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L'andamento del settore agroalimentare nel Veneto : prime valutazioni per il 2001

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Academic year: 2021

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Osservatorio Economico di

REGIONE Unione

VENETO Europea

L’ANDAMENTO DEL SETTORE

AGROALIMENTARE NEL VENETO

Prime valutazioni per il 2001

Dicembre 2001

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Lavoro eseguito con il contributo di Veneto Agricoltura sulla base di finanziamenti assegnati nell'ambito del Piano di sviluppo rurale della Regione Veneto, Sottomisura 14B – Istituzione del Centro di Informazione Permanente e dell’Osservatorio Economico per il sistema agroalimentare e lo sviluppo rurale.

Il progetto di ricerca, coordinato dal dr. Carlo Giacomin e dal dr. Giuseppe Rela di Veneto Agricoltura e dal dr. Andrea Povellato dell’INEA, prevede la pubblicazione di due Rapporti:

- L’andamento del settore agroalimentare nel Veneto. Prime valutazioni per il 2001 - Rapporto 2001 sulla congiuntura del settore agroalimentare veneto

Il presente Rapporto è stato realizzato da un gruppo di lavoro formato da Davide Bortolozzo (ricercatore INEA), Mauro Capriotti (ricercatore INEA), Filippo Codato (ricercatore INEA), Andrea Povellato (primo ricercatore INEA) e Stefano Schiavon (ricercatore INEA).

Per quanto riguarda la stesura delle singole parti essa si deve a: - Capitolo 1: Andrea Povellato

- Capitolo 2: Stefano Schiavon

- Capitolo 3: Mauro Capriotti (3.2, 3.3, 3.5) e Filippo Codato (3.4, 3.6, 3.7, 3.8)

Coordinamento per la stesura del testo a cura di Andrea Povellato. La supervisione dei testi è dovuta a Andrea Povellato e Stefano Schiavon (INEA), Carlo Giacomin e Giuseppe Rela (Settore Studi Economici di Veneto Agricoltura).

La redazione del testo è stata chiusa il 20 dicembre 2001.

La pubblicazione è edita da Veneto Agricoltura, Azienda regionale per i settori Agricolo forestale e agro-alimentare.

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INDICE

1 INTRODUZIONE ... 5

2 IL QUADRO CONGIUNTURALE ... 7

2.1 IL CONTESTO ECONOMICO NAZIONALE E REGIONALE ... 7

2.2 L'ANDAMENTO PRODUTTIVO DEL SETTORE AGRICOLO ... 8

2.3 LE TENDENZE DELL'INDUSTRIA ALIMENTARE... 11

2.4 LA DINAMICA DELLE IMPRESE E DELL’OCCUPAZIONE DEL SETTORE AGROALIMENTARE ... 12

2.5 IL COMMERCIO CON L’ESTERO DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI ... 14

3 UN BILANCIO DELL’ANNATA AGRARIA... 15

3.1 ANDAMENTO CLIMATICO... 15 3.2 CEREALI ... 17 3.3 COLTURE INDUSTRIALI ... 20 3.4 COLTURE ORTICOLE ... 23 3.5 COLTURE FRUTTICOLE ... 26 3.6 VITE ... 29 3.7 LATTE ... 31 3.8 CARNE ... 33 BIBLIOGRAFIA ... 36

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1 INTRODUZIONE

Questo lavoro intende offrire una prima valutazione sull'andamento del settore agroalimentare del Veneto nel 2001. Rispetto agli anni precedenti in cui ci si soffermava in particolare sui risultati produttivi e di mercato conseguiti dall'agricoltura veneta, quest'anno è stato possibile approfondire alcune tematiche ed allargare l'orizzonte all'intero settore agroalimentare, esaminandone i risultati produttivi, gli scambi con l'estero e l'evoluzione strutturale. Volendo privilegiare la tempestività delle valutazioni, realizzate proprio allo scadere dell'annata appena conclusa, si è volutamente tralasciata l'analisi intepretativa più approfondita. Si tratta, peraltro, di una scelta quasi obbligata, dato che a fine anno si può disporre di informazioni ancora provvisorie e in molti casi relative soltanto ad una parte dell'anno. La pubblicazione si rivolge in particolar modo agli operatori agricoli e a quanti si trovano a diretto contatto con il mondo rurale, che necessitano di informazioni sintetiche e il più possibile aggiornate al fine di confrontare le proprie scelte imprenditoriali ed organizzative con quanto sta accadendo nel settore.

Per avere un dettaglio più completo e informazioni definitive dalle consuete fonti ufficiali si dovrà aspettare ancora qualche mese. Per questo motivo il presente lavoro è complementare al rapporto che uscirà in primavera, dove i dati congiunturali verranno presentati ed interpretati con maggiore accuratezza, confrontando i risultati raggiunti nel 2001 dal settore agroalimentare veneto con quanto è avvenuto nel passato e con quanto è accaduto negli altri settori produttivi e a livello regionale, nazionale ed europeo.

La valutazione quantitativa dell'annata agraria è un'attività che l'INEA ha ormai consolidato dal 1988 ad oggi. Grazie alla collaborazione di numerosi uffici della Regione Veneto1, al confronto con altre fonti statistiche e alle informazioni raccolte presso una rete di testimoni privilegiati è possibile quantificare con un sufficiente grado di attendibilità gli andamenti produttivi e mercantili registrati dalle principali produzione agricole del Veneto. Attraverso opportune elaborazioni delle informazioni si ottiene una prima stima della produzione lorda, il fatturato del settore agricolo, suddivisa per i principali comparti produttivi. La mancanza di informazioni circostanziate sull'andamento dei costi non consente invece di stimare il valore aggiunto agricolo, anche se vengono evidenziati i principali andamenti dei prezzi dei mezzi tecnici e della manodopera.

Quest'anno, per la prima volta, l'analisi congiunturale viene estesa all'industria alimentare e ad alcuni aspetti della struttura produttiva e dei flussi commerciali. Le informazioni sono state ricavate soprattutto dalle statistiche correnti di fonte ISTAT o di istituti di ricerca che si occupano di questi aspetti. Si tratta in alcuni casi di valutazioni

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Si ricorda - e si coglie l'occasione per ringraziare -, in primo luogo, l'Ufficio di statistica e la Direzione regionale politiche agricole strutturali che forniscono i preziosi dati sulle superfici e sulle produzioni vegetali rilevati dagli Ispettorati regionali per l'agricoltura delle sette province venete, il Centro Meteorologico di Teolo dell’ARPAV che traccia una quadro sintetico ma completo dell'andamento climatico e delle sue relazioni con l'attività produttiva agricola e il Servizio fitosanitario regionale che predispone un esauriente resoconto sulle principali fitopatie che hanno interessato le coltivazioni.

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espresse dagli operatori del settore. In tutti i casi le informazioni riguardano soltanto una parte dell'anno appena trascorso e non sempre si riferiscono specificatamente alla situazione regionale. Sotto questo profilo, data la notevole rilevanza dell'economia regionale veneta nel contesto nazionale, si ritiene che alcuni giudizi espressi a livello nazionale possano essere adattati anche alla realtà regionale.

Esprimere un giudizio complessivo sull'andamento non è compito facile soprattutto se le parti che compongono il sistema sono particolarmente differenziate. Per quanto riguarda il settore agricolo il lavoro mette in evidenza come ad una contrazione produttiva generalizzata sia corrisposto un lieve aumento dei prezzi che, comunque, non appare in grado di evitare una, seppur modesta, flessione dei ricavi dei produttori. Dal lato dei costi non si rilevano particolari variazioni, quindi il valore aggiunto dovrebbe assestarsi su valori prossimi a quelli registrati lo scorso anno. L'andamento regionale non si discosta molto dalle tendenze registrate a livello nazionale e anche a livello europeo. Le prime stime dell'Eurostat (Eidmann, 2001) evidenziano una sostanziale stabilità della produzione lorda e del valore aggiunto, risultante da un arretramento delle produzioni vegetali e da un discreto incremento delle produzioni animali. In realtà il "reddito netto dei fattori in agricoltura" - il nuovo parametro utilizzato dall'Unione Europea per misurare le variazioni di reddito in agricoltura - aumenta in virtù del deciso aumento del sostegno alla produzione, segno del ruolo strategico che continua ad avere l'intervento pubblico nel mantenere il reddito agricolo a livelli comparabili con altri settori.

