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La semantica di οὐᾶ nella „Vita Aesopi“: nuovi elementi per la datazione

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Academic year: 2021

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(1)Hermes 146, 2018/2, 166–186 DOI 10.25162/Hermes-2018-0014. Mario Andreassi. La semantica di οὐᾶ nella „Vita Aesopi“: nuovi elementi per la datazione Abstract: The exclamatory particle οὐᾶ, although attested only nine times between the first and the third century AD (and never before), also occurs twelve times in the „Vita Aesopi“, the archetype of which is dated between the first century BC and the first century AD. Almost all the occurrences of οὐᾶ are in recensio G, usually dated between the first and the second century AD; the other recensio, W (probably going back to the fourth century AD), on the other hand deliberately aims to eliminate the word οὐᾶ. Analysing in detail the use of this exclamatory particle in G and looking at the parallels (especially in Epictetus), we date G to the second century AD (probably its first half) and argue in support of the traditional view that it is extremely close – both chronologically and textually – to the lost archetype.. 1. Lo status quaestionis: tradizione testuale e cronologia Non sono poche e neppure concordi le ricostruzioni avanzate dagli studiosi sulla complessa storia testuale della „Vita Aesopi“ (o „Romanzo di Esopo“)1, „a popular narrative that probably circulated in different versions for centuries before it was committed to writing, and whose written surface is stratified, fissured, and uneven“2. Al centro del dibattito sono G e W, le due principali redazioni (o recensioni) che hanno trasmesso la biografia3: G (detta anche recensio Perriana, dal nome del primo editore, Perry 1. 2 3. Fondamentali per la ricostruzione della storia testuale della „Vita Aesopi“ sono (ancora) i numerosi lavori di Perry (1933, 1936, 1952, 1966), cui vanno aggiunti quelli di Marc 1910, Papathomopoulos 1989 (con aggiornamenti bibliografici e non poche osservazioni critiche contra Perry) e Karla 2001, nonché le edizioni critiche di riferimento. Una ricca rassegna bibliografica sulla „Vita Aesopi“, aggiornata però al 1992, è curata da Beschorner-Holzberg 1992; rinvio invece a Kurke 2011, 22–42 per una complessiva e molto acuta storia degli studi. Kurke 2003, 77. Viene sovente ricordata, quale terza redazione, la „Vita Planudea“, ossia il testo curato da Massimo Planude alla fine del XIII secolo (sull’attribuzione del lavoro a Massimo Planude vd., da ultimo, Karla 2003) e pubblicato attorno al 1479 da Bonaccorso da Pisa (Bonus Accursius: di qui la denominazione alternativa di „Vita Accursiana“): sebbene abbia incontrato grande fortuna fino all’edizione di Westermann, la „Vita Planudea“ (edita da Eberhard 1872) si basa, di fatto, su „un esemplare alquanto corrotto“ (Ferrari 1997, 43) della recensione W (vd. già Marc 1910, 417–421, Perry 1933, 198 e 1952, 1, Hostetter 1955, 2), anche se „written in a more elegant, classicizing Greek style“ (Kurke 2011, 16) e „better than the others morally, grammatically, and stylistically“ (Birch 1955, 225). Sulle redazioni G e W segnalo anche, da ultimo, il contributo di Duarte-Ipiranga Júnior 2014, che tuttavia non apporta alcun dato originale alla ricerca. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(2) La semantica di οὐᾶ nella „Vita Aesopi“: nuovi elementi per la datazione. 167. 1952) è rappresentata da un codex unicus del X–XI secolo originariamente conservato a Grottaferrata4, mentre W (recensio Westermanniana) è costituita da più manoscritti, databili a partire dal XIII secolo5; oltre che dai codici, alcune parti del testo sono trà­ dite anche dai testimoni papiracei (dal II al VII secolo d. C.)6, non sempre riconducibili con certezza a una delle due redazioni7. La datazione dell’archetipo8, il cui terminus ante quem è il II–III secolo d. C. (datazione di P.Berol. 11628, il più antico papiro della „Vita“), è stata circoscritta da Perry 1952, 5 tra la fine del I secolo a. C. e il I secolo d. C.9. 4 Si tratta del codice Cryptoferratensis A 33, „a copy by a rather ignorant and careless scribe“ (Avery 1941, 104; vd. già la descrizione di Perry 1936, 3–4), custodito oggi nella Pierpont Morgan Library di New York (ms M 397). Per il testo seguirò l’edizione di Ferrari, che si basa su quella di Perry 1952 ma „presuppone la nuova collazione […] su […] microfilm“ (Ferrari 1997, 44); vanno comunque ricordate le due edizioni di Papathomopoulos (1991 e 2010), su cui hanno espresso riserve, rispettivamente, Ferrari 1997, 44–45 (nonché Adrados 1993, recensendo la prima edizione, del 1990) e, soprattutto, Konstantakos 2013. 5 Westermann 1845 ha per primo edito, „con poche preoccupazioni critiche“ (La Penna 1962, 264; vd. anche Bádenas de la Peña 1993, 167–168), questo ramo della tradizione, basandosi su un apografo del codice Laurentianus conv. soppr. 627 (sec. XIII) (vd. Perry 1933, 204). In realtà W prevede un’ulteriore articolazione nelle famiglie MORN e BPThSA, a cui sono riconducibili altri codici che già Perry 1933, 203 definisce „mixed“ (vd. anche Perry 1952, 31). Per il testo seguirò Perry 1952, ma, laddove sarà necessario distinguere i due rami della recensio, mi atterrò a Papathomopoulos 1999 (MORN) e Karla 2001 (BPThSA); a quest’ultima edizione faccio riferimento per i sigla (basati su quelli di Perry 1952 ma aggiornati dalle successive risultanze paleografiche e critico-testuali). 6 P.Berol. 11628 (databile al II/III sec.; tramanda i §§ 121–124); P.Oxy. 3331 + 3720 (III sec.; §§ 18, 75–76, 107–111); PSI 156 (IV sec.; §§ 1–3); P.Oxy. 2083 (IV/V sec.; §§ 59–62); P.Ross. Georg. I 18 (VI/VII sec.; §§ 124–132). Sui papiri della „Vita Aesopi“ si sono soffermati soprattutto Zeitz 1935 (non vidi) e Perry 1936, 39–70; di P.Berol. 