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L’Impronta Ecologica dei Paesi Industrializzati

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Academic year: 2021

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NUMERO 7 - dicembre 2014 Irene Frassoldati

Laureata in Ingegneria Edile/Architettura nel 2013 dall’Universita di Bologna. Tesi di laurea in architettura delle infrastrutture e del paesaggio “Rinaturalizzazione delle Arte di Cantiere Dismesse”, relator: Prof. Luigi Bartolomei, Corelator: Arch. Alberto Bortolotti.

L’Impronta Ecologica dei Paesi Industrializzati

Comparare l’impronta ecologica delle diverse nazio-ni e quella procapite per ciascuna nazione ci permet-te di visualizzare una problematica spesso

sottovalutata: il nostro sistema di produzione e di consumo si basa e sulla disuguaglianza. E’ necessa-rio lavorare su questo punto, perchè la condivisione della responsabilità e delle conseguenze a livello globale degli effetti non può che passare attreverso una livellazione anche delle possibilità.

Servirebbero 3-6 pianeti uguali alla Terra per per-mettere di sostenere uno stile di vita come quello di un abitante del Nord America a tutti gli abitanti del Pianeta.

The Ecological Footprint of Industrialized countries

To compare the carbon footprint of different nations and the per capita for each country allows us to visualize a problem often underestimated by our systems of production and consumption, which is based on inequality. There is a need to work on this problem because in sharing the liability and the global consequences, the effects that cannot conti-nue, reveals a series of possibilities.

It would require 3-6 planets equal to Earth in order to sustain a lifestyle like that of an inhabitant of North America in order to supporst all inhabi-tants on Earth.

Parole chiave: importa ecologica,

industrializzazio-ne, Nord America, economie basate sul petrolio, re-sponsabilita sociale

Keywords: ecological footprint, industrialization,

North America, oil-based economies, social respon-sibility

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DIETRO ALL’IDEA DI UN PROGETTO LOCALE Il movimento analitico dal globale al locale ov-vero dal generale al particolare è tipico di ogni processo conoscitivo strutturato e caratteri-stico dello studio di tematiche urbanistiche e progettuali, esso consente con un andamento tipico della meccanica fotografica di delineare contorni più nitidi al prezzo di ridurre il campo visivo. Questa struttura gerarchica delle in-formazioni corrisponde alla logica della men-te umana, ma mostra possibili debolezze, se il processo si mantiene unidirezionale, nella fase della risoluzione-azione conseguente alla prima fase conoscitiva nella quale essa pro-priamente si cala, il momento della volontà di trasformazione non è sempre capace di

sinte-si tra scale differenti, probabilmente a causa della difficile percezione del legame profondo esistente tra parti apparentemente distinte del nostro spazio di vita. “Il battito d’ali di una farfalla in Canada può scatenare un uragano in Messico” dicono, eppure una reale correla-zione tra luoghi così lontani geograficamente e culturalmente è difficile da concettualizzare: possiamo ricordare il monito di grandi teorici, come Gilles Clemént, ma forse le implicazioni delle loro espressioni non superano la propria forza poetica. Cosa significa mantenere un “occhio planetario”? Questa espressione ser-ve al coraggio, per non rinunciare a intrapren-dere, anche a piccola scala, progetti di cam-biamento che tengono conto delle dinamiche

in atto nell’ecosistema-pianeta. Si suggerisce di assecondare una visione unitaria del globo come sistema isolato che può contare solo su energie interne finite e limitate, una immagine della biosfera, fragile e dalle determinate ca-pacità di riproduzione, che l’azione antropica può far fruttificare o disperdere. In una con-tinua analogia con un Eden perduto o creato, l’uomo, da ospite a giardiniere, da creatura fra creature a demiurgo, si deve assumere la re-sponsabilità della cura del suo luogo di vita. Molti esempi dal passato ci suggeriscono che l’autodistruzione è a portata di mano, l’avver-timento viene dal declino delle civiltà che non hanno saputo interpretare le leggi deboli della natura, come accadde agli abitanti dell’Isola di

