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La responsabilità internazionale dello Stato per fatti illeciti ultra vires: il problema dell'attribuzione

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Academic year: 2021

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(1)

DOTTORATO DI RICERCA IN

Diritto Internazionale e Diritto dell’Unione Europea

CICLO XXVI

COORDINATORE Prof. Luigi Sbolci

La responsabilità internazionale dello Stato per fatti illeciti ultra vires: il problema dell’attribuzione

Settore Scientifico Disciplinare Ius/13

Dottorando Tutore

Dott.ssa Andreoli Francesca Prof. Gaja Giorgio

Coordinatore Prof. Sbolci Luigi

(2)

INDICE SOMMARIO

Premessa 5

CAPITOLO I

CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

Sezione I

CENNI IN MATERIA DI RESPONSABILITÁ DELLO STATO PER FATTI ILLECITI INTERNAZIONALI

1. Presupposti e contenuto della responsabilità internazionale dello Stato 8

2. I principali tentativi di codificazione della materia 11

2.1. Le codificazioni private 11

2.2. La codificazione sotto l’egida delle organizzazioni internazionali 13

2.2.1. La Società delle Nazioni 13

2.2.2. L’Organizzazione delle Nazioni Unite 14

Sezione II

IL DIBATTITO DOTTRINALE SULL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO DI FATTI ILLECITI INTERNAZIONALI 1. Premessa

16

2. Individuazione dei principali orientamenti dottrinali in tema di attribuzione di

condotte allo Stato

21

2.1. Tesi che riconoscono rilevanza esclusiva al diritto interno 21

2.2. Tesi che si ispirano al criterio di effettività 24

3. Implicazioni derivanti dall’accettazione delle due differenti tesi sull’organizzazione dello Stato dal punto di vista del diritto internazionale con riferimento alla questione dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires 28

4. Le diverse impostazioni seguite in dottrina circa il problema dei fatti illeciti ultra vires

29

4.1. La tesi che rigetta l’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires degli organi statali sulla base della rilevanza esclusiva del diritto interno

nell’organizzazione dello Stato

(3)

4.2. La tesi che riconosce la responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei propri organi sulla base della teoria del rischio statale 31

4.3. La tesi che accoglie l’attribuzione allo Stato dei comportamenti ultra vires

dei soli organi statali superiori

33

4.4. La tesi che ammette in generale l’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires

degli organi statali

36

4.5. L’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nei progetti di codificazione

elaborati da istituzioni private

37

5. Piano generale dell’indagine

40

CAPITOLO II

IL PRINCIPIO DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO

DEI FATTI ULTRA VIRES DEI PROPRI ORGANI NELLA PRASSI E

NELLA GIURISPRUDENZA INTERNAZIONALI PIÚ ANTICHE

1. Considerazioni introduttive circa l’individuazione della prassi e della

giurisprudenza rilevanti

43

Sezione I

L’INIZIALE MANCATO RICONOSCIMENTO DEL PRINCIPIO DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO DELLE CONDOTTE

ULTRA VIRES DEI PROPRI ORGANI

1. Considerazioni sulla prassi degli Stati nel diciannovesimo secolo 46

2. In particolare, la prassi degli Stati Uniti 47

3. Segue: la prassi degli Stati latinoamericani 49

4. La giurisprudenza arbitrale del diciannovesimo secolo 53

5. Conclusioni circa la prassi e la giurisprudenza esaminate 58 Sezione II

LA GRADUALE AFFERMAZIONE ED IL CONSOLIDAMENTO DEL PRINCIPIO DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO DEI FATTI ULTRA VIRES

DEI PROPRI ORGANI NELLA PRIMA METÁ DEL VENTESIMO SECOLO

(4)

60

2. La prassi degli Stati latinoamericani

65

3. La prassi degli Stati europei

65

4. La giurisprudenza arbitrale dei primi anni del secolo: gli arbitrati nei casi venezuelani

70

5. Segue: le sentenze nei casi La Masica e The Coquitlam 73

6. La giurisprudenza degli anni venti: le sentenze della Commissione generale dei reclami Stati Uniti/Messico nel caso Youmans e della Commissione

