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Modelli della capital growth e della growth security nella gestione di portafoglio.

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale

in Economia e Finanza

Tesi di Laurea

Titolo

Modelli della capital growth e dalla

growth security nella gestione di

portafoglio.

Relatore

Ch. Prof. Marco Corazza

Laureando

Alessio Lasta

Matricola 818231

Anno Accademico

2012 / 2013

(2)
(3)

3

Indice

Introduzione ... 9

1 Elementi di base ... 13

1.1 Utilità logaritmica... 13

1.2 Moto browiano geometrico ... 15

1.3 Bayesian asset pricing ... 19

1.4 Criterio di Kelly ... 24

1.5 Proprietà della strategia di Kelly ... 25

2 Modelli principali: Capital growth, Fixed-mixed, Growth-security. ... 27

2.1 Modello capital growth ... 28

2.2 Modello fixed-mixed... 34

2.3 Modello capital growth-security ... 39

2.4 Modello capital growth con drawdown ... 44

3 Gestione di un portafoglio composto da trading system ... 47

3.1 Implementazione del modello con Matlab ... 48

3.2 Portafoglio composto da 5 trading system ... 50

3.3 Portafoglio composto di 15 trading system ... 58

3.4 Portafoglio composta da 30 trading system... 61

3.5 Confronto con il modello di Markowitz ... 66

4 Applicazione con titoli azionari del mercato italiano ... 80

4.1 Modello capital growth ... 82

4.2 Modello fixed-mixed... 85

4.3 Modello capital growth-security ... 86

4.4 Confronto tra i vari modelli ... 89

4.5 Confronto con il modello di Markowitz. ... 92

Conclusioni ...103

Allegato A ...106

(4)

4

Indice delle figure

FIGURA 3.1 : ANDAMENTO PARAMETRO DI SICUREZZA DAL TEMPO T=0 A T=233. ... 55 FIGURA 3.2 : RENDIMENTO ACCUMULATO DEL PORTAFOGLIO COMPOSTO DA 5 TRADER SECONDO I

MODELLI DELLA CAPITAL GROWTH E GROWTH-SECURITY. ... 56 FIGURA 3.3 : RENDIMENTO ACCUMULATO DEL PORTAFOGLIO COMPOSTO DA 15 TRADER SECONDO I

MODELLI DELLA CAPITAL GROWTH E GROWTH-SECURITY. ... 59 FIGURA 3.4 : RENDIMENTO ACCUMULATO DEL PORTAFOGLIO COMPOSTO DA 30 TRADER SECONDO I

MODELLI DELLA CAPITAL GROWTH E GROWTH-SECURITY. ... 65 FIGURA 3.5 : CONFRONTO TRA LA VARIANZA ATTESA DEL PORTAFOGLIO GESTITO CON LA STRATEGIA

DELLA CAPITAL GROWTH-SECURITY CON IL PORTAFOGLIO DI MARKOWITZ A PARITÀ DI

RENDIMENTO ATTESO. ... 70 FIGURA 3.6 : CONFRONTO TRA I RENDIMENTI SETTIMANALI CONSEGUITI DAL PORTAFOGLIO GESTITO

CON LA STRATEGIA DELLA CAPITAL GROWTH-SECURITY CON IL PORTAFOGLIO DI MARKOWITZ LUNGO L’ORIZZONTE D’INVESTIMENTO. ... 71 FIGURA 3.7 : PIANO RENDIMENTO-VOLATILITÀ, CONFRONTO DI EFFICIENZA DEI PORTAFOGLI E DEI

TRADER. ... 72 FIGURA 3.8 : RENDIMENTO ACCUMULATO DEI PORTAFOGLI GESTITI SECONDO LA STRATEGIA DELLA

GROWTH-SECURITY E MARKOWITZ LUNGO L’ORIZZONTE D’INVESTIMENTO. ... 73 FIGURA 3.9 :CONFRONTO TRA LA VARIANZA ATTESA DEL PORTAFOGLIO GESTITO CON LA STRATEGIA

DELLA CAPITAL GROWTH CON IL PORTAFOGLIO DI MARKOWITZ A PARITÀ DI RENDIMENTO ATTESO. ... 76 FIGURA 3.10 : CONFRONTO TRA I RENDIMENTI SETTIMANALI CONSEGUITI DAL PORTAFOGLIO GESTITO

CON LA STRATEGIA DELLA CAPITAL GROWTH-SECURITY CON IL PORTAFOGLIO DI MARKOWITZ LUNGO L’ORIZZONTE D’INVESTIMENTO. ... 77 FIGURA 3.11 : POSIZIONAMENTO DEL PORTAFOGLIO DI KELLY, MARKOWITZ E DEI TRADER NEL PIANO RENDIMENTO-VOLATILITÀ... 78 FIGURA 3.12 : RENDIMENTO ACCUMULATO DEI PORTAFOGLI GESTITI SECONDO LA STRATEGIA DELLA

GROWTH E MARKOWITZ LUNGO L’ORIZZONTE D’INVESTIMENTO. ... 79 FIGURA 4.1 : RENDIMENTO ACCUMULATO DEL PORTAFOGLIO GESTITO CON IL MODELLO DELLA

CAPITAL GROWTH. ... 83 FIGURA 4.2 : RENDIMENTO ACCUMULATO DEL PORTAFOGLIO GESTITO SECONDO IL MODELLO

FIXED-MIXED... 85 FIGURA 4.3 : RENDIMENTO ACCUMULATO LUNGO IL PERIODO D’INVESTIMENTO DEL PORTAFOGLIO

GESTITO SECONDO IL MODELLO DELLA CAPITAL GROWTH-SECURITY. ... 88 FIGURA 4.4 : CONFRONTO DEI RENDIMENTI SETTIMANALI CONSEGUITI DAI PORTAFOGLI GESTITI CON

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5

FIGURA 4.5 : CONFRONTO RENDIMENTI ACCUMULATI LUNGO L’ORIZZONTE D’INVESTIMENTO

CONSEGUITI DAI PORTAFOGLI GESTITI CON LA STRATEGIA CAPITAL GROWTH, GROWTH-SECURIY E FIXED-MIXED. ... 90 FIGURA 4.6 : CONFRONTO TRA LA VARIANZA ATTESA DEL PORTAFOGLIO GESTITO CON LA STRATEGIA

DELLA CAPITAL GROWTH-SECURITY CON IL PORTAFOGLIO DI MARKOWITZ A PARITÀ DI

RENDIMENTO ATTESO. ... 94 FIGURA 4.7 : CONFRONTO DEI RENDIMENTI SETTIMANALI DEL PORTAFOGLIO GESTITO CON LA

STRATEGIA DELLA CAPITAL GROWTH-SECURITY CON IL PORTAFOGLIO DI MARKOWITZ. ... 95 FIGURA 4.8 : POSIZIONAMENTO DEL PORTAFOGLIO DI ZIEMBA, MARKOWITZ E DEI TITOLI RISCHIOSI

NEL PIANO RENDIMENTO-VOLATILITÀ. ... 96 FIGURA 4.9 : CONFRONTO TRA I RENDIMENTI ACCUMULATI LUNGO L’ORIZZONTE D’INVESTIMENTO

DEI PORTAFOGLI DI MARKOWITZ E DI ZIEMBA. ... 97 FIGURA 4.10 : CONFRONTO TRA LA VARIANZA ATTESA DEL PORTAFOGLIO GESTITO CON LA STRATEGIA

DELLA CAPITAL GROWTH CON IL PORTAFOGLIO DI MARKOWITZ A PARITÀ DI RENDIMENTO ATTESO. ... 99 FIGURA 4.11 : CONFRONTO DEI RENDIMENTI SETTIMANALI DEL PORTAFOGLIO GESTITO CON LA

STRATEGIA DELLA CAPITAL GROWTH CON IL PORTAFOGLIO DI MARKOWITZ. ... 100 FIGURA 4.12 : CONFRONTO DEI RENDIMENTI ACCUMULATI LUNGO IL PERIODO D’INVESTIMENTO DEL

PORTAFOGLIO GESTITO CON LA STRATEGIA DELLA CAPITAL GROWT CON IL PORTAFOGLIO DI MARKOWITZ. ... 101 FIGURA 4.13 : POSIZIONAMENTO DEI PORTAFOGLI GESTITI SECONDO I MODELLI DALLA CAPITAL

