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Attivita motoria adattata in eta giovanile: la sindrome di Wolf-Hirschhorn.

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Academic year: 2021

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(1)

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Direttore Prof. Corrado Blandizzi

_____________________________________________________________________________

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE E

TECNICHE DELLE ATTIVITÀ MOTORIE PREVENTIVE E

ADATTATE

Presidente: Prof. Fabio Galetta

“Attività motoria adattata in età giovanile: la sindrome di

Wolf-Hirschhorn.”

RELATORE

Chiar.mo Prof. Alberto Franchi

__________________________________

CANDIDATO

Sig.na Roberta Attanasio

_____________________________

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1

INDICE

Introduzione 4

CAPITOLO 1-Evoluzione e definizione di attività fisica adattata 1.1 La storia 6

1.2 Gli organismi internazionali 8

1.3 Riferimenti legislativi e classificazione della disabilità: ICD, ICDH, ICF e ICF-CY. 8

1.3.1 ICF-CY 11

1.4 Problematiche, principi e obiettivi dell’Attività Fisica Adattata 13

CAPITOLO 2-Crescita, maturazione e sviluppo nell’età evolutiva: l’adolescenza 2.1 Crescita, maturazione e sviluppo nell’età evolutiva 15

2.1.1 La crescita morfologica 16 2.1.2 Il processo di maturazione 18 2.1.3 Lo sviluppo 19 2.2 Lo sviluppo nell’adolescenza 21 2.2.1 Prima adolescenza 21 2.2.2 Media adolescenza 22 2.2.3 Tarda adolescenza 23

CAPITOLO 3-La sindrome di Wolf-Hirschhorn 3.1 Background storico 25

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2

3.2.1 Dismorfismi cranio-facciali 26

3.2.2 Anomalie scheletriche 28

3.2.3 Ritardo di crescita e difficoltà alimentari 28

3.2.4 Difetti cardiaci 29

3.2.5 Problemi renali 29

3.2.6 Infezioni respiratorie e otiti 30

3.2.7 Crisi convulsive 30

3.2.8 Ritardo dello sviluppo psicomotorio 31

3.3 La causa genetica della Sindrome di Wolf-Hirschhorn 32

3.4 Diagnosi 35

3.4.1 Diagnosi differenziale 35

3.5 Terapia 36

3.6 Letteratura scientifica 36

CAPITOLO 4-Dal profilo neuropsicologico agli aspetti metodologici ed operativi nella sindrome di Wolf-Hirschhorn 4.1 La ricerca di un fenotipo neuropsicologico 38

4.2 Aspetti metodologici e operativi 47

CAPITOLO 5-Studio di un caso con sindrome di Wolf-Hirschhorn

5.1 Anamnesi 50

5.2 Osservazione inziale 51

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3

5.3 Studio del protocollo di attività motoria adattata 53

5.3.1 La psicomotricità funzionale 54

5.3.2 L’approccio psicomotorio funzionale per i soggetti disabili 55

5.3.3 Elementi fondamentali di un programma di recupero motorio 56

5.4 Protocollo di attività motoria adattata ad un soggetto con WHS: unità didattiche, metodologia e proposte operative 58

5.4.1 Le Unità Didattiche 58

5.4.2 Metodologia 60

5.4.3 Proposte operative 60

5.5 Valutazione in itinere e valutazione finale 67

5.6 Osservazioni e criticità 68

Conclusioni 70

Bibliografia 71

(5)

4

INTRODUZIONE

Il presente progetto di tesi si propone di studiare un protocollo di attività motoria adattata nel caso di soggetti in età giovanile affetti da sindrome di Wolf-Hirschhorn. A tale scopo è stato fondamentale analizzare la sindrome nei suoi aspetti clinici e neuropsicologici al fine di avere chiaro l’ampio spettro di variabilità che la caratterizza. La sindrome di Wolf-Hirschhorn è una sindrome malformativa nota dal 1965 ed è piuttosto rara, con un’incidenza di 1:50.000, pertanto la letteratura scientifica è ancora indirizzata verso lo studio della variabilità delle manifestazioni cliniche, ambito di interesse prettamente medico. Come verrà in seguito esposto, è fondamentale l’identificazione dei profili neuropsicologici della sindrome sui quali concentrare l’intervento riabilitativo. Tuttavia anche i profili neuropsicologici sono molto variabili tra loro, pertanto si consiglia un intervento riabilitativo interdisciplinare; tra le varie attività proposte, l’attività psicomotoria insieme all’attività motoria adattata, la logopedia e la fisioterapia, sono fortemente consigliate. L’organizzazione dell’attività motoria dovrà necessariamente adattarsi alle caratteristiche peculiari del soggetto, ragione per cui nell’esperienza diretta descritta in questo lavoro è risultata di fondamentale importanza la valutazione morfologica e funzionale. Grazie alla valutazione iniziale è stato possibile studiare un protocollo di attività motoria adattata che partendo dalle abilità motorie del soggetto, non solo ha valorizzato le stesse ma ha portato, di riflesso, ad un miglioramento generale. I risultati ottenuti confermano quanto l’attività motoria adattata sia fondamentale per il recupero, il mantenimento e lo sviluppo della motricità personale, in vista di una maggiore autonomia nelle prassie quotidiane.

Nel primo capitolo viene descritta l’evoluzione storica che ha portato alla nascita dell’Attività Fisica Adattata (AFA), alla sua definizione e alla nascita di organismi internazionali che promuovono e garantiscono alle persone disabili di beneficiare di tale attività. A completare la definizione del concetto di AFA vi sono i riferimenti legislativi e le classificazioni delle disabilità stilate nel corso degli anni dall’OMS.

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5

Il secondo capitolo è dedicato alla descrizione delle fasi di crescita, maturazione e sviluppo nell’età evolutiva, sia da un punto di vista morfologico che psicomotorio. Particolare attenzione sarà dedicata alla fase adolescenziale.

Nel terzo capitolo verrà descritta dettagliatamente la sindrome, ripercorrendo il background storico che ha portato alla sua scoperta, le manifestazioni cliniche, le cause, le modalità di diagnosi e le complicanze ad essa associate. Verranno forniti, inoltre, riferimenti sulla letteratura scientifica.

Il quarto capitolo è dedicato alla descrizione del profilo neuropsicologico della sindrome sulla base degli studi scientifici disponibili ad oggi e sugli aspetti metodologici e operativi della sindrome.

Nel quinto capitolo verrà presentata l’esperienza diretta con una ragazza di 16 anni affetta da WHS, partendo dall’anamnesi, dalla valutazione funzionale e morfologica, e dall’osservazione iniziale sarà descritto il protocollo di attività motoria adattata studiato per questo caso.

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6

CAPITOLO 1

EVOLUZIONE E DEFINIZIONE DI ATTIVITÀ FISICA ADATTATA

Dall’inglese Adapted Physical Activity, o dal francese Activité Physique Adaptéz, significa Attività Fisica Adattata ed è nota a livello internazionale con l’acronimo APA, mentre in Italia con l’acronimo AFA.

L’Attività Fisica Adattata è una branca dell’Educazione Fisica/Scienze Motorie che studia gli esercizi ed i programmi motori rivolti a soggetti diversamente abili.1 Rispetto all’attività fisica tradizionale, l’AFA adotta un logica inversa, ovvero parte dalle reali capacità e potenzialità dell’individuo per costruire un percorso personalizzato di valorizzazione delle stesse.

1.1 La storia.

L’idea di adattare l’attività motoria e sportiva per le persone con disabilità nacque negli anni ’40 nell’ambito della riabilitazione, grazie al neurochirurgo Ludwig Guttman (1889-1980). Egli operando con soldati reduci dalla Seconda Guerra Mondiale, con un grado di invalidità più o meno grave, si rese conto di quanto la pratica motoria fosse importante nel processo riabilitativo, poiché rinforzando la muscolatura si riuscivano ad ottenere risultati maggiori rispetto a quelli raggiunti con la sola chinesiterapia. A conferma della sua lungimiranza, L. Guttman fu anche l’iniziatore del basket in carrozzina.2

Nel 1973 il termine AFA comparve ufficialmente in Canada grazie a Clermond Simard, il quale utilizzò questa espressione per definire l’attività fisica svolta con la popolazione anziana del Québec, che aveva espresso richieste particolari per migliorare le proprie condizioni di vita.3

Nel 1975 Jean Claude De Potter importò in Europa le tematiche e le esigenze delle persone con disabilità e, facendosi promotore di diverse iniziative, ottenne l’attenzione di organismi europei come l’ UNESCO e dei ministri degli Stati membri

1Alberto Franchi, Attività Fisica Adattata: la ginnastica nella disabilità, Edizioni ETS, Pisa, 2011, p.15. 2

Marisa Vicini, L’attività fisica adattata, scaricato da http://www00.unibg.it/dati/corsi/31003/34716-APA_-_M.Vicini.pdf, in data 13/07/2017.