Francia/Messico nel caso Caire

74

7. Le altre decisioni rese dalla Commissione generale dei reclami Stati

Uniti/Messico tra il 1926 ed il 1930

79

8. Segue: la sentenza resa nel caso Stephens, un caso di responsabilità per comportamenti di organi di fatto che hanno agito contrariamente alle istruzioni ricevute

83

9. Sentenze rese da altre Commissioni arbitrali negli anni 1930/1950 85

10. Il parere reso dalla Corte internazionale di giustizia nel caso Certaines dépenses

des Nations Unies

87

Sezione III

LA QUESTIONE DELLA RESPONSABILITÁ DELLO STATO PER FATTI ILLECITI ULTRA VIRES NEI LAVORI DI CODIFICAZIONE

INTRAPRESI TRA IL 1926 ED IL 1930 SOTTO L’EGIDA DELLA SOCIETÁ DELLE NAZIONI

1. Il rapporto del Sottocomitato del Comitato di esperti 89

2. Le risposte degli Stati ai punti V, n. 2 b) e 2 c) del questionario redatto dal

Comitato di esperti

91

(5)

91

2.2. Le risposte positive

92

3. La base di discussione N°13 elaborata dal Comitato preparatorio della Conferenza per la codificazione progressiva del diritto internazionale e le

posizioni degli Stati nella Conferenza

94

3.1. Le posizioni critiche rispetto all’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires 95

3.2. L’orientamento favorevole al principio dell’attribuzione dei fatti ultra vires

accolto nella base di discussione N° 13

98

3.3. L’emendamento proposto dalla delegazione svizzera 101

3.4. L’articolo 8, par. 2, al.1 adottato in prima lettura dalla Terza Commissione 103

4. Riflessioni conclusive circa l’evoluzione della prassi internazionale 104

CAPITOLO III

IL PRINCIPIO DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO DEI FATTI

ULTRA VIRES DEI PROPRI ORGANI NELLA PRASSI E

NELLA GIURISPRUDENZA INTERNAZIONALI RECENTI

Sezione I

LA CODIFICAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’ATTRIBUZIONE ALLO STATO DEI FATTI ULTRA VIRES DEI PROPRI ORGANI DA PARTE DELLA COMMISSIONE

DEL DIRITTO INTERNAZIONALE

1. Il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nei rapporti di García– Amador

109

2. La nozione di organo nel progetto di articoli adottato in prima lettura 112

3. Il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nel quarto rapporto di Ago

(6)

4. Il dibattito in seno alla Commissione circa l’art. 10 proposto dal relatore speciale

e la sua approvazione

121

5. Le prese di posizione degli Stati con riferimento all’art. 10 adottato dalla Commissione

125

6. L’ampliamento della nozione di organo nel progetto di articoli adottato in

seconda lettura

129

7. Il principio dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nel primo rapporto di Crawford

133

8. L’art. 7 del progetto adottato in seconda lettura: elementi comuni e di distinzione rispetto all’art. 10 adottato in prima lettura 134

Sezione II

LA PRASSI E LA GIURISPRUDENZA INTERNAZIONALE CONTEMPORANEE E SUCCESSIVE AI LAVORI DI CODIFICAZIONE

DELLA COMMISSIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE 1. Premessa

136

2. La prassi degli Stati

137

3. La giurisprudenza arbitrale

145

3.1 Le pronunce rese dal Tribunale dei reclami Iran/Stati Uniti 145

3.2 Le sentenze rese da Tribunali arbitrali istituiti in ambito ICSID prima dell’adozione in seconda lettura del progetto di articoli della CDI

149

3.3 Segue: le sentenze rese successivamente all’adozione in seconda lettura

del progetto di articoli della CDI

155

4. La giurisprudenza in tema di tutela internazionale dei diritti dell’uomo 161

4.1 Le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo 161

4.1.1 La Corte europea dei diritti dell’uomo: la sentenza resa nel caso

(7)

