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Analisi e simulazione di convertitori a struttura risonante per l'alimentazione di un trasformatore rotante

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Academic year: 2021

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POLITECNICO DI MILANO

Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettrica

ANALISI E SIMULAZIONE DI

CONVERTITORI A STRUTTURA RISONANTE

PER L’ALIMENTAZIONE DI UN

TRASFORMATORE ROTANTE

Relatore: Prof. Marco Mauri

Tesi di laurea di:

Andrea Pini 883975

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RINGRAZIAMENTI

Dopo anni di studio è finalmente arrivato il momento tanto atteso e con esso anche quello dei ringraziamenti a tutti coloro che mi sono stati accanto.

Vorrei ringraziare il prof. Mauri per l’aiuto fornitomi durante tutto il periodo di stesura della tesi, per la disponibilità e la collaborazione che mi hanno permesso di portare a termine questo lavoro.

Un enorme ringraziamento va a mia mamma e mio papà, così come a tutta la mia famiglia, che con il loro continuo sostegno, sia morale che economico, durante questi anni di studio, mi hanno permesso di raggiungere questo importante traguardo.

Un grazie di cuore anche a tutti i miei amici che tutti i giorni mi sopportano, condividono con me esperienze speciali e anche in questo caso hanno avuto un ruolo fondamentale.

Grazie poi ai miei tre fantastici coinquilini, con i quali ho vissuto degli anni intensi e ricchi di emozioni, che hanno reso la mia permanenza a Milano molto più lieta e piacevole.

Grazie di cuore veramente a tutti, vi voglio bene. Andrea Pini

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INDICE

ABSTRACT ... 9

LISTA DELLE FIGURE ...11

LISTA DELLE TABELLE ... 17

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE ... 19

CAPITOLO 2. DESIGN OTTIMALE DEL TRASFORMATORE ROTANTE ... 23

2.1 Trasformatore rotante da 4 kW ... 23

2.1.1 Traferro di 1 mm ... 23

2.1.2 Traferro di 1 cm ... 28

2.2 Trasformatore rotante a potenza ridotta da 5 W ... 31

CAPITOLO 3. CONVERTITORE RISONANTE DI POTENZA ... 37

3.1 Introduzione ai circuiti risonanti di potenza ... 37

3.1.1 Soft Switching ... 39

3.2 IGBT E MOSFET... 40

3.3 Inverter ... 45

3.3.1 Chopper a due quadranti ... 45

3.3.2 Tempo morto ...47

3.3.3 Controllo del chopper a due quadranti ... 48

3.3.4 Chopper a quattro quadranti ... 49

3.4 Raddrizzatore ... 50

CAPITOLO 4. TOPOLOGIE DI CONVERTITORI RISONANTI ... 55

4.1 Generalità dei convertitori di tipo risonante ... 55

4.2 Approssimazione all’armonica fondamentale ... 59

4.3 Elementi risonanti ... 62

4.4 Strutture risonanti a 2 e a 3 elementi ... 67

(6)

CAPITOLO 5. SIMULAZIONI E RISULTATI SU TRASFORMATORE DA 4 kW ... 77

5.1 Struttura risonante con condensatori di compensazione ... 78

5.1.1 Dimensionamento per trasformatore con traferro di 1 mm ... 81

5.1.2 Risultati con traferro di 1 mm ... 82

5.1.3 Risultati per incremento del traferro da 1 a 10 mm ... 84

5.1.4 Dimensionamento per trasformatore con traferro di 10 mm ... 87

5.1.5 Risultati con traferro di 10 mm ... 89

5.1.6 Risultati per incremento del traferro da 8 a 12 mm ... 91

5.2 Struttura risonante LLC ... 94

5.2.1 Dimensionamento per trasformatore con traferro di 1 mm ...97

5.2.2 Risultati con traferro di 1 mm ... 99

5.3 Struttura risonante con rete Z-Source ... 101

5.3.1 Risultati con traferro di 1 mm ... 103

5.4 Struttura risonante con rete Z-Source ridotta ... 105

5.4.1 Risultati con traferro di 1 mm ... 107

CAPITOLO 6. SIMULAZIONI E RISULTATI SU TRASFORMATORE A POTENZA RIDOTTA ... 111

6.1 Struttura risonante con condensatori di compensazione ... 111

6.1.1 Dimensionamento per frequenza di 10 kHz ... 112

6.1.2 Risultati con frequenza di 10 kHz ... 113

6.1.3 Dimensionamento per frequenza di 20 kHz ... 114

6.1.4 Risultati con frequenza di 20 kHz ... 115

CAPITOLO 7. CONCLUSIONI ... 119

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(9)

9

ABSTRACT

Il trasformatore rotante è una macchina elettrica in grado di trasferire energia senza contatto da primario a secondario, uno dei quali si trova in movimento. Questa tecnologia consente quindi di posizionare l’avvolgimento secondario direttamente sul sistema rotante di interesse e di andare a sostituire sistemi più complesse sia in

termini di manutenzione che in termini di affidabilità come possono essere gli slip ring. Punti fondamentali nello studio del trasformatore rotante sono il dimensionamento e l’efficienza. Durante la progettazione di quest’ultimo si è quindi cercato di

minimizzarne le dimensioni e al contempo massimizzarne l’efficienza, sempre nel rispetto di quelli che sono i suoi vincoli e le sue proprietà. Ruolo altrettanto importante viene ricoperto da ciò che permette la conversione dell’energia in modo da poter alimentare la macchina in maniera corretta e di ottenere i risultati desiderati, ovvero l’elettronica di potenza. Lo scopo di questo studio è quello di progettare il migliore sistema di conversione dell’energia utilizzando una struttura risonante che vada a minimizzare i disturbi presenti nel segnale e quindi a massimizzare l’efficienza del trasferimento di potenza, tramite un trasformatore rotante, ad un carico resistivo. Queste resistenze poi, scaldandosi per effetto Joule, andranno a sciogliere il ghiaccio che si forma sulle pale degli elicotteri. È stato sviluppato un modello analitico con Maxwell 2D poi analizzato con il software ANSYS Electronics Desktop utilizzando varie strutture risonanti. Un modello di trasformatore rotante a potenza ridotta, già

realizzato in laboratorio, è stato poi sottoposto alle medesime analisi. I risultati ottenuti sono stati infine confrontati con quelli del modello analitico della macchina stessa.

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LISTA DELLE FIGURE

FIGURA 1.1 Trasformatore rotante ... 19

FIGURA 1.2 Schema elettrico inverter a doppio ponte ... 20

FIGURA 1.3 Sistema elettronico di potenza ... 21

FIGURA 1.4 Microsistema elettronico del pacemaker ... 22

FIGURA 2.1 Curva di magnetizzazione della ferrite ... 24

FIGURA 2.2 Vista in sezione di un trasformatore rotante con configurazione assiale ... 27

FIGURA 2.3 Rappresentazione in sezione del trasformatore rotante a potenza ridotta ... 32

FIGURA 2.4 Albero, nucleo secondario e avvolgimento secondario del trasformatore rotante ... 32

FIGURA 2.5 Trasformatore rotante completo ... 33

FIGURA 2.6 Efficienza in funzione del numero di spire primarie e secondarie... 34

FIGURA 3.1 Modello circuitale generico di un convertitore risonante ... 37

FIGURA 3.2 Reti risonanti di tipo serie, parallelo e ibrida LCC ... 38

FIGURA 3.3 Schema circuitale di un convertitore risonante DC-DC ... 38

FIGURA 3.4 Convertitore DC-DC con rete risonante serie ... 39

FIGURA 3.5 Struttura di un pMOSFET ... 41

FIGURA 3.6 Struttura di un MOSFET di potenza ... 41

FIGURA 3.7 Simbolo circuitale del MOSFET ... 42

FIGURA 3.8 Simbolo circuitale dell’IGBT ... 43

FIGURA 3.9 Caratteristica V-I dell'IGBT ... 43

FIGURA 3.10 Simbolo circuitale di un diodo freewheeling ... 44

FIGURA 3.11 Schema circuitale del chopper a due quadranti e quadranti di funzionamento ... 45

FIGURA 3.12 Tempo morto nella transizione dallo stato 2 allo stato 3 e viceversa ... 47

FIGURA 3.13 Schema circuitale del chopper a quattro quadranti e quadranti di funzionamento ... 49

(12)

