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PRODOTTI DOP E IGP

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Academic year: 2022

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PRODOTTI DOP E IGP

ORTOFRUTTICOLI E CEREALI,

FRESCHI O TRASFORMATI

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AGLIO BIANCO POLESANO DOP

Descrizione del prodotto

L’Aglio bianco Polesano DOP è una pianta appar- tenente alla specie Allium sativum L., caratterizza- ta da bulbi di colore bianco brillante uniforme, di forma regolare e compatta, leggermente appiattiti nel punto di inserimento dell’apparato radicale. Le foglie, lanceolate e strette hanno una colorazione verde azzurra.

La DOP è ottenuta a partire da ecotipi locali non- ché dalla varietà Avorio che è stata selezionata partendo dagli stessi ecotipi.

La storia

I primi accenni di tale coltura risalgono ai Romani, presenti nell’area tra il I e V secolo d.C., che ope- rando interventi di centuriazione e bonifica hanno fortemente influito sulla conformazione e assetto idrogeologico del territorio.

Le prime descrizioni della sua coltivazione sono

reperibili in pubblicazioni dell’Accademia dei Con- cordi di Rovigo, risalenti al XVI secolo: “... Le cam- pagne di Rovigo producono soprattutto frumento, granoturco, barbabietole da zucchero ed uva... No- tevole importanza per la zona di Selva assumono gli erbai, i prati avvicendati, le patate e l’aglio...”.

La zona di Selva comprende gli attuali Comuni di Pontecchio Polesine, Crespino e Ceregnano. At- torno a tale prodotto si creò un’attività di commer- cio tale da far sì che la piazza di Rovigo, nei secoli, fosse punto di riferimento.

Già negli anni ’60, l’Aglio bianco Polesano era fa- moso per le ricercate caratteristiche commerciali e la capacità di fornire valori elevatissimi di produ- zione lorda vendibile, e già allora veniva esportato nei mercati di Cuba, Stati Uniti, Inghilterra, Ger- mania e Francia; questo ortaggio è così diventato un elemento di sviluppo economico tale da essere definito “l’oro bianco del Polesine”.

Territorio di origine

La zona di produzione dell’Aglio bianco Polesano

DOP comprende 29 dei 50 comuni della provincia

di Rovigo.

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Aspetto e sapore

Il bulbo è di forma rotondeggiante, regolare con un leggero appiattimento della parte basale, di colore bianco lucente, ed esente da difetti; è costituto da un numero di bulbilli variabile che sono uniti tra loro in maniera compatta e con una caratteristica curvatura della parte esterna.

Il profilo aromatico risulta meno pungente e più persistente rispetto ad altre varietà, con note gra- devoli di erba appena tagliata e sapore dolce e fruttato.

Produzione

L’Aglio bianco Polesano è una coltura da rinnovo e nell’ambito della rotazione non può ritornare sullo stesso appezzamento prima di tre anni. Il ciclo di coltivazione è annuale con semina autun- no/invernale ed è caratterizzato dall’ottenimento dei bulbilli per la semina, dato che la riproduzione avviene per via vegetativa. Ogni azienda, infatti, seleziona manualmente la quantità di prodotto necessaria per produrre “il seme” attraverso le

seguenti fasi: selezione manuale dei bulbi, detti

“teste”, dai mazzi di aglio della partita destinata alla semina che deve essere effettuata dal 1° di ottobre al 31 di dicembre a mano, con macchine agevolatrici o totalmente meccanizzata. L’even- tuale somministrazione di letame deve avvenire sulle colture precedenti per ridurre la possibilità di sviluppo dei marciumi e per non influenzare il tipico colore bianco lucente caratterizzante l’Aglio bianco Polesano DOP.

Qualora si effettuino irrigazioni alla coltura, an- dranno sospese entro il 20 giugno per permettere una migliore maturazione del bulbo e non compro- metterne la successiva conservazione.

Sulla base del grado di senescenza del fogliame e della maturità fisiologica delle piante, il produttore decide il momento ottimale per la raccolta. Essa può avvenire completamente a mano, con l’ausi- lio di macchine agevolatrici o a macchina. Dopo essere stato estirpato, il bulbo deve subire una es- siccazione naturale; essa può avvenire sia in pieno campo che in azienda.

Etichettatura

Nella presentazione delle tipologie di lavorazione a treccia, treccione, grappolo e grappolone, i bulbi devono essere intrecciati con il loro stesso stelo e legati con spago, rafia o altro materiale idoneo. Il prodotto finale va poi inserito in una rete bianca e sigillato con nastro adesivo riportante il logo della DOP; nelle singole confezioni va apposto il logo della denominazione.

Il prodotto può esser presentato in quattro diversi modi:

Treccia, con bulbi da 8 e fino a 22 e peso netto compreso tra 0,5 kg e 1,2 kg.

Treccione, il numero dei bulbi è compreso tra 30 e 40 e il peso netto deve essere compreso tra 2 kg e 4 kg.

Grappolo, il numero dei bulbi deve essere com- preso tra 20 e 40 e il peso netto compreso tra 1 kg e 4 kg.

Grappolone, il numero dei bulbi è compreso tra i 70 e 120 e il peso netto compreso tra 5 kg e 10 kg.

Stoccaggio e commercializzazione All’atto dell’immissione al consumo l’Aglio bianco Polesano DOP deve presentare bulbi sani, consi- stenti, puliti, privi di odore o sapore estranei.

Il prodotto deve avere i requisiti previsti dalle nor- me di qualità per le classi “Extra” con calibro mi- nimo di 45 mm e “Prima” con calibro minimo di 30 mm.

L’Aglio bianco Polesano DOP deve essere com- mercializzato tra il 30 luglio e 31 maggio dell’anno successivo, accompagnato da un cartellino ripor- tante la denominazione con la scritta DOP ed il nome del produttore.

In cucina e a tavola

L’Aglio bianco Polesano DOP si conserva al meglio se posto in luogo fresco, asciutto e ben areato.

Se consumato fresco se ne apprezzano tutte le

caratteristiche organolettiche e le innumerevoli

proprietà benefiche. In cucina può essere utilizza-

to in modi diversi, a crudo, intero o sminuzzato,

secco in polvere o spremuto, regalando ad ogni

preparazione un sapore unico; è ingrediente ideale

per molti piatti, dagli spaghetti aglio, olio e pepe-

roncino alle zuppe e negli stufati.

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ASPARAGO BIANCO DI BASSANO DOP

Descrizione del prodotto

La Denominazione di Origine Protetta (DOP) Asparago bianco di Bassano identifica i turioni (germogli carnosi) di asparago (Asparagus offici- nalis L.) ottenuti nella zona di produzione, discen- denti dall’ecotipo locale “Comune - o Chiaro - di Bassano”.

La storia

La Serenissima stimava l’asparago cibo nobile e di ciò si trova traccia nella contabilità di banchetti offerti ad ospiti di gran riguardo già nel primo Cin- quecento. Dal Seicento era coltivato diffusamente negli orti della terraferma veneziana.

Vi sono documenti che testimoniano che gli aspa- ragi erano particolarmente graditi anche dai Padri conciliari, in viaggio per il Concilio della Controri- forma di Trento (1545-1563), nel loro passaggio a Bassano, essi ebbero modo di gustare il prodotto locale e ci fu chi, tra loro, lasciò scritto dei suoi pregi dietetici.

