Corso di Laurea magistrale
in Lavoro, Cittadinanza sociale, Interculturalità
Ordinamento ex D.M. 270/2004
Tesi di Laurea
Il Progetto Giovani Treviso
La valutazione del nuovo servizio “Giovani nella
comunità, promozione della qualità della vita”, un
cambio di prospettiva nel Comune di Treviso
Relatore
Prof. Giovanni Bertin Laureando Carlotta Bonazzon Matricola 848716 Anno Accademico 2016/ 2017
INDICE
INTRODUZIONE ... 3
CAPITOLO 1-‐GIOVANI E POLITICHE GIOVANILI: QUESTIONI DEFINITORIE ... 6
1.1 I DESTINATARI DELLE POLITICHE GIOVANILI ... 11
1.2 TITOLARITÀ DEGLI INTERVENTI DELLE POLITICHE GIOVANILI ... 17
1.2.1 TRASVERSALITÀ E SETTORIALITÀ ... 18
CAPITOLO 2-‐IL QUADRO EUROPEO DI RIFERIMENTO E LE POLITICHE GIOVANILI NEL CONTESTO NAZIONALE ... 22
2.1 LA QUESTIONE GIOVANILE NELL’AGENDA EUROPEA ... 27
2.2 LE POLITICHE GIOVANILI IN ITALIA ... 37
2.2.1 NASCITA ED EVOLUZIONE DELLE POLITICHE GIOVANILI IN ITALIA ... 39
2.2.2 IL MINISTERO DELLA GIOVENTÙ ... 48
2.2.3 IL RUOLO DEGLI ENTI LOCALI: COMUNI, PROVINCE E REGIONI ... 54
2.3 IL CONTESTO ITALIANO: ALCUNI DATI ... 64
CAPITOLO 3-‐LE POLITICHE GIOVANILI IN VENETO ... 67
3.1 LA CONDIZIONE GIOVANILE IN VENETO ... 67
3.2 LE POLITICHE GIOVANILI IN VENETO ... 70
CAPITOLO 4-‐LA VALUTAZIONE DI UN PROGETTO ... 76
4.1 VALUTAZIONE E SCELTE METODOLOGICHE ... 76
4.1.1 IL DISEGNO DI VALUTAZIONE ... 78
4.2 IL DIBATTITO SULLA VALUTAZIONE ... 83
4.2.1 LA DIMENSIONE DELLA VALUTAZIONE ... 90
4.2.2 UNO SCHEMA DI VALUTAZIONE ... 96
4.3 LA VALUTAZIONE REALISTICA ... 102
CAPITO 5-‐LA RICERCA VALUTATIVA: IL PROGETTO “GIOVANI NELLA COMUNITÀ, PROMOZIONE DELLA QUALITÀ DELLA VITA” ... 112
5.1 IL CONTESTO: IL PROGETTO GIOVANI TREVISO, UN CAMBIO DI POLICY ... 113
5.1.1 IL COMUNE DI TREVISO: CONTESTO POLITICO E STRUTTURA ... 116
5.1.2 OPERATORI DI STRADA DELLE PARROCCHIE ... 130
5.1.3 ULSS 9: PROGETTI DI PREVENZIONE AL DISAGIO E ALLE DIPENDENZE ... 132
5.1.4 ATTORI IN RELAZIONE CON L’INFORMAGIOVANI E ATTORI DELL’AMBITO CULTURALE ... 135
5.2 IL NUOVO “PROGETTO GIOVANI TREVISO”: FINALITÀ E OBIETTIVI ... 137
5.2.1 L’ENTE GESTORE: LA COOPERATIVA SOCIALE ITACA ... 140
5.3 I MECCANISMI DEL PROGETTO GIOVANI TREVISO ... 145
5.4 I RISULTATI DEL PROGETTO GIOVANI TREVISO ... 162
CONCLUSIONI ... 178
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ... 182
APPENDICE ... 189
INTRODUZIONE
In quest’epoca storica di profonde trasformazioni sociali, culturali, economiche e politiche, i giovani sono stati la categoria maggiormente colpita dalla crisi economica. Nella società “liquida” postmoderna la nozione stessa di gioventù è divenuta labile ed indefinibile e ai cosiddetti “giovani” vengono affissi sempre più spesso pregiudizi e stereotipi che li descrivono in negativo, non prendendo in considerazione le nuove forme di partecipazione e le traiettorie di vita sempre più multidimensionali, fuori dagli spazi formali e valoriali riconosciuti come comuni.
A partire da queste considerazioni, l’analisi delle politiche giovanili, ovvero delle azioni pubbliche istituite e realizzate a favore di questa categoria, dovrebbe partire proprio dalle problematicità di quest’epoca e dall’assunto che i giovani sono in uno stato di transizione dall’infanzia all’età adulta.
A livello storico i giovani sono diventati veri e propri destinatari di specifiche politiche pubbliche solo a partire dagli anni’70, periodo in cui è avvenuta la loro piena inclusione sia nella sfera politica in qualità di cittadini a pieno titolo che in quella economica in qualità di consumatori.
Nello sviluppo dei sistemi di welfare nei Paesi occidentali le politiche giovanili sono state spesso inserite in altri segmenti delle politiche pubbliche, faticando, soprattutto nel nostro Paese, a trovare un autonomo riconoscimento ed un proprio statuto. Nell’ultimo decennio, però, anche le politiche giovanili italiane hanno vissuto delle trasformazioni profonde che hanno, da ultimo, portato all’istituzionalizzazione della gioventù come ambito di intervento attraverso la creazione di un ministero ad hoc.