12

FIGURA 3.14 Schema circuitale del raddrizzatore non controllato e quadrante di

funzionamento ... 51

FIGURA 3.15 Tensione e corrente in ingresso e in uscita ad un raddrizzatore non

controllato collegato ad un carico ohmico-induttivo ... 53

FIGURA 3.16 Tensione e corrente in ingresso e in uscita ad un raddrizzatore non

controllato collegato ad un carico ohmico-capacitivo ... 53

FIGURA 3.17 Corrente di picco ripetitivo e corrente media in uscita al rettificatore ... 54 FIGURA 3.18 Corrente di picco assorbita dal raddrizzatore al momento

dell'inserzione in rete ... 54

FIGURA 4.1 Schema di principio di un convertitore risonante con alimentazione

in tensione ... 55

FIGURA 4.2 Convertitore a tensione impressa con circuito risonante serie

e carico connesso in serie ... 57

FIGURA 4.3 Convertitore a tensione impressa con circuito risonante serie

e carico connesso in parallelo ... 57

FIGURA 4.4 Convertitore a tensione impressa con circuito risonante serie ibrido

di tipo LCC e carico connesso in parallelo a Crp... 58

FIGURA 4.5 Convertitore a corrente impressa con circuito risonante parallelo

e carico connesso in parallelo ... 58

FIGURA 4.6 Inverter a mezzo ponte, struttura risonante LLC e rettificatore

con trasformatore a presa centrale ... 59

FIGURA 4.7 Prima armonica di VA e di VR ... 60

FIGURA 4.8 Relazione tra la corrente in uscita dalla struttura risonante IR

e il valore medio della corrente circolante nel carico IOUT/n ... 61

FIGURA 4.9 Circuito risonante serie ibrido di tipo LLC linearizzato con FHA ... 62 FIGURA 4.10 Struttura risonante SR e relative curve di guadagno ... 63 FIGURA 4.11 Strutture risonanti PR con Cr e Lr in parallelo all'uscita

e rispettive curve di guadagno ... 64

FIGURA 4.12 Strutture risonanti NR con Cr ed Lr in parallelo e in serie;

curve di guadagno della struttura con Cr ed Lr in parallelo ... 65

FIGURA 4.13 Struttura risonante NR con Cr ed Lr in serie sul ramo parallelo

(13)

13

FIGURA 4.14 Tipologie di circuiti risonanti a due elementi: tipo A, tipo B, tipo C,

tipo D, tipo E, tipo F, tipo G, tipo H ... 67

FIGURA 4.15 Tipologie di circuiti risonanti a tre elementi: tipo I, tipo II, tipo III, tipo IV, tipo V, tipo VI, tipo VII, tipo VIII, tipo IX, tipo X, tipo XI, tipo XII, tipo XIII, tipo XIV, tipo XV ... 69

FIGURA 4.16 Curve di guadagno di tensione ingresso-uscita per le strutture risonanti di tipo I, II, VIII e XV ... 71

FIGURA 4.17 Struttura risonante ibrida di tipo LLC ... 72

FIGURA 4.18 Diagrammi di Bode di modulo (a) e fase (b) della struttura risonante ibrida di tipo LLC utilizzata in questo studio ... 73

FIGURA 4.19 Convertitore AC/DC senza circuito PFC ... 74

FIGURA 4.20 Regioni di lavoro per applicazioni ad ampio range di tensione di ingresso o uscita con circuiti risonanti di tipo I e IV ... 75

FIGURA 5.1 Inverter a ponte completo con IGBT ... 77

FIGURA 5.2 Ponte a diodi con condensatore in parallelo ... 78

FIGURA 5.3 Modello di un tipico sistema di trasferimento di potenza wireless con condensatori risonanti ... 79

FIGURA 5.4 Convertitore con struttura risonante con condensatori di compensazione ... 82

FIGURA 5.5 Tensione e corrente al carico con traferro di 1 mm ... 83

FIGURA 5.6 Potenza trasferita al carico con traferro di 1 mm ... 83

FIGURA 5.7 Tensione e corrente al carico con traferro di 5 mm ... 85

FIGURA 5.8 Potenza trasferita al carico con traferro di 5 mm... 85

FIGURA 5.9 Tensione e corrente al carico con traferro di 10 mm ... 86

FIGURA 5.10 Potenza trasferita al carico con traferro di 10 mm ... 86

FIGURA 5.11 Potenza trasmessa al carico con traferro di 1 mm, di 5 mm e di 10 mm ... 87

FIGURA 5.12 Elementi costitutivi della struttura risonante con condensatori di compensazione ... 88

FIGURA 5.13 Tensione e corrente al carico con traferro di 10 mm e trasformatore rotante ottimizzato ... 90

FIGURA 5.14 Potenza trasferita al carico con traferro di 10 mm e trasformatore rotante ottimizzato ... 90

(14)

14

FIGURA 5.16 Potenza trasferita al carico con traferro di 8 mm ... 92

FIGURA 5.17 Tensione e corrente al carico con traferro di 12 mm ... 93

FIGURA 5.18 Potenza trasferita al carico con traferro di 12 mm ... 93

FIGURA 5.19 Potenza trasmessa al carico con traferro di 10 mm, di 8 mm e di 12 mm ... 94

FIGURA 5.20 Elementi costitutivi della struttura risonante ibrida di tipo LLC ... 94

FIGURA 5.21 Convertitore con struttura risonante ibrida di tipo LLC ... 98

FIGURA 5.22 Tensione e corrente al carico con struttura LLC e traferro di 1 mm ... 100

FIGURA 5.23 Potenza trasferita al carico con struttura LLC e traferro di 1 mm ... 100

FIGURA 5.24 Schema circuitale di un convertitore risonante con rete di impedenza Z-Source ... 101

FIGURA 5.25 Schema circuitale di un convertitore risonante con rete di impedenza qZ-Source ... 102

FIGURA 5.26 Convertitore risonante con rete di impedenza Z-Source ... 103

FIGURA 5.27 Tensione e corrente al carico con struttura risonante con rete di impedenza Z-Source e traferro di 1 mm ... 104

FIGURA 5.28 Potenza trasferita al carico con struttura risonante con rete di impedenza Z-Source e traferro di 1 mm ... 105

FIGURA 5.29 Elementi costitutivi della struttura risonante con rete di impedenza Z-Source ridotta ... 106

FIGURA 5.30 Tensione e corrente al carico con struttura risonante con rete di impedenza Z-Source ridotta e traferro di 1 mm ... 108

FIGURA 5.31 Potenza trasferita al carico con struttura risonante con rete di impedenza Z-Source ridotta e traferro di 1 mm ... 108

FIGURA 5.32 Potenza trasmessa al carico con rete Z-Source e rete Z-Source ridotta con traferro di 1 mm ... 109

FIGURA 6.1 Convertitore con struttura risonante con condensatori di compensazione ... 112

FIGURA 6.2 Tensione e corrente al carico con frequenza di 10 kHz ... 113

FIGURA 6.3 Potenza trasferita al carico con frequenza di 10 kHz ... 114

FIGURA 6.4 Elementi costitutivi della struttura risonante con condensatori di compensazione ... 114

(15)

15

FIGURA 6.6 Potenza trasferita al carico con frequenza di 20 kHz ... 116 FIGURA 6.7 Potenza trasferita al carico con frequenza di 10 kHz e di 20 kHz ... 117

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17

LISTA DELLE TABELLE

TABELLA 2.1 Grandezze costruttive ed elettriche per trasformatore

con traferro di 1 mm ... 25

TABELLA 2.2 Caratteristiche del filo litz ... 26

TABELLA 2.3 Dimensioni trasformatore rotante con traferro di 1 mm ... 26

TABELLA 2.4 Grandezze elettriche trasformatore da 4 kW con traferro di 1 mm ... 28

TABELLA 2.5 Grandezze costruttive ed elettriche per trasformatore con traferro di 1 cm ... 29

TABELLA 2.6 Caratteristiche del filo litz ... 29

TABELLA 2.7 Dimensioni trasformatore rotante con traferro di 1 cm ... 30

TABELLA 2.8 Grandezze elettriche trasformatore da 4 kW con traferro di 1 cm ... 30

TABELLA 2.9 Grandezze costruttive ed elettriche per trasformatore da 5 W ... 34

TABELLA 2.10 Caratteristiche del filo per trasformatore a potenza ridotta ... 35

TABELLA 2.11 Dimensioni trasformatore rotante a potenza ridotta ... 35

TABELLA 2.12 Grandezze elettriche trasformatore rotante a potenza ridotta ... 36

TABELLA 5.1 Componenti elettronici per struttura risonante con traferro di 1 mm ... 81

TABELLA 5.2 Potenza, tensione e corrente al carico con traferro di 1 mm ... 82

TABELLA 5.3 Potenza, tensione e corrente al carico con traferro di 5 e 10 mm ... 84

TABELLA 5.4 Componenti elettronici per struttura risonante con traferro di 10 mm ... 88

TABELLA 5.5 Potenza, tensione e corrente al carico con traferro di 10 mm... 89

TABELLA 5.6 Potenza, tensione e corrente al carico con traferro di 8 e 12 mm ... 91