Desta preoccupazione il calo degli occupati che si sta profilando all'orizzonte dopo un paio di anni di relativa stabilità e anche il perdurante squilibrio della struttura occupazionale che appare relativamente invecchiata, se confrontata con le altre realtà regionali. È molto probabile che il forte dinamismo del settore industriale e dei servizi nel Veneto renda poco appetibile il mercato del lavoro agricolo e favorisca l'uscita dal settore della manodopera più qualificata ed esigente. Politiche di riqualificazione e di incentivo per nuove forme di imprenditorialità, legate anche all'espansione di attività non agricole in aree rurali, potrebbero aiutare il settore agricolo ad offrire posti di lavoro più remunerativi ed attraenti, soprattutto per le nuove generazioni.

Note positive arrivano dal fronte degli scambi con l'estero, dove la forte crescita delle esportazioni agricole e la riduzione delle importazioni hanno contribuito in larga misura alla diminuzione del deficit regionale della bilancia agroalimentare. Anche su questo fronte l'evoluzione in corso nei negoziati per il nuovo accordo commerciale internazionale potrebbe determinare effetti rimarchevoli. Per il momento l'ipotesi di accordo raggiunta a Doha in novembre sembra favorire le produzioni italiane almeno sul versante del riconoscimento dell'origine dei prodotti, ma la strada verso la conclusione del negoziato è ancora lunga.

Per l'industria alimentare si paventano i contraccolpi della recente crisi internazionale, sebbene per il momento l'attentato terroristico dell'11 settembre non sembra

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aver avuto i pesanti riflessi che si temevano. Gli scambi con l'estero di prodotti trasformati stanno aumentando in misura significativa, grazie alle buone performance dei prodotti di qualità. Le aspettative degli operatori rimangono prudenti, in conseguenza della fase di stagnazione dei consumi interni.

2 IL QUADRO CONGIUNTURALE

2.1 Il contesto economico nazionale e regionale

Secondo l'ISTAT (2001a), la variazione tendenziale del prodotto interno lordo (Pil) dell'Italia nel 2001 rispetto ai trimestri dell'anno precedente è passata dal +2,5% del primo trimestre al +2,1% del secondo, per attestarsi sul +1,9% del terzo trimestre, ultimo dato finora disponibile. A fronte delle pesanti incertezze che gravano sull'economia mondiale, sembra che anche il quarto trimestre dell'anno presenterà una, seppur modesta, crescita del Pil. In sostanza l'attentato terroristico dell'11 settembre ha avuto sul sistema produttivo italiano un impatto più lieve di quanto non si ipotizzasse nei primi tempi. Le prime stime della Commissione Europea prevedono per l'Italia una crescita complessiva dell'1,8% nel 2001 e una decelerazione nel 2002 (+1,3%) seguita da una consistente ripresa nel 2003 (+2,7%). Lo scenario macroeconomico si presenta quanto mai incerto a seconda dell'evolversi del conflitto afghano. Le ultime notizie su questo fronte hanno portato ad un parziale recupero della fiducia dei consumatori e anche il quadro degli investimenti appare meno negativo di quanto si pensava. Tutto ciò potrebbe indurre uno sviluppo della domanda interna più consistente delle attuali aspettative, ma per il momento ci si attende con maggiore probabilità una certa ripresa delle esportazioni del nostro paese e qualche effetto delle politiche economiche intraprese per rispondere alla perdurante crisi economica.

In questo contesto, le prime stime su base regionale pubblicate dal Centro Studi di Unioncamere (2001a) con dati di fonte ISTAT e altre fonti con aggiornamenti provvisori, evidenziano una variazione del Pil del Veneto per quest'anno pari a +2,1%, contro una media nazionale dell'1,9%. Il Veneto si riconferma, quindi, tra le regioni a maggiore espansione, sebbene sia previsto un certo rallentamento della crescita durante il 2002 (+1,7%) e una discreta ripresa per il 2003 (+2,6%). Per l'economia della regione, in linea con quanto si prevede a livello mondiale, durante il 2002 ci sarà un lento recupero dello squilibrio dei mercati causato dall'attentato terroristico dell'11 settembre e dalla guerra, per riportarsi nel 2003 ad una crescita più sostenuta.

A livello nazionale, secondo Unioncamere attualmente le imprese segnalano un rallentamento della loro attività e non una netta riduzione. La decelerazione risulta evidente esaminando i risultati dell'ultima indagine congiunturale Unioncamere (2001b) presso le piccole e medie imprese industriali relativamente al terzo trimestre del 2001. La variazione media della produzione e del fatturato, rispetto allo stesso trimestre del 2000, è pari a +0,2%, ma le industrie alimentari e delle bevande registrano variazioni superiori alla

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media con un aumento dell'1,4%, al pari delle industrie del trattamento dei metalli e minerali metalliferi (+2,8%) e delle industrie meccaniche e dei mezzi di trasporto (+1,6%). Prometeia (2001) indica che i settori maggiormente interessati dal calo di domanda saranno quelli con forte vocazione all'export, quali beni per l'edilizia del sistema casa (-0,2%), mobili ed elettrodomestici (+0,2%), beni del sistema moda (+0,4%). Anche settori che producono beni di investimento e beni durevoli risentiranno dell'incertezza che condiziona famiglie e imprese, come automobili (-2,9%) e mezzi di trasporto per l'industria e l'agricoltura (+0,5%). Meno marcato dovrebbe essere il rallentamento nel settore alimentare che tradizionalmente risente in misura inferiore dell'andamento del ciclo economico: la crescita dovrebbe attestarsi intorno all’1 - 2%.

Per quanto riguarda l'inflazione, l'ISTAT (2001b) sulla base delle rilevazioni gennaio-novembre 2001 evidenzia una variazione tendenziale dei prezzi pari al 2,8% con un forte contributo alla crescita da parte dei prodotti alimentari che presentano un incremento medio del 4%, il valore in assoluto più elevato tra i diversi capitoli di spesa. Anche le previsioni di Indis-Unioncamere evidenziano un aumento del 2,8 nel 2001 seguito da un calo all'1,7% nel 2002 (Unioncamere, 2001c). Il presumibile calo dell'inflazione per i beni, alimentari e non, sembra legato all'attuale fase di debolezza dell'economia globale. Infatti per il 2002 si prevede una crescita del commercio mondiale pari all'1,8%: il valore più basso riscontrato nell'ultimo ventennio. Il prezzo delle materie prime, energetiche e non, è il primo a dare segnali di riduzione. Il prezzo del petrolio è sceso a 20 dollari al barile e il tasso medio di variazione dei prezzi dei prodotti energetici nel 2002 è atteso a -3,2%, rispetto al +1,4% del 2001.

Infine per quanto riguarda l'occupazione, secondo quanto riportato dal Centro Studi di Unioncamere (2001a), nel Veneto il numero di occupati dovrebbe crescere nel 2001 oltre il 4% e per il 2002 si attende un ulteriore aumento intorno al 3%. A conferma della notevole capacità di questa regione in termini di offerta di lavoro, viene rilevato che il tasso di disoccupazione passerà dal 2,7 del 2001 al 2,4 del 2002, in linea con la diminuzione prevista a livello nazionale, dove peraltro la disoccupazione si attesta su valori prossimi al 9%.

2.2 L'andamento produttivo del settore agricolo

Secondo le prime stime sugli esiti della campagna agricola appena conclusa la produzione lorda agricola del Veneto ha subito una nuova contrazione, dopo due anni di aumenti molto stentati. Il fatturato del settore agricolo veneto nel 2001 dovrebbe assestarsi intorno ai 4.300 milioni di euro, con una diminuzione dell’1% circa rispetto all’anno precedente. L’aumento più o meno marcato delle quotazioni medie per i principali prodotti, osservato sui mercati all’origine, non è stato sufficiente a compensare la riduzione della quantità globalmente prodotta, pari a -2% circa. Si tratterebbe della seconda riduzione consecutiva delle quantità prodotte dal settore agricolo veneto.

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delle produzioni vegetali, essa è derivata sia dalla riduzione delle superfici investite per i principali gruppi colturali, cereali esclusi, che dal calo delle rese, generato da un andamento climatico che è parso particolarmente imprevedibile in tutto il territorio nazionale, soprattutto per le temperature anomale e i periodi siccitosi. Le produzioni animali hanno scontato le forti ripercussioni sui consumi provocate dei ripetuti scandali che hanno coinvolto a più riprese i diversi comparti negli ultimi anni.

Variazioni percentuali delle produzioni agricole del Veneto nel 2001 rispetto al 2000 a prezzi correnti a prezzi costanti Coltivazioni erbacee +1% –1% Coltivazioni legnose –2% –5%

Prodotti degli allevamenti –1% –1%

Produzione Lorda –1% –2%

Fonte: stime INEA.