11628, P.Oxy. 3331 fr. 1 e P.Oxy. 2083 è tornata ad occuparsi Giannattasio Andria 2007. I papiri tendono a essere più vicini a G (Karla 2009a, 444), ma, ai fini della mia indagine, non hanno (purtroppo) alcuna utilità, poiché nessuno conserva parti della „Vita“ dove sia attestata l’esclamazione οὐᾶ. 7 Karla 2009a, 444. In ogni caso, anche quando rispecchiano una delle due recensioni, i papiri „confirm the fluidity and permeability of the tradition of the Life“ (Kurke 2011, 17). 8 Per archetipo (o testo originario) intendo – con Karla 2009a, 443 n. 10 – „die erste schriftliche Form des Äsopromans […], auf die alle vorhandenen Textzeugen dieses Romans zurückzuführen sind“. 9 Più precisamente – aggiunge lo studioso in n. 16 – la redazione deve essere avvenuta in Egitto tra il 30 a. C. e il I secolo d. C. (vd. anche Perry 1952, 22), mentre è già da scartare, a suo giudizio, il II secolo d. C. come terminus a quo; inizialmente lo studioso aveva supposto un arco di tempo appena più ampio, tra il I secolo a. C. e il II d. C. (Perry 1936, 24–26). Sostanzialmente d’accordo con Perry 1952, talora estendendo l’arco temporale fino al II secolo d. C., sono pressoché tutti gli studiosi successivi (vd., e. g., La Penna 1962, 270–271, Jedrkiewicz 1989, 35, Ferrari 1997, 18 e 44, Hansen 1998, 109, Holzberg 2001, 87 = 2002, 78, Ruiz Montero-Sánchez Alacid 2003, 411, 2005, 243 e 2006, 915, Kanavou 2006, 208, Kurke 2011, 42, Avlamis 2011, 65). Poche le voci in disaccordo (talora, peraltro, minimo): Holzberg 1992b, 390 (non vidi) e Jordan 2013, 48 spostano di poco la datazione (tra il II e il III secolo d. C.), mentre a una datazione in età ellenistica pensa, sulla base della tematica cinica, Adrados 1979a, 673, 1979b, 112 n. 16 e 1993, 664; Hägg 1997, 182 e 183 ritiene che alcune parti siano antecedenti al periodo ellenistico e, in particolare, che si possa „establish the late fourth century bc as a terminus post quem for the Xanthus part of the Life“. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(3) 168. mario andreassi. Gli studiosi sono per lo più concordi nel ritenere la redazione G più antica di W e/o più fedele al testo originario10 da cui peraltro entrambe derivano11, ma la storia testuale del „Romanzo di Esopo“ rimane ancora oggi complessa e di non facile ricostruzione12. Di particolare interesse per il nostro discorso è la datazione dei subarchetipi da cui discendono G e W: l’origine della redazione G viene fissata al II secolo d. C.13 ed è pertanto cronologicamente vicina al testo originale; il capostipite della recensione W, che Perry inizialmente faceva risalire all’XI secolo14 ma ricollegava comunque alla tradizione di G15, è dalla maggior parte degli studiosi datato a un arco di tempo che si estende all’incirca tra i secoli IV16 e VI17. 2. L’esclamazione οὐᾶ Alla luce di ciò, proverò a posizionare un nuovo tassello in questo articolato mosaico argomentativo, valorizzando uno specifico dato testuale finora del tutto trascurato. Punto di partenza è infatti l’esclamazione οὐᾶ, solidamente attestata nella „Vita“: ben dieci occorrenze nella sola redazione G18 e due nella recensione W19. Nella letteratura greca conservata sono due gli àmbiti semantici a cui οὐᾶ rinvia. Il primo (e più 10 Vd., e. g., Perry 1936, 2, 1952, 1 e 16, La Penna 1962, 264, Adrados 1979a, 697, Ludwig 1997, 15, Hansen 1998, 106, Holzberg 1992a, 34, 2001, 80 e 81 = 2002, 72 e 73, Bádenas de la Peña 1993, 168, Ruiz Montero-Sánchez Alacid 2003, 411, Jouanno 2006, 16, Hunter 2007, 39, Karla 2001, 53, 2009a, 444 e 452, 2014, 84, Ruiz Montero 2010, 605, Avlamis 2011, 66 n. 2, Konstantakos 2013, 355. Vi è anche chi ha sottolineato la maggiore attendibilità, almeno in alcuni passaggi, della tradizione di W (Jedrkiewicz 1989, 34–35 e, soprattutto, Luzzatto 1996b, 359 = 2002, 260) e chi pone sostanzialmente sullo stesso piano le due recensioni o, comunque, nota in ognuna delle due la presenza di dettagli narrativi riconducibili all’archetipo (Ferrari 1997, 43, Luzzatto 2003, 35 n. 3); già La Penna 1962, 266, pur considerando W „una rielaborazione corretta e abbreviata della redazione tramandataci in G“, ritiene che, „tutto sommato, W merita una considerazione più benevola di quella che gli è stata accordata“. 11 Sulla comune origine di G e W vd. già Perry 1952, 18 e poi anche Birch 1955, 226 e Adrados 1993, 661. Per un’efficace sintesi delle principali differenze (e analogie) tra le due recensioni rinvio a Karla 2001, 53–58. 12 A questo proposito, e con particolare riferimento alla natura ,aperta‘ di questa tradizione testuale, rinvio alle considerazioni di Jouanno 2006, 15–16 e Karla 2009a, 452 e 2009b, 24–25. 13 Vd. e. g. La Penna 1962, 271 n. 13, Jedrkiewicz 1989, 35 e Ruiz Montero-Sánchez Alacid 2003, 411 = 2005, 243 = 2006, 915. 14 Perry 1936, 26. 15 Perry 1936, 2 n. 1. 16 Perry 1952, 14, La Penna 1962, 271 n. 13, Ruiz Montero-Sánchez Alacid 2003, 411, 2005, 243 e 2006, 915; il testo imeriano di Or. 66 (su cui Perry fonda la sua datazione di W) mostrebbe, secondo Avlamis 2010, 12 n. 24, una conoscenza della redazione G (e non W) da parte del retore bitinico. 17 Lo stemma codicum di W „puts the archetype SBP […] back in antiquity before the end of the fifth century“ (Perry 1966, 286); a sua volta „[t]he archetype of SBP […] is younger than the text represented by MOR and, in the main, dependent upon it“ (Perry 1933, 207). La datazione è, grosso modo, ribadita da Karla 2001, 11: „Der Archetypos der Fassung MORN ist vor das 6. Jh. zu datieren. […] Der Archetypos der Fassung BPThSA geht wahrscheinlich noch auf das frühe 6. Jh. zurück“. 