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Bollettino Politiche strutturali per l'agricoltura. N. 18 (2003)

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Academic year: 2021

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uesto numero del Bollettino Politiche Strutturali per l’Agricoltura riporta i principali elementi emersi nel corso del Convegno ‘Il futuro delle Politiche di Sviluppo Rurale in Italia, Verso la seconda conferenza europea sullo sviluppo rura-le’, che si è tenuto a Roma il 29 e il 30 ottobre 2003.

L’obiettivo del Convegno è stato quello di approfondire alcu-ne tematiche conalcu-nesse all’utilizzazioalcu-ne dei Fondi strutturali nell’ambito dello sviluppo rurale, cercando di mettere in evi-denza le difficoltà incontrate nel dare attuazione alle relative misure e le buone prassi poste in essere per migliorarne l’effi-cacia e di trarre dei suggerimenti utili per la riprogrammazio-ne.

La scelta di pubblicare gli atti del convegno è scaturita dal-l’importanza degli argomenti trattati che, anche alla luce della revisione intermedia della PAC e degli orientamenti per la riforma della politica di coesione, ne rende opportuna la più ampia diffusione.

n u m e r o

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numero 18

INEA

Istituto Nazionale di Economia Agraria

Direttore responsabile Francesco Mantino Responsabile di redazione Laura Viganò Comitato di redazione Giuseppe Blasi, Emilio Gatto,

Alessandro Monteleone, Alessandra Pesce, Andrea Povellato, Daniela Storti, Paolo Zaggia, Annalisa Zezza

Progetto grafico Benedetto Venuto Impaginazione Sofia Mannozzi

Elaborazioni statistiche Stefano Tomassini Supporto informatico Massimo Perinotto Segreteria Laura Guidarelli

Registrazione Tribunale di Roma n.671/97 del 15/12/1997 Sped. abb. post. art.2 Comma 20/C Legge 662/96 filiale Roma

Stampa Litografia Principe, Via E. Scarfoglio, 28 - Roma Finito di stampare nel mese di aprile 2004

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in questo numero

Atti del Convegno ‘Il futuro delle Politiche di Sviluppo Rurale in Italia, Verso la seconda conferenza europea sullo sviluppo rurale’, Roma, 29-30 ottobre 2003

Sessione plenaria Il futuro delle Politiche di Sviluppo Rurale in Italia, Verso la seconda conferenza europea sullo svilup-po rurale

Workshop 1 Qualità dei prodotti agroali-mentari: le opportunità della riforma  Workshop 2 Ambiente e rispetto dei requisiti minimi: le sfide dopo la riforma Workshop 3 Monitoraggio e valutazione: strumenti per migliorare i programmi Workshop 4 Ingegneria finanziaria e altri strumenti innovativi

 Workshop 5 Gli strumenti di intervento per la montagna e le aree svantaggiate  Workshop 6 Diversificazione nelle aree rurali e approccio integrato: risultati e pro-spettive

 Workshop 7 Comunicazione e semplifi-cazione procedurale: due punti nodali per migliorare efficacia ed efficienza Conclusioni del convegno

 Documenti Contributo italiano per la Seconda Conferenza europea sullo svilup-po rurale “Seminare oggi per il futuro del mondo rurale - Prospettive della politica rurale in una Europa allargata”

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Premessa

Il 29 e il 30 ottobre 2003 si è tenuto a Roma il Convegno Il futuro delle politiche di sviluppo

rura-le in Italia, organizzato dal Ministero delrura-le Politiche

Agricole e Forestali, in collaborazione con l’INEA e l’ISMEA, nell’ambito del P.O.N. “Assistenza Tecnica e azioni di sistema” - Misura 1.2.

Tale iniziativa, che si colloca quasi alla fine del quar-to anno di attuazione dei programmi strutturali dedi-cati al settore dello sviluppo rurale per il periodo 2000-2006, ha avuto luogo in un contesto temporale particolarmente importante, inserendosi tra il primo periodo di vigenza della riforma della PAC basata su Agenda 2000 e la seconda conferenza europea sullo sviluppo rurale organizzata dalla Commissione euro-pea a Salisburgo.

L’obiettivo del Convegno è stato quello di approfon-dire alcune tematiche connesse all’utilizzazione dei Fondi strutturali nell’ambito dello sviluppo rurale, cer-cando di mettere in evidenza le difficoltà incontrate nel dare attuazione alle relative misure e le buone prassi poste in essere per migliorarne l’efficacia e di trarre dei suggerimenti utili per la riprogrammazione, attualmente in corso, sia dei Programmi operativi regionali (POR) che dei Piani di sviluppo rurale (PSR). La numerosità e la complessità degli argomenti trat-tati hanno richiesto la partecipazione di diversi sog-getti, che a vario titolo operano soprattutto nell’ambi-to delle politiche di coesione dirette al setnell’ambi-tore agrico-lo e al mondo rurale, e, quindi, l’articolazione del convegno in due giornate.

Nella prima mattinata, si è svolta la sessione plena-ria, aperta dal Direttore della Direzione Generale Politiche Strutturali e Sviluppo Rurale del MiPAF, Giuseppe Serino, e continuata con gli interventi del Capo Dipartimento Politiche di Sviluppo e Coesione del MEF, Fabrizio Barca, del Direttore dei Programmi di Sviluppo Rurale della Commissione europea, Michele Pasca-Raymondo, del Direttore Generale dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Puglia, Matteo Antonicelli, del Dirigente dell’Ufficio Politiche Strutturali e Sviluppo Rurale del MiPAF, Giuseppe Blasi, e, infine, del Dirigente di ricerca dell’INEA, Francesco Mantino.

Nel pomeriggio, invece, hanno avuto luogo tre ses-sioni parallele, che nello specifico hanno riguardato la qualità dei prodotti agroalimentari, l’ambiente e il

rispetto dei requisiti minimi, nonchè il monitoraggio e la valutazione.

La seconda giornata ha avuto inizio con altre quattro sessioni parallele, dove sono stati trattati i seguenti argomenti: ingegneria finanziaria, montagna e aree svantaggiate, diversificazione nelle aree rurali e comunicazione e semplificazione procedurale. Nel pomeriggio, si è aperta una nuova sessione ple-naria, durante la quale i rapporteur hanno effettua-to una sintesi di quaneffettua-to emerso nelle rispettive sessio-ni parallele. I lavori sono terminati con le conclusiosessio-ni di Giuseppe Serino.

In questa sede, sono illustrati gli aspetti più importan-ti emersi dai contribuimportan-ti proposimportan-ti nell’ambito della ses-sione plenaria della prima giornata, mentre si ripor-tano integralmente le sintesi delle sessioni parallele effettuate dai relativi rapporteur, nella specifica rubrica dedicata ai workshop.

Introduzione

I contributi presentati nella sessione plenaria della prima giornata, in virtù della diversa provenienza dei singoli relatori, hanno illustrato, i principali punti del dibattito in corso sull’assetto delle le politiche strutturali europee, in particolare quelle rivolte al set-tore agricolo e al mondo rurale, nel prossimo periodo di programmazione (2007-2013) e hanno delineato le posizioni che saranno esplicitate in sede di negoziato da parte di Commissione europea, Stati membri e, indirettamente, da parte delle Regioni.

Fabrizio Barca e Michele Pasca-Raymondo hanno illustrato a grandi linee gli scenari futuri riguardo alla politica di coesione, il primo, e a quella di sviluppo rurale, il secondo. Sebbene siano ancora molte le incertezze inerenti il prossimo periodo di programma-zione, emerge che sarà data continuazione al pro-cesso, già avviato in questa fase nelle regioni fuori obiettivo 1, di separare la politica di sviluppo rurale da quelle di coesione, nonostante il suo contributo al conseguimento di questo obiettivo. Se, da un lato, inoltre, la probabile unificazione delle due sezioni del FEOGA porterà a un potenziamento del processo di semplificazione, soprattutto in termini di riduzione del numero dei programmi relativi allo sviluppo rurale e di omogeneizzazione delle procedure e dei tempi relativi alla programmazione e all’attuazione degli interventi, dall’altro, si teme che, anche con riguardo alle regioni obiettivo 1, possa essere scardinato il principio dell’integrazione tra Fondi e, quindi, tra interventi afferenti alle diverse componenti del siste-ma socio-economico.

Il tema della semplificazione ricorre, benché non sempre con la stessa enfasi, anche negli interventi

Il futuro delle Politiche di

Sviluppo Rurale in Italia, Verso la

seconda conferenza europea sullo

sviluppo rurale*

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successivi di Antonicelli, Blasi e Mantino che, oltre a mettere in evidenza i provvedimenti da prendere per migliorare la gestione e l’attuazione della politica di sviluppo rurale, illustrano le buone pratiche poste in essere nell’attuale fase di programmazione per innalzare il livello di efficacia e di efficienza degli interventi, pratiche che potrebbero essere adottate in modo più diffuso.