TABELLA 5.7 Componenti elettronici per struttura risonante LLC con traferro di 1 mm ... 98

TABELLA 5.8 Indici caratteristici della struttura risonante LLC con traferro di 1 mm ... 99

TABELLA 5.9 Potenza, tensione e corrente al carico con traferro di 1 mm ... 99

TABELLA 5.10 Componenti elettronici per struttura risonante con rete Z-Source e con traferro di 1 mm ... 103

TABELLA 5.11 Potenza, tensione e corrente al carico con traferro di 1 mm ... 104

TABELLA 5.12 Componenti elettronici per struttura risonante con rete Z-Source ridotta e con traferro di 1 mm ... 106

(18)

18

TABELLA 5.13 Potenza, tensione e corrente al carico con traferro di 1 mm ... 107

TABELLA 6.1 Componenti elettronici per struttura risonante a 10 kHz ... 112

TABELLA 6.2 Potenza, tensione e corrente al carico con frequenza di 10 kHz ... 113

TABELLA 6.3 Componenti elettronici per struttura risonante a 20 kHz ... 115

TABELLA 6.4 Potenza, tensione e corrente al carico con frequenza di 20 kHz ... 115

TABELLA 7.1 Tensione, corrente e potenza trasferite al carico per le varie macchine e strutture risonanti analizzate ... 119

(19)

19

CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

Il concetto di trasformatore rotante fu proposto per la prima volta da Gibson nel 1961 per il trasferimento di potenza ad alta frequenza. Il principio dell’accoppiamento magnetico consente il trasferimento di energia senza contatto.

Figura 1.1 Trasformatore rotante.

Le tecnologie WPT (Wireless Power Transfer) e IPT (Inductive Power Transfer) si basano proprio su questo principio. Entrambe stanno migliorando in maniera significativa anche se restano ancora parecchi accorgimenti da fare in termini di efficienza del trasferimento di potenza [1] e di tolleranza riguardo a distanza e disallineamento [2].

Le configurazioni principali dei sistemi IPT adottano condensatori connessi in serie con la bobina che fungono compensatori, in modo da migliorare qualità e ampiezza del range della potenza trasferita [3].

Può essere installato anche un condensatore in parallelo alla bobina primaria con la medesima funzione.

(20)

20 Tali condensatori sono selezionati per funzionare in condizioni di risonanza e i circuiti risonanti dei sistemi IPT sono normalmente progettati per funzionare alla frequenza di risonanza nominale, anche se in molte applicazioni pratiche le condizioni di lavoro potrebbero discostarsi da quella nominale. Per i progetti basati su tecnologia IPT la frequenza nominale è limitata a diversi kHz.

I condensatori di compensazione vanno opportunamente dimensionati tenendo conto dei possibili cambiamenti delle induttanze di dispersione e di magnetizzazione del trasformatore a causa di possibili disallineamenti o variazioni di distanza tra primario e secondario.

Il trasformatore rotante ha lo svantaggio inoltre di lavorare in corrente alternata, dunque, per applicazioni in corrente continua, come nel caso degli elicotteri che

utilizzano batterie, è necessario installare a valle di quest’ultime un inverter in grado di fare la conversione da continua ad alternata.

Se si vuole alimentare un carico in continua poi, è possibile raddrizzare la corrente ponendo a valle del trasformatore un rettificatore.

L’immagine mostra lo schema elettrico di un inverter a doppio ponte con diodi di ricircolo:

Figura 1.2 Schema elettrico inverter a doppio ponte.

Si definisce sistema elettronico di potenza l’insieme di uno o più convertitori e degli associati circuiti di filtraggio, controllo e protezione, oltre agli eventuali trasformatori, con funzioni di isolamento e adattamento dei livelli di tensione, che consentono di effettuare la conversione di energia desiderata ottemperando alle specifiche, statiche

(21)

21 e dinamiche, delle sorgenti e dei carichi. Il requisito fondamentale di un sistema

elettronico di potenza è di operare a rendimento energetico molto elevato.

Figura 1.3 Sistema elettronico di potenza.

Ciò è legato sia a prescrizioni sull’efficienza energetica sia al fatto che la potenza dissipata deve essere smaltita tramite idonei sistemi di raffreddamento, che risultano di norma ingombranti e costosi e influenzano pertanto l’economicità e la compattezza dell’apparecchiatura.

Dal momento della sua nascita, l’elettronica di potenza è in rapida e continua evoluzione grazie allo sviluppo di dispositivi e tecniche in grado di soddisfare economicamente ed efficientemente ogni esigenza di mercato, sia in termini di potenza controllabile sia di velocità di attuazione, nel rispetto di obblighi normativi sempre più rigorosi e complessi. A ciò si è aggiunta, in anni recenti, la possibilità di integrare microalimentatori, ovvero convertitori elettronici di piccola potenza, direttamente in chip microelettronici, aprendo la strada allo sviluppo di quei

microsistemi elettronici che trovano impiego crescente in moltissimi settori, tra i quali ad esempio:

• salute (pacemaker, dispositivi diagnostici impiantabili, microprotesi, ecc.);

• ambiente (reti di microsensori per il monitoraggio ambientale);

• casa (domotica);

• auto (dispositivi di sicurezza attiva e passiva, controllo ambientale, geoposizionamento, ecc.);

(22)

22

• elaborazione e trasmissione dati (piattaforme di calcolo distribuito, reti di comunicazioni a microcelle);

• logistica e identificazione di persone, animali e oggetti (identificazione a radiofrequenza).

Figura 1.4 Microsistema elettronico del pacemaker.

L’ampio campo di potenze in gioco nelle applicazioni (da alcuni microwatt fino a molti megawatt), le differenziate caratteristiche delle sorgenti (tensioni da alcuni volt fino a centinaia di kilovolt, correnti tra alcuni nanoampere e centinaia di kiloampere) e la varietà di esigenze specifiche dei carichi fanno sì che le tecnologie realizzative dei convertitori di potenza risultino assai differenziate anche nell’ambito di una stessa classe di convertitori.

(23)

23

CAPITOLO 2

DESIGN OTTIMALE DEL TRASFORMATORE

ROTANTE

Grazie ad approfonditi studi e valutazioni, è possibile stabilire quale sia la migliore configurazione e il design ottimale del trasformatore rotante di interesse. Per questo studio si è quindi andati a scegliere la soluzione più leggera ma che fornisse allo stesso tempo un elevato trasferimento di potenza. A tal fine il numero di spire degli

avvolgimenti primario e secondario è stato ridotto al minimo e, per limitare le perdite per correnti parassite sull’albero, è stato utilizzato un isolamento tra nucleo

secondario e albero stesso avente uno spessore di 1 cm.

2.1 Trasformatore rotante da 4 kW

Per l’utilizzo del trasformatore rotante che consideriamo nel nostro studio, ovvero quello dello scioglimento del ghiaccio dalle pale degli elicotteri, la potenza richiesta in uscita è di 8 kW. La macchina che andiamo a considerare fornisce al carico una

potenza di 4 kW e quindi, per coprire il carico totale, sarà necessario utilizzare più di un trasformatore, in modo anche da garantire la continuità di funzionamento del sistema in caso di guasto di uno di essi.

2.1.1 Traferro di 1 mm

Il traferro di riferimento scelto è di 1 mm e, in modo da mantenere costante tale distanza, serve inserire dei cuscinetti tra primario e secondario. Inoltre, al fine di non superare il limite massimo di peso, si adotta una frequenza di funzionamento di 15 kHz.

(24)

24 In fase di progettazione i carichi elettrici e magnetici sono stati inizialmente impostati sui loro valori massimi. La densità di corrente massima negli avvolgimenti, Jmax, ha un

valore di 6 A/mm2, in quanto limite massimo per non forzare la macchina.

Il fattore di riempimento FF (Fill Factor) delle due finestre, a causa dell’elevata percentuale di materiale isolante utilizzato e di aria presente per l’utilizzo del filo litz come conduttore, è considerato pari a 0,4. Il nucleo del trasformatore rotante è costituito da ferrite, la cui curva di magnetizzazione, mostrata in Figura 2.1, evidenzia un limite di saturazione pari a 0.35 T.

Figura 2.1 Curva di magnetizzazione della ferrite.

Tenendo conto della potenza nominale del trasformatore considerato, attraverso opportune considerazioni, è stata definita la minima sezione trasversale per il nucleo ferromagnetico in ferrite. Questa scelta è stata fatta in modo da garantire un valore di densità di flusso B inferiore al limite di saturazione. Fissati i valori di tensione primaria e secondaria, grazie alla relazione (2.1), si ricavano il numero di spire dei due

avvolgimenti.