18 §§ 8, 19, 21, 23, 25, 31, 32, 51, 54, 70. Per via della singolare frequenza, Opelt 1991, 320 definisce οὐᾶ „eine Lieblingsinterjektion des Verfassers der Vita“. 19 §§ 8 e 52; quest’ultima attestazione è però priva di parallelo in G. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(4) La semantica di οὐᾶ nella „Vita Aesopi“: nuovi elementi per la datazione. 169. frequente) è quello dell’approvazione, autentica o sarcastica: la resa in italiano può essere „però“, „bene“, „bravo“, „caspita“, „sì“, „evviva“ o qualsiasi altra esclamazione che indichi stupore, ammirazione, approvazione (sincera o ironica). Il secondo campo semantico, per il quale andrà adottata la traduzione „ah“ (foneticamente molto simile a οὐᾶ), è quello relativo alle più istintive manifestazioni fisiche e/o psichiche (positive o negative)20, non diversamente da quanto accade per il latino vah21, da cui l’esclamazione sembra derivare22. La frequenza di οὐᾶ nel „Romanzo di Esopo“ è tanto più rilevante se si considera che essa (o la sua variante οὐά) non è mai attestata prima del I secolo d. C. – verosimilmente perché si tratta di un latinismo – e che le attestazioni più rilevanti sono coeve (o di poco successive) alla presunta data di redazione dell’archetipo della „Vita“, ossia il periodo tra I secolo a. C. e I secolo d. C. Ecco, qui di seguito, in ordine cronologico, le uniche ricorrenze di οὐᾶ/οὐά tra I e III secolo d. C.23: (1) Il recto del papiro di Ossirinco 2435, databile al più tardi alla metà del I secolo d. C.24, contiene il vivace resoconto di una visita dell’imperatore Germanico ad Alessandria, avvenuta tra il gennaio e l’agosto del 13 d. C. Non appena Germanico inizia a parlare la folla fa sentire la sua calorosa approvazione: „Evviva, signore, salve, possa tu avere ogni bene!“ (rr. 4–5: οὐά κύρι’ ἐπ’ ἀγαθῶι [δ¢]έ¢ξ¢η¢ι¢ τ¢ῶν ἀγαθῶν). (2) Nella Passione raccontata dall’evangelista Marco (15.29–30), il cui testo è databile, con uno scarto di pochi anni, attorno al 70 d. C., i passanti che vedono Gesù in croce lo deridono dicendogli sarcasticamente: „Bravo! Tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, scendi dalla croce e salva te stesso!“ (Οὐὰ ὁ καταλύων τὸν ναὸν καὶ οἰκοδομῶν ἐν τρισὶν ἡμέραις, σῶσον σεαυτὸν καταβὰς ἀπὸ τοῦ σταυροῦ)25. (3) Epitteto (50–125 d. C.), le cui „Diatribe“ sono state fedelmente registrate da Arriano (95–175 d. C.), fa parlare Agamennone, citato come esempio dell’impossibilità – anche per i re – di essere felici, il quale si lamenta per le vicende degli Achei (Epict. 3.22.34): „Ah! Sono re, uno che possiede lo scettro di Zeus“ (οὐᾶ, βασιλεὺς καὶ τὸ τοῦ Διὸς σκῆπτρον ἔχων).. 20 In italiano l’interiezione „ah“ „[e]sprime varî sentimenti (piacere, soddisfazione, dolore, sdegno, rimprovero, minaccia, ecc.) a seconda del modo con cui è pronunciata: ah, finalmente sei arrivato!; ah, in che guaio ci troviamo!; ah, questa poi non gliela perdono!; ah, sì?, ecc.“ (VLI I, 99, s. v. ah). 21 LTL IV, 905, s. v. vah: „interjectio varios animi affectus significans […]. Origo autem vocis est ab ipsa natura, quae apud omnes eodem fere modo in hosce sonos erumpit. Cf. Gr. οὐά, ἆ […] Est proprie interjectio, et quidem a) Interdum irridentis et insultantis […] b) Item admirantis […] c) Item dolentis […] d) Et indignantis, stomachantis […] e) Et gaudentis atque exsultantis“. 22 Perry 1936, 25 e n. 2 cita οὐᾶ („frequent“) all’interno dell’„unusual number of Latin words that appear in the text“ (vd. anche Perry 1952, 5 n. 16 e Ferrari 1997, 44); sui latinismi nella „Vita Aesopi“ rinvio a Opelt 1991. 23 La scelta di questo arco di tempo trova un’ulteriore conferma statistica in Sánchez Alacid 2003, 230, la quale, occupandosi delle occorrenze di „términos tardíos“ nella „Vita Aesopi“, pone οὐᾶ proprio nel gruppo dei „términos que se sitúan entre el s. I–III d. C.“. 24 „The latest acceptable dates for these texts […] is a. d. 50“, ritiene Turner 1959, 107, curatore dell’editio princeps del papiro. 25 Il testo di Matteo (27.40), databile poco dopo quello di Marco e verosimilmente entro il I secolo d. C., è quasi uguale ma non prevede l’esclamazione οὐά: Ὁ καταλύων τὸν ναὸν καὶ ἐν τρισὶν ἡμέραις οἰκοδομῶν, σῶσον σεαυτόν, εἰ υἱὸς εἶ τοῦ θεοῦ, [καὶ] κατάβηθι ἀπὸ τοῦ σταυροῦ. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(5) 170. mario andreassi. (4) Ancora Epitteto (Epict. 3.23.24), polemizzando con i filosofi che, invece di giovare agli altri, mirano solo a essere applauditi, immagina uno scambio di battute con uno di questi presunti maestri: „,Fammi un elogio.‘ Che intendi per ,fammi un elogio‘? ,Dimmi: bravo! e formidabile!‘. Ecco, te lo dico“ („ἀλλ’ ἐπαίνεσόν με.“ τί λέγεις τὸ ἐπαίνεσον; „εἰπέ μοι ,οὐᾶ‘ καὶ ,θαυμαστῶς‘“. ἰδοὺ λέγω). (5) Sempre in polemica con i filosofi che interpretano in modo scorretto la loro attività, Epitteto (Epict. 3.23.32) domanda provocatoriamente al suo interlocutore fittizio: „Allora, per questo scopo i più giovani lasceranno la patria e abbandoneranno i loro genitori, gli amici, i parenti e quanto possiedono, per dirti ,bravo!‘ quando declami le tue frasette?“ (εἶτα τούτου ἕνεκα ἀποδημήσωσιν ἄνθρωποι νεώτεροι καὶ τοὺς γονεῖς τοὺς αὑτῶν ἀπολίπωσιν καὶ τοὺς φίλους καὶ τοὺς συγγενεῖς καὶ τὸ κτησίδιον, ἵνα σοι ,οὐᾶ‘ φῶσιν ἐπιφωνημάτια λέγοντι;). (6) Ireneo, che vive nel corso del II secolo d. C. (135/140–200 ca.), descrivendo gli eretici marcosiani suoi contemporanei e la loro interpretazione delle Scritture, riporta un passo di Matteo (11.26) dove Gesù, nel ringraziare il Padre per aver scelto di parlare ai piccoli piuttosto che ai sapienti e ai dotti, esclama (Haer. 1.13.2 Harvey): „Sì, Padre mio, perché così a te è piaciuto“ (οὐὰ, ὁ πατήρ μου, ὅτι ἔμπροσθέν σου εὐδοκία ἐγένετο). Qui, in realtà, l’esclamazione οὐά rientra tra le lievi varianti al testo matteano, dove invece si legge ναί (ναί, ὁ πατήρ, ὅτι οὕτως εὐδοκία ἐγένετο ἔμπροσθέν σου): la lectio marcosiana οὐά, citata da Ireneo, più che costituire „la versione più antica, sostituita dalla formula giudaica di preghiera“26, sembrerebbe piuttosto rispondere all’uso linguistico contemporaneo di Ireneo e dei marcosiani. (7) Al II secolo d. C. risale P.Berol. 