Tuttavia, anche in vista della possibile unificazione delle due sezioni del FEOGA e di una eventuale separazione della politica di sviluppo rurale da quel-la di coesione, si è mostrato come sia comunque pos-sibile garantire la continuità e l’integrazione tra gli interventi realizzati a titolo di diversi Fondi e pro-grammi.

Nel complesso, quindi, si è cercato di orientare colo-ro che, per motivi diversi, hanno partecipato al con-vegno in merito, da un lato, alle caratteristiche di fondo che assumeranno le future politiche di coesio-ne e di sviluppo rurale e, dall’altro, alle misure da prendere e/o alle esperienze da emulare, sia nel breve che nel medio-lungo periodo, per consentirne una migliore implementazione a tutti i livelli di governo.

Riforma dei Fondi strutturali e prospettive

per il bilancio comunitario

Fabrizio Barca, nel suo intervento, illustra il contesto generale in cui si collocheranno le politiche di svilup-po rurale nel prossimo periodo di programmazione, riportando quanto è emerso nel corso della Riunione ministeriale informale tenutasi a Roma il 20 ottobre scorso sulle politiche di coesione, in cui sono stati individuati i seguenti quattro obiettivi prioritari: 1. garanzia di una maggiore disponibilità di risorse; 2. prosecuzione dell’azione nel Mezzogiorno secondo

regole credibili;

3. massimizzazione dei benefici dell’allargamento per l’intero territorio nazionale;

4. rafforzamento del principio di addizionalità. E’ ormai chiaro come l’entrata dei PECO nell’UE possa determinare una riduzione delle risorse pro-capite, rese disponibili dai Fondi strutturali, a favore degli attuali Paesi membri. Il conseguimento del primo obiettivo, tuttavia, dovrebbe garantire alle regioni obiettivo 1 un flusso di risorse finanziarie commisura-to al loro fabbisogno, purché capaci di assorbirlo, analogamente a quanto dovrebbe verificarsi con

riferimento ai Paesi dell’Europa dell’Est.

La maggior parte degli Stati membri, inoltre, concor-da sul fatto che le politiche di coesione debbano continuare a riguardare tutte le regioni europee e soprattutto quelle che presentano ritardi nello svilup-po. In Italia, quindi, la scommessa della politica di coesione assume rilievo, in termini sia quantitativi che qualitativi, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno. Diversamente Olanda e Gran Bretagna e meno dichiaratamente, Svezia e Danimarca - gli unici Paesi ad aver superato il tasso di occupazione del 67% stabilito nell’Agenda di Lisbona - propendo-no per una rinazionalizzazione delle politiche di coe-sione, su cui l’Italia dissente per il pericolo che possa venire meno la credibilità delle regole comunitarie. Si auspica, tuttavia, non solo una migliore definizione dei ruoli di Commissione, Stato e Regioni, così da evi-tare sovrapposizioni tra aree di Governo, ma anche una maggiore proporzionalità tra la dimensione finanziaria degli interventi e i controlli, talora ridon-danti rispetto all’esiguità delle risorse attribuite (come, ad esempio, nel caso delle regioni fuori obiet-tivo 1), soprattutto nell’ottica di rafforzare il principio di sussidiarietà, e una maggiore convergenza delle politiche regionali e nazionali a supporto dell’agen-da di Lisbona e di Göteborg1.

Tutti i Paesi membri, ad eccezione della Germania, ritengono che in seguito all’allargamento, che deter-minerà una riallocazione territoriale di merci, capita-le e lavoro, la politica di coesione debba essere orientata in modo più deciso verso l’offerta di infra-strutture sia materiali, laddove inadeguate, che immateriali, come ricerca, innovazione, accessibilità e capitale umano, così da generare un maggiore impatto di lungo termine sulla competitività regiona-le. A complemento della fornitura di beni collettivi, gli aiuti di Stato a finalità regionale dovrebbero finanziare quelle tipologie di investimento che altri-menti non verrebbero sostenute, evitando, tuttavia, mediante una riduzione della loro intensità massima, che servano a trasferire gli investimenti da un territo-rio all’altro.

Per il prossimo ciclo di programmazione dei Fondi strutturali, inoltre, vi è l’esigenza di mettere in pratica una più rigorosa attuazione e verifica del principio di addizionalità con riferimento alle sole regioni obietti-vo 1. Nelle regioni obiettiobietti-vo 2, infatti, le risorse loro destinate sono esigue, pari al 5% di quelle complessi-ve, per cui la distorsione risulterebbe superiore all’ammontare delle risorse stesse. Data l’enorme

1 Gli obiettivi individuati nell’Agenda di Lisbona si identificano con il conseguimento di un tasso di occupazione pari al 67%, il raggiungimento dei livelli di produttività dei paesi più competitivi, la creazione di uno spazio europeo della ricer-ca, la promozione di una crescita economica sostenibile e di una maggiore coesione sociale. Il Consiglio europeo di Göteborg ha rafforzato la strategia di Lisbona integrandovi la dimensione ambientale, così da affrontare le politiche economiche, sociali e ambientali in modo sinergico. La strategia definita è volta a: limitare gli effetti dei cambiamenti climatici, introdurre sistemi di trasporto sostenibili, ridurre i rischi per la salute pubblica, gestire le risorse naturali in modo più responsabile e integrare la dimensione ambientale in tutte le politiche comunitarie.

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mole di fondi disponibili per l’attuazione della politi-ca di coesione, occorrerebbe anche una maggiore trasparenza riguardo ai risultati conseguiti in termini di competitività e, quindi, una maggiore visibilità dell’efficacia nell’utilizzo del budget comunitario. Altro aspetto da sottolineare è che la politica di coe-sione, quale strumento prioritario nel dare attuazione all’Agenda di Lisbona e Göteborg, deve essere rifor-mata in modo da garantirne l’unitarietà, senza pre-vedere separazioni tra rurale e non rurale, obiettivo 2 e non. L’attuazione di tale Agenda, tuttavia, richiede l’individuazione di un doppio livello di obiettivi: accanto alla definizione di obiettivi comunitari di alto livello, gli Stati membri e le Regioni devono indi-viduare strumenti e obiettivi specifici in funzione delle rispettive condizioni socio-economiche e tecno-logico-territoriali.

In tale contesto, quindi, l’obiettivo della competitività europea non contrasta con quello della convergen-za. E’ possibile perseguirli entrambi, incrementando il potenziale di crescita di alcune regioni senza ridurre quello di altre, salvo i casi estremi rappresentati dai territori con handicap naturali, nei quali gli interventi dovranno essere di tipo distributivo. Diversi Paesi membri concordano che, allo scopo di accrescere la coesione economica, sociale e territoriale, tutte le regioni, sulla base dei rispettivi fabbisogni e caratteri-stiche, dovrebbero prendere parte alle grandi reti tematiche europee, come, ad esempio, le TEN (Reti Trans-europee) e lo Spazio Europeo sulla ricerca.

Riforma della PAC e implicazioni per lo

sviluppo rurale

Michele Pasca Raymondo, inizialmente, ripercorre le tappe che hanno scandito il progressivo sviluppo della politica di sviluppo rurale e il suo rafforzamen-to, quale secondo pilastro della Politica agricola comunitaria, segnate dalla Conferenza di Cork del 1996, da Agenda 2000 e, infine, dalla Revisione intermedia della PAC. Nel 2013, infatti, il graduale spostamento di risorse dal primo al secondo pilastro, tramite l’introduzione obbligatoria della modulazione e il dirottamento di risorse finanziarie da specifiche OCM2, porterà al 20% il budget agricolo dell’UE

desti-nato alla politica di sviluppo rurale contro l’attuale 15%. E’ stata ampliata, inoltre, la gamma delle tipo-logie di intervento cofinanziabili, consentendo una

maggiore incisività della politica di sviluppo rurale nei territori in cui viene attuata.

Dopo un breve excursus sull’attuale ripartizione delle risorse finanziarie, a livello comunitario, tra le diverse misure e sul relativo tasso di esecuzione, Pasca passa a illustrare le questioni ancora aperte in tema di svi-luppo rurale, alcune delle quali non ben definite in ambito UE.

Innanzitutto, vi è una questione di ordine finanziario che si articola su più punti.

La riforma di metà percorso, attraverso la modulazio-ne obbligatoria, offre uno spazio più ampio alle misu-re di sviluppo rurale sin dal 2005 e, in Italia, il suppor-to supplementare dovrebbe essere di circa 20 milioni di euro/anno. Tuttavia, non è ancora definito l’impor-to finanziario che sarà gradualmente trasferil’impor-to dal primo al secondo pilastro della PAC con modalità diverse dalla modulazione.

Altro aspetto preso in considerazione riguarda l’at-tuale sistema di gestione previsto dai regolamenti in vigore, che si è dimostrato troppo complesso, non solo per l’azione concomitante di diversi fondi, siste-mi di controllo e sanzioni, ma anche per la difficoltà di gestire una molteplicità di programmi. Per il futu-ro, quindi, si prevede di costituire un partenariato tra Commissione europea e autorità nazionali in tema di gestione e responsabilità, anche finanziaria, dell’ese-cuzione dei programmi. Conseguentemente, si dovranno predisporre programmi unici a livello di stato o regione, che prevedano al loro interno uno spazio riservato all’attuazione del LEADER.