GROWTH-SECURITY, MARKOWITZ CON TITOLO PRIVO DI RISCHIO, CAPITAL GROWTH E

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6

Indice delle tabelle

TABELLA 2.1 : MATRICE DI COVARIANZA DEL PORTAFOGLIO A BASSA VOLATILITÀ. ... 31

TABELLA 2.2 : MATRICE DI COVARIANZA DEL PORTAFOGLIO AD ALTA VOLATILITÀ. ... 31

TABELLA 3.1 : MEDIA E VARIANZA SETTIMANALE DEI CINQUE TRADER AL TEMPO T=0. ... 51

TABELLA 3.2 : STIMA DINAMICA DI PREVISIONE DEL RENDIMENTO E DELLA VARIANZE AGGIUSTATE DEI TRADER AL T=0. ... 51

TABELLA 3.3 : PERCENTUALE DI CAPITALE ASSEGNATO TRA I CINQUE TRADER SECONDO IL MODELLO CAPITAL GROWTH AL TEMPO T=0. ... 52

TABELLA 3.4 : CONFRONTO DEI PESI ASSEGNATI DAL MODELLO CAPITAL GROWTH E GROWTH-SECURITY AL TEMPO T=0... 53

TABELLA 3.5 : RENDIMENTO CONSEGUITO DAI TRADER TRA IL TEMPO T=0 E T=1. ... 53

TABELLA 3.6 : RENDIMENTO E VOLATILITÀ DEI TITOLI E DEL PORTAFOGLIO CONSEGUITI DURANTE IL PERIODO D’INVESTIMENTO. ... 54

TABELLA 3.7 : RENDIMENTO E VOLATILITÀ DEI TITOLI E DEI PORTAFOGLI GESTITI SECONDO IL MODELLO CAPITAL GROWTH E GROWTH-SECURITY CONSEGUITI DURANTE IL PERIODO D’INVESTIMENTO. ... 57

TABELLA 3.8 : PERFORMANCE DEI TRADER CONSEGUITI NEL PERIODO D’INVESTIMENTO. ... 58

TABELLA 3.9 : PERFORMANCE DEI TRADER CONSEGUITI NEL PERIODO D’INVESTIMENTO. ... 62

TABELLA 3.11 : PERFORMANCE TRADER CONSEGUITE DURANTE IL PERIODO D’INVESTIMENTO. ... 67

TABELLA 3.12 : RENDIMENTO E VOLATILITÀ SETTIMANALE DEI TRADER OTTENUTI DALLA SERIE STORICA AL TEMPO T=0. ... 69

TABELLA 3.13 : MATRICE DI COVARIANZA DEI TRADER OTTENUTA DALLA SERIE STORICA AL TEMPO T=0. ... 69

TABELLA 3.14 : CONFRONTO PESI TRA IL PORTAFOGLIO GROWTH-SECURITY E MARKOWITZ AL TEMPO T=0. ... 69

TABELLA 3.15 : CONFRONTO RENDIMENTO-VOLATILITÀ TRA IL MODELLO GROWTH-SECURITY E MARKOWITZ. ... 71

TABELLA 3.16 : CONFRONTO INDICI DI PERFORMANCE TRA IL PORTAFOGLIO GROWTH-SECURITY E MARKOWITZ. ... 72

TABELLA 3.17 : CONFRONTO PESI TRA IL PORTAFOGLIO CAPITAL GROWTH E MARKOWITZ AL TEMPO T=0. ... 75

TABELLA 3.18 : CONFRONTO PERFORMANCE TRA IL PORTAFOGLIO CAPITAL GROWTH E MARKOWITZ AL TERMINE DELL’INVESTIMENTO. ... 77

TABELLO 3.19 : CONFRONTO INDICI DI PERFORMANCE TRA IL PORTAFOGLIO CAPITAL GROWTH E MARKOWITZ. ... 78

TABELLA 4.1 : PERFORMANCE DEI TITOLI AZIONARI CONSEGUITE NEL PERIODO D’INVESTIMENTO. .... 81

(7)

7

TABELLA 4.4 : RENDIMENTO E VOLATILITÀ SETTIMANALE CONSEGUITI DAL PORTAFOGLIO FIXED-MIXED... 86 TABELLA 4.5 : PERFORMANCE SETTIMANALE OTTENUTE DAL MODELLO GROWTH-SECURITY. ... 87 TABELLA 4.6 : CONFRONTO PERFORMANCE TRA LA CAPITAL GROWTH-SECURITY, CAPITAL GROWTH E FIXED-MIXED. ... 89 TABELLA 4.7 : CONFRONTO INDICI DI PERFORMANCE TRA LA CAPITAL GROWTH-SECURITY, CAPITAL

GROWTH E FIXED-MIXED. ... 91 TABELLA 4.8 : PERFORMANCE DEI TITOLI AZIONARI CONSEGUITE NEL PERIODO D’INVESTIMENTO. .... 93 TABELLA 4.9 : CONFRONTO PERFORMANCE TRA IL PORTAFOGLIO DI MARKOWITZ E DALLA

GROWTH-SECURITY. ... 95 TABELLA 4.11 : CONFRONTO PERFORMANCE TRA IL MODELLO DELLA CAPITAL GROWTH E

MARKOWITZ. ... 100 TABELLA 4.12 : CONFRONTO INDICI DI PERFORMANCE TRA LA STRATEGIA DI MARKOWITZ E LA

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9

Introduzione

In questo lavoro si andrà ad analizzare una strategia d’investimento che sta riscuotendo molto interesse nell’ultimo ventennio da parte di diversi ricercatori di tutto il mondo, tale strategia si pone come obiettivo quello di determinare la frazione di capitale da distribuire tra i vari titoli d’investimento, al fine di creare un portafoglio finanziario che presenti il più alto tasso di crescita atteso nel lungo periodo. Il problema principale è come suddividere il capitale tra le varie opportunità d’investimento, in maniera tale da ottenere il maggior tasso di crescita possibile del proprio capitale. In letteratura sono state proposte diverse strategie di selezione di portafoglio. Una delle più note in ambito statico è quella proposta da Markwotiz [1952] secondo il principio media-varianza. In questo lavoro invece andremo ad analizzare la strategia dinamica di gestione di portafoglio, dove a instanti predefiniti o quando si dispone di nuove informazioni sull’andamento dei titoli rischiosi si rivede la distribuzione del capitale al fine di ottenere la miglior performance disponibile, in questo lavoro il nostro scopo è quello di analizzare la tecnica di gestione che va sotto il nome di capital growth. I modelli prendono ispirazione dal lavoro di Kelly [1956] il quale ha avuto l’idea di utilizzare la funzione di utilità logaritmica per la risoluzioni di problemi sequenziali d’investimento, ossia dato un orizzonte di investimento abbastanza lungo, lo si suddivide in un sottoinsieme di periodi, e per ogni singolo periodo si determina come distribuire il capitale tra i vari titoli rischiosi, conosciuto come “criterio di Kelly”. Basandosi sull’applicazione delle prove di Bernoulli, il quale ha dimostrato che non solo che la funzione di utilità logaritmica massimizza il tasso di crescita di lungo periodo, ma anche che è miope, ossia massimizza il capitale solo nel periodo corrente, indipendentemente dalle decisioni passate o quelle future. Kelly ha definito la dimensione ottima del capitale da investire in una singola scommessa. La quale può essere anche impiegata con successo in attività d’investimento, ed essa farà meglio di qualsiasi altra strategia nel lungo periodo. Però alcuni economisti hanno dibattuto contro di essa, perché in contrasto con la teoria dell’utilità attesa, la quale afferma che gli investimenti devono essere dimensionati in modo da massimizzare il valore atteso dell’utilità attesa dei risultati. Quindi secondo tale corrente di pensiero la strategia di Kelly è ottimale solo per gli individui che presentino una funzione di utilità logaritmica.

Latané (1959) ha introdotto l’uso della funzione di utilità logaritmica per le sue superiori proprietà nel lungo periodo come criterio di scelta d’investimento, indipendentemente dal lavoro di Kelly. In questo ambito Breiman (1961) ha stabilito in maniera rigorosa le proprietà

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10 matematica del criterio logaritmico, dimostrando tre risultati fondamentali in un contesto generale, a tempo discreto con valore delle attività intertemporali indipendenti. La prima proprietà dice che la strategia che massimizza il valore atteso della funzione di utilità logaritmica nel lungo periodo è sempre superiore rispetto a qualsiasi altra strategia. La seconda proprietà dice che la probabilità di raggiungere un livello di ricchezza preassegnato nel minor tempo possibile, aumenta asintoticamente massimizzando il valore atteso della funzione logaritmica. Mentre la terza proprietà prevede che se si assume che ci sia un set fisso di opportunità d’investimento, esiste un vettore dei pesi del capitale che massimizza il valore atteso del patrimonio finale che è indipendente dal periodo e uguale per tutto l’orizzonte temporale.