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Pasqua, che, portando avanti uno stile di vita e una crescita della popolazione al di là dei limiti dell’esiguo spazio che avevano a dispo-sizione, arrivarono a distruggere l’ecosistema tropicale della loro isola, tramutandola in un luogo senza alberi, senza biodiversità e senza risorse per il progresso di una civiltà evolu-ta. Il concetto del limite è fondamentale per comprendere come le azioni locali debbano sempre tenere presente che nessun supporto, nessun aiuto, potrà eternamente intervenire da imprecisati luoghi lontani per sostenere quello che è insostenibile. Il Nord del mondo, il sito che dalla globalizzazione dei mercati e dalla velocità delle comunicazioni ha ricavato il massimo dei benefici, non sa di questa

fini-tezza: vede le merci, i prodotti agricoli, i ca-pitali, affluire continuamente al suo onnivoro consumo e non riflette sull’origine, sulla di-sparità e sull’ingiustizia che li hanno prodotti. Una visualizzazione che è stata inventata per portare alla coscienza di questo fenomeno è quella delle impronte ecologiche: una serie di calcoli, molto astratti in realtà, che permette di associare a una qualunque identità fisica, persona, città o stato, lo spazio naturale ne-cessario per il suo sostentamento. Emerge così una disparità intrinseca al sistema e ir-reparabile, risulta infatti chiaro che il nostro stile di vita, il nostro benessere, non è genera-lizzabile, se infatti tutti gli abitanti della Terra avessero il comportamento di un americano

o di un europeo i limiti del pianeta sarebbero già stati superati: servirebbero all’incirca tre pianeti identici al nostro per pensare di diffon-dere il nostro livello di consumo. Oltre all’in-giustizia evidente anche il degrado ambientale ci suggerisce che il sistema è sottoposto a una pressione che non possiamo permetterci, gli scenari che gli scienziati propongono in rela-zione al cambiamento climatico, dovuto all’e-missione di gas che aumentano l’effetto serra, come anidride carbonica prodotta dai combu-stibili fossili, sono apocalittici e i risvolti sono già visibili nell’intensificazione dei fenomeni atmosferici più distruttivi, come le tempeste tropicali e gli uragani. L’uso dei combustibi-li fossicombustibi-li che ha costituito la base del nostro

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sviluppo nell’ultimo secolo, permettendo di raggiungere una quota di energia procapite impiegata senza precedenti, è anche alla base dei cambiamenti sociali, ambientali e mentali che renderanno progressivamente invivibi-le il nostro pianeta. Se è vero che il petrolio costituisce l’essenza stessa della modernità, essendo ciò che ha reso possibile il nostro progresso sociale e quanto ha dato forma alle nostre città, in termini di dimensione, densità e dispersione, è conseguentemente urgente rendere le sue cattive implicazioni una guida nello sviluppo futuro dei nostri insediamenti. Un’altra notizia, al contempo positiva e allar-mante, viene dalla comunità scientifica: l’an-nuncio di un prossimo picco nella produzione

petrolifera mondiale, che renderà questa ri-sorsa così fondamentale per i trasporti, l’agri-coltura, la produzione industriale, estrema-mente costosa, perchè soggetta a un regime di progressiva scarsità, per cui sarà impossi-bile soddisfare interamente la crescita della domanda e quindi la produzione sarà ripartita in base alla possibilità monetaria di ciascuno di vincere la competizione per ottenerla. Avere impostato così profondamente la vita su una unica risorsa, nociva e progressivamente in esaurimento, non è stato saggio nè lungimi-rante, quello che occorre ora è pensare a una transizione verso un nuovo sistema di approv-vigionamento, immaginando le nostre città come organismi che richiedono cibo, acqua,

energia, merci e che eliminano rifiuti. Esse devono diventare progressivamente sempre più capaci di gestire autonomamente e local-mente questi bisogni. Il tema della decresci-ta felice invade il dibattito ambiendecresci-talisdecresci-ta, au-spicando modelli auto-sostenibili e di minori consumi come unica alternativa a fronte della progressiva perdita di controllo sulla logistica del soddisfacimento delle nostre necessità e sull’etica delle nostre comodità. La dimensio-ne locale è l’unica che non rischia di sfuggire irrimediabilmente alla nostra supervisione rendendoci vandali inconsapevoli. Essa viene proposta come luogo del cambiamento an-che in ragione del fallimento delle politian-che di cooperazione internazionale; chiaramente