Con la revisione intermedia, l’introduzione di cin-que nuove misure e l’ampliamento di alcune tra quelle esistenti, in tutto tre, pongono gli Stati mem-bri o le Regioni di fronte a un’ampia gamma di misure che può soddisfare le più svariate esigenze, coerentemente con la propria strategia di sviluppo3.

E’ evidente che gli Stati membri o le regioni, dal canto loro, dovranno saper selezionare le misure più strategiche da attuare in base alle caratteristiche e peculiarità dei diversi territori e operare un adeguato mix tra interventi diretti alle aziende agricole e quelli a favore della collettività rurale nel suo complesso, date le rispettive dotazioni finanziarie.

In tale contesto, la Commissione ha attribuito un’e-norme importanza alla politica della qualità, intro-ducendo la possibilità di ottenere finanziamenti per

2 E’ il caso, ad esempio, dell’OCM Tabacco. Il 18 novembre 2003, infatti, la Commissione ha presentato al Consiglio e al Parlamento europeo la proposta legislativa per una sua riforma. Tale proposta prevede l’eliminazione graduale del Fondo comunitario per il tabacco e la creazione, nell’ambito della politica di sviluppo rurale, di una dotazione finanzia-ria per la ristrutturazione delle zone produttrici a partire dal 2006.

3 Le nuove cinque misure sono: strategie integrate di sviluppo rurale attraverso partenariati locali, attuazione di norme vincolanti, utilizzazione di servizi di consulenza agricola, partecipazione a sistemi di qualità ambientale e promozione dei prodotti di qualità, mentre la misura agroambiente è stata integrata con ‘benessere degli animali’, la ‘l’, avviamento di servizi alle aziende, con ‘avviamento di servizi di consulenza’, e la ‘m’, commercializzazione prodotti di qualità con ‘creazione di sistemi di qualità’.

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la creazione di sistemi di qualità, in termini di stan-dardizzazione e normalizzazione dei processi e/o dei prodotti, la partecipazione a sistemi di qualità alimentare (DOP, IGT, STG, IGT, agricoltura biologi-ca e marchi nazionali come, ad esempio, DOC, DOCG) e la promozione di prodotti di qualità. L’innalzamento del livello qualitativo dei prodotti ali-mentari, oltre a garantire la sicurezza dei consumato-ri e una maggiore trasparenza su mateconsumato-rie pconsumato-rime e/o tecniche di trasformazione utilizzate, può costituire un volano di sviluppo anche per le aree che presenta-no, per motivi diversi, forti difficoltà di sviluppo, con-sentendo, al contempo, la salvaguardia delle tradi-zioni locali, il riconoscimento di un’identità locale e la diversificazione delle attività soprattutto se, a tali prodotti, si lega anche lo sviluppo di attività turisti-che.

E’ necessario, tuttavia, che l’Amministrazione cen-trale svolga un’azione di coordinamento in tema di certificazione e soprattutto di rintracciabilità, que-stioni, infatti, che travalicano i confini regionali.

La futura Riforma della Politica di

sviluppo rurale: la posizione delle Regioni

italiane

La prima parte della mattinata si è conclusa con l’in-tervento di Matteo Antonicelli, che ha posto l’accen-to su tutta una serie di richieste che le regioni avan-zano alla Commissione riguardo al futuro della politi-ca di sviluppo rurale, soffermandosi soprattutto sui giovani agricoltori, che costituiscono solo l’8% dei conduttori agricoli totali, ed evidenziando, quindi, la necessità di favorire un radicale ricambio generazio-nale.

Per evitare che il premio per il primo insediamento giovani si traduca, così come avviene adesso, in un semplice trasferimento di risorse, sarebbe necessario rendere obbligatoria la realizzazione di investimenti che consentano l’introduzione di innovazioni tecnolo-giche da parte dei giovani, magari collegandoli a misure di ingegneria finanziaria.

A ciò è legata l’esigenza di diversificare, mediante l’utilizzazione di strumenti normativi e finanziari ade-guati, gli interventi fra i giovani che si insediano in zone con svantaggi naturali, da quelli dei giovani le cui aziende si localizzano in zone non svantaggiate, coerentemente con la diversità di obiettivi da perse-guire nelle due tipologie di aree: in breve, carattere multifunzionale e mantenimento dell’agricoltura nelle prime e competitività nelle seconde.

Si dovrebbe promuovere, inoltre, una più stretta

cor-relazione tra la misura sulla formazione e quella a sostegno dell’insediamento dei giovani agricoltori; a questo proposito, un ruolo fondamentale potrebbe essere svolto dai consulenti aziendali, previsti dal recente Regolamento (CE) 1783/03, in tema di eco-condizionalità, e dalle organizzazioni che forniscono servizi di sostituzione e assistenza alla gestione delle aziende agricole (Reg. (CE) 1257/99, art. 33).

Anche allo scopo di promuovere l’occupazione di giovani professionisti, è auspicabile l’introduzione di una misura che preveda la realizzazione di azioni di tutoraggio a favore dei giovani imprenditori agricoli. E ancora, per favorire l’ingresso dei giovani, evitan-do che questi si insedino prevalentemente in aziende di medio-grandi dimensioni, si dovrebbero concede-re loro agevolazioni e facilitazioni per l’acquisto di terreni, così da raggiungere dimensioni tali da garantire il conseguimento di una redditività mini-ma.

I successivi punti dell’intervento di Antonicelli, inve-ce, trattano questioni diverse tra loro riguardanti le procedure di funzionamento di OCM e interventi strutturali, le norme che regolano i rapporti tra UE, Stato e Regioni, le tipologie di interventi di assistenza tecnica nel caso di programmi cofinanziati dal FEOGA-Garanzia e i PIT.

In particolare, con riferimento alle procedure di fun-zionamento delle OCM e a quelle relative alla PAC strutture, si auspica una loro armonizzazione, in quanto, nel caso delle prime, i requisiti di accesso agli aiuti sono meno stringenti di quelli richiesti per la realizzazione di interventi strutturali nell’ambito della politica di sviluppo rurale, creando dei vantaggi competitivi a favore degli agricoltori che ricevono il sostegno in un regime piuttosto che nell’altro4.

Le norme che regolano i rapporti tra UE, Stato e Regioni, inoltre, dovrebbero essere semplificate così da eliminare la doppia procedura di approvazione di PO e CdP, che ha un effetto negativo sui tempi di realizzazione della spesa. Al momento tale problema può essere risolto o, comunque, ridotto solo tramite la presenza di ‘Misure in corso’ e di progetti coerenti. Nell’ambito degli interventi di assistenza tecnica cofinanziati dal FEOGA-Garanzia, il sostegno comu-nitario dovrebbe essere concesso non solo per la realizzazione delle valutazioni, ma anche per copri-re i costi delle attività di sorveglianza e monitorag-gio e di assistenza tecnica alle imprese.

Si riconosce, infine, l’importanza della programma-zione integrata territoriale per calibrare gli interventi in base alle esigenze e peculiarità delle singole aree, così da non vanificare l’esperienza finora acquisita in ambito LEADER e con i PIT.

4 Ci si riferisce agli interventi a carattere strutturale, quali, ad esempio, la ristrutturazione dei vigneti, quelli a favore delle aziende ortofrutticole e realizzati tramite le OP o di riconversione da parte dei produttori di tabacco.

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La programmazione dello sviluppo rurale

in Italia

Nel suo intervento, Blasi, illustrate le buone

perfor-mance di spesa dei POR e soprattutto dei PSR e la

situazione più critica del programma LEADER+5,

rivolge l’attenzione alla programmazione futura, distinguendo quella di breve periodo da quella di medio-lungo termine.

A questo proposito, la posizione negoziale dell’Italia per la prossima fase di programmazione si incentra sulla necessità che la gestione finanziaria dei pro-grammi continui a essere coordinata a livello cen-trale, implicando l’assegnazione di risorse indistinte ai singoli Stati membri, visto il successo di questo modello nel caso italiano. Con riferimento alle regioni obiettivo 1, inoltre, i futuri PSR dovrebbero essere integrati nell’ambito della programmazione realizzata con i Fondi strutturali, cercando di valoriz-zare le esperienze positive maturate ricorrendo alle due sezioni distinte del FEOGA.

Per quanto riguarda il breve periodo, le questioni più urgenti sul tavolo sono costituite dalla necessità di indirizzare le regioni verso l’adozione di procedu-re di attuazione e controllo indiffeprocedu-renziate, di effet-tuare una revisione delle aree svantaggiate e di riavviare il confronto sull’adozione di un disciplinare unico in tema di produzione integrata, così da non vanificare gli sforzi finora compiuti, aumentare il potere contrattuale degli agricoltori nei confronti della grande distribuzione e certificare il processo nei confronti dei consumatori.