Questo elaborato affronta le trasformazioni delle politiche giovanili in Italia attraverso l’analisi e la valutazione di un caso specifico: il Progetto Giovani Treviso, un servizio comunale rivolto ai giovani del territorio, che, a partire dal 2016 in virtù del nuovo e differente bando di gara, vede rivoluzionato l’approccio e le metodologie utilizzate in tale ambito d’intervento, diventando un “servizio di comunità”. Il fulcro è l’utilizzo di strumenti partecipativi.
La prima parte della ricerca è diretta a delineare la nozione di politiche giovanili, ad individuare i problemi stessi di definizione rispetto all’ambito del più ampio genus delle politiche pubbliche e a circoscrivere i destinatari specifici di queste azioni.
È necessario poi soffermarsi sulla comparazione tra politiche pubbliche nazionali e quelle europee che, dal Trattato di Lisbona, hanno delineato le linee guida per i Paesi europei in questo ambito di intervento pubblico. Infatti in Italia, non essendoci una legislazione nazionale unificata, le politiche pubbliche si sono articolate principalmente secondo gli orientamenti comunitari.
Per analizzare tali politiche a livello locale nella terza parte della ricerca vengono esaminate le politiche giovanili regionali e provinciali, attesa la competenza sussidiaria di tale ambito. Infine la ricerca affronta la valutazione del Progetto Giovani Treviso, il caso studio in esame, dando rilevanza al cosiddetto sviluppo di comunità.
Nella quarta parte viene presentato il disegno della ricerca e l’approccio valutativo utilizzato. L’analisi del Progetto Giovani Treviso che verrà realizzata nel presente elaborato adotta l’approccio della cosiddetta valutazione realista di Pawson e Tilley. Tale metodologia parte dal presupposto che un programma sia esso stesso un sistema sociale, costituito da interazioni complesse. L’approccio realista si propone di spiegare un esito attraverso un meccanismo. Questa relazione non è assoluta ma contingente al contesto sotteso. Gli elementi principali di analisi sono le configurazioni Contesto-‐ Meccanismo-‐Esito che verranno indagate con riferimento al caso studio preso in esame. A livello teorico verrà quindi presentato il dibattito attuale e le diverse teorie emerse sulla valutazione dei progetti sociali, con un excursus storico sulla nascita e sull’evoluzione dei diversi approcci. Infine ci si soffermerà a livello teorico sulla teoria della valutazione realista e sulla sua applicazione.
La quinta parte sviluppa la valutazione del Progetto Giovani Treviso attraverso la triade Contesto-‐Meccanismo-‐Esito in applicazione della teoria realista. Verrà presentato il contesto nelle sue diverse parti: dall’ambito territoriale al contesto politico, fino alla presentazione di alcuni soggetti presenti e attivi a Treviso che certamente influenzano l’implementazione del servizio. La finalità e gli obiettivi del servizio costituiscono il successivo tema di approfondimento. Sara data particolare attenzione nel presentare l’ente gestore del servizio, la Cooperativa Sociale Itaca, un soggetto che per la prima volta si inserisce nel contesto trevigiano. In seguito verranno individuati i meccanismi attivati dal servizio comunale e in particolare quelli legati agli obiettivi del progetto e quelli innescati da fattori esterni. Infine l’ultima parte della valutazione del caso studio
è dedicata ai risultati del progetto raggiunti alla fine dell’implementazione dello stesso per la durata totale di undici mesi (da fine aprile 2016 a marzo 2017).
La tesi elaborata nella valutazione del servizio e le triadi individuate di contesto-‐ meccanismo-‐esito saranno valiate dal confronto con l’Assessore alla Partecipazione, Politiche Giovanili e Pari Opportunità, con l’équipe del servizio e con alcuni beneficiari, attraverso gli strumenti operativi qualitativi scelti: ossia l’intervista semi-‐strutturata e il
focus group.
L’elaborato vuole quindi presentare e valutare l’esito dell’implementazione del Progetto Giovani Treviso nei suoi primi undici mesi di vita (come da bando di gara) per riscontrare le azioni che hanno funzionato, le criticità emerse e, infine, gli effetti inattesi.
CAPITOLO 1-‐GIOVANI E POLITICHE GIOVANILI: QUESTIONI
DEFINITORIE
A partire dal Novecento e in particolare dal Secondo Dopoguerra si è assistito in tutti i paesi occidentali ad un progressivo consolidamento delle politiche sociali, in particolare negli ambiti della previdenza sociale, della sanità, della scuola e del mercato del lavoro. Per comprendere la definizione di politiche giovanili, il target di riferimento, l’evoluzione storico-‐culturale e le finalità delle stesse, serve, prima di tutto, porsi alcune domande, dalle quali partiremo per esplicitare questo ambito di azione pubblica: le politiche giovanili possono essere identificate come politiche pubbliche? Quale è la relazione esistente fra i due concetti? L’ambito delle politiche giovanili rientra nell’area delle politiche pubbliche sociali o costituiscono un settore specifico e autonomo?
Partiamo dalle domande.