161

4.1.2 La sentenza Assanidze c. Georgia

165

4.1.3 La sentenza Ilascu e altri c. Moldova e Russia 166

4.2 Le sentenze della Corte interamericana dei diritti dell’uomo 169

4.2.1 La sentenza resa nel caso Velásquez Rodríguez 169

4.2.2 La sentenza resa nel caso Mapiripán Massacre c. Colombia 171

4.2.3 Altre sentenze della Corte interamericana in cui è stato enunciato il principio della responsabilità internazionale dello Stato per attività

ultra vires dei propri organi

176

4.3 L’orientamento del Comitato dei diritti umani

178

5. La giurisprudenza del Tribunale penale internazionale per la ex-Iugoslavia 180

6. La giurisprudenza della Corte internazionale di giustizia 185

6.1 La sentenza resa nel caso delle Attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua

185

6.2 La sentenza resa nel caso delle Attività militari sul territorio del Congo 188

6.3 La sentenza resa nel caso della Applicazione della Convenzione sul genocidio

190

7. Osservazioni sulla prassi e giurisprudenza recenti 194

CONCLUSIONI

(8)

200

2. Il principio della responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei propri organi de iure: responsabilità per fatto proprio o responsabilità oggettiva?

203

3. Prospettive de iure condito e de iure condendo: i limiti della regola che impone di attribuire allo Stato i fatti ultra vires dei propri organi 206

4. La responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei propri

organi di fatto

213

Indice dei casi citati 218

(9)

PREMESSA

La presente ricerca prende in esame il problema dei fatti illeciti ultra vires degli organi statali al fine di accertare se lo Stato sia tenuto a rispondere internazionalmente delle condotte illecite non autorizzate tenute dai propri organi nell’esercizio delle funzioni ufficiali, in quanto fatti ad esso attribuibili nell’ordinamento internazionale.

È un principio ampliamente accolto che i comportamenti degli organi statali devono considerarsi fatti dello Stato quale soggetto internazionale, non essendo invece ad esso riferibili le condotte di privati. Gli organi statali, oltre a poter tenere condotte in conformità alla propria competenza e comportamenti a titolo privato, possono tenere nell’esercizio delle proprie funzioni ufficiali anche delle condotte non autorizzate. Nel caso in cui un individuo-organo adotti un comportamento ultra vires si è in presenza di una condotta tenuta nell’esercizio delle proprie funzioni, la cui adozione è però avvenuta nel mancato rispetto dell’ordinamento dello Stato di cui è parte. Si tratta in sostanza di una situazione intermedia rispetto agli estremi rappresentati, da una parte, dai comportamenti adottati dagli organi in conformità alla propria competenza e, dall’altra, dalle condotte da essi tenute nella propria capacità privata.

Lo scopo della presente ricerca è, in altri termini, quello di verificare se, ogniqualvolta un organo statale commette un fatto illecito internazionale adottando ex qualitate un comportamento in violazione della propria competenza o delle istruzioni ricevute, si possa egualmente parlare di fatto dello Stato quale soggetto internazionale oppure si è in presenza di condotte assimilabili a quelle tenute da semplici privati.

Il problema dell’attribuzione di fatti ultra vires allo Stato ai fini della responsabilità internazionale è tradizionalmente posto soltanto con riferimento ad individui o enti che hanno la qualità di organi in base al diritto interno. La presente indagine si colloca invece nella prospettiva di esaminare se il problema della responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires si estende anche a coloro che sono integrati nell’apparato statale sulla base di elementi fattuali. In linea di principio, infatti, regole di attribuzione analoghe a quelle che si fondano sulla qualità formale di organo di un individuo agente potrebbero ritenersi applicabili anche con riferimento ad individui non formalmente integrati all’interno dell’apparato statale, sulla base del fatto che la determinazione delle competenze assegnate può essere condotta mediante un rinvio ai vari elementi di fatto che attestano un legame con lo Stato.