Risulta importante, inoltre, adottare un approccio per le valutazioni basato sull’impiego di metodolo-gie comuni e sinergiche tra loro e in grado di indur-re giudizi su settori e aindur-ree che travalichino i confini regionali. Con la riprogrammazione degli interventi, infine, si dovrà prestare attenzione al settore foresta-le e montano, sicuramente marginalizzato dalla programmazione regionale.

Nel medio-lungo periodo, invece, sono due le scelte fondamentali da effettuare. La prima riguarda l’esi-genza di introdurre misure sempre più appropriate e rispondenti alle reali esigenze degli imprenditori agricoli e rurali, mentre la seconda concerne l’indi-viduazione di un equilibrio tra un’eccessiva territo-rializzazione imposta dall’alto, così come si è verifi-cato nelle passate fasi di programmazione con le aree 5b, e l’attuale mancanza, nell’ambito dei PSR, di scelte programmatorie imperniate su una zoniz-zazione degli interventi in funzione delle diverse esi-genze delle singole aree.

Buone prassi emergenti dalle politiche di

sviluppo rurale

Mantino pone innanzitutto in evidenza come l’attua-zione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali abbia portato, per quanto in modo differenziato a livello nazionale, a un accumulo di conoscenze, allo sviluppo di una certa capacità di programmare e di gestire l’attuazione dei programmi stessi, seguendo regole comuni a diversi livelli territoriali, e a organiz-zare la struttura amministrativa in modo funzionale al perseguimento degli obiettivi, consentendo il rag-giungimento di un livello di efficacia anche elevato. Ciò è stato reso possibile anche dall’individuazione di buone pratiche, definite come una qualsiasi innova-zione che, introdotta nel funzionamento di una politi-ca, induce significativi miglioramenti delle sue

performance. Gli ambiti in cui le buone pratiche

pos-sono essere messe a punto pos-sono quelli procedurali e organizzativi, così da migliorare la capacità ammini-strativa e l’efficienza della spesa, e nello sviluppo di interventi coerenti con gli obiettivi e le strategie indi-viduati, rafforzando la capacità progettuale unita-mente al conseguimento di una maggiore efficacia. Le azioni tese a semplificare le procedure e a razio-nalizzare l’organizzazione amministrativa possono determinare una contrazione dei tempi di finanzia-mento, una riduzione delle revoche da parte del-l’amministrazione o delle rinunce da parte dei desti-natari finali, un minor numero di irregolarità e una maggiore trasparenza nelle scelte pubbliche. Con riferimento alle procedure e alle modalità di attuazione, si schematizzano di seguito le buone pra-tiche individuate:

- presentazione delle domande a selezione con adempimenti totalmente informatizzati;

- preferenza verso il bando aperto con cadenza periodica;

- presentazione di progetti già esecutivi;

- controllo di gestione basato su indicatori di tipo semplice (a livello di soggetti attuatori);

- controllo interno di I° livello per misura per indivi-duare carenze e irregolarità.

A queste si è associata una riorganizzazione a livello tecnico-amministrativo, resa necessaria dalle novità introdotte con l’attuale Riforma dei Fondi strutturali, che ha portato a:

- la separazione delle funzioni fra gestione, paga-mento e controllo in capo a diverse strutture; - l’implementazione di un sistema di monitoraggio;

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5 Tuttavia, solo nel caso del PLR della Regione Lazio non è stata raggiunta la soglia minima di spesa per evitare il disim-pegno automatico.

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- la creazione, in alcune regioni (Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Toscana, Basilicata), di una autonoma Agenzia di pagamento e il rodaggio della nuova struttura.

La maggiore capacità progettuale e il più elevato livello di efficacia, invece, si esplicano mediante una maggiore coerenza dei progetti alla normativa e, quindi, un minor tasso di rifiuto delle domande pre-sentate, un elevato impatto dei progetti stessi in ter-mini, ad esempio, di produttività e redditività del lavoro, un miglioramento della competitività e nel-l’assorbimento o, comunque, nella riduzione degli squilibri territoriali.

Una maggiore capacità progettuale locale è stata raggiunta a livello individuale e collettivo, in que-st’ultimo caso soprattutto con i progetti integrati, mentre una maggiore efficacia risulta dall’aumento della competitività del sistema agro-alimentare e dalla valorizzazione delle risorse endogene delle aree rurali, obiettivi chiave perseguiti con il QCS e i PSR.

Mantino, infatti, ha evidenziato come, nell’arco del-l’ultimo ventennio, si sia assistito, nelle regioni obietti-vo 1 e soprattutto in quelle del Centro-Nord, a un aumento della produttività del lavoro in agricoltura, a una contrazione dell’indice di disparità settoriale tra il settore agro-alimentare e le altre attività, a un aumento della propensione all’esportazione e, in generale, a un lieve aumento dell’incidenza della produzione di qualità sul totale della produzione, sottolineando, quindi, l’efficacia degli interventi cofi-nanziati dai Fondi strutturali.

L’esperienza e le capacità acquisite da parte dei diversi attori che operano sul territorio hanno portato allo sviluppo di progetti complessi, alcuni dei quali brevemente richiamati da Mantino. E’ il caso, ad esempio, del Progetto TRANSALPRO, in cui si è sapu-to sfruttare in modo sinergico le potenzialità offerte

dalle diverse tipologie di programmi che insistono sulle stesse aree. Nell’ambito del PSR della Regione Piemonte, infatti, è stato realizzato lo studio di fattibi-lità per la costituzione di un’Agenzia di sviluppo per i nuovi insediamenti montani, sulla base di un con-fronto tra le diverse esperienze acquisite sia in Italia che all’estero. LEADER+, invece, ha consentito di individuare le aree pilota su cui attuare il progetto di cooperazione transfrontaliera, messo a punto da Italia e Francia con INTERREG III e finalizzato a: - creare le condizioni necessarie perché la

monta-gna cessi di “sopravvivere” alle evoluzioni del con-testo socio-economico mondiale e torni, invece, a “vivere” in armonia con queste, secondo il livello di benessere e di agio sociale che esse hanno saputo garantire;

- mantenere sul territorio le imprese e la popolazio-ne attualmente insediate, aprendo loro nuove opportunità di insediamento e/o di inserimento professionale;

- attrarre nuovi investimenti, compatibili con il terri-torio sotto il profilo ambientale, culturale e tradizio-nale, favorendo la localizzazione di nuova impren-ditorialità e il trasferimento di quella esistente da altre aree.

E’ stato evidenziato, quindi, come alla capacità di combinare programmi di tipo diverso si sia associa-ta la valorizzazione delle esperienze di progetassocia-tazio- progettazio-ne acquisite soprattutto con il LEADER, agendo in un’ottica intersettoriale. INTERREG, infine, ha con-sentito a regioni localizzate in due Paesi diversi di individuare congiuntamente alcune soluzioni a problemi che interessano aree simili, per localizza-zione, caratteristiche geo-morfologiche, ecc., met-tendo a frutto le conoscenze e le esperienze acquisi-te in ciascuna di quesacquisi-te, medianacquisi-te la costituzione di reti di cooperazione.

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Qualità dei prodotti

agroalimentari: le

opportunità della

riforma

di Rolando Manfredini - Coldiretti

Relazioni:

Nuove opportunità offerte dalla riforma della PAC nel settore della qualità dei prodotti agroalimentari Gabriele Canali - Università

Cattolica Piacenza

I sistemi di qualità e di certificazione in Italia

Alberto Musa - SINCERT

Linee operative per l’attuazione dei programmi di certificazione e rin-tracciabilità nelle imprese agricole Piero Bonato - CSQA

Le nuove misure nel contesto della programmazione regionale: POR e PSR

Gianfranco Colleluori

-Commissione UE, DG Agri

Le principali questioni

affrontate durante i lavori

Il gruppo di lavoro ha affrontato il tema della qualità dei prodotti ali-mentari, cercando di evidenziare le opportunità offerte dalla recen-te riforma della PAC in marecen-teria di sviluppo rurale e analizzando i possibili contenuti concreti, per dare, nel prossimo futuro, piena attuazione alla relativa misura di intervento prevista dalla nuova regolamentazione comunitaria. Le relazioni programmate durante i lavori hanno fatto emergere che: a) La riforma della PAC, nella parte riguardante lo sviluppo rurale, illustrata dal Prof. Canali, rappresenta senza dub-bio una opportunità importante per la consolidazione e lo svi-luppo delle politiche della qua-lità legate al sistema agroali-mentare, di cui siano protagoni-ste le imprese agricole. Infatti, è stato più volte sottolineato che

la nuova misura di intervento si rivolge direttamente al sistema delle imprese, pur avendo effet-ti anche sul mercato e sui con-sumatori.

b) Il sistema dell’accreditamento degli organismi di certificazio-ne, illustrata dall’ng. Musa del SINCERT, rappresenta una potenzialità anche per il settore agroalimentare, in grado, da un lato, di semplificare il siste-ma della certificazione e, dal-l’altro, di offrire garanzia di imparzialità, internazionalità e correttezza, sia per la imple-mentazione della certificazione di qualità dei prodotti alimenta-ri, che per accrescere il grado di fiducia dei consumatori verso tali certificazioni.