Il dibattito internazionale sulle politiche pubbliche può essere analizzato partendo dal termine stesso di “politica”. In Italia, il termine “politica” viene usato per indicare due campi di azioni pubblica: la politica, come politics, ossia come competizione per il consenso e per la conquista del potere, che nelle democrazie è assegnata in base alla conta dei voti; la politica come policy, ossia come insieme delle intenzioni e degli atti volti a risolvere un problema sentito come rilevante da molti. A differenza del sostantivo italiano “politica”, inglesi e americani utilizzano due termini diversi appunto politics nel primo caso e policy nel secondo. Il fatto di usare uno o due nomi, rispetto a sfere diverse, porta a sottolineare, da una parte l’interdipendenza nel primo caso e le loro differenze nel secondo caso. In Italia, quindi, per riferirsi all’ambito policy si usa il termine plurale “politiche pubbliche”: esse vengono considerate come effetti quasi automatici delle relazioni che si consolidano entro la sfera politica. Nel contesto politico e culturale statunitense, invece, la differenza rimane netta. L’analisi delle politiche tende a ridimensionare il peso delle promesse, delle accuse e delle rivendicazioni fatte dai leader politici: infatti, anche il più semplice progetto richiede la convergenza di un’ampia serie di fattori che raramente possono essere sottomessi al controllo totale della maggioranza
di governo. Questo comporta che il rapporto tra politica e politiche, che in Italia appare scontato, nelle società anglofone non lo è, ma riguarda invece un problema di ricerca.1
Tradizionalmente gli studi che si occupano dei fenomeni politici ed istituzionali hanno messo in risalto le questioni relative al chi governa e come si governa, tralasciando il tema cruciale di cosa fa chi governa e con quali risultati. In altre parole, in passato l’attenzione sulla logica delle istituzioni (chi e come) prevaleva sulla logica dell’azione (che cosa e con quali effetti). L’analisi delle politiche pubbliche (quindi la nascita dei
policy studies) si inserisce proprio nel cambiamento di quest’ottica. La diffusione
dell’analisi delle politiche pubbliche, se del resto negli Stati Uniti si era già diffusa dagli anni’40, in Italia ha incontrato maggiori difficoltà.2
Si potrebbe sostenere che l’interesse per le politiche pubbliche può essere visto come conseguenza della stabilizzazione democratica. Non a caso proprio gli Stati Uniti sono la culla degli studi di policy. Il punto è sia fattuale che normativo. Secondo Maurizio Cotta «laddove le istituzioni politiche godono di legittimità ed effettività si risolve il problema dell’ordine sociale. E solo in questi contesti pacifici si sviluppano le condizioni che delineano le procedure per tutte le decisioni di gruppo nell’ambito di una comunità umana3, quindi anche per quelle decisioni di gruppo che sono le politiche pubbliche».
Da uno Stato le cui attività riguardavano principalmente funzioni regolativo-‐certificative,
orientate-‐norma, le funzioni d’ordine di cui parla Renate Mayntz (1982) -‐ si passa ad uno
Stato le cui forme di azione sono principalmente orientate-‐scopo, che forniscono servizi e beni agli individui e riguardano principalmente l’intervento diretto nell’economia (G.B. Peters, 1989; R. Rose, 1988).
«La nuova tendenza a rivendicare la rilevanza della scienza politica spostando il fuoco dell’analisi dal processo decisionale, dalla politics, ai prodotti e ai risultati delle decisioni pubbliche, cioè alla policy, in generale non è stata accettata nelle altre nazioni come
1 Beyme K. Von (1986), Plea for policy analysis, in Policy studies journal, XIV, n. 4, pp. 540-‐544.
2 Alla fine degli anni’80, l’istituzionalizzazione di quello che prende il nome di policy approach sembrava in Italia non del tutto compiuta. I passi avanti si devono soprattutto, in quegli anni, a singoli ricercatori e studiosi. Per approfondimenti, gli autori di riferimento sono Freddi G., Dente B., Regonini G. In particolare i due testi di riferimento sono Capano G., Giuliani M (1996) (a cura di), Dizionario delle Politiche Pubbliche e Regonini G. (2001), Capire le politiche pubbliche.
invece è avvenuto negli Stati Uniti, dove questa tendenza ha avuto origine»4 ammette
Klaus von Beyme in riferimento alla diffusione di un approccio policy oriented in Europa. A questo punto, la definizione di politica pubblica che prendiamo come riferimento è quella data da David Easton: «politica pubblica … consiste in una rete di decisioni e di azioni che alloca valori.»5 Nelle società democratiche le riallocazioni di valori operate
dalle istituzioni sono in generale legittimate dall’esistenza di trovare soluzioni a problemi di interesse comune. E le reti di decisioni e di azioni tendono ad essere molto articolate. In questa concezione, il sistema politico6 porta a decisioni accettate il più delle volte come vincolanti dalla maggioranza dei membri di una società o di una collettività. Nelle società moderne queste decisioni assumono la forma di norme o leggi vincolanti, anche se nei sistemi politici democratici i cittadini possono partecipare in vari modi e in diversa misura alla formazione e all’attuazione di queste decisioni o scelte politiche.
Per rispondere alla prima domanda inerente l’identificazione delle politiche giovanili come politiche pubbliche, riprendiamo la classificazione delle politiche pubbliche7 elaborata da Theodor Lowi in relazione a due fattori: la coercizione di una politica (immediata-‐diretta e remota-‐indiretta) e il suo ambito di applicazione (individuo-‐ ambiente). L’incrocio di questi due fattori crea la classificazione e distingue le politiche pubbliche in: distributive, regolative, redistributive, costituenti. Nel caso delle politiche
distributive sono menzionate tutte le azioni amministrative non immediate e non
4 Ivi p.541.
5 Easton D. (1953), The political system: an inquiry into the state of political science, New York, p. 130, (tr. It.: Il Sistema politico, Milano, 1963).