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responsabili dello sport. Grazie alle sollecitazioni di De Potter il Consiglio d’Europa instituì un gruppo di studio che nel 1984 stilò la Carta Europea dello sport per tutti, in cui si sottolineava il valore sociale dell’accessibilità alla pratica sportiva da parte dei disabili.4 Questo momento segnò l’inizio di un percorso importante che portò ad una definizione di AFA sempre più dettagliata e ampia.

A Berlino nel 1986 fu data la prima vera definizione di AFA: essa «comprende ogni movimento, attività fisica o sport che può essere praticato da individui limitati nelle loro capacità da deficit fisici, psicologici, mentali o da alterazioni di alcune grandi funzioni»5.

Nel 1987 fu pubblicata a Strasburgo una nuova versione della Carta Europea dello Sport per tutti: le persone disabili, nella quale oltre ad essere ribaditi i concetti espressi nella precedente versione del 1986, si aggiungono importanti direttive per promuovere l’accesso e l’uso delle strutture sportive e ricreative da parte dei disabili.6

Nel 2000 il Consiglio Mondiale della Scienza dello Sport e dell'Educazione Fisica (International Council of Sport Science and Physical Education, ICSSPE), pubblicò una guida in cui venne elaborata una nuova definizione di APA, intesa come termine ombrello, ovvero «un’area interdisciplinare di saperi e di attività che includono l’educazione fisica, il tempo libero, la danza, lo sport, il fitness e la riabilitazione, indirizzati a individui con impedimenti, di qualsiasi età e lungo il ciclo della vita: in esso sono integrate informazioni e risultati di ricerche di sottodiscipline delle scienze del movimento e dello sport (per esempio biomeccanica, psicologia dello sport, pedagogia dello sport ecc.), così come di altre aree scientifiche (medicina, riabilitazione, psicologia ecc.) che si occupano dell’attività fisica e dello sport di persone con bisogni particolari e individui con disabilità»7.

Il concetto di AFA definì, quindi, una vasta area interdisciplinare comprendente attività, discipline sportive e scienze al servizio delle persone diversamente abili, degli anziani e con malattie organiche (diabetici, obesi, anoressici..) fino a comprendere

4

Marisa Vicini, L’attività fisica adattata, scaricato da http://www00.unibg.it/dati/corsi/31003/34716-APA_-_M.Vicini.pdf, in data 13/07/2017.

5

A. Bianco, E. Tasso, J. Bilard, G. Ninot, A. Varray, Insegnare a far vivere le attività fisiche adattate, La lontra, Genova 2004, p.365.

6 Carta Europea dello sport per tutti: le persone disabili, scaricato da

https://core.ac.uk/download/pdf/11224425.pdf, in data 13/07/2017.

7

A. Bianco, E. Tasso, J. Bilard, G. Ninot, A. Varray, Insegnare a far vivere le attività fisiche adattate, La lontra, Genova 2004, p.364.

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8

soggetti in situazione di disagio ed esclusione sociale, rivolte a identificare e risolvere problemi di motricità, a sviluppare metodi di comportamento e a studiare sistemi di cooperazione tra casa/scuola/comunità.

1.2 Gli organismi internazionali.

L’evoluzione storica del concetto di AFA ha portato alla nascita di diversi organismi internazionali che nel corso degli anni hanno creato reti di connessione con altre organizzazioni minori. Nel 1973 in Québec nacque la Federazione Internazionale di Attività Fisica Adattata (International Federation in Adapted Physical Activity, IFAPA), il cui compito fu di progettare e coordinare le iniziative delle varie organizzazioni internazionali, nazionali o regionali. Attualmente questa Federazione è in connessione con enti governativi come il Comitato Paraolimpico Internazionale (C.P.I), istituito nel 1989 e il Consiglio Mondiale della Scienza dello Sport e dell'Educazione Fisica (ICSSPE) che si occupa di ricerca nel campo delle scienze dello sport e dell’educazione fisica adattata.8

Infine in ambito internazionale sono degne di nota le attività organizzate dallo Special Olympics, un programma educativo e di allenamento sportivo, con competizioni atletiche per persone, ragazzi e adulti, con disabilità intellettiva e per ogni livello di abilità.9

1.3 Riferimenti legislativi e classificazione della disabilità: ICD, ICF

e ICF-CY.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel tempo ha fornito diverse classificazioni di disabilità. Nel 1970 fu stilata la prima classificazione nota come ICD (International Classification of Deseases-Classificazione Internazionale delle Disabilità), che si concentrava sull’aspetto eziologico della patologia, sulla diagnosi e sulla manifestazione della patologia stessa. Infatti i dati della malattia, tradotti in codici numerici, rendono possibile la ricerca dati e il confronto con i diversi sistemi sanitari. Il limite di questa classificazione sta nell’approccio esclusivamente biomedico che dà

8

Marisa Vicini, L’attività fisica adattata, scaricato da http://www00.unibg.it/dati/corsi/31003/34716-APA_-_M.Vicini.pdf, in data 13/07/2017.

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risalto alle cause della patologia e alle conseguenti terapie mediche e riabilitative; manca perciò di una descrizione delle conseguenze disabilitanti della malattia.

La seconda classificazione è l’ICIDH (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps- Classificazione Internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap) del 1980, relativa alle menomazioni, alle disabilità e agli svantaggi esistenziali. Rispetto alla precedente considera la disabilità in rapporto all’ambiente, fornendo informazioni sul funzionamento dal punto di vista corporeo, personale e sociale, concentrandosi sull’aspetto bio-psico-sociale. Tale classificazione parte dalla menomazione, ovvero il danno anatomico e/o la perdita a carico di una struttura; passa poi per la disabilità, ovvero la perdita della funzione, per arrivare all’handicap, situazione di svantaggio conseguente la disabilità.10

La terza classificazione è l’ICF, (International Classification of Functioning, Disability and Health- Classificazione Internazionale del Funzionamento, Disabilità) del 2001. Essa rappresenta una svolta dal punto di vista concettuale, poiché i termini menomazione, disabilità e handicap sono sostituiti da cinque parametri sinteticamente riportati di seguito:

1. Fattori ambientali:

Ambiente naturale

Relazione e sostegno sociale

Atteggiamenti

Sistemi e servizi politici. 2. Partecipazione

Vita domestica

Interazione e relazioni personali

Vita sociale. 3. Attività

Apprendimento e applicazione delle conoscenze

Compiti e richieste generali

Comunicazione

Mobilità

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Marisa Vicini, L’attività fisica adattata, scaricato da http://www00.unibg.it/dati/corsi/31003/34716-APA_-_M.Vicini.pdf, in data 13/07/2017.

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Cura della persona. 4. Strutture corporee

Sistema nervoso (SN)

Visione e udito

Comunicazione verbale

 Sistemi cardiovascolare, immunologico, metabolico, endocrino, genito-urinario e riproduttivo

Apparati respiratorio e digerente

Sistemi osseo, muscolare, articolare

Cute e strutture collegate. 5. Funzioni corporee

 Funzioni mentali e sensoriali

 Funzioni della voce e dell’eloquio

 Funzione dei sistemi cardiovascolare, ematologico, immunologico, respiratorio

 Funzioni dell’apparato digerente e dei sistemi metabolico ed endocrino

 Funzioni riproduttive e genito-urinarie

 Funzioni neuro-muscolo-scheletriche correlate al movimento

 Funzioni cutanee e delle strutture correlate.11

La logica che sta alla base di questo documento intende la disabilità come un tratto caratteristico dell’individuo, è un concetto “dinamico” poiché chiunque può trovarsi, anche solo una volta nella vita, in una condizione di disabilità. L’ICF, quindi, riguarda tutte le persone, in qualsiasi situazione, non necessariamente disabili permanenti. Lo stato di salute della persona disabile viene descritto anche da fattori ambientali, ovvero l’ambiente fisico e sociale in cui il soggetto vive, e dai fattori personali, ovvero le caratteristiche del soggetto, le motivazioni personali, le abitudini, l’educazione e tutto ciò che può influenzare negativamente o positivamente la persona.12

11

OMS-Organizzazione Mondiale della Sanità, ICFClassificazione Internazionale del Funzionamento, della

Disabilità e della Salute, Versione breve, Edizioni Erickson, Gardolo (TN), 2004.