c) I modelli di certificazione della qualità, illustrati dal Dr. Bonato del CSQA, rappresentano un’opportunità anche per il set-tore agricolo, inteso nella sua specificità (debolezze e punti di forza). Per questo è emerso con evidenza che i modelli di certifi-cazione per l’agricoltura non possono essere mutuati sic et

simpliciter, come già avviene

per il settore industriale. Occorre pensare a un sistema che sia credibile, sostenibile per l’azienda agricola e sostenibile finanziariamente. E’ importante, pertanto, la rintracciabilità del prodotto, che rappresenta lo strumento per tutelare il consu-matore e valorizzare il prodotto e, nello stesso tempo, permette all’azienda di gestire il proprio rischio di impresa, rispettando le responsabilità di tutti gli attori della filiera.

d) La riforma della PAC in materia di sviluppo rurale rappresenta, come evidenziato dalla relazio-ne del Dr. Colleluori, la conti-nuazione di quanto già avviato sul tema della qualità da Agenda 2000 e dai Piani di svi-luppo rurale, attraverso le misu-re per l’agroambiente, la com-mercializzazione dei prodotti di qualità, la formazione, gli inve-stimenti in azienda e lo sviluppo

dell’economia e della diversifi-cazione nelle zone rurali. Si trat-ta di integrare trat-tali misure con quella innovativa della qualità alimentare, alla quale devono essere attribuiti contenuti con-creti, con uno sforzo di fantasia e semplificazione che permetta di attivare una seria politica della qualità, coinvolgendo la filiera a partire dall’impresa agricola.

Le principali

problematiche emerse

Le principali problematiche emer-se in materia di qualità, riferite all’attuale sistema di gestione dei Fondi strutturali e dello sviluppo rurale, possono essere così riassun-te:

a) Scarsa integrazione e coordina-mento fra le diverse misure di intervento che operano per lo sviluppo del sistema della qua-lità, come evidenziato dalla scarsa attuazione di azioni pre-viste già da Agenda 2000, come quelle relative alla com-mercializzazione dei prodotti di qualità (solo 130 milioni di Euro di contributi pubblici per tutto il periodo 2000-2006), alla forma-zione degli operatori o alla diversificazione delle attività e, quindi, alla multifunzionalità. b) Eccessiva proliferazione di

mar-chi, disciplinari e certificazioni che creano problemi di gestio-ne aziendale, oltre a non essere compresi dai consumatori e, quindi, dal mercato.

c) Scarsa informazione, comunica-zione e promocomunica-zione verso i con-sumatori sulla conoscenza e sulla disponibilità dei prodotti di qualità.

d) Attualmente, una politica della qualità alimentare nell’ambito del sistema di gestione dei Fondi strutturali e dello svilup-po rurale è ostacolata da una complessità che spacca in due il paese, dal punto di vista sia del sistema di programmazione (PSR al centro nord e POR al

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Sud) che del sistema di finan-ziamento (FEOGA - Garanzia e Orientamento).

Buone prassi emergenti ed

elementi di innovazione

A tale riguardo, il workshop ha fatto riferimento alle buone espe-rienze, non prive di problematiche “emergenti”, relative a DOP, IGP, VINI DI QUALITA’, ecc. e soprat-tutto a quelle relative alla produ-zione integrata e biologica. Tuttavia, non sono stati trascurati alcuni problemi, quali la prolifera-zione di sigle, marchi e disciplinari che, a causa di una inefficace informazione dei consumatori e formazione degli operatori, spesso si risolvono in maggiori costi per le imprese e in scarsi risultati di aumento di competitività sul mer-cato. In ogni caso, anche in vista dell’allargamento, tutti si sono mostrati d’accordo sul fatto che la battaglia della competitività si gioca sulla qualità e, quindi, sulla differenziazione delle produzioni. In tale ottica, le maggiori innova-zioni riguardano il forte legame tra qualità dei prodotti e qualità dei territori dai quali provengono. Pertanto, anche le esperienze di certificazione di prodotto e di siste-ma risultano esportabili, come pure i prodotti e i territori ai quali si riferiscono.

Principali implicazioni

per le future politiche

strutturali e di sviluppo

rurale

In sintesi, le implicazioni per le future politiche strutturali e dello sviluppo rurale in materia di qua-lità possono essere riassunte, in termini di problematiche e pro-spettive, nei seguenti punti: a) La politica della qualità deve

essere affrontata guardando al mercato e al consumatore. E’ emerso, infatti, che la qualità e la differenziazione produttiva rappresentano per l’impresa agricola elemento di marketing

e fattore di competitività sui mercati locali e globali. In par-ticolare, la differenziazione pro-duttiva risulta realizzabile non solo per le produzioni quantita-tivamente minori, ma anche per le commodities, grazie al maggior legame che si riesce a realizzare con il territorio, che diventa anche esso elemento di competitività e, quindi, fatto-re per aumentafatto-re la qualità. b) Occorre evitare la

proliferazio-ne di marchi, certificazioni, disciplinari, al fine di non indur-re in confusione il consumatoindur-re e aumentare i costi di gestione dell’impresa agricola.

c) La misura “Qualità alimentare”, introdotta dalla riforma, si rivol-ge direttamente all’impresa agricola. Pertanto, è fondamen-tale che l’aiuto (3000 Euro/azienda per max 5 anni) serva concretamente all’impre-sa agricola per intraprendere percorsi di qualità e differenzia-zione delle produzioni. E’ evi-dente che i metodi di certifica-zione dovranno essere semplici e sostenibili, per evitare di ero-dere troppo il contributo che arriva al sistema delle imprese. d) Occorre semplificare il sistema di programmazione e finanzia-mento dello Sviluppo rurale, per evitare discriminazioni tra nord e sud. Inoltre, si evidenzia la necessità di una maggiore integrazione tra le diverse misu-re di intervento indirizzate alla

qualità nell’ambito dello svilup-po rurale e, quindi, anche tra PSR e POR. Sempre in tale otti-ca, occorre tenere conto delle norme confliggenti in materia di qualità contenute nelle Organizzazioni comuni di mer-cato e di quelle presenti nei PSR.

e) E’ emerso che il tema della qualità alimentare è stretta-mente connesso alla qualità dei territori e al legame delle produzioni con essi. Inoltre, l’ap-proccio per una qualità delle produzioni risulta sempre più strettamente legato alla qualità dell’impresa. Tutto ciò richiede certificazioni di prodotto, territo-riali e di sistema imprenditoria-le.

f) Il tema della qualità richiama quello sensibile della rintraccia-bilità, ma per approntare misure che intervengano in questa direzione, è necessario aver ben chiaro cosa rintracciare, come e in funzione di quale obiettivo. g) La qualità richiama la

“differen-ziazione” e, quindi, la ricerca di parametri per la sua valutazio-ne. E’ emerso che tali parametri possono essere individuati nel-l’origine della materia prima e nel legame delle produzioni con il territorio.

h) Il quadro delle “regole” deve essere certo, semplice, efficace e in grado di avere un reale impatto su impresa, consuma-tore, territori e filiera.

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Ambiente e rispetto dei requisiti

minimi: le sfide dopo la riforma

di Camillo Zaccarini Bonelli - MiPAF

Relazioni:

La buona pratica agricola nelle nuove misure agroam-bientali: esperienze a confronto

Andrea Povellato - INEA

Nuove opportunità per le aree regionali soggette a restrizioni ambientali: un difficile equilibrio fra imple-mentazione delle norme comunitarie e forme di com-pensazione per gli agricoltori.

Paolo Cumino - Regione Piemonte

Il controllo dei requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali: il caso Lombardia. Federico Giovanazzi - OPR Lombardia

I sistemi di consulenza aziendale nel contesto della rifor-ma della PAC.

Filippo Trifiletti - Confagricoltura

Quali possibili sviluppi per le politiche agroambientali dopo la riforma della PAC?

Gabriele Dono - Università della Tuscia

Premessa

La riforma di medio termine della PAC recentemente approvata consolida e perfeziona il processo di inte-grazione delle istanze ambientali nella PAC secondo due linee prioritarie d’intervento:

a) rafforzamento delle misure agroambientali in ter-mini di:

i. estensione degli obiettivi al miglioramento del benessere degli animali;

ii. aumento dell’intensità di cofinanziamento comunitario del 10% sia in ob.1 che fuori ob.1, superando il tasso “bloccato” al 75% e 50% fino-ra in vigore.

b) promozione degli standard minimi produttivi con la piena applicazione delle norme comunitarie in materia di ambiente, igiene e benessere degli ani-mali in termini di:

i. aumento del premio per l’indennità compen-sativa per le aree con restrizioni ambientali (art. 16);

ii. inserimento del capo V bis “rispetto delle norme”;

iii. finanziamento dei Servizi di consulenza azienda-le;

iv. deroghe per adeguamento ai requisiti minimi per investimenti.

