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Interferenza della L1 nell’apprendimento del sistema verbale italiano da parte di studenti arabofoni

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Academic year: 2021

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Studi a partire

da VALICO e VINCA

Italiano di apprendenti

Carla Marello

Con il contributo di Simona Colombo

Italiano di stranieri.

VALICO Corpus di

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 Elisa Corino - Cristina Onesti

I edizione © Copyright 2017

Guerra Edizioni Edel s.r.l. - Perugia ISBN 978-88-557-0609-4

La collana l’Officina della lingua - Strumenti è diretta da Carla Marello

Il comitato scientifico della collana è formato da Manuel Carrera Diaz (Universitad de Sevilla), Janet DeCesaris (Uni-versitat Pompeu Fabra Barcelona), Sylviane Granger (Université catholique de Louvain), Ulrich Heid (Universität Hildesheim), Giovanni Rovere (Universität Heidelberg), Mario Squartini (Università di Torino), Julijana Vuco (Univer-zitet u Beogradu), Angela M. T. Zucchi (Universidade de São Paulo).

I volumi pubblicati nella collana sono sottoposti a un processo di peer review che ne attesta la validità scientifica.

Proprietà letteraria riservata

I diritti di traduzione di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale e parziale,

con qualsiasi mezzo (compresi microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi.

Gli Autori e l’Editore sono a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare nonché per involontarie omissioni o insesattezze nella citazione delle fonti dei brani o immagini riprodotte nel presente volume. Nomi, immagini e marchi di prodotti sono riportati senza modifiche o ritocchi perché così, didatticamente più efficaci.

Non esiste alcun rapporto con i relativi produttori. Gli autori e l’editore non intendono cioè fare paragoni o indirettamente opera di promozione.

La realizzazione di un libro comporta un attento lavoro di revisione e controllo sulle informazioni contenute nel testo, sull’iconografia e sul rapporto che intercorre tra testo e immagine.

Nonostante il costante controllo, è quasi impossibile pubblicare un libro del tutto privo di errori o refusi.

Per questa ragione ringraziamo fin da ora i lettori che li vorranno segnalare al seguente indirizzo:

Guerra Edizioni Edel srl Via Aldo Manna 25 - Perugia (Italia) tel. + 39 075 5289090

fax + 39 075 5288244

e-mail: info@guerraedizioni.com www.guerraedizioni.com

Finito di stampare nel mese di Marzo 2017 da Libreria Remainders Cecina L.R.C. per conto di Guerra Edizioni Edel srl - Perugia

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Ringraziamenti

Gli studi intorno a VALCO e VNCA possono ormai vantare una certa tradizione. Molte sono le persone che hanno lavorato affinché questo e gli altri volumi ad esso cor-relati vedessero la luce: a ciascuno, anche a quelle già nominate altrove, ci sentiamo di ripetere un sincero grazie.

Siamo in particolare grate a

Manuel Barbera, la mente. Colui che per primo ha concepito www.corpora.unito.it, dal quale VALICO e VINCA sono nati.

Simona Colombo, il braccio. L’artefice dell’implementazione del sistema e dell’ar-chitettura computazionale dei corpora.

Simone Bettega, l’occhio. Un prezioso supporto nella revisione dei testi e nella for-mattazione finale.

Gli autori, il cuore. Hanno accolto con entusiasmo il progetto, hanno contribuito a migliorare i corpora con nuovi strumenti ed hanno arricchito con nuovi spunti di riflessione il panorama della ricerca sulle varietà di apprendimento.

Infine ci sono quei grazie che sembra quasi superfluo esprimere, perché sono impliciti, intrinseci al lavoro stesso e profondamente radicati nella quotidianità: a Carla Marello va questo tipo di grazie.

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Indice

7 17 21 41 61 73 89 103 131 161 Elisa Corino, Cristina onEsti

Studi corpus-based: tra lingua e didattica Libro degli abstract

Marianna BolognEsi

Grammatica visiva e apprendimento: aspetti semiotici delle vignette di VALICO e trasposizione verbale nelle descrizioni di anglofoni

SiMonE BEttEga, luisa russo

Interferenza della L1 nell’apprendimento del sistema verbale italiano da parte di studenti arabofoni

Paola CaPPoni

VALICO: lingua e traduzione. Incroci di testi tra spagnolo e italiano Alina Masla

Apprendenti russofoni e frase italiana Chris Mulhall

Collocation Patterning and Italian High Frequency Verbs: Corpus Evidence of L1 English Speakers

OMar ColoMBo

La morfologia alterativa negli scritti di nativi italofoni: le implicazioni in italiano L2

Antonio roMano, ValEntina DE iaCoVo

Le voci di VINCA: riferimenti generali nelle produzioni di un campione di parlanti nativi

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41 Interferenza della L1 nell’apprendimento del sistema verbale da parte di studenti arabofoni

Simone Bettega, LuiSa RuSSo1

Università di Torino

Interferenza della L1 nell’apprendimento del sistema verbale

italiano da parte di studenti arabofoni

1. Introduzione

Obiettivo del presente articolo è l’analisi delle interferenze che, a livello di inter-lingua, possono emergere come conseguenza di marcate differenze strutturali tra il sistema verbale della L2 e della L1 dell’apprendente. In particolare, ci concentreremo sulle produzioni scritte in lingua italiana di due gruppi di studenti di madrelingua araba (di origine, rispettivamente, egiziana e tunisina). Il focus della nostra analisi sarà, nello specifico, l’espressione delle categorie di tempo e aspetto nei testi prodotti in L2 da parte degli apprendenti. Dal momento che l’arabo e l’italiano – in virtù delle proprie peculia-rità morfosintattiche – codificano le suddette categorie in maniera alquanto differente, il secondo paragrafo sarà dedicato ad una rapida disamina del sistema verbale dell’arabo, a vantaggio del lettore che non avesse familiarità con le strutture di questa lingua. Nel terzo paragrafo illustreremo sinteticamente le metodologie utilizzate nel corso della raccolta dei dati, oltre a fornire le informazioni di base relative agli informatori coinvolti nella ricerca e al suo contesto. Il quarto paragrafo, infine, sarà dedicato all’analisi dei dati vera e propria, mentre nella sezione conclusiva dell’articolo proporremo alcune considerazioni generali circa gli esiti dell’indagine.

2. Il sistema verbale delle “lingue arabe”

Come è noto, il mondo arabofono è caratterizzato oggi (così come da molti secoli a questa parte) da una situazione di marcata diglossia. Da un lato, la varietà standard della lingua è un registro utilizzato solo nei contesti più formali, appreso dai parlanti a scuola per mezzo di insegnamento esplicito, e uniforme attraverso tutto il mondo arabo. L’arabo standard è una varietà normata e ufficialmente codificata. Dall’altro lato, esistono innume-revoli varietà di arabo parlato (i cosiddetti “dialetti arabi”), che rappresentano l’effettiva lingua madre di ogni arabofono oggi vivente. I dialetti sono varietà non normate, utilizzate in contesti comunicativi informali e semi-informali, e soggette a forte variazione sull’asse diatopico. Nonostante questa marcata dicotomia, molti lavori di linguistica generale si riferiscono semplicemente all’ “arabo” come ad una realtà internamente omogenea (in questi casi, il riferimento implicito è, nella maggior parte dei casi, alla varietà standard della lingua); nel caso, poi, della glottodidattica, l’apprendente arabofono viene spesso

1 Il secondo paragrafo del presente articolo è stato redatto interamente da Simone Bettega, il terzo da Luisa Russo. Le sezioni rimanenti sono frutto del nostro lavoro congiunto.

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considerato avere come propria lingua madre appunto l’arabo standard, fatto che può in molti casi offuscare o portare a tralasciare fenomeni di interferenza causati invece da strutture proprie del dialetto2. Nel corso di questo paragrafo, proporremo una rapida

panoramica del sistema verbale arabo, inteso qui come la somma delle varietà standard e dialettali. Sebbene, da un punto di vista squisitamente morfologico, l’arabo standard e le varietà parlate dispongano dei medesimi strumenti per esprimere le categorie di tempo e aspetto (sulle quali il presente articolo si concentra), vedremo che questi strumenti possono essere impiegati in maniera differente nei diversi contesti.