6 Definizione da Easton D. (1998), Enciclopedia delle scienze sociali: «Sistema politico. L’insieme delle
interrelazioni fra unità politicamente significative (individui, gruppi, strutture) e fra processi attraverso i quali si producono decisioni che riguardano una determinata collettività.» e ancora «Il presupposto di partenza è che in ogni collettività è dato trovare determinati strumenti sociali per prendere decisioni attinenti alle attività in cui è coinvolta la collettività […] qualunque sia il tipo di ordinamento o di istituzione, è per il loro tramite che le decisioni e le azioni che ne conseguono vengono intraprese in nome della collettività e sono da queste accettate-‐volontariamente, o in base alla tradizione, o per coercizione. Per la loro stessa natura, le decisioni rappresentano allocazioni di beni o valori-‐ che possono essere materiali, come ad esempio la ricchezza, oppure psicologici, come ad esempio lo status, oppure ancora simbolici, come la reputazione […] ciò che distingue le allocazioni politiche dalle decisioni prese nel contesto di altre istituzioni o organizzazioni sociali è il fatto che, se vengono seguite le procedure opportune-‐ spesso definite processi costituzionali, ad esempio nello Stato di Diritto-‐, tali decisioni vengono accettate il più delle volte come vincolanti o autoritative dalla maggioranza dei membri della collettività. È questo che conferisce alle allocazioni politiche il loro carattere speciale»
7 Lowi T. (1964) cit. in Dona' A. (2010), Introduzione alle politiche pubbliche, Laterza, Roma-‐Bari.
coercitive tese a fornire un contributo statale a più soggetti. Le politiche regolative sono indirizzate alla regolazione coercitiva e immediata dei comportamenti individuali. Le
politiche redistributive, invece, consentono di conferire benefici immediati ad ampi
settori della società, come gruppi o classi sociali. In ultimo, sono menzionate le politiche
costituenti che rinviano alle regole istituzionali e al frame normativo entro cui prendere
delle decisioni.
Prendiamo ora la definizione di “politiche giovanili” di Diego Mesa secondo cui esse sono «tutte quelle azioni e norme, promosse e riconosciute dalle istituzioni politiche, mirate alla piena realizzazione dei diritti dei cittadini in età giovanile.»8 Questa definizione, confrontata con la classificazione di Lowi consente di affermare l’esistenza di un ambito di intervento istituzionale, una politica pubblica, rivolto ai giovani. Rimane, anche nell’analisi di Mesa, l’emergere di una problematicità rispetto alla cittadinanza e all’empowerment giovanile nell’era globale, mutevole per le trasformazioni in atto. Possiamo, tuttavia, proseguire l’analisi delle domande generative, attraverso la definizione di “politiche giovanili” fornita da Campagnoli secondo cui esse sono «quel sistema di azioni e di interventi a valenza pubblica, con la finalità generale di fornire ai giovani opportunità, mezzi, possibilità e percorsi per vivere in modo positivo la fase di transizione alla vita adulta. Questa adultità intesa come condizione di maggior autonomia e consapevolezza, status di piena cittadinanza, sinonimo di reale fruibilità di diritti (e non solo di titolarità). Le “politiche giovanili” comprendono, allora, l’insieme di interventi che si rivolgono ai giovani ponendo l’accento sia su di loro, sia sull’oggetto: sono azioni mirate ad una precisa fascia di popolazione sia azioni a breve e lungo termine nei principali settori inerenti i giovani, in particolare l’istruzione, l’occupazione, la creatività e l’imprenditorialità, l’inclusione sociale, la salute, lo sport, la partecipazione civica e il volontariato.» 9
Le politiche giovanili, quindi, vanno considerate come processi socialmente definiti e storicamente determinati, influenzati dai mutamenti globali dei campi economici,
8 Mesa D. (2006), L’incerto statuto delle politiche giovanili, in Colombo M., Giovannini G., Landri P. (a cura di), Sociologia delle politiche e dei processi formativi, Guerini Scientifica, Milano, p.111
9 Campagnoli G. (2010a), Verso un New Deal delle Politiche giovanili, in Bazzanella A. (2010) (a cura di), Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa, IPRASE, Trento, pp.79-‐ 80.
culturali, sociali e politici. Le politiche possono coinvolgere le autorità amministrative, le organizzazioni pubbliche e/o private e i gruppi informali/formali della società.
Il campo delle politiche giovanili è un ambito di studio complesso e articolato. Gli attori coinvolti sono molteplici e ognuno delinea confini concettuali, azioni e attività diversificate rivolte ai giovani.
La nascita delle politiche giovanili in Italia e in Europa, come già esplicitato in precedenza, si può individuare intorno alla fine degli anni Settanta, anni in cui i giovani da soggetti indistinti diventano destinatari di politiche specifiche (Prandini, 2004) all’interno degli interventi pubblici rivolti ai segmenti più deboli della popolazione (Iard, 2001). Infatti nel corso nel Novecento in tutti i paesi occidentali si è assistito ad un progressivo incremento delle politiche sociali, fino alla crescita dei sistemi di tutela sociali per la quasi totalità dei cittadini (Ferrara, 2006). In questo sviluppo storico-‐sociale dei sistemi di welfare, le politiche giovanili sono state spesso inserite in altri segmenti delle politiche pubbliche e hanno faticato ad assumere un proprio riconoscimento e statuto (Campagnoli, 2010). Verso la fine degli anni ’70 i giovani da soggetti indistinti diventano destinatari di politiche ad hoc progettate rispetto alla loro condizione sociale e non più in riferimento alla condizione di studenti o di lavoratori. Tale trasformazioni sono avvenute per la piena inclusione dei giovani nella sfera politica in qualità di cittadini a pieno titolo e in quella economica in qualità di consumatori (Prandini, 2004).
In Italia il processo di riconoscimento dei specifici bisogni dei giovani è stato tardivo rispetto ad altri contesti europei e solo recentemente si è allontanato dai tradizionali ambiti di intervento rivolti al disagio e alla prevenzione, trasformandosi in politiche a favore dello sviluppo del protagonismo e della cittadinanza attiva.