12

Marisa Vicini, L’attività fisica adattata, scaricato da http://www00.unibg.it/dati/corsi/31003/34716-APA_-_M.Vicini.pdf, in data 13/07/2017.

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FIGURA 1 Interazioni tra le componenti dell’ICF. OMS, ICF Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, Versione breve, p.36.

Tra il 2002 e il 2005 il Gruppo di lavoro dell’OMS ha condotto prove e studi sul campo per rivedere e aggiornare i preesistenti codici ICF e per identificare nuovi codici in grado di descrivere le caratteristiche di bambini e adolescenti. Il risultato fu l’ICF-CY (International Classification of Functioning, Disability and Health, Children & Youth Version- Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute per Bambini e Adolescenti). L’ICF-CY è stato presentato ufficialmente dall’OMS a Venezia nell’ottobre 2007, in una conferenza mondiale che ha visto la partecipazione di rappresentanti di tutte le regioni dell’OMS.13

1.3.1 ICF-CY.

Essendo una classificazione derivata, l’ICF-CY presenta la stessa struttura classificatoria e le categorie di riferimento dell’ICF, con l’aggiunta di contenuti dettagliati e finalizzati a cogliere le funzioni e le strutture corporee, le attività, la partecipazione e gli ambienti specifici di neonati, bambini, preadolescenti e adolescenti; pertanto la fascia di età coperta va dalla nascita al diciottesimo anno.

13

Organizzazione Mondiale della Sanità, ICF-CY Classificazione Internazionale del Funzionamento, della

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12

La Classificazione offre un modello concettuale di riferimento e un linguaggio e una terminologia comuni per registrare i problemi che emergono nella prima infanzia, nell’infanzia e nell’adolescenza, che riguardano le funzioni e le strutture corporee, le limitazioni dell’attività e le restrizioni alla partecipazione, nonché i fattori ambientali rilevanti per i bambini e gli adolescenti. È quindi, uno strumento utile a diverse figure e facilmente fruibile.14

A determinare la necessità di un’aggiunta o l’ampliamento del contenuto, vi sono questioni fondamentali comela natura della cognizione e del linguaggio, il gioco, l’attitudine e il comportamento del bambino nel suo percorso di sviluppo.

Di seguito si riportano i punti cruciali che hanno ispirato l’ICF-CY:

 Il bambino nel contesto della famiglia. Essendo lo sviluppo un processo dinamico, il bambino passa progressivamente dalla dipendenza dagli altri per tutte le attività alla maturità fisica, sociale, psicologica e all’indipendenza nell’adolescenza. In questo processo diventano fondamentali le interazioni continue con la famiglia o con altri caregiver nell’ambiente sociale. Per tale ragione, il bambino non può essere visto al di fuori del contesto familiare, considerando poi chele interazioni fanno da cornice all’acquisizione di varie abilità nel corso dei primi due decenni di vita, rendendo di cruciale importanza l’ambiente fisico e sociale.

 Il ritardo evolutivo. Nei bambini il momento della comparsa di certe funzioni o strutture corporee e dell’acquisizione di alcune abilità, può variare in base alle differenze individuali nella crescita e nello sviluppo. A volte possono verificarsi delle variazioni e degli sfasamenti nella comparsa di certe funzioni, che si riflettono in un ritardo nello sviluppo.

Queste variazioni nella comparsa di funzioni e strutture corporee o nella manifestazione di abilità evolutive attese definiscono il concetto di ritardo evolutivo e spesso servono come base per identificare i bambini che sono maggiormente a rischio di disabilità.15

L’ICF-CY comprende quindi il termine e il concetto di ritardo per definire il qualificatore universale per le Funzioni Corporee, le Strutture Corporee, le Attività e la

14

Ivi., p.16.

15

Organizzazione Mondiale della Sanità, ICF-CY Classificazione Internazionale del Funzionamento, della

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13

Partecipazione. Ciò permette di documentare l’estensione o la grandezza degli sfasamenti o dei ritardi […] riconoscendo che la gravità del qualificatore può cambiare con il tempo.16

La partecipazione. Definita come il coinvolgimento in una situazione di vita di una persona rappresenta la prospettiva sociale del funzionamento. Con lo sviluppo, le situazioni di vita cambiano in modo notevole, per numero e complessità, passando dalla relazione con il caregiver primario e dal gioco solitario del bambino piccolissimo al gioco sociale, alle relazioni con i coetanei e alla frequenza della scuola dei bambini di età maggiore. Per questo motivo si presta particolare attenzione al livello di partecipazione, fermo restando che la capacità del bambino di essere coinvolto e di interagire, si sviluppa in relazione all’ambiente che lo circonda.17

Gli ambienti. I fattori ambientali vengono definiti come gli atteggiamenti, l’ambiente fisico e sociale in cui le persone vivono e conducono la loro esistenza. La natura e la complessità degli ambienti dei bambini cambiano con le transizioni attraverso gli stadi della prima infanzia, dell’infanzia, della preadolescenza e dell’adolescenza. Ad accompagnare questi cambiamenti vi è un incremento nella competenza e nell’indipendenza. In considerazione della posizione di dipendenza in cui si trovano i bambini durante lo sviluppo, gli elementi fisici e sociali dell’ambiente hanno un impatto significativo sul loro funzionamento.

1.4 Problematiche, principi e obiettivi dell’Attività Fisica Adattata

Nell’approcciarsi al mondo della disabilità sorgono spontanee alcune domande relative alla reale possibilità della persona disabile di poter svolgere attività fisica, in che modo possa farlo, quando e per quanto tempo. Per trovare riposta è bene focalizzarsi su due concetti fondamentali: pensare disabile e integrare la disabilità nella normalità.

Pensare disabile implica porsi delle domande, ovvero chiedersi se il metodo proposto sia appropriato, se l’attività presentata può causare disagio, se viene favorita l’integrazione e se il luogo in cui verrà svolta l’attività sia accessibile e accogliente.

16

Ivi, pp.19-20.

(15)

14

Integrare la disabilità nella normalità sottolinea l’importanza di inserire la persona disabile in un contesto diverso da quelli di tipo medico e/o sanitario, che permetta l’interazione e la cooperazione con persone non disabili.

È opportuno fare propri questi concetti per non incorrere in errori che possano veicolare verso profezie negative sulla possibilità di raggiungere un obiettivo, l’effetto alone, cioè l’atteggiamento per cui si utilizza l’handicap come metro per giudicare interamente la persona e la disconferma della persona stessa.

Porre costantemente l’attenzione verso questi concetti è fondamentale per creare un rapporto affettivo-relazionale con la persona.

Prima di elaborare una proposta di attività motoria adattata, è bene riflettere su tre principi cardine:

1. dare opportunità di movimento, ovvero, favorire la motricità volontaria.

2. compensare la mancanza di movimento naturale con appropriata attività adattata.

3. prevenire le deformità e trattare quelle esistenti.

Tali principi possono essere considerati come una guida generale a cui fare riferimento per poter stabilire gli obiettivi dell’attività motoria adattata, e possono essere distinti in:

obiettivi generali: mirano al mantenimento di uno stato di buona salute e all’acquisizione un buon grado di autonomia personale.

obiettivi specifici: mirano allo sviluppo, miglioramento, consolidamento e mantenimento degli schemi motori di base e delle capacità psicomotorie.

Il fine ultimo è quello di mantenere il più possibile lo stato di buona salute, che essendo un concetto dinamico, là dove sarà possibile, potrà evolversi verso un miglioramento.18

18

Alberto Franchi, Attività Fisica Adattata: la ginnastica nella disabilità, Edizioni ETS, Pisa, 2011, pp.21,23-24,29,31.

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15

CAPITOLO 2

CRESCITA, MATURAZIONE E SVILUPPO NELL’ETÀ EVOLUTIVA:

L’ADOLESCENZA.

Guardando alla definizione di AFA e alla descrizione dell’ICF-CY, nel contesto di questo lavoro, è opportuno descrivere brevemente le fasi di crescita, maturazione e sviluppo nell’età evolutiva, sia da un punto di vista morfologico che psicomotorio. Particolare attenzione verrà dedicata alla fase di adolescenza in quanto l’intervento di attività motoria adattata oggetto di questo lavoro, si rivolge a questa fascia di età.