Come molte lingue, l’arabo possiede forme verbali finite e non finite. Mentre queste ultime sono, morfologicamente, di fatto affini agli elementi nominali della lingua, le prime utilizzano una sistema di prefissi e di suffissi per marcare le categorie di genere, numero e persona. In particolare, se si esclude il modo imperativo, in arabo esistono solo due coniugazioni verbali finite: una, spesso associata ai significati del passato e del perfetto o perfettivo, caratterizzata da flessione per suffissi, e un’altra, spesso associata ai significati dell’imperfetto o dell’imperfettivo (benché non sistematicamente a quelli del presente

e del futuro, o perlomeno non solo), caratterizzata da una flessione basata prevalente-mente sull’uso di prefissi4. La natura delle due coniugazioni proprie dell’arabo, ossia il

loro codificare prevalentemente la categoria di tempo o quella di aspetto, è al centro di una disputa ormai secolare che ha coinvolto generazioni di studiosi e di arabisti. Senza

2 Eccezione degna di nota è, in questo senso, il lavoro di Mori (2007).

 Terremo distinte, nel corso di questo articolo, l’etichetta di perfetto da quella di perfettivo e l’etichetta

di imperfetto da quella di imperfettivo. La terminologia relativa alle categorie aspettuali del verbo è spesso usata con significati diversi in opere diverse, risultando in una certa opacità o ambiguità dei termini. Seguiremo qui le definizioni proposte da Dixon (2012): la coppia perfetto/imperfetto ha a che vedere con la completezza o incompletezza di un evento, mentre quella perfettivo/imperfettivo con la composizione interna dello stesso (oppure con l’assenza di qualsiasi percezione composita dell’azione espressa dal verbo). Nello specifico, “‘perfect’ is taken to mean ‘an action which is completed before the present time’, to which is often added ‘and which has present relevance’. The complementary label ‘imperfect’ refers to something which began before the present and is still continuing”. Al contrario, “when perfective aspect is specified, the event is regarded as a whole, without respect for its temporal constituency (even though it may be extended in time). Imperfective focuses on the temporal make-up of the event” (Dixon 2012, 1 e 5). Per una analisi approfondita di queste categorie aspettuali in relazione al sistema verbale italiano (e per eventuali terminologie alternative utilizzate in testi di linguistica italiana) si veda Squartini (2015), in particolare pp. 55-56.

4 Dal momento che, come vedremo, non c’è unanimità in seno alla comunità accademica circa la natura preminentemente aspettuale o preminentemente temporale del sistema verbale arabo, nel corso di questo articolo eviteremo l’uso delle etichette spesso associate alle due coniugazioni finite (ovverosia perfetto/imperfetto, perfettivo/imperfettivo, compiuto/incompiuto, passato/non-passato), e ci limiteremo alle definizioni di tipo strutturale coniugazione a suffissi e coniugazione a prefissi (sulla falsariga dell’inglese suffix stem e prefix stem, adottate in molte opere di riferimento, come ad esempio Holes 2004, e nella Encyclopedia of Arabic Language and Linguistics, in particolare Horesh 2009). Eviteremo anche l’uso dei termini utilizzati dalla grammatica araba tradizionale, ossia rispettivamente ماضي, māḍī (letteralmente ‘passato, trascorso’) e مضارع, mudāriʕ (letteral-mente ‘somigliante [al nome]’), in quanto prive di coerenza reciproca (si veda Carter 2008, 96: “the asymmetry of the terms is remarkable: the first refers to the completed state of the action […] the second to the morphosyntactic properties of the paradigm”).

 Ripercorrere le tappe di tale querelle è al di là degli scopi del presente articolo (si veda Horesh 2009

per una breve panoramica della questione). Basti solo ricordare, in questa sede, che, sebbene dalla fine del XIX secolo “the dominant belief […] is that Arabic verbs do not denote time reference and

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4 Interferenza della L1 nell’apprendimento del sistema verbale da parte di studenti arabofoni

voler entrare nel merito della questione, ci limiteremo qui a riportare le affermazioni di Comrie relative al sistema verbale arabo, che nel suo influente lavoro sulla categoria di aspetto (Comrie 1976, 78-79) scriveva: “we may say that the Perfective indicates both perfective meaning and past time reference, while the Imperfective indicates everything else (i.e. either imperfective meaning or relative non-past tense). The Arabic opposition Imperfective/Perfective incorporates both aspect and (relative) tense”6. È significativo,

qui, il riferimento di Comrie alla categoria di riferimento temporale relativo. Se molte lingue, come per esempio l’italiano, hanno sistemi verbali con riferimento temporale assoluto, in altre, come l’arabo, il verbo codifica il tempo in maniera differente. Nelle parole di Comrie (1985, 56) i sistemi con riferimento temporale relativo sono quelli in cui “the reference point for location of a situation is some point in time given by the context, not necessarily the present moment”. Dixon (2012), in particolare, sottolinea la relazione esistente tra riferimento relativo e subordinazione:

tense which specifies the location in time of an event with respect to the moment of speaking […] is often referred to as ‘absolute tense’. There is also ‘relative tense’ which most often occurs in a subordinate clause and specifies the temporal location of the event described by that subordinate clause with respect to the time established by the main clause. (Dixon (2012, 15)

Il fatto che il sistema verbale dell’arabo abbia, in relazione alla categoria di tempo, un sistema di riferimento relativo, è ciò che permette i due meccanismi fondamentali che governano la scelta dell’una o dell’altra coniugazione da parte dei parlanti. Questi due meccanismi sono, nei termini impiegati da Brustad (2000, 204) in riferimento all’arabo parlato, embedding e tense neutralization. Il processo di embedding è quello per cui, come si è detto, il riferimento temporale di una subordinata è ancorato non al tempo assoluto del mondo extralinguistico, ma a quello della frase principale (rispetto al quale può esprimere contemporaneità, anteriorità o futurità)7. La tense neutralization è un processo simile, ma

che non coinvolge necessariamente la subordinazione: in arabo, come in altre lingue8,

accade spesso (soprattutto in contesto narrativo) che il riferimento temporale passato

are therefore not tenses, but rather express aspect” (Eisele 2006, 196), ancora nella seconda metà del XX secolo Aartun portava argomentazioni convincenti a sostegno della tesi che, perlomeno a livello prototipico, le due coniugazioni verbali dell’arabo codifichino la categoria di tempo (Aartun 196). Più recentemente, Dahlgren (2009) ha sostenuto che la funzione principale del sistema verbale arabo sia quella di marcare il riferimento temporale relativo.

6 Si noti che in questo passaggio Comrie utilizza l’etichetta Perfective per riferirsi alla coniugazione

a suffissi, e Imperfective per riferirsi a quella a prefissi.

7 “Time reference in a main clause, or the head verb of a main clause, is normally relative to the moment of speech, and the time reference of any subordinate verb or clause is relative to that of the main clause, where perfective signals relative past and imperfective relative non-past” (Brustad 2000, 146).

8 Si veda ad esempio il seguente passaggio da Sapir (1994, 109), citato in Dixon (2012, 12), a proposito del Nootka: “the first sentence of the story locates the time by denoting the tense. After that, tense is not referred to again. The story goes on in a general or present tense, and people know what’s what”. A questo proposito, Dixon commenta: “Fijan is similar to Nootka in this regard. I recorded a number of stories with tense just stated in the first main clause. The story is understood to continue in that tense until the contrary is indicated”.

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sia specificato una sola volta, unicamente al principio della narrazione, per mezzo della morfologia verbale o di un avverbio o locuzione avverbiale opportuni. Da quel momento in avanti, la “passatezza” del contesto è data per scontata, implicita nel progredire della narrazione e a prescindere da quali forme verbali (coniugazione a prefissi o suffissi) com-paiano nel testo. L’ovvia conseguenza di questo è che, in contesti simili, la morfologia verbale è svincolata dalla necessità di fornire coordinate temporali al lettore/ascoltatore, e svolge unicamente la funzione di marca aspettuale degli eventi descritti. È da notare che quanto detto sino a qui a proposito degli effetti di embedding e tense neutralization si applica in particolare alla coniugazione a prefissi. In arabo, è la coniugazione a prefissi la forma verbale deputata par excellence alla subordinazione (e quindi più soggetta ad alterazione dei propri valori tempo-aspettuali prototipici). La coniugazione a suffissi compare raramente in ambiente subordinato (sebbene sia possibile in determinati conte-sti e costruzioni), e appare quindi più saldamente collegata all’espressione degli aspetti perfetto/perfettivo e, soprattutto, all’idea di passato.