La dimostrazione della validità di questa ipotesi di lavoro avverrà attraverso la soluzione di due distinte questioni: da una parte si tratta di stabilire se trova effettivamente riscontro nella

(10)

prassi internazionale un principio che riconosce la responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires di individui o enti che godono dello status organico in base all’ordinamento statale e, in caso positivo, quali siano i criteri alla luce dei quali una condotta non autorizzata di un organo deve reputarsi un fatto statale nell’ordinamento internazionale e in quali circostanze, viceversa, deve essere assimilata ad un comportamento di un semplice privato; dall’altra si vuole invece determinare se, alla luce delle soluzioni preconizzate dalla prassi internazionale, il medesimo criterio attributivo trovi applicazione anche con riferimento ad individui non formalmente integrati all’interno dell’apparato dello Stato.

Per meglio chiarire il contesto entro cui si colloca la questione dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires, si è ritenuto opportuno in prima battuta considerare il dibattito dottrinale intorno al fenomeno dell’attribuzione avendo cura di mettere in rilievo il ruolo svolto dal diritto interno al fine della riferibilità di una condotta allo Stato quale soggetto internazionale. Egualmente funzionale alla successiva trattazione della possibilità di riferire allo Stato in ambito internazionale una condotta non autorizzata dei propri organi, è stata reputata anche la trattazione dei differenti approcci seguiti in dottrina con specifico riferimento alla problematica in esame.

L’indagine circa la responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires sarà condotta attraverso lo studio dei dati ricavabili dalla prassi internazionale e sarà divisa in due parti. Seguendo un criterio cronologico, la prima sarà dedicata all’analisi della prassi internazionale anteriore ai lavori di codificazione della Commissione del diritto internazionale al fine di evidenziare le diverse tappe che hanno portato dal rigetto al progressivo riconoscimento del principio della responsabilità allo Stato dei fatti ultra vires dei propri organi, avendo cura di considerare le condizioni in funzione delle quali una condotta ultra vires deve essere ritenuto un fatto dello Stato nell’ordinamento internazionale e, in quali circostanze, un fatto di un organo deve essere assimilato ad un fatto di un privato ad esso non attribuibile. Un’apposita sezione nell’ambito di questo capitolo sarà dedicata ai lavori di codificazione avvenuti sotto l’egida della Società delle Nazioni in ragione della rilevanza che questi hanno assunto con riferimento alla codificazione del principio della responsabilità internazionale dello Stato per fatti illeciti ultra vires dei propri organi. La seconda parte, invece, sarà dedicata alla codificazione del principio dell’attribuzione allo Stato delle condotte ultra vires dei propri organi da parte della Commissione del diritto internazionale e all’esame della prassi più recente. Tale parte offrirà utili spunti di riflessione con riferimento sia alla cristallizzazione del criterio attributivo dei fatti ultra vires degli organi de jure sia alla possibilità che il medesimo criterio trovi applicazione anche con riferimento ad individui non formalmente integrati all’interno dell’apparato dello Stato.

(11)

CAPITOLO I

CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

SOMMARIO: Sezione I. Cenni in materia di responsabilità dello Stato per fatti illeciti internazionali: 1. Presupposti e contenuto della responsabilità internazionale dello Stato – 2. I principali tentativi di codificazione della materia – 2.1 Le codificazioni private - 2.2 La codificazione sotto l’egida delle organizzazioni internazionali – 2.2.1 La Società delle Nazioni – 2.2.2 L’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Sezione II. Il dibattito dottrinale sull’attribuzione allo Stato di fatti illeciti internazionali: 1. Premessa – 2. Individuazione dei principali

orientamenti dottrinali in tema di attribuzione di condotte allo Stato – 2.1 Tesi che riconoscono rilevanza esclusiva al diritto interno – 2.2 Tesi che si ispirano al criterio di effettività – 3. Implicazioni derivanti dall’accettazione delle due differenti tesi sull’organizzazione dello Stato dal punto di vista del diritto internazionale con riferimento alla questione dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires – 4. Le diverse impostazioni seguite in dottrina circa il problema dei fatti illeciti ultra vires – 4.1 La tesi che rigetta l’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires degli organi statali sulla base della rilevanza esclusiva del diritto interno nell’organizzazione dello Stato – 4.2 La tesi che