13876 (= 12 Cunningham), un papiro mimico27 alquanto lacunoso, con citazioni omeriche e indicazioni di tipo registico, dove, al r. 6 della seconda colonna, tre personaggi (indicati dalle sigle nominali ς, ζ, η, marcate da una linea superiore) esclamano οὐά οὐά28, un „dreistimmiges Wehgeschrei“ che doveva aver luogo nel contesto di una „Prügelszene“ (Wiemken 1972, 130): „ah!, ah!“. (8) Attivo tra II e III secolo d. C., Cassio Dione riporta le esclamazioni di saluto con cui Nerone, nel 68 d. C., reduce dai successi agli agoni ellenici, viene solennemente acclamato a Roma dalla popolazione e dagli stessi senatori (63.20.5): „Evviva, vincitore olimpico! Evviva, vincitore pitico! Augusto! Augusto!“ (Ὀλυμπιονῖκα οὐᾶ, Πυθιονῖκα οὐᾶ, Αὔγουστε Αὔγουστε). (9) Un papiro ossirinchita del III secolo d. C. (P.Oxy. 4792), edito da Obbink 2006, sembra riproporre, pur nella brevità e lacunosità del testo, la vicenda romanzesca – nota dalle „Metamorfosi“ apuleiane e dall’„Asino“ pseudolucianeo – della passione erotica che una donna lasciva nutre per un asino. Il frammento, al centro di 26 È, questa, l’ipotesi ricordata (ma esclusa) da Gnilka 1986, 635, il quale cita a riguardo il contributo di Grundmann 1958–59 (non vidi), dove „οὐά sarebbe l’espressione siriaca di una gioia improvvisa“ (1986, 635 n. 27). 27 „E signis, quibus persona nova indicatur […], tum etiam τ = τυμπανισμός […] mimi fragmentum subesse luculenter apparet“ (Manteuffel 1930, 150). 28 Manteuffel 1930, 150 congettura un terzo οὐά nella lacuna che segue l’omicron leggibile subito dopo i due οὐά. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(6) La semantica di οὐᾶ nella „Vita Aesopi“: nuovi elementi per la datazione. 171. numerosi studi negli ultimi anni29, tramanda al r. 9 le lettere ουω, che diversi studiosi hanno corretto in οὐᾶ30, mentre altri propendono per οὐαί31. L’esclamazione introdurrebbe la reazione piacevolmente sorpresa – ma anche un po’ preoccupata – della donna lussuriosa, allorché si accorge delle straordinarie dimensioni del membro dell’asino: „Caspita! È grosso e lungo come una trave!“ (rr. 9–10: οὐᾶ, παχεῖα καὶ μεγάλη ’στιν, ὡς δοκός). Nelle sole nove attestazioni di I–III secolo d. C. la semantica di οὐᾶ sembra dunque riguardare (a) l’àmbito dell’apprezzamento, autentico (n° 1, 4, 5, 6, 8, 9) o sarcastico (n° 2), e (b) la sfera del dolore, psichico (n° 3) o fisico (n° 7). Dopo il III secolo, le ulteriori attestazioni (una cinquantina32) riguardano esclusivamente la forma ossitona οὐά33 e sono circoscritte ad autori ecclesiastici (che molto spesso si limitano a citare il passo del „Vangelo“ di Marco)34, a storici e cronisti vissuti tra X e XII secolo (che tentano di spiegare la frase, di origine araba, Ἀλλὰ οὐὰ Κουβάρ pronunciata dai seguaci di Maometto)35 e a scrittori di età umanistica36. 3. Le attestazioni di οὐᾶ nella „Vita Aesopi“ A fronte delle nove attestazioni nel I–III secolo (addirittura solo otto, se escludiamo cautelativamente l’incerto caso di P.Oxy. 4792), è un dato di straordinaria rilevanza che, tra G e W, siano ben undici (o dodici se si considera l’attestazione parallela nel § 8) le occorrenze di οὐᾶ nella „Vita Aesopi“: (1) § 8: G: ὁ δὲ Αἴσωπος αὐτὸ τὸ ταχθὲν ὑπὸ τῆς φύσεως ὑπνώσας διεγέρθη καί φησιν· „οὐᾶ, ἡδέως ὕπνωσα“ W: ὁ δὲ Αἴσωπος ἐκ τοῦ ὕπνου ἐγερθείς φησιν „οὐᾶ37, πῶς ἡδέως κεκοίμημαι“. 29 30 31 32 33 34. 35 36 37. Ultima rassegna bibliografica in Puglia 2013. Obbink 2006, 28, Zanetto 2010, 54, West 2010, 36. Meliadò e, meno sicura, Colomo ap. Stramaglia 2010, 177. Il dato emerge dalla consultazione del database online del Thesaurus Linguae Graecae dell’Università della California. Di queste attestazioni, peraltro, una dozzina (quasi il 25% dunque) sono concentrate negli scritti del monaco e santo bizantino Teodoro Studita, vissuto tra VIII e IX secolo. Unica eccezione è il passo di una homilia di Leone il Saggio (4, 213 Antonopoulou), dove si parafrasa il versetto del „Vangelo“ di Marco. In ben 16 casi (quasi 1/3 dunque), e in particolare nel corso del IV secolo, le attestazioni di οὐά sono da addebitare alle citazioni ad litteram o ai commenti del passo evangelico: Eusebio (5), Didimo il Cieco (2), Teodoreto (2), Esichio di Gerusalemme (2), Ps.-Giovanni Damasceno (1), Vangelo di Nicodemo (1), Teodoro Studita (1), Leone il Saggio (1), Nicola d’Otranto (1). Nelle altre occorrenze οὐά introduce per lo più un’esclamazione di sorpresa (positiva o negativa). Si tratta di una decina di attestazioni (in Giorgio il Monaco, Costantino Porfirogenito, Giorgio Cedreno, Michele Glyca): qui οὐά, inteso come equivalente arabo della congiunzione καί, non ha nulla in comune con l’esclamazione οὐᾶ. Si conservano 5 attestazioni nella „Commedia di Katablatta“ attribuita a Giovanni Argiropulo (XV secolo). Alcuni manoscritti riportano tuttavia οὐαί in luogo di οὐᾶ: B (Londinensis Add. Gr. 17015 del XV sec.), P (Vaticanus Palatinus Gr. 269 del XV sec.), W (Laurentianus conv. soppr. 627 del XIII sec.). This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(7) 172. mario andreassi. Iside e le Muse38, in cambio dell’aiuto che il muto Esopo ha poco prima prestato a una sacerdotessa della dea, gli donano, mentre dorme, la parola e la capacità di adoperarla; al risveglio, egli subito esclama: „Ah, ho dormito bene“ (οὐᾶ, ἡδέως ὕπνωσα), e scopre così di possedere il dono della parola. W, che assegna alla Tyche il compito di miracolare Esopo, conserva οὐᾶ e, rispetto a G, modifica solo la forma verbale (οὐᾶ, πῶς ἡδέως κεκοίμημαι). (2) § 19: G: ἄλλος· „ταῦτα τὰ ἀνθρωπάρια τὰ λειπόμενα τῇ μορφῇ φρένας ἔχει· ἠρώτησεν γὰρ βαστάσαι τοὺς ἄρτους τοὺς ὑπὸ χεῖρα δαπανωμένους. ἡμεῖς δὲ κίστας καὶ στρώματα καὶ χαλκώματα βαστάζομεν, τὰ μὴ δυνάμενα δαπανηθῆναι.