Nel 2001, l’attività agricola è stata anche influenzata dall’incremento quasi generalizzato dei costi di produzione. In alcuni casi, esso è risultato molto consistente senza destare, però, particolare preoccupazione. Se i prezzi di fitofarmaci e sementi hanno segnato un +1% rispetto al 2000 e quelli di concimi e mangimi un +2,5%, i costi degli animali da allevamento sono cresciuti dell’8,5% e le assicurazioni sono aumentate fino al 20%. All’opposto, dopo un preoccupante aumento iniziale, si sono ridotti i costi energetici (–14%), più per effetto della caduta dei prezzi dei carburanti visto che il prezzo dell’energia elettrica è cresciuto di oltre sei punti percentuali. Anche il costo del lavoro è aumentato in misura modesta (+1,7%). In sostanza, secondo quanto riportato dall'Ismea, a livello nazionale nei primi dieci mesi del 2001 si avrebbe un leggero aumento dell’indice generale del costo dei mezzi di produzione. Pertanto, secondo una valutazione di larga massima, la riduzione della produzione lorda associata ad un lieve incremento dei consumi intermedi dovrebbe determinare una riduzione del valore aggiunto agricolo.

Nel settore delle coltivazioni erbacee, la produzione lorda è aumentata per il secondo anno consecutivo, mettendo a segno un +1%. In questo caso sarebbe stato il buon andamento delle quotazioni di mercato a contrastare il calo di produzione, come confermato dall’andamento della produzione lorda in valori costanti (-1%). Nel dettaglio, per il comparto cerealicolo il fatturato si è collocato su un livello prossimo a quello del 2000 (600 milioni di euro), grazie alla sostanziale tenuta del frumento e del mais. Per la

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prossima annata è ragionevole prevedere un aumento della superficie regionale investita a grano tenero ed una riduzione di quella a mais, a causa del probabile superamento della superficie massima garantita (smg). L’incremento di superficie a grano dovrebbe avvenire soprattutto a scapito di alcune colture industriali, in particolare la soia per i tagli previsti per i suoi aiuti comunitari.

Il comparto delle coltivazioni industriali ha prodotto un fatturato di circa 271 milioni di euro, che si sostanzia in un –4% rispetto all’annata precedente. Questa grave flessione, in parte attenuata dalle brillanti quotazioni raggiunte dal tabacco ed in misura minore dal girasole, è da ricondurre ad un progressivo abbandono delle oleaginose, a causa del costante pericolo di splafonamento della smg. Nel 2001, tale incertezza avrebbe indotto gli agricoltori a ridurre le superfici a soia, risultate in calo del 7%, e a dare maggiore peso alle altre colture erbacee, in particolare al mais. Ciononostante, per la campagna appena trascorsa si teme la conferma del superamento della smg, il che comporterebbe un taglio ulteriore ai premi per i produttori di soia. Bisogna ricordare che nel 2002, entrando a regime la riforma di Agenda 2000, il pagamento diretto dei semi oleosi verrà allineato a quello dei cereali. La riduzione, stimata tra il 20 e il 35%, del premio ad ettaro a favore dei coltivatori di soia, girasole e colza, influirà certamente sulle semine della prossima campagna. Per la barbabietola si prevede invece un consistente incremento della superficie investita, non essendo stata raggiunta nel 2001 la quota C. Malgrado i noti problemi derivati dalla chiusura dello zuccherificio di Ceggia, la riduzione di superficie investita nella provincia di Venezia è stata inferiore a quella delle altre province venete.

Per il settore delle legnose, nel 2001 la superficie investita si è mantenuta sui livelli dell’anno precedente, arrestando il processo di crescita verificatosi negli ultimi due anni. La leggera diminuzione osservata per le rese e per la produzione, è stata compensata dalle buone quotazioni di mercato, spinte soprattutto dalla scarsa concorrenza degli altri produttori europei. In termini di fatturato, con 722 milioni di euro il settore delle coltivazioni legnose conferma il suo peso di rilievo sull’intera produzione del settore agricolo (17%). Anche se inferiore a quella del 2000, annata record per la quantità di uva prodotta, la produzione vitivinicola è stata soddisfacente sia in termini di fatturato (280 milioni euro per il vino), sia in termini di qualità. Un andamento differenziato ha caratterizzato il mercato dei vini da tavola rispetto a quello dei vini di qualità. Mentre i primi sono rimasti vittime di una certa pesantezza, per i secondi la domanda, sia interna che internazionale, è nuovamente cresciuta. Rimane interessante il “fenomeno novello”, non solo per il fatturato registrato, ma anche per come viene gestita l’immagine di questo prodotto. Tra le frutticole, il melo mantiene il primato con oltre 100 milioni di euro di fatturato. Pur con rese e superficie investita in calo, la produzione lorda è cresciuta del 15%, grazie alle buone quotazioni di mercato.

Dalle prime stime realizzate per il comparto zootecnico - peraltro sulla base di informazioni raccolte presso testimoni privilegiati o tratte da resoconti sulla situazione nazionale - la produzione lorda ammonta ad 1.764 milioni di euro. Questo dato, se

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confermato, potrebbe tradursi in una flessione tutto sommato contenuta (–1%) del fatturato zootecnico, imputabile sia ad un calo delle produzioni che, in misura minore, dei prezzi. Queste valutazioni sono il risultato di andamenti tra loro molto contrastanti.

Da un lato le perdite più consistenti vengono dal comparto dei bovini da carne che si trova, ancora una volta, a dover recuperare una grave crisi di mercato. Nel 2001, pur essendoci stati segnali di ripresa dei consumi nella seconda parte dell'anno, gli allevatori hanno dovuto fare i conti con perdite gestionali tali da rendere difficile l’acquisto dei ristalli. L’annata si è chiusa quindi con un fatturato di 424 milioni di euro, il 10% in meno rispetto al 2000. Non sembrano dare serenità ai produttori veneti le modifiche apportate al regolamento comunitario 1254/99, soprattutto quelle sui carichi zootecnici massimi per poter accedere ai contributi.

Dall'altro lato notizie positive vengono dalla carne suina, che come alternativa a quella bovina ha spuntato ottime quotazioni sul mercato nazionale, mentre si contrae del 4% circa il fatturato avicolo, anch’esso reduce da un’emergenza sanitaria (l’influenza aviaria) che ha colpito duramente la nostra regione. Questa contrazione è da imputarsi unicamente alla caduta dei prezzi, cresciuti in modo abnorme durante il 2000, dal momento che la produzione fisica è apparsa in aumento dell’1% circa. Promette bene la cunicoltura veneta, in costante crescita (+9% rispetto il 2000) in termini di fatturato.

2.3 Le tendenze dell'industria alimentare

L'andamento del settore alimentare veneto nel 2001 presenta luci e ombre, dopo la notevole crescita evidenziata nel corso del 2000, quando la domanda e la produzione si erano attestate su variazioni rispetto all'anno precedente dell'ordine del 4 - 5%, in linea con quanto riscontrato per l'intero settore manifatturiero (Banca d’Italia, 2001). Al periodo congiunturale positivo determinatosi nel 2000, si è contrapposta una fase sostanzialmente riflessiva in cui rimangono positivi gli indici relativi alla domanda e ai prezzi di vendita, mentre si riduce drasticamente il volume delle vendite e della produzione.

Anche a livello nazionale si nota un progressivo rallentamento dell'industria alimentare. La perdita di velocità dei principali parametri è iniziata già nel primo semestre e non si prevedono altre marcate flessioni a seguito dell'attentato dell'11 settembre. Infatti la rigidità dei consumi interni, soprattutto quelli familiari, dovrebbe aiutare il settore a superare questa difficile fase. Più incerti sono i riflessi dell'andamento della domanda estera sull'industria alimentare. Si potrebbe verificare una riduzione della dinamica esportativa, una volta esauritisi gli effetti dei contratti di fornitura stipulati prima degli attentati (Confindustria, 2001).

Dall'indagine congiunturale condotta trimestralmente dalle CCIAA presso le industrie manifatturiere del Veneto2 emerge che nel periodo gennaio-settembre 2001 il

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I dati della nuova serie si basano su un campione regionale parzialmente rinnovato, composto da 550-600 imprese. Esso, rispetto al precedente, è stato rafforzato soprattutto nella fascia delle unità di minore dimensione, tra cui sono state incluse anche circa 150 imprese con un numero di addetti compreso tra 10 e 20

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livello degli ordinativi, ovvero la domanda, è cresciuto soprattutto nei riguardi del mercato estero, malgrado la caduta osservata ad inizio anno, mentre il fatturato (livello delle vendite) e la produzione sono diminuiti drasticamente. L'unica nota positiva riguarda i prezzi di vendita che presentano un andamento significativamente positivo, peraltro vanificato dal deciso aumento dei costi sostenuti dalle imprese del settore. Sembra, quindi, che le industrie alimentari venete stiano risentendo in misura accentuata della fase di stagnazione dei consumi, rilevata soprattutto presso la grande distribuzione (Indis, 2001).

