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Per la più grande Italia : orazioni e messaggi di Gabriele D’Annunzio

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Academic year: 2021

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P E R LA PIÙ GRANDE

I T A L I A *

O R A Z I O N I E

M E S S A G G I DI

GABRIELE

D’A N N U N Z I O ji > ji j»

Sveglia i dorm enti e annunzia ai d e sti: I g io r n i

F R A T E L L I T R E V E S E D I T O R I • M I L A N O • M C M X V CENTRO BIBLIOTECARIO DI ATEN EO N. INGRESSO - ­

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P r o p r i e t à l e t t e r a r i a . R is e r v a ti tu tti i d iritti.

C o p y rig h t b y F r a telli T r e v e s, 1915. S i riterra contraffatto qualunque esemplare d i questa opera che non p o r ti i l timbro a secco d e ll A utore.

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E t d isse : « A h , ch ’io ven g a

ch ’io ven g a anche a ll u ltim a g u e r r a : L eg a tem i s u l mio cavallo.

C h io v e d a b rilla re le stelle su la Verruca, oda a l Q uarnaro can tare i m a rin a i d ’I ta lia ! L eg a tem i s u l mio cavallo. »

Verrà, verrà s u l suo cavallo, con g io vin e chioma....

t

De l l e La u d i l i b. I I .

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L E P I G R A F E D E L L A M E D A G L IA . AI F A T I I N V I T T I AI F L U T T I A U S P I C A T I E AI S U P E R S T I T I E S T R E M I D E L L A G E S T A L I B E R A T R I C E R E S P I R A N T I C O N L A P A T R I A I N T E R A L A I M M O R T A L I T À D E L D U C E S O P R A V V E N I E N T E G E N O V A C O N S A C R A IN F E D E O R A E S E M P R E

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PAROLE DETTE AL PO PO LO DI GENOVA NELLA SERA DEL RITOR NO. IV MAGGIO MCMXV.

O Genovesi, eccomi vostro in presenza come già fui di lontano, con voi tutto, alla vigilia della gran giornata, per pre gare e poi per lottare, eccomi devotis simo.

Un Genovese ritorna alle sue mura, ritorna al suo porto (consentitemi que st’orgoglio che è anche umiltà), uno il quale fu fatto cittadino in San Giorgio per grazia del canto, per miracolo di quella tazza da secoli arcana, onde in giorni di milizia ei vide ritraboccare il sangue del novel patto, e lo cantò.

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Ma è questo un ritorno ? e dov’ è la mia vita distante? E quanto lasciai die tro me, opera o sogno, pertinacia o tri stezza, pazienza o languore, che mi vale in questi attim i? Non so se io abbia rivalicato un confine di monti, ritraver sato un paese primaverile. Monti non ho veduto, non boschi in foglia, non fiumi in piena, se non a tratti dietro un velo ; ma anime accese e protese, ma apparizioni d ’amore, ma trasfigurazioni fraterne. Prim a di riconoscere il volto della patria, ne ho ribevuto l’alito affo cato. Dianzi, in quel primo grido, in quel primo saluto, la città non m’era di pietra ma tutta d’umana sostanza: non so che stellato di occhi, sotto le stelle del cielo.

Perché voi mi veniate incontro con tanto impeto, vi porto io dunque un dono di vita? Se io venissi ad annun ziare una vittoria, non altrim enti sarei d’ogni parte acclamato.

Ebbene, sì, compagni, porto un dono ­ ­

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di vita e annunzio una vittoria. Se vi fu tal Romano che recava nel seno della toga la pace e la guerra, da scegliere, non v’è più scelta per noi. Ve lo dico già in questa prim a ora, in questa notte di veglia. E vi dico che tanto la nostra guerra è giusta, da non potersene re care il pegno se non con le mani velate, come delle cose più sacre usavano i pa dri nostri.

Per ciò conviene pregare. Per ciò con viene che ciascuno di noi stanotte abbia un’ora di raccoglimento, un’ora di pre ghiera, nel nome deH’Eroe che santifica questa veglia. Udremo allora forse, nel silenzio, una di quelle sue parole ful minee che illuminavano la faccia del destino; poiché la faccia del destino sembra si rinfoschi e l’anima della pa tria ridiventi ansiosa...

No, non ci turbi la notizia improvvisa di un'assenza che non può esser cagio nata da un divieto oscuro ma sì dal dovere della vigilartza estrema, dalla ne

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cessità di stare a buona guardia. In alto la fede! In alto i cuori! Il dubbio non ci tocchi. Noi non lasceremo disonorare l’Italia; non lasceremo la patria perire.

T utta Genova è in piedi, stanotte, come nelle adunanze delle grandi delibera zioni. E la fede di Genova ritrova l’an tica parola del suo potere civico, il grido breve della volontà latina : « F ia t! F ia t! » Sia fatto! Si compia!

Quel che è necessario, si compia! La integrazione della patria si compia ! La resurrezione della patria si compia ! Questo vogliamo, questo dobbiamo volere.

Genova, la città che assalta il cielo con la scala titanica dei sovrapposti pa lagi e sem bra avere in sé un impeto di ascendere, che dalle sue vecchie fonda menta la sollevi su per le sue giovani al ture, come a veder più lontano; Genova, che dantescam ente dei remi fece ala a sé per traversare i secoli con un battito as

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siduo di potenza: la più feconda delle stirpi italiche, migratrice come Corinto e come Atene; quella ch’ebbe in retaggio 10 spirito dell’ Ulisse tirreno per tentare e aprire tutte le vie, per popolare i lidi più remoti, per fornire uomini e navi a tutti i principi, per dare capitani a tutte le armate, per portare nell’Atlantico le costumanze del Mediterraneo, per insti tuirecon incomparabile sapienza di leggi 11 primo Consolato del Mare, per iniziare nel Breve della Compagna il primo Con tratto sociale; la razza assuefatta all’av versità, secondo l’eterna parola di Ver gilio, indomita in resistere, cercare, du rare: la più antica nella successione della romanità se si pensi ch’ebbe i consoli prima d’ogni altra, la più nuova nel presentimento dell’avvenire se si consi deri la recentissima figura del diritto foggiata nel suo porto dalla sua gente di mare; radicata nel più profondo pas sato, protesa verso il più remoto fu turo; simile a un nodoso albero di vita

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travagliato da una perenne prim avera; nel suo stesso aspetto vecchia come le metropoli che compirono il lor destino magnifico e giacquero sotto il cumulo inerte della loro storia, giovine come le dimore edificate con rapida sovrabbon danza dalle civiltà avveniticce che s’ar mano d’armi improvvise per la lotta e per la signoria; Genova è degna di sol levare un’altra volta al conspetto della nazione, in un’ora ben più trem enda, nel più arduo punto del nostro ciclo, quella « tazza di salute » che è il simbolo della vittoria interiore su la viltà, sul trad i mento, su la paura, su ogni m iseria e contagio d’uomini e di cose.

L evò la ta z z a . E i l p o p o l d is s e : Credo.

« Credo ». Sia la parola iniziale della nostra preghiera notturna.

« Ora e sempre » risponderà da Sta glieno una voce sola e sublime, a cui l’augurio è promessa, la speranza è cer tezza, il proposito è compimento.

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Il lido ligure è il lido delle maravi gliose dipartite. Lo spirito, che trasfigura le terre e le genti, lo predilige. Lo spi rito lo abita.

Non riempie esso, laggiù, la cavità di quel bronzo che veglia sul mare stel lato? Il metallo del treppiede fatidico non doveva essere più penetrabile dal soffio del nume.

O compagni, ma l’oracolo che atten diamo, non è già inciso nei nostri cuori ? non è già fisso alla cima della nostra volontà concorde?

Che volete voi ?

In antico un re grande fu ardito d’af frettare il responso, di forzare la sacer dotessa ambigua serrandola nelle sue braccia terribili.

Domani un grandissimo popolo, con la sua stretta potente, otterrà la sentenza ch'ei vuole.

Che volete voi, o Genovesi?

Nel vostro Consolato del Mare è quel -­ ­ ­ ­ ­

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capitolo dove si dispone che, se patron di nave vorrà crescere la nave, egli lo debba dire a tutti i compagni e, se tutti i compagni vorranno, egli la può cre scere, e « in questo non v’è contrasto nessuno ».

Che volete voi, Genovesi? che volete, Italiani? menomare o ci*escere la na zione ?

Voi volete un’ Italia più grande, non per acquisto ma per conquisto, non a misura di vergogna ma a prezzo di san gue e di gloria.

<( F ia t! F ia t! » Si faccia ! Si compia !

Viva San Giorgio arm ato! Viva la giusta guerra! Viva la più grande Italia!