Le principali questioni affrontate durante

i lavori

Nel corso del workshop si è cercato di focalizzare l’attenzione solo su alcuni temi ambientali (buona pratica agricola, benessere degli animali, modalità di controllo, requisiti minimi, applicazione della diret-tiva nitrati; servizi di consulenza aziendale), senza la presunzione di voler esaurire tutte le questioni di rile-vanza ambientale che richiederebbero ulteriori approfondimenti in altre sedi.

Gli argomenti trattati sono tuttavia considerati parti-colarmente significativi e cruciali in considerazione de:

- la presente fase di riprogrammazione dei POR e dei PSR alla luce della modifica del Reg. (CE) 1257/99; - la necessità di avviare il nuovo sistema di

ecocon-dizionalità previsto nel contesto del regolamento orizzontale, per il quale potranno essere tratte utili indicazioni dalle buone pratiche amministrative messe in campo nel settore dell’agroambiente nella gestione delle politiche di sviluppo rurale.

Le principali problematiche emerse

La buona pratica agricola nelle nuove misure agroambientali: esperienze a confronto

Come noto, il rispetto della normale buona pratica

agricola (BPAn) rappresenta uno dei requisiti di

accesso alle misure agroambientali e all’indennità compensativa e la base line per il calcolo dei premi. Oggi il sistema di finanziamento delle misure agroambientali è strutturato su 3 livelli: 1° livello – norme cogenti per legge (comunitarie e nazionali); 2° livello – indicazioni di buona pratica agricola non (ancora) coperte da norme cogenti per legge; 3° livello – indicazioni aggiuntive relative alle misure agroambientali che vanno oltre i primi due livelli. Da un esame comparato dei PSR in Europa emerge che di solito la BPAn coincide con le norme di legge vigenti in campo agricolo e ambientale. Tuttavia, tali norme non coprono sempre l’intero spettro delle pratiche agronomiche: Austria, Danimarca, Germania, Olanda e Svezia si concentrano prevalen-temente su fertilizzanti e fitofarmaci; in Inghilterra l’enfasi è posta principalmente sugli aspetti paesag-gistici e sulla biodiversità, mentre l’Irlanda pone maggiore attenzione sui fertilizzanti e sui reflui zootec-nici. In Italia, invece, al rispetto delle norme di legge si affiancano indicazioni di buona prassi agronomica in ambiti non coperti dalla legislazione (es. avvicen-damento; criteri di potatura nei fruttiferi, ecc.). L’esperienza finora acquisita mette in luce alcune dif-ficoltà riguardanti:

a) il controllo della BPAn in termini di costo delle veri-fiche ispettive, relativamente agli standard da

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prendere come elemento di verifica, consideran-do l’ampia variabilità agricola/ambientale, riscon-trabile nei diversi territori rurali;

b) il comportamento degli agricoltori, che spesso risultano disinformati e con una scarsa percezione dei problemi ambientali; inoltre, il rispetto degli obblighi della BPAn potrebbe essere eluso quando non è definito con chiarezza l’ammontare delle sanzioni in caso di non osservanza.

Benessere degli animali

Questo tema discende da ovvie istanze di natura etica nei confronti degli animali da allevamento ed è sempre più presente nella normativa europea e, in particolare, nella PAC. Il benessere degli animali riguarda sia la fase di allevamento, sia le fasi succes-sive del trasporto e della macellazione.

Sarebbe però un errore svincolare questo argomento da altri ambiti nei quali esso assume un’enorme importanza, come la tutela del consumatore, la qua-lità dei prodotti e la sostenibiqua-lità ambientale degli allevamenti, in termini di de-intensificazione dei pro-cessi produttivi.

Da requisito minimo di accesso agli aiuti strutturali dei PSR e POR, con la riforma il benessere degli ani-mali acquista maggior peso, divenendo un nuovo obiettivo delle misure agroambientali, al di là delle normali buone pratiche zootecniche. Dall’1 gennaio 2007, inoltre, esso diviene cogente per tutti gli alleva-tori che beneficiano delle integrazioni dirette al red-dito previste dalla PAC.

Controllo dei requisiti minimi

L’accresciuto peso nell’implementazione delle politi-che di sviluppo rurale dei requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali impo-ne un’approfondita riflessioimpo-ne sulle modalità di con-trollo.

L’esperienza della Regione Lombardia, che rappre-senta un esempio di buona prassi nei controlli di questi requisiti, mette in luce alcuni problemi:

a) necessità di una conoscenza multidisciplinare da parte di chi assolve la funzione di controllo; b) necessità che le norme vigenti relative alla

sepa-razione delle funzioni (istruttore/controllore) siano rispettate dalla struttura deputata al controllo; c) sensibile onere finanziario nell’espletamento dei

controlli;

d) scarsa informazione dei beneficiari in ordine agli obblighi previsti.

Aree soggette a restrizioni ambientali: nuove opportunità

L’esperienza finora acquisita mette in luce alcuni

pro-blemi:

a) il rispetto delle norme cogenti in materia ambien-tale che discendono da normative comunitarie costituisce ormai una conditio sine qua non per ottenere il cofinanziamento dell’UE;

b) spesso, come nel caso della direttiva nitrati, il recepimento di queste norme è stato molto lento e difficoltoso, comportando talvolta delle procedure d’infrazione a danno dello Stato membro;

c) sovente le direttive in campo ambientale compor-tano dei vincoli alla gestione delle aziende agrico-le.

Sistemi di consulenza aziendale

Nel corso del negoziato dei PSR e dei POR nell’ambito della riforma di Agenda 2000, il finanziamento all’as-sistenza tecnica era stato escluso. Con la riforma di medio termine, invece, questa misura torna ad esse-re finanziabile, ma in un nuovo contesto: si passa dalla mera consulenza alla gestione aziendale, all’attività per progetti e all’orientamento mirato verso ambiente e sicurezza.

E’ interessante notare come la consulenza aziendale, da applicare obbligatoriamente a livello di Stato membro, ma con accesso volontario per le imprese, si sia sostituita all’istituto dell’audit, obbligatorio per le imprese maggiori.

La sfida per le amministrazioni nazionali e regionali è impegnativa sotto vari profili e impone delle scelte riguardanti le seguenti questioni:

a) come evitare che la priorità per i regimi di paga-mento diretto penalizzi altre OCM che non seguo-no tale modello (es. ortofrutta)?

b) Come definire il rapporto col SIGC che si applica anche alla consulenza e i CAA (da cui transitano oltre 95% delle richieste di pagamento diretto)? c) L’aiuto massimo (1.500 Euro) è una tantum o è

ripetibile annualmente ?

In ogni caso, questa misura rappresenta una impor-tante novità che permetterà di:

1. attivare delle sinergie con le altre misure dei PSR e POR (in particolare la nuova misura di certificazio-ne e qualità alimentare);

2. sensibilizzare gli agricoltori sui temi della BPAn e dei requisiti minimi in materia ambientale, sicurez-za sul lavoro e igiene e benessere degli animali; 3. supportare gli agricoltori nel raggiungimento di

standard qualitativi più elevati e nella certificazio-ne dei prodotti.

Quali possibili sviluppi per le politiche agroam-bientali dopo la riforma della PAC?

L’esperienza finora acquisita mette in luce alcuni pro-blemi:

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a) l’impianto di programmazione è spesso inadegua-to, come segnalato già nel passato dalla Corte dei Conti Europea in riferimento ai piani del Reg. (CEE) 2078/92, in quanto non sono sempre ben identifi-cati gli obiettivi in relazione alle specifiche emer-genze territoriali o settoriali;

b) l’agricoltura costituisce una fonte di inquinamento diffusa sul territorio, il cui controllo è più complesso che negli altri settori, come quello industriale, dove l’inquinamento è di tipo “puntuale”;

c) le politiche agroambientali spesso non riescono a rispettare pienamente il principio comunitario del

Polluter Pays (chi inquina paga);

d) la scarsa efficacia delle politiche agroambientali in termini di capacità di modificare nel lungo periodo le pratiche agronomiche degli agricoltori: quando gli agricoltori non percepiscono più premi agroambientali, continuano ad adottare tecniche ecocompatibili?

Buone prassi emergenti ed elementi di

innovazione

Per quanto concerne la Buona Pratica Agricola, sulla base delle considerazioni fatte precedentemente, nel medio periodo si evidenzia che:

1. gli attuali sistemi di controllo sono da perfezionare; 2. è opportuno procedere ai controlli identificando pochi indicatori ma ben definiti per ogni pratica agronomica di BPAn e utilizzando come metodo di controllo delle dettagliate check list;

3. è auspicabile, nel contempo, rafforzare la circola-zione di informazioni a livello istituzionale di casi studio e analisi scientifiche che individuino indica-tori agroambientali che offrano ragionevoli garan-zie del rispetto della BPAn, minimizzando i costi amministrativi del controllo;

4. è necessario chiarire e armonizzare a livello nazio-nale le indicazioni delle BPAn e delle “buone con-dizioni agronomiche e ambientali” previste dal Reg. (CE) 1782/03, per evitare di ingenerare confu-sioni negli operatori e una proliferazione di vincoli agronomici;

5. è importante promuovere con più incisività una informazione semplice e mirata agli agricoltori sul tema della BPAn e sugli obblighi che essa richie-de, avvalendosi possibilmente anche della misura di consulenza aziendale;

6. è opportuno ricorrere maggiormente alla certifica-zione ambientale, anche per attestare a livello aziendale il rispetto dello standard ambientale rife-rito alla BPAn.