Markowitz [1952] nel suo lavoro ha proposto una selezione statica di portafoglio basato sull’efficienza ottenuta secondo il principio media varianza per singolo periodo, ma quando si vanno ad analizzare i rendimenti di più periodi bisogna basarsi sui tassi composti (gli interessi maturati concorrono a formare la base imponibile per il calcolo degli interessi successivi) o rendimenti geometrici (è una misura di posizione di una distribuzione, ed è utilizzata quando le variabili non sono rappresentate da valori lineari, ma da prodotti o rapporti di valori lineari), e da questo punto di vista, è stato dimostrato che la strategia di Kelly risulta essere sempre efficiente geometricamente, ossia al posto di utilizzare come momenti della distribuzione la media aritmetica nella selezione dei titoli rischiosi si utilizza la media geometrica, e la strategia di Kelly presenta il tasso di crescita più alto rispetto ad altre strategie. Thorp (1971) propose una strategia di selezione di portafoglio basata sulla funzione d’utilità logaritmica e dimostrò che la strategia di Kelly non deve essere necessariamente efficiente aritmeticamente in media-varianza, la selezione dei titoli utilizza come momenti della distribuzione la media aritmetica.

Hakansson (1970) calcolò nel suo lavoro le strategie dinamiche ottimali in funzione delle diverse categorie di utilità, determinando la suddivisione ottimale tra consumo, investimenti e prestiti. L’investitore detiene un capitale iniziale, che potrebbe essere anche negativo, e conosce in maniere determinate il flusso di reddito non proveniente da investimenti, e un numero arbitrario d’investimenti possibili di cui possa assumere posizioni sia lunghe che corte e non ci siano possibilità di arbitraggio. Si assumono l’assenza di costi di transazione e l’assenza di tassazione, le funzioni di distribuzione congiunta sono conosciute e stazionarie (se una distribuzione è stazionaria è possibile utilizzare le caratteristiche passate del processo per prevederne l’andamento futuro). Secondo queste assunzioni, la strategia ottimale è indipendente dalla ricchezza iniziale, dal reddito non da capitale, dall’età dell’investitore e

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11 dall’impazienza al consumo. Per impazienza al consumo si intende che l’investitore non ha la propensione a consumare tutto subito, ma è disposto a risparmiare per il consumo futuro. La propensione ottimale al consumo è lineare e crescente alla ricchezza corrente e al valore del reddito non da capitale. L’asset mix ottimale dipende esclusivamente dalla distribuzione di probabilità dei rendimenti, dai tassi d’interesse e dal consumo nel singolo periodo. Secondo il principio della funzione d’utilità logaritmica, l’investitore investirà sempre il capitale disponibile dopo il consumo, e andrà a massimizzarne il tasso di rendimento del capitale in più, derivante dai flussi di reddito non da capitale. Hakansson, ha dimostrato che in generale la funzione di utilità logaritmica induce a una selezione miope degli asset. Per selezione miope degli asset si intende che i titoli vengono selezionati in maniera indipendente dalle scelte passate o future, si cerca di massimizzare il rendimento nel periodo corrente, non vi è mai la miopia se i tassi futuri sono noti.

Roll (1973) ha studiato la relazione esistente tra il modello della capital growth, media-varianza e CAPM, dimostrando che la strategia di Kelly non è necessariamente efficiente dal punto di vista media-varianza e che la selezione di portafoglio alla Markowitz a suo volta non è efficiente dal punto di vista della funzione di utilità logaritmica. MacLean, Ziemba e Blazenko (1992) sostengono che da una strategia basata sul modello di crescita del capitale, rispetto ad una gestione prudente (investitori caratterizzati da un’alta avversione al rischio), il portafoglio alla Kelly è adatto per gli investitori con bassa avversione al rischio. Chopra e Ziemba (1993), hanno dimostrato che con una bassa avversione al rischio alla Arrow-Pratt, l’errore di stima dei momenti che caratterizzano l’andamento dei titoli rischiosi, i quali sono dati fondamentali per la selezione di portafoglio, essi sono per la media all’incirca pari a 100 volte l’errore di stima che si possa avere per le varianze e covarianze, quindi ottenere stime delle medie accurate è fondamentale per investire con successo.

Roll (1973) ha dimostrato i risultati proposti da Breiman (1961) sulla crescita ottimale di portafoglio in maniera da massimizzare la probabilità di eccedere un certo livello di ricchezza entro un determinato periodo prefissato. Ha inoltre dimostrato che la maggioranza dei gestori di fondi che si basavano principalmente sulla teoria finanziaria media-varianza e sul modello CAPM, che ha dominato la teoria e la pratica di selezione di portafoglio, è stata per il 75% dei casi battuta da index fund, i quali sono fondi d’investimento a gestione passiva, cioè una strategia di gestione che ha come unico obiettivo quello di replicare il rendimento del portafoglio di mercato, essi sono caratterizzati da bassi costi e minori sforzi. Mentre la strategia di Kelly è principalmente utilizzata da investitori non ordinari, che sono maggiormente attenti a ottenere alti rendimenti, come Warren Buffet (il quale è considerato

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12 l’investitore numero uno al mondo, la sua strategia si basa essenzialmente nella selezione dei titolo sottovalutati da poi detenere per un lunghissimo periodo di tempo). Ovviamente questo porta ad avere portafogli poco diversificati, e la volatilità non viene vista come un fattore di rischio ma come un potenziale di crescita. Inoltre Roll ha dimostrato che l’orizzonte d’investimento per la scelta del modello è molto importante, anche perché nel lungo periodo i rendimenti tendono alla normalità.

(13)

13

CAPITOLO 1

Elementi di base

In questo capitolo tratteremo delle nozioni base che poi verranno utilizzare per implementare il modello, si andrà ad analizzare la funzione di utilità logaritmica nel punto 1.1, al paragrafo 1.2 spiegheremo il moto browiano geometrico che ci servirà per descrivere il movimento del prezzo dei titoli e quindi del valore del portafoglio. In uno dei modelli che andremo a vedere nel capitolo 2 (capital growth-security) si utilizzerà il modello bayessiano per stimare i momenti dei titoli, ne daremo una breve spiegazione nel paragrafo 1.3. Mentre nei paragrafi 1.4 e 1.5 si andrà a enunciare il lavoro di Kelly, da cui diversi ricercatori basano le loro ricerche per sviluppare dei modelli di selezione di portafoglio alla ricerca del maggior tasso di crescita del capitale nel lungo periodo.

1.1 Utilità logaritmica

Nella scelta tra titoli finanziari, un individuo deve selezionare il titolo o un paniere di titoli che li consenta di ottenere la ricchezza maggiore. Se le alternative hanno un valore futuro certo il problema è semplice da risolvere, nel caso invece di investimenti in titolo azionari, il rendimento futuro è aleatorio, quindi la scelta non è cosi ovvia. Occorre pertanto una procedura che consenta di classificare i livelli di ricchezza aleatori, tale procedura viene realizzata mediante l’utilità attesa. Una funzione di utilità è una funzione che misura l’utilità, l’importanza dei possibili livelli di ricchezza, e tutti i livelli sono classificati a seconda della corrispondente utilità personale. Quindi si utilizza come scala per valutare la ricchezza una funzione di utilità del capitale , che rappresenta l’importanza che ha per l’individuo il possesso del capitale . Consideriamo il caso in cui un investitore si trovi nella condizione di scegliere tra due investimenti o portafogli, che saranno rispettivamente e , e la sua funzione di utilità sia , se si trova nella condizione di scegliere il paniere ,

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14 reputerà l’operazione finanziaria di scambio, ossia la selezione del paniere vantaggiosa, indifferente o svantaggiosa se il valore futuro atteso dell’utilità dei due panieri è uguale a :

Quindi la valutazione di scelta tra un investimento e l’altro non si baserà esclusivamente su un valore assoluto dell’investimento, ma considererà l’utilità che ne trae l’investitore in base alle proprie caratteristiche personali, ad esempio la ricchezza posseduta, l’avversione al rischio, la propensione al consumo. L’utilità logaritmica fu per prima proposta da Bernoulli per la risoluzione del famoso paradosso di San Pietroburgo, il quale diceva che nella scelta di dare un valore a un gioco, non si considera solo da un punto di vista oggettivo, ma bisogna anche considerare il valore che possa avere per ogni singolo soggetto, quindi la valutazione diventa soggettiva basata sull’utilità personale che ne trae ogni singolo individuo. In poche parole, il valore di un gioco dipende da persona a persona e dalle proprie necessità. La funzione di utilità logaritmica è pari a:

La funzione di utilità è differenziabile:

La derivata prima della funzione di utilità è detta utilità marginale del capitale, e misura l’incremento di utilità a seguito di una piccola variazione nella quantità del capitale. Deve essere positiva, nel qual caso indica la non sazietà, ossia l’investitore vorrà incrementare sempre di più la propria ricchezza. La derivata seconda della funzione di utilità individua il comportamento dell’individuo rispetto al rischio. Il grado di avversione al rischio

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15 manifestato da una funzione di utilità è legato alla sua concavità/convessità; più la funzione è concava, maggiore è l’avversione al rischio. Questa nozione può essere quantificata nei termini della derivata seconda della funzione di utilità. Il grado di avversione al rischio è normalmente definito dal coefficiente di avversione al rischio assoluto proposto da Arrow-Pratt, in altre parole da:

Maggiore è il coefficiente e maggiore è l’avversione al rischio. Per molti individui l’avversione al rischio decresce al crescere della ricchezza, riflettendo il fatto che esse sono maggiormente disposti ad assumersi dei rischi quando sono finanziariamente sicuri. Analizzando la funzione logaritmica, il coefficiente di avversione al rischio assoluto alla Arrow-Pratt, è uguale a:

Come possiamo vedere dall’equazione appena descritta, il grado di avversione al rischio per un individuo che presenti una funzione di utilità logaritmica diminuisce all’aumentare della ricchezza posseduta.

1.2 Moto browiano geometrico

In questo paragrafo descriveremo un modello che rappresenta l’andamento dei rendimenti dei titoli finanziari, il quale sarà poi utilizzato per la specificazione di portafoglio. I prezzi dei titoli azionari sono assimilabili a una variabile il cui valore cambia nel tempo in modo aleatorio, quindi formalmente possono essere descritti da un processo stocastico. I modelli principalmente utilizzati si basano sull’ipotesi che la dinamica delle variazioni dei prezzi sia regolata da un processo stocastico in tempo continuo noto come moto Browiano geometrico. In questo modello si assume che i prezzi delle azioni variano continuamente, ma nella realtà i prezzi dei titoli assumono solo valori discreti e le variazioni dei prezzi si hanno solo quando i

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16 mercati sono aperti, tuttavia, l’ipotesi che le variazioni dei prezzi dei titoli rischiosi siano regolati da un processo stocastico a tempo continuo consente di ottenere risultati interessanti dal punto di vista finanziario. Questo processo è stato proposto da Wiener [1950], il quale rappresenta un particolare tipo di processi di Markov o processo senza memoria. L’ipotesi alla base del processo di Markov è che i prezzi futuri delle azioni, dipendano esclusivamente dal prezzo corrente e la storia passata è irrilevante. Quindi la previsione dei prezzi futuri sono incerti e devono essere espressi in termini di distribuzione probabilistica. La proprietà tipica dei processi di Markov richiede che la distribuzione di probabilità del prezzo in ogni istante futuro dipenda esclusivamente dal prezzo corrente. Sia il prezzo del titolo azionario al tempo e l’insieme dei valori che la variabile aleatoria può assumere al tempo :

Dall’equazione (1) si ricava che il prezzo dell’azione al tempo dipende solo dal prezzo corrente. Tale ipotesi è coerente con l’assunto proposto da Fama [1970] che il mercato sia efficiente in forme debole, ossia il prezzo corrente di un’azione racchiude in sé tutta l’informazione a cui si riferiscono i prezzi passati, non è quindi possibile formulare una strategia d’investimento con rendimento atteso superiore a quello di mercato basandosi esclusivamente sull’informazione ricavata dalla serie storica dei prezzi dei titoli. Il processo di Wiener presenta le caratteristiche markoviane appena descritte, ed è caratterizzato da traiettorie continue e non differenziabili quasi ovunque per ogni ed è caratterizzato dalle seguenti proprietà:

Proprietà 1:

per il processo vale zero quasi certamente con probabilità uno.

Proprietà 2: gli incrementi del processo stocastico sono indipendenti, ossia fissato i periodi

temporali con le variabili aleatorie:

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17

Proprietà 3: gli incrementi sono stazionari:

Cioè la variabile aleatoria e sono caratterizzate dalla stessa distribuzione di probabilità per ogni traslazione temporale . Questa proprietà ci dice che è indifferente il periodo che consideriamo per studiare la distribuzione, perché ha sempre la stessa distribuzione di probabilità.

Proprietà 4: gli incrementi con sono distribuiti in modo normale con:

quindi il processo si distribuisce in modo normale:

Una delle caratteristiche principali della distribuzione nei processi standardizzati di Wiener è che presentano media nulla e varianza uguale a . La generica variabile aleatoria ha una distribuzione normale con media nulla e varianza uguale a . Quindi:

Il processo di Wiener standard appena descritto è caratterizzato da una variazione illimitata, avente distribuzione di dato con con media pari a e varianza che tende a divenire infinita per . Questa caratteristica, ossia per il fatto che la varianza tende all’infinito, rende tale processo non adeguato per lo studio della dinamica dei prezzi dei titoli finanziari. Per lo studio della dinamica dei prezzi dei titoli, sembra più adeguato una generalizzazione del processo di Wiener, che indicheremo con , oltre a possedere le proprietà 1-3, si caratterizza per incrementi di con distribuiti in modo normale con media e varianza , cioè:

è possibile rappresentare il processo generico come un processo standard:

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18 Tale che per valgono le proprietà di indipendenza, stazionarietà e normalità degli incrementi. I parametri e sono detti coefficienti di deriva (drift rate) e diffusione (variance

rate). Se consideriamo due istanti temporali e molto vicini, al limite infinitesimi, tra loro

in modo che , l’equazione diventa:

Essa rappresenta un’equazione differenziale stocastica che descrive il moto browiano aritmetico. La variazione infinitesimale del prezzo di si può spiegare da due componenti: la prima di natura certa e proporzionale all’incremento temporale , la seconda invece è aleatoria e proporzionale al processo standard di Wiener. Il termine che rappresenta la componente aleatoria del processo, può intendersi come un termine di disturbo (o rumore). Se si escludesse tale componente, in un intervalli di tempo il processo subirebbe una variazione deterministica misurata da . Il processo però può assumere sia valori positivi che negativi, quindi non risultata particolarmente adatto per rappresentare la dinamica delle variazioni dei prezzi dei titoli finanziari, perché il processo prevede anche variazioni negative e quindi il prezzo dei titoli secondo tale andamento assumerebbe anche valori negativi, ma nella realtà i titoli finanziari al massimo si possono azzerare. Può essere utilizzato per spiegare l’evoluzione dei cambiamenti economici e finanziari nel tempo in base a un tasso lineare e caratterizzati da fattori di aleatorietà crescenti col passare del tempo. Per descrivere l’andamento dei prezzi azionari è ampiamente accettata l’utilizzo del moto browiano geometrico, mediante il quale la variazione del prezzo dell’azione è rappresentato da un processo di Ito con deriva e diffusione . Il processo di Ito prevede che i il prezzo all’istante sia costituito da tre componenti: il prezzo iniziale , la risultante di un insieme di elementi certi nel periodo e la risultante di un complesso di elementi aleatori manifestatisi nel periodo . Quindi supponendo la deriva sia proporzionale al livello del prezzo, il prezzo del titolo cresce in base ad un tasso istantaneo per unità di tempo. Però nella realtà il coefficiente di diffusione non è nullo, quindi se si considera un intervallo molto breve di tempo da a , e l’incremento di varianza sia proporzionale (con fattore di proporzionalità ) al quadrato del prezzo e all’ampiezza dell’incremento temporale . Si suppone inoltre che l’incertezza sui rendimenti relativi sia uguale a , indipendentemente dai prezzi dei titoli. La dinamica dei prezzi dei titoli finanziari può essere

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19 rappresentato dal moto browiano geometrico:

Che si può scrivere come segue:

Essa rappresenta il modello più utilizzato per spiegare la dinamica dei rendimenti relativi dei prezzi azionari. Il coefficiente è chiamato volatilità del prezzo del titolo azionario, mentre il coefficiente rappresenta il tasso di rendimento atteso. La versione nel tempo discreto è:

dove rappresenta il rendimento del titolo, mentre rappresenta la variazione del tempo in cui si considera l’investimento, mentre è la variabile aleatoria normale standardizzata . Si ha pertanto:

La versione a tempo discreto è una approssimazione della distribuzione, e tanto più ampio è l’intervallo temporale considerato tanto più scadente è la qualità dell’approssimazione della stima del prezzo dei titoli finanziari.