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ORAZIONE PER LA SAGRA DEI MIL LE. V MAGGIO MDCCCLX V MAG­ GIO MCMXV.

I. Maestà del Re d’Italia;

Popolo grande di Genova, Corpo del risorto San Giorgio;

Liguri delle due riviere e d’oltregiogo; Italiani d’ogni generazione e d’ogni confessione, nati dell’unica madre, gente nostra, sangue nostro, fratelli;

e voi, miracolo m ostrato dal non cieco destino, ultimi della sacra schiera so pravviventi in terra, o forse riappariti oggi dalla pxofondità della gloria per testimoniare agli immemori, agli incre duli, agli indegni come veracemente un

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giorno respirasse in bocche mortali e moltiplicasse la forza delle ossa cadu che quell’anima stessa che qui gira e solleva il bronzo durevole;

voi anche, discendenza carnale della Libertà e di Colui che nel bronzo to r reggia, imagini vive della sua giovinez za indefessa, che perpetuate pel mondo il suo amore di terra lontana e la sua ansia di com battere i m ostri;

e tra voi, ecco, le due O m bre astanti, simili ai Gemelli di Sparta, con nel mezzo del petto quel fonte di sangue che d’im provviso sparse l'odore della primavera italica sopra la melma guerreggiata del l’Argonna;

perché siete oggi qui convenuti, su questa riva oggi a noi misteriosa come quella che inizia un’altra vita, la vita di là, la vita dell’oltre?

perché siamo qui raccolti come per fare espiazione, come per celebrare un sacrifizio, come per ottenere con la pre ghiera responso e com andam ento?

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Ciascuno di noi lo sa nel suo cuore devoto. Ma conviene sia detto, sotto que sto cielo; affinché tutti, dalla maestà del Re all'operaio rude, noi ci sentiamo tremare d’amore come un’anima sola. Oggi sta su la patria un giorno di porpora; e questo è un ritorno per una nova dipartita, o gente d ’Italia.

II.

Se mai le pietre gridarono nei sogni dei profeti, ecco, in verità, nella nostra vigilia questo bronzo comanda.

E un comandamento alzato sul mare. É una mole di volontà severa, al cui sommo s’aprono due ali e una ghirlanda s’incurva.

E ingente e potente come il flutto de cumano, o marinai, come quell’onda che sorge con più d ’impeto dopo le nove dallequali fu preceduta, prima delle nove che son per seguirla: onda maggiore, che porta e chiama il coraggio.

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I resuscitanti eroi sollevano con uno sforzo titanico la gravezza della morte perché il lor creatore in piedi la foggi in immortalità.

In piedi è il creatore, fiso a quella bellezza che sola visse nelle pupille dei nostri m artiri e restò suggellata sotto le loro palpebre esangui.

Egli la guarda, egli la scopre, egli la rialza. Sta dinanzi a lui come una massa confusa. Egli la considera non altrimenti che Michelangelo il blocco di m armo avverso.

Braccia d’artiere terribili son le sue braccia. Voi lo vedete. E le sue mani possiedono l atto come le mani del Dio stringono la folgore. Non si sa se le gonfi di sì grandi vene la possa dell’opera com piuta o di quella ch’è da compiere.

Dov’è, se non in voi, se non nella una nimità vostra improvvisa, o Italiani, la balenante bellezza ch’egli oggi solleva e pone dinanzi a sé per condurla al r i lievo sublim e?

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Nessuno più parla basso; ché cessano il danno e la vergogna; l’ignavia del non veder, del non sentire cessano. E i messaggeri aerei ci annunziano che la Notte di Michelangelo s’è desta e che l’Aurora di Michelangelo, pontando nel sasso il piede e il cubito, scuote da sé la sua doglia ed ecco già balza in cielo dall’Alpe d ’oriente.

Verso quella, verso quella risorgono gli eroi dalle loro tombe, delle loro carni lacerate si rifasciano, dell’arm e onde perirono si riarmano, della forza che vinse si ri cingono: per quella che sùbito dai grandi òmeri sprigiona le penne della Vittoria.

Delle lor bende funebri noi rifaremo il bianco delle nostre bandiere.

Or, di lungi, l’osso dell’ala non sem bra il taglio d’una tavola d’altare, sol levata dall’ebrezza dei m artiri? E non v’è, dentro, una cavità simile alla fossa del sacrificio, pel sangue e per la vampa ?

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Ah, se mai le pietre gridarono nei so gni dei profeti, ben questo bronzo oggi grida e comanda.

Se mai a grandezza d’eroi fu dedicata opera di metallo, conflàtile detta da gli antichi nostri, ciò è composta di fuoco e di soffio, ben questa è la su prema, tutta fatta di fuoco e di sof fio, di fede infiammata e d'anelito in cessante, d ’ardor sostenuto e d’ansia creatrice.

E calda ancóra. Ancor ritiene il fu rore della fornace. Il nume igneo l’abita.

Forse la vedreste rosseggiare, se la luce del giorno non la velasse.

Io credo che stanotte apparirà tutta rovente sul fremito del mare, fatta, come questa nova concordia nostra, di fusione che non si fredda.

E gli altri eroi tornanti pel Tirreno, dai sepolcreti di Sicilia ove il grano spiga e già è pieno di frutto, diranno:

« Lode a Dio! Gli Italiani hanno riac ceso il fuoco su l’ara d’Italia».

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III.

Fuoco d’amore, d’acerrimo amore, di indomabile amore, quale recavano chiu so nel petto i predestinati in quella sera di prodigio, su questo lido ove siamo attoniti di udire l’ansito del mare e il palpito dei viventi, tanto esso è remoto nella più ardua idealità, come il piano di Maratona, come il promontorio di Micale, anzi di là da queste imagini venerande, oltre ogni segno;

ché là erano schiere ordinate, navi munite, impeto disegnato, nemico aperto, ma qui non altro che un’ebra consecra zione all’ignoto, qui non altro che una nuda devozione alla morte, non altro che passione e travaglio, offerta e dono, canto di commiato, oblìo del ritorno, e il potere mistico del numero stellare : Mille.

Le madri, le sorelle, le spose, le donne dilette venivano sul cammino, traevano

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-dalla Porta Pila a Quarto, alla Foce, piangendo, pregando, consolando, spe rando, disperando, con lacrime calde, con voci trem anti, con tenere braccia;

e nessuna di quelle creature vive era ai partenti viva come quella cui s’offe rivano in eterno, come quella che ab bandonava il suo corpo notturno al mare di maggio, viva con un soffio, con uno sguardo, con un viso indicibili, am ata d ’amore, eletta di dolore: la donna dei tempi, la donna dei regni, l’Italia.

IV.

I Mille! E in noi la luce è fatta. Il verbo è splendore. La parola sfolgora.

I Mille! Ed ecco, nel mezzo dell’ani ma nostra, aperta una sorgente di vita perpetua.

Commemoriamo il passato? ci vol giamo a quello che fu? Chi dunque a noi lo fa per sempre immune da ogni germe di disfacim ento? chi dunque a

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noi lo trasform a in ciò che non muta, non perisce e non si corrom pe?

Le figure della storia corrono senza tregua come una fiumana insonne, di leguano come le nubi in un cielo di nembo, s’allontanano come gli aneliti del vento nel deserto, disperdendo al l’infinito quella parte di noi che non può ritornare.

Ma questa figura, ecco, sopra la fu gace e vorace storia, culmina come ine spugnabile fiore, nella novità perenne del mito. Il nostro Iddio, pur nella lun ga miseria nostra, darci volle una tanta testimonianza del nostro sangue privi legiato!

Anni senza numero gocciano per for mare l’invitto diam ante nella terra buia. La radice smisurata della stirpe trava glia nei secoli dei secoli per convertire l’evento in cima eternale.

Ma noi miseri, noi tristi, noi sm arriti abbiam veduto sorgere questa cima dal piofondo della nostra sostanza, dall’in

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timo mistero dell’anima nostra. L’ Iddio nostro, per segno di salvezza, ha creato di noi questo mito.

Esso è là. Ci sovrasta senza ombra, ché il meriggio è l’immobile sua ora.

Quale stagliato picco dell’Alpe apuana è tanto visibile al Ligure che veleggia nell’alba più chiara ?

Esso è là. Noi lo sentiamo e lo guar diamo.

Chi pensa al tem po? Era il tempo quando le cerulee cantatrici del Mai Tirreno chiamavano dall’isola dei nar cissi i navigatori al perdim ento? Orfeo alzato su la poppa potè vincere la me lodia, il re d’Itaca vincolato all’ albero potè non udirla. Ma come la nave d’Argo e la nave d ’Ulisse ritornarono cariche d ’altri fati e d’eroi novelli ?