In un famoso dipinto del pittore veneziano Gio- vambattista Piazzetta (1682-1754) “La Cena di Emmaus” - Claveleur Museum of Art - è ben visi- bile il piatto di asparagi preparato secondo la tra- dizionale ricetta bassanese: “sparasi e ovi, sale e pevare, oio e aseo” (asparagi e uova, sale e pepe, olio e aceto).

Territorio di origine

La zona di produzione comprende i territori dei co-

muni di Bassano del Grappa, Cartigliano, Cassola,

Mussolente, Pove del Grappa, Romano D’Ezze-

lino, Rosà, Rossano Veneto, Tezze sul Brenta e

Marostica, in provincia di Vicenza. Qui, l’asparago

ha trovato uno sviluppo ideale in quanto il suolo

attorno al corso del fiume Brenta è sabbioso, sof-

fice, ben drenato e poco calcareo, ed il clima è

particolarmente mite.

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Aspetto e sapore

I turioni che possono fregiarsi della DOP Asparago bianco di Bassano devono essere di colore bianco, con sfumature leggermente rosate, ben formati, dritti, interi, con apice serrato. Al consumo i turioni non devono essere vuoti, né spaccati, né pelati, né spezzati. La bassa fibrosità, caratteristica qua- litativa dell’Asparago bianco di Bassano, può de- terminare al momento del confezionamento, delle spaccature laterali dei turioni giustificate dalla sua notevole tenerezza; non sono ammessi i turioni con principi di lignificazione. Il profilo aromatico è caratterizzato da gradevoli note di erba appena tagliata e sapore dolce fruttato.

Produzione

La preparazione del terreno, accompagnata dall’apporto di letame bovino ed altri fertilizzanti, viene effettuata nell’autunno precedente l’impian- to, con un’aratura leggera, ad una profondità di circa 30 cm, i solchi devono avere una profondità di 15-20 cm e l’orientamento delle file consigliato è quello da nord a sud, secondo l’andamento dei venti dominanti che percorrono la Valsugana per garantire un buon arieggiamento della coltura e un minor rischio di infezioni fungine.

Il trapianto delle “zampe” di asparago, cioè dei rizomi (radici sotterranee) deve essere eseguito nei mesi di marzo od aprile, mentre per le piantine deve avvenire entro il mese di giugno. Questo ma- teriale di propagazione, sano e resistente alle fito- patie, può essere riprodotto dagli stessi agricoltori utilizzando solo l’ecotipo locale.

Il reimpianto di una asparagiaia sullo stesso terre- no può essere effettuato solo dopo quattro anni.

Per la difesa fitosanitaria i produttori devono se- guire le indicazioni previste dalla Regione Veneto relativamente alla lotta integrata per l’asparago bianco.

Tutte le pratiche agronomiche adottate mirano a creare condizioni sfavorevoli agli organismi dan- nosi (es. ampie rotazioni, concimazioni equilibra- te, irrigazioni localizzate, adeguate lavorazioni del terreno, ecc.).

Per ottenere la tipica colorazione bianca dei turio- ni, si deve evitare la loro esposizione alla luce del sole coltivandoli sotto ciglioni di terra ricoperti, nel periodo di raccolta, con pacciamatura con film pla- stico scuro od altro materiale adeguato al conteni- mento delle malerbe e alla protezione dalla luce.

Il periodo di raccolta, effettuata a mano, deve es- sere compreso tra il primo giorno di marzo ed il 15 giugno.

Le produzioni in coltura forzata o protetta (tunnel) possono essere raccolte anticipatamente dal pri- mo di febbraio previa autorizzazione.

Il condizionamento del prodotto ed il suo confe- zionamento devono avvenire all’interno della zona di produzione per assicurare le caratteristiche tipi- che, la rintracciabilità e il controllo del prodotto.

Etichettatura

Come da tradizione, dopo aver pareggiato il fon- do dei turioni, ogni mazzo deve essere legato saldamente con una “stroppa” (giovane ramo o

“succhione” di salice), segue l’apposizione di un contrassegno, fissato alla stroppa con una chiusu- ra non riutilizzabile, riportante il marchio della DOP Asparago bianco di Bassano.

Stoccaggio e commercializzazione I turioni dell’Asparago bianco di Bassano DOP de- vono essere venduti nel periodo febbraio - giugno, confezionati in mazzi saldamente legati di peso compreso tra 0,5 e 4 kg; i turioni che si trovano all’esterno del mazzo devono corrispondere, per aspetto e dimensioni, alla media di quelli che lo

costituiscono e devono essere di lunghezza uni- forme.

Ogni imballaggio, di legno, plastica o altro materia- le idoneo, deve contenere mazzi della medesima grandezza, disposti regolarmente e ogni mazzo deve essere omogeneo. All’esterno di ogni con- tenitore devono essere apposte, con apposita etichetta, tutte le informazioni in grado di rendere identificabile e tracciabile il prodotto.

In cucina e a tavola

L’Asparago bianco di Bassano DOP è un prodotto fresco, facilmente deperibile e per questo va con- servato in maniera corretta (ad una temperatura compresa tra 6 e 8 °C) e consumato entro pochi giorni dalla raccolta. Per la sua tenerezza, tale da permettere di gustarlo in tutta la sua lunghezza, e il suo profumo particolarmente delicato, è adatto a molteplici usi in cucina. Può essere consumato crudo in insalata, oppure cotto al vapore accompa- gnato da uova, sale e pepe, olio e aceto.

Gli asparagi si possono saltare al burro, cuocere in

minestre, zuppe e creme e sono ottimi per risotti,

oppure destinati come condimento saporito e raf-

finato per la pasta, frittate e saporiti sfornati.

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ASPARAGO BIANCO DI CIMADOLMO IGP

Descrizione del prodotto

L’Asparago bianco di Cimadolmo IGP è un ortag- gio primaverile della specie Asparagus officinalis L. ottenuto principalmente dalle cultivar Precoce d’Argenteuil, Gladio, Larac, Dariana, JM2001 e JM2004.

La storia

L’asparago era già conosciuto nell’antichità dagli Egizi, Greci e Romani e il nome attuale deriva dal termine latino asparagus. Gli asparagi delle grave del Piave sono celebratissimi e primeggiano da sempre per qualità. Nel Seicento il Canonico Bar- po così li loda tra le cose di cui non si può fare a meno fornendo, assieme alle motivazioni, una

serie di ricette ancor oggi validissime: “Quando il Padre di Famiglia ha degli asparagi e dei colom- bini, da portare in tavola, si può accontentare e vi- vere lieto tutta l’estate. L’asparago è di buonissimo nutrimento e supera in ciò tutti gli altri erbaggi; […]

Questo ti serve per insalata, cotto, con sale, olio ed aceto; per minestra, levato l’aceto e aggiunto- vi il pepe e una po’ della sua acqua; e anche per pesce lesso, infarinato e fritto, oppure cotto sulla graticola, posto sopra una carta con dell’olio e del- le spezie; per ultimo pasto, anche crudo, con sale e pepe”.

La pregevolezza dell’Asparago bianco di Cimadol- mo IGP emerge anche dalle competizioni fieristi- che regionali in voga già dalla fine dell’Ottocento.

Territorio di origine

L’Asparago bianco di Cimadolmo IGP viene colti-

vato in un territorio che si sviluppa lungo l’asta del

fiume Piave e comprende 11 comuni in provincia

di Treviso. Il clima temperato-umido con primave-

re ad elevata piovosità, tipico di questo territorio,

ne favorisce il rapido accrescimento.