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25 dove:

Np/s è il numero di spire degli avvolgimenti primario e secondario;

Vp/s è la tensione primaria/secondaria;

Ac è la sezione del nucleo di ferrite;

Bo è la densità di flusso magnetico ottimale; f è la frequenza di funzionamento;

Kf è il fattore di forma del segnale.

Una volta definiti i valori della densità di corrente J e del fattore di riempimento, è possibile poi determinare la sezione totale di rame per gli avvolgimenti primario e secondario. Nella tabella seguente (2.1) sono mostrate tutte le grandezze adottate nel nostro studio.

Simbolo Grandezza Unità di misura Valore

Ac Sezione nucleo cm2 11,01

Np N.° spire primario - 15

Ns N.° spire secondario - 15

Aslotp Finestra avv. primari cm2 0,955

Aslots Finestra avv. secondari cm2 0,926

Vp Tensione primaria V 270

Vs Tensione secondaria V 270

J Densità di corrente A/mm2 6

FF Fattore di riempimento - 0,4

Tabella 2.1 Grandezze costruttive ed elettriche per trasformatore con traferro di 1 mm.

Per quanto riguarda i conduttori utilizzati, consideriamo il filo litz, costituito da

molteplici fili isolati elettricamente l'uno dall'altro e normalmente attorcigliati o intrecciati. Questo tipo di cavo permette di ridurre notevolmente le perdite dovute all’effetto di prossimità e all’effetto pelle. In base alla frequenza di funzionamento adottata, si ricava empiricamente la sezione di ciascun filo. Di conseguenza, al fine di far circolare la corrente nominale negli avvolgimenti, si ottiene la sezione di rame che è necessario avere e quindi il numero totale di conduttori da utilizzare.

(26)

26 La tabella 2.2 sottostante ci mostra tali caratteristiche.

Simbolo Grandezza Unità di misura Valore

Dfilo Diametro singolo conduttore mm 0,1798

Afilo Sezione singolo conduttore mm2 0,0254

Nlitzp N.° conduttori al primario - 100

Nlitzs N.° conduttori al secondario - 97

Tabella 2.2 Caratteristiche del filo litz.

Riguardo le dimensioni del trasformatore rotante, si è partiti dalla dimensione fissa del rotore dell’elicottero che è di 17 cm. Ad esso, considerando 1 cm di materiale isolante, è attaccato il secondario del trasformatore che ha dunque un diametro di 19 cm. Da questi dati, attraverso vari calcoli, qui non riportati, sono state calcolate tutte le altre dimensioni. Esse sono riportate in Tabella 2.3.Come già detto in precedenza, il traferro scelto è di 1 mm.

Simbolo Grandezza Unità di misura Valore

Dt1a Diametro primario cm 20,55

Dt1b Diametro primario cm 20,20

Dt1c Diametro primario cm 19,88

Dt2a Diametro secondario cm 19,00

Dt2b Diametro secondario cm 19,37

Dt2c Diametro secondario cm 19,68

Wta Altezza trasformatore cm 7,37

Wtb Altezza avvolgimenti cm 6

Wte Traferro mm 1

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27 La Figura 2.2 rappresenta invece graficamente queste dimensioni.

Figura 2.2 Vista in sezione di un trasformatore rotante con configurazione assiale.

Da tenere in considerazione c’è anche il parametro peso. Il limite massimo per questo studio è di 6 Kg totali. Dovendo usare due trasformatori per coprire il carico richiesto di 8 kW, la singola macchina non deve superare i 3 Kg di peso. Questo trasformatore grazie all’elevata frequenza di funzionamento, pari a 15 kHz, arriva ad un peso totale di 2,88 Kg, rispettando così i limiti imposti.

Partendo dalle caratteristiche del filo litz e dalle dimensioni del trasformatore rotante, indicate rispettivamente nelle Tabelle 2.2 e 2.3, è stato costruito un modello in

Maxwell 2D.

L'analisi del materiale ferromagnetico utilizzato e della sua magnetizzazione ci permettono di ricavare la resistenza del materiale stesso e la sua induttanza di

magnetizzazione. Possono poi essere calcolate anche le induttanze di dispersione e le resistenze degli avvolgimenti primario e secondario.

(28)

28 Nella Tabella 2.4 che segue sono riportate le grandezze elettriche citate nella pagina precedente.

Simbolo Grandezza Unità di misura Valore

Lm Induttanza di magnetizzazione μH 744,1

Llp Induttanza di dispersione primaria μH 2,94

Lls Induttanza di dispersione secondaria μH 2,84

Rc Resistenza nucleo ferromagnetico kΩ 8,8

Rp Resistenza avv. primario Ω 0,0273

Rs Resistenza avv. secondario Ω 0,0276

Tabella 2.4 Grandezze elettriche trasformatore da 4 kW con traferro di 1 mm.

Tutte le simulazioni necessarie per la definizione di queste grandezze elettriche vengono eseguite considerando la presenza dell’albero in acciaio e del materiale isolante, posto tra albero e secondario, atto a ridurre le perdite per correnti parassite sull’albero stesso.

2.1.2 Traferro di 1 cm

Con la stessa metodologia di dimensionamento adottata per il trasformatore rotante con traferro di 1 mm, è stato dimensionato anche un trasformatore rotante avente traferro d 1 cm.

A differenza del caso precedente, essendo il traferro molto ampio, per questo

trasformatore non è richiesta la presenza di cuscinetti che garantiscano che primario e secondario non vengano a contatto. Questo si traduce in minor peso e minori costi per la costruzione di questa macchina.

Anche in questo caso si adotta una frequenza di funzionamento di 15 kHz, una densità di corrente massima JMAX pari a 6 A/mm2, limite per non forzare la macchina, e un

fattore di riempimento (FF) delle finestre di 0,4 dovuto all’elevata percentuale di materiale isolante utilizzato e di aria presente per l’utilizzo del filo litz come conduttore.

(29)

29 Sono state quindi scelte la minima sezione trasversale per il nucleo ferromagnetico in ferrite, in modo da non avere saturazione, e la sezione totale di rame per gli

avvolgimenti primario e secondario.

In Tabella 2.5 sono indicate le grandezze costruttive ed elettriche adottate per questa macchina.

Simbolo Grandezza Unità di misura Valore

Ac Sezione nucleo cm2 11,68

Np N.° spire primario - 14

Ns N.° spire secondario - 14

Aslotp Finestra avv. primari cm2 1,89

Aslots Finestra avv. secondari cm2 1,73

Vp Tensione primaria V 270

Vs Tensione secondaria V 270

J Densità di corrente A/mm2 6

FF Fattore di riempimento - 0,4

Tabella 2.5 Grandezze costruttive ed elettriche per trasformatore con traferro di 1 cm.

Per quanto riguarda il filo litz utilizzato, la sua sezione è la stessa scelta

precedentemente in quanto si basa sulla frequenza che rimane invariata. Ciò che cambia è il numero di conduttori utilizzati in quanto cambiano le minime sezioni di rame al primario e al secondario. Le caratteristiche del filo litz scelto sono riportate nella tabella che segue (2.6).

Simbolo Grandezza Unità di misura Valore

Dfilo Diametro singolo conduttore mm 0,1798

Afilo Sezione singolo conduttore mm2 0,0254

Nlitzp N.° conduttori al primario - 213

Nlitzs N.° conduttori al secondario - 194

(30)

30 Anche per le dimensioni del trasformatore si è adottata la stessa tecnica di

dimensionamento, partendo dai 17 cm di diametro del rotore dell’elicottero e dal centimetro di isolamento posto tra esso e il secondario. Da qui sono poi state calcolate tutte le altre dimensioni mostrate in Tabella 2.7.

Simbolo Grandezza Unità di misura Valore

Dt1a Diametro primario cm 22,54

Dt1b Diametro primario cm 22,20

Dt1c Diametro primario cm 21,78

Dt2a Diametro secondario cm 19,00

Dt2b Diametro secondario cm 19,39

Dt2c Diametro secondario cm 19,78

Wta Altezza trasformatore cm 10,39

Wtb Altezza avvolgimenti cm 9

Wte Traferro mm 10

Tabella 2.7 Dimensioni trasformatore rotante con traferro di 1 cm.

Tali dimensioni sono state ovviamente adottate nel rispetto dei limiti di peso. Grazie all’elevata frequenza di funzionamento si arriva a 2,39 kg totali che, considerando di utilizzare due macchine per coprire il carico di 8 kW, comportano un peso complessivo di 4,78 kg, al di sotto del limite massimo di 6 kg. Infine la Tabella 2.8 riporta quelli che sono i parametri elettrici della macchina, ricavati grazie allo studio del materiale ferromagnetico usato e degli avvolgimenti primari e secondari.