1.3 Bayesian asset pricing

Nel processo d’investimento dinamico, i rendimenti dei titoli sono stimati ogni volta che si bilancia il portafoglio. Le nuove distribuzioni di rendimento fungono da input nella selezione d’investimento. Supponiamo che via siano n titoli rischiosi, e sia il prezzo di negoziazione al tempo t, , e il titolo privo di rischio abbia il tasso di rendimento r al tempo t. Assumiamo che il prezzo del titolo rischioso abbia una distribuzione log-normale, che è la distribuzione di probabilità di una variabile aleatoria, in questo caso rappresentata dal prezzo del titolo rischioso, il cui logaritmo segue una distribuzione normale, ossia i valori

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20 tendono a concentrarsi attorno a un singolo valore medio, quindi per tutti . La dinamica dell’andamento dei prezzi è definita dalla seguente equazione differenziale stocastica:

dove rappresenta il moto browniano standard, e definisce la variazione specifica del prezzo di ogni titolo. Mentre di la media istantanea del prezzo del titolo rischioso, la quale è una variabile casuale, la cui distribuzione è definita da:

Dove è la variabile di correlazione Gaussiana, e la correlazione tra . Cosi che il tasso di rendimento è correlato con la covarianza tra data da . Il processo

cosi definito è una variante del modello proposto da Merton[1992], con la condizione che il rendimento , sia stocastico e la volatilità non lo sia. L’assunzione è che il prezzo dei titoli siano correlati tra loro, ed essa sia generata dalla relazione tra l’andamento casuale dei rendimenti. Si presume che l’andamento dei tassi di rendimento siano legati da un fattore comune, normalmente come fattore comune si utilizza il portafoglio di mercato. Si assume inoltre che tra un ribilanciamento e l’altro, ad ogni istante temporale in cui si rivedono le strategie di distribuzione del capitale tra i vari titoli, il processo sia stazionario, ma nel punto successivo la distribuzione dei rendimenti esso possa cambiare. Quando è applicato insieme a dei limiti di controllo, come nel modello capital growth-security (si veda capitolo 2.3) che prevede il livello di capitale obiettivo e il livello minimo al di sotto del quale il capitale non deve mai scendere, il riequilibrio avviene quando i prezzi effettivi toccano i limiti imposti. Le distribuzioni rilevanti che seguono il prezzo, con , , , , dove , sono:

Condizionale Marginale

(21)

21 dove: e . La covarianza può essere scomposta dove è una matrice con . Considerando il fattore latente indipendente, il quale è in grado di spiegare le interrelazioni e le dipendenze tra le variabili statistiche osservate, che avrà distribuzione normale , e l’errore . Poniamo , quindi il prezzo log al tempo t diventa:

La relazione tra i prezzi è guidata da sottostanti fattori comuni che però non sono osservabili. Questo si manifesta in particolare nei tassi di rendimento, , che sono casuali. Il modello fattoriale (9) viene utilizzato per stimare i parametri del modello intertemporale (7) e (8).

Al momento del ribilanciamento del portafoglio, l’investitore al tempo t conosce l’andamento storico dei prezzi dei titoli. Si considerino i dati disponibili al tempo di bilanciamento, e i corrispondenti filtri , il è generato dal processo Y fino al momento t, in questo modo la distribuzione dei rendimenti può essere determinata grazie al teorema di Bayes, ossia:

dove:

(22)

22 La stima di Bayes per il tasso di rendimento di è dato dal valore atteso condizionato . Questa stima è data dal minimo errore quadratico medio della stima basato sulla previsione basata sui dati fino allora disponibili. Nel contesto di revisione del portafoglio, ogni volta che si rivede la strategia d’investimento, il valore di vale fino alla prossima revisione , ossia al prossimo tempo di bilanciamento pianificato o al momento in cui vengono toccati i limiti pianificati dell’andamento del capitale. Poi, dal momento che non ci sono informazione aggiuntive nell’intervallo atteso, , la migliore stima è in tutto il periodo di tempo. La stima di Bayes è dinamica, in modo che possano essere aggiornate quante più nuove informazioni sull’andamento dei prezzi sono disponibili. In particolare, al prossimo ribilanciamento al tempo , il valore precedente di diventa il primo dei dati successivi per la nuova stima, assieme alle nuove informazioni disponibili. C’è anche un altro approccio che enfatizza le dinamiche correnti, dove i parametri del modello vengono stimati prendendo solo i valori più recenti, ossia i dati provenienti dall’intervallo precedente, i dati recenti contengono l’informazione relativamente ai cambiamenti in corso dei prezzi. Consideriamo l’intervallo di riequilibrio (0, t) e l’andamento dei prezzi negli istanti a tempo discreto con il corrispondente prezzo log . La variazione dei prezzi logaritmici tra il tempo e è uguale a , . Dal modello, ricaviamo che rappresenta la variazione dei prezzi in tempo discreto :

(13) dove:

Il vettore incrementale, in cui il punto finale viene indicato come scostamento dal punto iniziale, appena definito, è indipendente e Gaussiano per ogni k. La matrice di covarianza per tutti i vettori sarà uguale a:

(23)

23 I log prezzi osservati dei titoli rischiosi nell’istante temporale discreto:

, con , dati dal relativo incremento (le prime differenze nei prezzi

log) sono . La matrice di covarianza per gli incrementi osservati è , la stima di . Dal modello (13), la covarianza teorica è fattorizzata come

. Se il rango , allora la matrice di covarianza del campione può essere fattorizzata, che consiste nel trovare la scomposizione in fattori con i quali poi risulterà facile produrre stime di e . Nel modello per la determinazione del prezzo (3), l’assunzione che il rango è equivalente all’assunzione che il numero di fattori latenti l è strettamente minore rispetto al numero di titoli rischiosi. Assumendo , nell’analisi di , se il numero dei fattori è conosciuto, è la matrice dei fattori latenti,

mentre è la matrice dell’errore specifico, essi sono degli estimatori efficienti di , con . Quindi è uno stimatore efficiente per . Se si assume che il tasso di rendimento abbiano in comune la media, i.e. per tutti , allora la media è uno estimatore di , dove

. Questa assunzione del valore comune è consistente per il tasso di rendimento dei titoli nel lungo periodo. Alternativamente i titoli potrebbero avere la media comune nella stessa asset class (insieme di titoli strettamente correlati tra loro e simili per profili di rendimento e rischio), con differenze tra le varie classi di titoli. In questo modo sono stati individuati le stime dei parametri per l’implementazione del modello all’interno del periodo di bilanciamento. La distribuzione condizionata per i prezzi dei titoli può quindi essere stimata, e in particolare il tasso medio di rendimento condizionale per l’intervallo successivo. Dal momento che la previsione è data dalla formula di Bayes, con i parametri stimati dai dati storici, si tratta di una stima empirica di Bayes.

Sia le osservazioni del vettore dei prezzi log dei titoli rischiosi nel intervallo , con le statistiche calcolate del primo ordine degli incrementi: e . Quindi

, e , la stima del tasso medio condizionale di rendimento al tempo t è:

Inoltre, il limite di di è . Se il modello è corretto, allora presenta la stima a più piccolo errore quadratico medio per i tassi di rendimento, come ad esempio per la

(24)

24 stima di massima verosimiglianza. Se il modello è corretto, ma non si conoscono il numero dei fattori latenti, allora vi è un errore aggiuntivo per la stima, ossia la determinazione del numero dei fattori. Tuttavia dalle ricerche fatte in materia, si veda MacLean e Weldon [1996], tale errore è molto piccolo. Il modello dinamico per il tasso di rendimento,

è la corretta formulazione per ottenere le stime empiriche Bayes per i parametri. Le modifiche riguardano il calcolo delle differenze di secondo ordine, al fine di ottenere un modello con la distribuzione degli incrementi di secondo ordine i.i.d.