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Aspetto e sapore

I turioni dell’Asparago bianco di Cimadolmo IGP, cioè i giovani germogli di forma allungata, sono to- talmente bianchi, interi, di aspetto e odore freschi, sani, puliti e praticamente esenti da imperfezioni e ammaccature; di odore e sapore particolarmente delicati, sono teneri e dolciastri, privi di fibrosità.

Produzione

L’Asparago bianco di Cimadolmo IGP è coltivato sui terreni sabbioso-limosi di origine alluvionale, permeabili e ben drenati, sulla riva sinistra del fiu- me Piave in provincia di Treviso, in un territorio che veniva spesso ricoperto dalle alluvioni del fiume.

All’impianto devono essere impiegate zampe di asparago, cioè dei rizomi (radici sotterranee), o pian- tine esenti da malattie; il periodo di trapianto per le zampe è tra marzo ed aprile. La densità d’impianto non deve superare le 16 mila piantine e/o zampe per ettaro, con larghezza tra le file non inferiore a due metri e mezzo. La coltura non deve succedere a se stessa o ad altre liliacee per almeno 24 mesi e nemmeno a bietola, patata, carota e leguminose.

È d’obbligo la pacciamatura, cioè la copertura dei cumuli di terreno con materiali idonei ad impedire che la radiazione solare colpisca i turioni evitando così la fotosintesi clorofilliana, per la produzione di turioni bianchi. In caso di utilizzo di film plastico nero lo spessore minimo deve essere di 0,1 mm.

Questa tecnica serve inoltre ad impedire la cresci- ta delle malerbe.

I turioni vanno raccolti, a mano, nelle ore più fre- sche della giornata e con minore intensità di luce.

La raccolta inizia al terzo anno dall’impianto e i pri- mi turioni si raccolgono intorno al 20 marzo; tale operazione si protrae per 15-20 giorni il terzo anno dopo l’impianto e per un paio di mesi dal quarto anno in poi. Il periodo di raccolta non deve in ogni caso protrarsi oltre il 30 maggio.

La sezione praticata alla base del turione deve es- sere il più possibile netta e perpendicolare all’asse longitudinale.

Dopo la raccolta gli asparagi devono essere avviati al centro di lavorazione entro 12 ore, consegnati in mazzi o alla rinfusa. Per la loro conservazione è indispensabile rallentare il metabolismo del pro- dotto, mediante un rapido raffreddamento tramite conservazione a temperatura idonea. Devono es- sere privi di umidità esterna eccessiva, cioè suffi- cientemente asciutti dopo l’eventuale lavaggio o refrigerazione con acqua fredda (i turioni possono essere lavati non immersi).

Etichettatura

L’etichetta deve essere posta a fascia nella zona centrale del mazzo o al di sopra della confezione e riportare la dicitura: Asparago bianco di Cimadol- mo IGP, in caratteri di uguale dimensioni e colore.

Sull’etichetta deve essere apposto il sigillo di ga- ranzia contenente il logo, ovvero il simbolo distin- tivo dell’IGP. È vietato l’utilizzo di qualsiasi altra in- dicazione e aggettivazione aggiuntiva, diverse da quelle previste dal disciplinare.

Stoccaggio e commercializzazione L’Asparago bianco di Cimadolmo IGP è immesso al consumo classificato nelle categorie Extra e Pri- ma. I turioni sono confezionati in mazzi saldamente legati, del peso di 0,5-3 kg, o in imballaggi unitari o disposti nell’imballaggio a strati ma non in mazzi.

Il contenuto di ogni imballaggio o di ogni mazzo in uno stesso imballaggio deve essere omogeneo e deve contenere solo turioni della stessa categoria di qualità e dello stesso calibro.

In cucina e a tavola

L’Asparago bianco di Cimadolmo IGP è facilmente deperibile e per questo va consumato entro pochi giorni dalla raccolta, dopo cottura in acqua bol- lente, come piatto unico, il noto e gustosissimo

“asparagi e uova”, con olio o burro, sale e pepe nero. È ottimo come contorno ma anche quale ingrediente nella preparazione di antipasti, primi piatti o in elaborate ricette.

Nell’area è attiva la “Strada dell’Asparago bianco

di Cimadolmo IGP” che associa gli enti locali, i

produttori, gli operatori del commercio e del tu-

rismo per la promozione del territorio interessato

alla produzione.

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ASPARAGO DI BADOERE IGP

Pant. 293

Pant. 155 Pant. 479 Pant. 410

Descrizione del prodotto

L’Asparago di Badoere IGP è un ortaggio fresco costituito da turioni (germogli carnosi) generati da piante della specie Asparagus officinalis, del- la famiglia Liliacee, delle varietà Dariana, Thielim, Zeno, Avalim, Grolim per la tipologia bianca, delle varietà Eros, Thielim, Grolim, Dariana, Avalim per la tipologia verde.

La storia

Nel Veneto la coltura dell’asparago ha una lunga tradizione, l’origine sembra risalire alla conquista da parte dei Romani delle terre venete. Fin dal medioevo questa coltivazione era conosciuta ed

affermata nel territorio che si estende a sud del- le Prealpi venete in una fascia pianeggiante che collega idealmente il medio corso del Brenta, del Sile e del Piave, aree connotate da terreni ricchi e soffici e da acque mai gelide.

La coltivazione specializzata della pianta è però piuttosto recente, essendosi sviluppata dopo l’ul- timo conflitto mondiale in concomitanza con la tra- sformazione delle mezzadrie e l’abbandono degli allevamenti del baco da seta che ha reso disponi- bile, nella stagione primaverile (periodo nel quale, precedentemente, l’allevamento del baco richie- deva un impegno notevole), una manodopera che diversamente non avrebbe trovato impiego.

Territorio di origine

La zona di produzione dell’Asparago di Badoere

IGP comprende alcuni comuni delle province di

Padova, Treviso e Venezia. All’interno di detta area

geografica la produzione degli asparagi può avve-

nire esclusivamente nei terreni profondi, sciolti e

ben drenati che garantiscono loro un rapido svi-

luppo, assicurando così turioni rispondenti alle ca-

ratteristiche organolettiche della denominazione.

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Aspetto e sapore

L’Asparago di Badoere IGP - bianco, si presenta con turione diritto e apice molto serrato, di consi- stenza tenera e privo di fibrosità; il colore è bianco, con possibili sfumature rosate acquisite dopo la fase di confezionamento; il sapore è dolce, non salato, con aroma lieve di legumi freschi e spiga di grano matura, con venature di amaro appena percepibili.

L’Asparago di Badoere IGP - verde, presenta turio- ne diritto, con possibile leggera deviazione della punta, apice molto serrato; di consistenza tenera e privo di fibrosità; il colore, nella parte apicale è verde intenso e brillante, con possibili sfumature violacee e in quella basale è verde con variazioni violacee fino al bianco; il sapore è dolce e marca- to, non salato né amaro, l’aroma fruttato ed erba- ceo persistente.

Le due tipologie si caratterizzano per un rapido sviluppo assicurando così turioni che dal punto di vista fisico, presentano scarsa fibrosità, un colore particolarmente brillante e caratteri organolettico tipici e distintivi.