L’assenza di un riconoscimento legislativo nazionale che strutturi le azioni a favore dei giovani e la mancanza, fino al 2006, di una struttura centrale di raccordo degli interventi ha comportato l’attivazione di interventi frazionati e spesso subordinati alla sensibilità e alla disponibilità di figure tecniche e/o politiche che si sono impegnate in questo settore.
Nell’ultimo decennio le trasformazioni delle politiche giovanili italiane hanno istituzionalizzato la gioventù come settore d’intervento definito attraverso la nascita di un ministero ad hoc. Nonostante ciò, si risente ancora della mancanza di una legislazione nazionale che favorisca l’unitarietà degli interventi a favore della gioventù. Le politiche
giovanili italiane, come vedremo in seguito, si articolano principalmente secondo gli orientamenti comunitari.
Riprendendo una delle tante definizioni di politiche giovanili, esse sono «quel sistema di azioni e interventi a valenza pubblica, avente lo scopo di fornire ai giovani gli strumenti necessari per vivere in modo positivo la fase di transizione alla vita adulta.»10 Tuttavia
questa definizione non dice nulla su chi siano i decision makers, quali siano le finalità e le azioni intraprese. Pertanto il termine “politiche giovanili”, evocando molteplici immagini, in realtà non ha una definizione precisa e univoca. Si conviene che le politiche giovanili siano politiche a favore dei giovani, ma questa definizione rimane troppo vaga e generica per alcuni fattori: il primo è che tale definizione non definisce il target e i criteri stessi di definizione di gioventù; il secondo punto riguarda la non chiarezza delle finalità che l’azione pubblica deve perseguire, né tanto meno sulla titolarità degli interventi; infine, resta indefinito il ruolo degli stessi giovani nella progettazione e attuazione delle politiche, nonché il rapporto esistente tra politiche giovanili e altri ambiti settoriali di intervento (D’Elia, 2006).
Per proseguire e per identificare i nodi problematici delle definizioni di politiche pubbliche serve ora analizzare i destinatari di queste azioni pubbliche.
1.1 I DESTINATARI DELLE POLITICHE GIOVANILI
Prima di definire chi sono i giovani oggi, bisogna delineare alcune trasformazioni avvenute nell’epoca post-‐moderna che influenzano la vita di tutti gli individui.
La storia moderna è determinata dalle continue e veloci trasformazioni, definite come epocali o rivoluzionarie, relative a diversi ambiti, dalla tecnologia alla scienza, all’economia e ai sistemi sociali. Dalla fine degli anni ’60 all’inizio del nuovo millennio i mutamenti, soprattutto tecnologici, hanno portato al passaggio dalla “prima” alla “seconda” modernità in quasi tutti i paesi occidentali. Si possono delineare i principali cambiamenti relativi al sistema economico, politico e sociale che hanno portato a ridisegnare i modelli di riferimento individuali e delle istituzioni. Arianna Bazzanella
10 Campagnoli G. (2010), Verso una” new -‐deal “delle politiche giovanili, in Bazzanella A., (2010) (a cura
di), Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio Comparato, IPRASE del Trentino, Trento.
analizza descrivendo così «i tempi che cambiano: il futuro non è più quello di una volta e niente è più per sempre.»11
Dal primo capitolo dello studio sulla condizione giovanile redatto da IPRASE del Trentino è possibile citare le seguenti trasformazioni epocali:
• «Il processo di secolarizzazione […] l’allentarsi delle norme tradizionali
socialmente condivise e il ridursi del ruolo aggregativo di massa delle ideologie politiche fortemente connotate.
• L’aumento dei tassi di scolarizzazione e il prolungamento del percorso scolastico
medio: le nuove generazioni hanno visto esplodere la loro possibilità formative
e […] ciò ha comportato l’allungarsi della permanenza dei giovani in percorsi di istruzione e formazione, posticipando il loro ingresso nel mercato del lavoro. • La trasformazione del ruolo della donna nella società e nella famiglia: […] il
segmento femminile della popolazione che nelle ultime generazioni ha conosciuto livelli di indipendenza e di riconoscimento nella società mai visti prima. […] con una crescita nella partecipazione al mercato del lavoro. Anche se non di rado questo ha comportato più che una trasformazione del ruolo un assommarsi di più compiti intra ed extra-‐domestici con lo sviluppo della “doppia presenza”.
• Il progressivo contenimento dei tassi di natalità e la diffusione del figlio unico e
della compresenza di più generazioni all’interno della stessa famiglia.
• L’invecchiamento della popolazione: l’allungamento della vita media e la contrazione dei tassi di fecondità hanno portato […] ad una struttura demografica in cui i giovani sono pochi e sempre meno. Un paese in cui gli anziani sono una quota sempre più consistente […] attori che richiedono servizi e protezione sociale e deve quindi investire in modo massiccio in dispositivi di assistenza (salute e prevenzione sociale).
• La diffusione di nuovi modelli educativi: i fenomeni si correlano alla rivisitazione dei ruoli delle diverse generazioni all’interno della famiglia. Oggi i giovani non sono più i “selvaggi da civilizzare”, bensì sono visti sempre più come “cuccioli
11 Bazzanella A. (2010), Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo, IPRASE dl Trentino, Trento.
d’oro” da coccolare. Questo ha favorito l’accrescimento del potere negoziale dei figli a scapito dell’autorità e dell’autorevolezza dei genitori.