(12)

riconosce la responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires dei propri sulla base della teoria del rischio statale – 4.3 La tesi che accoglie l’attribuzione allo Stato dei comportamenti ultra vires dei soli organi statali superiori - 4.4 La tesi che ammette in generale l’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires degli organi statali – 4.5 L’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires nei progetti di codificazione elaborati da istituzioni private - 5. Piano generale dell’indagine

Sezione I

CENNI IN MATERIA DI RESPONSABILITÁ DELLO STATO PER FATTI ILLECITI INTERNAZIONALI

1. Presupposti e contenuto della responsabilità internazionale dello Stato

Ogni ordinamento giuridico contiene delle regole volte ad istituire la responsabilità dei propri soggetti nel caso in cui commettano un comportamento illecito. Ciò risulta valido anche nel diritto internazionale, che fa derivare dal mancato rispetto di un obbligo la responsabilità del soggetto che ne è autore1.

Se non fosse prevista una responsabilità internazionale a carico dell’autore di un fatto illecito, ciò equivarrebbe a negare la stessa esistenza di un ordine giuridico internazionale e gli Stati non sarebbero tenuti a conformarsi alle sue norme2.

La responsabilità internazionale è dunque l’insieme di situazioni giuridiche che il diritto internazionale collega al verificarsi di una violazione di una sua regola di diritto3, non avendo

particolare rilievo la natura consuetudinaria o pattizia dell’obbligo violato4.

Le norme in tema di responsabilità internazionale sono definite secondarie in quanto stabiliscono le conseguenze derivanti dalla violazione delle norme primarie che sanciscono gli obblighi di condotta5.

1 La Corte internazionale di giustizia ha affermato tale principio nella sentenza resa nel caso Barcelona Traction, Light and Power Company, Limited, I.C.J. Reports, 1970, p. 33, par. 36.

2 Tale eventualità è stata prevista da Verdross il quale ha sottolineato che “Eine Leugnung dieses Grundsatzes würde das Völkerrecht zerstören, da mit der Verneinung der Verantwortlichkeit für begangenes Unrecht auch die Pflicht der Staaten, sich völkerrechtgemäss zu verhalten, aufgehoben würde”. VERDROSS, Völkerrecht, 4 ͣ ed., Wien, 1959, p. 295.

3 CARREAU, Droit international, Etudes internationales, Paris, 1986, pp. 397-398; JIMÉNEZ DE ARÉCHAGA e TANZI, La responsabilité internationale des Etats, in Droit international – Bilan et perspectives, vol.1, Paris, 1991, p. 367.

4 “The general principles of International Law concerning State responsibility are equally applicable in the case of breach of treaty obligation, since in the international law field there is no distinction between contractual and tortius responsibility, so that any violation of a State of any obligation, of whatever origin gives rise to State responsibility.” Sentenza arbitrale resa nel caso Rainbow Warrior, in Reports of International Arbitral Awards, vol. 20, p. 251, par. 75. Si veda anche la sentenza resa nel caso Gabčíkovo-Nagymaros, in cui la Corte internazionale di giustizia ha stabilito che “when a State has committed an internationally wrongful act, its International responsibility is likely to be involved whatever the nature of the obligation it has failed to respect.”, I.C.J. Reports, 1997, p. 7, par. 47.

5 La possibilità di distinguere fra norme primarie e secondarie ha in passato dato vita ad un acceso dibattito. Tale distinzione venne per la prima volta proposta da Ago in seno ad una sottocommissione della Commissione di diritto internazionale. Si veda a tal proposito AGO, Working Paper, in ILC Yearbook, 1963, vol.

(13)

Con riferimento al contenuto delle situazioni giuridiche che vengono ricomprese nella nozione di “responsabilità internazionale”, sono state elaborate tre diverse concezioni.