“ ἄλλος· „οὐᾶ, σταυροῦ ἄξιον τὸ ἀνθρωπάριον.“ W: ἄλλος ἔφη „οὐκ οἴδατε τὸ ἀνθρωπάριον τοῦτο πῶς φρονίμως ἔδρασεν ὑπὲρ πάντας ἡμᾶς· ἡμεῖς γὰρ στρώματα καὶ τὰ λοιπὰ σκεύη τὰ μὴ δυνάμενα δαπανηθῆναι ἄραντες κοπιῶμεν, ἐκεῖνος δὲ τοὺς προχείρως δαπανωμένους ἄρτους ὡς πανοῦργος ἦρεν.“. Acquistato dal mercante di schiavi Ofelione, Esopo, in viaggio con il nuovo padrone e gli altri compagni, sceglie di portare la pesante cesta del pane, prevedendo astutamente che si sarebbe via via svuotata; un altro schiavo (ἄλλος), constatando i vantaggi dell’abile mossa di Esopo, commenta tra sarcasmo e invidiosa ammirazione: „Però39! Merita la croce, il nanetto!“ (οὐᾶ, σταυροῦ ἄξιον τὸ ἀνθρωπάριον). W taglia l’intera battuta che G assegna al secondo ἄλλος e ,incorpora‘ nelle risentite parole dello schiavo precedente il giudizio ostile e invidioso verso Esopo, comportatosi ὡς πανοῦργος40. (3) § 21: G: τοῦ δὲ κήρυκος τὰ σωμάτια κηρύττοντος πολλοὶ κατενόουν, καὶ ἔλεγον· „οὐᾶ, οὗτοι καλλίοψοι, τὸ δὲ κακὸν τοῦτο πόθεν; οὗτος καὶ τούτους ἀφανίζει· ἆρον ἀπ’ αὐτῶν τὸν μέσον.“ W: πολλοὶ δὲ κατανοοῦντες τὰ σωμάτια, ὁρῶντες τὸν Αἴσωπον πρὸς ἀλλήλους ἔλεγον „πόθεν τὸ κακὸν τοῦτο; οὗτος καὶ τοὺς ἄλλους ἀφανίζει.“. Giunto da Efeso a Samo per vendere gli ultimi tre schiavi, Ofelione espone Esopo ponendogli ai lati gli altri due, più presentabili (un musico e un grammatico); i passanti notano il bell’aspetto dei due ma anche la bruttezza di Esopo: „Però, proprio belli. 38 Sul ruolo di Iside e delle Muse nella „Vita Aesopi“ rinvio all’ampia bibliografia citata da Karla 2009a, 447 n. 3 e 2014 (passim), a cui andrà aggiunto il contributo di Avlamis 2010, 1–46. 39 Qui, e anche altrove, traduco οὐᾶ con „però“, inteso evidentemente non come congiunzione avversativa ma come interiezione con valore esclamativo e di meraviglia: posto „[a]ll’inizio di frase […], pronunciato con tono interiettivo, esprime ammirazione o finta sorpresa nel constatare una realtà apparentemente insospettata o contraria all’apparenza“ (VLI III.2, 819, s. v. però). 40 Appare evidente, già qui, la marcata tendenza di W, più volte notata dagli studiosi (vd., e. g., Jouanno 2006, 49), a sintetizzare il testo. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(8) La semantica di οὐᾶ nella „Vita Aesopi“: nuovi elementi per la datazione. 173. questi due! Ma questa schifezza da dove spunta?“ (οὐᾶ, οὗτοι καλλίοψοι, τὸ δὲ κακὸν τοῦτο πόθεν;). W elimina οὐᾶ e abbrevia la frase pronunciata in G dai passanti. (4) § 23: G: θεασάμενος δὲ πόρρωθεν τοὺς μὲν δύο εὐπρεπεῖς τὸν δὲ ἕνα σαπρόν, ἐθαύμασεν τὴν ἐπίνοιαν τοῦ σωματεμπόρου καὶ ἀνεκραύγασεν· „οὐᾶ, καλῶς, νὴ τὴν Ἥραν· εὐεπινόητος καὶ φιλόσοφος, μᾶλλον δὲ καὶ θαυμαστὸς ἔμπορος καὶ ἄκρος.“ W: θεασάμενος δὲ τοὺς μὲν δύο παῖδας εὐπρεπεῖς, τὸν δὲ μέσον σαπρόν, ἐθαύμασε τοῦ ἐμπόρου τὴν ἐπίνοιαν […].. Sollecitato dalla moglie, il filosofo Xanto va, con il codazzo degli allievi, ad acquistare uno schiavo e apprezza l’abilità di Ofelione nell’aver collocato al centro il repellente Esopo in modo da far spiccare gli altri due schiavi in vendita: „Però, bene, per Era!“ (οὐᾶ, καλῶς, νὴ τὴν Ἥραν). In W l’intero § 23 è drasticamente abbreviato41: l’esclamazione οὐᾶ scompare insieme a tutta la frase nella quale è inserita in G. (5) § 25: G: οἱ σχολαστικοί· „οὐᾶ, μακάριος· οὗτοι γὰρ κακῶς ἀπεκρίθησαν. ἄνθρωπος γὰρ οὐκ ἔστιν πάντα εἰδώς. διὰ τοῦτο εἶπεν οὗτος ὅτι οὐδὲν οἶδα, διὰ τοῦτο οὖν ἐγέλασεν.“ W: οἱ δὲ σχολαστικοὶ θαυμάσαντες εἶπον „καλῶς ἀπελογήθη, οὐκ ἔστι γὰρ ἄνθρωπος πάντα εἰδώς· διὰ γὰρ τοῦτο καὶ ἐγέλασεν.“. Gli allievi di Xanto commentano ammirati la prontezza e l’abilità con cui Esopo, interrogato dal filosofo al momento dell’acquisto, si è mostrato superiore ai due presuntuosi compagni di schiavitù, affermando di non saper fare nulla: „Bravo, splendido! Quei due hanno risposto male, infatti“ (οὐᾶ, μακάριος· οὗτοι γὰρ κακῶς ἀπεκρίθησαν). W apporta una lieve riduzione alla frase degli allievi di Xanto: l’esclamazione οὐᾶ è eliminata, ma l’ammirato stupore in essa implicito è integrato attraverso il participio θαυμάσαντες, assente in G. (6) § 31: G: ἡ γυνὴ τοῦ Ξάνθου, τοῦ Αἰσώπου ἰδοῦσα τὸ κακοπινὲς τοῦ προσώπου, ἀπεστράφη καὶ πρὸς τὸν Ξάνθον λέγει „οὐᾶ, Ξάνθε, εὐεπινοήτως, φιλοσόφως καὶ πρεπόντως ἔπραξας […].“ W: θεασαμένη δὲ αὐτὸν ἐκείνη ἀπεστράφη καί φησι πρὸς τὸν ἄνδρα „πόθεν μοι τὸ τέρας τοῦτο; οὗτός ἐστιν ὃν ἐγκωμιάζεις; ἔκβαλε αὐτὸν ἀπὸ τῆς ὄψεώς μου.“. Xanto, con qualche timore, introduce Esopo al cospetto della schizzinosa consorte; la donna, disgustata dalla bruttezza del neoacquisto, pensa che il marito, innamorato di 41 Basti solo considerare che, nell’edizione di Perry 1952, il § 23 W si estende per 4 righi contro i 15 di G. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(9) 174. mario andreassi. un’altra, stia cercando un pretesto per farla andare via di casa; prima di chiedergli la restituzione della dote, gli dice sarcastica: „Bravo, Xanto, hai agito proprio con abilità, da filosofo e in modo opportuno“ (οὐᾶ, Ξάνθε, εὐεπινοήτως, φιλοσόφως καὶ πρεπόντως ἔπραξας). W elimina, insieme a οὐᾶ, tutto l’apprezzamento sarcastico della moglie di Xanto e inserisce, invece, l’ordine – assente in G – con cui la schizzinosa e disgustata signora impone al marito di far sparire dalla sua vista il τέρας appena acquistato; quindi, come in G, la moglie denuncia il vero fine per cui Xanto avrebbe acquistato Esopo e chiede di restituirle la dote. (7) § 32: G: ὁ Ξάνθος εἶπεν· „Αἴσωπε, διήλλακταί σοι ἡ κυρία.