Nei primi otto mesi del 2001, secondo quanto riportato a livello nazionale da Federalimentare (2001a) e ISTAT (2001c), il fatturato del settore alimentare è stato trainato dalle industrie che si occupano di trasformazione di carne e derivati, di oli e grassi vegetali e animali e da quelle che producono alimenti per animali. In realtà soltanto queste ultime (assieme alle industrie delle bevande e del tabacco) hanno ottenuto risultati superiori alla media anche in termini di produzione, pertanto le industrie che operano nei settori della carne e dei grassi avrebbero beneficiato esclusivamente di una positiva congiuntura dei prezzi di vendita. Ciò può sembrare sorprendente, visti gli eventi che hanno interessato il settore. Va comunque tenuto presente che alcuni segmenti (suini, pollame) hanno beneficiato della crisi del comparto bovino.

Per quanto riguarda le prospettive economiche per le industrie alimentari venete nei prossimi mesi, secondo i risultati dell’indagine condotta periodicamente dall’Unioncamere presso gli operatori del settore, i giudizi espressi nei primi tre trimestri del 2001 lasciano trasparire una diffusa incertezza nei riguardi dell’andamento della domanda, soprattutto da parte del mercato estero, mentre indicazioni di aumento, anche se lieve, sono emerse nei confronti dell’attività produttiva e dei prezzi di vendita (Unioncamere del Veneto, 2001a).

2.4 La dinamica delle imprese e dell’occupazione del settore agroalimentare

Secondo i dati del Registro delle imprese curato dalle Camere di commercio provinciali, il numero di imprese agricole nel Veneto appare in continua diminuzione. Infatti, rispetto alle 114.000 imprese iscritte al registro nel 2000, nel mese di settembre 2001 il loro numero era sceso a poco meno di 109.000. La maggiore contrazione ha interessato le ditte individuali, che in soli 9 mesi hanno perso più di 5.500 unità, mentre le forme societarie sono risultate in leggero aumento, soprattutto quelle di capitali. Questa tendenza lascerebbe presupporre una crescente attenzione da parte di alcuni operatori agricoli verso forme giuridiche più evolute rispetto a quelle tradizionali.

La diminuzione del numero di aziende agricole sarebbe confermata nel lungo periodo anche dai primi dati provvisori del Censimento dell’agricoltura 2000, nel corso del quale ne sarebbero state censite 192.200, con una contrazione del -14,5% rispetto al 1990, anno del precedente Censimento. In questo caso, però, è necessario considerare che, nel corso dell’ultima rilevazione censuaria, la lista delle aziende potrebbe essere stata depurata in

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modo più puntuale dalle realtà che non avevano più ragione di esistere e per le quali i proprietari non avevano più interesse a figurare come imprenditori veri e propri. Anche nel caso del registro delle imprese si deve fare attenzione ad interpretare correttamente la variazione. Infatti, la continua diminuzione delle iscrizioni sembra derivare dal fatto che molti titolari di ditte individuali stanno provvedendo a cancellarsi in quanto non più vincolati a rimanere iscritti.

Se la diminuzione del numero di imprese non sembra rivestire, almeno in questo periodo, riflessi negativi sulle prospettive dell'economia agricola regionale, alcuni interrogativi potrebbero derivare dall'analisi della distribuzione per classi di età degli imprenditori. Secondo le elaborazioni realizzate sugli archivi del Registro delle imprese (Unioncamere, 2001d), il Veneto risulta essere la terza regione italiana con maggiore incidenza di imprenditori con più di 51 anni sul totale (dopo Marche e Friuli Venezia Giulia), e la seconda regione con minor presenza di imprenditori con meno di 30 anni (dopo le Marche). Effettivamente , una struttura aziendale agricola composta per il 63,5% di imprenditori con più di 51 anni e soltanto per il 4,5% di imprenditori con meno di 30 anni desta preoccupazione per le prospettive dell'intero settore agricolo.

La situazione per le industrie alimentari è alquanto differente, ad iniziare dal numero di imprese che appare in continuo aumento. Il trend positivo riscontrato nel corso del 2000 (+4% rispetto al 1999) è continuato, infatti, anche nei primi tre trimestri del 2001, portando il numero di industrie alimentari, delle bevande e del tabacco ad oltre 6.700 unità.

Anche sul fronte occupazionale, agricoltura e altri settori economici sembrano muoversi verso direzioni diverse. Dopo un paio di anni di relativa stabilità, l'occupazione agricola evidenzia un processo di riduzione che dovrebbe portare il numero di occupati agricoli intorno a quota 82.000 a fine 2001, rispetto agli 87.000 occupati rilevati nel 2000 (ISTAT, 2001d). Negli altri settori economici, all’opposto, il trend appare crescente. Sembra pertanto in atto un processo di trasferimento della manodopera verso i settori diversi da quello agricolo in grado di garantire maggiore stabilità occupazionale e livelli di reddito più elevati. A rendere ancora più complesso il quadro, va segnalato che molti operatori agricoli lamentano difficoltà nel reperimento di manodopera da utilizzare nei campi o nelle stalle. Probabilmente, malgrado siano evidenti le difficoltà nel mantenere gli attuali livelli occupazionali in agricoltura, vi sono delle vischiosità nel mercato del lavoro, particolarmente evidenti in aree geografiche ristrette che rendono problematico l'incontro tra domanda e offerta di lavoro agricolo.

La situazione occupazionale nell’industria alimentare veneta pare in linea con quella osservata per il complesso dei settori economici diversi dall’agricoltura. Le imprese alimentari hanno infatti continuato ad assumere personale, almeno fino all’inizio del 2001, mentre per i prossimi mesi si prevede che la situazione rimarrà stazionaria (Unioncamere del Veneto, 2001b).

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2.5 Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari

I risultati raggiunti dall'intero comparto agroalimentare negli scambi con l'estero nel primo semestre del 2001 (Unioncamere del Veneto, 2001b) sembrano decisamente incoraggianti, dato che il deficit commerciale si è ridotto del 15% a causa di un incremento delle esportazioni (19%) nettamente superiore a quello delle importazioni (+5%). Il contributo alla riduzione è attribuibile alla componente agricola, mentre il saldo di quella alimentare non presenta differenze significative.

Passando ad esaminare specificatamente il flusso di prodotti agricoli, si osserva una riduzione delle importazioni (-12,8%) rispetto allo stesso periodo del 2000. Questo risultato potrebbe derivare dalla sensibile contrazione delle importazioni di prodotti zootecnici osservata a livello nazionale. La minore dipendenza del Veneto dall’estero, per quel che riguarda le produzioni agricole, assume maggiore rilevanza se si considera che, nello stesso arco di tempo, le esportazioni sono cresciute del 17,2%, in misura maggiore rispetto a quanto osservato a livello nazionale (+16,8%).

Per quanto riguarda i prodotti alimentari, l’andamento dell’import-export veneto nel periodo gennaio-giugno 2001 è apparso in linea con quello dell’anno precedente poiché, a fronte di una crescita delle importazioni del 15,9% rispetto allo stesso semestre del 2000 - e quindi in lieve rallentamento rispetto a quanto avvenuto tra il 1999 e il 2000 -, le industrie alimentari hanno fatto registrare una crescita delle esportazioni del 20%, collocandosi tra i settori merceologici con i maggiori ritmi di crescita (Unioncamere del Veneto, 2001b). Dall'analisi dei dati disaggregati per tipologia di prodotto, ma disponibili soltanto a livello nazionale, emerge che nel 2001 sono cresciute maggiormente le importazioni di formaggi, conserve ittiche, oli e grassi. Per quanto riguarda le esportazioni - che a livello nazionale sono aumentate in misura inferiore a quelle venete (+8,8%) - si sono notate alcune difficoltà di collocazione sul mercato estero di oli e grassi, riso, zucchero e frutta lavorata.