1.4 Criterio di Kelly

Kelly nel 1956, quando lavorava per il Bell Laboratory in AT&T, sviluppò la formula per la quale è conosciuto per studiare i problemi di rumori di sottofondo sul segnale che si presentavano nelle comunicazioni a lunga distanza. Quando il metodo fu pubblicato nel 1956, i giocatori d’azzardo professionisti si resero conto del potenziale che il metodo esprimeva quando applicato allo studio dell’ottimizzazione delle puntate nelle scommesse sulle corse dei cavalli. Il sistema permetteva di massimizzare la scommessa ottimizzandola per il lungo periodo. Attualmente la formula di Kelly è utilizzata anche nelle attività d’investimento. Nel lavoro originario proposto da Kelly, il criterio è valido solo se l’investimento o il “gioco” è giocato o investito più volte, e mantenga la stessa probabilità di vincere o perdere per tutte le volte e con lo stesso rapporto di payout. La sua formula si basava sullo studio della probabilità di vincere e il rapporto media vincita/media perdita. Mettendo in relazione la probabilità di vincita e il rapporto tra il guadagno medio e la perdita media è possibile sviluppare un sistema che permette di individuare la quota di capitale da investire per massimizzare il tasso di crescita del capitale finale, tenendo sotto controllo il rischio di bancarotta. La percentuale di capitale da investire a ogni operazione sarà uguale a:

dove rappresenta la probabilità di vincere, è la probabilità di perdita, mentre rappresenta il rapporto tra guadagno medio e perdita media. Il risultato dell’equazione rappresenta la percentuale di capitale che deve essere investita nel singolo titolo, in maniera

(25)

25 tale da ottenere il massimo tasso di rendimento nel lungo periodo. Supponiamo di possedere una serie storica dell’andamento delle ultime operazione fatte su uno strumento finanziario, dal quale stimiamo le probabilità di vincita. Una volta ottenuta la probabilità di vincita, si stima il rapporto tra guadagno medio e perdita. Una volta ottenuti tutti i dati, è possibile calcolare la percentuale di capitale da investire ad ogni singola operazione. Un punto importante della ricerca di Kelly, è che assume l’ottimizzazione nel lungo periodo, e per un numero elevato di ripetizione della medesima operazione. Affinché il criterio individui una percentuale ottima d’investimento, bisogna che ci sia un margine positivo di guadagno, ossia la differenza tra la media dei guadagni per la rispettiva probabilità e la perdita media per la rispettiva probabilità abbia valore positivo, altrimenti la percentuale di Kelly sarà pari a zero. La formula generale del criterio di Kelly, da cui è possibile determinare il tasso di crescita ottimale, è:

Dove è il guadagno medio, la perdita media, rappresenta la percentuale di capitale da investire ed è l’incognita dell’equazione, per determinate il massimo tasso di crescita atteso devo trovare la percentuale di capitale da investire nel singolo titolo tale che mi permetta di ottenere il maggior tasso di crescita possibile nel lungo periodo.

1.5 Proprietà della strategia di Kelly

Basandoci sul lavoro di MacLean, Thorp e Ziemba [2010], i quali hanno raccolto in un unico paper i principali risultati fatte da diversi ricercatori, andremo ad analizzare i pregi e difetti nell’utilizzo della strategia di Kelly nel processo di selezione di portafoglio nel lungo periodo. Le varie ricerche hanno dimostrato che massimizzando la funzione di utilità logaritmica asintoticamente si massimizza anche il tasso di crescita atteso del portafoglio finanziario. Utilizzando tale strategia non si rischia la bancarotta, e il livello dei pesi del capitale in valore assoluto è monotono crescente rispetto alla ricchezza accumulata. Le decisioni d’investimento non prendono in considerazione le decisioni d’investimento passate o future, ma sono basate esclusivamente sulle scelte correnti. Il portafoglio costituito secondo la strategia di Kelly non

(26)

26 risiede necessariamente sulla frontiera efficiente nel modello media-varianza proposto da Markowitz. Nonostante le sue eccellenti proprietà nel lungo periodo, come qualsiasi altra strategia, può avere degli esiti negativi di rendimento. L’utilizzo di tale strategia è molto semplice quando si conoscono con precisione le distribuzioni di probabilità. Tuttavia nelle applicazioni d’investimento questo non è praticamente mai possibile. I rendimenti futuri potrebbero essere differenti dalle stime basate sui dati storici, dovuto al rischio di incorrere in errore nelle stime delle medie, di conseguenza gli operatori dovrebbero tener conto di tali rischi, quindi dovrebbero cercare di costruire dei limiti inferiori alla traiettoria preassegnata, tenendo in questo modo sotto controllo il drawdown, il quale rappresenta l’intensità di riduzione del capitale.

(27)

27

CAPITOLO 2

Modelli principali: Capital growth, Fixed-mixed,

Growth-security.

In questo capitolo andremo a trattare il modello di selezione di portafoglio che va sotto il nome di capital growth, il quale ha la caratteristica di essere tra i vari modelli proposti dal mondo finanziario, quello che presenta il maggior tasso di crescita attesa. Le ricerche in questo campo sono abbastanza recenti, nell’ultimo ventennio diversi ricercatori si sono interessati ad applicare la tecnica di Kelly[1956] per risolvere problemi di ottimizzazione di selezione di portafoglio nel lungo periodo. Kelly propose un sistema per risolvere il problema dei disturbi nelle comunicazioni a lunga distanza, e diversi economisti lo trovarono interessante e decisero di adattare la formula per applicarla nella selezione di portafoglio. Il principio base su cui si basa il modello della capital growth è di determinare la frazione di capitale iniziale da destinare ad ogni singolo titolo e ripetere la medesima strategia ad ogni periodo successivo, allo scopo di ottenere il maggior tasso di crescita possibile e allo stesso tempo limitare il rischio di incorrere in perdite. Basandoci sulle ricerche fatte in questo capo da MacLean, Ziemba, Li [2005], Luenberger [1993], Mulvey, Bilgili e Vural [2010], andremo di seguito ad esporre i vari modelli da loro proposti: 2.1 modello capital growth, 2.2 modello fixed-mixed, 2.3 modello capital growth-security. 2.4 modello capital growth con drawdown.

(28)

28

2.1 Modello capital growth

In questo paragrafo presenteremo il modello capital growth pubblicato da Luenberger [1993], che si basa sulla selezione dei titoli rischiosi al fine di ottenere il maggior tasso di crescita possibile del portafoglio in un orizzonte temporale di lungo periodo. Al fine di ottenere il massimo tasso di crescita possibile, utilizzeremo la ricerca fatta da Kelly [1956], il quale propose che per un numero elevato di prove il maggior tasso di crescita si ottiene scegliendo i pesi dei titoli rischiosi in maniera tale da massimizzare dove è il vettore dei rendimenti del portafoglio formato dalla sommatoria dei rendimenti ponderati dei titoli rischiosi che formano il portafoglio. In questo modo ci attenderemo che il portafoglio aumenti approssimativamente in media secondo il tasso di crescita . Inoltre dobbiamo anche considerare che l’investitore non considera solamente il tasso di crescita o il profitto che trae da un investimento, ma valuta anche l’utilità personale che ne trae a determinati livelli di ricchezza, come spiegato nel primo capitolo, per la selezione del portafoglio useremo la funzione di utilità logaritmica. Se introduciamo la funzione di utilità , il problema di massimizzare il tasso di crescita è equivalente a massimizzare l’utilità attesa . Utilizzando il logaritmo come funzione di utilità , ci permette di risolvere il problema di massimizzazione del tasso di crescita come se fosse uni periodale. Questa strategia ci garantisce il massimo tasso di crescita nel lungo periodo, cercando la cosa migliore da fare al primo periodo e replicarla per i periodi successivi. Assumiamo che il mercato sia efficiente, non ci siano opportunità di arbitraggio, assenza di costi di transazione e tassazione. Supponiamo che vi siano n titoli rischiosi correlati tra di loro, il prezzo dell’i-esimo titolo, per i=1,2,…,n è governato da un’equazione che segue un moto browniano geometrico:

dove denota un processo di Wiener standard, ma con varianza pari a . In questo tipo di processo i titoli sono correlati tramite componenti costituite da processi di Wiener. In particolare la covarianza tra due titoli è pari a:

(29)

29

Da cui ricaviamo , che rappresenta il tasso di crescita atteso del titolo i-esimo dal periodo inziale al tempo , che è dato dalla media storica corretta per il rischio, che è rappresentato dal 50% della variazione storica del titolo, ricavata dalla formula seguente:

Una voluta ottenuta la distribuzione dei singoli titoli, possiamo procedere alla costruzione di un portafoglio finanziario, che sarà composto da diversi titoli con pesi differenti a seconda delle caratteristiche ricercate nel rendimento atteso del portafoglio e della distribuzione dei singoli titoli. Consideriamo un portafoglio costituito da n titoli, il capitale redistribuito tra i vari titoli sarà pari a , i=1,2,…,n che rappresentano i pesi dei singoli titoli nel portafoglio, la cui somma totale deve essere uguale a uno , in maniera tale da sfruttare l’intero capitale a disposizione. Possiamo quindi ricavare la distribuzione del portafoglio. Sia W la variabile casuale che rappresenta il valore del portafoglio, il tasso istantaneo di rendimento del portafoglio è uguale alla somma del contributo dato dai rendimenti istantanei dei singoli titoli in base alla quota detenuta nel portafoglio. L’equazione di seguito riportata, rappresenta il rendimento istantaneo del portafoglio:

La varianza del termine stocastico è pari a:

Ossia è dato dalla sommatoria delle covarianze dei titoli detenuti in portafoglio per le rispettive quote detenute. Una volta ottenuto il valore della varianza del termine stocastico, è possibile ricavare il tasso di crescita totale atteso del portafoglio Wt dal periodo iniziale al

(30)

30

La varianza invece del portafoglio è pari alla sommatoria delle covarianze dei vari titoli:

Il tasso di crescita medio del portafoglio sarà pari a:

Quindi è possibile determinare il tasso di crescita desiderato del nostro portafoglio, scegliendo opportunamente i pesi dei titoli, con il vincolo che la somma dei pesi sia pari a uno.

