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View of Fabio Cleto, Intrigo internazionale. Pop, chic, spie degli anni sessanta

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Between, vol. III, n. 5 (Maggio/ May 2013)

Fabio Cleto

Intrigo internazionale.

Pop, chic, spie degli anni sessanta

Milano, Il Saggiatore, Le Silerchie, 2013, 160 pp.

Il testo di Fabio Cleto scorre come un lungo piano sequenza su un caso culturale a lungo dibattuto e sviscerato, il camp. Fenomeno ineffabile e sfuggente, da sempre, a facili classificazioni. Ma, sebbene la letteratura sul camp sia alquanto vasta e i tentativi di definizione talvolta impervi, è possibile riconoscere nel libro di Cleto indubbi elementi di originalità e pregio. L’autore predilige percorsi narrativi accattivanti, rievoca personaggi ed eventi insoliti, scova legami e interdipendenze dalle connotazioni complesse e dagli investimenti semantici imprevisti. La metodologia analitica della ricerca rappresenta un ulteriore tratto distintivo del testo, particolarmente vicino, forse inconsapevolmente, ai criteri d’indagine della sociosemiotica. Cleto approfondisce, infatti, i testi e i contesti socioculturali di tutti i linguaggi che hanno, attraverso molteplici procedure della significazione, allestito, nutrito e reiterato l’immenso spettacolo del camp: la fotografia, il cinema, l’arte, la pubblicità, la moda, i fumetti, la critica culturale, persino la pornografia. Il verbale viene inoltre accompagnato da contributi visuali importanti e continui: una lunga rassegna di immagini tratte da film, spot pubblicitari, giornali dell’epoca, scorci di un immaginario denso e sfaccettato che l’autore trasmette nella sua interezza. Il testo ha il merito di ricreare minuziosamente l’essenza, l’atmosfera di un fenomeno plurimo,

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Fabio Cleto, Intrigo internazionale. Pop, chic, spie degli anni sessanta. (Mariangela Bio)

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tradizionalmente complesso, supportato nella sua ascesa da fattori e processi macrosociali che l’autore, inoltre, non dimentica sapientemente di evidenziare: il consumismo americano, il movimento femminista, le rivoluzioni sessuali, i travolgimenti della cultura pop, i dettami dello show business ecc… La scrittura è veloce, ma non superficiale, ilare, ma non vacua, strizza l’occhio fino alla fine ad una leggibilità fluida e gradevole. Il racconto-riflessione, seppur seducente e giocoso, a tratti irriverente, rimane stabile su basi tangibili di conoscenza, di concretezza della visione, di approfondimento tematico. Memorie, eventi reali, personaggi noti, (Baby Jane, Andy Warhol, Tom Wolfe, Susan Sontag, Batman e Robin ecc…) danno corpo ad una narrazione scorrevole, sovente documentaristica, comunque sicura dei suoi elementi di realtà. E se inizialmente Cleto provoca l’orizzonte d’attesa del suo lettore modello: «Benvenuti all’inaugurazione dello spettacolo totale. Avete l’abito adatto?» (p. 9), in realtà è proprio lui, grazie ad un corpus narrativo traboccante di indizi, suggerimenti interpretativi e orientamenti preziosi, a regalargli il vestito più consono: lo sguardo camp; uno stile percettivo unico ed ineffabile, una visione del mondo obliqua, un’attitudine conoscitiva di molti, ma non di tutti. Ma il leitmotiv del libro è, inaspettatamente, il poliedrico campo tematico dello spionaggio. L’autore racconta come e perché «Il camp era un discorso segreto» (p. 60), legato a filo doppio al non-detto, al non-lineare, al non-vero, e per farlo assume tre coordinate narrative imprevedibili, tre protagonisti del tempo, icone pop apparentemente lontanissime fra loro: Goldfinger, La ragazza che

sapeva troppo e Il terzo uomo (nel pieno rispetto dello spirito camp e del

gioco testuale non svelo le identità dei personaggi). Le icone prescelte sono fondamentali sia a livello tematico, in quanto imprescindibili chiavi di lettura del fenomeno in sé, sia a livello strutturale del testo (i primi tre capitoli sono dedicati interamente a ciascuno dei personaggi

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ed il quarto La resa dei conti trae le conclusioni sul loro legame profondo). Nell’ultimo capitolo: 48 anni dopo, un sequel di scarto l’autore riflette sull’Italia spiazzante e demotivante degli anni zero, un altro possibile palcoscenico del camp o piuttosto di una sua triste degenerazione. Il tono ironico si veste d’amaro, la rievocazione cede posto alla critica, avanza la delusione per gli anni peggiori che la vitalità culturale del passato potesse aspettarsi: «Gli anni zero italiani sono uno sterminato freak show, un teatro dell’errore, un mondo alla rovescia che ridisegna i campi del plausibile, e vi colloca come centro la logica dello Spettacolo Totale. Pettegolezzo, scandali, rivelazioni scabrose, satiriasi ostentate e compulsiva esibizione di sé…» (p. 142). Nel finale l’autore auspica il ritorno di un nuovo camp, un nuovo fenomeno travolgente e liberatorio, tanto rivoluzionario, quanto sorprendente, e indica persino la nuova probabile icona pop del nostro tempo: «Un pontefice che sembri uscire da un copione di 007. Così perfidamente elegante, così inesorabilmente medievale. Divino.» (p. 147). Chissà che non si riveli una premonizione.

L’autrice

Mariangela Bio è dottore di ricerca in Letterature comparate all’università di Bologna. Email: maribioleta@libero.it

La recensione

Data invio: 30/03/2013 Data accettazione: 30/04/2013 Data pubblicazione: 30/05/2013

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Fabio Cleto, Intrigo internazionale. Pop, chic, spie degli anni sessanta. (Mariangela Bio)

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