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L’Impronta Ecologica dei Paesi Industrializzati

NUMERO 7 - dicembre 2014 I. Frassoldati

Tra i grandi

misteri che avvolgono

le civiltà scomparse pochi

af

fascinano e stupiscono come quello che riguarda il declio dell’Isola

di Pasqua.

Accurati studi sui reperti archeologici

e sulla

stratigrafia del terreno possono essere fatti

confluire in

una

narrazione coerente del

declino della società.I

primi colonizzatori

della Polinesia si ritrovarono su un’isola

fornita di suolo fertile,

cibo abbondante, materiali da costruzione a piene mani e tutti

i

prerequisiti per una vita

confortevole. Dopo alcuni secoli, essi

cominciarono

a erigere

statue di pietra su piattaforme, come

quelle che i loro antenati polinesiani

avevano scolpito. Col

passare degli anni, le statue

e le

piattaforme divennero sempre

più grandi,probabilmente

in una spirale ascendente di rincorsa al

primato. Alla fine la popolazione in crescita dell’Isola di Pasqua stava tagliando

la foresta più rapidamente

di quanto

la foresta

stessa fosse in grado

di rigenerarsi.

La gente usava i terreni per

i giardini

e il legname

come combustibile, per la costruzione di

canoe e

edifici e,

ovviamente, per

trascinare statue.

Non appena

la foresta scomparve, gli isolani rimasero senza legname e senza corde per trasportare ed erigere

le proprie

statue. La vita

divenne più disagevole, le sorgenti e

i torrenti

si

prosciugarono,

e la legna

non

era più disponibile

per accendere

fuochi. La gente

trovò anche più dif

ficile riempirsi lo stomaco, dal momento che gli

uccelli

terrestri, le grandi

conchiglie

di mare e molti uccelli

marini

scomparvero. Poiché il legname per costruire canoe per

la

navigazione

in mare non era più disponibile,

la pesca declinò

e

le

focene sparirono dalla tavola.

Anche i

raccolti declinarono, dal

momento che la deforestazione

permise

che il suolo

venisse

eroso dalla

pioggia

e dal vento, seccato dal sole e le sue

sostanze nutritive dilavate. L

’intensificata produzione di polli e il cannibalismo rimpiazzarono

solo parte di quelle perdite di generi

alimentari.

Alcune statuette

con guance incavate e costole visibili

che si sono conservate suggeriscono che la gente aveva fame

-Con la scomparsa della sovrabbondanza

di cibo, l’Isola di

Pasqua non poté più nutrire i

capi, i

burocrati e i

preti che aveva

-no mantenuto in funzione una società complessa. Gli isolani ancora

in vita descrissero ai primi visitatori europei come il caos locale rimpiazzò il governo centrale

e una classe di guerrieri

prese il sopravvento sui capi ereditari. Le punte di pietra di lance e pugnali, fabbricate dai guerrieri durante l’epoca della loro mag

-giore prosperità nel ‘600 e

nel ‘700, sono ancora sparse sul

terre -no dell’Isola di Pasqua oggi. V erso il 1700, la popolazione com -inciò a

crollare verso una quantità compresa tra

un quarto e un

decimo del suo numero precedente. La gente cominciò a vivere in caverne

per proteggersi

contro i nemici. V

erso il 1770

i clan

rivali cominciarono

a rovesciarsi le statue a vicenda, demolendo

le teste. Entro il 1864

l’ultima

statua era stata abbattuta e profa

-nata.