“ Αἴσωπος λέγει· „μέγα πρᾶγμα, εἰ γύναιον καταπλήξει ἐπράϋνα.“ ὁ Ξάνθος εἶπεν· „οὐᾶ, δραπέτα.“ W: ὁ Ξάνθος ἔφη „Αἴσωπε, διήλλακταί σοι ἡ κυρία.“ ὁ δέ φησι „μέγα πρᾶγμα εἰ γύναιον πτῆξαν κατεπραΰνθη“.42. Dopo una durissima tirata misogina, Esopo ottiene che la moglie di Xanto si riconcili con il marito; il filosofo è ammirato dall’abilità dello schiavo e deve riconoscerne i meriti: „Bravo, fuggitivo!“ (οὐᾶ, δραπέτα). Il testo di W è confrontabile con quello di G fino alla riflessione con cui Esopo commenta l’esito positivo dell’asperrima tirata contro la moglie di Xanto. Manca, invece, la successiva approvazione del filosofo, posta, in G, al termine del § 32 e introdotta da οὐᾶ. Invero, l’assenza in W dell’intero § 33 potrebbe far pensare a una lacuna che ha coinvolto anche la fine del § 32. Non è tuttavia da scartare, a mio avviso, la possibilità che il § 33, assente nell’archetipo, sia un’inserzione posteriore del redattore di G in chiave antiapollinea43 e che, invece, la perdita della frase ὁ Ξάνθος εἶπεν „οὐᾶ, δραπέτα“ sia da addebitare a un taglio intenzionale nella recensione W44.. 42 Per la punteggiatura e l’uso delle virgolette, seguo la scelta di Karla 2001, 184 (e già di Westermann 1845, 21, il quale non conosceva ancora il testo di G), che – condivisibilmente, a mio giudizio – ritiene conclusa la battuta di Esopo, come appunto si evince da G. Sia Perry 1952, 87 sia Papathomopoulos 1999, 63 e 163 preferiscono non chiudere le virgolette e segnare tre punti sospensivi per indicare la lacuna. 43 Si deve a Ferrari l’ipotesi, diffusamente argomentata dallo studioso (ma vd., contra, Kurke 2011, 35– 38), che „il recensore di G [abbia] aggiunto fra gli interstizi del modello un suo pezzo di storia per dare al romanzo un senso (un senso anti-apollineo) che doveva essere del tutto estraneo alla forma del racconto che era stata elaborata dall’Anonimo autore del I–II secolo d. C.“ (Ferrari 1997, 18). 44 Se, in effetti, in G la battuta di Xanto, introdotta da οὐᾶ, esprime il compiacimento del filosofo nel constatare come lo schiavo appena acquistato lo abbia efficacemente difeso nella disputa con la moglie, in W affiora invece un sentimento diverso: nel capitolo immediatamente successivo al 32 (numerato come 34 dagli editori, che danno per certa la caduta del § 33), Xanto non si mostra affatto compiaciuto della facilità retorica di Esopo, ma piuttosto è visibilmente infastidito che il neoacquisto abbia spiccate doti sofistiche (Ὁ Ξάνθος ἔφη „σιώπα τοῦ λοιποῦ· ὠνησάμην σε εἰς δουλείαν, οὐ μὴν δὲ εἰς ἀντιλογίαν“) e gli ordina perentoriamente di seguirlo per andare ad acquistare la verdura (l’ordine è impartito anche in 34 G, ma qui dopo un ennesimo apprezzamento per la facondia che Esopo ha mostrato nei capitoli 32 e 33). This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(10) La semantica di οὐᾶ nella „Vita Aesopi“: nuovi elementi per la datazione. 175. (8) § 51: G: οἱ σχολαστικοὶ εἶπον· „οὐᾶ, Ξάνθε, καὶ τὸ δεῖπνόν σου φιλοσοφίας μεστόν· οὐδὲν γὰρ παρὰ σοὶ ἀφιλοπόνητον. εὐθέως γὰρ ἐν ἀρχῇ τοῦ δείπνου αἱ γλῶσσαι παρετέθησαν.“ W (MORN): οἱ δὲ σχολαστικοὶ ἐπῄνεσαν τὸν Ξάνθον λέγοντες „ὦ καθηγητά, καὶ τὸ ἄριστόν σου φιλοσοφίας μεστόν. εὐθέως γὰρ γλώττας ἐπέδωκας, δι’ ὧν πᾶσα φιλοσοφία ἐκπέμπεται, καὶ τὸ κρεῖττον ἐξ ὕδατος· πᾶσα γὰρ γλῶσσα ἐν ὑγρῷ καθέστηκεν.“ ἔφαγον οὖν ἡδέως. W (BPThSA): οἱ δὲ σχολαστικοὶ ἐπῄνεσαν τὸν Ξάνθον λέγοντες· „ὦ καθηγητά, τὸ ἄριστόν σου φιλοσοφίας πλῆρες.“ ἔφαγον οὖν ἡδέως.. Xanto organizza un banchetto ,filosofico‘ per gli allievi e chiede a Esopo di comperare ciò che c’è di più bello e di più utile al mondo; Esopo prepara delle lingue di maiale e gli ospiti, ancora ignari dei malesseri intestinali che poi accuseranno, si congratulano con Xanto per le scelte gastronomiche: „Però45, Xanto, anche il tuo pranzo è ricco di filosofia!“ (οὐᾶ, Ξάνθε, καὶ τὸ δεῖπνόν σου φιλοσοφίας μεστόν). La recensione W cassa οὐᾶ, che in G introduce l’apprezzamento degli allievi per la sensibilità filosofica di Xanto; il taglio riguarda solo l’esclamazione, la cui valenza elogiativa è però recuperata attraverso il nesso ἐπῄνεσαν … λέγοντες (in luogo del più secco εἶπον di G). Non meno rilevante è la circostanza che, in questo passo, una delle due famiglie di W (MORN) tramandi un testo più esteso rispetto all’altra (BPThSA) e persino rispetto a G46; se, però, pur in presenza di una chiara biforcazione nella tradizione di W, entrambi i rami sono privi di οὐᾶ, si dovrà dedurre che l’esclamazione sia stata cassata già nel capostipite da cui discendono entrambe le famiglie. (9) § 52: G: οἱ σχολαστικοὶ εἶπον· „θείως, καθηγητά, καλλίστως, μὰ τὰς Μούσας. ἐπεὶ πᾶσα γλῶσσα πυρὶ ἠκόνηται, καὶ τὸ κρεῖττον, ὅτι δι’ ἁλοπεπέρεως· τὸ γὰρ ἁλυκὸν τῷ δριμυτέρῳ συγκέκραται τῆς γλώσσης ἵνα τὸ εὔστομον καὶ τὸ δάκνον ἐπιδείξῃ.“ W: οἱ δὲ σχολαστικοὶ εἶπον „οὐᾶ, καθηγητά, οἰκείως καὶ μεγάλως γλῶσσα ὀπτή· πᾶσα γὰρ γλῶσσα πυρὶ ἠκόνηται. καὶ τὸ κρεῖττον δι’ ἁλοπεπέρεως· τὸ γὰρ ἁλυκὸν τῷ δριμεῖ συγκέκραται καὶ τὸ δάκνον ἐπιδέξεται.“. Nel corso del banchetto organizzato da Xanto i suoi allievi, dopo aver gustato la prima portata (lingua bollita, § 51, vd. supra, n° 8), apprezzano ora anche la seconda (lingua arrostita). Eccezionalmente, è solo W, in questo caso, ad adoperare la più colloquiale forma οὐᾶ: „Però, maestro, una lingua cotta proprio come si deve!“ (οὐᾶ, καθηγητά, οἰκείως καὶ μεγάλως γλῶσσα ὀπτή). G, invece, prevede una differente forma di apprezzamento, decisamente più solenne e priva di οὐᾶ: „Divino, maestro, eccellente, per le Muse!“ (θείως, καθηγητά, καλλίστως, μὰ τὰς Μούσας). 45 Efficace è anche la traduzione di La Penna 1962, 267: „Perdinci!“. 