Come accennato in precedenza, in arabo il predicato di una frase non è necessaria-mente espresso da un verbo finito. Esistono almeno due alternative a questa opzione, che passeremo qui rapidamente in rassegna. La prima di queste alternative è la frase copulare averbale. In arabo, quelle che vengono normalmente definite frasi esistenziali o equazio-nali non prevedono la presenza di una forma flessa del verbo essere. Come in molte altre lingue, nella frase esistenziale al tempo presente la copula è semplicemente omessa, e il soggetto direttamente giustapposto all’elemento che segue (si tratti di un aggettivo, di un sintagma preposizionale, o di altro ancora)9. La seconda alternativa all’utilizzo di una forma

flessa del verbo è l’impiego del participio attivo. È necessario precisare, a questo punto, che l’uso del participio attivo con forza verbale è un fenomeno estremamente comune nei dialetti (che fanno ampio impiego di questa struttura) mentre è assai più limitato nell’arabo standard. Nello specifico, è proprio il participio attivo a costituire la principale differenza tra il sistema verbale dell’arabo standard e dei dialetti10, nella misura in cui la presenza di

una terza alternativa per esprimere un predicato esplicito ridefinisce, giocoforza, i ruoli e gli usi delle prime due (ossia la coniugazione a prefissi e quella a suffissi)11. Come

vedremo, nei testi in italiano dei nostri apprendenti molte strutture osservate potrebbero

9 Brustad (2000, 204-205) utilizza questo argomento per dimostrare che il riferimento temporale stan-dard della frase principale in arabo sia indissolubilmente ancorato al momento dell’enunciazione. “It can be argued that this ‘default’ reference of the moment of speech is grammaticalized in Arabic, because time reference is not marked in copulative to be […] sentences unless it is past or future”. Questo, a suo dire, sarebbe il cardine attorno al quale l’intero sistema verbale dell’arabo ruota: come abbiamo visto, infatti, “the perfective and imperfective […] locate an action relative to the moment of speech, as past and non-past, respectively. However, this point of reference may be overridden or shifted by grammatical processes or discourse contexts”.

10 Se si esclude il vocalismo finale che, in arabo standard, definisce alcune distinzioni di natura soprat-tutto modale tra le varie forme della coniugazione a prefissi, e di cui non ci occuperemo in questa sede.

11 “Whereas in M[odern] S[tandard] A[rabic] the potential of the participles for noun coinage has been heavily exploited, in the dialects they have become an important element in verb syntax. The verbal value of the active participle was always a part, albeit a relatively minor one, of its range of uses in CLA[ssical Arabic], but this has become perhaps its main function in the dialects” (Holes 2004, 1).

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essere interpretabili come frutto dell’interferenza di questa forma12. In generale, esiste

un’ampia letteratura circa l’uso del participio attivo con forza verbale in arabo parlato, a cui si rimanda il lettore per ulteriori approfondimenti1. In questa sede, ci limitiamo a

sottolineare come, in virtù della propria natura nominale, il participio attivo arabo non è associato, di per sé, ad alcun valore aspettuale o temporale specifico. Come sottolineano Eades/Persson (201, 45), benchè il participio sembri spesso esprimere, nell’uso concreto della lingua, significati tempo-aspettuali definiti, “it is not the participial form itself that expresses all these aspectual and/or temporal values, but rather it is the context of the ut-terance combined with the lexical aspectual properties of the verb — or aktionsart — that result in an inferred aspectual/temporal reading in any given instance of AP use”. In altre parole, è il contesto - nella sua interazione con l’aspetto lessicale intrinseco nella radice del verbo - a caricare il participio attivo di implicazioni aspettuali e temporali. Questo, incidentalmente, ne fa una forma di uso quanto mai versatile, in grado di assumere, in varie circostanze, significati temporali e aspettuali anche molto diversi tra loro.

Riassumendo la nostra panoramica del sistema verbale arabo, abbiamo visto come esso comprenda unicamente due forme finite, la declinazione a suffissi e quella a pre-fissi, che hanno caratterizzazione principalmente aspettuale (nonostante la declinazione a suffissi sia anche, nella maggior parte dei casi, collegata all’espressione del passato). A queste si aggiunge, in arabo parlato, il participio attivo, una forma nominale capace di esprimere significati temporali e aspettuali molteplici, anche contrastanti tra loro, a seconda del contesto in cui si trova. Non c’è bisogno di sottolineare come un sistema di questo tipo differisca in maniera sostanziale da quello dell’italiano, al punto che fe-nomeni di interferenza con la L1, da parte di studenti di italiano di madrelingua araba, sembrerebbero non solo possibili, ma addirittura probabili (perlomeno nelle fasi iniziali dell’apprendimento). In particolare, la nostra analisi si concentra qui sull’utilizzo, da parte degli studenti, delle tre forme verbali del presente, del passato prossimo e dell’imperfetto indicativi. L’asimmetria esistente tra il sistema sostanzialmente bipartito dell’arabo e quello a molti più termini dell’italiano è evidente sin da ora. In particolare, la presenza, in italiano, di molteplici strutture che codificano gli aspetti imperfetto e imperfettivo (il presente, la perifrasi progressiva con il gerundio e l’imperfetto indicativo, per citare solo quelli che compaiono nei testi dei nostri apprendenti) dà luogo ad un sistema di molto discosto da quello arabo, dove queste categorie aspettuali sono appannaggio esclusivo di un’unica forma, la coniugazione a prefissi14. Come vedremo nei paragrafi seguenti, questa

discrepanza è alla base di molti fenomeni di interferenza osservabili nei testi.

12 Questo è dimostrato anche dal fatto che, nei testi di controllo prodotti in arabo dagli stessi apprendenti (si veda il paragrafo ), compaiono diverse istanze di participio attivo usato con valore predicativo. Quest’uso del participio attivo, come si è detto, è molto più comune nel colloquiale che nella lingua standard, mentre il dominio scritto è (almeno in teoria) appannaggio esclusivo di quest’ultima. Tuttavia, com’è del resto logico aspettarsi, l’arabo standard stesso non è quasi mai completamente scevro da fenomeni di interferenza dettati dal dialetto di cui il parlante/scrivente è madrelingua. 1 Si vedano Caubet (1991) per l’area nordafricana, Eisele (1999) per il dialetto del Cairo, Eades/Persson

(201) per la costa del Golfo Arabo, e Brustad (2000) per una comparazione dell’uso del participio in diverse varietà di arabo colloquiale.

14 Benché a volte anche il participio possa esprimere questi valori aspettuali: come si è detto, però, essi non sono connaturati al participio stesso, che può ugualmente esprimere aspetto perfetto o perfettivo in altri contesti.

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3. I testi e gli apprendenti

I risultati che presentiamo in questo articolo sono basati sull’analisi di 79 testi scritti prodotti da studenti di lingua italiana di origine egiziana e tunisina, di livello compreso tra l’A2 e il B2. I testi degli apprendenti egiziani (tutti studenti universitari) sono in totale 29, e sono stati raccolti al Cairo da Luisa Russo tra i mesi di marzo e maggio 2014. I testi degli apprendenti tunisini invece (per lo più adulti e studenti di istituti privati) sono in totale 50. Sono stati raccolti a Tunisi da Luisa Russo, tra i mesi di gennaio ed aprile 2012. Tutti i testi sono stati elicitati a partire dallo stimolo iconico rappresentato dalla vignetta Scontro, che fa parte dei materiali visivi utilizzati per la sollecitazione e la raccolta dei dati all’interno del progetto VALICO1. Nella vignetta sono rappresentati, in quattro riquadri

sequenziali, due uomini che camminano per la strada: il primo, di corporatura robusta, porta al guinzaglio un grosso bulldog, mentre il secondo, più esile e basso, passeggia con un piccolo cane e portando a mano una bicicletta. Entrambi gli uomini sono carichi di sacchi e pacchetti, e si intuisce che stanno probabilmente rientrando a casa dopo aver fatto la spesa. Svoltato un angolo, i due inavvertitamente si scontrano, facendo cadere a terra tutto ciò che stavano trasportando. A quel punto gli uomini, assieme ai rispettivi cani, cominciano immediatamente a litigare, sotto lo sguardo di una donna e di un gatto affacciati alla finestra. È importante notare che assieme alla vignetta era associata una consegna esplicita per gli studenti, che imponeva di impostare al passato la narrazione della scena. L’incipit suggerito dalla consegna era: “L’altro giorno, due uomini camminavano…”.

Oltre alla sollecitazione dei testi in lingua italiana, lo studio ha comportato anche la raccolta di alcuni testi di controllo in lingua madre, che gli studenti hanno prodotto successivamente a quelli in L2. Il raffronto dei testi in italiano con quelli in arabo ha permesso un’analisi più approfondita dei dati e un’interpretazione più accurata di quella che è la percezione, da parte degli apprendenti, degli eventi rappresentati nella vignetta (si noti che non tutti gli studenti hanno prodotto un testo in lingua madre a fianco di quello in lingua italiana: in totale ne sono stati raccolti 15 tra gli apprendenti tunisini e 1 tra quelli di origine egiziana).