CINQUE RACCONTI DI ORDINARIA FOLLIA

PRIMA DI UNA PEDAGOGIA DELLE CATASTROFI UNA STRADA DA CAMBIARE

L'ENTITA' DEL PROBLEMA OBBIETTIVI visioni 2050 PROPOSTE roadmap 2050

smart grid to be continued.. VIVIAMO ANCORA IN UN GIARDINO: LA TERRA Polynesia Chad A fghanistan Congo (K inshasa) Burundi Cambodia Uganda Mali Ethiopia M alawi Bur kina F aso Cen tral A frican R epublic Somalia Rw anda Laos Niger Nepal Lesotho Tanzania M adagascar Guinea Comor os Liber ia Sier ra L eone

Haiti ZambiaMozambique

Bur ma(M yanmar) Guinea-Bissau Bangladesh Kenya Sudan Ghana Benin Cot e d'I voir e (I vor yC oast) Kir iba ti Solomon Islands Camer oon TogoSenegal Bhutan Vanua

tu Sao Tome and P

rincipe Par agua y Sri Lank a Cape V erde Tur ks and C aic os Islands Niger ia Pak istan Samoa Philippines

Papua New Guinea

Nicar agua W. Sahar a Yemen Gua temala Swaziland El S alv ador Kyr gyzstan M aur itania G eor gia Hondur as Morocco Peru Tajik istan Vietnam U .S. P acific Islands India Indonesia Namibia Tonga Dominica Bolivia Colombia Fiji Congo (Br azza ville) Sain t V inc en t/Gr enadines M oldo va Angola Sain t Helena Urugua y

Ecuador Dominican Republic

Egypt Br azil Maldiv es Tunisia Sain t L ucia Botsw ana Cuba Syr ia A lger ia M ongolia Gr enada Gab onMauritius Cook Islands Tur key Nor th Kor ea Jor dan Beliz e Armenia M ac edonia Sain t K itt and Nevis Thailand La tvia

Bosnia and Herzego

vina Chile M exic o A rgen tina Djibouti Vir gin Islands Br itish Sur iname Jamaica Lithuania Romania U zbek istan Panama China Cr oa tia For mer S er bia and M on teneg ro A zer baijan M acau Bar bados Por tugal Hungar y Venezuela Switz er -land Sw eden Fr anc e Bulgar ia Belarus M ala ysia Slo vak ia Uk raine Ira n Mon tser ra t M alta Poland Italy Equa tor ial Guinea Slo venia Libya Ca ymanIslands Spain Austr ia NewZealand Aruba A

ntigua andBarbuda

Unit ed Kingdom Japan Nor w ay Isr ael Gr eec e Tur kmenistan South Africa Ber muda Ger man y Kor ea, South Puer to Ri co Amer ican Samoa Denmar k Gr eenland Guam Finland Oman Seyc helles Cz ech Republic Cyprus Iceland Ireland NewCaledonia Sain t P ier re and M iquelon Russia Hong Kong Taiw an Nauru Kazak hstan Est onia Belg ium Far oe Islands Saudi Arabia Nether lands Th e Bahamas Canada Unit ed Sta tes Austr alia Lux embour g Brunei Kuw ait Singapor e Unit ed A rab Emir at es Bahr ain Tr inidad and T obago Nether lands A ntilles Vir gin Islands , U .S. Gibr altar Ira q Lebanon Qa tar Ser bia Nepal Chad W ake Island U.S. P acific Islands Timor -Lest e (East T imor) Solomon Islands

Papua New Guinea

M aldiv es Laos French P olynesia Cook Islands Brunei Bhutan New Z ealand Amer ican S amoa A fghanistan Cot e d ’Iv oir e W est ern S ahar a Tanzania Sey chelles Sao Tome and P rincipe Sain t Helena Guinea-Bissau M adagascar Mozambique Congo Comor os Cen tral A frican R epublic Cape V er de Bur kina F aso Yemen Palestine Oman Lebanon Bahr ain Tajik istan M oldo va Kyr gyzstan Est onia A zer baijan Armenia Macedonia Ic eland Hungar y Gibr altar For mer S erbia and M on teneg ro Far oe Islands Cyprus