Secondo la prima, di cui Anzilotti è il principale sostenitore, la responsabilità internazionale farebbe sorgere soltanto un nuovo rapporto giuridico bilaterale comportante l’obbligo di riparazione da parte dello Stato offensore nei confronti dello Stato leso6. In base alla seconda, che

fa capo a Kelsen, l’unica forma di responsabilità internazionale prevista dal diritto internazionale generale sarebbe la soggezione ad una sanzione che potrebbe essere inflitta dallo Stato leso, da intendersi come misura implicante l’impiego della forza allo scopo di infliggere una pena oppure di ottenere l’adempimento coercitivo di un obbligo7. La terza concezione infine, elaborata da Ago,

ricomprende nella responsabilità internazionale sia l’obbligo dello Stato di riparare un pregiudizio causato allo Stato leso sia la facoltà di questi di infliggere una sanzione, non implicante necessariamente l’uso della forza8.

La possibilità per lo Stato di essere considerato internazionalmente responsabile per la violazione di obblighi previsti da norme internazionali e parimenti di invocare la responsabilità di altri Stati deve essere considerata un attributo della sua sovranità e del suo rapportarsi nella comunità internazionale con enti egualmente sovrani9.

II, p. 252. Tre membri della suddetta sottocommissione, invece, consideravano impossibile codificare le regole della responsabilità internazionale prescindendo dalle regole primarie. Secondo Briggs, ad esempio, “Mr Ago’s paper somewhat artificially stressed the distinction between the international law of State responsibility and the law relating to the treatment of aliens”, in Report of the ILC, Yearbook of the International Law Commission, 1963, vol. II, p. 231. La maggioranza della sottocommissione ha alla fine rigettato la posizione di questi oppositori e durante l’esame da parte della Commissione del primo rapporto del relatore Ago nel 1969 è stata accettata l’idea di limitare i lavori di codificazione alla responsabilità internazionale strictu sensu, cioè alle norme secondarie. Si vedano a tal proposito i commenti di Yasseen, Ramangasoavina, Castrén, Nagendra Singh, Tammes, Albònico, Ushakov, Ustor, Eustathiades, Castañeda, in ILC Yearbook 1969, vol. I, pp. 104-107. Per un’analisi della distinzione tra norme primarie e norme secondarie in relazione alla responsabilità internazionale degli Stati si consultino le conclusioni di AGO , Troisième rapport sur la responsabilité internationale, in Annuaire de la Commission du droit International, 1971, vol. II-1, pp. 212–213 e di CRAWFORD, First Report on State Responsibility, in Yearbook of the International Law Commission, 1998, vol. II-1, pp. 6 –7.

6 ANZILOTTI, Teoria generale della responsabilità dello Stato nel diritto internazionale, Firenze, 190, p. 62. Si veda anche EAGLETON, The Responsibility of States in International Law, New York, 1928, p. 22; BROWNLIE, State Responsibility, I, Oxford, 1983, p. 33.

7 Si veda KELSEN, Unrecht und Unrechtfolgee im Völkerrecht, Wien, 1932, p. 489 ss., pp. 545 ss. e 568 ss. 8 Si veda AGO, Troisième rapport sur la responsabilité internationale, in Annuaire de la Commission du droit International, 1971, vol. II-1, p. 222, par. 43; MORELLI, Nozioni di diritto internazionale, 7ᵃed., Padova, 1967, p. 356 ss. Il diritto di infliggere una sanzione allo Stato responsabile può in alcune circostanze essere esercitato anche da Stati terzi. Si veda a tal proposito DUPUY, Le fait générateur de la responsabilité internationale des Etats, in Recueil des cours, 1984-V, p. 25; ZEMANEK, La responsabilité des Etats pour faits internationalement illicites, ainsi que pour faits internationalement licites, Institut des Hautes Etudes Internationales de Paris, Cours et travaux, Responsabilité internationale, Paris, 1987, p. 60.

9 Si tratta della parafrasi di una famosa formula utilizzata dalla Corte Permanente di Giustizia Internazionale nel caso The SS Wimbledon, PCIJ Series A, No 1, p. 4, par. 25.

(14)

Il principio che ricollega ad un fatto illecito internazionale la responsabilità del proprio autore è stato ampiamente riconosciuto dalla dottrina10 e altresì confermato dalla prassi statale e dalla

giurisprudenza internazionale11.

