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nno XXI - n. 3 - dicembre 2020 Studium Educationis

Pensa MultiMedia Editore srl ISSN 2035-844X (on line)

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ematiche come identità e pluriappartenenza, libertà e sicurezza, comu-nità, integrazione si inseriscono con modalità trasversali in qualsiasi ragionamento pedagogico e dunque ci interpellano a molti livelli, come educatori e come cittadini. Perciò in questo volume di Anna Genco, già professore ordinario di Pedagogia Generale e Sociale all’Università di Pa-dova, è possibile apprezzare la scelta di spingere alla riflessione senza pre-tendere di dare risposte, tantomeno definitive, con l’intenzione autenticamente pedagogica di sollecitare ogni lettore a mettersi in gioco e a cercare le proprie, perché in questo, come in tutto ciò che riguarda la complessità dell’esistenza umana, ogni risposta non può essere che parziale, personale, provvisoria e meritevole di continua messa in discussione, dentro di sé e con gli altri.

L’Autrice prende le distanze sia da chi ritiene, secondo un malinteso uni-versalismo, che l’essere umano, considerato come “cittadino del mondo”, non debba appartenere a nessuna cultura particolare, sia da chi pensa che esso possa appartenere a più culture senza alcun legame privilegiato. Le ra-dici sono invece importanti e l’identità culturale è la base per l’attività dia-logica e di incontro con altre culture: contrariamente a quanto si ritiene a livello di senso comune, l’educazione interculturale non si rivolge solo a una determinata categoria di persone (gli immigrati), ma si esprime nei ri-guardi di tutti e in ogni contesto educativo.

Sull’identità molto si è detto, e in vari ambiti del sapere, talvolta oppo-nendo uguaglianza e identità. Anna Genco afferma che l’uguaglianza, pro-prio in quanto affermazione di pari dignità individuale e sociale, non confligge con un’idea di identità intesa come processo che, nel suo farsi, ri-chiede la relazione con l’altro da sé. Prende pertanto le distanze da quanti considerano l’identità come condizione immobile, che rischia di intrappo-lare il soggetto in una fissità ossessiva e senza prospettive, e recupera nel-l’uguaglianza “il diritto alla propria identità in quanto patrimonio inscindibile della persona, risorsa alla quale attingere” (p.13): solo attraverso l’accettazione consapevole della propria identità è possibile costruire un dia-logo sincero, basato sul rispetto e sul reciproco riconoscimento. Un’identità che si esprime “con” l’altro, non “contro” (p. 25). Questo è uno dei nodi di criticità della questione. Spesso, infatti, un’identità personale irrisolta genera insicurezza: per sfuggire all’isolamento e alla solitudine ci si rifugia in un’identità sociale che, nonostante la diffusa pluriappartenenza, talvolta si

Anna Genco Identità e integrazione.

Prospettiva interculturale in epoca di transizioni migratorie Padova, Cleup, 2019, pp. 200

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esprime in termini oppositivi e può venire manipolata in senso politico (p. 43).

Anche sul binomio identità-integrazione l’Autrice si sofferma in modo approfondito. Dal dibattito attuale sembra talvolta emergere come proble-matica non tanto la ricerca in sé dell’identità (personale, comunitaria, so-ciale…), quanto la pretesa di affermare un’identità unica, questa sì omologante e distruttiva. Occorre invece, riprendendo A. Sen (pp. 49-50), evitare una tolleranza indifferente, affermando la necessità (tutta pedago-gica) di mettere i soggetti in grado di compiere scelte motivate, ragionate, sostenute dalla opportuna distanza critica rispetto alle questioni in gioco, che in modo sempre più stringente ci interrogano sulle scale di valori che ispirano le nostre scelte.

In questo, il concetto di integrazione rimane problematico, perché spesso si tende a metterne in secondo piano la dimensione dialogica e processuale, enfatizzando invece gli aspetti di contrapposizione tra identità e culture, che ostacolano “un esame un po’ distaccato del problema per consentire re-ciprocità, comprensione, comunicazione approfondita” (p. 67). La cultura, perciò, dovrebbe esprimersi come “dubbio, crisi, fatica, ricerca”, autentica “conquista personale” (p. 73).

Il multiculturalismo, che descrive la nostra diffusa condizione umana, dovrebbe poter esprimere non semplice coesistenza più o meno pacifica, ma accoglienza, responsività, incontro (p. 79), che non possono darsi senza riconoscimento di pari dignità all’altro da sé (p. 89), condizione di un “farsi comunità” realistico e possibile. Per fronteggiare nuovi pericolosi tribalismi (Z. Bauman) occorre infatti promuovere la dimensione comunitaria, au-tentico capitale sociale basato su reciprocità, fiducia, corresponsabilità, so-lidarietà (P.R. Putnam).

In questa direzione si colloca l’educazione interculturale (parte terza), che nel suo stesso prefisso rinvia all’incontro, alla reciprocità, alla dialogicità, nell’impegno a connettere molteplicità e unità, identità e differenza, e nella ricerca di una “convivialità delle differenze”, il nome che don Tonino Bello dava alla pace. L’idea di interculturalità esprime dunque un processo che si inscrive nella dimensione del “dover essere” della persona e implica impe-gno, responsabilità, disponibilità a cambiare e concretezza nell’agire. Si con-figura dunque come finalità, orizzonte di senso, che esige appropriati e coerenti modelli metodologici e formativi. Citando O. Pamuk, l’Autrice fa propria la metafora dell’essere “ponti”, espressione di cultura nella media-zione e nell’accoglienza (pp. 137-138), esprimendo, con parole diverse, un concetto largamente condiviso dalla pedagogia interculturale (si veda ad esempio la dimensione “tra” proposta da G. Milan): ponti che, con slancio utopico, siamo tutti chiamati a costruire. Perciò è possibile risolvere il rap-porto tra identità e integrazione non come opposizione, ma con un

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ficato inclusivo, nel quale la prima è premessa della seconda: “ci si integra con la propria identità in quanto ciascuno di noi è distinto nella sua unicità” (p.138).

Responsabilità, impegno, comunità, solidarietà, virtù civiche… termini che ritornano con intensità nelle pagine di questo volume, rendendoci una volta di più consapevoli della necessità di recuperare terreno su questi aspetti, che sempre più spesso si configurano come un’emergenza riguar-dante tutti, con modalità e responsabilità diverse, chiamandoci alla rifles-sione e all’azione concreta.

La ricca bibliografia utilizzata e la bella raccolta di narrazioni che l’Au-trice riporta alla fine del libro, collocabili tra letteratura autobiografica e saggio critico, suggeriscono un percorso molto personale a queste tematiche: voci che ci stuzzicano e ci interpellano, incoraggiando ciascuno a cercare, riflettere, confrontarsi, aprirsi al dialogo, con le luci e le ombre che ogni incontro autenticamente umano porta con sé.

[di Orietta Zanato]

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