In merito ai testi in arabo prodotti dagli studenti, e prima di passare all’analisi dei dati, si rende necessaria un’ultima nota di carattere metodologico. In alcuni casi nel corso del presente articolo, ove ritenuto necessario, abbiamo affiancato alla produzione in italiano dello studente la versione fornita dallo stesso in L1, in modo da favorire una compara-zione tra le strutture della lingua madre e quelle dell’interlingua. A vantaggio del lettore, oltre che nella grafia originale, il testo è stato fornito anche in trascrizione scientifica. Va qui ricordato, tuttavia, che il sistema di scrittura dell’arabo non registra il vocalismo breve: la trascrizione da noi proposta, di conseguenza, deve essere considerata come una possibile interpretazione del testo originale. Questa considerazione è valida soprattutto per quanto riguarda il vocalismo finale, uno dei tratti che più marcatamente separano le varietà colloquiali dell’arabo da quella standard; quest’ultima, infatti, dispone di un sistema di desinenze vocaliche di natura per lo più casuale-modale che non trova alcun riscontro in arabo parlato. Il vocalismo finale (إعراب, ʔiʕrāb) è pertanto percepito dal parlante arabofono come l’elemento standardizzante per eccellenza, al punto che questo

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47 Interferenza della L1 nell’apprendimento del sistema verbale da parte di studenti arabofoni

viene rarissimamente ripristinato nella lingua parlata, anche nei contesti comunicativi più formali. In conclusione, non ci è possibile sapere se i nostri studenti, dietro alla richiesta di leggere ad alta voce i testi da loro prodotti in L1, avrebbero o meno fatto ricorso allo ʔiʕrāb nella pronuncia. La nostra scelta, in questa sede, è stata di vocalizzare tutti i testi in maniera conforme alle prescrizioni della lingua araba standard (lo scritto essendo, in fin dei conti, l’ambito di utilizzo forse più importante di questa varietà). Va tuttavia ricordato, come già accennato in precedenza, che testi in arabo standard che non risentano di alcuna influenza da parte del dialetto sono l’eccezione, piuttosto che la norma (e nei testi in L1 prodotti dagli apprendenti non mancano infatti i dialettismi, come ad esempio il diffuso uso del participio attivo in funzione predicativa), e che, di conseguenza, le trascrizioni da noi proposte rappresentano soltanto una delle possibili letture del testo.

4. Analisi dei dati

4.1 Tendenze generali nelle produzioni degli apprendenti

Dall’analisi dei testi risulta evidente una tendenza generale comune a entrambi i gruppi di studenti, ovverosia quella di stabilire la referenza temporale passata all’inizio dell’elaborato, proseguendo poi la narrazione al presente indicativo, occasionalmente in-frammezzato da altre occorrenze di imperfetto16. L’uso del presente/imperfetto si mantiene

fino al momento dello scontro (si veda la descrizione della vignetta-stimolo al paragrafo ), durante e successivamente al quale il tempo selezionato è invece per lo più il passato prossimo17. L’uso del presente nel contesto di una narrazione al passato farebbe pensare,

dunque, a un’interferenza del processo di tense neutralization (comune in arabo, come si è visto nel paragrafo 2) nell’interlingua degli apprendenti. Il seguente brano è esemplifi-cativo di questa sequenza “standard”:

1) Un giorno dei giorni c’erano due uomini che camminano nella strada uno di loro due ca-valca una bicicletta e sembra come un venditore e in suo possesso un cane piccolo e c’era un altro uomo e sembra un uomo ricco e in suo possesso un cane spesso e all’improvviso si sono scontrati18

16 In una minoranza di testi l’uso dell’imperfetto è più consistente, ma anche all’interno di questi elaborati il presente indicativo continua occasionalmente a comparire in luogo dell’imperfetto, con pochissime eccezioni. Il presente indicativo è a volte accompagnato dal gerundio all’interno di una perifrasi progressiva. Si registrano rarissimi casi in cui al posto di presente o imperfetto si trovano gerundi o infiniti isolati.

17 Verbi al presente/imperfetto possono naturalmente comparire anche dopo la descrizione dello scon-tro, e in questi casi la selezione delle forme verbali è normalmente dettata da considerazioni di tipo aspettuale (in maniera non dissimile da quanto farebbe un madrelingua, con il permanere però di un certo grado di incertezza nella selezione del presente contrapposto all’imperfetto). Si consideri per esempio il seguente estratto: “si sono scontrati e tutti gli oggetti sono caduti in ogni posto. Erano molto arrabiati perciò sono litigati per lungo tempo”.

18 In questo brano le influenze della L1 sono molteplici ed evidenti: si notino l’espressione “un giorno dei giorni” in apertura, calco letterale dell’arabo في يوم من الأيام [fī yawmin min al-ʔayyāmi], e il rapporto genitivale espresso per mezzo di una frase copulare averbale, “in suo possesso un cane”, sulla falsariga dell’arabo عنده كلب[ʕinda-hu kalbun], ‘presso [di] lui [è] un cane’.

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Si potrebbe, naturalmente, obiettare che gli studenti in realtà non abbiano colto il senso della consegna (che imponeva una narrazione al passato), e si siano semplicemente limitati a ricopiare meccanicamente la prima riga del testo all’imperfetto (già fornita insieme allo stimolo visivo) per poi proseguire la narrazione al presente, forma verbale con la quale avrebbero maggiore dimestichezza. In una ristretta minoranza di casi, questa potrebbe essere effettivamente una spiegazione plausibile19. Tuttavia, almeno tre ordini di ragioni

suggeri-scono che questa opzione alternativa vada scartata. Questi sono: a) il fatto che dal momento dello scontro in avanti la narrazione prosegua al passato prossimo. Se gli studenti avessero del tutto ignorato (o mancato di comprendere) la consegna, allora ci si aspetterebbe che la narrazione avvenisse per intero al presente. Inoltre, il riferimento temporale della consegna non è indicato solo dalla morfologia verbale ma anche dalla locuzione “l’altro giorno”, fatto che studenti di livello compreso tra l’A2 e il B2 difficilmente possono aver ignorato; b) nei testi di controllo prodotti in arabo dagli stessi studenti ed elicitati a partire dal medesimo stimolo visivo la narrazione avviene regolarmente al passato20; c) molti studenti non hanno,

in effetti, ricopiato la consegna, e hanno stabilito il riferimento temporale all’inizio del testo o tramite un verbo all’imperfetto diverso da quello proposto nell’esercizio (come nel caso dell’esempio (1) riportato sopra) o unicamente per mezzo di un elemento lessicale21 (come

nel caso dell’esempio (2) riportato nel paragrafo 4.2).

In generale, l’uso del passato prossimo in riferimento ad eventi puntuali e/o compiuti sembrerebbe quasi sistematico, mentre stati e processi durativi e incompiuti sarebbero associati in maniera irregolare talvolta all’imperfetto e talvolta al presente indicativo (od occasionalmente ad altre forme ancora, si veda la nota 1). In altre parole, come anticipato nel paragrafo 2, gli studenti sembrerebbero incontrare maggiori difficoltà laddove in L2 si osservi una distinzione sconosciuta alla L1 (i testi di controllo in arabo dimostrano, infatti, che nei contesti corrispondenti al presente/imperfetto italiani la forma verbale selezionata è sempre la coniugazione a prefissi).

Naturalmente, quella che abbiamo definito essere una tendenza generale non può essere considerata una regola assoluta: in una minoranza di testi osserviamo infatti un uso delle forme verbali che si discosta in maniera più o meno marcata da quanto visto sopra. Innanzi tutto, esistono due categorie di testi che non permettono né di confermare né di smentire le ipotesi di ricerca sinora descritte. Queste categorie sono: a)  testi in cui la narrazione si interrompe prima del momento dello scontro (ossia, testi in l’autore non ha descritto per intero la sequenza delle vignette): in questi casi è impossibile va-lutare se l’opposizione tempo-aspettuale da noi prevista sia confermata oppure no; b)

19 In particolare, non possiamo considerare probanti quei testi (in termini numerici comunque nettamente minoritari) in cui gli apprendenti hanno utilizzato unicamente il presente o il passato prossimo per tutte le forme verbali della narrazione, indipendentemente da considerazioni di natura temporale o aspettuale.

20 Più precisamente, la narrazione in arabo segue l’andamento tipico delle sequenze narrative in questa lingua, ovverosia, come già accennato, ancoraggio del riferimento temporale al passato per mezzo di una forma verbale nella coniugazione a suffissi (molto spesso la marca esistenziale/temporale

kāna) o una locuzione temporale, seguite da una serie di verbi nella coniugazione a prefissi.