2.1 Crescita, maturazione e sviluppo nell’età evolutiva

Il processo evolutivo della persona è difficilmente inquadrabile in un periodo cronologico identico e predefinito per tutti gli esseri umani. La specie umana si evolve e si sviluppa attraverso l’acquisizione di tappe cronologicamente prefissate. Tuttavia, l’acquisizione di queste tappe non è stabilita da criteri propriamente cronologici ma segue lo sviluppo ontogenetico e biologico individuale, sotto l’influenza di fattori ereditari, ambientali e individuali. Per queste ragioni l’arco della vita è più opportunamente suddiviso in tre ampi periodi: l’età evolutiva, l’età della stabilizzazione e l’età dell’involuzione.

Per età evolutiva si intende quella fase che va dalla nascita all’età adulta nella quale si attivano i tre processi fondamentali di crescita, maturazione e sviluppo. Questi tre processi avvengono parallelamente interagendo tra loro, ma pur essendo comuni a tutta la specie umana, si evolvono in maniera individuale e soggettiva.

Con il termine crescita si intende l’aumento delle dimensioni del corpo nel suo insieme, mentre per processo di maturazione si intende quel processo che conduce ogni tessuto, organo o sistema del corpo da uno stato di temporanea immaturità ed efficienza allo stato biologicamente maturo; infine per sviluppo si intende il processo di acquisizione/apprendimento di competenze comportamentali utili alla risoluzione dei problemi nell’ambiente.19

19

Francesco Casolo, Didattica per le attività motorie per l’età evolutiva, Trattati e manuali-Scienze Motorie, Vita e pensiero, 2014, p.43.

(17)

16

FIGURA 2 Connotazioni dei tre processi dell’età evolutiva, F. Casolo, Didattica delle attività motorie per l’età evolutiva, p.44.

Dalla tabella si comprende che i processi di crescita e maturazione sono dipendenti da fattori genetici e in misura minore dall’ambiente, mentre quest’ultimo ha un’influenza maggiore nel condizionare il processo di sviluppo. Per ambiente, si intende la famiglia, la scuola, la società e le opportunità educative offerte alla persona, come già spiegato nel precedente capitolo.

2.1.1 La crescita morfologica

La crescita morfologica delle parti del corpo e la loro proporzione non avviene in maniera progressiva e lineare in termini di costanza e velocità ma segue una curva sigmoidale, ovvero si ha l’alternanza tra momenti di crescita esponenziale e momenti di rallentamento della progressione o di stabilizzazione. Inoltre si è visto che nell’uomo vi è una ricorrente alternanza tra fasi in cui il fattore crescita privilegia la statura e fasi in cui la crescita risulta evidente nell’aspetto ponderale. Tali periodi sono stati definiti rispettivamente con i termini proceritas e turgor.

I periodi di proceritas sono caratterizzati da una crescita staturale e delle dimensioni dell’apparato scheletrico, con conseguente aumento delle misure dei segmenti parziali. In questa fase l’apparato muscolare subisce un allungamento indotto che lo rende poco efficace per il mantenimento delle posture, pertanto si riscontrano spesso atteggiamenti posturali scorretti e uno scarso livello di coordinazione. I periodi di proceritas si ripetono nell’età evolutiva: proceritas prima 5-7 anni e proceritas secunda 12-14 anni.

(18)

17

Durante i periodi di turgor, invece, si verifica una compensazione ponderale a carico del sistema muscolare che recupera progressivamente la sua funzionalità posturale e motoria. Ne consegue che l’apprendimento motorio è agevolato nei periodi di turgor, poiché si ricerca l’equilibrio ottimale tra statura e peso. Tale periodo si ripete tre volte nella fase dell’età evolutiva: turgor primus a 2-4 anni, turgor secundus a 8-11 anni, turgor terzius 15-18 anni.20

FIGURA 3 Periodi di turgor e proceritas, F. Casolo, Didattica delle attività motorie per l’età evolutiva, p.46.

La tabella riassume tutti i cambiamenti che avvengo nella fase dell’età evolutiva, i periodi di turgor e proceritas e le rispettive differenze di genere.

(19)

18 2.1.2 Il processo di maturazione

Per maturazione si intende quel processo che porta ogni tessuto, organo, apparato e sistema del corpo umano a uno stato di maturità sia biologica (o di sviluppo dell’organo stesso) che fisiologica (o di funzionamento efficace).

Jean Le Boulch ha illustrato il funzionamento dei quattro principali sistemi biologici: il sistema vegetativo, il sistema di relazione, il sistema nervoso e il sistema della sessualità, dimostrando che l’attività psicomotoria garantisce la maturazione corretta di questi sistemi.

La tabella che segue correla i sistemi biologici, le funzioni e le capacità ad esse associate, dimostrando perciò la correlazione con l’attività psicomotoria.

FIGURA 4 Correlazione sistemi biologici, funzioni e capacità motorie, F. Casolo, Didattica delle attività motorie per l’età evolutiva, p.51.

Per quanto riguarda la tempistica, il sistema nervoso matura più velocemente rispetto al sistema muscolo-scheletrico e della sessualità, ciò giustifica la necessità di svolgere attività motoria entro il termine della scuola primaria per favorire nuovi apprendimenti e per sfruttare al meglio le capacità coordinative.

Il sistema muscolo-scheletrico matura più lentamente raggiungendo la maturazione ottimale intorno ai 20 anni.21

(20)

19 2.1.3 Lo sviluppo

Lo sviluppo è stato descritto come un processo di acquisizione e apprendimento di competenze comportamentali per risolvere situazioni legate all’ambiente. Questa definizione dunque, comprende lo sviluppo psicologico, sociale e affettivo, cui è strettamente legato lo sviluppo motorio.

Lo sviluppo motorio non può dissociarsi dalle altre sfere in quanto il soggetto trova nella corporeità un mezzo di comunicazione e di relazione con il mondo esterno. Il percorso che l’uomo deve seguire per raggiungere la propria motricità evoluta è definito da tappe cronologiche e fasi di sviluppo che permettono al bambino di sviluppare le proprie potenzialità e di acquisire livelli di motricità superiore. Tale percorso viene definito ontogenesi della motricità e perché si realizzi al meglio è fondamentale che si maturino le condizioni strutturali e funzionali dette prerequisiti del movimento, sui quali si evolveranno le capacità e si instaureranno gli apprendimenti.

(21)

20

FIGURA 5 Prerequisiti del movimento, F. Casolo, Didattica delle attività motorie per l’età evolutiva, p.53.

Lo sviluppo motorio è condizionato da fattori genetici, ambientali e dalle esperienze di movimento individuali. Esso viene favorito se il soggetto nell’età evolutiva si trova nelle condizioni di:

 affrontare le tappe ontogenetiche in un ambiente favorevole alla scoperta e al consolidamento delle abilità di traslocazione nello spazio, prensione e manipolazione di oggetti.

 sviluppare gli schemi motori di base.

 migliorare le capacità motorie condizionali e coordinative.

(22)

21 polivalente e polisportiva.

È fondamentale ricordare come lo sviluppo motorio sia intersecato con lo sviluppo delle altre aree, come precedentemente affermato, poiché saper eseguire un compito motorio dipende dalle capacità motorie e soprattutto dalle capacità intellettive.22

2.2 Sviluppo nell’adolescenza

Fra l’età compresa tra i 9/10 anni e 20 anni, i giovani subiscono rapidi cambiamenti della struttura corporea e della funzionalità fisiologica, psicologica e sociale. Si distinguono tre periodi distinti: prima, media e tarda adolescenza, ognuno contraddistinto da precise caratteristiche biologiche, psicologiche e sociali.

Il programma di sviluppo è definito dallo stato ormonale del singolo soggetto. Le tempistiche con cui si verificano i cambiamenti somatici sono variabili così come la percezione di tale esperienza; tuttavia lo sviluppo puberale segue una sequenza prevedibile.

Si definisce adolescenza il periodo dello sviluppo. Il termine pubertà indica il processo biologico mediante il quale un bambino diventa adulto.

Di seguito verranno descritte le caratteristiche fondamentali dei tre periodi dell’adolescenza, a tale scopo saranno prese in considerazione la variabile somatica, cognitiva e morale, il concetto di sé e la costituzione dell’identità, la variabile sessuale ed i rapporti con la famiglia, con i coetanei e la società.

2.2.1 Prima adolescenza

Il periodo della prima adolescenza va dai 10 ai 14 anni, solitamente nel sesso femminile inizia due anni prima rispetto al sesso maschile. Di seguito si riportano le caratteristiche principali.