• L’imporsi delle tecnologie come strumento pervasivo della vita quotidiana: […] la loro sempre maggiore accessibilità, ha permesso che tale rivoluzione riguardasse tutti gli strati della popolazione […] in particolare, proprio le nuove generazioni (nativi digitali) ormai nate e cresciute nell’epoca del dominio tecnologico. • Le difficoltà di entrata e stabilizzazione nel mercato del lavoro: […] si è assistito
e si assiste tuttora ad un mutamento delle condizioni e delle regole dell’economia (a partire dalla globalizzazione). […] una forte crescita dei tassi di disoccupazione.
• L’instabilità del sistema economico: […] il mutamento più significativo si è avuto con il passaggio da un sistema produttivo in crescita, di medie e grandi aziende organizzate e gestite secondo il sistema fordista-‐taylorista, ad un sistema più flessibile, instabile e delocalizzato. […] nel secondo caso si è passati ad una società flessibile che vede prevalere la velocità e l’incertezza nelle biografie individuali.
• L’arrestarsi della crescita e del benessere: per la prima volta nella storia recente anche in Italia si va così verso una battuta d’arresto […] le statistiche ufficiali segnalano che le nuove generazioni non riusciranno a mantenere il tenore di vita raggiunto dai loro padri e a questi garantito.»12
Queste sono le maggiori trasformazioni dal secondo dopo guerra ad oggi che stanno modificando gli assetti organizzativi sociali e culturali. Rispetto ai giovani, il cambiamento principale è stato il passaggio da un sistema sociale rigido e prestabilito ad un sistema flessibile e “precario”, in cui nulla è dato per scontato e i giovani vedono aprirsi molteplici possibilità di scelta sul futuro. Se in passato il destino dei giovani era prevedibile e dipendeva dai ruoli definiti socialmente e predeterminati, oggi il relativismo culturale amplifica i margini di azione e dà spazio a nuovi modelli e stili di vita.
12 Per approfondimenti si veda Bazzanella A. (2010), Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo, IPRASE dl Trentino, Trento, pp. 27-‐29.
Il disagio della modernità nasceva da un tipo di sicurezza che assegnava alla libertà un ruolo troppo limitato nella ricerca della felicità individuale. Il disagio della post-‐modernità nasce da un genere di libertà nella ricerca del piacere che assegna uno spazio troppo limitato alla sicurezza individuale [Bauman 1999, 10]. Pochi chiederebbero oggi il sacrificio delle libertà individuali per il bene della società: non è la libertà individuale che deve legittimarsi per la sua utilità sociale, ma è la società che deve legittimarsi in termini di servizio reso alla libertà del singolo.
Andrea Bajani13
Oggi viviamo nell’epoca dell’incertezza biografica (Rampazi, 2005) dove l’imprevedibilità richiede all’individuo una capacità di adattamento elevata ed elimina il senso della pianificazione e programmazione della vita, valorizzando solo il presente, l’unico momento controllabile e governabile. In questo momento storico la vita, quindi, si costruisce e ricostruisce giorno per giorno attraverso ridefinizioni e adattamenti continui. In questa situazione, i giovani sono la categoria più vulnerabile: accanto alla fragilità sociale del nostro tempo, esse si trovano ad affrontare anche il momento di transizione e il processo di crescita per definirsi come adulti, riconosciuto dalle scienze sociali come un momento di fragilità personale.
Chi sono i giovani oggi?
Parlare di giovani oggi ci pone davanti il problema di definire che cosa sia la giovinezza e quindi circoscrivere la categoria negli individui che si possono collocare nel confine tra la dipendenza infantile e l’autonomia dell’età adulta. Ma non si riesce a definire la giovinezza con chiarezza né attraverso criteri di tipo giuridico, né attraverso quantificazioni demografiche (Levi e Schmitt, 2000). Inoltre limitare e definire specifici segmenti sociali con un’etichetta esaustiva è un’impresa non solo suggestiva ma altresì ardua (Diamanti, 2007).
Cavalli sottolinea come in diverse discipline si utilizzano criteri diversi per definire i giovani in quanto sono difficili da tracciare socialmente rispetto al contesto storico e geografico. Possiamo tuttavia definire i giovani in negativo: coloro che non sono più adolescenti, per tutto dipendenti dalla famiglia, ma non ancora adulti autonomi, quindi
impegnati in una fase delle loro biografia di transizione, nebulosa, senza confini. La mancanza di confini, data dalle trasformazioni della modernità, si enfatizza proprio nelle nuove generazioni: questa fase di transizioni si prolunga ed è in continua dilatazione verso il basso e verso l’altro, comprendendo sia aspetti tipici dell’adolescenza che altri della vita adulta. È evidente il venir meno delle tappe e dei riti di passaggio all’età adulta che, invece, erano presente nelle società del passato. La letteratura aveva individuato cinque tappe fondamentali di transizione che coincidevano con elementi strutturali (tradizionali) delle biografie degli individui14:
• la fine del percorso di istruzione e formazione;
• l’entrata nel mercato del lavoro e di conseguenza l’indipendenza economica; • l’indipendenza abitativa dalla famiglia di origine;
• la costituzione di una relazione stabile di coppia e la coabitazione • l’esperienza della genitorialità.
A partire da questa successione che era prevedibile e difficilmente alterabile, le prime indagini dell’Istituto IARD negli anni ’80 definivano i giovani come coloro che avevano tra i 15 e i 24 anni. Dalla fine degli anni’80 e inizio anni ’90 questi passaggi, che dovevano esser in linea teorica lineari, diventano flessibili, caratterizzati da arresti, riprese e ritorni. Così le indagini realizzate da IARD, riconoscendo nella fascia di età che prima individuava come i giovani, uno status sociale più vicino a quello dell’adolescenza per le tappe realizzate, ha innalzato l’età e definito la fascia giovanile dai 15 ai 29 anni prima, poi ai 34 anni.15 Gioventù quindi come arco di vita molto ampio che si estende dai 15 ai
34 anni e che a volte comprende esperienze diverse. Gli ostacoli strutturali, derivanti dalla fatica di adattarsi ai cambiamenti nella società post-‐industriale, rendono complesso e diversificato il processo di transizione alla vita adulta16.