No. Fu ieri. Grandi testimoni l’atte * stano. Il duce nel bronzo, eccolo, ha la statura e la possa di Teseo. Ma voi lo vedeste, santissimi vecchi, voi lo vede ste col suo corpo di uomo, con l’umano

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suo corpo m ortale, col suo passo di uomo su la terra. Tale egli è ne’ vostri santi occhi.

Un figliuol suo, una creatura della sua carne, che le sue braccia cullarono, tra noi vive, parla, opera, aspetta di ricom battere. E non riarde il suo più rapido sangue nella giovinezza de’ suoi nepoti che vivere senza gloria non sanno ma ben sanno m orire?

Uomo egli fu, uomo tra uomini. E voi lo vedeste, santissimi vecchi, lo ve deste da presso come la Veronica vide il Cristo in passione. II suo volto vero è impresso nella vostra anima come nel sudario il volto del Salvatore. Nessuna ombra l’offusca.

Egli sorride. Voi lo vedeste sorridere! Diteci il sorriso del suo coraggio. Apri tevi il cuore, e mostrateci quel miracolo umano. Ciascuno di voi avrebbe voluto morire nell’attimo di quel baleno.

Questo luogo egli lo traversò, con le sue piante di marinaio lo stampò, bi

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lanciando su la spalla la spada inguai nata. Alzò gli occhi a guai dare se Arturo, la sua stella, brillasse. Udiste la sua voce fatale, più tardi, nel silenzio della bo naccia, su l'acqua piena di cielo.

Taluno di voi lo vide frangere il pane sotto l’olivo di Calatafimi?

Ma quale di voi gli era vicino quando parve eh’ ei volesse m orire sopra uno dei sette cerchi disperati? Udiste allora la sua voce d’arcangelo?

Disse: « Qui si fa l’Italia o si muore.» A lui che sta nel futuro « Qui si ri nasce e si fa un’Italia più grande » oggi dice la fede d’ Italia.

V.

O prim avera angosciosa, stagione di dubbio e di patimento, di speranza e di corruccio !

Voi non udivate se non il rom ore cit tadinesco, se non il clamore delle dis sensioni, delle dispute, delle risse. Voi

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tendevate l’orecchio al richiamo dei cor ruttori. Consumavate i giorni senza ve rità e senza silenzio.

Ma i lontani scorgevano, di sotto alle discordie degli uomini, la patria rac colta nelle sue rive, la patria profonda, sola con la sua doglia, sola col suo tra vaglio, sola col suo destino.

Si struggevano di pietà filiale divi nando il suo sforzo spasimoso, cono scendo quanto ella dovesse patire, quan to dovesse ella affaticarsi per generare il suo futuro.

E pensavano in sé: « Come soffri ! Come t’affanni! In quale ambascia tu sm anili T’abbiamo am ata nei giorni foschi, t’ab biamo portata nel cuore quando tu pe savi come una sciagura. Chi di noi dirà quanto più, ora, ti am iam o?

Tutta la passione delle nostre vite non vale a sollevare il tuo spasimo, o tu che sempre la più bella sei e la più paziente. Come dunque ti serviremo?

Uomini siamo, piccoli uomini siamo; ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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e tu sei troppo grande. Ma farti sempre più grande è la tua sorte. P er ciò do lora, travaglia, tram bascia. Tu avrai i tuoi giorni destinati. »

E si mostravano i segni.

Quando nella selva epica dell’Argonna cadde il più bello tra i sei fratelli della stirpe leonina, furono resi gli onori fu nebri al suo giovine corpo che fuor della trincea il coraggio aveva fatto numeroso come il numero ostile.

Parve ai poeti che i quattro figli d’Ai- mone discendessero dalle Ardenne per portar su le spalle la bara del cavaliere tirreno.

Il primogenito, che m’ode, quegli dalla gran fronte, s’avanzò nel campo qua drato, dove gli altri uccisi dei nostri gia cevano in lunga ordinanza ; si chinò, smosse la terra, ne prese un pugno, e disse:

« Rinnovando un costume di nostra antica gente, su questi cari compagni che a Francia la libera hanno dato la

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vita e l’ultimo desiderio all’Italia in tor mento, spargiamo questa fresca terra perché il seme s’appigli. »

Allora lo spirito di sacrifizio apparì alla nazione commossa.

E venne un altro segno. L’estremo dei m artiri di Mantova, il solo dei con fessori intrepidi sopravvissuti alle tor ture del carnefice, Luigi Pastro, pieno d’anni e di solitudine, spirò la sua fede che, attanagliata dalle ossa ancor dure, non potè partirsi se non dopo lunga agonìa.

Quando i pietosi lavarono la salma quasi centenaria, scoprii’ono intorno ai fusoli delle gambe i solchi impressi dalle catene. Erano là, indelebili, da ses santanni; e parve li i'ivelasse agli Ita liani per la prim a volta una grazia della morte.

Allora lo spirito di sacrifizio riapparì alla nazione che si rammemorò di Bel fiore.

E venne un altro segno. Un’ira oc ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

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culta percosse e m inò una regione no bile tra le nobili, quella dov’è radicata dalle origini la libertà, quella dove il Toro sabellico lottò contro la Lupa ro mana, dove gli otto popoli si giurarono fede, si votarono al fato trem endo e la lor città forte nomarono Italica.

Quivi la virtù del dolore da tutte le contrade convocò i fratelli. Il lutto fu fermo come un patto. Lagni non s’udi rono, lacrime non si videro. I super stiti, esciti dalle macerie, offerirono al l’opera le braccia contuse. Nella pol vere lugubre le volontà si moltiplicarono, prim a fra tutte quella sovrana. L’azione fu unanime e pronta. Una spiritale città fraterna sembrò fondata nelle rovine, pel concorso di tutti i sangui ; e, meglio che quella del giuro, poteva chiamarsi Italica.

I fuorusciti di Trieste e dell’ Istria, gli esuli dell’Adriatico e dell’Alpe di Trento, i più fieri allo sforzo e i più candidi, diedero alle capanne costrutte

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i nomi delle terre asservite, come ad augurare e ad annunziare il riscatto. Il fratello guardava il fratello, talvolta, per leggere nel fondo degli occhi la certa risposta alla muta dimanda.

Allora lo spirito di sacrifizio entrò nella nazione riscossa, precorse la pri mavera d ’ Italia.

VI.

Ed ecco il segno supremo, ecco il comandamento.

Questo era, questo è nell’ordine se greto del nostro Iddio.

D’angoscia in angoscia, d’errore in errore, di timore in timore, di presa gio in presagio, di preghiera in pre ghiera, egli ci ha sollevati alla santità di questo mattino.

Mentre questo santo bronzo si strug geva nella fornace ruggente e la forma da riempiere si taceva nell’ombra della fossa fusoria, una più vasta fornace,

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una smisurata fornace s’accendeva « di spiritai bellezza grande ».

E non corbe di metallo bruto v’erano issate in sommo; ma, come i manovali gettano a uno a uno nel bacino i m as selli, gli spiriti più generosi vi gettavano il meglio della virtù loro e incitavano i tardi e gli inerti con l’esempio.

O r ecco, alla dedicazione e sagra di questo compiuto monumento ci ha chia m ati un messaggio d ’amore.

E a questa sagra di popolo datore di martiri, per altissimo auspicio, è pre sente la maestà di colui che, or è mol t ’anni, in una notte di lutto commossa da un fremito di speranze, salutammo re eletto dal destino con segni che an ch’essi ci parvero santi.

A questa sagra tirrena instituita da m arinai è presente la m aestà di colui che chiamato dalla Morte venne dal Mare, che assunto dalla Morte fu re nel Mare.

Risalutiamolo col vóto concorde. .Fe ­ ­ ­ -­

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dele è a lui il destino, ed egli sarà fe dele al destino.

Guarda egli la statua che sta, la sta tua che d u ra; ma intento ode il croscio profondo della fusione magnanima.

Accesa è tuttavia l’immensa chiusa fornace, o gente nostra, o fratelli ; e che accesa resti vuole il nostro Genio, e che il fuoco ansi e che il fuoco fati chi sinché tutto il metallo si strugga, sinché la colata sia pronta, sinché l'urto del ferro apra il varco al sangue rovente della resurrezione.

Già da tutte le fenditure, già da tutti i forami biancheggia e rosseggia l'ar dore. Già il metallo si comincia a muo vere. Il fuoco cresce, e non basta. La forza della fiamma più e più cresce, e non basta. Chiede d’esser nutrita, tutto chiede, tutto vuole.