 Variabile somatica: sviluppo dei caratteri sessuali secondari, inizio di una crescita rapida ed aspetto sgraziato.

 Variabile cognitiva e morale: l’agire è concreto ma vi è l’incapacità di percepire l’esito a lungo termine del processo decisionale attuale, la moralità si presenta

(23)

22 in modo convenzionale.

 Concetto di sé e costituzione dell’identità: preoccupazione relativa ai cambiamenti del corpo, autocoscienza in merito ad aspetto e avvenenza, orientato al presente.

 Variabile sessuale: maggior interesse per l’anatomia sessuale, ansie e domande sul cambiamento e sulle dimensioni dei genitali, frequentazioni e rapporti intimi con l’altro sesso limitate.

 Rapporto con la famiglia: bisogno di privacy e richiesta di indipendenza.

 Rapporto con i coetanei: ricerca di un legame con i coetanei dello stesso sesso per contrastare l’instabilità

 Rapporto con la società: adattamento alla scuola media.23

Dal punto di vista motorio questo è un periodo difficile poiché si ha la tendenza a perdere in parte le abilità acquisite nel periodo precedente. Esse, tuttavia, possono essere recuperate attraverso il movimento stesso ed il ragionamento. Dal punto di vista pratico ogni sport è consigliabile specialmente se praticato in forma polivalente. Tutte le esercitazioni che portano ad un generalizzato potenziamento fisiologico devono essere favorite.24

2.2.2 Media adolescenza

Il periodo di media adolescenza comprende la fascia di età che va dai 15 ai 18 anni. Di seguito si riportano le caratteristiche principali.

 Variabile somatica: picchi della crescita in altezza, modifica di forma e composizione corporea, comparsa di acne e sudorazione, menarca/spermarca.

 Variabile cognitiva e morale: comparsa del pensiero astratto (azioni formali), può percepire le implicazioni future delle proprie azioni, ma può non applicarle al processo decisionale, contesta le tradizioni.

 Concetto di sé e costituzione dell’identità: preoccupazione per l’avvenenza, maggiore introspezione.

 Variabile sessuale: prova della capacità di attrarre partner, inizio di relazioni e

23Kliegman, Stanton, St. Geme, Schor, Behrman, Pediatria di Nelson, Volume 1, XIX edizione, Elsevier Srl,

2013, p.680.

24

Francesco Casolo, Didattica per le attività motorie per l’età evolutiva, Trattati e manuali-Scienze Motorie, Vita e pensiero, 2014, p.72

(24)

23

attività sessuale, domande sull’orientamento sessuale.

 Rapporto con la famiglia: conflitti sul controllo e l’indipendenza, lotta per una maggiore concessione per l’autonomia.

 Rapporto con i coetanei: coinvolgimento intenso nel gruppo di coetanei, preoccupazione per la cultura degli stessi. L’esempio comportamentale viene dai coetanei.

 Rapporto con la società: valutazione delle abilità e opportunità.25

Superata la crisi puberale il neo adolescente è pronto per affrontare un periodo particolarmente favorevole all’apprendimento motorio, poiché sia le capacità condizionali che quelle coordinative stanno raggiungendo il massimo livello di sviluppo.26

2.2.3 Tarda adolescenza

Tra i 19 ed i 22 anni si inserisce l’ultimo periodo dell’adolescenza. Le caratteristiche principali sono riportate di seguito.

 Variabile somatica: fisicamente maturo, crescita più lenta.

 Variabile cognitiva e morale: orientato al futuro con obiettivi ed ideali. In grado di riflettere attentamente sulle cose in modo indipendente.

 Concetto di sé e costituzione dell’identità: immagine corporea più stabile, l’avvenenza può ancora essere un problema, emancipazione completa ed identità più solida.

 Variabile sessuale: consolidamento dell’identità sessuale, focalizzazione sull’intimità e formazione di relazioni stabili. Piani per il futuro e responsabilità.

 Rapporto con la famiglia: distacco emotivo e fisico dalla famiglia, maggiore autonomia.

 Rapporto con i coetanei: l’importanza del gruppo e dei valori condivisi dai coetanei si riduce.

25Kliegman, Stanton, St. Geme, Schor, Behrman, Pediatria di Nelson, Volume 1, XIX edizione, Elsevier Srl,

2013, p.680

26

Francesco Casolo, Didattica per le attività motorie per l’età evolutiva, Trattati e manuali-Scienze Motorie, Vita e pensiero, 2014, p.72-73.

(25)

24

 Rapporto con la società: decisioni sulla carriera (universitaria o lavorativa).27 Per concludere, l’importanza dell’attività psicomotoria nella fase evolutiva è fondamentale poiché in essa, e grazie ad essa, l’aspetto morfologico, psicologico e sociale si equilibrano tra loro. Tale concetto assume un significato maggiore laddove si ha una disabilità. Autori come C.H. Delacato e i fratelli Doman, noti per la teoria della organizzazione neurologica, hanno sottolineato l’importanza di alcuni esercizi fisici efficaci per determinare una ri-organizzazione neurologica nei bambini disabili e con difficoltà di apprendimento. L’effetto positivo si manifesta sulle funzioni percettive e intellettive, permettendo il recupero delle tappe di sviluppo che, a causa di una condizione patologica, sono state saltate.28

27

Kliegman, Stanton, St. Geme, Schor, Behrman, Pediatria di Nelson, Volume 1, XIX edizione, Elsevier Srl, 2013, p.680.

(26)

25

CAPITOLO 3

LA SINDROME DI WOLF-HIRSCHHORN

La sindrome di Wolf-Hirschhorn (WHS) conosciuta anche come sindrome 4p-, è una sindrome malformativa nota dal 1965 che presenta un quadro clinico ampio e variabile. I soggetti con WHS, mostrano problemi di scarso accrescimento sia nella fase gestazionale sia nella successiva vita post-natale, ritardo di acquisizione delle prime tappe di sviluppo tipiche di ogni bambino e successivo ritardo intellettivo. I soggetti affetti da questa sindrome tendono inoltre ad assomigliarsi notevolmente l'uno all'altro: particolarmente caratteristica è la struttura della fronte, degli occhi e del naso che nel passato è stata definita come conformazione ad elmo di guerriero greco. Nei pazienti con WHS può essere messa in luce una vasta gamma di vere e proprie malformazioni a carico del sistema nervoso centrale, degli occhi, del palato, del cuore, dell’apparato scheletrico, di quello gastro-intestinale, di quello genitale e di quello urinario.29

Si tratta di una sindrome piuttosto rara, con un’incidenza di 1:50.000 ed interessa prevalentemente le femmine, con un rapporto F:M=2:1.30

In questo capitolo verrà descritta dettagliatamente la sindrome, ripercorrendo il background storico che ha portato alla sua scoperta, le manifestazioni cliniche, le cause, le modalità di diagnosi e le complicanze ad essa associate. Verranno forniti, inoltre, riferimenti sulla letteratura scientifica.

3.1 Background storico della WHS

La delezione 4p è stata descritta per la prima volta nel 1961 da Cooper e Hirschhorn in un bambino con difetti di fusione della linea mediana, basso peso corporeo alla nascita, scarso sviluppo e convulsioni precoci dopo la nascita. La parziale monosomia in questo paziente rappresenta il primo esempio di tale osservazione

29www.aisiwh.it consultato in data 9/08/2017. 30

A. Ferrarini, A. Selicorni, G. Cagnoli, M. Zollino, R. Lecce, C. Chines, A. Battaglia, Distinct facial

dysmorphism, pre and postnatal growth retardation, microcephaly, seizures, mental retardation and hypotonia, Ital J Pediatr 2003;29:393-397, scaricato da www.aisiwh.it consultato in data 9/08/2017.

(27)

26

nell’uomo e consiste in una delezione di più della metà del braccio corto del cromosoma 4.

Un secondo paziente con caratteristiche simili è stato descritto da Wolf et al. nel 1965. Confrontando le foto dei due pazienti, in entrambi i report colpisce l’aspetto della struttura cranio facciale (fronte prominente, ipertelorismo, l’ampio ponte del naso che continua con la fronte) che ha portato alla descrizione di aspetto ad elmo di guerriero greco. I report di Cooper e Hirschhorn (1961) e di Wolf et al. (1965) hanno portato la Sindrome di Wolf-Hirschhorn all’attenzione della comunità scientifica, confermando l’esistenza di una sindrome da delezione cromosomica.