Per quanto riguarda il benessere degli animali, le principali prospettive che si delineano all’orizzonte nel medio periodo sono:

1. questa nuova misura può facilitare un riequilibrio negli interventi agroambientali finora preponde-ranti nelle colture di pieno campo e nelle coltiva-zioni arboree e limitati, a livello zootecnico, alle azioni di riduzione del carico ad ettaro o alla sal-vaguardia delle razze minacciate di estinzione; 2. si tratta di una misura che consente di dare un

segnale forte ai consumatori nel contesto della filiera alimentare zootecnica;

3. l’obiettivo del benessere degli animali non può essere disgiunto da quello del perseguimento di un elevato livello di controllo dell’igiene nell’ali-mentazione animale, promuovendo così anche la sostenibilità della PAC in termini di sanità pubbli-ca.

Occorrerà definire quali devono essere le normali buone pratiche inerenti il settore zootecnico.

In relazione al controllo dei requisiti minimi, le princi-pali esigenze che sono emerse, anche alla luce del-l’esperienza della Regione Lombardia, sono:

1. puntare sulla competenza dei controllori delegan-do, ove possibile, il controllo agli Enti competenti per legge (Asl, Arpa, ecc.);

2. utilizzare lo strumento della delega attraverso apposite convenzioni fra Organismo Pagatore regionale (o Autorità di gestione del Piano) ed Enti delegati per il controllo (in conformità a quanto previsto dal Reg. (CE) 1663/95); tale procedura, oltre a garantire la separazione delle funzioni, potrebbe comportare anche delle economie nell’e-secuzione dei controlli;

3. promuovere la semplificazione attraverso strumen-ti adeguastrumen-ti (es. autocerstrumen-tificazione del rispetto dei requisiti);

4. favorire una puntuale informazione agli agricolto-ri, al fine di responsabilizzarli sul rispetto previsto dalle varie norme.

Sullo stesso tema, il contributo dell’ARTEA ha messo in luce che, laddove la funzione di controllo non venga estesa ad Enti terzi rispetto all’Autorità di gestione del POR o PSR, è necessario colmare il gap di competenza dei controllori, attraverso corsi di for-mazione e aggiornamento.

Nello specifico delle aree soggette a restrizione ambientale, è stata presa in considerazione l’espe-rienza dell’applicazione della direttiva nitrati nella Regione Piemonte, in quanto rappresenta uno degli esempi più avanzati nel panorama nazionale. La Regione ha realizzato tutti gli step previsti dalla normativa: 1) monitoraggio delle acque; 2) indivi-duazione aree sensibili 3) piani di azione.

Queste difficoltà possono essere superate, sfruttando alcune opportunità:

a) il Reg. (CE) 1783/03 offre al nuovo capo Vbis la possibilità di corrispondere un premio di 10.000

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Euro all’anno per l’adeguamento degli agricoltori alle norme di recente introduzione nella legislazio-ne nazionale (la direttiva nitrati è stata in effetti recepita di recente con il Dlgs 152/99);

b) l’esperienza del Piemonte mostra che è necessario adottare un’ottica sussidiaria nella gestione delle aree soggette a vincoli ambientali, coinvolgendo direttamente le aziende agricole interessate; c) si rende necessario assicurare che il regolamento

applicativo del Reg. (CE) 1783/03 espliciti la possi-bilità di finanziare le aree sensibili della direttiva nitrati, superando il vincolo che era stato posto dal Reg. (CE) 445/02;

d) questo approccio può essere utilmente adottato anche nell’implementazione di altre direttive comunitarie (ad esempio, le direttive ‘Habitat’ e ‘Uccelli’).

Concludendo, nell’ambito delle prospettive per il futuro delle politiche agroambientali, in relazione alle considerazioni precedentemente menzionate, è necessario promuovere azioni volte a:

1. favorire una adesione territoriale significativa alle misure agroambientali, cercando di superare situazioni in cui si denota una adesione a “mac-chia di leopardo” con scarso impatto sull’ambien-te; ciò è possibile agendo sulle priorità territoriali nei bandi o modulando i premi;

2. incentivare la permanenza degli agricoltori in sistemi di produzione ecocompatibili, valorizzando-ne le produzioni anche attraverso l’uso di marchi di qualità;

3. favorire, sul modello dell’agricoltura biologica, sistemi di produzione basati sull’autocontrollo e sulla certificazione ambientale delle aziende, di modo che il mercato assuma sempre più l’onere di queste pratiche ecocompatibili.

Principali implicazioni per le future

politiche strutturali e di sviluppo rurale

Alla luce delle relazioni e degli interventi svolti nel

workshop emergono, per il futuro, le seguenti

indica-zioni:

- sempre più opportuno passare da una politica di “tutela dell’ambiente” tout court a una più ampia politica di “gestione della tutela dell’ambiente”, come evidenziato dalla riforma di medio termine. Questo obiettivo comporta, da parte delle Amministrazioni pubbliche, la necessità di mettere mano a una pianificazione degli interventi in campo agricolo e ambientale che non può prescin-dere da un perfezionamento delle strutture ammi-nistrative, da una maggiore sinergia fra i vari attori istituzionali coinvolti in questo ambito e da una maggiore circolazione di informazioni e buone pra-tiche;

- è necessario rafforzare la collaborazione “orizzonta-le”, a livello centrale e periferico, fra i vari settori dell’amministrazione coinvolti nei temi dell’agricol-tura e dell’ambiente, promuovendo, altresì, una collaborazione “verticale” in un ottica sussidiaria con il mondo degli agricoltori;

- è urgente una razionalizzazione dei controlli, che deve andare di pari passo con la semplificazione, la riduzione dei costi amministrativi e la necessità di formazione e competenza dei funzionari incari-cati di effettuare le verifiche ispettive. Il sistema dei controlli è, infatti, uno dei principali strumenti per aumentare l’efficacia e l’incisività delle politiche agroambientali;

- allo stesso tempo, è urgente favorire un’armonizza-zione a livello nazionale degli standard minimi ambientali che devono essere rispettati dalle azien-de agricole aazien-derenti ai regimi di aiuto azien-della PAC, per evitare il rischio di una proliferazione di vincoli tecnico-agronomici e la discriminazione fra agricol-tori di diverse Regioni sottoposti a obblighi più o meno stringenti;

- è inoltre auspicabile un maggiore ricorso alla for-mazione e all’inforfor-mazione degli agricoltori sulle azioni in campo agroambientale cofinanziate dall’UE, ponendo particolare enfasi alla necessità del rispetto dei requisiti minimi. Questo obiettivo può essere perseguito trovando anche delle siner-gie con le altre misure previste dal Reg. (CE) 1783/03 (ad esempio, la consulenza aziendale) e, sotto il profilo operativo, utilizzando dei modelli di domanda che facciano più ampio ricorso a un

dettagliato consenso informato degli agricoltori

sugli obblighi che sottoscrivono;

- infine, si ritiene importante seguire con attenzione le proposte della Commissione riguardanti il rego-lamento applicativo del Reg. (CE) 1783/03, al fine di evitare che i contenuti innovativi in campo agro-ambientale non vengano stemperati o appe-santiti da ulteriori vincoli, che potrebbero ostacolar-ne l’applicazioostacolar-ne ostacolar-nei POR e PSR.

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Monitoraggio e

valu-tazione: strumenti per

migliorare i

program-mi

di Alessandro Monteleone - INEA

Relazioni:

Il monitoraggio e la valutazione: strumenti di supporto alle attività delle Pubbliche Amministrazioni Alessandro Monteleone - INEA L’organizzazione delle attività di monitoraggio e valutazione: il grup-po di lavoro tematico della Regione Emilia-Romagna

Teresa Schipani - Regione

Emilia-Romagna

Strumenti a supporto delle attività di monitoraggio e valutazione: il PMA della Regione Puglia

Pierpaolo Pallara - INEA

Strumenti a supporto delle attività di monitoraggio e valutazione: il sito web dell’ARTEA Toscana

Alberto Lugoboni - ARTEA

Utilizzare i risultati emersi dalle valu-tazioni: il caso Basilicata

Andrea Freschi - Regione

Basilicata

Le principali questioni

affrontate durante i lavori

L’obiettivo principale del

work-shop è stato quello di individuare

determinate attività o modalità organizzative tali da consentire, direttamente o indirettamente, di avere un ritorno in termini di

uti-lità per le amministrazioni

interes-sate, con particolare riferimento a: - alleggerimento nelle modalità di acquisizione delle informazio-ni necessarie al moinformazio-nitoraggio e alla valutazione, in particolare con riferimento all’integrazione con altri momenti della gestione del programma;

- miglioramento della qualità del monitoraggio e della valutazio-ne, con riferimento in

particola-re a modalità organizzative che consentano alle amministrazioni di gestire meglio queste due attività;

- utilizzazione effettiva delle infor-mazioni derivanti dal monito-raggio e dalla valutazione. I casi presentati nell’ambito del

workshop rientrano, in parte

sovrapponendosi, in queste tre situazioni.

