire dei problemi di dissec-camento invernale in entram-bi gli amentram-bienti di coltivazione. Altri limiti incontrati nella col-tivazione sono stati la sensibi-lità alla clorosi ferrica e ai

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gni idrici, che hanno determi-nato la diffusione di malattie dell’apparato radicale, quali

Agrobacterium tumefaciens e

fitoftora con conseguente ridu-zione della vigoria e del nume-ro di polloni emessi.

La mora ha dimostrato di sof-frire particolarmente la siccità; solo nelle situazioni con ottimale rifornimento idrico la vigoria delle piante è risultata ideale, mentre negli altri casi la produzione in questi primi anni ha risentito dello scarso sviluppo delle piante. È co-munque ragionevole supporre che in futuro, con la progressi-va espansione e affrancamen-to dell’apparaaffrancamen-to radicale, la si-tuazione possa migliorare. Anche il ribes ha avuto un com-portamento simile a quello del-la mora, dimostrando proble-mi di liproble-mitata vigoria nei terre-ni più siccitosi; questo incon-veniente ha provocato un contenimento della vigoria del-la pianta che non ha consenti-to il raggiungimenconsenti-to degli obiettivi produttivi prefissati. La situazione è stata ulteriormen-te compromessa dalle forti grandinate verificatesi nel-l’estate 2003 che hanno interes-sato anche una parte della su-perficie del progetto investita a mora. Si può comunque ipo-tizzare anche per questa coltu-ra, vista la rusticità e capacità di recupero, il raggiungimento di una buona capacità produt-tiva nel corso delle prossime stagioni, seppur più lentamen-te rispetto alla mora.

Per quanto riguarda la fragolina di bosco, si conferma la sensi-bilità della coltura alla presen-za di calcare attivo, che risulta di difficile soluzione nonostan-te l’apporto di fertilizzanti e ammendanti specifici. La clorosi che ne consegue viene accentuata dalle elevate tempe-rature raggiunte causate anche dai muri a secco che

costitui-scono i terrazzamenti su cui si sviluppa l’azienda e dall’eleva-ta insolazione dovudall’eleva-ta all’espo-sizione del terreno. Per ovvia-re a questi inconvenienti viene adottata una rete ombreggian-te unitamenombreggian-te alla ombreggian-tecnica del-la microaspersione il cui effet-to combinaeffet-to dovrebbe sortire i benefici desiderati.

Si conferma che anche la fragolina, come pure la frago-la, si adatta con più difficoltà delle precedenti colture alle condizioni ed ai vincoli della coltivazione biologica essendo entrambi specie ad elevato input. Tale gap viene comun-que compensato dall’interes-sante remunerazione fino ad ora spuntata sul mercato loca-le dei prodotti per alta pastic-ceria e ristorazione.

Considerazioni finali

Per la buona riuscita di una coltura è fondamentale una valutazione approfondita del-la vocazionalità deldel-la zona, data dall’insieme delle caratte-ristiche ambientali, pedo-cli-matiche e della disponibilità idrica, per non dover incorre-re successivamente in proble-matiche colturali non sempre di facile soluzione. Questo

pre-supposto se è valido per la pra-tica convenzionale di coltiva-zione, diventa imprescindibile nel metodo di coltivazione bio-logico per motivo di un più ra-gionato impiego dei mezzi tec-nici che contraddistingue tale disciplina, la loro limitata di-sponibilità prevista dal Reg. CEE 2092/91 e per un genera-le maggior costo d’acquisto. Le soluzioni fitoiatriche adotta-te contro i più comuni parassi-ti, manifestatisi nel corso di quest’iniziativa, ed ammesse dalle normative vigenti pur con i noti limiti di persistenza e ef-ficacia consentono di trarre dei positivi riscontri se applicate con i criteri dianzi esposti, ga-rantiscono sufficientemente gli operatori del settore.

Il settore, per poter trovare ul-teriori convinte adesioni, ne-cessita di un maggior ricono-scimento sotto il profilo com-merciale di quanto finora rea-lizzato, in quanto l’impegno ri-chiesto per una razionale ge-stione degli impianti, i costi di produzione di norma superio-ri e le rese produttive non sem-pre in linea con il convenzio-nale rendono la scelta del pro-durre piccoli frutti secondo il metodo dell’agricoltura biolo-gica particolarmente impegna-tiva.

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