Simbolo Grandezza Unità di misura Valore

Lm Induttanza di magnetizzazione μH 193

Llp Induttanza di dispersione primaria μH 10,21

Lls Induttanza di dispersione secondaria μH 9,3

Rc Resistenza nucleo ferromagnetico kΩ 0,84

Rp Resistenza avv. primario Ω 0,013

Rs Resistenza avv. secondario Ω 0,0128

(31)

31 Anche in questo caso, per ricavare tali grandezze elettriche, è stata considerata la presenza dell’albero e dell’isolamento posto tra albero e nucleo secondario.

2.2 Trasformatore rotante a potenza ridotta da 5 W

In laboratorio è stato realizzato un trasformatore rotante a potenza ridotta, in modo da contenere dimensioni e costi. Su questo modello reale sono state eseguite le misurazioni dei parametri elettrici, induttanze e resistenze, e della potenza trasferita. I risultati sono poi stati confrontati con quelli del modello realizzato con Maxwell 2D per verificarne l’esattezza.

Al fine di simulare al meglio il comportamento del trasformatore da 4 kW, anche il modello a potenza ridotta viene studiato ad una frequenza di funzionamento elevata, 10 kHz nel nostro caso. Il nucleo ferromagnetico è costituito da plastoferrite, materiale che presenta una resistività superiore alla ferrite a causa della composizione plastica, ma che ha un valore di permeabilità relativa inferiore [4]. Proprio per questo motivo, questo materiale riduce le perdite per correnti parassite dovute all’elevata frequenza. Il nucleo in plastoferrite è alto 2 cm e spesso 1 mm. Riguardo ai conduttori utilizzati, l’alta frequenza di funzionamento fa sì che vengano usati molti conduttori di sezione ridotta, connessi in parallelo e con isolamento più elevato, invece del filo litz. In base ai valori commerciali e alla frequenza di lavoro adottata, si scelgono dei conduttori con diametro di 0,2 mm. Al fine di simulare l’albero, un tubo in ghisa, materiale affetto da correnti parassite che ha permeabilità magnetica relativa pari a 60 e conducibilità elettrica di 1,5 S/m, viene posto nella parte interna del trasformatore.

(32)

32 In Figura 2.3 è mostrato il design del trasformatore rotante realizzato in laboratorio.

Figura 2.3 Rappresentazione in sezione del trasformatore rotante a potenza ridotta.

Come si può notare, per problemi puramente costruttivi, i nuclei in plastoferrite non coprono gli avvolgimenti sui lati superiori e inferiori, come avviene invece nel modello da 4 kW, ma solo lateralmente. Questo provoca una leggera perdita di efficienza. La Figura 2.4 raffigura l’albero in ghisa con il nucleo secondario in plastoferrite e il rispettivo avvolgimento secondario.

(33)

33 Il trasformatore rotante completo è invece mostrato in Figura 2.5.

Figura 2.5 Trasformatore rotante completo.

La procedura di progettazione è identica a quella citata nel caso precedente. La densità di corrente massima, Jmax, in modo da non forzare la macchina è di 6 A/mm2 e il fattore

di riempimento è pari a 0,8 a causa dell’utilizzo di conduttori di rame smaltati. Il carico magnetico viene in questo caso trascurato a causa del basso valore di densità di flusso magnetico B che non può andare a saturare la plastoferrite utilizzata. Essendo le dimensioni della plastoferrite fisse, essa risulta essere sovradimensionata e, avendo un valore di permeabilità relativa molto basso, la corrente di magnetizzazione necessaria a magnetizzare il trasformatore deve avere un valore elevato. La potenza nominale della macchina è di 5 W. Da questo valore si trova la sezione minima del nucleo di plastoferrite che permette di evitare la saturazione. Fissate tensione primaria e secondaria, tramite una simulazione FEM si ricavano i numeri di spire che massimizzano l’efficienza, come indicato in Figura 2.6 nella pagina successiva

.

(34)

34

Figura 2.6 Efficienza in funzione del numero di spire primarie e secondarie.

Si scelgono quindi di utilizzare 9 spire primarie e 11 secondarie. Il secondario, per compensare la minore lunghezza degli avvolgimenti rispetto a quelli primari, ha un numero di spire più elevato. Le sezioni totali delle finestre per gli avvolgimenti primari e secondari si ottengono dopo aver fissato i valori di densità di corrente e fattore di riempimento.Per avere un’induttanza di dispersione più piccola possibile, le spire vengono disposte in un unico strato di spessore quindi pari al diametro dei conduttori utilizzati. Il traferro è scelto con un valore fisso di 3 mm.

Le grandezze costruttive ed elettriche ottenute grazie ad un opportuno dimensionamento sono indicate in Tabella 2.9.

Simbolo Grandezza Unità di misura Valore

Ac Sezione nucleo cm2 6,92

Np N.° spire primario - 9

Ns N.° spire secondario - 11

Aslotp Finestra avv. primari cm2 0,0244

Aslots Finestra avv. secondari cm2 0,0229

J Densità di corrente A/mm2 6

FF Fattore di riempimento - 0,8

(35)

35 Analogamente a quanto fatto per la macchina da 4 kW, la sezione dei conduttori viene scelta empiricamente sulla base della frequenza operativa, in modo da evitare effetto pelle ed effetto di prossimità. In questo caso, come già detto, a causa dell’alta

frequenza, vengono usati conduttori di sezione ridotta, connessi in parallelo e con isolamento più elevato, invece del filo litz. Il numero di conduttori in parallelo è

determinato dalla sezione totale di rame e dalla corrente nominale che deve circolare. In Tabella 2.10 sono riportate le caratteristiche dei conduttori scelti.

Simbolo Grandezza Unità di misura Valore

Dfilo Diametro singolo filo mm 0,2

Afilo Sezione singolo filo mm2 0,0314

Nparp N.° fili in parallelo al primario - 7

Npars N.° fili in parallelo al secondario - 5

Tabella 2.10 Caratteristiche del filo per trasformatore a potenza ridotta.

Le dimensioni del trasformatore, indicate in Tabella 2.11, sono calcolate partendo dai 22 cm di diametro del tubo che simula l’albero e considerando poi tutte le grandezze scelte e sopracitate.

Simbolo Grandezza Unità di misura Valore

Dt1a Diametro primario a cm 23,09

Dt1b Diametro primario b cm 22,89

Dt1c Diametro primario c cm 22,85

Dt2a Diametro secondario a cm 22,01

Dt2b Diametro secondario b cm 22,21

Dt2c Diametro secondario c cm 22,25

Wta Altezza nucleo cm 2

Wte Traferro mm 3

Wtb1 Altezza avv. primario cm 1,22

Wtb2 Altezza avv. secondario cm 1,15

Wtf1,2 Larghezza avv. primario,secondario mm 0,2

(36)

36 Ripetendo i ragionamenti e le analisi fatte per il trasformatore a potenza elevata, si ottengono infine i valori delle resistenze e delle induttanze che descrivono la macchina e il suo funzionamento. Tali grandezze sono mostrate in Tabella 2.12.

Simbolo Grandezza Unità di misura Valore

Lm Induttanza di magnetizzazione μH 33,3

Llp Induttanza di dispersione primaria μH 7,35

Lls Induttanza di dispersione secondaria μH 12,65

Rc Resistenza nucleo ferromagnetico Ω 12,01

Rp Resistenza avv. primario Ω 0,411

Rs Resistenza avv. secondario Ω 0,636

K Fattore di accoppiamento - 0,8082

(37)

37

CAPITOLO 3

CONVERTITORE RISONANTE DI POTENZA

In questo capitolo verrà fatta un’introduzione alla conversione di potenza tramite struttura risonante, i vari elementi che compongono il convertitore, come l’inverter necessario per la conversione DC/AC e il raddrizzatore per la rettificazione del segnale alternato, e alcune tecniche o grandezze da tenere in considerazione per aumentare l’efficienza complessiva del sistema.

3.1 Introduzione ai circuiti risonanti di potenza

I circuiti risonanti di potenza sono formati da una rete risonante L-C, variabile a

seconda del comportamento che si vuole fare assumere al convertitore. In questa rete, correnti e tensioni variano sinusoidalmente durante uno o più intervalli di ogni periodo di switching. Generlamente questi circuiti effettuano una conversione da continua ad alternata ad alta frequenza, garantendo la generazione di sinusoidi della decina di centinaia di kHz con un moderato o basso valore di distorsione armonica.

Essi quindi si prestano molto bene ad essere impiegati in svariate applicazioni quali generatori elettrochirurgici, sistemi di riscaldamento ad induzione e circuiti di pilotaggio di lampade a scarica. In Figura 3.1 è rappresentato il modello circuitale generico utilizzato per descrivere questo tipo di convertitori.