Produzione

La coltivazione dell’Asparago di Badoere IGP può avvenire in serra o in pieno campo. La messa a dimora delle zampe (radici sotterranee) deve es- sere effettuata nel periodo compreso tra il primo

febbraio e il 30 giugno. In ogni caso la coltura non potrà succedere a se stessa o ad altre piante della stessa famiglia (liliacee) per un minimo di 36 mesi;

è fatto, inoltre, divieto di far succedere, per un mi- nimo di 12 mesi, la coltura dell’asparago a patate, carote, barbabietole e leguminose.

A partire dalla data di impianto e per almeno 18 mesi, cioè nella cosiddetta fase di rafforzamen- to, al fine di garantire il sano accrescimento delle piante è vietata la raccolta dei turioni.

Per la tipologia “bianco” è obbligatorio effettuare una baulatura (accumulo di terra lungo la fila) ed una pacciamatura del terreno con un film plastico nero od altro materiale idoneo ad inibire il normale processo di fotosintesi ed evitare che l’asparago assuma il colore verde del pigmento clorofilliano.

La raccolta dell’Asparago di Badoere IGP deve avvenire, conclusa la fase di rafforzamento, tra il primo febbraio e il 31 maggio di ogni anno.

Etichettatura

Sui mazzi e sulle confezioni deve essere apposta l’etichetta indicante, in caratteri di stampa delle medesime dimensioni, le diciture Asparago di Ba- doere IGP con specifico riferimento alla tipologia

“verde” o “bianco” confezionata. Sono riportati, inoltre, tutti gli elementi atti ad individuare il nome o ragione sociale ed indirizzo o sede del produtto- re e del confezionatore; la categoria commerciale Extra o Prima e il calibro dei turioni.

Tale etichetta potrà riportare altresì altre indicazio- ni complementari ed accessorie che non traggano in inganno il consumatore sulla natura e sulle ca- ratteristiche del prodotto.

Su ciascun mazzo o confezione, inoltre, dovrà es- sere apposto il sigillo di garanzia in maniera tale che la loro apertura comporti la rottura dello stes- so sigillo, contenente il logo della IGP Asparago di Badoere. Si sottolinea come nel logo della IGP Asparago di Badoere è rappresentata la partico- lare costruzione circolare della barchessa, segno distintivo del paese di Badoere.

Stoccaggio e commercializzazione Gli asparagi che si fregiano della denominazione Asparago di Badoere IGP devono essere confezio- nati interi e privi di qualunque difetto, all’interno del territorio di origine, in mazzi saldamente legati con rafia o in confezioni idonee ad uso alimentare e privi di qualsiasi corpo estraneo. Il contenuto di ciascun imballaggio deve essere omogeneo ed

includere soltanto asparagi dello stesso tipo, ca- tegoria e calibro.

Il calibro dei turioni di Asparago di Badoere IGP - bianco di categoria Extra è compreso tra 12 e 20 mm e la lunghezza varia tra i 14 e i 22 cm, che di- venta 18 e i 27 cm per la tipologia “verde”. La ca- tegoria I può presentare dimensioni leggermente minori, specie nel calibro 10-22 mm per i bianchi e 8-22 mm per i verdi.

In cucina e a tavola

I teneri turioni dell’Asparago di Badoere IGP sono

ricchi di vitamine e minerali, hanno proprietà depu-

rative e diuretiche e sono particolarmente indicati

nelle diete ipocaloriche per il loro elevato contenu-

to di acqua e fibra. Per una corretta conservazio-

ne è consigliabile avvolgerli in un panno umido e

deporli in frigorifero nel reparto verdure, in questo

modo si conservano per qualche giorno. Vanno

cucinati freschi per assaporarne pienamente l’aro-

ma e il gusto inconfondibili e per conservarne la

delicata fragranza. Gustosi accompagnati da uova

sode e conditi con olio, sale e pepe, sono utilizzati

in numerose ricette tradizionali.

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CILIEGIA DI MAROSTICA IGP

Descrizione del prodotto

La Ciliegia di Marostica IGP designa i frutti allo sta- to fresco ottenuti dalla coltivazione delle seguenti varietà della specie Prunus avium L.: le precocissi- me Sandra e Francese; intermedie Roana e il du- rone precoce Romana; le tardive Milanese, Duro- ne Rosso (Ferrovia simile) e Bella Italia; la Sandra Tardiva; le varietà Van, Giorgia, Ferrovia, Durone Nero I, Durone Nero II e Mora di Cazzano. Sono inoltre consentite altre varietà presenti nella zona di produzione.

La storia

La coltivazione della Ciliegia di Marostica IGP ha origini antiche; la rinomanza storica del frutto, che risale al 1400 è pervenuta fino ai giorni nostri gra-

zie a documenti storici che segnalano la coltivazio- ne del ciliegio sui colli di Marostica fin dall’epoca romana e nelle epoche successive.

La sua fama sembra essere legata alla vicenda storica della “partita a scacchi”, tra due cavalie- ri per conquistare la mano di una giovane dama, figlia di Taddeo Parisio, castellano e governatore della “terra e castello nobile di Marostica”, svol- tasi nel 1454. Questi decise, per evitare duelli, di darla in sposa a chi dei due avesse battuto l’altro a una partita a scacchi vivente. Così fu disputa- ta la partita e il vincitore ebbe in sposa la figlia, il perdente la sorella del governatore. Il giorno delle nozze Taddeo Parisio ordinò che si mettessero a dimora in tutto il territorio delle piante di ciliegie a ricordo del fausto evento.

Territorio di origine

La zona di produzione della Ciliegia di Marostica IGP comprende i comuni di Marostica, Breganze, Salcedo, Fara Vicentino, Mason, Molvena, Pianez- ze e parte del territorio dei comuni di Bassano del Grappa e Schiavon, tutti in provincia di Vicenza:

un territorio di alta pianura e collina tra i 90 e i 400 metri di altitudine.

CMYK 85%

10%

100%

10%

Verde CMYK

0%

100%

100%

0%

Rosso CMYK

0%

0%

0%

60%

Grigio

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Per l’economia agricola del territorio, la coltiva- zione della ciliegia ha da sempre svolto un ruolo importante come testimonia l’esistenza di un mer- cato delle ciliegie fin dal 1882.

Aspetto e sapore

La Ciliegia di Marostica IGP è cuoriforme, di ca- libro importante e di un colore intenso che può variare dal rosso fuoco al rosso scuro in relazione alla varietà; la polpa è mediamente succosa, dal sapore dolce molto gradevole. I frutti da immet- tere in commercio per il consumo fresco devono avere una pezzatura minima pari a 23 mm, essere integri, sani, provvisti di peduncolo, puliti e privi di residui visibili sulla superficie.

I frutti destinati ad altri usi, come nell’industria dol- ciaria, possono essere senza peduncolo, parzial- mente integri e avere una pezzatura inferiore.

Produzione

Tutte le fasi di coltivazione e raccolta della Ciliegia di Marostica IGP devono avvenire nel territorio di origine, da lungo tempo indicato come vocato alla coltivazione delle ciliegie.

I terreni sui quali è coltivato il ciliegio, in gran parte collinari, di natura basaltica, fertili e ricchi di potas- sio, consentono di ottenere frutti ricchi di zuccheri.

Le varietà di maggior interesse commerciale sono:

Sandra, Romana, Francese e i Duroni rossi dal particolare sapore dolce che si caratterizzano per la brevità dell’intervallo tra l’allegagione e la matu- razione, che dura solo trenta giorni, e per l’ottima pezzatura dei frutti. La velocità di crescita e matu- razione riduce l’esposizione agli agenti ambientali ed agli attacchi parassitari, soprattutto della mo- sca delle ciliegie.