Per scendere ad un dettaglio ancora maggiore, fino al livello di singolo prodotto, si può tentare di trasferire al Veneto le informazioni disponibili per l’Italia relativamente all’import-export di prodotti alimentari nel 2000. Lo scorso anno, infatti, la variazione dei flussi in entrata e di quelli in uscita, osservata a livello nazionale (rispettivamente +12 e +8% rispetto al 1999), era grossomodo in linea con quanto osservato a livello regionale (+18% e +5%), considerando che il Veneto rappresenta il 13,5% del volume nazionale delle esportazioni e il 20% per le importazioni. Nel 2000 sarebbero stati i liquori e le acquaviti, le acque minerali e gli oli in genere (compreso quello d’oliva) ad ottenere i maggiori incrementi delle esportazioni, mentre i prodotti dell’industria molitoria, gli ortaggi trasformati, il riso e l’alcool etilico avrebbero trovato minor collocazione all’estero rispetto al 1999 (Federalimentare, 2001b). Sul fronte delle importazioni risultavano fortemente cresciuti i flussi di prodotti per uso non alimentare e quelli dell’industria mangimistica, mentre si era sensibilmente ridotta la dipendenza italiana dall’estero per quel che riguarda gli oli e i grassi (in virtù della già menzionata accresciuta disponibilità di

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prodotto nazionale).

Infine, i Paesi verso i quali i prodotti alimentari italiani sono maggiormente esportati in termini di valore risultano essere la Germania, la Francia, il Regno Unito e gli Stati Uniti (Federalimentare, 2001c). Questi ultimi sono divenuti grossi destinatari soprattutto nel corso dell’ultimo anno (10% dell'export agroalimentare complessivo) e ciò potrebbe avere riflessi negativi sulla domanda di prodotti agroalimentari proveniente dall'estero, data la perdurante situazione di crisi dei consumi nel mercato statunitense. Per quanto riguarda le importazioni, è invece la Spagna ad aver incrementato maggiormente i flussi (sia in termini di quantità che di valore) verso l’Italia nel corso del 2000.

3 UN BILANCIO DELL’ANNATA AGRARIA

3.1 Andamento climatico3

L’elevata variabilità climatica che ha caratterizzato il 2001 ha influito in modo determinante sullo sviluppo e quindi anche sulla produzione di molte colture agricole. Meritano di essere segnalate le anomale temperature registrate nei primi mesi dell'anno e la siccità che invece ha caratterizzato i mesi estivi.

Il periodo compreso tra gennaio e marzo è stato caratterizzato da un’insolita variabilità meteorologica, a causa del ripetuto transito sulla regione di perturbazioni atlantiche. Mentre a gennaio le precipitazioni sono state sensibilmente superiori alla norma, in quanto comprese tra gli 80 e i 100 mm nella fascia centro-settentrionale della pianura e tra i 100 e i 200 mm nella fascia montana, in febbraio si è avuta la quasi totale assenza di precipitazioni e le temperature massime si sono collocate, mediamente, tra i 5 e gli 8°C sopra la norma. Questa situazione ha contribuito a mitigare il rigore invernale e ad anticipare notevolmente il risveglio vegetativo di molte specie, soprattutto arboree come i mandorli e gli albicocchi, che hanno iniziato a fiorire con quasi un mese di anticipo rispetto alla media.

L'inizio della primavera è stato accompagnato dal ripetuto passaggio di perturbazioni atlantiche, che hanno portato precipitazioni frequenti e complessivamente abbondanti su tutto il territorio, risultando comprese tra i 100 e i 200 mm in pianura e superando i 300 mm nella fascia prealpina. Le piogge sono quindi risultate ovunque al di sopra della norma e soprattutto nella prima e ultima decade del mese di marzo. Le temperature sono state mediamente di 2-5°C più elevate del consueto, in entrambi i valori estremi. In aprile si sono riportate su livelli più rigidi, specie nella decade centrale (15 aprile), quando hanno raggiunto valori minimi fino a 7-8°C sotto la norma, per poi subire un'impennata verso valori superiori alla media a fine mese, con massime anche di 6-8°C più elevate. Se le alte temperature della prima metà del mese hanno favorito l'attività vegetativa delle piante, le

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Il presente paragrafo è stato realizzato sulla base delle informazioni contenute nella pubblicazione “Annata

agraria e considerazioni meteo–climatiche del periodo gennaio-novembre 2001 nella Regione Veneto”,

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minime prossime allo zero, registrate nella seconda metà, hanno provocato un notevole rallentamento dello sviluppo, senza provocare, tuttavia, problemi alle colture. Nel mese di maggio le giornate hanno presentato caratteristiche tipicamente primaverili per la comparsa di eventi temporaleschi intensi, associati anche a fenomeni grandinigeni, e l’arrivo di un'ondata di caldo intenso che ha instaurato un clima quasi estivo. La prima e ultima decade di maggio sono risultate le più calde degli ultimi 10 anni, sia nei valori minimi che massimi. In particolare la media della temperatura massima nella terza decade ha rappresentato, per alcune località, il valore record degli ultimi 40 anni. Nel mese di giugno la quantità di pioggia caduta su quasi tutto il territorio regionale è stata inferiore alla media stagionale, in qualche caso anche fino al 90%. Nell’ultimo decennio non è mai stato registrato complessivamente in Veneto un mese di giugno così secco.

Il periodo estivo ha presentato, dal punto di vista pluviometrico, una variabilità nella distribuzione delle precipitazioni tra le diverse province della Regione. Se il mese di luglio è risultato particolarmente piovoso nell’alto polesine, nel padovano e nell’alto trevigiano e caratterizzato da precipitazioni in prevalenza a carattere di rovescio o temporale e con locali grandinate, nei restanti territori della regione le piogge sono state al di sotto della norma nel veronese e nel vicentino (soprattutto nella fascia pedemontana e montana), mentre nel bellunese si sono avuti valori in prevalenza leggermente al di sopra della norma. Nel corso del mese si sono frequentemente superati i 30°C, soprattutto nella pianura continentale, e si sono verificate alcune grandinate nel polesine e nel vicentino meridionale. Le precipitazioni di agosto sono state mediamente inferiori alla norma, in pianura con scarti anche del 70% nel basso polesine e basso veneziano. La caratteristica del mese è stata sicuramente la temperatura mediamente superiore alla norma di 1-2°C in montagna e di 3-4°C in pianura.

L'autunno si è presentato con un settembre caratterizzato da frequenti piogge particolarmente abbondanti nell’alto vicentino e nelle prealpi bellunesi. Nell’arco del mese sono stati contati nel territorio regionale tra i 9 e i 15 giorni piovosi con piogge totali generalmente al di sopra della norma, comprese tra 60 mm (nel padovano centro-meridionale) e oltre 200 mm (nelle prealpi vicentine). Ottobre è stato caratterizzato da un andamento climatico assai poco autunnale. La forte anomalia termica positiva e i fenomeni temporaleschi verificatisi nella terza decade accompagnati da elevata attività elettrica, hanno dato al mese una connotazione quasi estiva. Le temperature si sono mantenute molto al di sopra della norma fino a fine mese. In tutte le stazioni meteo regionali sono state rilevati valori che normalmente vengono raggiunti nel mese di maggio e quindi superiori di 2-5°C rispetto alla media; tali valori sono risultati, per la pianura, i più elevati dal 1961, ad eccezione della provincia Treviso che nel 1969 ha eguagliato il valore di quest'anno. Nei primi giorni di novembre si è avuta un’irruzione di correnti nord-orientali con conseguente abbassamento dei valori termici. Nella prima decade i valori minimi registrati nel settore costiero sud-orientale hanno toccato punte minime anche di 4°C al di sotto della media stagionale. Anche nella seconda decade del mese la prevalenza di correnti nord-orientali ha

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determinato una diminuzione delle temperature, in particolare dalla metà del mese, quando in tutta la pianura si sono verificate le prime gelate autunnali. L’ultima decade è trascorsa all'insegna della variabilità: giornate fredde alternate a giorni più miti in cui sono prevalse correnti atlantiche associate a deboli precipitazioni e alla successiva formazione di foschie o nebbie. Considerando le piogge relativamente all'intero mese di ottobre e di novembre, i quantitativi complessivi sono stati inferiori alla norma, risultando più abbondanti nel settore prealpino con valori tra 60 e 80 mm.

Da segnalare l'anomala ondata di gelo che ha interessato tutto il territorio regionale nel mese di dicembre, con minime di temperatura alcuni giorni ben sotto lo zero e abbondanti nevicate.