Nel corso dei sei anni successivi furono documentati altri 18 individui in letteratura medica, e la sindrome fu riconosciuta della comunità scientifica pediatrica.

Attraverso questi report lo spettro fenotipico della WHS è stato gradualmente definito, e grazie allo sviluppo delle tecniche di bandeggio, nel 1970 le delezioni più piccole furono rilevate, permettendo così di determinare che il fenotipo tipico della WHS (ritardo pre- e post-natale, disabilità cognitive, convulsioni e i lineamenti cranio-facciali tipici) è causato dalla delezione sulla banda 4p16.3.

Negli ultimi 40 anni è stata aggiunta una serie notevole di pazienti con WHS. Attualmente, sono stati riportati più di 300 casi con gradi diversi di descrizione.31

3.2 Manifestazioni cliniche

Essendo una sindrome essa sarà necessariamente rappresentata da un quadro clinico vario e complesso, anche se ciò non implica che tutte le caratteristiche tipiche della sindrome siano manifeste nei soggetti che ne sono affetti. Nei paragrafi successivi saranno descritte le manifestazioni cliniche: i dismorfismi cranio facciali, le anomalie scheletriche, il ritardo di crescita, i difetti cardiaci, i problemi renali, le infezioni respiratorie, le otiti, le crisi convulsive e il ritardo dello sviluppo psicomotorio..

3.2.1 Dismorfismi cranio-facciali

Tra i criteri fondamentali per la diagnosi di WHS c’è il riconoscimento dei dismorfismi cranio-facciali perché non si modificano con l’età. La facies tipica della

31

Battaglia A,Carey JC, South ST. 2015. Wolf–Hirschhorn syndrome: A review and update. Am J Med Genet Part C Semin Med Genet 169C:216–223.

(28)

27

sindrome è stata definita ad elmo di guerriero greco, dovuta alla combinazione di ipertelorismo e glabella prominente; ad essa si associano altri dismorfismi come:

 Microcefalia e/o asimmetria del cranio.

 Naso largo o a becco.

 Angiomi a fragola.

 Orecchie ad impianto basso.

 Fossette sulle orecchie.

 Escrescenze cutanee alle orecchie.

 Orecchie poco sviluppate.

 Orecchie sporgenti.

 Strabismo.

 Palpebra cadente.

 Un occhio può apparire più grande dell’altro.

 Difetti al tessuto dell’iride.

 Fessure palpebrali oblique.

 Epicanto.

 Sopracciglia molto arcuate e difetti della porzione mediale delle sopracciglia.

 Dotti lacrimali ostruiti.

 Il solco che decorre sulla linea mediana, tra il labbro superiore e il naso, è accorciato (filtro corto).

 Labbro superiore corto.

 Bocca rivolta all’ingiù.

 Eruzione dentaria ritardata.

 Denti mancanti o fusi.

 Micrognazia.32

32

AISiWH, Sindrome di Wolf-Hirschhorn (delezione 4p), Una guida per le famiglie, trad. it. Dr.Agatino Battaglia, dr.Vittorio Rosato, dr. Silvia Küchler, Istituto Scientifico Stella Maris-Divisione di

Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Medicina della Procreazione e dell'età Evolutiva-Università di Pisa; °Associazione Italiana Sindrome di Wolf-Hirschhorn (AISiWH), 1998, pp.7-8. (edizione originale G.Bradley Schaefer, M.D. Christine N. Kleimola, M.S. Carol Stenson, Ph.D. Steven E. Daley, Ph.D. Pat Farmer, Ed.S. Kris Holladay, Wolf-Hirschhorn Guidebook, Munroe-Meyer Institute University of Nebraska Medical Center, 1998), scaricato dal sito www.aisiwh.it in data 9/08/2017.

(29)

28 3.2.2 Anomalie scheletriche.

Le anomalie scheletriche sono state riscontrate nel 60-70% dei casi, alcuni bambini con la sindrome di Wolf-Hirschhorn nascono con deformità delle ossa, dei muscoli e delle articolazioni. Tra queste vi sono il talipes e la lussazione dell’anca. Il talipes è causato da uno sviluppo anomalo dei tessuti molli del collo del piede che causa la torsione del piede all’esterno e verso il basso o l’alto. Una diagnosi precoce ed un immediato trattamento subito dopo la nascita sono essenziali per la correzione del talipes. È frequente riscontrare scoliosi e cifosi in questi soggetti, pertanto necessitano di trattamento.33

Sono riscontrabili altre anomalie, di seguito elencate:

 Clinodattilia del 5° dito.

 Malformazioni dei corpi vertebrali.

 Ali iliache piccole con coxa valga.

 Sinostosi radioulnare.

 Tronco allungato.

 Braccia e gambe esili.34

3.2.3 Ritardo di crescita e difficoltà alimentari

I bambini con sindrome di Wolf-Hirschhorn possono presentare una crescita anormale, la cui causa fondamentale è rappresentata da un’alimentazione insufficiente a sostenere la crescita. Le problematiche che ne derivano riguardano difficoltà nel prendere peso e/o nel perderlo. All’origine troviamo: una inadeguata assunzione di calorie, perdita eccessiva di sostanze nutrienti, un bisogno eccessivamente alto di calorie o una combinazione di questi fattori. Qualunque sia la causa, una cattiva nutrizione può condurre a problemi clinici. È necessario ricordare che i soggetti con WHS hanno una bassa statura primaria, perciò è importante distinguerla dalla sola difficoltà di crescita, poiché quest’ultima necessita di un trattamento medico. Per avere un’idea immediata del difetto di crescita occorre valutare il rapporto peso/altezza.

33

Ivi, p.27-28.

34

Cinzia Sforzini, Angelo Selicorni, Sindrome di Wolf-Hirschhorn, I Clinica Pediatrica Università di Milano, scaricato dal sito www.aisiwh.it in data 9/08/2017.

(30)

29

Alcuni bambini nascono con delle anomalie tali per cui risulta difficoltoso alimentarsi in modo abituale, ciò a causa di: schisi del labbro e/o del palato, disturbi cardiaci che possono aumentare il fabbisogno calorico di un bambino, reflusso gastro-esofageo. Nei casi più estremi diventa necessario ricorre alla chirurgia.

I bambini affetti dalla sindrome di Wolf-Hirschhorn tendono a crescere ad una velocità inferiore alla norma. Il miglior risultato da perseguire consiste nel provare a mantenere il peso del bambino in proporzione alla sua altezza, assicurando un’alimentazione che gli consenta di mantenersi sano.35

3.2.4 Difetti cardiaci

Più del 50% dei bambini con WHS mostra difetti cardiaci, i più comuni sono: difetti del setto interatriale, stenosi polmonare, difetto del setto interventricolare, pervietà del dotto arterioso e destrocardia. In rapporto alla gravità del difetto, alla durata del trattamento e al suo successo, si possono avere previsioni negative o positive.36

3.2.5 Problemi renali

Non è raro vedere bambini con WHS nascere con un solo rene, condizione non rischiosa fintanto che la funzionalità del rene non è compromessa.

Altre condizioni che richiedono il trattamento medico sono: il riflusso vescico-ureterale, a causa del quale l’urina anziché essere espulsa all’esterno, ritorna alla vescica attraverso uno o entrambi gli ureteri e talvolta fino ai reni; l’acidosi tubulare renale, ovvero l’incapacità del rene di riassorbire il bicarbonato, producendo un eccesso di ritenzione di acido nei reni.

Nel primo caso è importante diagnosticare tempestivamente il problema, così da intervenire precocemente evitando gravi infezioni al tratto urinario; solo nei casi più gravi si ricorre ad interventi chirurgici.

35

AISiWH, Sindrome di Wolf-Hirschhorn (delezione 4p), Una guida per le famiglie, trad. it. Dr.Agatino Battaglia, dr.Vittorio Rosato, dr. Silvia Küchler, Istituto Scientifico Stella Maris-Divisione di

Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Medicina della Procreazione e dell'età Evolutiva-Università di Pisa; °Associazione Italiana Sindrome di Wolf-Hirschhorn (AISiWH), 1998, pp.18-21. scaricato dal sito www.aisiwh.it in data 9/08/2017.

(31)

30

Nel secondo caso il problema viene trattato somministrando bicarbonato di sodio o una sostanza simile, secondo prescrizione.