Voluto aveva il duce di genti un rogo su la sua roccia, che vi si consumasse la sua spoglia d'uomo, che vi si facesse cenere il triste ingom bro; e non gli fu acceso. ­ ­

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Non catasta d ’acacia né di lentisco né di mirto ma di maschie anime egli oggi domanda, o Italiani. Non altro più vuole.

E lo spirito di sacrifizio, che è il suo spirito stesso, che è lo spirito di colui il quale tutto diede e nulla ebbe, do mani griderà sul tum ulto del sacro in cendio :

« Tutto ciò che siete, tutto ciò che avete, e voi datelo alla fiammeggiante Italia ! »

VII.

O beati quelli che più hanno, perché più potranno dare, più potranno ardere.

Beati quelli che hanno vent’anni, una mente casta, un corpo tem prato, una m adre animosa.

Beati quelli che, aspettando e confi dando, non dissiparono la loro forza ma la custodirono nella disciplina del guerriero.

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Beati quelli che disdegnarono gli amori sterili per esser vergini a questo primo e ultimo amore.

Beati quelli che, avendo nel petto un odio radicato, se lo strapperanno con le lor proprie mani; e poi offeriranno la loro offerta.

Beati quelli che, avendo ieri gridato contro l’evento, accetteranno in silenzio l’alta necessità e non più vorranno es sere gli ultimi ma i primi.

Beati i giovani che sono affamati e assetati di gloria, perché saranno sa ziati.

Beati i misericordiosi, perché avranno da tergere un sangue splendente, da bendare un raggiante dolore.

Beati i puri di cuore, beati i ritornanti con le vittorie, perché vedranno il viso novello di Roma, la fronte ricoronata di Dante, la bellezza trionfale d’Italia.

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PAROLE DETTE NEL CONVITO O F FERTO DAL COMUNE DI GENOVA AI SUPERSTITI DEI MILLE, LA SE RA DEL V MAGGIO MCMXV.

Sem bra che da stam ani noi respi riamo non so che ardore di miracolo, dove s’avvicendano in una sorta di ba lenìo la verità e il sogno, la vita attuale e la più lontana favola.

Questi convitati maravigliosi, che seg gono a questa mensa, mangiarono con la fame della giovinezza il pane e il cacio a Calatafimi, sul colle conqui stato, verso sera, m entre si levava il vento fresco a piegare le spighe, non lungi dai loro morti, da Giuseppe Bel- leno, da Giuseppe Sartorio carabinieri genovesi caduti in disparte, non lungi dal luogo dove il grande alfiere di Ca

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-mogli giaceva supino, con gli occhi sbar rati e fissi alla prim a stella.

Ora sono qui, vivi, riboccanti di animo, sfolgoranti ancora di battaglia; sono qui, bevono con noi il vino augurale che ci offre la Genova degli antichi consoli, la Genova erede della forza romana, erede della legge romana, del diritto romano, dell’arte romana d’aprire le vie nuove pel vasto mondo. Bevono con noi, con gli in viati delle città illustri, delle città fedeli, questo vino mistico del nostro patto na zionale. Essi dormirono nei campi di grano, laggiù, dopo la vittoria; e sembra che si sieno risvegliati in quest’alba, co perti di rugiada, sembra che ridesti re spirino tuttavia il vento della vittoria.

Quali mani, se non le loro, o nobili ospiti, degne di risollevare quel Sacro Catino, quella « tazza di salute » che fu celebrata nella « Canzone del Sangue » ?

Finché in Atene rimase vivo uno dei combattenti di Maratona, gli Ateniesi si credettero signori della loro alta sorte.

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All’ Italia nostra, dei Mille, più di cento rim angono; e la sorte d ’ Italia è oggi nel pugno d ’ Italia.

Secondo la parola profetica del Du ce, i Mille sono per moltiplicarsi in mille volte mille. Non li udiamo già muovere in m arcia col medesimo ritm o? Tutto il passato confluisce verso l’avvenire. L’u nità sublime si forma. E Roma, ecco, riprende il suo nome occulto: Am or.

A R om a A m o r io bevo. Bevo a Ge nova che ha perpetua una volontà d ’a scensione non soltanto nei suoi spiriti, ma in tutte le sue pietre. Bevo alle città sorelle e giurate, bevo alle città m artiri dell’altra riva; e a voi, gloriosissimi ve terani, che ci ringiovanite, insegnandoci su questa mensa come di pensiero an tiveggente e di fede confessata si com ponga la colma ebrezza.

Viva l’antica e nova Italia ! Viva l’Ita lia eterna! ­ ­ - ­ ­ ­ ­ ­ ­

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PAROLE DETTE IL VI MAGGIO NEI GIARDINI DEL PALAGIO DI AN DREA DORIA, RICEVENDO IN DO NO IL GESSO DEL LEONE TERGE STINO CHE È MURATO IN UNA CASA DEI GIUSTINIANI.

* ISTE L A P IS I N QVO E ST F IG V R A SA N C TI S. M ARCI D E LA TV S F V 1T DE TERGESTO CAPTO A NOSTRIS M C C C L X X X II.

Brevi parole dirò, tanta è qui 1’ elo quenza delle memorie, delle cose, dei segni, tanto è grave di destino questo dono che io ricevo con cuore tremante, come se in me, per grazia d ’una fedeltà senza fallo, a più degnamente riceverlo, entrasse l’ansia di quella che laggiù sof fre la fame del corpo, soffre la fame del l’anima, violata, straziata, calcata con ferocia ogni giorno più maledetta.

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La sentiamo qui in presenza vera. E davanti a noi, come quell’urna scolpita, come quelle statue. E diritta davanti a noi, con tutte le sue piaghe aperte, con tutte le sue lividure, con le tracce di tutte le ingiurie, come il Paziente alla Colonna.

E dietro a lei, presenti i vivi del m ede simo sangue, si levano i nove e nove m ar tiri giovinetti dei Giustiniani e le loro m adri sublimi, intente a fortificarli nel dolore terrestre e nella speranza im mortale.

Ah, veramente, noi cominciamo a ver gognarci di tanto parlare. E intendiamo il rude bisticcio di quell’uno dei Mille, grandissimo animo in piccolo corpo, il quale iersera gridò nel convito, con la sua voce di assalto : « Meglio che pren dere la parola, io vorrei riprendere il fucile, o compagni ».

Motto garibaldino, ben detto e bene udito in Genova.

Ci piaccia qui ricordare come, dopo la ­ ­

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morte di Simon Vignoso, riconstituita la nuova Maona, tra i dodici soci che ri nunziarono il loro casato per assumere il nome di Giustiniani, fosse un Francesco Garibaldo: testimonio di vecchia e dura stirpe ligure.

Non questo gesso che io custodirò pia mente, ma il Leone di pietra istriana, tratto del glorioso muro in un altro giorno di sagra marina, Genova rim an derà per mare a Trieste : restituzione magnifica.

Passi la nave in vista della Caprera, che forse s’empirà di ruggito ripercosso dalle rocce. E navighi all’Adriatico. E il morto figlio di Lamba sepolto nelle acque trionfate, e Luciano d ’Oria da vanti a Pola, e Gasparo Spinola davanti a Trieste, e gli altri terribili vostri riap pariranno in epifania d’amore commisti ai vendicati di Lissa, luminosissima mente.

E il Leone di San Marco recato nell’Adriatico da nave di Genova si

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g n ific h e rà p e r gli Ita lia n i : « Q u e sto m a r e p ro fo n d o , ove la c r e s ta d i o g n i flu tto è fio re di n o s tr a g lo ria , si c h ia m a, di n u o v o e p e r s e m p re , n ei lin g u a g g i d i tu t te le n a zio n i, il G o lfo di V en ezia. »

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P A R O L E D E T T E IL V I D I M A G G IO N ELLA SA LA D E L L E C O M P E R E ,N E L P A L A G IO D I SAN G IO R G IO , R IC E V EN D O IN D O N O LA T A R G A D I B R O N Z O O F F E R T A D A L C O M IT A T O G EN O V E SE D E L L A « D A N T E A L I G H IE R I ».