Bosnia and Her

zego vina Albania Dominica Vir gin Islands , U.S. Tur ks and C aic os Islands Tr inidad and T obago Sur iname Sain t V incen t/Gr enadines Sain t L ucia Sain

t Kitts and Nevis

Gua temala Nicar agua Nether lands A ntillesMartinique Guadeloupe French Guiana Falk

land Islands (Islas M

alvinas)

El S

alv

ador Jamaica

Costa R

ica Cayman Islands

Sier ra L eone Par agua y Bahamas , T he Sain t P ierre and M iquelon

Antigua and Bar

buda Gr eenland Ber muda Vir gin Islands , Br itish Tonga Timor -L est Samoa Nauru Uganda Tunisia SomaliaSenegal Rw anda N iger Liber ia Lesotho Guinea GabonEritrea Burundi Malta Haiti Panama Grenada Guy ana Beliz e Hondur as Aruba Zambia Togo Sw aziland Namibia Mor occo M aur itius Maur itania Mali Mala wi Ken ya Ghana G ambia Ethiopia Djibouti Camer oon Botsw ana Benin Angola M acau Cambodia Zimbab we Tur kmenistan Mongolia Lux embour g Nor th Kor ea Vietnam Thailand Taiw an Singapor e Philippines Pak istan M ala ysia South Kor ea Japan Indonesia India Hong Kong China Sr i Lank a Bur ma Bangladesh FijiGuam Austr alia Reunion Sudan South Africa EgyptAlgerCongo

ia Unit ed Emir ates Syr ia Saudi Arabia Qa tar Lib ya Niger ia Kuw ait Jor dan Isr ael Ira q Ira n Uzbek istan Uk raine Russia Lithuania Kazak

hstan Georgia Belarus

Unit ed Kingdom Tur key Switz er land Sw eden Spain Slo vak ia Romania Por tugal Poland Nor way Nether lands Slo venia Italy Gr eec e G er man y Fr anc e Finland Denmar k Cz ech Republic Cr oa tia Bulgar ia Belg ium Austr ia Venezuela

Chile EcuadorPeru

Colombia Br azil Bolivia M on tser rat Argen tina Cuba Bar bados Puer to R ic o Unit ed S ta tes D ominican R epublic M exic o Latvia Ireland Canada

TOTAL CARBON EMISSION BY NATIONS

PERCAPITA CARBON EMISSION BY NATIONS

le emissioni totali della Cina sono le più alte al mondo, quando vengono però

diluite

sulla

popolazione

si ritrova al

contrario nelle posizioni di coda.

Guy

ana

The United States is no. 2 for total emissions

but

Americans shrink down to

a respectable

rank in line with other

industrialized citizens.

Tiny Gibraltar tops the per capita

list due

to its

need to import most manufactured goods,a reality also seen in many small island nations.

Comparare

l’impronta

ecologica

delle diverse nazioni

e quella

procapite per ciascuna nazione

ci permette di visualizzare

una problematica

spesso

sottovalutata: il nostro sistema di produzione

e di consumo si basa e sulla disuguaglianza. E’ necessario lavorare

su questo punto, perchè

la condi

-visione della responsabilità

e delle conseguenze

a livello

globale

degli ef

fetti

non può che passare attreverso una livellazione

anche delle possibili

-tà.

Servirebbero

3-6 pianeti uguali alla

Terra per permettere di sostenere uno stile di vita come quello di un abitante del Nord

America a tutti

gli

abitanti del PIanta.