3.2 Cereali

In controtendenza l'andamento colturale per il frumento tenero rispetto a quanto verificatosi sia nel Nord Italia, dove è concentrato il 58,4% della superficie nazionale, sia in tutta la penisola, dove si è assistito ad un calo delle superfici e delle rese. In Veneto il grano tenero è stato coltivato su una superficie di 38.500 ha, il 15% in più rispetto alla precedente campagna. Per quanto riguarda la superficie investita a livello provinciale, un notevole aumento si è avuto a Padova (da 4.350 a 8.800 ha) e a Verona, dove c'è stato un aumento di circa il 50% rispetto al 2000 (da 5.100 a 7.700 ha). Con un anticipo delle operazioni di raccolta di 10-15 giorni, le produzioni hanno raggiunto un livello pari a circa 207.000 tonnellate con un aumento di quasi il 3% rispetto all’anno precedente. Tale risultato è spiegabile considerando l’incremento di superficie dal momento che le rese hanno registrato una riduzione dell' 11% rispetto all’annata precedente, attestandosi intorno a 5,4 t/ha. Tra le cause principali che possono spiegare questa riduzione si deve ricordare l’avversa situazione meteorologica che ha favorito lo sviluppo di alcuni funghi. Il clima piovoso d’inizio inverno e di inizio primavera hanno infatti determinato la comparsa di focolai di ruggine gialla. La presenza di questo patogeno è stata rilevata a partire dalla prima metà di aprile e nel proseguo della stagione ha rappresentato l’avversità principale del frumento a tal punto da compromettere la produzione in vaste aree della regione.

La nuova campagna di commercializzazione si è aperta con prezzi compresi tra 145 e 165 euro/t. Le notizie di una probabile riduzione delle rese ha segnato un avvio delle contrattazioni decisamente sostenuto. In generale vi è stata una scarsa disponibilità di prodotto mentre la domanda, dopo aver mantenuto una posizione di attesa, ha subìto un normale calo durante la chiusura estiva. I venditori hanno invece cercato di dosare l'offerta sfruttando il buon livello raggiunto dai prezzi che, dopo Agenda 2000, si sono mantenuti costantemente superiori di 30-45 euro/t rispetto al prezzo di intervento. Anche dopo la pausa estiva le quotazioni sono rimaste sostenute, a tal punto da indurre gli acquirenti a limitare gli acquisti al solo soddisfacimento delle necessità correnti. Buona la qualità del prodotto nazionale, nonostante sia pesata la scarsità dell'offerta aggravata dalle scoraggianti produzioni degli altri Paesi Europei.

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Per la prossima annata ci si aspetta un aumento della superficie regionale investita a frumento tenero, visti i tagli previsti per la soia e la riduzione degli aiuti per il mais a causa del probabile superamento della superficie massima garantita.

Analizzando quanto avvenuto nel corso del 2001, emerge che il frumento duro riveste un ruolo sempre più marginale nel panorama agricolo regionale, nonostante il pagamento supplementare per ettaro di circa 139 euro. La superficie coltivata in Veneto, al pari di quanto avvenuto nelle altre regioni del Nord Italia, ha subìto infatti una riduzione del 21% rispetto all'anno precedente (si è passati da 839 a 659 ha) mentre a livello nazionale essa è risultata stabile e al Sud è addirittura aumentata dell'1,9%. A livello provinciale Rovigo rimane l’areale maggiormente interessato con 446 ha (-5% rispetto all'anno precedente). La produzione raccolta si è attestata intorno a 3.300 tonnellate, con una riduzione del 26,5% rispetto all'annata precedente spiegabile sia per la riduzione della superficie investita, sia della resa (da 5,3 t nel 2000 a 5 t/ha nel 2001). Sul fronte dell’offerta si è assistito ad una carenza di prodotto sui mercati, con conseguenze negative per l'industria molitoria e pastaria. Poiché la nuova stagione si è aperta con prezzi decisamente sostenuti (intorno ai 191 euro/t), non è stata registrata la consueta diminuzione di inizio campagna. Il livello delle quotazioni si è poi mantenuto elevato fino alla stagione di raccolta. I detentori di materia prima hanno quindi evidenziato un comportamento speculativo dosando le vendite. Dato il ridotto numero di contrattazioni e il volume della merce scambiata, la domanda nazionale non ha nemmeno potuto essere soddisfatta dal prodotto estero, per l’elevato prezzo osservato sui mercati internazionali. Per il futuro si può ipotizzare un aumento delle superfici per l'effetto di almeno tre diversi fattori: diminuzione dei ricavi causati dai tagli effettuati dalla PAC per la soia, lo splafonamento previsto per il mais e i prezzi più sostenuti per il grano duro.

Il progressivo calo delle superfici che ha caratterizzato l'orzo negli ultimi anni ha trovato conferma anche nel 2001. Rispetto al 2000, quando erano stati coltivati circa 11.000 ettari, si è avuta infatti una riduzione del 9%, pari a circa 1.000 ettari. In fase di raccolta, che in pianura padana è partita ai primi di giugno, sono state trebbiate circa 53.900 tonnellate di prodotto, il 18% in meno rispetto alla scorsa campagna. Questa contrazione è dovuta, oltre che al calo delle superfici, anche alla riduzione della resa, attestatasi intorno alle 5,3 t/ha (-10% rispetto al 2000). Essa è in parte spiegabile con gli attacchi da mosaico giallo che hanno interessato molte zone del Nord Italia. La campagna di commercializzazione, che si è aperta con quotazioni comprese tra 129 e 139 euro/t, è stata influenzata dalla scarsa disponibilità del prodotto estero e dalle crescenti quotazioni per il prodotto nazionale soprattutto nei mesi di settembre-ottobre. Per il futuro la situazione rimane comunque incerta, nonostante negli ultimi anni si stiano sviluppando nuove utilizzazioni per produrre mangimi di qualità e sia in espansione il settore della produzione di malto per birra.

Essendo stato coltivato su una superficie di circa 281 mila ettari (+1,7% rispetto al 2000), mentre la produzione è rimasta sostanzialmente invariata (2,75 milioni di

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tonnellate), il mais ha presentato, nel corso dell’ultima campagna, una lieve riduzione di resa (-1% rispetto al 2000), attestandosi sulle 9,7 t/ha. A livello provinciale, rese superiori alle 11 t/ha si sono avute solamente a Treviso. Poiché in Italia l’incremento di superficie è stato ben più alto (9% circa, secondo alcune fonti), il Ministero per le Politiche Agricole ha reso noto, in via revisionale, che l'area di base specifica per il mais è stata superata del 12,6%. Di conseguenza sarà possibile una proporzionale riduzione delle superfici ammissibili ai pagamenti. Si ricorda comunque che solo qualora vi sarà un superamento della superficie massima garantita a livello comunitario la penalizzazione sarà definitiva.

Il clima del 2001 certamente non ha favorito la coltura. La primavera piovosa ha infatti provocato ritardi nelle semine e nello sviluppo vegetativo, mentre la siccità estiva ha portato ad una accelerazione nella maturazione della granella, con conseguente riduzione del periodo vegetativo e quindi anche della resa. A questo quadro, non certo roseo, si è aggiunta anche la grandine e alcuni pesanti attacchi di piralide. Quest’ultima si è manifestata in misura maggiore rispetto agli altri anni, causando danni soprattutto alle varietà precoci. Da segnalare, inoltre, perdite di granella in campo durante la trebbiatura per i mais precoci, provocate presumibilmente dall’essiccazione repentina per le elevate temperature di agosto. In conseguenza, ad ottobre-novembre è stato possibile osservare, in alcuni appezzamenti, rinascite di mais con densità elevate.

Sul fronte del mercato la previsione di una crescita della produzione ha causato una riduzione delle quotazioni che a settembre si aggiravano sui 116 euro/t (-6% rispetto al 2000). L'ottima disponibilità di prodotto nazionale e estero e la difficoltà dei detentori a collocare la partite del vecchio raccolto hanno condizionato qualsiasi spinta al rialzo delle quotazioni. La discesa è continuata per tutto il mese di ottobre, quando sul mercato di Padova è stato registrato un prezzo di 114 euro/t (-8% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente).

Per quanto riguarda la nuova campagna, viste le non entusiasmanti quotazioni del mais e le probabili riduzioni dei contributi per il superamento della superficie massima garantita, potrebbe essere prevedibile una riduzione degli ettari seminati. In realtà non va sottovalutata neanche la possibilità di un ulteriore aumento, a causa delle influenze sulle scelte di semina del nuovo piano di regionalizzazione inviato a Bruxelles all’inizio di agosto. Per il Veneto, infatti, è stata mantenuta per il mais la resa distinta e questa è più elevata rispetto agli altri cereali. Il contributo per ettaro rimane quindi proporzionalmente superiore. Questo fattore, unito alla riduzione dei contributi previsti per le oleaginose, potrebbe portare ad un aumento delle superfici investite a mais.