(38)

38 Le strutture risonanti di tipo serie, parallelo e ibrida LCC sono invece raffigurate in Figura 3.2.

Figura 3.2 Reti risonanti di tipo serie, parallelo e ibrida LCC.

Il blocco di commutazione produce una tensione ad onda quadra vs(t) la quale eccita la

rete risonante che risuona a frequenza fr. Impostando la frequenza di switching fsw del

sistema pari alla frequenza di risonanza fr, la risposta della rete alle armoniche di

frequenza fsw risulta trascurabile. Il risultato appena ottenuto implica che la corrente in

ingresso alla struttura risonante is(t), così come tensione v(t) e corrente i(t) al carico,

abbiamo essenzialmente una forma d’onda perfettamente sinusoidale con frequenza pari a fsw. Modificando la frequenza di commutazione, e quindi la differenza tra fsw ed fr, è quindi possibile controllare direttamente l’ampiezza di is(t), v(t) e i(t). Il modello

generico visto prima può essere ulteriormente sviluppato aggiungendo a valle un rettificatore, solitamente un raddrizzatore monofase controllato, e un filtro passa basso, dando vita così ad un convertitore di potenza risonante DC-DC. Ciò che si ottiene è mostrato in Figura 3.3.

(39)

39 Il principale vantaggio di questi convertitori risonanti risiede nella possibilità di limitare considerevolmente le perdite di switching tramite tecniche conosciute come zero

current switching (ZCS) e zero voltage switching (ZVS) [5]. Le transizioni da stato attivo

ad inattivo, e viceversa, dei vari dispositivi di commutazione presenti possono avvenire al passaggio per lo zero delle forme d’onda quasi-sinusoidali del convertitore

risonante. Questo fenomeno elimina le perdite di commutazione, permettendo a questo tipo di dispositivi di operare a frequenze di switching superiori, riducendo inoltre l’interferenza elettromagnetica che spesso viene generata durante il processo di conversione. D’altro canto gli aspetti negativi sono molteplici, come ad esempio la difficoltà nel definire in modo preciso la corretta frequenza di funzionamento per un ampio range di correnti di carico e tensioni di ingresso. Se il convertitore non lavora alla frequenza ottimale perde tutti i benefici che lo caratterizzano. Inoltre potrebbero circolare correnti significative negli elementi della rete risonante anche durante il funzionamento a vuoto, riducendo così abbondantemente l’efficienza complessiva.

3.1.1 Soft-Switching

Come accennato in precedenza i fenomeni dello zero current switching (ZCS) e zero

voltage switching (ZVS) possono portare ad un’importante riduzione della potenza

dissipata dai dispositivi a semiconduttore. Quando la commutazione avviene a tensione o corrente nulla prende il nome di Soft-Switching. In convertitori che utilizzano MOSFET e diodi la commutazione a tensione nulla mitiga le perdite di switching provocate dalla carica di recupero dei diodi e dalla capacità di uscita dei semiconduttori.

(40)

40 Considerando ad esempio il convertitore DC-DC con rete risonante serie rappresentato in Figura 3.4, quando esso viene fatto operare ad una frequenza maggiore di quella di risonanza, può essere impiegato lo ZVS [6] dato che il circuito provoca il passaggio della tensione del transistor per lo zero prima che la rete di controllo accenda quest’ultimo. Con alcune piccole modifiche è possibile portare anche la transizione ON-OFF dei transistor a passare per lo zero.

Il maggior vantaggio dello ZVS, e il motivo più comune per il suo utilizzo, consiste nella assenza di perdite di switching provocate dalle capacità dei dispositivi a

semiconduttore o dalle cariche immagazzinate. Nel caso in cui invece il sistema di conversione visto in precedenza venga fatto funzionare ad una frequenza inferiore di quella di risonanza, può essere sfruttato il fenomeno dello ZCS, nel quale il circuito causa il passaggio della corrente dei transistor per lo zero prima che i transistor siano effettivamente spenti. Generalmente la commutazione a corrente nulla può avvenire quando la rete risonante presenta agli switch un carico capacitivo efficace. Lo ZCS limita le perdite generate dall’effetto di current tailing, comune negli IGBT, e dalle induttanze parassite. Le tecniche appena citate sono suggerite anche nei casi in cui vi è la commutazione di SCR.

3.2 IGBT e MOSFET

Alla base della commutazione vi sono dei dispositivi elettronici che rivestono la funzione di interruttori. Tra le strutture più comuni troviamo i MOSFET e gli IGBT:

• MOSFET

Il MOSFET (Metal Oxide Semiconductor Field Effect Transistor) è un tipo di transistor ad effetto di campo utilizzato in vari settori dell’elettronica. Esso è costituito da un substrato in materiale semiconduttore drogato al quale vengono aggiunti tre terminali che prendono il nome di gate, source e drain. Pilotando il gate con l’applicazione di una tensione, è possibile controllare il passaggio di cariche tra i terminali di source e drain, e quindi generare e comandare una corrente nel dispositivo.

(41)

41 A seconda che il drogaggio del semiconduttore sia di tipo n o di tipo p il transistor prende rispettivamente il nome di nMOSFET e pMOSFET, quest’ultimo mostrato in Figura 3.5, abbreviati in nMOS e pMOS.

Figura 3.5 Struttura di un pMOSFET.

Nelle applicazioni ad alti valori di tensione e corrente esso assume il nome di MOSFET di potenza e rispetto agli altri dispositivi di potenza a semiconduttore esso mostra vantaggi in termini di velocità di commutazione, efficienza a basse tensioni. Inoltre, possiede un gate isolato che lo rende semplice da pilotare ed offre anche la possibilità di mettere in parallelo più dispositivi per aumentare la corrente circolante.

A differenza di quelli di segnale, i MOSFET di potenza hanno una struttura non

orizzontale ma bensì verticale, come si può vedere in Figura 3.6, in modo tale da poter sostenere sia elevate tensioni di blocco sia elevate correnti all’interno di un unico corpo di silicio.

(42)

42 Quando il dispositivo è nello stato ON presenta un comportamento resistivo tra i terminali di drain e source, questo effetto è concentrato nella resistenza RDSon, la quale

è una somma di vari contributi. Quando invece il transistor si trova nello stato OFF la struttura risulta fortemente asimmetrica e polarizzata inversamente quindi la regione di carica spaziale si estende principalmente nel lato meno drogato. Questo significa che lo strato deve sopportare la maggior parte della tensione tra drain e source. I due principali parametri che governano sia la tensione di breakdown, ovvero la massima tensione applicabile tra drain e source oltre la quale si ha la cosiddetta rottura a valanga, sia la RDSon, sono il livello di drogaggio e lo spessore dello strato N-, visibile in

Figura 3.6. Come già accennato, la velocità di commutazione del MOSFET risulta superiore a quella dei dispositivi bipolari. Questo perchè in questa struttura non è necessario rimuovere i portatori minoritari al momento della commutazione. L’unica limitazione riguardo alla velocità di switching è rappresentata dalle capacità parassite interne del componente che devono essere caricate e scaricate durante la

commutazione e il processo può risultare lento a causa della limitazione, da parte dei circuiti di driver esterni, della corrente che fluisce attraverso le capacità di gate. Questi circuiti di driver, assumendo induttanze sufficientemente basse, determinano

l’effettiva velocità di commutazione del transistor. In Figura 3.7 è rappresentato il simbolo circuitale del MOSFET.

(43)

43

• IGBT

L’IGBT (Insulated Gate Bipolar Transistor), il cui simbolo circuitale viene mostrato in Figura 3.8, è un dispositivo a semiconduttore utilizzato in applicazioni ad alta potenza dove è necessario dover commutare elevate tensioni, che vanno dai 200 ai 1200 V, ed elevate correnti, comprese tra i 15 e i 100 A.

Figura 3.8 Simbolo circuitale dell’IGBT.

Esso combina il grande guadagno in corrente continua di un MOSFET con l’ottima capacità di controllo e l’elevata tensione di blocco di un BJT in un’unica semplice struttura. Il controllo di questo dispositivo tramite gate avviene sostanzialmente come quello di un MOSFET, caricando la capacità di gate per l’accensione e scaricandola per lo spegnimento. La Figura 3.9 illustra la caratteristica di funzionamento di tale

dispositivo.