46 Si tratta del riferimento al legame della lingua con l’elemento umido: un riferimento che La Penna 1962, 267 ritiene „un dettaglio originario […] tralasciato in G“ e, dunque, conservato solo in questo ramo della recensio W. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(11) 176. mario andreassi. (10) § 54: G: καὶ μετὰ τὸ πιεῖν αὐτοὺς πρὸς δύο, ὁ Ξάνθος λέγει· „δὸς ἡμῖν τι φαγεῖν.“ Αἴσωπος παρέθηκεν ἑκάστῳ ὀπτὴν γλῶσσαν. οἱ σχολαστικοὶ εἶπον „οὐᾶ, τί ἐστι τοῦτο; ὁ χθεσινὸς ὑπόμωρος πάλιν διὰ γλωσσῶν ἀσθένειαν ἡμῖν κατασκευάζει;“. W: καὶ μετ’ ὀλίγον πάλιν παρέθηκε γλώσσας. οἱ δὲ σχολαστικοὶ ἐταράχθησαν.. Dopo la cattiva figura rimediata nel pranzo del giorno precedente, Xanto re-invita gli allievi per una sorta di ,banchetto riparatore‘, chiedendo ad Esopo di acquistare al mercato quanto di peggio esista. Inizialmente la scena si sviluppa in modo parallelo nelle due redazioni: gli scholastikoi arrivano e prendono posto sui triclini insieme a Xanto; dopo aver bevuto, il filosofo chiede a Esopo di portare da mangiare; lo schiavo serve ancora una volta delle lingue di maiale, condite con una salsa a base di aceto; gli allievi reagiscono preoccupati e ipotizzano speranzosi che l’aceto sia un ,ricostituente‘ dopo i disastrosi effetti gastrointestinali provocati il giorno precedente dalle altre lingue cucinate da Esopo47. A questo punto i testi delle due recensiones divergono. G offre numerosi particolari narrativi: i convitati bevono ancora un po’, Xanto chiede di portare altro cibo a tavola, Esopo serve altre lingue (questa volta arrostite) e gli allievi, sbottando in uno οὐᾶ di disgusto, protestano vibratamente contro lo schiavo: „Ah, cos’è questo? Il babbeo di ieri ci vuole di nuovo far star male con le lingue?“ (οὐᾶ, τί ἐστι τοῦτο; ὁ χθεσινὸς ὑπόμωρος πάλιν διὰ γλωσσῶν ἀσθένειαν ἡμῖν κατασκευάζει;). W invece, confermando la sua tendenza ad abbreviare il testo di G e a cancellare regolarmente l’esclamazione οὐᾶ, omette ogni dettaglio e si limita a riferire che furono portate altre lingue e che gli allievi accusarono disturbi intestinali. (11) § 70: G: ὁ δὲ τὴν ὄψιν ἀπονιψάμενος, τὸ δακτύλιον οὐκ ἰδών φησιν· „Αἴσωπε, τί μου γέγονεν ὁ δακτύλιος;“ Αἴσωπος· „οὐκ οἶδα.“ Ξάνθος· „οὐᾶ.“ Αἴσωπος· „τοιγαροῦν ὅσα δύνασαι τοῦ βίου σου λαθὼν αἶρε καὶ ἀπόθου εἰς δευτέρας τύχας· οὐκέτι γὰρ ὁ βίος σός ἐστιν.“ W: πρωίας δὲ γενομένης ἀναστὰς ὁ Ξάνθος καὶ τὴν ὄψιν νιπτόμενος, οὐκ ἰδὼν τὸν δακτύλιον ἐζήτει. καί φησιν „Αἴσωπε, τί μοι γέγονεν ὁ δακτύλιος;“ Αἴσωπος ἔφη „οὐκ οἶδα, ἀλλὰ τοῦτο γινώσκω, ὅτι ξένος ἐγένου τοῦ βίου σου.“. Xanto, in preda all’ebbrezza, ha scommesso di bere il mare e, per formalizzare la scommessa, ha consegnato il proprio anello all’allievo che lo ha sfidato; al risveglio, immemore di quanto accaduto, non trova l’anello al dito e chiede notizie ad Esopo, il quale, prima di rivelargli in modo perfidamente sibillino quale sciagura lo attenda, finge di non saperlo, provocando la reazione allarmata del filosofo: „,Esopo, che fine ha fat-. 47 In realtà, già in questo frangente le due recensioni mostrano un’interessante differenza: tra le due frasi pronunciate dagli allievi e introdotte da οἱ σχολαστικοὶ εἶπον, G inserisce un cenno all’impallidimento di Xanto (ὁ Ξάνθος ἀποχλωριᾷ), mentre W ingloba in un’unica battuta le parole degli scholastikoi e non fa cenno della reazione cromatica del viso di Xanto. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(12) La semantica di οὐᾶ nella „Vita Aesopi“: nuovi elementi per la datazione. 177. to il mio anello?’. Esopo: ,Non ne ho idea‘. Xanto: ,Ah!‘“ („Αἴσωπε, τί μου γέγονεν ὁ δακτύλιος;“ Αἴσωπος· „οὐκ οἶδα.“ Ξάνθος· „οὐᾶ.“)48. W ricalca sostanzialmente il testo di G ma cassa la frase Ξάνθος· „οὐᾶ.“ e, come spesso avviene, fonde in un’unica battuta la frase precedente e quella seguente, pronunciate dal medesimo parlante (Esopo, in questo caso). L’analisi sinottica delle due recensioni mostra che l’esclamazione οὐᾶ è tipica di G, mentre W tende regolarmente a cassarla (con le sole eccezioni dei §§ 8 e 52, su cui vd. subito infra). Come si registra nelle nove attestazioni tra I e III secolo d. C., anche in G la sfera semantica a cui οὐᾶ è per lo più riconducibile è quella dell’approvazione – genuina (vd. attestazioni n° 3, 4, 5, 7, 8, 9) o sarcastica (n° 2, 6) – ma non mancano, anche qui, ricorrenze relative all’àmbito semantico delle più naturali risposte fisiche e/o psichiche: οὐᾶ esprime la soddisfazione dopo una dormita ristoratrice (n° 1)49, il disgusto alla vista di un cibo indigesto (n° 10), lo sgomento per aver smarrito un oggetto prezioso (n° 11). 4. Le (apparenti) eccezioni nella recensione W La sistematica tendenza di W a eliminare οὐᾶ non è un dato sorprendente. È giudizio di Perry, condiviso dagli studiosi successivi, che W rappresenti un’epitome (non di G ma, comunque, di un testo molto prossimo a G50): un’edizione scolastica, epurata dai grammatici, moralizzata e resa più adatta a un pubblico di giovani lettori, educati alla lettura delle favole esopiche51. La recensione di W, così sensibile al lessico, non poteva dunque conformarsi al livello linguistico di G, vicino più alla koiné che all’atti-. 48 Battezzato 1999, 648, insospettito dalla contraddizione per cui Esopo prima dichiara di non sapere quale sorte sia toccata all’anello ma subito dopo si mostra perfettamente consapevole dell’accaduto, corregge il testo in Αἴσωπος· „οὐκ οἶδα‹ς› ἔ.“ Ξάνθος· „οὔ{ᾶ}.