Rappresentando il riso una produzione di nicchia destinata principalmente al mercato locale, l’annata risicola veneta è apparsa decisamente più confortante di quella nazionale, dove non sono state smentite le difficoltà che caratterizzano questo settore. È infatti da qualche anno che il comparto comunitario, e soprattutto quello nazionale, stanno attraversando un periodo di crisi determinata da un eccesso di offerta interna e dalle ingenti importazioni extracomunitarie che abbassano i prezzi di mercato. In Veneto le aree

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maggiormente vocate sono il Delta del Po e il Veronese (zona del Vialone Nano). La produzione regionale complessiva è stimata intorno alle 25.500 tonnellate. Nel Veronese la superficie è rimasta costante rispetto agli anni precedenti con rese, per il Vialone Nano, comprese tra 8 e 9 t/ha. Nella zona del Po la produzione unitaria si è stabilizzata intorno alle 10-12 tonnellate. Per il Vialone Nano i prezzi all'inizio di dicembre sono stati buoni, attestandosi tra i 430 e i 490 euro/t, mentre per l'Arborio le quotazioni hanno oscillato tra i 330 e i 345 euro/t. Per il prossimo futuro la situazione si può prevedere stabile; tutte le azioni volte a produrre risi di qualità, come quella del Vialone Nano Veronese che dal 1996 possiede il marchio Igp, potrebbero assumere crescente importanza in un settore particolarmente in difficoltà.

3.3 Colture industriali

La barbabietola da zucchero, nonostante il calo dei prezzi e delle superfici investite osservati nel 2001, continua a riscuotere notevole interesse da parte dei produttori. I risultati raggiunti sia in termini di produzione unitaria media di radici che di rese in saccarosio, pur essendo apparsi in sensibile calo rispetto a quelli del 2000, sono rimasti buoni soprattutto se confrontati con quelli ottenuti negli altri comprensori bieticoli italiani.

La superficie ha subito anche quest'anno una significativa contrazione (-8%) attestandosi a circa 38.000 ettari. Le maggiori riduzioni si sono registrate in provincia di Rovigo con un -20% che equivale ad una riduzione di 2000 ettari, mentre risulta essere molto inferiore la contrazione verificatasi nella provincia di Venezia (-5% ovvero circa 600 ettari) contro le pessimistiche previsioni dopo la chiusura di Ceggia che ha incrementato i costi di trasporto di circa 1 euro a tonnellata. Dal punto di vista dell'andamento climatico l'annata trascorsa ha creato particolari problemi sia durante la preparazione dei terreni che durante le operazioni di semina. Le insistenti piogge invernali e primaverili hanno costretto gli agricoltori a posticipare la messa a dimora dei semi. Basti pensare che nell’annata precedente a fine febbraio si erano seminati ben l’80% degli ettari, mentre quest’anno gli ettari seminati entro febbraio erano solo il 30% e le semine sono proseguite fino ad aprile. La riduzione della superficie investita a bietola potrebbe derivare proprio dalle difficoltà che, riscontrate in questa fase così delicata ed importante per questa coltura, avrebbero spinto alcuni produttori a ripiegare all'ultimo minuto verso altre coltivazioni. La parte restante del ciclo produttivo ha goduto di condizioni favorevoli, se si escludono alcune intense ma localizzate grandinate verificatesi nel vicentino e nell'alto veneziano. A maggio si è verificato un rilevante attacco di peronospora farinosa su alcuni bietolai del Polesine e Basso veneziano e mosca, contro i quali non è stato necessario intervenire per un miglioramento delle condizioni climatiche. La cercospora è comparsa molto tardi, verso il 20 di luglio, ed è stata controllata efficacemente dai normali trattamenti anticercosporici coadiuvati da un periodo particolarmente avaro di piogge nel mese di agosto. Questa condizione, se da un lato ha frenato lo sviluppo della coltura, dall'altro ha contribuito a meglio controllare la patologia. Sono stati infatti eseguiti in media 2-3 trattamenti, anche se

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in talune zone più umide si sono effettuati fino a 4-5 interventi. Il maggior ricorso all'uso di prodotti sistemici pare essere la strategia giusta per risolvere uno dei maggiori problemi della coltivazione di questa specie.

In conseguenza dell'andamento climatico nel complesso favorevole, la campagna si è conclusa tra la seconda e la terza decade di ottobre. La produzione di radici si è attestata sulle 60 tonnellate/ha. Il grado di polarizzazione, tendenzialmente inferiore rispetto la precedente campagna, è stato mediamente di 14,5°, mentre la quantità di saccarosio ottenuta dalla lavorazione è stata in media superiore a 8,5 tonnellate/ha.

Dal lato della commercializzazione, il prezzo per l'attuale campagna si può ragionevolmente prevedere che venga fissato ad un livello significativamente inferiore a quello dell'anno precedente, presumibilmente sui 44,4 euro/t per una polarizzazione di 16°, facendo registrare una diminuzione del 5% rispetto ai 46,7 euro del 2000. La redditività di questa coltura si mantiene comunque elevata e garantisce una produzione lorda vendibile media ad ettaro di 2.350 euro.

Per concludere, dopo il previsto calo di superficie investita dell' 11% a livello nazionale per rientrare nei limiti comunitari ed un calo delle produzioni del 16%, sempre a livello nazionale, si prevede che l'anno prossimo, anche a causa delle avversità climatiche riscontrate nel 2001, la superficie investita a bietola aumenterà, non essendo stata raggiunta quest’anno la quota C.

Rimangono alcuni punti di debolezza per il settore bieticolo tra i quali il prezzo, in continua diminuzione, le quote, anch'esse in calo, gli elevati costi di produzione e una minore produttività rispetto al resto dell'Europa. Tra i punti di forza si può annoverare quello di una OCM zucchero in grado di conferire, per i prossimi cinque anni, regole certe sul mercato comunitario anche se si dovrà prestare particolare attenzione alle possibili influenze dovute al Wto, in particolare alla concessione di una franchigia doganale senza limiti quantitativi per i prodotti che arrivano dai Paesi meno avanzati. Tra questi rientra anche lo zucchero di canna che, secondo recenti stime della Commissione europea, potrebbe essere maggiormente importato (dagli attuali 1,5 milioni di tonnellate ai previsti 5 milioni).

Sostanzialmente buono il quadro produttivo per il tabacco nel Veneto. Le province maggiormente interessate dalla coltivazione di questa coltura industriale sono state Verona, Vicenza e Padova. La superficie ha raggiunto complessivamente i 6.800 ettari, le principali varietà coltivate sono state il Bright (circa 6500 ettari), il Burley (circa 900 ettari). Notevole il miglioramento dal punto di vista qualitativo, grazie anche ai continui investimenti in tecnologia, ricerca e sperimentazione favoriti dalla riforma dell'Ocm tabacco attuata con il Regolamento Ce 1636/98. Anche nel 2001 è proseguito il monitoraggio delle virosi e, mediamente, la coltura ha avuto un andamento positivo nella regione; si segnala, comunque, una ricomparsa del Tobacco mosaic virus (TMV). Questa virosi, ormai quasi scomparsa, si è ripresentata in modo consistente in alcune aziende del veronese, causando un rallentamento della crescita delle piante con conseguente perdita di

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produzione. Si è osservato un 70-90% di piante colpite nel mese di luglio, successivamente i sintomi si sono attenuati e le piante si sono in parte riprese. Dal punto di vista climatico, la siccità estiva ha influito positivamente sulla qualità del prodotto. Problemi di grandine si sono avuti nel mese di settembre in provincia di Verona.

Per quanto riguarda la commercializzazione, viste le ottime caratteristiche qualitative del prodotto si stima un aumento dei prezzi intorno al 10-15% rispetto all'annata precedente. Per il futuro si prospetta una certa stabilità per il settore, per lo meno a livello regionale. Con il raccolto 2001 è terminato il primo triennio di applicazione della riforma e inizia l'iter per l'approvazione delle quote e dei premi per il periodo 2002-2004. Lo stesso Regolamento 1636/98 prevede però una verifica dell'Ocm tabacco nel 2002; è di inizio dicembre la notizia che la Commissione europea ha ufficializzato la proposta di revisione dell'Ocm. Per l'Italia è prevista una riduzione complessiva delle quote nel 2004 di circa 3.500 tonnellate che interesserà soprattutto i gruppi varietali III, IV e V. La Commissione ha proposto anche una riduzione dei premi con aumento della trattenuta per il Fondo comunitario del tabacco che arriverà al 4% per il raccolti 2004.