Talvolta si riscontrano casi di bambini con reni displasici, reni piccoli o sviluppati in modo anomalo, problematica che può restare silente giacché i reni possiedono una consistente capacità di riserva, ma se il danno inizia ad interessare i nefroni, il rene non è più in grado di filtrare le scorie, provocando così l’insorgenza di una insufficienza renale cronica.37

3.2.6 Infezioni respiratorie ed otiti

I soggetti con WHS presentano una predisposizione verso le infezioni alle alte vie respiratorie e verso le polmoniti.

Molti bambini presentano canali uditivi più stretti che predispongono a difficoltà nella capacità uditiva e all’aumento di rischi di infezioni croniche all’orecchio.

Normalmente con la crescita, man mano che i bambini si irrobustiscono, migliorano le loro difese immunitarie verso tali infezioni.38

3.2.7 Crisi Convulsive

Una delle complicanze mediche più rilevanti è la comparsa delle crisi epilettiche, presenti dal 50 al 100% dei bambini, la cui età di insorgenza varia tra i 3 ed i 23 mesi con un picco massimo intorno ai 9 mesi.39 Più in generale, quasi tutti i bambini con WHS presentano qualche tipo di crisi entro il 4° anno di vita, che tendono a scomparire tra i 2 e i 13 anni. Le crisi possono variare da leggere, tipo assenze (piccolo male), a più imponenti quali le crisi tonico-cloniche (grande male). Una crisi convulsiva consiste in una momentanea alterazione delle funzioni cerebrali, hanno un inizio e una fine spontanea e tendono ad essere ricorrenti. Non sono chiare le ragioni per cui i soggetti con sindrome 4p abbiano tali crisi, è certo che febbri alte che insorgono rapidamente possono favorirne l’insorgenza.

Ricorrenti sono le crisi tonico-cloniche o crisi grande male che si articolano in tre fasi. La prima detta fase tonica, consiste in un irrigidimento generalizzato del corpo

37Ivi, p.26 38

Ivi, p.29

39

Cinzia Sforzini, Angelo Selicorni, Sindrome di Wolf-Hirschhorn, I Clinica Pediatrica Università di Milano, scaricato dal sito www.aisiwh.it in data 9/08/2017.

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31

talvolta con emissione di un piccolo grido e la perdita del controllo degli sfinteri. La seconda fase è detta clonica, ed è caratterizzata dalle scosse che possono durare da alcuni secondi a pochi minuti per poi terminare bruscamente. La terza fase è detta post critica, segue la crisi e nel bambino si manifesta con la stanchezza.

Le crisi di assenza o crisi di piccolo male, sono caratterizzate dalla cessazione di tutte le attività del bambino che, talvolta resta a fissare un punto fisso per qualche secondo prima di ritornare cosciente. Queste tipologie di crisi non sono gravi in sé e non necessitano di un intervento medico immediato, ma possono interferire con la capacità di rispondere agli stimoli delle persone e dell’ambiente.

Dopo una prima crisi maggiore, il soggetto inizia il trattamento con i farmaci, a meno che la crisi non sia stata scatenata da una febbre alta, allora è a discrezione del medico valutare i reali benefici del trattamento farmacologico.40

3.2.8 Ritardo dello sviluppo psicomotorio

In tutti i soggetti con WHS è presente un ritardo dello sviluppo psicomotorio di grado molto variabile. Sin dai primi mesi di vita è presente un ipotono generalizzato che condiziona l’acquisizione delle principali tappe di sviluppo motorio. il linguaggio è spesso limitato a suoni gutturali o bisillabici. Tuttavia la volontà di comunicare sembra essere presente in tutti i pazienti e volge verso un miglioramento nel tempo, con l’acquisizione di una maggiore gestualità. Sono noti casi di pazienti che riescono ad acquisire un linguaggio verbale elementare.

Circa il 10% dei casi raggiunge il controllo sfinterico diurno tra gli 8 e i 12 anni, il 45% acquisisce la deambulazione tra i 2 e i 12 anni con (20%) o senza supporto (25%). Il 30% dei soggetti raggiunge una discreta autonomia nell’alimentazione e nella gestione personale.

In seguito il ritardo nello sviluppo psicomotorio sarà ampiamente discusso anche in termini di modalità di intervento e opportunità educative tra cui l’attività motoria adattata.

40

AISiWH, Sindrome di Wolf-Hirschhorn (delezione 4p), Una guida per le famiglie, trad. it. Dr.Agatino Battaglia, dr.Vittorio Rosato, dr. Silvia Küchler, Istituto Scientifico Stella Maris-Divisione di

Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Medicina della Procreazione e dell'età Evolutiva-Università di Pisa; °Associazione Italiana Sindrome di Wolf-Hirschhorn (AISiWH), 1998, pp.22-24. scaricato dal sito www.aisiwh.it in data 9/08/2017.

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32

3.3 La causa genetica della Sindrome di Wolf-Hirschhorn

Come precedentemente esposto nel paragrafo sul background storico, la Sindrome di Wolf-Hirschhorn o Sindrome 4p, è causata da una delezione del braccio corto del cromosoma 4 e grazie ai progressi tecnologici sulle tecniche di bandeggio si è potuto localizzare in maniera più dettagliata il punto della delezione, ovvero sulla banda 4p16.3.

Studi genetici hanno definito la Regione Critica della sindrome con la sigla WHSCR, i cui limiti sono stati ampliati man mano che venivano scoperti geni la cui delezione provocava, fenotipicamente, alcuni spetti della sindrome.

Studi del 2003 e del 2005 condotti rispettivamente da Zollino et al. e da Rodriguez et al., includono nella regione critica i geni LEMT1 e WHSC1. Il WHSC1 potrebbe avere un ruolo significativo nel normale sviluppo. La delezione del WHSC1 è probabile che contribuisca al fenotipo WHS e ad essa si associano anche altri geni che si trovano prossimalmente e distalmente alla WHSCR, e cioè il gene WHSC2 e LEMT1. Il gene WHSC2 può avere un ruolo negli aspetti globali della sindrome. Il LEMT1 è stato inizialmente proposto come il gene responsabile delle crisi convulsive. Tuttavia è stato visto che i pazienti con la delezione del LEMT1 non presentano convulsioni e, viceversa, pazienti senza delezione del LEMT1 presentavano crisi convulsive. Questo dato rese chiaro il fatto che il gene LEMT1 non fosse l’unico coinvolto nell’insorgenza delle convulsioni, perciò conclusero che è necessaria la delezione di altri geni aggiuntivi perché si possa avere la piena espressione del fenotipo della WHS. I geni aggiuntivi e la loro correlazione fenotipica sono i seguenti:

 FGFRL1: implicato nel fenotipo craniofacciale , di altre caratteristiche scheletriche e della bassa statura.

 CPLX1: potenziale gene responsabile dell’epilessia.

 CTBP1: nei modelli di topi e ratti ha dato prova di essere il responsabile dell’epilessia.

 PIGG: coinvolto nelle crisi convulsive.41

Per spiegare l’ampio e variabile fenotipo della WHS, gli studiosi hanno cercato delle correlazioni tra la dimensione della delezione dei geni della regione critica e la

41

Battaglia A,Carey JC, South ST. 2015. Wolf–Hirschhorn syndrome: A review and update. Am J Med Genet Part C Semin Med Genet 169C:216–223.

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33

gravità della manifestazioni cliniche. I risultati di questi studi, talvolta contraddittori, hanno comunque permesso di affermare che la gravità della manifestazione fenotipica dipende dal tipo e dalla quantità della delezione, ma alcuni soggetti sono più o meno gravemente colpiti rispetto a quanto ci si aspetterebbe, vista la dimensione della delezione. Esiste, quindi, una correlazione parziale tra il fenotipo e il genotipo.42 Studi condotti da Zollino et al. del 2008 sulla correlazione tra il genotipo ed il fenotipo, hanno permesso di identificare tre categorie cliniche, correlate con l’estensione della delezione del 4p:

Mild form, forma lieve la cui delezione non va oltre i 3,5 Mb. Il fenotipo è carente delle maggiori malformazioni. Spesso è sottodiagnosticata.

Classical form, forma classica la cui delezione tra i 5 ed i 18 Mb determina il fenotipo caratteristico e maggiormente riconosciuto della WHS.

Grande delezione tra i 22 ed i 25 Mb, è una forma molto rara caratterizzata da ulteriori e gravi manifestazioni cliniche, inoltre le anomalie cranio-facciali non sono facilmente riconducibili alla WHS.43

42

Agatino Battaglia, MD, John C Carey, MD, and Sarah T South, PhD. 2002. Wolf-Hrischhorn Syndrome. Gene Reviews.