(44)

44 Un IGBT può essere impostato sullo stato di conduzione o di interdizione

semplicemente attivando o disattivando il terminale gate. Applicando un segnale di tensione di ingresso VGE positivo, superiore al valore di soglia Vg, tra gate ed

emettitore, il dispositivo entrerà in conduzione, con una caduta di tensione VCE tra

collettore ed emettitore circa pari a zero (1-2 V circa). Per portare l’IGBT allo stato di interdizione basta applicare tra gate ed emettitore una tensione nulla, ad esempio cortocircuitando i due terminali, o leggermente negativa. Un ulteriore pregio dell’IGBT è la bassa resistenza interna tra collettore ed emettitore che fa si che le perdite

introdotte dal dispositivo siano trascurabili. Il principale difetto risulta invece la limitata velocità di commutazione che, essendo questo dispositivo un ibrido tra MOSFET e BJT, non riuscirà mai a raggiungere i valori di velocità di switching raggiunti dal MOSFET puro, che verrà quindi preferito nei casi di applicazioni che richiedono tempi di accensione e spegnimento rapidissimi. L’IGBT, così come la maggior parte degli interruttori, presentano in antiparallelo un diodo di ricircolo, detto anche diodo

freewheeling, il cui simbolo è raffigurato in Figura 3.10. Quando il componente è

polarizzato direttamente esso conduce in una determinata direzione, essendo

unidirezionale. Se invece il dispositivo viene polarizzato inversamente, alla corrente è permesso di fluire nella direzione opposta proprio grazie a questo diodo che nella maggior parte dei casi è di tipo fast recovery, ovvero molto rapido nella commutazione da stato di conduzione a stato di interdizione.

(45)

45

3.3 Inverter

Subito a valle dell’alimentazione in continua è posto il primo blocco del convertitore, detto inverter, che fornisce in uscita, tramite opportuno controllo dei dispositivi che lo compongono, la tensione di forma rettangolare o quadra necessaria ad attivare la rete risonante connessa successivamente. Esso è costituito da un chopper che può essere a due o a quattro quadranti.

3.3.1 Chopper a due quadranti

Per descrivere al meglio il funzionamento del chopper a quattro quadranti è necessario innanzitutto analizzare il chopper a due quadranti, detto anche chopper a mezzo ponte o half-bridge. Il chopper a mezzo ponte è stato pensato per quelle applicazioni che presentano un carico attraversato da correnti positive e negative, ovvero è stato ideato per lavorare su due quadranti, in particolare il I e il IV. Questo circuito è formato da due interruttori e due diodi in antiparallelo, come si può notare in Figura 3.11, che molto spesso vengono forniti in dotazione dei componenti commutanti in commercio.

Figura 3.11 Schema circuitale del chopper a due quadranti e quadranti di funzionamento.

Per analizzare questo convertitore viene ipotizzata un’alimentazione ideale in tensione ed un carico fortemente induttivo come ad esempio un generatore di corrente.

(46)

46 Ciascuno dei due interruttori può assumere lo stato ON oppure OFF, perciò le possibili combinazioni, che vanno a definire lo stato del circuito, sono quattro:

STATO 1 – TA ON e TB ON: Indipendentemente dal verso della corrente assorbita dal carico, l’alimentazione risulta essere cortocircuitata. Tale

condizione è assolutamente da evitare in quanto si andrebbero a danneggiare i componenti.

STATO 2 – TA ON e TB OFF: In questo caso l’interruttore TA è acceso. Se la

corrente assorbita dal carico è positiva, TA conduce, la tensione Vo ai capi del

carico è pari all’alimentazione Vi e la corrente Io circolante in esso è uguale a Ii

in ingresso. Se invece il carico assorbe corrente negativa, è il diodo DA in

antiparallelo a condurre, con tensione e corrente in uscita ancora pari ai valori di quelle di alimentazione.

STATO 3 – TA OFF e TB ON: Questa volta è TB ad essere sempre acceso e TA

invece spento. Se la corrente assorbita dal carico è negativa, l’interruttore TB

conduce. Se essa è invece positiva sarà il diodo in antiparallelo a farlo. In entrambi i casi si hanno tensione e corrente nulle al carico.

STATO 4 – TA OFF e TB OFF: Entrambi gli interruttori sono in questo caso spenti. Quando la corrente assorbita dal carico è positiva conduce il diodo in

antiparallelo DB e tensione e corrente al carico sono nulle, mentre se la corrente assorbita è negativa conduce il diodo DA e la tensione Vo ai capi del

carico e la corrente Io circolante in esso sono pari ai valori in ingresso.

È possibile osservare dunque come gli stati 2 e 3 siano indipendenti dal verso della corrente assorbita dal carico. Proprio per questo, sono queste due le configurazioni utilizzate per applicare una tensione nota all’uscita. Nel caso reale il circuito prevede solitamente un carico ohmico induttivo, descrivibile con la seguente relazione:

(47)

47 La forma d’onda della tensione d’uscita è come già detto indipendente dalla natura del carico mentre la corrente non può più essere costante ma avrà un certo ripple

esprimibile sviluppando l’espressione in serie di Taylor. Questo ripple è funzione della tensione di alimentazione del chopper Vi, del periodo di ciclo Tc e del valore

dell’induttanza L0. Per limitare il ripple è opportuno lavorare con tensioni

relativamente basse, frequenze di commutazione elevate dell’ordine dei kHz e induttanze dell’ordine dei mH.

3.3.2 Tempo morto

La commutazione di un interruttore, considerando un sistema reale e non ideale, non può avvenire in un istante infinitesimo. Per questo motivo anche nel caso appena analizzato del chopper a due quadranti risulta impossibile passare istantaneamente dallo stato 2 allo stato 3 e viceversa senza incorrere, anche se per un periodo di tempo brevissimo, nella chiusura contemporanea di entrambi i dispositivi di commutazione. Come già spiegato, la cortocircuitazione dell’alimentazione non è ammissibile ed è dunque indispensabile introdurre un certo intervallo di tempo, detto tempo morto, in modo da essere certi del completo spegnimento dell’interruttore in conduzione prima dell’accensione dell’altro. Questo fenomeno è descritto anche graficamente dalla Figura 3.12.

(48)

48 Durante il tempo morto entrambi gli interruttori sono aperti e si verifica

sostanzialmente il comportamento descritto nello stato 4. Il sistema però non è

indifferente all’introduzione di questo ritardo. Durante il tempo morto infatti il carico è sottoposto ad una tensione indeterminata che dipende dal verso che assume la

corrente in quel lasso di tempo. Per tale motivo si ha una tensione finale in uscita diversa da quella desiderata. Per chopper che utilizzano IGBT come dispositivi di commutazione il tempo morto assume valori dell’ordine di qualche μs.

3.3.3 Controllo del chopper a due quadranti

Per controllare il chopper è possibile utilizzare una funzione di commutazione s, la quale è rappresentata da un’onda quadra con una particolare frequenza che definisce il comportamento del circuito in modo tale da ottenere il valore desiderato di tensione di uscita. È possibile in questo modo correlare istante per istante il valore della

tensione in uscita con quello della funzione di commutazione s.

s=1 corrisponde alle stato 2 con Vo=Vi; • s=2 corrisponde allo stato 1 con Vo=0.

Vale dunque la seguente relazione:

(3.2)

Il valore medio della tensione di uscita Vo sul periodo di ciclo Tc vale:

(3.3)

dove m è la modulante, detto anche duty cycle, e viene espresso come:

(49)

49 Scegliendo opportunamente il duty cycle, in base alla tensione di alimentazione del chopper, è possibile quindi ottenere il valore di tensione di uscita desiderato.

3.3.4 Chopper a quattro quadranti

Un chopper a quattro quadranti, chiamato anche ponte H o full-bridge, si ottiene collegando in parallelo due chopper a due quadranti, chiamati anche half-bridge, e derivando il carico tra i morsetti centrali.

Questo dispositivo è detto a quattro quadranti in quanto viene utilizzato in applicazioni in cui il carico viene attraversato da correnti positive e negative, ma anche sottoposto a tensioni di entrambi i segni. Lo schema circuitale del chopper a ponte completo viene mostrato in Figura 3.13.

Figura 3.13 Schema circuitale del chopper a quattro quadranti e quadranti di funzionamento.

In questo caso, siccome il sistema è costituito da due rami, per ognuno di essi dovrà essere definita una funzione di commutazione, le quali verranno chiamate s1 ed s2.

Considerando inoltre che per ogni ramo vi sono solo due stati possibili, come visto in precedenza, il chopper a quattro quadranti offre la possibilità di commutare tra quattro possibili stati.