G enova se m b ra o ggi s u p e r a re i p iù pui purei g io rn i d ella su a m ag n ificen za e d ella sua sp iritu a lità . Ie r i ella d ie d e lo sp ettaco lo di tu tto un p o p o lo ch e p o te n te m e n te re s p ira nel cielo ste sso d e l l ero ism o e d ella d ivinazione. Q u e s ta sera, in q u e sto rin n o v ellato P a la g io d e lla su a sag g ezza e d e suoi a rd iri, là n e lla S a la dei C a p ita n i del P o p o lo dove i

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su o i p iù v irtu o si p a d r i, a lz a ti o se d u ti n e lle to g h e sev ere, in c ita n o i n e p o ti a lla m a g n a n im ità co n s e n te n z a la tin a G e n o v a h a v o lu to c e le b ra re la g lo ria d e lla L in g u a , se rv ire al c u lto d e lla L in g u a, o ss ia c o n fe r m a re il ris p e tto , la c u s to d ia e la p ro p a g a z io n e d i ciò ch e in tu tti i te m p i fu c o n s id e ra to co m e il p iù p ro f o n d o te s o ro d ei p o p o li, c o m e la p iù a lta te s tim o n ia n z a d e lla lo r n o b iltà o rig in a ria , c o m e l in d ic e su p re m o del lo r s e n tim e n to di lib e rtà e d i d o m in io m o ra le .

O v u n q u e p e r a n tic o fu m u r a ta l im a g in e la p id e a d e l v o s tro p a tr o n o , o v u n q u e fu e ssa s c o lp ita in p o rta li, d ip in ta in e d ic o le , in c is a in s u g g e lli, b a tt u ta in m o n e te , o v u n q u e fu sv e n to la ta in vessilli d a C o n so li, d a P o d e s tà , d a C a p ita n i, d a D o g i, lu n g o le c o ste d el M a r N ero, n e g li a rc ip e la g h i d e ll E geo, n e lle c ittà d e lla s a c r a A sia, e p iù o lt r e , e p iù lo n ta n o , d i là d a lla c o n c a m e d ite r r a n e a , a tr a v e rs o gli o c e a n i se m p re a ra ti, — ­ ’ ’ ­ ’ ­

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voi volete sp in g e re e d iffo n d e re q u e st a ltro seg n o vivo d e lla n a z io n e u n a nim e, voi v o le te c h e favelli e in teso sia q u ello s tr a p o te n te a s s e rto r e d ita lian ità o n d e s in tito la il v o stro c o rp o di socii m ilita n ti.

Noi ci m o v e re m o in fa tti p e r re c u p e ra re le te r re a cui ta l vo ce so n ò e su o n a, p er ric o n q u is ta re le n o s tre p a tr ie m in o ri che si fo rm a n o in to rn o a ta le sc u o la e p alestra .

P e r ciò là dove fu p o sto S a n G io rg io con l a sta fe re n te , là d ove fu p o sto il Leone col lib ro ch iu so , no i p o n ia m o , noi p o rre m o il g rifa g n o D a n te col lib ro ap erto , q u a le lo vegg o n o in S a n ta M a ria Novella i F io re n tin i, q u a le lo ra p p r e s e n tò nel tem p io s o p ra l a c ro p o li d i tu fo un m aestro che d eg li s p iriti e dei m u sco li d an tesch i fece l a r te su a stre n u a .

Q u esto sd eg n o so p o e ta c h e q u i m a c coglie e m i lo d a, q u e s to fiero e so lita rio A puano, n o n scoi se g ià d a lla su a to r re

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di M ulazzo l e su le d i p a r te b ia n c a r i to r n a r e p e r fa to ?

E g li v ia g g ia . Contano le p ietre

anco i su o i p a s s i ; e a l p elle g rin le p o rte anco d isch iu d e col suo nome in bocca l ospite g e n te!

C h e q u i, in q u e s ta se d e d e lle C o m p e re e d ei B an ch i, in q u e s to a rc h iv io d i c a r to la ri e di re g is tr i, t r a im p o s te , p r o v en ti, sc o n ti, scu se, p a g h e m a tu re , il nov o C o n so le m a b b ia o n o r a to a c c o g lie n d o m i co n l e le g a n z a d i u n n o b ilis sim o u m a n is ta , d is e rto e sq u is ito co m e q u e l v o stro A n d rio lo d e lla M a o n a d i Scio, è g ià m ira b ile co sa. M a c h e q u i a c o l m a r m i d o n o re sia d e p u ta to u n p o e ta m e ro e d e lla sp e c ie p iù p u ra , è sin g o la ris s im o ev en to .

Q u e s to m io fra te llo , « d ile tto fra te i m io di p e n e in v o l to » , in m ise rrim i te m p i, le v a n d o s i d i s o p r a a i tra ffic a to ri di c ian c e, si d o m a n d ò in u n o d e p r o f e tic a : « Q u a n d o to r n e r à G a r ib a l d i? » ’ ­ ­ ­ ’ ­ ’ ­ ­ ’ ­ ’ ­

(53)

Egli è to rn a to . « S o p ra v v e n ie n te » e ra egli d e tto n e ll in sc riz io n e d e lla m e d a glia c o n ia ta d a l C o m u n e. O r eg li è so p ra g g iu n to , su l im m e n s a o n d a p o p o lare. O n n ip o te n te m ito a g li Ita lia n i egli è com e l A lighieri. L u n o e l a ltro so n o con noi, so n o d i n oi. T u tti q u i siam o p ro n ti a c o n fe s sa re q u e s ta certezza. L un o g ià sp a z ia fra l a lp e di T re n to e il O u a rn a ro , m a col su o s g u a r d o a q u i lino re s p in g e i te r m in i b e n p iù lo n ta n o , sino a q u e ll e s tre m a s p ia g g ia do v e la fedele g e n te d à lm a ta , in to rn o a lla s ta tu a d un severo a m a to re di lib e rtà ch e m o rì cieco e v e g g e n te , h a is titu ito u n cu lto d a sp ettazio n e.

L a ltro g ià c o rre a ric e rc a re , in q u e l l alpe del suo cru ccio , le a rm i e le a n im e che furono quivi sp ezzate, o r è c in q u a n tu n anno.

C onsole d e l ris o rto S a n G io rg io , o sp iti e com p ag n i m iei, in q u e s to P a la g io d el Mare, dove so p ra il c a m in o di G ian G ià

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-corno d e lla P o r t a è ra f fig u r a ta co n im a g in e ro m a n a e co n ro m a n a b re v ità la v itto r ia d e ll a n im a e ro ic a su la fiam m a p u g n a c e O u id m a g is p o tu it , no i v o g lia m o r ip e te r e la se n te n z a c h e n e l te m p o d e lla g e s ta d o ltre m a re a t t r i b u im m o a l « S ig n o r d e l nov o r e g n o ».

C h i sten derà la m ano sopra i l fuoco a v r à q u e l fuoco p e r incoronarsi.

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(55)

P A R O L E D E T T E N E L L A T E N E O G E N O V ESE IL V II D I M A G G IO , R IC E VENDO IN D O N O D A G L I S T U D E N T I UNA T A R G A D O R O .

* GABRIELI N VNTIO NOVA QVI P A T R I.E

DECORANS TEMPORA LAVRO G R AN D I A E T FORTIA E X C V D IT FATAQVE IT A L IS M A IORA PRJECEPIT.

C om e rin g ra z ie rò il R e tto re M a g n i fico, il C ollegio in s ig n e dei D o tto ri, voi tu tti, o giovani, voi figliuoli n o n in e rm i d e ll a rm a to S a n G io rg io e voi q u i c o n venuti d a lle te r r e lo n ta n e , p e lle g rin i d am o re in veste affo cata, sim ili a q u elli che p a ssav an o n e lle im a g in a z io n i di D ante p rim a d e ll e silio ; co m e vi r in grazierò d av erm i a c c o lto in q u e s ta se d e severa dei v o stri s tu d ii e d e lle v o stre prove, d av erm i a m m e sso a q u e s to fo

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c o la re d e l v o stro sp irito , il p iù p ro fo n d o fr a tu tti, d o v e d u e d ei fra te lli v o stri im m o r ta li l u n o c o ro n a to d i m irto e d i la u ro , l a ltro di c ip re s s o e di q u e rc ia c u sto d isc o n o la fia m m a ch e qu i a rd e a i P e n a ti d e l p e n s ie ro ita lia n o ? Q u e lla fu s io n e m a g n a n im a c h e l a ltro dì ci p a rv e u d ir c ro s c ia re , là n e lla r a g u n a ta d e l p o p o lo in to rn o a ll a lto s im u la c ro , q u e lla fu s io n e d i sa n g u i e di a n i m e, io la se n to in voi m a ra v ig lio s a m e n te p e rf e tta , o c o m p a g n i d e lla p iù b e lla fra le m ie sp e ra n z e , o voi ch e p e r ta n ti a n n i, c o n sì c o s ta n te fed e, io h o a n n u n z ia ti, a s p e tta ti, in v o c a ti, ecco, n o n in v an o .