In Italia l’allungamento della permanenza nella famiglia di origine è spiegato da
14 Si vedano le diverse pubblicazioni nazionali dell’istituto IARD e Livi Bacci M. (2008), Avanti giovani, alla riscossa. Come uscire dalla crisi giovanile in Italia, Il Mulino, Bologna.
15 Si vedano i sei rapporti di Istituto IARD sulla condizione giovanile. Si tratta di indagini realizzate con cadenza quadriennale (dal 1983 al 2004). Tutte le edizioni sono state pubblicate dalla casa editrice Il Mulino (Bologna). Nella quinta indagine è presente, per chi volesse approfondire, un’appendice che riporta i trend ventennali degli indicatori comuni.
16 Walther ipotizza la coesistenza di tre strutture di transizione: 1. transizione lineare dall’adolescenza all’età adulta; 2. transizione come una fase di vita composta da prolungati e diversificati stadi intermedi; 3. una transizione reversibile e frammentata, fatta di passi “avanti” cui seguono passi “indietro” (Walther 2002 e 2006).
molteplici fattori. In un contesto caratterizzato da un mercato del lavoro in stallo che produce livelli elevati soprattutto di disoccupazione giovanile, dalla mancanza di politiche abitative e di una struttura di protezione e sostegno giovanile, la famiglia di origine assume, inevitabilmente, un ruolo decisivo nel processo di ingresso dilazionato nel mondo degli adulti. Si aggiunge-‐ secondo Cavallini (1993) -‐ il forte valore culturale della famiglia nella sua accezione tradizionale. Il mutamento della struttura moderna della giovinezza è tale per cui non ha più senso parlare di transizione, bensì di transizioni: si tratta di un processo non più lineare, né monodirezionale e di situazioni sempre meno strutturate in modelli (Lagrèe 2001). Se nella società della modernità, come visto in precedenza, la giovinezza si connotava di obiettivi chiaramente definiti, nella seconda modernità essa diviene sempre più evanescente. La giovinezza si sfuma nella soglia dell’età e nell’assunzione dei ruoli adulti.
Per concludere quindi, possiamo usare la metafora del “viaggio” proposta da Furlong e Cartmel17: “negli anni ’60-‐’70 la struttura della giovinezza era come un viaggio in treno dalla classe sociale di partenza a quella di destinazione, non si poteva però cambiare la direzione della destinazione. Nel XXI sec. invece il viaggio è un viaggio in auto. Il viaggiatore è fin dall’inizio artefice del suo destino poiché è lui che deve prendere le decisioni in merito al viaggio alla destinazione come la direzione da seguire. Esistono comunque dei fattori strutturali che influenzano il viaggio come le risorse finanziarie, le competenze di guida, il saper ottenere informazioni durante il viaggio”. La recente modernizzazione quindi, se da un lato ha aumentato le opportunità di scelta e di azione, dall’altro ha generato uno scenario caratterizzato da incertezza, rischi e insicurezza (Bauman, 1999, Beck, 2000, Castel, 2004). Riprendendo infine la metafora, tali trasformazioni hanno favorito l’emergere dell’immagine di un giovane come viaggiatore senza mappa, dove la costruzione identitaria diviene una questione problematica: la pluralizzazione delle esperienze, sebbene sia una risorsa per uno sviluppo di sé libero e consapevole, tuttavia fa emergere la necessità di sviluppare notevole capacità riflessive per riuscire a distinguere e organizzare i numerosi eventi della propria vita. Le tappe non sono più sequenziali e concatenate, ma danno vita ad una serie di tipologie infinite in
17Furlong A., Cartmel F. (1997), Young People and Social Change. Individualization and Risk in Late Modernity, Open University Press, Buckingham-‐Philadelphia, p-‐6-‐7.
cui è difficile stabilire i confini di inclusione e/o esclusione dalla condizione giovanile. La coerenza tra gioventù anagrafica e gioventù sociologica è oggi messa in crisi dal continuo procrastinarsi delle scelte di vita.
“(…) gli atteggiamenti dei giovani non sono molto diversi da quelli della popolazione adulta (…) più che anticipare quello che verrà, i giovani ci sembrano piuttosto rispecchiare lo stato attuale di una società ripiegata sul presente che evita di guardare e di progettare il futuro.” 18
1.2 TITOLARITÀ DEGLI INTERVENTI DELLE POLITICHE GIOVANILI
Analizziamo ora la titolarità degli interventi nel settore delle politiche giovanili. Preme anticipare che sia la definizione della categoria “giovani” che la definizione della titolarità in materia sono i due punti critici della riflessione sulle politiche giovani in Italia e in nel contesto europeo. Trovare una definizione assoluta di entrambi i quesiti è di difficile attuazione.