Le tecniche colturali prevedono sesti d’impianto in

grado di garantite l’illuminazione e l’arieggiamen- to della chioma delle piante; la difesa dai parassiti deve essere attuata nel rispetto dei principi della lotta integrata e biologica. La gestione del suolo prevede l’inerbimento controllato spontaneo o ar- tificiale del suolo a partire dal 2° anno di impianto.

La raccolta delle ciliegie destinate al commer- cio per il consumo fresco deve essere eseguita a mano, mantenendole il peduncolo. La raccolta manuale, che già di per sé costituisce una picco- la ma significativa garanzia di qualità, consente di salvaguardare le caratteristiche organolettiche del frutto nel breve periodo. Già in ambito aziendale deve essere eseguita la cernita per eliminare i frutti di scarto e con pezzatura insufficiente.

Etichettatura

All’esterno di ogni imballaggio devono essere ap- poste le seguenti indicazioni: Ciliegia di Marostica IGP; nome, ragione sociale e indirizzo del confe- zionatore; data di confezionamento. Deve essere inserito, inoltre, il logo dell’indicazione geogra- fica, raffigurante una ciliegia di colore rosso con peduncolo e foglia di colore verde, sovrapposta a una torre medioevale che rappresenta un pezzo della scacchiera della partita a scacchi, di colore grigio, su sfondo bianco e con ai margini riporta- ta la scritta “Ciliegia di Marostica IGP”, di colore rosso. L’acronimo IGP può essere sostituito dalla dicitura per esteso “Indicazione Geografica Pro- tetta”. È obbligatorio l’uso del simbolo dell’Unione Europea.

Stoccaggio e commercializzazione La Ciliegia di Marostica IGP destinata al commer- cio per il consumo fresco deve essere confeziona- ta in contenitori appositi di taglia varia (compresi tra 250 g e 10 kg), con pareti rigide e in materiali atossici, nuovi e puliti. Il contenuto di ogni imbal- laggio deve essere omogeneo e comprendere esclusivamente ciliegie di uguale varietà e qualità.

In cucina e a tavola

La Ciliegia di Marostica IGP viene consumata allo

stato fresco ma può essere impiegata nella prepa-

razione di dolci e marmellate. Viene conservata,

per un consumo fuori stagione, sotto Grappa, al-

col buongusto o in vino rosso. Durante il periodo

della raccolta è possibile gustare piatti a base di

ciliegie, proposti nei locali più tipici della zona.

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FAGIOLO DI LAMON DELLA VALLATA BELLUNESE IGP

Descrizione del prodotto

La denominazione Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGP si riferisce al seme allo stato fresco o secco della specie Phaseolus vulgaris L., nella varietà Borlotto e negli ecotipi Spagnolit, Spagno- lo (o Ballotton), Calonega e Canalino.

La storia

La diffusione del Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGP nella zona montana veneta è dovu- ta alla sensibilità dell’umanista Giovan Pietro dalle Fosse, più noto col nome accademico di Pierio Valeriano, il quale, emigrato a Roma e impiegato presso la corte papale, proprio da Papa Clemente VII, nel 1532, ebbe in dono le preziose sementi con l’incarico di diffonderle nella terra natale. La qual cosa il Valeriano, attento alle cose rustiche oltre che a quelle letterarie, fece con entusiasmo.

Nel descriverceli nel suo Hieroglyphica (libro L),

egli specifica come …”questo legume, da molto tempo incognito ai nostri paesi, ha incominciato a rendere abbondanti molti orti di copioso frutto nel quale si nascondono grani che rappresentano la figura dei rognoni degli animali. Hanno il colore del loto, altri son rossi, altri son neri e altri varianti di nero e bianco”.

La pianta si diffuse abbastanza rapidamente nell’intera valle e nel Feltrino, trovando nelle zone di Lamon e Sovramonte l’ambiente ideale per ren- dere il prodotto di massima eccellenza tanto da farlo identificare, successivamente, in una varietà Borlotta col nome del paese: Lamon.

Su quell’altopiano la coltura del fagiolo soppiantò ben presto quella preesistente del pisello, ugual- mente famoso per la medesima fondamentale qualità di avere la buccia sottilissima, cosa eviden- temente favorita dalle condizioni pedologiche e climatiche.

Territorio di origine

Il disciplinare del Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGP prevede che le sementi siano pro- dotte nella zona compresa fra l’altopiano di Lamon e Sovramonte, mentre la zona di produzione, dove i fagioli possono venire seminati e coltivati, è più ampia e interessa 21 comuni delle Comunità Mon- tane Feltrina, Bellunese e Valbelluna, in provincia di Belluno.

In tutta la zona di coltivazione sono frequenti

escursioni termiche abbastanza elevate tra il gior-

no e la notte con un continuo ricambio d’aria che

evita elevati tassi di umidità. A questi due aspetti

climatici, nonché ai terreni calcareo dolomitici e ai

terrazzamenti fluvio-glaciali tipici della zona pedo-

montana dell’area delimitata, si devono ricondurre

le caratteristiche organolettiche peculiari riscon-

trate nel fagiolo di Lamon.

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Aspetto e sapore

Il Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGP può essere prodotto con i seguenti ecotipi: il tipo Spa- gnolit presenta forma piuttosto rotondeggiante ed a botte, con striatura rosso brillante su fondo crema; di ridotte dimensioni e modesta resa è il più ricercato per la delicatezza del gusto e per la buccia molto tenera. È indicato per le insalate e

“pendolón” (piatto tipico pastorale locale). Il tipo Spagnolo, detto Ballotton, non è molto comune e si presenta con le tipiche striature rosso vinose, è di forma ovoidale e possiede una buccia abba- stanza fine. Il tipo Calonega è una varietà molto coltivata, perché alla resa buona si accompagnano ottime qualità culinarie; è particolarmente indicato per minestre. Ha forma schiacciata con striature rosso vivo su fondo crema. Il tipo Canalino, di buon peso e ottima resa, si presenta con striature rosso cupo, talora nero; ha gusto molto gradevole ed è particolarmente resistente alle malattie, è tuttavia

poco coltivato a causa della buccia piuttosto consi- stente e del baccello particolarmente coriaceo che ne rende difficile la sgranatura.

La dimensione del baccello varia, a seconda della varietà, da un minimo di 11 cm ad un massimo di 15.5 cm così come il seme, che può avere una lun- ghezza da 14,8 mm a 17 mm e un peso compreso tra 0,65 e 1,3 g.

Produzione

La buona riuscita della coltura è strettamente legata ad una accurata preparazione del terreno prima della semina. L’aratura deve essere effet- tuata entro l’autunno per favorire i processi di de- composizione della sostanza organica interrata e sfruttare l’azione dei geli invernali sulla struttura del terreno.

Il seme non deve essere di più di tre anni e deve essere prodotto nella zona di Lamon; è obbligato- ria la coltivazione di un solo ecotipo per ogni singo- lo appezzamento. La semina è fatta “a postarella”

con 4-5 semi per posta; la distanza tra le poste deve mantenersi tra i 40-50 cm, con una densità di semina di 10-15 semi per m2. È opportuno at- tuare due sarchiature: la prima alcuni giorni dopo la semina, effettuata tradizionalmente nella prima settimana di maggio, un’altra 20-30 giorni dopo la prima. Il tutoraggio si effettua fin dai primi stadi di sviluppo con pali o canne bloccati all’estremità superiore a dei fili di ferro o di plastica, sostenuti da robusti pali in legno o di cemento, disposti all’e- stremità dei filari.