“. Per quanto ingegnosa e argomentata, la correzione mi sembra non necessaria, poiché implica due distinti interventi su un testo che, invece, si inserisce bene in un’efficace climax narrativa strutturata in quattro passaggi e basata su quel „dreisteres Benehmen gegenüber Xanthos“ tipico proprio di G (Karla 2009a, 450, ma vd. anche Jouanno 2006, 50–52): (1) dapprima Esopo, che sa quanto è accaduto e come potrà salvare Xanto dal guaio in cui si è cacciato, si diverte a far disperare il padrone negando di sapere alcunché (significativa, in questo senso, è la reazione sgomenta di Xanto – οὐᾶ – allorché crede di non poter fare affidamento sul suo acuto schiavo); (2) poi Esopo tiene perfidamente sulla corda il filosofo con la sibillina frase τοιγαροῦν … ἐστιν, che induce l’interlocutore a chiedergli τί λέγεις; e a mostrarsi, una volta di più, bisognoso di lui; (3) quindi Esopo racconta al padrone quanto è avvenuto durante il simposio della sera precedente e come egli abbia invano cercato di fermarlo prima che fosse troppo tardi; (4) solo alla fine, quando Xanto gli si getta ai piedi e lo implora, Esopo comincia a esporre il piano che avrebbe salvato l’incauto padrone. 49 Konstantakos 2013, 383: „In § 8 οὐᾶ is better rendered as ,aah‘ or ,haaugh‘, imitating the yawn of the man waking up from sleep or the sound he emits as he stretches himself “. 50 Perry 1936, 26: „W depends upon a text very similar to G, though of course not G itself “. 51 Perry 1952, 14–15; secondo lo studioso l’adattamento editoriale sarebbe avvenuto non molto tempo dopo la redazione del testo. Sugli interventi testuali del redattore di W, tutt’altro che casuali, ma obbedienti piuttosto a „une volonté cohérente […] de censurer“, si è soffermata Jouanno 2006, 48–54. This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

(13) 178. mario andreassi. cismo52; né poteva apprezzare, in conformità con i dettami della Seconda Sofistica, un latinismo quale appunto οὐᾶ53. C’è da chiedersi, allora, come mai in due passaggi (§§ 8 e 52) W mantenga l’esclamazione οὐᾶ e, addirittura, nel caso del § 52, la conservi senza che il testo di G ne dia riscontro parallelo. (1) § 8. Come si è visto, qui οὐᾶ riproduce fedelmente il suono del rumoroso sbadiglio che Esopo emette dopo il sonno ristoratore, appena prima di scoprire di aver miracolosamente ottenuto la facoltà di parlare. Si tratta di un’evidente valenza onomatopeica che non trova parallelismi nelle altre attestazioni di οὐᾶ e segna, di fatto, la prima – e molto concreta54 – manifestazione vocale del (finora) muto Esopo: una specificità che basterebbe da sola a spiegare come mai W conservi un termine che invece, negli altri casi, regolarmente rimuove. Si aggiunga poi che il passo in questione si trova al termine di un „pezzo da sofistica nuova“55, insolitamente ricercato dal punto di vista retorico, con preziosismi e raffinatezze (echi esiodei e platonici) di norma assenti nel tessuto linguistico e stilistico del „Romanzo“: un’ulteriore ragione che potrebbe aver indotto W a conservare la lectio di G56. (2) § 52. Più complessa e articolata appare l’indagine sulla presenza di οὐᾶ nel solo § 52 W. Occorrerà prima spiegare (a) perché l’esclamazione οὐᾶ manchi in G e, poi, (b) perché invece sia insolitamente attestata proprio in W: (a) Se si dà credito alla già menzionata tesi di Ferrari 1997, 20, secondo cui „è stato il redattore di G a inserire ex novo il motivo delle Muse e dell’ira di Apollo“57, sarà fondato pensare che qui l’inserimento dell’esclamazione μὰ τὰς Μούσας (del tutto assente in W)58, con cui gli allievi elogiano Xanto (θείως, καθηγητά, καλλίστως, μὰ τὰς Μούσας), abbia determinato la riformulazione della frase originaria e l’eliminazione 52 Sulla natura popolare e colloquiale del lessico di G gli studiosi sono concordi: vd., e. g., Bádenas de la Peña 1993, 168, Ferrari 1997, 42–43, Hansen 1998, 106, Karla 2009a, 442, Ruiz Montero-Sán­ chez Alacid 2006, 920, Giannattasio Andria 2007, 235, Karla 2009a, 451, Konstantakos 2013, 357. Interessante e innovativa è l’interpretazione di Kurke 2011, 42, la quale non nega affatto il carattere ,popolare‘ della lingua di G ma ne ravvisa una specifica intenzionalità: „The G author/redactor is consciously flouting and overturning the ideologically loaded, fetishized Hellenism of high-style imperial Greek along with the educational system whose core values it represents“. 53 Kurke 2011, 42: „Latinisms were generally banned from the purified archaizing Greek of the Second Sophistic“. 54 „Aesop’s first words are down-to-earth“, osserva Jedrkiewicz 2009, 177–178. 55 Così La Penna 1962, 265, a proposito del § 6. Per il § 7 e, in generale, sul ruolo di Isis e sul motivo della teofania, vd. da ultimo Avlamis 2011, con ulteriore bibliografia. 56 Un’accurata analisi del § 6 (ridotto a un singolo rigo in W), nonché dei modelli letterari che vi sono sottesi e delle modalità seguite dall’autore della „Vita“ per adattare al proprio testo il topos della Musenweihe, è proposta da Mignogna 1992. Per ulteriore bibliografia sul locus amoenus nella „Vita Aesopi“ vd. Avlamis 2011, 94 n. 81. 57 D’accordo con Ferrari – espressamente citato – è Luzzatto 2003, 35 n. 3: „è sicuro […] che il redattore della rec. G […] ha operato delle pesanti modifiche di tipo ideologico su un testo preesistente che era sostanzialmente vicino a quello della rec. W“. 58 L’espressione μὰ/νὴ τὰς Μούσας, che talora „becomes a marker of authorial irony“ (Jedrkiewicz 2009, 182), è attestata ben dodici volte in G (e, complessivamente, le Muse vengono citate 27 volte a fronte di una sola menzione in W, dove peraltro – osserva già Perry 1936, 14 n. 17 – μοῦσαι „means ,arts‘ and has no reference to the goddess themselves“). This material is under copyright. Any use outside of the narrow boundaries of copyright law is illegal and may be prosecuted. This applies in particular to copies, translations, microfilming as well as storage and processing in electronic systems. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2018.

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