Partendo da una comparazione dei Paesi Europei nel rapporto IRER 200619 emerge una
notevole diversità e differenziazione nell’architettura istituzionale di questo materia fra i diversi Stati, in particolare nelle strutture preposte all’ideazione e all’implementazione delle politiche giovanili. Sono stati individuati tre modelli di politiche giovanili che sintetizzano le diversità in una tipologia idealtipica:
• modello ministeriale -‐ in questo modello, Ministeri e/o Direzioni Generali sono gli organismi competenti a livello nazionale dell’azione di indirizzo e di integrazione fra i diversi livelli di queste politiche pubbliche;
• modello di Agenzie -‐ in questo secondo modello, le Agenzie o gli Istituti sono gli organi che si occupano della funzione di coordinamento delle diverse competenze locali e regionali;
18Cavalli A., La generazione immobile, Il Mulino, Bologna, 2007, p. 471.
19IRER (2006), Rapporto finale: Unità di sintesi sulle politiche giovanili nelle regioni dell’Unione Europea,
Milano.
• modello misto -‐ infine nell’ultimo modello le competenze istituzionali in materiale di gioventù sono distribuite fra Ministeri, Agenzie o Istituti che si occupano di formazione, informazione e promozione giovanile.
Il tipo di architettura istituzionale implica un ruolo diverso delle amministrazioni locali nelle politiche giovanili. La ripartizione delle funzioni e delle azioni di indirizzo di questo settore di politiche pubbliche è, quindi, caratterizzata da una tale complessità da non permettere di stabilire in maniera univoca la titolarità degli interventi. Tale complessità ha dato origine a modelli differenti di governo stesso delle politiche giovanili. Alcuni centrati sull’erogazione diretta di servizi da parte degli enti preposti, altri su un’azione mediata basata sulla delega o sul coordinamento delle attività di più attori.20
Nell’analisi della titolarità degli interventi in questo settore bisogna tenere in considerazione il processo di sussidiarizzazione delle politiche sociali21 che nel nostro Paese ha riguardato anche l’ambito delle politiche sociali e nell’ottica della governance ha visto moltiplicarsi gli attori coinvolti: questo processo ha comportato due effetti. Dal un lato gli attori sub-‐nazionali hanno acquistato maggiore importanza nella fase di attuazione, gestione e definizione delle politiche; dall’altro lato anche attori del privato sociale, scuole e agenzie formative hanno partecipato al processo decisionale.
Questo tema verrà approfondito nei prossimi capitoli nell’analisi delle politiche giovanili nell’agenda europea e a livello nazionale.
1.2.1 TRASVERSALITÀ E SETTORIALITÀ
Un altro punto da esplorare prima di procedere riguarda il rapporto tra le politiche giovanili e gli altri ambiti di policy. Tale questione richiama inevitabilmente anche il problema dell’identificazione delle finalità degli interventi.
Quando una politica viene definitiva in relazione ai suoi destinatari, e non in relazione ai contenuti dei suoi interventi, essa si connota come una politica citizen oriented. Questa tipologia di politica presuppone una chiara identificazione del suo target di riferimento,
20 Per approfondimenti sui diversi modelli vedi Bazzanella A. (a cura di) (2010), Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparato, IPRAASE del Trentino, Trento.
21 Kazepov Y. (2008), The Subsidiarisation of Social Policies: Actors, Process and Impact, European
operazione che come abbiamo visto in precedenza non è possibile. La complessità nella definizione del target conferisce natura trasversale agli ambiti tradizionali d’intervento La trasversalità produce da un lato dei rischi di sovrapposizione con altre politiche settoriali ma dall'altro lato opportunità di integrazione.22
Dallo studio comparato sui modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa di IPRASE23,
pubblicato nel 2010, viene messo in evidenza il carattere settoriale e trasversale di questo ambito di intervento attraverso l'analisi di alcuni casi nazionali emblematici fra cui il caso Italiano. Dallo studio emerge che le politiche giovanili italiane hanno l’obiettivo di facilitare l’accesso dei giovani al credito, al mercato del lavoro, alla formazione, all’impresa, alla casa e alla partecipazione attiva: emerge quindi il contemporaneo carattere settoriale e trasversale di questo tipo di policy. La sovrapposizione dei diversi ambiti di intervento delle politiche a favore dei giovani con altri settori di intervento pubblico emerge non solo dal confronto con sistemi di youth
policy dei diversi paesi europei, ma anche all’interno dello stesso sistema. La pluralità
dei settori di intervento è il fattore per il quale le politiche giovanili si confondono o vengono inglobate in altri segmenti dell’azione pubblica. Ad esempio il fatto che tali politiche abbiamo l’obiettivo di facilitare l’accesso dei giovani al lavoro, le sovrappone alle politiche del lavoro; oppure il fatto che si identifichino come politiche di contrasto all’abbandono scolastico le sovrappone alle politiche dell’istruzione.
Le diverse tipologie di youth policy mostrano come gli Stati “guardano ai giovani sia con specificità sia con un’attenzione particolare nel definire programmi di azione anche in altre aree che, seppur indirettamente, hanno ripercussioni sui giovani” (Bazzanella 2010).24 Emergono usi diversi del termine: le politiche giovanili vengono intese in
un’accezione da un lato generale, dall’altro lato settoriale. Secondo l’accezione generale le politiche giovanili si configurano come un insieme di azioni pubbliche volte esclusivamente alla categoria dei giovani. Intese invece a carattere settoriale le politiche giovanili rappresentano “l’insieme degli interventi attuati in vari settori-‐le politiche
22 D’Elia A. (2006), (a cura di), Le Politiche giovanili: origini, evoluzione, stato dell’arte, Assessorato alla Trasparenza ed alla Cittadinanza Attiva-‐ Regione Puglia, Dipartimento di Scienze Storiche e Sociali – Università degli studi di Bari.
23 Istituto Provinciale per la Ricerca e la Sperimentazione Educativa del Trentino
24 Bazzanella A. (a cura di) (2010), Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparato, IPRAASE del Trentino, Trento, p. 15.