21 In alcuni testi, inoltre, il riferimento temporale passato è dato per scontato, associato implicitamen-te alla natura narrativa del implicitamen-testo: in questi casi non vi è nessun elemento esplicito (morfologico o lessicale) che marchi il contesto passato. Dall’inizio e fino al momento dello scontro la narrazione è al presente indicativo, che viene poi sostituito dal passato prossimo.

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49 Interferenza della L1 nell’apprendimento del sistema verbale da parte di studenti arabofoni

2 testi in cui compare un unico imperfetto, quello dato dalla consegna, a cui fa seguito immediatamente la descrizione dello scontro, interamente al passato prossimo. Anche in questo caso è impossibile valutare se, nelle intenzioni dell’autore, all’alternanza di forme verbali fossero sottese considerazioni di tipo aspettuale, oppure se si sia trattato (come accennato in precedenza) della mera ricopiatura di una forma verbale (l’imperfetto) non ancora padroneggiata.

Vi è poi un esiguo numero di elaborati in cui la sequenza descritta (settaggio del riferimento temporale → uso di presente o imperfetto indicativi → scontro → uso del passato prossimo indicativo) non è rispettata, o è alterata in maniera più o meno consistente. Come cercheremo di dimostrare nel paragrafo 4., queste apparenti “eccezioni” possono, in varia misura, essere ricondotte a quella che è l’ipotesi interpretativa che proponiamo in questo articolo.

Vi sono, infine, 6 elaborati nei quali una singola forma verbale (presente, passato prossimo o imperfetto) viene sovraestesa indistintamente all’intero testo. In questo caso, è evidente che la mancata acquisizione o la scarsa dimestichezza dell’apprendente con le forme della morfologia verbale oggetto della presente indagine intervengono a perturbare i dati. Si sarebbe potuto, naturalmente, accomunare questa categoria di testi alle categorie (a) e (b) descritte sopra, accorpando questi elaborati a quelli che non per-mettono un’analisi del tipo da noi proposto in questo articolo. Si tratta tuttavia, a nostro avviso, di un fenomeno diverso, che merita menzione separata. Infatti, sebbene il nostro studio si concentri sull’uso che della morfologia verbale viene fatto più che sul proces-so di acquisizione della stessa, non intendiamo negare l’importanza di entrambi questi fattori (insieme ad altri ancora) ai fini della comprensione dei meccanismi che regolano l’evoluzione dell’interlingua dello studente. Come ogni fenomeno linguistico complesso, la comparsa di una data forma verbale all’interno di un testo in L2 è il risultato di una serie di concause tra loro interrelate, la cui analisi non potrà mai essere del tutto lineare o indipendente. Non intendiamo sostenere, in questa sede, che l’interferenza del sistema tempo-aspettuale della L1 sia l’unico fattore in gioco nel determinare le scelte linguistiche degli apprendenti in fatto di forme verbali: molte altre ne esistono probabilmente, e tutte meritevoli di studio più approfondito. Ci interessa però sottolineare come l’influenza del sistema verbale della lingua madre giochi senza dubbio un ruolo di primo piano nel pro-cesso di selezione delle forme verbali. Questa è la tesi che cercheremo di dimostrare nei prossimi paragrafi, attraverso l’analisi e la discussione di un numero di esempi rilevanti tratti dalle produzioni scritte degli apprendenti.

4.1. Esempi dai testi

Nella maggior parte dei testi in esame, si osserva l’uso di due forme verbali fonda-mentali: il presente (a volte all’interno di una perifrasi progressiva) e il passato prossimo22.

22 In alcuni casi, al presente indicativo si alterna l’infinito. Senza dubbio, questi testi sono produzioni di studenti con un livello di interlingua meno avanzato della maggioranza. Tuttavia, è interessante notare come anche in questi testi il momento dello scontro sia sempre espresso mediante una forma perfettiva (il passato prossimo). Anche in questo caso, cioè, la difficoltà dello studente sembrerebbe non tanto quella di cogliere la distinzione, in L2, tra forme perfettive e non-perfettive, ma piuttosto quella di padroneggiare l’uso delle varie forme potenzialmente in grado di codificare gli aspetti imperfetto/imperfettivo.

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Gli studenti, come si è detto, o riportano il verbo della consegna all’imperfetto per poi passare al presente indicativo, oppure ignorano del tutto la consegna e impostano al passato il riferimento temporale dell’intero testo per mezzo di vari artifici retorici. Abbiamo già sottolineato come questa tendenza generale non possa essere interpretata semplicemente come conseguenza della mancanza di familiarità con l’imperfetto italiano da parte degli apprendenti. A riprova di ciò, si può rilevare come in molti dei testi in esame l’imperfetto non sia del tutto assente, ma riemerga sporadicamente in alcuni contesti. Esemplificativo in questo senso è il brano che proponiamo per esteso qui di seguito (si noti il verbo al-l’imperfetto nella conclusione, da noi evidenziato in corsivo):

2) Un giorno dei giorni, due uomini passeggiano sul marciapiede e indossano vestiti strani: il primo cammina con una bicicletta comune e al suo fianco un cane e porta con sé molte cose. Quanto al secondo lui è un uomo dalla corporatura gigantesca cammina e al suo fianco un cane gigantesco come lui e indossa vestiti strani e nello stesso momento porta con lui un sacchetto piccolo con una palla l’altra mano un altro sacchetto e uno zaino sulle sue spalle con tutta questa vista c’è una donna che controlla dal balcone della sua casa ciò che accade e all’improvviso, i due uomini si sono scontrati e tutte le loro cose si sono sparpagliate ed è scoppiato un litigio tra di loro. E a causa di questo scontro è scoppiato il caos sul marciapiede e i due uomini hanno continuato a litigare ed è stato chiaro che l’uomo forte di corporatura ha sconfitto l’altro uomo. E con tutto questo caos c’è chi ha approfittato dell’occasione ed è la donna che guardava dal balcone della finestra e ha preso alcune cose e nell’altro angolo c’è un gatto che ha preso anche alcune cose2

Si consideri anche il seguente stralcio, dove il verbo della frase principale è correttamente posto all’imperfetto, ma quello della subordinata relativa si trova invece al presente24:

) […] Portava con la sua mano destra un sacchetto di acquisti dal mercato e con con la sua altra mano il suo cane che passa al suo fianco

È interessante notare come questa struttura rispecchi integralmente quella utilizzata dallo stesso apprendente nella versione in arabo dell’esercizio2:

4) kāna yaḥmilu bi-yadi-hi l-yumnā kīsun mina

portava nella mano sua la destra una busta di

2 Anche in questo testo le influenze della L1 sono evidenti: oltre a quelle già evidenziate nella nota 17, si noti la sovrabbondanza di elementi coordinanti, in alternativa – o affiancati – all’uso della punteggiatura.

24 Esempi di verbi al presente all’interno di subordinate relative sono presenti in diversi testi. Si considerino il seguente stralcio: “nello stesso tempo c’era un altro uomo, che porta sue sveglie”, e l’esempio (7) più sotto, con relativa nota. Sul rapporto tra subordinazione e uso delle forme verbali si veda anche il paragrafo 4..

2 Per praticità abbiamo scelto in questa sede una glossa semplificata del testo priva di segmentazione morfologica (solo gli elementi clitici sono segnalati separatamente nella trascrizione dall’arabo). Ci interessa qui portare l’attenzione del lettore sull’ordine dei costituenti e sui rapporti sintattici tra essi esistenti. L’originale arabo della frase è:كان يحمل بيده اليمنى كيس من المشتريات من السوق وبيده الأخرة كلبه ألذي يسير بجانبه. L’enfasi sulle forme verbali (in grassetto nel testo) è nostra.