C o m e h o v e d u to s p le n d e re i v o stri o c c h i là sul lid o , e n e lle p iazz e e n e lle vie e n ei g ia r d in i! L a b e lle z z a d Ita lia è così fo r te ch e, m e n tre n el rito r n o la p re s e n tiv o , m e n tr e la ric o n o sc e v o , ella s e m b ra v a m i tr a p a s s a s s e , se m b ra v a m i fe n d e s s e il p e tto , m i p e rc o te s s e co n u n a g io ia ch e e ra q u a s i d o lo re . I m o n ti, la — ’ ’ — ’ -' ­ ­ ’

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neve e l o m b r a n ei m o n ti, i to r re n ti, i fiumi, i b o sc h i rin v e rd iti, le nuvole, i fiori, e q u e l ch e su la te r r a è il cielo unico d Ita lia , il lu m e d Ita lia , l o d o re d Italia, n o n c o m p a r a b ile a d a ltri m ai, tu tto m e ra e b r ie tà e a n s ie tà di p a ssio n e . Ma nei v o stri o cch i, m a n ei v o stri visi, m a nelle v o stre fro n ti im p e rla te d i su dore, m a nel v o stro soffio ch e m i ra v volgeva, m a n el so rris o di tu t ta la vo stra freschezza io ho se n tito u n a p r im a vera più p o te n te ch e q u e lla d e lle selve, dei colli, degli o rti, h o s e n tito u n a r in a scita più im p e tu o s a ch e q u e lla d i tu tte le a ltre c re a tu re .

Ieri in q u e l g ia rd in o di A n d re a D o ria, ove e ra d isceso q u e l m u to le o n e di T rieste che sta v a in c a p o a lla s tra d a dei G iu stin ian i, voi fa c e s te d i voi c a te n a in to rn o a m e, c a m m in a n d o lu n g o i b a la u s tri e lu n g o le siepi. A n n o d a ti p e r le b ra c c ia , v in c o la ti p e r i p o lsi e p e r le m an i, s tre tti l u n o a ll a ltro , c a ten a e g h ir la n d a , fo rza e g e n tile z z a ,

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re s is te n z a e g ra z ia , a c c e si in vo lto , a c c esi n e g li o cch i, fe rm i e p ieg h ev o li, voi e ra v a te u n a v ita sola.

S ie te u n a v ita so la, s ie te u n a g io v i n ezza sola, s ie te u n a ltr a « G iovine I t a lia » . E il « fu o ru s c ito se n z a B e a tric e » , riv iv en te, a d o le s c e n te c o m e voi, u n p o c o p iù p a llid o d i voi, m a im m u n e d a lla le s io n e d e g li a n n i, im m u n e d a lla m o rte , vi c o n d u c e , c o m e u n o d i q u e i s e m id d ii ch e g u id a v a n o le p rim a v e r e s a c r e v erso le c o n q u is te m iste rio s e . E G o ffred o è p r e se n te , co n la su a b e lla c h io m a in to n s a , co n i su o i b e lli o c c h i m a rin i ; e h a seco le su e arm i. E g li to r n a d a ll a v e r la v a to il c av allo p o lv e ro so n e l T im av o , c o m e l u n o d ei d u e D io sc u ri lavò il suo, q u a n d o il T im a v o e ra fiu m e la tin o . E gli o r a b e n c o n o sc e la via c h e p a s s a d a A q u ile ia e v a v e rs o S a n G iu sto , e p iù o ltr e e p iù o ltre . E g li ve l a d d it a , eg li ve la m o s tra . E J a c o p o R uffìni, n o n d e te r s o d el sa n g u e c h e o g g i è lu c e d o rie n te , s a r à in v io la b ile alfiere a lla c o o rte g io v en ile.

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G iovani, o r è m o lt a n n i, a u n a ltra a d u n a ta di g io v an i d ic e v o : « A h se p o tessi te n d e r e a c ia s c u n o la m a n o fr a te r n a e le g g e re nei lim p id i o cch i il p ro p o s ito c e r t o ! » D icev o : « V o i siete la im m in e n te p rim a v e r a d Ita lia . L a m ia fede, la m ia c o sta n z a , la m ia a s p e t tazio n e m i fa n n o d e g n o di e ss e re l an n u n z ia to re d e lla v o s tra v o lo n tà v itto rio sa .» L a v o s tra v o lo n tà v itto rio sa è in p ie d i; è a r m a ta ; s ta p e r irro m p e re . S e vi g u a rd o , se vi c o n sid e ro , l Ita lia m i se m b ra u n a v e rg in e te r r a co m e q u a n d o a p p a rv e a d A c a te p ro te s o d a lla n a v e fa tale, co m e q u a n d o p e r la p rim a v o lta su q u e sto M are T irre n o ris o n ò n elle voci d a lle g re z z a il d iv in o suo n o m e.

S ta n o tte , p rim a d e ll a lb a (e sia l a lb a che n elle su e d ita di ro s a b ra n d is c a il g ia v ello tto d e l n o s tro D io ro m a n o ) s ta n o tte m o lti di voi p a rtira n n o p e r le te r re di lu n g i, p e r i fo c o la ri d i lu n g i. D i v am pi n ei v o stri p e tti, o m e s sa g g e ri di ’ ’ ­ ­ ’ ­ ’ -­ ’ ­ ’ ’ ’ ­ ­ ­

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fed e, o p e lle g rin i d a m o re , q u e lla fia m m a ste s s a c h e a rd e v a n ei g io v in e tti n o t tu r n i al sa sso d i Q u a r to !

S e è v ero , c o m e è v ero, c o m e io g iu ro e s s e r v ero , c h e gli ita lia n i h a n n o r ia c ceso il fu o co su l a r a d Ita lia , p r e n d e te i tizzi co n le v o s tre m a n i, so ffiate s o p r a essi, te n e te li in p u g n o , s c o te te li, s q u a s s a te li o v u n q u e p a s s ia te , o v u n q u e voi a n d ia te . E a p p ic c a te il fuoco, m ie i g io v a n i c o m p a g n i, a p p ic c a te il fu o c o p u g n a c e ! S ia te gli in c e n d ia rii in tre p id i d e lla g r a n d e P a tr ia !

S ta n o tte , co m e si v e d e v a n o n e lla n o tte o m e ric a i ro g h i a c c e si d i m o n te in m o n te p e r a n n u n z io di v itto ria , n o i v e d re m o in so g n o s p le n d e re lu n g h e ssa l I ta lia le v o stre fiacco le c o rr e n ti, fino a M a rsa la , fino a l M are d A frica.

« P a r tite , a p p a re c c h ia te v i, u b b id ite » d ic e v a il s a c e r d o te d i M a rte a g li im b e rb i c o n se c ra ti. «V o i s ie te la s e m e n te d i u n nu o v o m o n d o . » ’ ­ ­ ’ ’ ­ ­ ­ ­ ’ ’ ’

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« P a rtite , a p p a re c c h ia te v i, u b b id ite » io dico a voi, p o ic h é m i fa te d e g n o di co n secrarv i. « Voi s ie te le faville im p e tu o se d el sa c ro in c e n d io . A p p ic c a te il fuoco! F a te ch e d o m a n i tu tte le a n im e a rd a n o ! F a te ch e tu t te le voci sien o u n solo c la m o re d i fia m m a : Ita lia ! I ta lia !»

(62)

P A R O L E D E T T E A G L I E S U L I D A L M A TI, R IC E V E N D O IN D O N O IL L I B R O C H E A F F E R M A D IM O S T R A E P R O P U G N A L IT A L IA N IT À D E L L A D A L M A Z IA , S T A M P A T O IN G E N O VA. V II M A G G IO M CM XV. Q u e s to lib ro d a m o re , d i fe d e e d i ra m p o g n a u n Ita lia n o d o v re b b e o g g i r i cev erlo in g in o c c h io , u m ilia to n e ll a tto d i c h ie d e re il p e rd o n o e d i fa r e l a m m e n d a . A m e rim a n e r e in p ie d i d a v a n ti a voi, re v e r e n te m a n o n v e rg o g n o s o , è c o n s e n tito d a lla co sc ie n z a d i n o n a v e r m a i d im e n tic a ta q u e lla ch e A n to n io B aia m o n ti, il « p o d e s tà m ira b ile » di S p à la to , c h ia m ò « fig lia m in o re d I ta lia », q u e lla c h e « s e c o n d a I ta lia » c h ia m ò il d a n te s c o T o m m a sè o . M a l id d io d e g li e s e rc iti m i ­ ­ ’ ­ ’ ­ ’ ’ ­ -’ ’

(63)

co n ced a di p o te rm i in g in o c c h ia re , in uno d e g io rn i p ro ssim i, d in a n z i a q u e l l uno d e v o stri a lta ri s o tto la cui ta v o la i p a d ri la c rim a n d o rip o s e ro il rip ie g a to g o n falo n e re p u b lic a n o .