Per quanto concerne i semi oleosi l’annata appena conclusasi è stata caratterizzata da un netto ridimensionamento della superficie investita. Le semine della soia hanno interessato una superficie di circa 86.000 ettari, con una diminuzione del 7% circa rispetto al 2000. Le maggiori riduzioni sono state registrate nelle province di Padova (-33%) e Treviso (-30%). Le prolungate piogge primaverili hanno determinato ritardi nelle operazioni di semina; inoltre è stata segnalata una ridotta disponibilità di seme per la sospetta presenza di partite contaminate da varietà di tipo transgenico. La produzione a livello regionale ha registrato una diminuzione del 2,8% circa rispetto all'anno precedente, attestandosi intorno alle 352 mila tonnellate. La resa si è attestata, pertanto, sulle 4,1 t/ha (in aumento del 4,6% rispetto al 2000).

Buono l’andamento colturale della soia, che ha sofferto la siccità registrata nei mesi estivi meno del mais. Le quotazioni relative alle prime partite raccolte nel Veneto si sono attestate sui 222 euro/t e quindi su un livello inferiore di circa 5 euro/t rispetto ai primi valori dello scorso anno.

Continuano a diminuire in maniera considerevole le superfici coltivate a girasole, con un andamento negativo che prosegue ormai da diversi anni. Nel corso del 2001 sono stati coltivati poco più di 1.800 ettari, con una flessione del 15% rispetto all'annata precedente. Verona, la provincia più interessata da questa coltura, presenta una contrazione di superficie del 19% (quest'anno sono stati coltivati 720 ha). La maggior riduzione si è avuta, però, in provincia di Treviso dove da 200 ettari coltivati nel 2000 si è passati ad appena 50 ettari per il 2001 (-75%). La resa media regionale si è attestata intorno alle 3 t/ha, con una riduzione del 7,6%. Le quotazioni hanno raggiunto, nel mese di settembre sul mercato di Bologna, i 241 euro/t (ben +43% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente). A livello nazionale, nello stesso periodo, le quotazioni dei semi di girasole del nuovo raccolto hanno registrato una sensibile crescita, determinata dal divario tra una

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offerta nazionale e mondiale in sensibile contrazione e da una domanda in forte espansione. La corsa all'acquisto degli utilizzatori si è scontrata, infatti, con una riduzione dei risultati produttivi sia interni che in ambito mondiale. Secondo stime non ufficiali la produzione di girasole in Italia dovrebbe essere del 25-30% inferiore allo scorso anno. Sarebbe stata proprio questa situazione di incertezza ad indurre le parti contraenti a concludere affari a prezzi elevatisi, in alcuni casi, fino ai 269 euro/t.

Il colza interessa ormai una superficie di appena 172 ettari, localizzati per il 55% in provincia di Verona. La rimanente superficie è più o meno omogeneamente distribuita tra le province di Vicenza, Treviso e Rovigo. La produzione 2001 si è nettamente ridotta, attestandosi sulle 500 tonnellate (-61%).

La progressiva riduzione del peso delle colture oleaginose nelle rotazioni ha avuto, negli anni passati, come principale causa il pericolo di splafonamento della superficie massima garantita (smg). Anche nel 2001, secondo i dati provvisori, l'Italia avrebbe oltrepassato tale soglia. Le superfici complessivamente dichiarate sono risultate essere pari a 553.279 ha e quindi ben al di sopra dei 487.000 ha di smg assegnati all'Italia. Occorre comunque attendere i dati dell'intera Comunità prima di veder operato qualche taglio ai contributi per unità di superficie.

Per il prossimo anno la situazione per le semine di oleaginose appare negativa. Ciò non per il pericolo di superamento della smg, ma per il fatto che il 2002 è l'anno in cui la riforma di Agenda 2000 andrà a regime e pertanto il pagamento diretto dei semi oleosi verrà allineato a quello dei cereali. Per la Regione Veneto, che secondo quanto previsto dal nuovo piano di regionalizzazione mantiene una resa distinta tra altri cereali e mais, la soia probabilmente subirà la competizione proprio da parte di quest’ultimo, che a parità di condizioni garantisce una migliore redditività. Il premio per ettaro a favore dei coltivatori di soia, colza e girasole dovrebbe subire una riduzione variabile tra il 20 e il 35%. Non bisogna comunque dimenticare le possibilità di ricavo delle colture oleaginose, visti i buoni prezzi che le caratterizzano, e la possibilità, soprattutto per la soia, di assicurare una produzione non contaminata da partite ogm alla quale sono particolarmente interessate le ditte mangimistiche.

3.4 Colture orticole

Nel 2001 la patata è stata coltivata su una superficie di poco inferiore ai 4.000 ettari (dati Regione Veneto) e quindi in diminuzione del 6% circa rispetto al 2000. Considerando che anche le rese, pur essendo ancora fra le più alte in Italia essendosi attestate sulle 35 tonnellate per ettaro, sono apparse in diminuzione (-4%), la produzione complessiva del 2001 è stata di 138 mila tonnellate (-9%).

Il calo delle rese è sicuramente derivato, oltre che da altri fattori, dall’andamento climatico e fitopatologico. Questa solanacea ha avuto, infatti, un inizio difficoltoso a causa di marciumi che, essendosi presentati sulla superficie di taglio dei tuberi, hanno compromesso le semine. Il fenomeno si è manifestato nei mesi di febbraio e marzo, epoca

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nella quale usualmente si tagliano i tuberi in 2-3 pezzi e si mettono in cassetta ad asciugare e a pre-germogliare. Le marcescenze, osservate per lo più sulle varietà di provenienza estera, sono state imputate a fisiopatie dovute a scarsa maturazione dei tuberi (in particolare quelli da seme) e condizioni climatiche non favorevoli alla raccolta. Per alcune varietà, a causa delle basse temperature, l’emergenza si è posticipata parecchio e, in alcuni casi, si sono avute fallanze tali da consigliare l’interramento. Nella parte rimanente del ciclo non sono accaduti fatti degni di nota. La dorifora è apparsa, per il secondo anno consecutivo, in forte calo nelle zone tipiche di coltivazione.

L’andamento delle contrattazioni per questa orticola è stato ottimo sia sui mercati regionali che nazionali. A Verona si sono raggiunte, per la patata comune, quotazioni abbondantemente al di sopra della media 2000. Nel mese di gennaio il prezzo medio è stato di 0,22 euro/kg contro i 0,19 euro/kg di un anno prima (+19,6%). L’apice delle quotazioni è stato raggiunto, nello stesso mercato, nel mese di maggio, quando i prezzi hanno fatto registrare un +50% su base tendenziale annua, raggiungendo il livello di 0,25 euro/kg. Le quotazioni medie regionali più alte sono comunque state raggiunte nel mese di settembre (0,30 euro/kg).

Questi risultati eccezionali si sono potuti ottenere grazie ad una buona qualità del prodotto, per pezzatura e caratteristiche organolettiche, e per i forti ritardi fatti registrare dai produttori esteri nelle operazioni di scavo e quindi di commercializzazione del loro prodotto. La produzione, in particolare quella per il consumo fresco, appare ormai consolidata e la patata biologica sta riscuotendo particolari successi soprattutto in provincia di Padova. Si segnala anche la patata dorata dei terreni rossi del Guà, marchiata Dop, coltivata nelle province di Verona, Vicenza e Padova.

Dopo una certa apprensione, causata dalla polemica tedesca sulle fragole ai pesticidi ed una conseguente flessione delle esportazioni, il mercato della fragola è tornato alla normalità e ha chiuso il 2001 con un bilancio del tutto positivo. Il primo produttore veneto è la provincia di Verona, dove si pratica ormai quasi esclusivamente la coltura protetta e viene prodotto circa l’80% del quantitativo regionale.

Se in molti dei principali comprensori fragolicoli nazionali (da quello piemontese a quello Metapontino) il clima ha creato seri problemi, nel veronese si sono raccolti i frutti degli investimenti eseguiti per il passaggio alla coltura protetta, ormai necessari per fronteggiare adeguatamente il repentino avvicendarsi di periodi freddi e di periodi caldi. Nel mese di febbraio il caldo sopra la media ha favorito lo sviluppo della coltura, ed il freddo di marzo, sotto serra, ha allungato la fioritura. Il periodo della raccolta, caratterizzato da un alternarsi di giornate fresche con giornate calde, ha poi agevolato il raggiungimento di un’ottima pezzatura dei falsi frutti ed una ottimale scalarità nella maturazione, che ha permesso di raccogliere ogni tre giorni, contro i cinque del 2000. Questa frequenza di raccolta si è dimostrata ottimale, in quanto permette di scegliere i frutti migliori e di ridurre le quantità raccolte giornalmente. La campagna è stata particolarmente favorevole alle varietà Tethis, Patty e Darselect, la prima per la ottima

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