Nel

1992

si è calcolato

che un vasetto di yogurt alle

fragole

da

125 grammi comprato a Stoccarda incorporava

91

15 chilometri,

tenendo conto del percorso del latte, delle fragole coltivate in Polonia,

dell’alluminio

e la plastica del packaging,

nonchè della distanza di distribuzione. Questa situazione non riguarda certo

un caso isolato, anche

il ketcup svedese

deve fare 52 tappe

prima di arrivare sulle avole.

Nel 1997 il diportista e ambientalista Charles Moore si trovava nel Nord del Pacifico, quando

si imbattè in quella

che venne in

seguito

definita

come l’isola

di plastica. Più correttamente in

realtà si dovrebbe

parlare di un grande ammaso di rifiuti in

sospensione che forma una macchia compatta dai bordi sfumati ma di dimensioni

assimilabili

a quelli dell’Alaska.

Non si trattava

della sola presente, in seguito infatti

ne venne scoperta un’altra

vicino al Giappone. Studi successivi hanno dimostrato che sono originate da

correnti a

spirale a

bassa velocità causate dai

venti

e dalla bassa pressione.

Un

particolare della tragedia del sottopasso del Monte

Bianco fa

riflettere in modo particolare

sul sistema dei commerci del

mondo globale,

infatti in questo incidente

si trovarono coinvolti camion che contenevano uno stock di carta igienica, su entrambi i sensi di marcia. Il Presidente dell’Ecuador Raf

fael Correa, per salvaguardare

contro lo sfruttamento dei suoi giacienti

petroliferi il parco nazio -nale dello Yasunì, incredibile riserva di biodiversità, ha proposto

alla comunità internazionale

di

sostenere economicamente il

suo

stato

versando una significativa percentuale

del guadagno che esso avrebbe potuto realizzare tramite le concessioni alle grandi compagnie petrolifere. Dei 3,6 bn richiesti, e a dispetto delle promesse, solo 13

milioni sono stati

ef

fettivamente

versati.

Nell’aosto

del 2013 il presidente Correa ha dichiarato consentita

l’estrazione nel parco. Nel perco si

contano attualmente 150 specie anfibie, 120 rettili e

non meno di 596 specie di uccelli.

AlbaniaZimbab

we

Eritrea

ALIMENTI VIAGGIATORI

L'ISOLA DI PLASTICA

LA RISERVA NATURALE DELLO YASUNI'

E’ da poco apparsa sui quotidiani americani la testimonianza di

una donna, madre singol newyorkese, che nonostante i

suoi due

lavori non era in grado di permettersi una abitazione, e

così

vive

con la figlia in un rifugio per senza tetto.

La città of fre moltissime possibilità di lavoro per coloro che vogliono impegnarsi e sono stati

creati ulteriori posti,

però molti di questi non permettoo di

sopravanzare la soglia di povertà. Il divario tra coloro i quali sono

ricchissimi e coloro che pur lavorando non si possono permette

-re i 1000$ necessari per af

fittare una stanza è in continua

crescita. Nonostane questo anzichè riempire i 17mila ettari di terreno

interclusi del perimetro della città si è scelto di collocare

un nuovo centro residenziale satellite in Pennsilvenia, tra le montagne.

NEW YORK E LA CRISI DEGLI ALLOGGI

IMPORT - EXPOT Costa R ica Urugua y Tonga In questo grafico si esplicitano i

reali valori legati alle emissioni di

carbonio

dalla fine degli anni 50 al 2004, evidenziando

un trend

annuale di

crescita

delle emissioni a

prescindere dalla altalenan

-za stagionale

del valore, influenzato dalla successione di fase

vegetativa e di quiescenza delle piante.

370 350 330 310 1955 1965 1975 1985 1995 2005 CO 2

[parts por million]

Il secondo grafico si riferisce invece ad un arco temporale più grande, che permette di notare contemporaneamente

la stabilità delle emissioni fino al 1950, momento in cui

cambiano gli andamenti, e

di

valutare le

proiezioni al

2050, termine fissato per molti piani di riferimento.