La caratteristica principale del modello è quella di sfruttare la volatilità dei titoli per ottenere un aumento della crescita. I singoli titoli hanno un tasso di crescita atteso che è dato dall’equazione (21), se noi creiamo un portafoglio di titoli il termine di correzione della covarianza ossia è minore del termine di varianza dei singoli titoli per effetto

della diversificazione, in questo modo va a ridurre in maniera minore la media ponderata del rendimento del portafoglio rispetto al caso del singolo titolo, in questo modo otteniamo un tasso di crescita superiore rispetto alla semplice sommatoria del tasso di crescita dei singoli titoli. Supponiamo che un titolo abbia un tasso di crescita del 13% l’anno e una volatilità del 16%, prendiamo la formula (22) e risolvendola al fine di esplicitare , la media del titolo è 14.28%. Combiniamo 10 titoli aventi la stessa caratteristica di quello appena proposto, in proporzioni uguali e assumendo che non sia correlati tra loro, otteniamo che il tasso di crescita complessivo del portafoglio è uguale a:

(31)

31

Possiamo notare che la differenza del tasso di crescita del portafoglio rispetto al tasso di crescita dei singoli titoli è aumentata del 1.152%. Aumentando la volatilità dei titoli aumenta il tasso di crescita del portafoglio.

Consideriamo ora il caso di costruire due portafogli con lo scopo di dimostrare con un esempio il motivo perché maggiore è la volatilità dei titoli e maggiore sarà il tasso di crescita atteso del portafoglio. Prendiamo tre titoli, aventi media , ma nei diversi portafogli avranno varianze differenti, ossia nel portafoglio a bassa volatilità sarà uguale a , e =10%, mentre nel portafoglio ad alta volatilità saranno , e =20%. Supponiamo che la matrice di covarianza per il portafoglio a bassa volatilità sia:

0.0144 -0.0005 -0.002

-0.0005 0.0196 -0.0012

-0.0002 -0.0012 0.01

Tabella 2.1 : Matrice di covarianza del portafoglio a bassa volatilità.

Mentre per il portafoglio ad alta volatilità le covarianze sono le stesse, varieranno solo le varianze.

0.0484 -0.0005 -0.002

-0.0005 0.0576 -0.0012

-0.0002 -0.0012 0.04

Tabella 2.2 : Matrice di covarianza del portafoglio ad alta volatilità.

Applicando la formula (27), la quale ci permette di ricavare il tasso di crescita dei due portafogli, otteniamo i seguenti valori:

i pesi dei titoli sono: , se noi li prendessimo singolarmente e calcolassimo il tasso ponderato della loro crescita otterremmo:

(32)

32

La differenza data da g del portafoglio e g dei singoli titoli è di un incremento di 0.0051. Nel caso invece i titoli presentino un’alta volatilità, il tasso di crescita del portafoglio è pari a:

i pesi dei titoli sono: , il portafoglio è composto dagli stessi titoli e medesimi pesi, però il tasso di crescita del portafoglio è leggermente inferiore rispetto al caso del portafoglio composto da titoli a bassa volatilità. Ma se invece calcoliamo la media ponderata dei tassi di crescita dei singoli titoli, otteniamo:

La differenza è nettamente superiore, infatti il portafoglio incrementa il tasso di crescita dei singoli titoli di ben 1.66%, questo a dimostrazione che maggiore è la volatilità dei titoli, più alto sarà la differenza tra il tasso di crescita dei singoli titoli e il portafoglio.

Portafoglio con massimo tasso di crescita

Al fine di ottenere il portafoglio di massima crescita, bisogna risolvere il problema di ottimizzazione vincolata. Il vincolo imposto è che la somma dei pesi deve essere pari a uno, in pratica l’intero capitale deve essere redistribuito tra tutti i titoli e non è acconsentito indebitarsi per acquistare più azioni rispetto alla ricchezza a propria disposizione. Il nostro obiettivo è quello di massimizzare il tasso di crescita:

(33)

33

Risolvendo il sistema di ottimizzazione si ottengono i pesi di tali che la distribuzione del capitale tra i vari titoli permettono di ottenere un portafoglio finanziario avente il maggior tasso di crescita possibile. Il vettore dei pesi si ricava dalla seguente equazione:

dove il rappresenta il vettore dei pesi dei titoli, è la matrice di covarianza e rappresenta il vettore della media dei rendimenti dei titoli.

Inclusione di un titolo privo di rischio

Finora abbiamo considerato solo il caso in cui il portafoglio fosse costituito da soli titoli rischiosi, invece adesso consideriamo il caso in cui sia presente anche un titolo privo di rischio. Supponiamo che il prezzo del titolo privo di rischio sia governato dalla seguente equazione:

Il titolo privo rischio avrà rendimento pari a e avrà varianza nulla. Il tasso di crescita del portafoglio sarà quindi uguale a:

(34)

34 Dall’equazione (30) è possibile determinare il tasso di crescita desiderato del nostro portafoglio, scegliendo opportunamente i pesi dei titoli rischiosi e privo di rischio, con il vincolo che la somma dei pesi sia pari a uno. Per trovare invece il portafoglio che massimizza il tasso di crescita con il titolo privo di rischio, bisogna risolvere un problema di ottimizzazione vincolata:

Risolvendo il sistema, siamo in grado di determinare come suddividere il nostro capitale tra gli asset rischiosi e il titolo privo di rischio, in maniera da ottenere il massimo tasso di crescita possibile.

2.2 Modello fixed-mixed

In questo paragrafo andremo a trattare la strategia d’investimento in cui il portafoglio è composto da proporzioni costanti di titoli rischiosi, ci baseremo principalmente sulle ricerche fatte da Schenk-Hoppé [2010]. Si tratta di un’attività di gestione di portafoglio soprannominata “pompaggio della volatilità”. La caratteristica principale è il mantenimento delle proporzioni costanti degli asset in portafoglio, quindi periodicamente si venderanno le posizioni i cui valori superano la proporzione iniziale, per finanziare l’acquisto delle posizioni la cui proporzione invece è inferiore a quella iniziale, alimentando in questo modo la massima “comprare basso e vendere alto”. L’assunzione fondamentale di questo modello e affinché ci sia la crescita del capitale è che il mercato sia stazionario e quindi il tasso di crescita dei titoli sia mediamente pari a zero. Con questa strategia si cercano di sfruttare le fluttuazioni continue dei prezzi dei titoli.

Consideriamo un mercato i cui rendimenti siano costanti, assumiamo che i tassi di rendimento del titolo i-esimo siano:

(35)

35

sia il vettore dei rendimenti dei titoli e sia stazionario ed ergodico (la media statistica e la media temporale coincidono) e dove i = 1,2,…,n ed . Il prezzo del titolo al tempo t sarà ,dove i rendimenti dei titoli seguono un andamento casuale, mentre il vettore composto dagli n titoli è stazionario (mercato stazionario). Inoltre si assume che i rendimenti dei titoli sono tra di loro indipendenti, e il prezzo del titolo segue un processo geometric random walk. Il prezzo di ogni titolo i ha una ben definito tasso di crescita, che risulta essere pari a . Quest’ultimo può essere positivo, negativo o pari a zero, ed esso non dipende da t per via della stazionarietà. La strategia di gestione del portafoglio prevede di suddividere il capitale in ogni istante in proporzioni uguali per tutti i titoli. Il tasso di crescita dovuta a questa strategia deriva esclusivamente dalla volatilità dei prezzi dei titoli. Questo risultato è controtendenza rispetto alla teoria classica della finanza, dove si considera la volatilità come un rischio e non come un fattore endogeno di crescita del capitale. La strategia fixed-mixed ha un maggior tasso di crescita rispetto ad una strategia buy-and-hold, come hanno dimostrato Luenberger[1998], Dempster, Evstigneev e Schenk-Hoppé[2008], Ziemba[2008].