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1 Interferenza della L1 nell’apprendimento del sistema verbale da parte di studenti arabofoni

l-muštariyyāti mina l-sūqi wa-bi-yadi-hi l-ʔuḫrā gli acquisti da il mercato e nella mano sua la sinistra kalbi-hi ʔallaḏī yasīru bi-ǧānibi-hi

il cane suo che cammina al fianco suo

Qui la forma verbale selezionata per la principale è la coniugazione a prefissi preceduta dalla marca esistenziale-temporale kāna, che sposta l’azione nel passato mantenendo l’aspetto imperfettivo implicito nella morfologia del verbo (كان يحمل [kāna yaḥmilu], ‘portava’; una traduzione letterale più vicina all’originale potrebbe forse essere ‘era porta’). Il secondo verbo (يسير [yasīru], ‘cammina’), d’altra parte, si trova anche esso nella forma della coniugazione a prefissi, ma non preceduto da alcuna marca temporale esplicita, giacché il primo kāna è sufficiente a collocare l’intera costruzione al passato. Di conseguenza, la struttura della frase araba, come esemplificata nella tabella sottostante:

A1 A2 B

marca temporale passata + verbo imperfettivo

principale + verbo imperfettivo subordinato

kāna yaḥmilu yasīru

Tabella 1: Struttura della frase araba

è quasi specularmente riprodotta in italiano dalla sequenza:

A B

verbo principale

all’imperfetto indicativo + al presente indicativoverbo subordinato

portava passa

Tabella 2: Struttura della frase italiana

se si considera che, di fatto, non vi è alcuna differenza tra i valori tempo-aspettuali espressi dalla casella A nella seconda tabella (italiano) e dalla combinazione delle caselle A1 e A2 nella prima (arabo). Di conseguenza, per lo meno dal punto di vista dell’apprendente, l’equivalenza instaurata tra l’elemento B della prima tabella e l’elemento B della seconda è del tutto lecita e funzionale. Quanto sopra dimostra anche, incidentalmente, che l’autore del testo ha ben compreso quelli che sono in italiano i valori associati all’imperfetto indi-cativo. L’ “errore” nella selezione della forma verbale della subordinata, in altre parole, costituirebbe in realtà la prova di un’acquisizione non superficiale degli usi e significati dell’imperfetto (dal momento che lo studente sembra padroneggiarlo con disinvoltura sufficiente a “ricostruire” in L2 una struttura propria della sua lingua madre, sfruttando i valori tempo-aspettuali impliciti nella morfologia verbale). È infine da notare come, in questo caso, la selezione del presente indicativo sembrerebbe doversi ascrivere alla natura subordinata del contesto26 e non alla natura narrativa del testo (ovverosia un caso di

em-26 Si veda anche il seguente esempio, estrapolato da un altro testo: “portava un pallone e altri prodotti e porta degli occhiali”. In questo caso il contesto del verbo al presente non è uno di subordinazione ma

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bedding nella terminologia adoperata da Brustad 2000; si veda di nuovo il paragrafo 2). Come il precedente, anche il brano che proponiamo di seguito dimostra una padro-nanza non superficiale, da parte dell’autore, delle forme verbali proprie dell’italiano, dei valori intrinsechi a esse associate e delle loro possibilità combinatorie. In questo testo l’imperfetto non compare mai: il riferimento temporale passato è dato, in apertura, dalla locuzione “una volta”, seguita da una serie di verbi al presente indicativo (alcuni utilizzati all’interno di una perifrasi progressiva) e poi al passato prossimo, una volta raggiunto il momento dello scontro. Ciò che è interessante notare è l’associazione sistematica di determinati valori aspettuali con specifiche forme verbali dell’italiano: più precisamente, tutti i verbi stativi (esserci, avere) sono al presente, mentre quelli dinamici (camminare, osservare, volare, litigare) sono espressi da una perifrasi progressiva. I verbi telici (fare uno scontro, succedere un litigio, prendere, approfittare di), infine, sono tutti espressi al passato prossimo:

5) Una volta, c’è un uomo che ha una bicycletta e che sta camminando alla strada insieme al suo cane. Sulla sua bicycletta ci sono tante cose: delle bottiglie, palloni ecc. A fronte di lui, c’è una donna che sta osservando dalla sua finestra […]. Improvvisamente, gli due uomini hanno fatto uno scontro. Tutto le cose stanno volando: i panni, le bottiglie, le mele che sono a terra, i due cani, uno su l’altro. Infine, è <corr>caduto</corr> successo un litigo fra questi uomini. Mentre gli due uomini stanno litigando, la donna che sta osservando la scena, ha preso il pallone e il gatto dall’ altra parte ha preso i calzoni, tutti i due hanno approfitato di questo <corr>litigio</corr> litigo.

Sembrerebbe qui evidente il tentativo di trasporre il primato della considerazione aspettuale (propria dell’arabo) in italiano, “imponendo” in qualche modo categorie concettuali tipiche della L1 sulle forme della L2. In particolare, la contemporaneità al momento dell’enun-ciazione non sembra più essere una delle caratteristiche collegate all’indicativo presente, del quale si mettono invece in rilievo i valori aspettuali imperfetto/imperfettivo.

Anche il brano seguente presenta alternanza tra diverse forme verbali, in questo caso presente e imperfetto indicativi. Detta alternanza potrebbe apparire, ad un primo esame, del tutto asistematica: tuttavia, l’analisi dei possibili equivalenti arabi parrebbe in realtà suggerire una regolarità sottesa, frutto di un fenomeno di interferenza per cui date strutture della L1 vengono associate, in L2, a una o all’altra forma verbale:

6) L’altro giorno due Uomini camminavano sul marciapiede, primo Uomo che viene della sinistra si chiama Matteo ed il secondo si chiama Massimo. Matteo mi sembravo gentile ed educato, portava occhiali di sole, capello, camicia: modo <lng_inglese>sport</lng_in-glese> caminava con il suo piccollo cane e guidava la sua bicicletta. Al contrario di Matteo, Massimo è gigante, alto, portava giaca, sciarpa. Inoltre caminava con un grande cane.

di semplice coordinazione. Qui la discrepanza tra le due forme potrebbe essere causata o da un’in-certezza nella selezione del presente, contrapposto all’imperfetto, oppure dal fatto che l’autore non percepisce come necessaria la ripetizione del riferimento temporale nel secondo verbo dal momento che il primo è sufficiente a collocare nel passato l’intera costruzione. Nel secondo caso, avremmo un altro esempio di imposizione del primato aspettuale della L2 sulle strutture proprie dell’italiano. Nel primo, invece, si dimostrerebbe ancora una volta la difficoltà di cogliere la distinzione tra due forme non-perfettive assente in L1.

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 Interferenza della L1 nell’apprendimento del sistema verbale da parte di studenti arabofoni

In questo brano parrebbe che l’indicativo presente emerga in tutte le circostanze in cui in arabo si avrebbe una forma averbale27 (si tratti di una frase copulare averbale o di

un participio attivo: in arabo tunisino si avrebbe probabilmente un participio, žāy, lett. ‘venente’, dove nel testo italiano osserviamo l’uso del presente viene; al contrario, in arabo tanto dialettale che standard, si avrebbero sicuramente delle frasi copulari averbali per esprimere i concetti di “chiamarsi” ed “essere gigante”). È importante sottolineare come entrambe le costruzioni siano, in arabo, prive di una caratterizzazione temporale propria: è solo il contesto, in altri termini, che può determinare la collocazione nel tempo di una data forma participiale o averbale28 (in particolare, per quel che riguarda

il participio, si rivedano le considerazioni di Eades/Persson 201, citati nel paragrafo 2). Questo testo, dunque, sembrerebbe di nuovo testimoniare la volontà di riprodurre (almeno parzialmente) il sistema verbale della L1 nella lingua d’arrivo, reinterpretan-do la morfologia verbale di quest’ultima seconreinterpretan-do criteri propri della lingua madre. È interessante notare come l’uso del presente per rendere in italiano strutture che in arabo non prevedono la presenza di un elemento verbale esplicito sembri essere una tendenza comune a più studenti, anche di diversa origine. Si consideri il brano seguente, opera di un discente egiziano (contrapposto al precedente, il cui autore era invece un informatore tunisino):

7) C’era una volta un’uomo camminava con la sua bicicletta e caricava bottiglie, un busta di plastica con il suo cane. Un’altro uomo è molto pesuto che caricava un cane è molto grande e bala canestro improvisamente tutt’è due hanno incontrato e le loro cose sono caduto alla terra. e hanno litigato alla fine.

Anche in questo caso si vede riproposta l’ormai nota sequenza imperfetto iniziale e pas-sato prossimo dal momento dello scontro: nelle due relative, tuttavia, il verbo essere è reso al presente29.

Come abbiamo detto, sebbene la tendenza più comune sia quella di alternare imper-fetto e indicativo presente, in un ristretto numero di testi si osserva anche il mantenimento sistematico dell’imperfetto fino al momento dello scontro, in maniera più simile all’uso spontaneo che un madrelingua farebbe della morfologia verbale. Nel testo che segue, in particolare, il verbo camminare all’imperfetto compare per tre volte in successione. Il fatto che si tratti sempre dello stesso verbo potrebbe portare a sospettare che, in questo caso, l’influenza della consegna abbia pesato nelle scelte lessicali e morfologiche dell’appren-dente. Si noti, tuttavia, come anche in questo caso la distinzione aspettuale tra imperfetto e passato prossimo sia mantenuta, e come insieme agli imperfetti compaia anche un gerundio, correttamente utilizzato per fornire un’informazione contestuale:

27 Da noi evidenziate in corsivo nel testo.

28 Tra gli elementi che possono spostare detta referenza temporale è incluso, ovviamente, il già discusso verbo kāna.

29 Qui sembra pesare l’influsso di un’altra peculiarità sintattica dell’arabo, ovverosia che quando il referente della frase relativa è indefinito, il pronome relativo non è espresso. Le frasi in questione andrebbero quindi probabilmente reinterpretate come ‘un altro uomo [che] è (era) molto pesante’ e ‘un cane [che] è (era) molto grande’.