Va ricordato che il fagiolo, come tutte le legumi- nose, è in grado di sfruttare la fertilità naturale del suolo attraverso una naturale simbiosi con batteri azoto fissatori presenti nel terreno.

La raccolta si effettua a mano perché la maturazio- ne è scalare. Inizia indicativamente, per la granella fresca, una ventina di giorni dopo l’impollinazione (verso metà agosto) e si può protrarre per circa un mese. Per quanto riguarda la granella secca comincia a inizio settembre e termina alla fine di ottobre, da quando almeno i 3/4 dei baccelli sono ormai diventati secchi e di colore chiaro.

Etichettatura

Il Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGP, è commercializzato in apposite confezioni, nelle quali è posto il marchio ed il timbro del Consorzio di Tutela. Su ogni confezione è apposta la certifi- cazione che deve indicare: anno di produzione e

data di confezionamento; data di scadenza; luogo di provenienza (Fagiolo di Lamon della Vallata Bel- lunese); quantità; ecotipo (Spagnolo, Spagnolit, Calonega e Canalino); marchi di denominazione di origine; nome del produttore; eventuale dichiara- zione di prodotto biologico, ai sensi delle vigenti leggi in materia.

Stoccaggio e commercializzazione Il Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGP può essere commercializzato fresco o secco nelle varietà: Spagnolit, Spagnolo, Calonega e Canali- no. Per i fagioli freschi, nel periodo della raccolta, sono consentite confezioni in cassetta da 5 a 10 kg; i fagioli secchi sono commercializzati in confe- zioni da 0,5 kg, 1 kg e 5 kg. È vietata la vendita di prodotto sfuso.

Al fine di evitare l’infestazione di tonchio (picco- lo insetto che allo stadio di larva scava gallerie), il fagiolo si deve conservare a scelta in uno dei seguenti modi: a temperatura compresa tra 0 e 15 °C; sotto 0 °C; sotto vuoto, avendo l’accortezza di conservarlo dopo l’apertura a una temperatura tra 0 e 15 °C.

In cucina e a tavola

Il Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGP fre- sco può essere conservato in frigorifero per alcuni giorni; il fagiolo secco invece, deve essere reidra- tato per circa 12 ore prima della cottura. È consi- gliata la sgranatura del baccello solo al momento dell’impiego per evitare che il contatto con l’aria possa indurire la buccia dei semi, comprometten- done la cottura.

Questo legume, che per secoli è stato l’alimento

principale delle classi povere in alternativa alla car-

ne, è stato riscoperto come ingrediente di piatti

importanti nel segno della tradizione e tipicità lo-

cale. Viene impiegato nella preparazione di mine-

stroni, pasta e fagioli, risotti ed è gustoso anche

come contorno in una dieta sana ed equilibrata.

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INSALATA DI LUSIA IGP

Descrizione del prodotto

L’Insalata di Lusia IGP è un ortaggio a foglia lar- ga allo stato fresco appartenete alla famiglia della Asteracee, genere Lactuca, specie sativa, nelle due varietà: Capitata (denominata Cappuccia) e Crispa (detta Gentile).

La storia

Alla fine del 1800 i terreni di Lusia e dei comuni limitrofi furono ricoperti da uno spesso strato di sabbia riversato dall’alluvione del fiume Adige. La formazione di un nuovo suolo molto permeabile costrinse gli abitanti ad abbandonare le colture tra- dizionali (grano e mais). Ma già dai primi anni del 1900 fecero la loro comparsa le colture orticole che, grazie alle caratteristiche del nuovo terreno e all’abbondante disponibilità di acqua derivata dall’Adige, consentivano delle produzioni di quali- tà. Negli anni ‘30 su alcuni quaderni manoscritti da produttori della zona compariva il termine di insa- lata che si utilizzava per indicare in modo generico sia le lattughe sia le indivie e, nel 1933, la dicitura

“latuga” o “salata” che identificava la lattuga Cap- puccia.

La prima documentazione statistica risale agli anni

‘50 e nei dati statistici del 1956, le “insalate” ri- sultano essere il secondo prodotto, per quantità, transitato per il mercato locale, dopo la patata.

Negli anni ‘60 alcuni commercianti della zona, grazie agli scambi commerciali con il mercato or- tofrutticolo di Verona, notarono la lattuga Gentile.

Questa insalata fu presto introdotta nelle aziende locali che, grazie alle favorevoli condizioni pedocli- matiche e alla selezione genetica varietale, hanno raggiunto ottime produzioni qualitative e quantita- tive.

Aspetto e sapore

L’Insalata di Lusia IGP ha fusto corto, molto car- noso, sul quale si inseriscono le foglie di numero, forma, dimensione e colore variabile in base all’an- damento climatico; le foglie sono morbide per l’assenza di fibrosità, accompagnata dalla turgidità che permane anche dopo 10 -12 ore dalla raccolta.

Al gusto è fresca, croccante e sapida, tanto da non richiedere sale da cucina nel condimento, partico- larità riconducibile alla ricchezza di sali minerali nei terreni di coltivazione.

Territorio di origine

La zona di produzione dell’Insalata di Lusia IGP

comprende parte del territorio delle province di

Rovigo e Padova ed è circoscritta ai comuni di

Lusia, Badia Polesine, Lendinara, Costa di Rovi-

go, Fratta Polesine, Rovigo e Villanova del Gheb-

bo, in provincia di Rovigo, Barbona, Vescovana e

Sant’Urbano in provincia di Padova.

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La varietà Cappuccia presenta foglia compatta e ondulata con il margine intero di un colore verde brillante. Il peso del cespo varia da 200 a 500 g; la varietà Gentile ha foglia bollosa con margine fra- stagliato, di colore verde chiaro brillante, ha peso leggermente inferiore che va da 150 a 450 g.

Produzione

La coltivazione dell’Insalata di Lusia IGP si effet- tua sia in pieno campo, sia in coltura protetta, in terreni sciolti e permeabili, opportunamente pre- parati, ed irrigui. Per evitare il depauperamento della sostanza organica, è obbligatorio apportarne sotto forma di letame bovino maturo o altri com- posti organici.

Nella fase di trapianto si utilizzano piantine con minimo 3 foglie vere, dotate di pane di terra, e si mettono a dimora con distanza tra le file di 30-40 cm e sulla fila di 30-35 cm. Da questo momento e fino al superamento della crisi di trapianto, in as- senza di piogge, si dovrà intervenire irrigando, con volumi d’acqua ridotti e costanti, una o due volte al giorno. Successivamente gli apporti idrici saranno limitati in quanto la falda freatica alta, tipica della zona, consente alla coltura di sopperire alle norma- li esigenze idriche.

La raccolta inizia quando la varietà Gentile ha rag- giunto un peso non inferiore a 150 g e la varietà Cappuccia non inferiore a 200 g; segue la toelet- tatura, cioè la pulizia del cespo di lattuga con l’eli- minazione delle foglie basali, che viene collocato nei contenitori utilizzati per la vendita. Entrambe le

operazioni si eseguono in campo allo scopo di evi- tare ulteriori manipolazioni che comporterebbero un deterioramento qualitativo del prodotto. La lat- tuga viene poi trasportata nel centro aziendale del produttore dove verrà effettuato il lavaggio, senza toglierla dall’imballaggio, e si completerà l’opera- zione di confezionamento mediante l’apposizione sulla parte superiore del contenitore stesso di una pellicola trasparente.