Le principali

problematiche emerse

Il monitoraggio e la valutazione costituiscono due utilissimi stru-menti a supporto delle attività che un’Autorità di gestione deve porre in essere all’interno del ciclo di programmazione. L’obiettivo dei due strumenti, infatti, è quello di aumentare il patrimonio informa-tivo per consentire di:

- svolgere una corretta “sorve-glianza” del programma; - migliorare sia la

riprogramma-zione dei programmi in corso di attuazione che di quelli futuri; - rendere più efficiente ed

effica-ce la gestione dei programmi, in particolare evidenziando in tempo utile l’insorgere di even-tuali problemi;

- garantire la trasparenza nell’at-tuazione degli interventi;

- “divulgare” i risultati raggiunti con l’attuazione del program-ma.

Fino ad oggi, tuttavia, alcuni pro-blemi hanno ostacolato il pieno svolgimento di questo ruolo da parte del monitoraggio e della valutazione.

Ciò è dovuto soprattutto alla scar-sa considerazione che essi riesco-no ad ottenere all’interriesco-no delle Pubbliche amministrazioni. Le cause possono essere diverse, quali:

- la diffidenza con cui molte amministrazioni e i funzionari che operano al loro interno guardano al monitoraggio e alla valutazione, in cui

intrave-dono il rischio di un controllo/ingerenza nelle proprie attività;

- l’onerosità in termini di risorse umane e finanziarie che è necessario mobilitare per svol-gere o seguire tali attività; - l’effettiva capacità, all’interno

delle amministrazioni, di gestire e utilizzare il monitoraggio e la valutazione, spesso legata all’assenza di specifiche profes-sionalità su tali tematiche. In parte collegata a questi aspetti è la scarsa disponibilità di informa-zioni con cui si confrontano i sog-getti che si occupano delle attività di monitoraggio e valutazione. La mancanza di informazioni condi-ziona, ovviamente, la qualità con cui queste attività vengono realiz-zate.

Un ultimo aspetto che è opportu-no evidenziare è rappresentato dal “disallineamento” tra le sca-denze dettate dai regolamenti e le esigenze informative che le amministrazioni possono richiede-re al monitoraggio e alla valuta-zione. Questo ragionamento è particolarmente vero se si con-frontano le scadenze della valuta-zione (intermedia ed ex post) con le esigenze della programmazio-ne e della riprogrammazioprogrammazio-ne.

Buone prassi emergenti ed

elementi di innovazione

Le buone prassi emerse nel corso del workshop hanno riguardato in particolare:

- l’esistenza di sistemi informativi regionali, che nascono spesso da un interesse diverso da quel-lo del monitoraggio e della valutazione; tuttavia, questi pos-sono fornire un grande contribu-to informativo al monicontribu-toraggio e alla valutazione. E’ il caso, ad esempio, del PMA della Puglia, che nasce per fornire un suppor-to alla Regione nella fase di selezione dei progetti presentati dalle aziende agricole, o quello del sistema informativo dell’ARTEA Toscana, che

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glie innanzitutto le esigenze conoscitive di un organismo pagatore;

- la costruzione di sistemi informa-tivi costruiti ad hoc per le esi-genze di monitoraggio e valuta-zione (quello del Piemonte, ma anche il PMA della Puglia). Nel caso del Piemonte, è interessan-te evidenziare l’ininteressan-tegrazione nel sistema di più fonti, comprese quelle facenti riferimento alle statistiche ufficiali;

- la creazione di strutture ad hoc, a cui è stato affidato il compito di gestire tecnicamente il moni-toraggio e la valutazione. E’ il caso del gruppo di lavoro dell’Emilia Romagna e del Nucleo di valutazione regionale della Basilicata (esperienza comune, peraltro, ad altre Regioni dell’obiettivo 1), le cui attività sono state finalizzate a migliorare la qualità del monito-raggio e della valutazione, interfacciandosi sia con il valu-tatore che con i responsabili del-l’attuazione del programma. Tutti i casi evidenziati si sono dimostrati interessanti, in quanto hanno evidenziato che, attraverso il monitoraggio e la valutazione, è possibile supportare le attività che l’Autorità di gestione deve porre in essere, all’interno del ciclo di programmazione. In particolare, tale azione di sostegno si è espli-cata con riferimento a:

- l’attività di sorveglianza e valu-tazione in Puglia, fornendo le informazioni necessarie per la predisposizione delle relazioni annuali di attuazione e quelle necessarie al valutatore per rispondere al questionario valu-tativo comune;

- la trasparenza in Toscana, attra-verso le informazioni messe a disposizione del “grande pubbli-co” sul sito web dell’ARTEA; - la divulgazione dei risultati in

Basilicata, che ha utilizzato le relazioni del valutare per comu-nicare alla Giunta regionale lo stato di attuazione del POR e i primi risultati conseguiti;

- alla qualità della valutazione e, quindi, al suo potenziale utilizzo nella riprogrammazione in Emilia Romagna, dove è stato particolarmente curato il rap-porto con il valutatore, oltre che l’esplicitazione della domanda di valutazione.

Principali implicazioni

per le future politiche

strutturali e di sviluppo

rurale

Nel breve periodo, può essere utile pensare a delle soluzioni che siano in grado di superare il disal-lineamento tra le scadenze della valutazione e le esigenze della gestione e della programmazione. Le ipotesi di lavoro emerse nel corso del workshop sono fonda-mentalmente due:

- considerare e conseguentemen-te utilizzare l’aggiornamento della valutazione intermedia, la cui scadenza è prevista per il 31 dicembre 2005, come lo stru-mento principale per migliorare l’attuale gestione dei program-mi e impostare la programma-zione che partirà nel 2007. Per soddisfare tali esigenze, è neces-sario che le attività siano impo-state in termini di “processo”, con una “continua” interazione tra committente e valutatore, finalizzata non solo alla redazio-ne del Rapporto, ma anche a far emergere risposte effettiva-mente utilizzabili da parte del-l’amministrazione;

- prevedere a livello regionale dei processi di “autovalutazio-ne”, già sperimentati nell’ambi-to di LEADER II e dei POR obietti-vo 1, che aumentino la consa-pevolezza interna all’Autorità di gestione sull’andamento dell’at-tuazione (in termini non solo finanziari e procedurali) e fac-ciano crescere la “cultura” della valutazione non solo nei tecnici di tale materia, ma anche nei soggetti responsabili della gestione.

In entrambi i casi è evidente che l’attore principale deve essere rappresentato dall’Autorità di gestione che, da un lato, deve esprimere al valutatore una domanda di valutazione adegua-ta e, dall’altro, si deve impegnare direttamente in un’attività di con-fronto interno (l’eventuale suppor-to esterno potrebbe essere garan-tito dal MiPAF e da rappresentanti dell’INEA, quale struttura di riferi-mento nazionale per le attività di monitoraggio e valutazione). Nel medio-lungo periodo, vanno ricercate soluzioni che migliorino sia la gestione tecnica di monito-raggio e valutazione all’interno delle Autorità di gestione, sia la qualità e la disponibilità di infor-mazioni per lo svolgimento di que-ste attività (innovazione organizza-tiva). In particolare, è indispensa-bile prevedere delle modalità organizzative “regionali” che con-sentano di gestire meglio e più direttamente il monitoraggio e la valutazione, in modo tale da favo-rire un’interfaccia sia con i soggetti regionali responsabili della gestio-ne del programma, che con il valutatore, favorendo anche la mediazione nel linguaggio, neces-saria in chi opera in contesti diver-si. L’opera di interfaccia è altret-tanto necessaria con il sistema informativo (vedi punto successi-vo), in termini di definizione e uti-lizzo dei contenuti.

Inoltre, si ritiene indispensabile la costruzione di sistemi informativi (regionali) che non siano solo dei sistemi di monitoraggio, in quanto possono garantire la disponibilità (le attuali esperienze lo dimostra-no) di un patrimonio informativo di straordinario valore, che spesso va oltre il monitoraggio e la valu-tazione “codificati” nei documenti di orientamento comunitari e nazionali. A tale proposito, è importante sottolineare la neces-sità e l’importanza della partecipa-zione di chi gestisce il programma o di chi si occupa di monitoraggio e valutazione, alla costruzione dei suddetti sistemi, in modo da soddi-sfare il fabbisogno informativo di

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