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8) L’altro giorno, due uomini camminavano sul marciapiede uno di questi due camminava con una bicicletta con alcune spese e un piccolo cane. Mentre l’altro camminava, indossando vestiti pesanti, con spese e un grande cane. Nel punto di incontro della marciapiede, si sono vestiti. In quel momento tutte le spese degli due uomini sono cadute sulla terra e questo ha reso gli uomini sentire fastidio e hanno cominciato a litigare

4.1. Testi “eccezionali”

Per concludere la nostra panoramica sugli elaborati degli studenti, presenteremo ades-so, come anticipato, alcuni esempi di testi in cui l’uso delle forme verbali sembrerebbe discostarsi da quello osservato sino a questo momento. Anche in questo caso, tuttavia, un’analisi approfondita del testo sembrerebbe confermare le ipotesi fino a qui formulate. Nel primo brano, l’autore sceglie di aprire la narrazione direttamente con la scena dello scontro. Questa è, coerentemente, descritta mediante l’uso del passato prossimo, nono-stante sia il verbo stativo precedente che quello successivo siano al presente indicativo (di nuovo, in corrispondenza di quelle che in arabo sarebbero costruzioni averbali). Se-gue un’occorrenza del verbo venire, anch’esso al passato prossimo (e l’uso di una forma perfettiva è, in questo caso, reso coerente dalla presenza del complemento indiretto: in altre parole, il passato prossimo marcherebbe qui una condizione ormai conclusa, ossia il fatto che l’uomo non si trovi più al supermercato). I verbi stativi che seguono, e che contribuiscono alla descrizione della scena e dei personaggi, sono prevedibilmente espressi al presente. L’elemento inusuale di questo testo è, invece, la ripetizione della descrizione dello scontro, questa volta interamente al presente indicativo:

9) ci sono due persone che si sono incontrati in due strade diverse il primo uomo è basso, ma-gro, lui è venuto dal supermercato lui sembra come un office boy o un ragazzo di delivery, l’altro uomo è un ragazzo molto alto e robusto e sembra come un individuo bullo, loro si urtano e tutte le loro cosa cadono sulla terra

Diverse spiegazioni sono ovviamente possibili per questo fenomeno, dal priming (per cui una serie di forme consecutive di uno stesso tipo causano la sovraestensione di quel tipo anche a forme successive, dove uno diverso sarebbe invece previsto) al fatto che l’autore passi, nel corso di questo testo, da uno stile narrativo (all’inizio) a uno descrittivo (in conclusione), per cui invece di raccontare gli eventi si limita a descrivere le vignette che ha di fronte. Ci pare però che nessuna di queste spiegazioni tenga in considerazione l’elemento distintivo di questo testo, ossia che la descrizione dello scontro è qui ripetuta. Ci sembra significativo che solo nella seconda occorrenza della descrizione lo scontro sia reso con un verbo imperfettivo, mentre la prima è, coerentemente, espressa da un passato prossimo. Potrebbe darsi il caso, dunque, che si riproponga qui il già discusso fenomeno della tense neutralization, ossia che, una volta stabilito l’ancoraggio temporale di un dato evento, questo non necessiti più di essere ribadito. Nel caso specifico, le modalità sono tuttavia differenti da quelle viste sino ad ora: se in precedenza abbiamo visto come un singolo elemento (morfologico o lessicale) sia sufficiente a collocare tutta la narrazione nel passato, qui ad essere in esame non è l’intera narrazione ma la ripetizione in altra forma di un evento già descritto, e il cui riferimento temporale è già stato specificato.

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 Interferenza della L1 nell’apprendimento del sistema verbale da parte di studenti arabofoni

Un’altra possibile spiegazione (non necessariamente alternativa alla precedente, ma anzi forse complementare) risiede in considerazioni legate alla struttura dell’informazione, in particolare alle categorie di dato e nuovo e a quelle di backgrounding e foregrounding. Queste ultime sono state identificate da Hopper (1979, 12, citato in Brustad 2000, 187-188) come universali del discorso narrativo, e definite rispettivamente “supportive mate-rial which does not itself narrate the main events” e “parts of the narrative which relate events belonging to the skeletal structure of the discourse”. Brustad (2000) ha dimostrato come in arabo sia sistematicamente la coniugazione a prefissi quella usata per descrivere (fornire, cioè, il materiale di background), mentre la coniugazione a suffissi viene usata per portare avanti la narrazione. Potrebbe quindi non essere un caso che nel testo italiano una forma che codifica l’aspetto imperfetto (proprio come la coniugazione a prefissi araba) sia percepita dallo studente come adatta ad essere utilizzata nella descrizione ripetuta di un evento già menzionato - dal momento che detta descrizione non aggiunge, in effetti, alcuna nuova informazione, non contribuendo al progredire della narrazione.

Interessante è poi il seguente stralcio, dove presente, imperfetto e passato prossimo sembrano alternarsi in maniera irregolare0:

10) lui stava pensando e no ha osservato che c’è un altro uomo stava camminando sul marcipiede, ma l’altro uomo non ha saputo questo percio’ era molto arrabiato di questo comportamento e voleva che l’altro uomo raccoglie tutti i suoi cosi e ritornano alle loro posto.

Colpiscono, in questo caso, l’uso del passato prossimo (ha saputo) là dove ci si aspetterebbe un ulteriore imperfetto, e i due presenti conclusivi (raccoglie e ritornano). Nell’ultimo caso, l’italiano prevedrebbe il congiuntivo imperfetto, forma che l’autore del testo proba-bilmente non padroneggia ancora. Tuttavia, è interessante notare come lo studente avverta comunque il bisogno di una marca morfologica che segnali la natura subordinata dei due predicati (in aggiunta al che subordinante, il cui equivalente in arabo parlato, inn-, è un elemento ridondante e spesso omesso). Abbiamo già avuto modo di sottolineare come, in arabo parlato, la coniugazione a prefissi sia la forma verbale selezionata per i contesti subordinati, a prescindere dalla natura del verbo principale1. In questo caso, dunque, il

passaggio da una forma verbale all’altra potrebbe dipendere da a) esigenze proprie della L2 (dato che l’italiano richiede in effetti un cambiamento di forma in questo contesto, spiegazione resa però problematica dal fatto che detta forma, così come la regola che la governa, non fa probabilmente ancora parte delle conoscenze metalinguistiche dello studente) oppure b) influenza della L1, dove una forma verbale che esprime principal-mente aspetto perfetto/perfettivo (ma che è anche, nella stragrande maggioranza dei casi, associata al tempo passato) non può, salvo rarissime eccezioni, comparire in ambiente subordinato. In altre parole, una forma verbale che in italiano esprime riferimento temporale

0 Si noti qui, incidentalmente, l’ennesimo caso di una relativa con referente indefinito non introdotta dal pronome opportuno.

1 Si veda Wilmsen (2015) per le rarissime occorrenze di un verbo nella coniugazione a suffissi subor-dinato a un altro del medesimo tipo. Per quello che riguarda l’uso della coniugazione a prefissi (in arabo) o del presente (in italiano) all’interno delle subordinate relative, si vedano le note 2 e 28 nel paragrafo 4.2.

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passato (al di là di ogni considerazione di natura aspettuale), potrebbe essere percepita dall’apprendente come inadatta ad essere utilizzata nel contesto di una subordinata. Se così non fosse, infatti, ci si potrebbe ragionevolmente aspettare l’uso di altri due imperfetti per i verbi raccogliere e ritornare che compaiono nel brano (uso che, per altro, non si discosterebbe poi molto da quello che si riscontra comunemente anche nei registri non sorvegliati dell’italiano parlato)2.