Anche in questo caso, come fatto per il chopper a mezzo ponte, è possibile definire istante per istante il valore della tensione Vo ai capi del carico in relazione alle funzioni

(50)

50 Questa relazione è espressa come:

(3.5)

I quattro possibili stati che si possono ottenere grazie al chopper a quattro quadranti sono:

STATO 1 – s1=1 , s2=0: Vo=Vi; • STATO 2 – s1=0 , s2=1: Vo= -Vi; • STATO 3 – s1=1 , s2=1: Vo=0; • STATO 4 – s1=0 , s2=0: Vo=0;

Le modulanti m1 ed m2 dei due rami in parallelo sono definite allo stesso modo di quella del chopper a due quadranti:

(3.6)

(3.7)

Una volta definite le due modulanti, la tensione ai capi del carico in funzione di esse ha la seguente espressione:

(3.8)

3.4 Raddrizzatore

Il raddrizzatore è un componente atto a convertire un segnale alternato in ingresso in un segnale continuo in uscita. La regione di funzionamento è limitata al primo

(51)

51 quadrante, ovvero il componente è in grado di alimentare il carico con sole correnti e tensioni positive. I raddrizzatori possono essere classificati in base al numero di fasi, suddividendosi in raddrizzatori trifase e raddrizzatori monofase, oppure in funzione dei dispositivi elettronici di cui sono composti, differenziandosi in raddrizzatori controllati, semicontrollati e non controllati. In questo paragrafo verrà analizzato un raddrizzatore monofase non controllato composto da semplici diodi non controllati, detto anche ponte a diodi, la cui struttura è rappresentata in Figura 3.14.

Figura 3.14 Schema circuitale del raddrizzatore non controllato e quadrante di funzionamento.

Ipotizzando di considerare i diodi completamente ideali, di alimentare con una tensione sinusoidale il sistema e di collegarvi in uscita un generatore di corrente, che rappresenta un carico fortemente induttivo, è possibile analizzare il funzionamento del ponte a diodi. La tensione di ingresso sinusoidale, essendo per metà periodo positiva e per l’altra metà negativa, fa sì che si possano distinguere due fasi di lavoro:

Vi>0: i diodi 1 e 2 conducono mentre 3 e 4 sono interdetti. La tensione di uscita

è pari alla tensione di ingresso così come la corrente.

Vi<0: i diodi 3 e 4 conducono mentre 1 e 2 sono interdetti. La tensione di uscita

è pari alla tensione di ingresso cambiata di segno così come la corrente.

La potenza istantanea in ingresso e in uscita coincidono in ogni istante a patto che le condizioni di idealità imposte inizialmente siano verificate e che non vi siano

(52)

52 La corrente assorbita in ingresso al convertitore ha l’andamento di un’onda quadra la quale, essendo simmetrica, può essere sviluppata in una serie di termini di soli coseni, notando inoltre la sola presenza di armoniche dispari. La tensione in uscita è continua unidirezionale ma presenta un andamento pulsante ad una frequenza doppia rispetto a quella della tensione di ingresso. Grazie alla seguente equazione si può calcolare il valore medio della tensione di uscita:

(3.9)

Una delle problematiche introdotta da questo dispositivo è la distorsione della tensione d’uscita e allo stesso modo della corrente di ingresso essendo essa un’onda quadra. Il ripple generato in uscita può causare problemi ai carichi collegati perciò è necessario inserire un filtro, generalmente LC, tra l’uscita del raddrizzatore e il carico, in modo da rendere quasi costante l’uscita. Allo stesso modo si necessita di filtri in ingresso per evitare che eventuali correnti distorte possano provocare cadute di tensione sulle impedenze di linea e di conseguenza su tutti gli altri carichi collegati alla rete. Essendo la prima armonica della corrente assorbita in fase con la tensione, si può affermare che il convertitore presenta fattore di potenza unitario perciò il

raddrizzatore non controllato non necessita di rifasamento.

Ora andiamo a fare un analisi del dispositivo eliminando le ipotesi di idealità fatte in precedenza, considerando quindi una caduta di tensione ai capi dei diodi e un carico connesso a valle di natura ohmico-induttiva od ohmico-capacitiva. Si può osservare che, considerando il caso reale, le forme d’onda di tensione e corrente assorbite dal raddrizzatore variano, il rendimento del componente diventa necessariamente minore di uno e che, invece, il fattore di potenza rimane comunque unitario. Nelle Figure 3.15 e 3.16 successive si possono vedere gli andamenti di tensione e corrente in ingresso ed in uscita al raddrizzatore, nel caso di carico ohmico-induttivo e ohmico-capacitivo.

(53)

53

Figura 3.15 Tensione e corrente in ingresso e in uscita ad un raddrizzatore non controllato collegato ad

un carico ohmico-induttivo.

Figura 3.16 Tensione e corrente in ingresso e in uscita ad un raddrizzatore non controllato collegato ad

un carico ohmico-capacitivo.

In questo secondo caso la tensione di uscita assume un comportamento leggermente ondulatorio, provocato dai processi di carica e scarica del condensatore, che è

comunque possibile considerare quasi costante. La corrente sul carico, quindi assorbita dalla rete, ha un andamento impulsivo il cui valore medio può essere ottenuto tramite

(54)

54 il rapporto tra Vo ed R. Nel caso di carico fortemente capacitivo la corrente assume un

comportamento simile a quello di un’onda triangolare dato che l’energia necessaria a sostenere il carico è trasferita al condensatore solo negli intervalli di conduzione. Questo effetto provoca una corrente impulsiva che può presentare un valore medio decisamente inferiore al valore di picco e di conseguenza causa problemi nella scelta e nel dimensionamento dei componenti del raddrizzatore in quanto devono sopportare un’elevata corrente di picco ripetitivo, rappresentata Figura 3.17.

Figura 3.17 Corrente di picco ripetitivo (rossa) e corrente media (verde) in uscita al rettificatore.

I dispositivi che costituiscono il raddrizzatore devono inoltre sopportare una grande corrente di picco al momento dell’inserzione in rete di quest’ultimo. In questa situazione infatti il condensatore, che risulta inizialmente scarico, inizia a caricarsi comportandosi di fatto come un cortocircuito e provocando quindi ad un grosso assorbimento di corrente. Tale fenomeno viene mostrato in Figura 3.18.

(55)

55

CAPITOLO 4

TOPOLOGIE DI CONVERTITORI RISONANTI

A seconda del numero di stadi di conversione presenti, del tipo di inverter e di

raddrizzatore utilizzati e della topologia di struttura risonante considerata, è possibile fare una classificazione dei convertitori risonanti esistenti. Nei paragrafi successivi verranno esaminate le caratteristiche principali di vari convertitori e delle rispettive strutture risonanti.

4.1 Generalità dei convertitori di tipo risonante

La classe dei convertitori risonanti utilizza, come processo di trasferimento energetico, l'energia immagazzinata in un circuito risonante, opportunamente eccitato

da una tensione o corrente ad onda quadra. Nel caso di alimentazione in tensione, lo schema di principio di tali convertitori è mostrato in Figura 4.1.

Figura 4.1 Schema di principio di un convertitore risonante con alimentazione in tensione.

A monte è posto l’inverter, che converte il segnale da continuo ad alternato, basato tipicamente su una struttura a mezzo ponte, Half-Bridge, o ponte intero, Full-Bridge.

(56)

56 L’inverter alimenta il circuito risonante, che può essere di tipo LC serie, LC parallelo o misto. Dopodiché, il segnale alternato viene raddrizzato ed opportunamente filtrato per ottenere in uscita una grandezza continua del valore desiderato. Sfruttando gli attraversamenti per lo zero di tensione e corrente nel circuito risonante è possibile far sì che la commutazione degli interruttori dell'inverter avvenga a corrente nulla (Zero Current Switching) e/o a tensione nulla (Zero Voltage Switching), in modo da eliminare le perdite di commutazione e poter così lavorare a frequenze di commutazione

superiori a quelle utilizzatenei convertitori con modulazione PWM (Pulse Width Modulation). A valle del filtro viene posto il carico, che rappresenta l'elemento di perdita del circuito risonante e che ne determina il fattore di merito. Il flusso di potenza al carico viene controllato variando l'ampiezza delle correnti o delle tensioni risonanti, solitamente sfruttando la dipendenza di queste grandezze dalla frequenza di commutazione. E' importante osservare che, per mantenere la risonanza, il fattore di merito del circuito deve essere almeno di alcune unità e, pertanto, l'energia contenuta nel circuito risonante è pari ad alcune volte quella trasmessa al carico in ogni periodo. Questo fatto rende problematico il controllodi tali convertitori dato che qualsiasi errore nella gestione dell'energia del circuito comporta forti variazioni sia della grandezza controllata in uscita, a causa dell’elevato guadagno, sia degli stress di corrente e tensione nei componenti.

I convertitori risonanti si possono classificare in base alla grandezza impressa e si dividono in:

• Convertitori a tensione impressa con circuito risonante serie:

o Convertitori con connessione del carico in serie (Series Resonant Converter);

o Convertitori con connessione del carico in parallelo (Parallel Resonant Converter);

o Convertitori ibridi (LCC, LLC);

• Convertitori a corrente impressa con circuito risonante parallelo.

Nei convertitori a tensione impressa, viene applicata un'onda quadra di tensione ad un circuito risonante serie.

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