43

Zollino M, Murdolo M, Marangi G, Pecile V, Galasso C, Mazzanti L, Neri G. 2008.

On the nosology and pathogenesis of Wolf–Hirschhorn syndrome: Genotype–phenotype correlation analysis of 80 patients and literature review. Am J Med Genet Part C Semin Med Genet 148C:257–269.

(35)

34

FIGURA 6 Visione frontale di 5 bambini con WHS con dimensioni differenti di delezione che mostra le caratteristiche craniofacciali tipiche. Battaglia A., Wolf-Hirschhorn syndrome: a review and update.

Non è noto cosa determini la delezione dei cromosomi. Nella maggior parte dei casi si tratta di un evento de novo. Si pensa che la delezione sia il risultato di un errore genetico spontaneo che produce una sequenza (pattern) cromosomica che non corrisponde a quella di nessuno dei due genitori.

Tuttavia in circa il 10% dei casi di sindrome di Wolf-Hirschhorn, la delezione avviene a causa di una traslocazione ereditaria. Lo studio dei cromosomi dei genitori può permettere di determinare se il problema cromosomico dipende da una traslocazione. Questa eventualità ha luogo quando una parte di un cromosoma si attacca ad un altro cromosoma, creandone uno con materiale in eccesso e l’altro con materiale in difetto. Rispetto alla sua struttura normale, questa condizione nella fase di meiosi può portare alla formazione di ovuli o spermatozoi che possiedono il

(36)

35

cromosoma con materiale in difetto e, se il bambino non riceve il segmento critico associato alla sindrome, ne sarà affetto.44

3.4 Diagnosi

La diagnosi di Sindrome di Wolf-Hirschhorn viene fatta attraverso tecniche specifiche di osservazione del cariotipo. In seguito allo studio del cariotipo e all’interpretazione dei dati, se la delezione suggerisce come diagnosi la WHS i medici possono far richiesta di un test specifico detto test FISH (ibridizzazione fluorescente in situ), capace di rilevare le delezioni più piccole di quelle identificabili con tecniche standard.45

3.4.1 Diagnosi differenziale

La sindrome di Wolf-Hirschhorn entra in diagnosi differenziale con la sindrome di cri du chat, la trisomia 21,13 e 18 per lo scarso accrescimento e alcune caratteristiche del fenotipo. Tali sindromi possono essere facilmente escluse da analisi citogenetiche. Il fenotipo della sindrome di Wolf-Hirschhorn è molto peculiare ma alcuni pazienti possono essere falsamente diagnosticati per alcune caratteristiche sovrapponibili ad altre sindromi:

 Sindrome di Seckel: ritardo di crescita intrauterino e post natale, microcefalia, naso prominente.

 CHARGE: coloboma, deficit di crescita, microcefalia, cardiopatia.

 Sindrome di Smith-Lemli-Opitz: difficoltà di crescita ritardo mentale microcefalia, anomalie urinarie

In passato si riteneva che la sindrome di Pitt-Roger-Danks costituisse un fenotipo differente da quello della sindrome di Wolf e pertanto questa condizione veniva considerata nella diagnostica differenziale del quadro. Dati citogenetici-molecolari successivi hanno dimostrato che questa condizione rientra nello spettro

44

AISiWH, Sindrome di Wolf-Hirschhorn (delezione 4p), Una guida per le famiglie, trad. it. Dr.Agatino Battaglia, dr.Vittorio Rosato, dr. Silvia Küchler, 1998, pp 14-16. scaricato dal sito www.aisiwh.it in data 9/08/2017.

45

AISiWH, Sindrome di Wolf-Hirschhorn (delezione 4p), Una guida per le famiglie, trad. it. Dr.Agatino Battaglia, dr.Vittorio Rosato, dr. Silvia Küchler, 1998, p.12. scaricato dal sito www.aisiwh.it in data 9/08/2017.

(37)

36

fenotipico della sindrome di Wolf presentando il medesimo difetto cromosomico (microdelezione4p).46

3.5 Terapia

E' fondamentale una buona valutazione clinica e lo studio di un programma personalizzato di riabilitazione che presti particolare attenzione ai problemi motori, cognitivi, del linguaggio e alle abilità sociali. Un intervento precoce e appropriato è fondamentale per ottenere dei buoni risultati. Non va trascurata la possibilità di introdurre precocemente un sistema di comunicazione alternativa al linguaggio verbale per valorizzare l'intenzionalità comunicativa di queste persone. Dal punto di vista medico è importante al momento della diagnosi, indagare tutti gli apparati (cardiaco, renale, visivo, scheletrico etc) che possono essere coinvolti nella patologia, ed eseguire un corretto follow up per trattare tempestivamente gli eventuali problemi. La maggiore difficoltà gestionale è rappresentata dalle problematiche alimentari e dall'epilessia.47

3.6 Letteratura scientifica

Gli studi citati precedentemente nelle note sono per la maggior parte review della letteratura scientifica attualmente disponibile. Visionando gli articoli presenti nei motori di ricerca come PUBMED, si evince che la ricerca scientifica relativa alla Sindrome di Wolf-Hirschhorn è interessata principalmente a:

 Documentare nuovi casi.

 Migliorare le indagini citogenetiche di identificazione della sindrome e di nuovi geni candidati ad essere responsabili di alcune caratteristiche della sindrome.

 Documentare casi gravi di epilessia e relativo trattamento.

 Documentare casi clinici di maggiore gravità e relativo trattamento.

46

Cinzia Sforzini, Angelo Selicorni, Sindrome di Wolf-Hirschhorn, I Clinica Pediatrica Università di Milano, scaricato dal sito www.aisiwh.it in data 9/08/2017.

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 Osservazione e studio di nuove manifestazioni cliniche della malattia e relative complicanze.

Sono pochi gli studi che prendono in considerazione gli aspetti neuropsichiatrici della sindrome, come lo sviluppo cognitivo e psicomotorio, e la maggior parte di quelli esisitenti affrontano tali argomenti in maniera poco esaustiva. Risulta evidente una forte discordanza tra l’evoluzione delle conoscenze in ambio medico e genetico e la carenza di dati che permettano di individuare un fenotipo neuropsicologico della sindrome. Nel capitolo successivo verrà approfondito tale aspetto in relazione alle opportunità educative da offrire ai soggetti con WHS.

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CAPITOLO 4

DAL PROFILO NEUROPSICOLOGICO AGLI ASPETTI METODOLOGICI

ED OPERATIVI NELLA SINDROME DI WOLF-HIRSHHORN

Nel capitolo precedente è stata descritta la sindrome nei suoi aspetti clinici sottolineando le varie problematiche dal punto di vista medico ed il relativo fenotipo citogenetico, con un breve accenno alla disabilità intellettiva e al ritardo nello sviluppo psicomotorio.

In questo capitolo verrà approfondita l’importanza dell’individuazione di un fenotipo neuropsicologico della WHS al fine di avere un’idea chiara sulle capacità e possibilità degli individui, punto di partenza fondamentale per poter impostare un protocollo di attività motoria adattata che coinvolga anche le altre sfere di abilità, come quella cognitiva, comunicativa, affettiva e l’autonomia personale.

4.1 La ricerca di un fenotipo neuropsicologico

Sebbene la letteratura scientifica non offra molti studi circa il fenotipo neuropsicologico della sindrome di Wolf-Hirschhorn, per comprendere meglio tale aspetto e per indirizzarne correttamente lo studio, è bene citare il concetto di fenotipo comportamentale introdotto da Nyhan (1972). Il fenotipo comportamentale è un tipico quadro clinico caratterizzato da anomalie motorie, cognitive, di linguaggio e sociali ed è strettamente legato a disturbi biologici. Nel tempo si è prestato sempre più attenzione alle caratteristiche dei diversi profili cognitivo-comportamentali, della personalità e delle specifiche difficoltà di apprendimento associate ad ogni sindrome. Tuttavia non tutti gli individui colpiti da una determinata sindrome presentano tutta la gamma delle caratteristiche, poiché all’interno di ognuna vi è una certa variabilità relativa al numero e al grado di gravità dei sintomi. È opportuno, quindi, parlare di fenotipo neuropsicologico, includendo in esso le caratteristiche cognitive di ogni sindrome ed in particolare le dissociazioni esistenti all’interno del profilo neuropsicologico di ognuna di esse.

Da un punto di vista riabilitativo, la definizione del fenotipo neuropsicologico diventa più complessa nel caso di sindromi genetiche rare, come la WHS, poiché i

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