Tornando invece all’uso del passato prossimo in (9), sembrerebbe in questo caso essere l’influenza di una distinzione propria della L1, ma assente in italiano, a motivare lo slittamento di forma. In arabo egiziano, nel contesto corrispondente a “non ha saputo”, si avrebbe quasi certamente un participio attivo (miš ʕārif, lett. ‘non sapente’). Come già visto, il participio arabo è una forma nominale priva di alcun riferimento tempo-aspettuale proprio (che viene desunto, invece, dal contesto). Il fatto che l’arabo parlato richieda, in questo contesto, una forma nominale (usata peraltro con particolare frequenza per esprime-re quelli che in italiano saesprime-rebbero verbi stativi), potesprime-rebbe spiegaesprime-re il esprime-repentino passaggio di forma nel testo dello studente, e l’insolita associazione del passato prossimo ad un verbo stativo e atelico (categoria che, abbiamo visto, è nella maggior parte dei nostri testi associata al presente indicativo). Una spiegazione alternativa potrebbe risiedere nel fatto che l’aspetto imperfettivo con riferimento temporale passato è in arabo spesso associato ad una forma composta (la già vista sequenza kāna + coniugazione a prefissi). Il fatto che in italiano presente e imperfetto non siano tempi composti, a differenza del passato prossimo, potrebbe indurre confusione nell’apprendente. A supporto di questa ipotesi va riportato come, all’interno dei testi, si incontrano occasionalmente forme composte “aberranti” quali “ha prende”, “è stato anche lui cammina” e “sono camminavano”: proprio come accade nella corrispondente costruzione araba, anche qui entrambi i verbi sono coniugati (nel secondo esempio, in particolare, sembra ricostruita con precisione la struttura dell’

2 Per completezza, precisiamo qui che nell’ipotetico equivalente arabo del passaggio in esame anche il verbo della principale (volere) sarebbe utilizzato nella coniugazione a prefissi. Questo perché l’intero brano sarebbe con ogni probabilità collocato nel passato da un kāna iniziale. Come si è visto, l’ausiliare kāna seguito da un verbo nella coniugazione a prefissi dà una lettura di imperfettivo nel passato (in maniera analoga all’imperfetto indicativo italiano). A differenza di quanto avviene per i tempi composti in italiano, tuttavia, l’ausiliare kāna non necessita di essere espresso esplicitamente in corrispondenza di ciascun verbo: è sufficiente che il primo verbo sia marcato perché la referen-za temporale di tutti i verbi successivi sia automaticamente ancorata al passato. Di conseguenreferen-za, tornando al nostro esempio, se è vero che il verbo principale volere nella frase araba si troverebbe nella coniugazione a prefissi, esso avrebbe comunque referenza temporale passata, potendosi a tutti gli effetti considerare subordinato a sua volta da un kāna implicito. In altre parole, ci si ritroverebbe con una struttura formata da un kāna iniziale, seguito da un verbo nella coniugazione a prefissi ad esso implicitamente subordinato (e quindi con referenza temporale passata), seguito da un verbo nella coniugazione a prefissi subordinato a quest’ultimo. Questa struttura è sostanzialmente affine a quella vista più sopra nel caso dell’esempio (), da cui si discosta solo per il fatto che in quel caso la subordinata era una relativa. Da ultimo, è necessario sottolineare che l’uso della definizione ‘ausiliare’ per il verbo kāna, da noi qui adottata per praticità, è quantomeno problematica. Il fatto che in arabo sia effettivamente possibile identificare una categoria di verbi ausiliari è un tema che ha generato accese discussioni tra gli studiosi, e in merito al quale esiste una vasta letteratura. Ci limitiamo, in questa sede, a rimandare (oltre al già citato Brustad 2000) all’eccellente lavoro di Eisele (1992) relativo al dialetto cairota, che può essere considerato una buona sintesi del problema per una varietà specifica di arabo.

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57 Interferenza della L1 nell’apprendimento del sistema verbale da parte di studenti arabofoni

“imperfetto analitico” arabo, con ausiliare perfettivo seguito da verbo imperfettivo; il terzo esempio potrebbe rappresentare uno stadio più avanzato di interlingua, dove l’apprendente correttamente associa l’imperfetto al passato imperfettivo, ma sente comunque la necessità di riproporre la forma composita che si avrebbe in analogo contesto nella sua L1). Queste forme, apparentemente frutto di interferenza linguistica, sostanzierebbero l’ipotesi che il passato prossimo, in virtù della propria natura morfosintattica composita, possa essere occasionalmente associato a valori tempo-aspettuali che non gli sono propri, come è forse il caso dell’esempio (10) analizzato sopra.

5. Conclusioni

Per riassumere quanto visto nei paragrafi precedenti, sembrerebbe che gli apprendenti arabofoni, nel confrontarsi con l’apprendimento di presente, imperfetto e passato prossimo indicativi, abbiano soprattutto difficoltà ad associare gli opportuni valori semantici alle forme verbali che codificano gli aspetti imperfetto e imperfettivo. Ciò sembrerebbe essere diretta conseguenza del fatto che, in arabo, esiste una sola forma morfologica a cui detti aspetti sono intrinsecamente collegati (in altre parole, l’arabo non conosce una distinzione paragonabile a quella riscontrabile in italiano tra presente e imperfetto indicativi). In particolare, in arabo non vi è nessuna forma verbale non composta che esprima, come proprio valore prototipico, simultaneamente riferimento temporale passato e aspetto imperfettivo (caratteristiche pro-prie dell’imperfetto italiano). A questa tendenza generale si aggiungono, poi, una serie di considerazioni corollarie, che contribuiscono a complicare l’analisi dei fattori che regolano la scelta delle forme verbali in L2 da parte degli apprendenti. Queste sono:

a) il fatto che in arabo sia altamente infrequente l’uso, in contesto subordinato, di una forma verbale che esprime aspetto perfetto/perfettivo (la coniugazione a suf-fissi);

b) il fatto che in arabo la forma che esprime detti aspetti sia collegata, nella quasi to-talità dei contesti, anche all’espressione del passato: se, di conseguenza, lo studente arabofono tende ad associare queste due categorie concettuali, una forma come l’imperfetto indicativo (che codifica, simultaneamente, anteriorità e incompiutezza) si dimostrerà con ogni probabilità problematica nelle fasi dell’apprendimento; c) in conseguenza dei punti (a) e (b), se vale l’equazione per cui la coniugazione a

suffissi è associata all’idea di passato, e la coniugazione a suffissi non compare di norma in ambiente subordinato, ci potrebbe essere una reticenza, da parte del-l’apprendente, ad utilizzare in italiano forme verbali che codificano il passato in contesto subordinato;

d) il fatto che in arabo le forme composite del tipo “kāna + coniugazione a prefissi” siano associate al passato imperfettivo. Dal momento che la prima forma composita con cui lo studente di italiano entra in contatto è verosimilmente il passato pros-simo (associato, tipicamente, all’aspetto perfettivo), questo potrebbe portare a usi insoliti di tale forma; inoltre, dal momento che nei tempi composti arabi entrambi i costituenti sono coniugati per numero, genere e persona, questo potrebbe causare l’emergere di forme composite “devianti” in L2;

e) il fatto che in arabo, in contesto narrativo, la forma che codifica passato e compiutez-za sia di norma quella deputata a fornire informazioni di foreground (ossia a portare avanti la narrazione). Questo può a sua volta generare fenomeni di interferenza.

(23)

In aggiunta a questi fattori, il frequente uso di predicati averbali in arabo (participi attivi e frasi copulari) sembra rispecchiarsi frequentemente in usi insoliti della sintassi verbale in italiano (in particolare, nell’uso dell’indicativo presente dove altre forme sarebbero attese).

Ci pare che l’insieme di questi fattori, considerati nella loro totalità e nelle loro possibili interazioni, riesca a rendere conto della maggior parte dei fenomeni osservati nei nostri testi relativamente all’uso del sistema verbale italiano da parte degli studenti arabofoni. Non intendiamo sostenere, come già specificato, che quelli descritti in questo studio siano gli unici fattori in grado di determinare l’uso di tale sistema: tuttavia, ci pare che rico-prano un ruolo importante nell’influenzarlo. Naturalmente il nostro non è che uno studio preliminare, che andrebbe approfondito valutando, da un lato, ulteriori fattori in grado di influire sull’apprendimento del sistema verbale della L2 (e la loro interazione con quelli da noi descritti), e, dall’altro, l’uso dei verbi nel parlato e nello scritto di apprendenti con un livello di interlingua più avanzato, che abbiano già appreso l’intero paradigma verbale dell’italiano: sarebbe interessante, a questo proposito, indagare se e come i fenomeni di cui sopra influiscono sull’uso di altre forme (come ad esempio il congiuntivo, il condizionale, e le restanti forme dell’indicativo), o se oppure nelle fasi più avanzate dell’apprendimento queste interferenze si facciano meno marcate.

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