Etichettatura

Sui contenitori deve essere visibile il logo della IGP Insalata di Lusia con dimensioni non inferiori ad altre diciture eventualmente presenti sullo stesso imballaggio. Il logo IGP Insalata di Lusia, già appo- sto sui contenitori, non potrà essere riutilizzato.

Stoccaggio e commercializzazione La lattuga che si fregia dell’IGP Insalata di Lusia deve essere commercializzata confezionata in contenitori di plastica, legno, cartone, polistirolo e altri materiali per alimenti. La parte superiore do- vrà essere protetta con l’apposizione di una barrie- ra trasparente in materiale per alimenti riportante esclusivamente il logo dell’IGP Insalata di Lusia, tale da permetterne sia la visibilità sia la naturale traspirazione. Sui contenitori devono essere altresì

riportati gli elementi atti ad individuare: nome o ragione sociale ed indirizzo o sede del produttore o del confezionatore; la categoria. Il contenuto di ciascun imballaggio deve essere omogeneo e in- cludere solo insalata della stessa varietà, origine, tipo, categoria e calibro.

Le condizioni pedo-climatiche dell’area di produ- zione consentono la sua coltivazione anche nei pe- riodi estivi, garantendone la presenza sul mercato per 10-11 mesi all’anno.

In cucina e a tavola

L’Insalata di Lusia IGP è apprezzata dal consuma-

tore per la leggerezza del cespo, per la sua buona

conservazione, per l’assenza di fibrosità (la pianta

è composta in larga parte d’acqua), per la croccan-

tezza delle foglie giovani, fresche e turgide e per

il suo gusto, dovuto ad una naturale sapidità. Si

accompagna a secondi piatti a base di carne o pe-

sce, ma può essere un gustoso piatto unico abbi-

nata ad altra verdura cruda, legumi, cereali, tonno,

formaggi e quant’altro secondo i gusti personali.

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MARRONE DI COMBAI IGP

Descrizione del prodotto

Il Marrone di Combai IGP identifica il frutto di ca- stagno allo stato fresco, della famiglia Fagaceae, genere Castanea, specie Castanea sativa Miller, sottospecie domestica macrocarpa.

La storia

La presenza e le particolari caratteristiche qua- litative del castagno nella zona del Marrone di Combai IGP, sono confermate da numerose te- stimonianze storiche che risalgono al XII secolo;

esse dimostrano come nella caratterizzazione di questo prodotto, risultano importanti sia i fattori di tipo ambientale sia i fattori umani, poiché il ca- stagno ha da sempre avuto un ruolo fondamentale per il sostentamento degli abitanti di queste colli-

ne. Tra le varie testimonianze storiche una, del 18 settembre 1665, pone in risalto anche gli aspetti sociali e di partecipazione connessi alla raccolta delle castagne: tutta la popolazione, donne e bam- bini compresi, partecipava alla raccolta dei frutti, regolamentata attraverso l’assegnazione di quote in funzione della composizione dei nuclei familiari.

La presenza di numerosi toponimi nell’area di na- turale vocazione che è quella della pedemontana trevigiana in sinistra Piave rappresenta una ulte- riore certificazione storica. In epoca più recente la rinomanza e la fama del Marrone di Combai IGP si è diffusa dal Veneto ai consumatori di tutta Italia anche grazie alle feste e alle sagre paesane, che dal 1945 costituiscono avvenimenti di rilevanza lo- cale e nazionale.

Territorio di origine

L’area geografica di produzione del Marrone di

Combai IGP, comprende il territorio dei comuni di

Cison di Valmarino, Cordignano, Follina, Fregona,

Miane, Revine Lago, Sarmede, Segusino, Tarzo,

Valdobbiadene e Vittorio Veneto, tutti ricadenti

nella provincia di Treviso.

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Aspetto e sapore

Il Marrone di Combai IGP ha forma ellissoidale, buccia di colore marrone variabile dal chiaro allo scuro, con striature evidenti, che si separa facil- mente dalla polpa. Il seme, di norma uno per frut- to, si presenta a corpo unico con solcature super- ficiali. La polpa, dalla pasta farinosa, è di colore biancastro e con la cottura diventa croccante e saporita.

Produzione

Le operazioni di coltivazione e produzione del Mar- rone di Combai IGP devono avvenire nell’ambito della zona di origine e svolgersi nel rispetto di precise tecniche e operazioni colturali. Nella rico- stituzione di vecchi castagneti, tramite innesto o realizzazione di nuovi impianti, dovrà essere utiliz- zato esclusivamente l’ecotipo Marrone di Combai.

Nella scelta e conservazione delle marze vanno utilizzate porzioni di ramo di un anno ben lignifica- te o al massimo di due anni. I portinnesti potranno derivare sia dalla semina di frutti selezionati che dal trapianto di semenzali. In ogni caso il materiale vivaistico utilizzato dovrà essere munito di certifi- cazione. Nei nuovi impianti sono da preferire i ter- reni con le esposizioni sud e sud-ovest.

La raccolta dei marroni si effettua dal 15 settem- bre al 15 novembre, a piena maturazione, e può

avvenire a mano o con macchine raccoglitrici che aspirano i frutti, una volta caduti naturalmente al suolo; deve essere tempestiva per evitare attac- chi fungini soprattutto quando si è in presenza di temperature miti. Già in tale fase il produttore opera una prima cernita del prodotto, al fine di evi- tare la presenza di frutti infetti o comunque non idonei. La facile deperibilità del prodotto richiede cure particolari e specifiche tecniche di conserva- zione sia nelle fasi immediatamente successive alla caduta, sia in quelle che precedono l’utilizzo del frutto. La “ricciaia” consiste nell’ammassare il prodotto, ancora chiuso nei ricci, in mucchi che non superino i centoventi centimetri di altezza, coperti con foglie, ricci e terra ben compressi. Il condizionamento, che consiste nelle azioni di “cu- ratura” o novena alla quale i marroni devono es- sere sottoposti, può essere fatto anche fuori dalla zona di origine ma entro le 24 ore dalla raccolta, al fine di non provocare alterazioni alla qualità del prodotto; tale fase consiste nell’immergere i frutti in acqua a temperatura ambiente per un periodo che va dai cinque ai sette giorni, oppure in acqua a 45-48 °C per un periodo di 45 minuti dopo il qua- le vengono rapidamente immersi in acqua fredda fino al completo raffreddamento.

I frutti vengono poi asciugati con un’apposita mac- china asciugatrice ad aria calda e con ventilatori

o, in alternativa, posti su graticci e movimentati giornalmente fino alla completa asciugatura; pos- sono essere anche sottoposti a frigoconservazio- ne, conservati in celle frigo a temperatura variabile da 1 a 5 °C per un periodo massimo di un mese.

Il prodotto deve essere stoccato in locali freschi ed aerati, steso in strati e movimentato periodi- camente.

Etichettatura

Il prodotto viene identificato attraverso l’apposi- zione di una etichetta recante il logo con la dici- tura Marrone di Combai IGP che deve avere di- mensioni significativamente superiori ad ogni al- tra dicitura. In etichetta o sui contenitori potranno essere riportate altre informazioni: nome e mar- chio del produttore o della ditta confezionatrice;

peso netto all’origine e la categoria; informazioni di carattere nutrizionale e dietetico; anno di pro- duzione; indicazioni per la corretta conservazione ed uso del prodotto. Il logo “IGP Marrone di Com- bai” già apposto sui contenitori, non potrà essere riutilizzato.