In ogni istante t il prezzo dei titoli cambia e quindi anche le proporzioni della distribuzione del capitale, e non saranno più costanti come al tempo iniziale, quindi in ogni istante si andrà a vendere i titoli il cui valore si è modificato maggiormente e si acquisteranno invece quelli che hanno avuto una crescita minore o negativa, al fine di riportare il portafoglio ad avere una distribuzione del capitale uguale per tutti i titoli. In ogni istante t il valore del portafoglio sarà uguale a:

dove è il rendimento del periodo dell’ i-esimo titolo, e il peso del titolo all’istante t che prima dell’aggiustamento non sarà uguale per tutti i titoli a seguito della fluttuazione dei prezzi tra una revisione e l’altra. Questo implica che per ogni il valore del portafoglio è dato dal rendimento realizzato dal portafoglio a ogni ribilanciamento, e sarà uguale a:

(36)

36

Per tutti . Il processo ergodico, relativo al rendimento del portafoglio, assicura:

Dalla diseguaglianza di Jensen [1906], che lega il valore di una funzione convessa al valore della medesima funzione calcolata nel valor medio del suo argomento, si ottiene la seguente relazione: di conseguenza:

La strategia di proporzioni costanti sfruttando la continua fluttuazione dei prezzi permette di ottenere un rendimento superiore rispetto alla strategia buy-and-hold. La stazionarietà dei prezzi dei titoli, permette di ottenere dei rendimenti attesi del portafoglio strettamente positivi, nonostante il fatto, che ogni singolo asset ha un tasso di crescita atteso pari a zero.

La ricerca di Mulvey and Kim (2008) illustra come la strategia fixed-mixed è in grado di creare eccesso di crescita. Si supponga che il prezzo dei titoli segua un processo geometrico e sia lognormale, in questo caso rappresentato dalla seguente equazione:

dove è il tasso di rendimento del prezzo del titolo e è la sua varianza, mentre rappresenta il moto browniano avente media 0 e varianza .

(37)

37 Il prezzo del titolo privo di rischio segue lo stesso processo con tasso di rendimento uguale a e volatilità uguale a 0. Di seguito è rappresentato il processo del prezzo del titolo privo di rischio :

Integrando l’equazione del prezzo del titolo rischioso con quella del titolo free-risk otteniamo il seguente processo del prezzo dei titoli rischiosi:

Assumiamo che nel mercato ci siano titoli, e il loro prezzi siano e seguano un

processo lognormale. Il valore del portafoglio che segue la stretegia fixed-mixed è rappresentato dalla seguente equazione:

dove è fisso per tutti i titoli, ossia la porzione di capitale è uguale per tutti i titoli detenuti in portafoglio. In questo caso, la somma dei pesi è uguale a uno. La strategia fixed-mixed in tempo continuo prevede di applicare gli stessi pesi dei vari titoli per tutto il tempo. Il rendimento istantaneo del portafoglio ad ogni istante è dato dalla media pesata dei tassi di rendimento istantaneo dei singoli titoli in portafoglio.

Assumiamo per semplicità che il portafoglio sia composto da un titolo rischioso e uno privo di rischio. Il portafoglio sarà quindi composto da una porzione nel titolo rischioso e il restante nel titolo privo di rischio. L’andamento del capitale del portafoglio in ogni istante di tempo è rappresentato dalla seguente equazione:

(38)

38

per semplicità si assume che il tasso di crescita dei titoli rischiosi e del titolo privo di rischio nel lungo periodo siano uguali. Quindi:

Il tasso di rendimento del portafoglio è:

Sostituendo il tasso di rendimento diventa:

Mentre la varianza del portafoglio è:

Il tasso di crescita del portafoglio secondo la strategia fixed-mixed diventa:

Il tasso è maggiore di per , poiché il tasso di crescita del portafoglio contiene una componente di eccesso che è che è maggiore di che è il tasso di crescita dei singoli titoli. L’eccesso di crescita è dovuto al continuo spostamento di capitali dai titoli che vanno bene a quelli che vanno male, maggiore è la volatilità dei titoli e più grande sarà il valore della componente in eccesso del tasso di crescita del portafoglio.

Il valore finale del portafoglio dipende principalmente dal movimento dei prezzi dei titoli che lo costituiscono, maggiore è la loro volatilità, più alto sarà il rendimento del portafoglio. Nel caso in cui il mercato sia stazionario, la strategia fixed-mixed risulta essere maggiormente

(39)

39 vantaggiosa, rispetto alla strategia buy-and-hold. Consideriamo il caso in cui il mercato sia oscillante, e perde il 5% per poi ritornare al suo valore iniziale, utilizzando la strategia constant mix, che prevede di acquistare azioni quando scendono e venderle quando acquistano valore, capitalizzando le inversioni di tendenza, permette di ottenere un rendimento positivo e superiore rispetto ad una strategia buy and hold, la quale prevede di acquistare i titoli e detenerli fino a scadenza, che nel nostro esempio avrebbe conseguito un rendimento nullo. Nel caso invece il mercato sia rialzista o ribassista, la strategia fixed-mix è svantaggiosa.

2.3 Modello capital growth-security

Una volta presa la decisione di come allocare il capitale fra i vari asset, l’obiettivo successivo sarà di controllore l’andamento del capitale accumulato, e si farà tramite il modello proposto da MacLean, Ziemba e Li [2005]. Il modello da loro proposto ha l’obiettivo d’indentificare una strategia basata sempre sul principio di capital growth, ma inserendo in più un parametro di sicurezza, ossia inserire un limite inferiore sotto al quale il capitale non deve scendere, il quale è anche una misura dell’avversione al rischio. Nella gestione del portafoglio in condizioni d’incertezza, l’investitore deve determinare la quantità ottima da investire tra le varie opportunità rischiose e prive di rischio. Tale strategia produce un flusso di capitale lungo l’orizzonte temporale previsto, con decisioni d’investimento realizzate in modo tale che la distribuzione della ricchezza presenti proprietà desiderabili nel corso del tempo. Il flusso di capitale di seguito a una strategia dinamica può essere visto sia da un punto di vista della ricchezza o del tempo per raggiungerlo, sono variabili controllabili dalle decisioni d’investimento. Assumiamo che l’acquisto e la vendita dei titoli avvenga in tempo continuo, in assenza di costi di transazione e tassazione, le vendite allo scoperto siano ammesse, e ci sia la possibilità di prendere e dare a prestito allo stesso tasso d’interesse. Il modello presentato da Ziemba prevede di stimare i momenti di distribuzione dei titoli utilizzando il modello bayesiano (cap 1.3), dall’andamento storico dei prezzi e dalla dinamica dei prezzi fornite dall’informazione corrente, si ottengono in questo modo le medie condizionali, dove rappresenta il rendimento del titolo -esimo mentre rappresenta la volatilità del titolo -esimo al tempo t.

(40)

40

Il portafoglio è composto dall’insieme degli n titoli e il livello del capitale accumulato al tempo t deve soddisfare l’equazione stocastica differenziale:

dove è il moto browniano standard. L’indice di tempo è stato eliminato per comodità di notazione e la suddivisione del capitale da investire tra le attività rischiose sono libere in quanto i pesi destinati all’attività priva di rischio possono essere sempre scelti (prendere o dare a prestito) al fine di soddisfare il vincolo di bilancio, dove la somma dei pesi deve essere pari a uno. L’approccio comune di valutazione della strategia d’investimento è basata sulla considerazione del capitale accumulato. Un approccio alternativo consiste nel considerare il tempo di primo passaggio a determinati livelli di ricchezza accumulata, fissato il livello di capitale obiettivo bisogna determinare come redistribuire il capitale tra i vari titoli al fine di trovare la composizione ottimale che ci permetta di raggiungere nel minor tempo possibile l’obiettivo prefissato. Le variabili stocastiche che ne definiscono l’andamento sono:

- capitale accumulato al tempo t di un capitale iniziale con e pesi investi dove è la frazione investita nel titolo free risk;

- tempo di primo passaggio al raggiungimento della ricchezza prefissata M partendo dalla ricchezza iniziale al tempo , e i pesi investiti dove è la frazione investita nel titolo free risk.

Al tempo iniziale , il rendimento atteso è dato dalla media , l’andamento previsto del capitale e il rispettivo tempo di primo passaggio sono derivati assumendo come valore fisso

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