Se in G en o v a io n o m in o S eb en ico , Z ara, T ra ù , s o b b a lz a n o n el s e p o lc ro di S an M atteo le o ssa d i L u c ia n o d O ria, che se p p e ro il sa le d e ll A d ria tic o . L a su a v itto ria e la su a m o r te si c o m m e m o ra n o alla ste s s a d a ta c h e ci a d u n ò sul lido di Q u a r to : il c in q u e m a g g io . V eggo le c ittà d a lm a te in s a n g u in a te e affo cate, p rim a che il fe rro di D o n a to Z en o fini sca sul p o n te l a m m ira g lio a n c ó ra u rla n te dalla b o c c a s q u a r c ia ta : « S a n Z o rzo ! San Zorzo ! »

Ma u n a ltra visione m i v ien e d a u n a l tr a v itto ria in s c ritta fra le liste b ia n c h e e n ere del te m p io n av ale . E co m e u n a l leg o ria d ella n o s tra lu n g a c e c ità . N elle a cq u e di C urzola, L a m b a D o ria, av e n d o d isp o ste le su e g a le e s o p r a v en to , con

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p o lv e re di c a lc e viva b ru c iò gli o c c h i d ei V en e z ia n i c o n d o tti d a l D a n d o lo ; e sg o m in ò q u e i d is p e r a ti ciechi.

Mi s e m b ra c h e d a u n a sim ile c e c ità o stile sia m o n o i r im a s ti afflitti, d o p o la s c ia g u ra di L issa. N on a b b ia m o v e d u to , n o n a b b ia m o v o lu to v e d e re q u e l c h e i v in c ito ri o p e ra v a n o , se n z a tr e g u a , sen za m is e ric o rd ia , p e r c a n c e lla re o g n i v e s ti g io d el n o s tro d o m in io su la c o s ta o rie n ta le , p e r d is tru g g e r e o g n i tr a c c ia d it a lia n ità su la b e lla s p ia g g ia la tin a n o n c o n s a c r a ta s o lta n to d a l s a n g u e m a d a llo sp irito , n o n c o n q u is ta ta s o lta n to d a lle a rm i m a d a lle a rti, n o n s o lta n to n o s tr a p e r a n tic a s ig n o ria m a p e r s e m p re nov o p e n sie ro , n o n s o lta n to r ic c a d i re liq u ie m u te m a d i c u ltu r a e lo q u e n te . N oi a b b ia m o la s c ia to c o m p ie re su voi, p e r a n n i e p e r a n n i, le p iù in iq u e p e rs e c u z io n i, o fr a te lli n o s tri m a g n a n im i c h e o p p o n e s te a lla m in a c c ia il c o ra g g io , a ll in g iu s tiz ia la p a z ie n z a , la m a s c h ia g e n ti lezza a lla s tu p id a a tr o c ità . N oi n o n a b ­ ­ ’ ­ ~ ­ ­ ’ ­ ­ ­

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b iam o o sa to a iu ta r e n é c o n fo r ta re la triste e ta c itu r n a lo tta p ro s e g u ita d a voi, o fedeli di R o m a, p e r c u s to d ire la b e n e d e tta lin g u a d Ita lia , p e r d ife n d e re i d o cu m en ti d e ll a lta o rig in e , p e r s e r barvi c o n tro tu tti e c o n tro tu tto ita lia n i. C om e i m a rin a i d e l D a n d o lo , no i a b b iam o d is to lto d a lla b a tta g lia i n o s tri occhi d o lo ro si!

C h ied iam o p e rd o n o , fa c c ia m o a m m e n da. I n o stri o cch i alfine si ria p ro n o , sa n ati d al v en to sa lu tife ro c h e soffia su ta n ta stra g e , su ta n ta v irtù , su ta n to o r ro re, su ta n to a m o re. D i rim o rs o e di p ie tà d o v rem m o p ia n g e re , o fr a te lli; m a non p ia n g iam o , sì b e n e g u a rd ia m o fe r m a m e n te il d estin o .

Q u esto lib ro , ch e voi p o n e te n elle m ie m ani, è un a tto di p o ssesso . È b rev e, e p u re h a g ra n d e peso. Ci significa, c h ia ro e conciso, nello stile di R o m a, che la D alm az ia a p p a rtie n e a ll Ita lia p e r d iritto divino ed u m a n o : p e r la ­ ’ ’ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ’

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g ra z ia d i D io il q u a l fo g g ia le fig u re te r r e s t r i in ta l m o d o c h e c ia s c u n a s tirp e vi ric o n o s c a s c o lp ita m e n te la s o rte s u a ; p e r la v o lo n tà d e ll u o m o c h e m o ltip lic a la b e lle z z a d e lle riv e in a l z a n d o v i i m o n u m e n ti delle* su e g lo rie e in ta g lia n d o v i i se g n i d e lle su e p iù a rd u e sp e ra n z e . E q u e s to u n v a n g e lo d a lm a tic o su cui p o s s ia m o g iu r a re . S o tto la fo rz a la tin a di R o m a , d e i P a p i, d i V en ezia, co m e s o tto la fo rz a b a r b a r a d e i G oti, d ei L o n g o b a rd i, d ei F ra n c h i, d e g li O tto n i g e rm a n i, d ei B isa n tin i, d eg li U n g a ri, d e g li A u stria c i, la v ita civile d e lla c o s ta d i là, c o m e q u e lla d e lla c o s ta d i q u a , fu c o s ta n te m e n te d i o rig in e e d i esse n z a ita lia n e . F u , è, s a rà . N on il T e d e sc o d el l A lpe, n o n lo S lo v en o d e l C a rso , n é il M a g ia ro d e lla P u s z ta , n é il C ro a to c h e ig n o r a o fa ls a la sto ria , n é p u re il T u rc o c h e si ca m u ffa d a A lb a n e se , n iu n o p o tr à m a i a r r e s ta r e il ritm o fa ta le d e l c o m p im e n to , il ritm o ro m a n o . ’ ­ -’ ­

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Io ve lo dico, fra te lli, m a voi lo s a pete. S u q u e sto v an g elo d a lm a tic o p o s siam o fa r giuro.

L an tic h issim a via c o n so la re , ch e si p artiv a d a S a lo n a p e r a tra v e rs o la B o snia, non è tu tta v ia b a tt u ta ? E lla è, voi lo sa p e te , il solo c a m m in o ch e a l lacci i b o rg h i so lin g h i e i v illaggi d i spersi. Ella è così b e n e c o n d o tta , così bene c o stru tta , così b e n e a s s o d a ta ch e gli uom ini d o v ra n n o se g u irla sino al te r m ine degli evi'.

P iù lungi, su l a ltro v e rs a n te d el m o n te K varatch, le ro v in e ro b u s te d u n a c ittà o p e ra ia ro m a n a si lev an o in m ezzo ai p ra ti e alle selve, in v ista alle cim e c e ru lee d ella S e rb ia g u e rrie ra .

O r se m b ra che quivi il g en io del luogo,

cjenius loci, non sia nella la p id e in s c ritto

m a g ra n d e g g i tu tta v ia e d el suo soffio rie m p ia la c u ria , il trib u n a le , l ip o c a u sto, gli a lta ri, i fo co lari. Il c a stro , d is sep o lto su la riv a d e s tra d el to r r e n te Saso, h a tu tta v ia la su a m u ra g lia b e n

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c o m m e ssa , c o n tro cu i n o n v a ls e ro q u in d ici seco li e d a c i. C h e m a i p u ò d u n q u e v a le re lo sforzo d e b a r b a r i c o n tro la le g g e di R o m a ? L à d o v e ta li f o n d a m e n ta p o n e m m o , là il g e n io d e l lu o g o ci a s p e t ta ; là to r n e re m o , là ritro v e r e m o i se g n i v e tu s ti e in ta g lie re m o i nuovi. S e s tr e tt a è la v o s tra s p ia g g ia , o D a l m a ti, a m p lis s im a è la c iv iltà c h e l illu s tra . S ie te q u a s i o rlo d i to g a , m a tu t ta la to g a è r o m a n a . R a lle g ra te v i, m iei g io v a n i c o m p a g n i. Il te m p o d i s e rv ire è c o m p iu to , il te m p o d i p a tir e è c o m p iu to . E g iu n to il te m p o di c o m b a tte r e e d i r e d im e r e ; il te m p o d i lib e ra r e e d i r iv e n d ic a r e è im m in e n te . A L issa p e rì d a p r o d e il g u a rd ia m a r in a d a lm a ta G io v a n n i Iv an cich , s o m ig lia n te fo rse a ta lu n o d i voi c h e m i g u a r d a co n a c c e sa la b a tta g lia n e g li o c chi lio n a ti.