Stoccaggio e commercializzazione Il Marrone di Combai IGP è commercializzato, non prima del 15 settembre di ogni anno, in due diver- se pezzature nelle categorie: extra, caratterizzata da dimensione elevata del frutto con 50-80 mar- roni per kg; prima, con 81-105 frutti per kg; viene confezionato in sacchi di juta o retine di materiale plastico di diverso peso (da 1 a 25 kg) o in cestini e cassette in legno da un peso minimo di 1 kg a un massimo di 5 kg.

La chiusura delle confezioni avverrà con graffe metalliche, cucitura con filo di nylon oppure lega- tura con spago piombato. La sigillatura verrà ese- guita in modo tale da fissare sulla confezione l’eti- chetta con il logo. I cestini e le cassette verranno confezionati con cellophane e sigillati con spago piombato e logo ben visibile.

In cucina e a tavola

Il Marrone di Combai IGP va conservato in luogo

fresco e asciutto. Viene tradizionalmente consu-

mato arrostito, ma anche lessato; largamente

impiegato in pasticceria per la preparazione di

confetture e dolci come il tiramisù alla crema di

marroni e il Montebianco. Il frutto è anche eccel-

lente ingrediente in svariate ricette di primi piatti,

salse e zuppe.

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MARRONE DI S. ZENO DOP

Descrizione del prodotto

La Denominazione di Origine Protetta (DOP) Mar- rone di San Zeno è attribuita ai frutti prodotti da castagni corrispondenti ad una serie di ecotipi, appartenenti alla specie Castanea sativa Mill, sele- zionatisi sotto l’influenza dell’ambiente prossimo al lago di Garda e riconducibili alla varietà locale

“Marrone”, che è stata propagata nel tempo per via vegetativa (es. talea).

La storia

Nelle zone di montagna i marroni hanno rappre- sentato per secoli uno dei principali alimenti: oltre che consumati come frutti, con la farina si prepa- ravano anche pane, pasta, dolci e polenta. I frutti freschi erano arrostiti nella particolare padella fo- rata e, accompagnati al vino nuovo, diventavano

emblema della festa di ringraziamento per l’anna- ta agricola, dedicata a San Martino. Come in altre parti del Veneto anche in questi territori, la festa era legata alla prima questua annuale e al rito dei morti, in occasione del quale si confezionavano an- che particolari biscotti con la farina di castagne.

Testimonianze scritte della coltivazione del Marro- ne di San Zeno risalgono al XIII secolo e successi- vi; esse individuano le zone tipiche di produzione, anche attraverso gli estimi catastali, e descrivo- no il prosperoso sviluppo dei castagni, nonché i metodi di raccolta. La commercializzazione dei marroni avveniva già dalla fine del secolo XIX per via diretta, tramite negozianti, oppure sul merca- to settimanale di Caprino Veronese, o su quello di Verona; questa tradizione ha ripreso vigore nel secondo dopoguerra.

Territorio di origine

La zona di produzione e trasformazione del Mar- rone di San Zeno DOP comprende parte del terri- torio, situato fra il lago di Garda ed il fiume Adige, dei comuni di Brentino Belluno, Brenzone, Caprino Veronese, Costermano, Ferrara di Monte Baldo, San Zeno di Montagna, tutti compresi nella zona omogenea della Comunità Montana del Baldo, in provincia di Verona.

Si tratta di un’area influenzata dall’ambiente bena-

cense (dal nome latino lacus Benacus, del lago di

Garda), caratterizzata da clima temperato-umido,

con terreni acidi, tendenzialmente sciolti, non su-

perficiali sui quali il prodotto, ottenuto spesso da

castagneti formati da piante molto grandi tra cui

non è raro trovare alcuni interessanti esemplari se-

colari, esprime le sue caratteristiche.

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Aspetto e sapore

I frutti che utilizzano la DOP Marrone di San Zeno provengono esclusivamente dalla varietà locale

“Marrone”, che si distinguono per la forma più ovale e più grande; per la qualità della polpa pa- stosa, più dolce e gustosa; per il colore chiaro con striature brune e per la buccia sottile che si stacca con facilità alla pelatura. Il seme è di colore chiaro tendente al giallo paglierino, lievemente corrugato, pastoso e di gusto dolce. La pezzatura è variabile, con un numero di frutti (acheni) per chilogrammo tra i 50 e i 120.

Produzione

I castagneti devono essere localizzati nella tradi- zionale fascia vegetazionale del Castanetum, ciò tra 250 e 900 m s.l.m. Le forme di allevamento e il numero di piante in produzione per ettaro, nel rispettare il tradizionale inserimento del castagno nel pregevole paesaggio del sistema lago di Garda - monte Baldo, devono essere legati a sesti di im- pianto e a sistemi di potatura adeguati a non mo- dificare le caratteristiche di tipicità del Marrone di San Zeno DOP.

La raccolta, segue la naturale deiscenza (l’apertura del riccio) del frutto, si effettua nei mesi autunnali a mano o con mezzi meccanici idonei, tali da salva- guardare l’integrità sia della pianta che dei frutti.

I frutti raccolti vanno sottoposti ad operazioni di cernita e calibratura volte a verificarne la rispon- denza ai caratteri di tipicità; i trattamenti di cura, prima dell’immissione dei frutti al consumo, van- no effettuati con le tradizionali tecniche fisiche, quali la “novena” e la “rissara”. La “novena” con- siste nel prolungare la “cura dell’acqua”, tenendo in immersione i frutti per nove giorni, avendo at- tenzione di cambiare parte o tutta l’acqua ogni due giorni, senza aggiunta di nessun additivo. La “ris- sara” consiste nell’accumulare all’aperto i frutti e i ricci per 8 -15 giorni. Tutte le suddette operazioni compresa quella di confezionamento, vanno effet- tuate nel territorio di origine. Al momento dell’im- missione al consumo i frutti, oltre a presentare le caratteristiche sopra specificate, devono essere:

interi, sani, puliti e asciutti. Etichettatura

Ogni confezione deve essere provvista di un’eti- chetta con il logo, sull’etichetta sono inoltre indi- cati: peso, annata di produzione e luogo di confe- zionamento.

Alla DOP Marrone di San Zeno è vietata l’aggiun- ta di qualificazioni diverse da quelle previste dal disciplinare di produzione, ivi compresa qualsiasi altra indicazione che potrebbe trarre in inganno il consumatore.

Stoccaggio e commercializzazione Il Marrone di San Zeno DOP va commercializzato nel periodo autunnale, allo stato fresco, in sac- chetti di materiale per alimenti, in confezioni da diverse pezzature, dai 3 etti ai 10 kg; le confezio- ni di dimensioni più ampie, da 25 e 50 kg, sono condizionate in sacchi di juta o altro materiale ido- neo. Tutte le confezioni vanno sigillate in modo da impedire l’estrazione dei frutti senza la rottura del sigillo.

In cucina e a tavola

Il Marrone di San Zeno DOP deve essere conser-

vato in luogo fresco e asciutto. Può essere consu-

mato fresco, arrostito nelle caratteristiche padelle

bucate, oppure lessato nell’acqua. Viene utilizzato

per la preparazione di dolci molto gustosi come il

castagnaccio e il tronchetto o per ottenere pane,

pasta e polenta. Il primo piatto caratteristico è il

minestrone di marroni, una variante della classica

zuppa di fagioli.

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