1750 450 400 350 300 250 1800 1850 1900 1950 2000 2050 CO 2 [ppm by volumes] CAMBIA L ’ ANDAMENT O PREVISIONI 7 MILIARDIDI ABIT ANTI A TTUALI Totalizziamo

in questo modo uno speco

alimentare del 40% della produzione. Non solo i cambiamenti

climatici

e le

emissioni di

anidride carbonica devono

quindi metterci in guardia.

1 MILIARDO

DI MALNUTRITI

9 MILIARDIPERSONE CHE POTREBBE

SOSTENT ARE L ’A TTUALE PRODUZIONE Abitanti 2050: 9 mili ardi

Abitanti attuali: 7 miliardi

equivalenti a uno fra

:

Emissioni attuali di c

arbonio: 6 t / anno

Emissioni future acc

ettabili: 2 t / anno

2000 litri di latte

5000 km in automobile

o un terzo dell’energia perprodurne una piccola

un volo andata e ritorno

Parigi-New Y

ork

180 kg di manzocon le ossa

500 kg di C / presona x anno Università di Bologna AA 2013 - 2014 CdL in Ingegneria Edile/Architettura DA - Dipartimento di Architettura TESI DI LAUREA DI IRENE FRASSOLDA TI IN ARCHITETTURA E URBANISTICA RELA T ORE: PROF . ADALBER T O DE BAR T OLOMEI IRENE FRASSOLDA TI T1 Produzione delocalizzata e diversificata dell’energia. Scambi

bidirezionali sulla rete e centraline intelligenti di controllo.

Piano per la costruzione di una Europa a emissioni zero, conside

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senza una diffusa sensibilizzazione al tema, sfide come quelle del cambiamento climatico o della denutrizione, non possono essere ri-solte, e la percezione della incompatibilità e della frammentarietà delle posizioni non può che innescare comportamenti di sfiducia e amplificare un egoismo corrosivo. La socialità locale è dunque il catalizzatore di una allean-za possibile tra le persone, il luogo e un’idea di trasformazione: non è un caso vedere nella proliferazione di iniziative bottom-up un en-tusiasmo che la politica aveva dimenticato da tempo. La dimensione locale è quella in cui è possibile collocare una sintesi, un’ecosofia, dell’ecologia mentale, dell’ecologia sociale e dell’ecologia ambientale, le tre ecologie che è necessario armonizzare secondo la teoria di Felix Guattari. Le scale dell’analisi dal pianeta all’orto di casa devono convivere nel progetto locale, che guarda a un mondo in cui i flussi materiali, cioè di beni fisici, si dovranno pro-gressivamente localizzare, mentre quelli im-materiali, le idee, si faranno sempre più vola-tili e verranno condivisi in una realtà sempre più globale.

BIBLIOGRAFIA Roger, Alain, (2011) “Dal giardino in movimento al giar-dino planetario” in Clément, Gilles, (2011) Manifesto del terzo paesaggio, Quodlibet, Macerata

Heinberg, Richard (2008) Senza petrolio. Il protocollo per evitare le guerre, il terro-rismo e il collasso economico, Fazi Editore, Roma

Latouche, Serge (2007) La scommessa della decrescita, Feltrinelli Editore, Milano Guattari, Felix (2000) The three ecologies, The Athlone Press, Londra

Rifkin, Jeremy (2003) Econo-mia all’idrogeno: la creazione del worldwide energy network e la redistribuzione del potere sulla terra, Mondadori, Milano;

Hopkins, Rob (2009) Manuale pratico della transizione. Dalla dipendenza dal petrolio alla forza delle comunità locali, Arianna Editrice,Bologna Pacndam, Barzing (2009) “Why Easter Island collapsed: an answer for enduring question”, Working Paper

117/2009, Department of Economic History, London School of Economy, Londra Clément, Gilles, (2011) Ma-nifesto del terzo paesaggio, Quodlibet, Macerata; Magnaghi, Alberto (2010) Il progetto locale. Verso la coscienza di luogo, Bollati Borghieri, Torino;

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