C o m e ti ch ia m i, t u c h e ai ro ssisci, fa n ­ ’ ­ ­ ’ ­ -­ ­ ' ­

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ciu llo ? Me lo d ir à fo rse la g lo ria d o m ani, m e lo d ir à d o m a n i la lib e r tà n el suo g rid o s o p r a il m a r e so n o ro .

S u q u e sto v a n g e lo d a lm a tic o , in ta n to , g iu riam o co n u n a n im a sola.

Così sia, p e r i figli d ei figli e nei se coli dei secoli.

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M E S S A G G IO A I G E N O V E S I M A N D A T O DA R O M A IL X III M A G G IO M CM XV.

G en o v esi, n e lla n o tte d i ieri, c a ld a di m e m o rie e ro ic h e , m e n tre l a n im a v e ra d e lla P a tr ia fia m m e g g ia v a d a tu tto il p o p o lo ra c c o lto e in tu tto il cielo n o n a rd e v a p e r n o i se n o n la n o s tr a stella, io re c a i a R o m a il c o m a n d a m e n to di Q u a rto . E R o m a ris p o s e co n u n g rid o co sì a lto c h e c e rto vi g iu n se , g iu n s e fino al sasso d o v e il L ib e ra to re v eg lia.

S e m i v a le il m io serv ig io ta n te v o lte a voi p ro ffe rto , se m i v ale la m ia fed e in voi c o n fe r m a ta s e m p re , io vi p re g o d i a s s is te re la P a t r i a in q u e s ta s e tti m a n a di p a ss io n e , io vi s u p p lic o d i p r o te g g e r e l Ita lia co n tu tte le v o stre forze,

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p e rc h é n o n si c o m p ia s o p r a lei l o r r i bile assa ssin io .

O g n i g io rn o ra d u n a te v i in g ra n n u m ero , a b b ia te p re s e n ti gli e ro i ch e n el vostro b ro n z o r is o rg o n o ; e m a n ife s ta te il v o stro sd e g n o , g r id a te la v o s tra m i n a c c ia c o n tro ch i o g g i si sfo rz a di r o to la r q u a n to p iù p u ò d i lo rd u ra , p ei c o rrid o i so rd i, n o n d issim ile a ll in s e tto n a u se a b o n d o ch e di ta le officio vive e si g ode.

A lla risc o ssa , p o p o lo di G en o v a! I t a liani, a lla risc o ss a !

La P a tr ia è p e r d u ta se o g g i n o n c o m b a ttia m o p e r lei con tu tte le n o s tre a rm i. V incere b is o g n a q u e s ta s u p re m a b a tt a glia c o n tro il n e m ic o in te rn o p r im a di m uoverci co n un solo im p e to v e rso la sa n ta ric o n q u ista .

Viva l Ita lia d ei m a rtiri !

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(73)
(74)

O R om a, o R o m a , in te sola, n e l cerchio delle tue sette cime, le d isc o rd i m ir ia d i um ane

troveran n o ancor l am p ia e su blim e un ità. D a r a i tu i l novo pan e dicendo la n o v a p a ro la .

De l l e La u d i l i b. I I .

(75)

ARRINGA AL P O P O L O DI ROiMA ACCALCATO NELLE VIE E ACCLA MANTE, LA SERA DEL XII MAG­ GIO MCMXV.

R om ani, Ita lia n i, fra te lli di fed e e d ansia, am ici m iei nuovi e c o m p a g n i m iei d un tem p o , n o n a m e q u e s to s a luto d a rd e n te g en tilezza, di g e n e ro s o r i conoscim ento. N on m e c h e r ito rn o voi salu tate, io lo s o ; m a lo s p irito c h e m i conduce, m a l a m o re ch e m i p o ssie d e , m a l id ea che io servo.

Il v o stro g rid o m i so rp a s s a , va p iù oltre, va più a lto . Io vi p o r to il m e s saggio di Q u a rto , che n o n è se n o n un m essaggio ro m a n o a lla R o m a di V illa S p a d a e d el V ascello. • ­ ’ ’ ­ ’ ­ ’­ ’­ ­

(76)

D a lle m u r a a u re lia n e s ta s e ra la lu ce n o n s è p a r tita , n o n si p a rte . Il c h ia r o re s in d u g ia a S a n P a n c ra z io . O r è se s sa n ta s e i a n n i (c o n tra p p o n ia m o la g lo ria a l l o n ta ) in q u e s to g io rn o , il D u ce d i u o m in i ric o n d u c e v a d a P a le s tr in a in R o m a la s u a L e g io n e p r e d e s tin a ta ai m ira c o li d i g iu g n o . O r è c in q u a n ta c in q u e a n n i (c o n tra p p o n ia m o l e ro is m o a lla p u s illa n im ità ), in q u e s ta se ra , in q u e s t o ra ste ssa , i M ille, in m a r c ia d a M a rsa la v erso S a le m i, s o s ta v a n o ; e a p ie d e lo r fasci d a rm i m a n g ia v a n o il lo ro p a n e e in silen zio si a d d o rm e n ta v a n o .

A v ev an o in c u o re le ste lle e la p a ro la d el D u ce, c h e è p u r viva e im p e rio s a o g g i a noi : « S e sa re m o tu tti u n iti, s a r à fa c ile il n o s tro a s s u n to . D u n q u e , a lF a rm i ! » E ra il p ro c la m a di M a r s a la ; e d icev a a n c o ra , co n r u d e m in a c c ia : « C h i n o n s a rm a è u n vile o u n tr a d ito r e ». N on s ta m p e re b b e d e ll u n o e d e ll a ltro m a rc h io , Egli il L ib e ra to re , se d is c e n ’ ’ ­ ­ ' ­ ' ­ ’ ’ ’ ’ ’ ’ ’ ­

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dere p o tesse d al G ian ico lo alla b a s s u ra , non in fa m e re b b e Egli così q u a n ti oggi in palese o in se g re to la v o ra n o a d is a r m are l Italia, a sv e rg o g n a re la P a tr ia , a ric a c c ia rla n ella c o n d iz io n e servile, a rin cliio d arla su la su a cro c e , o a la s c ia rla agonizzare in q u el suo le tto ch e g ià ta l volta ci p arv e u n a s e p o ltu ra sen za c o p e rc h io ?

C è chi m e tte c in q u a n ta n n i a m o rire nel suo letto . C è chi m e tte c in q u a n t a n n i a co m p ire nel suo le tto il su o d is fa c i m ento.

E possibile ch e noi la s c ia m o im p o rre dagli stra n ie ri di d e n tr o e di fuori, d ai nem ici d o m estici e in tru si, q u e s to g e nere di m o rte a lla n a z io n e che ieri, co n un frem ito di p o ten za , sollevò s o p ra il suo m a re il s im u la c i^ d el su o p iù fiero m ito, la s ta tu a d e lla su a v o lo n tà v era che è v o lo n tà ro m a n a , o c itta d in i?

C om e ieri l o rg o g lio d Ita lia e ra tu tto volto a R om a, così o ggi a R o m a è vo lta

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l a n g o s c ia d I t a lia ; c h é d a tr e g io rn i n o n so c h e o d o re di tr a d im e n to r ic o m in c ia a soffocarci.

No, n o i n o n siam o , n o i n o n v o g lia m o e ss e re u n m u seo , u n a lb e rg o , u n a v ille g g ia tu ra , u n o riz z o n te r id ip in to col b lu di P r u s s ia p e r le lu n e di m ie le in te rn a z io n a li, u n m e r c a to d ile tto s o ove si c o m p r a e si v en d e, si fr o d a e si b a r a tta .

Il n o s tro G e n io ci c h ia m a a p o r r e la n o s tr a im p r o n ta su la m a te r ia rifu s a e c o n fu s a d e l n u o v o m o n d o . R ip a s s a n el n o s tro cielo q u e l soffio c h e s p ira n elle te rz in e p ro d ig io s e in cu i D a n te r a p p r e s e n ta il volo d e ll a q u ila r o m a n a , o c it ta d in i, il volo d e ll a q u ila v o stra .

C h e la fo rza e lo s d e g n o d i R o m a ro v è s c in o alfin e i b a n c h i d ei b a r a ttie r i e d ei fa lsa rli. C h e R o m a ritro v i n el F òi o l a rd im e n to c e s a ria n o . « Il d a d o è tr a tt o ». G e tta to è il d a d o su la ro s s a ta v o la d e lla te r r a .

Il fu o c o di V e sta , o R o m a n i, io lo v idi ie ri a r d e r e n e lle g ra n d i a c c ia ie rie

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