Sebbene secondo la concezione tradizionale la commissione da parte di uno Stato di un illecito internazionale è il necessario presupposto affinché sorga la sua responsabilità12, una parte della

dottrina ipotizza l’esistenza di norme internazionali che impongono agli Stati di riparare i danni derivanti da attività lecite13. Tale concezione si è sviluppata soprattutto in relazione alle attività

tecnologiche ed industriali ed alla protezione dell’ambiente, per garantire che lo Stato, pur essendo libero di svolgere o far svolgere negli spazi soggetti alla sua sovranità qualsiasi attività, risponda degli eventuali danni causati al territorio di altri Stati. Lo Stato sarebbe pertanto responsabile dei danni causati da attività (anche le più pericolose) poste sotto il proprio controllo, anche nel caso in cui non sia ad esso attribuibile alcuna colpa o mancanza di diligenza o, addirittura, non sia ad esso riferibile alcuna condotta.

2. I principali tentativi di codificazione della materia

La responsabilità internazionale dello Stato è regolata da norme generali non scritte e da accordi bilaterali o multilaterali disciplinanti aspetti specifici della materia, non esistendo a tutt’oggi

10 Così ANZILOTTI, Teoria generale della responsabilità dello Stato nel diritto internazionale, Firenze, 1902 (ristampato a cura della SIOI in “Opere di D. Anzilotti”, vol. II, tomo 1, Padova, 1956); KELSEN, Unrecht und Unrechtfolge im Völkerrecht, Zeitschrift für öffentliches Recht, 1932; AMERASINGHE, State Responsibility for Injuries to Aliens, Oxford, 1967, p. 3; GRAEFRATH, OESER, STEINIGER, Völkerrechtliche Verantwortlichkeit des Staaten, Berlin, 1977; BROWNLIE, System of the Law of Nations, State Responsibility, I, Oxford, 1983; CRAWFORD, State Responsibility: General Part, Cambridge, 2013.

11 AGO, Troisième rapport, cit., p. 205, par. 30. 12 Vedi infra, p. 16.

13 Si vedano, tra gli altri, FIORE, Il diritto internazionale codificato e la sua sanzione giuridica, 5

ͣ

ed., vol. I, Napoli, 1915, pp. 303-304; FAUCHILLE, Traité de droit international public, Tome I, Paris, 1922, pp. 521-522; RÉGLADE, Les perspectives qui ouvrent les doctrines objectivistes du doyen Duguit pour un renouvellement de l’étude du droit international public, Revue générale de droit international public, 1930, pp. 381-419; GOLDIE, Special Regimes and Pre-emptive Activities in International Law, The International and Comparative Law Quarterly, vol. II, 1962, p. 670 ss.; ID., Liability for Damage and the Progressive Development of International Law, ivi, 1965, p. 1189 ss.; ID., Concepts of Strict and Absolute Liability and the Ranking of Liability in terms of Relative Exposure to Risk, Netherlands International Law Review, vol. 16, 1985, p. 175 ss.; JENKS, Liability for Ultra-Hazardous Activities in International Law, in Recueil des cours, 1966, I, p. 99 ss.; DUPUY, La responsabilité international des Etats pour les dommages d’origine technologique et industrielle , Paris, Pedone, 1977, p. 170; POLITI, Miniere d’Uranio nelle Alpi Marittime, inquinamento transfrontaliero e tutela internazionale dell’ambiente, Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 1981, p. 541 ss. ; PISILLO MAZZESCHI, “Due diligence” e responsabilità internazionale degli Stati, Milano, 1989, p. 128 ss. Buona parte della dottrina internazionalstica si oppone alla tendenza favorevole ad affermare forme di responsabilità senza illecito. Si vedano, tra gli altri, QUADRI, Diritto internazionale pubblico, 5 ͣ ed., Napoli, 1968, pp. 590-507; ID., Cours général de droit international public, in Recueil des Cours, 1964, p. 461 ss; CONFORTI, Diritto internazionale, 7 ͣ ed., Napoli, 2012, pp. 407-410.

(15)

una convenzione di portata generale. Durante il secolo scorso sono stati elaborati alcuni progetti di codificazione relativi alla responsabilità internazionale dello Stato su iniziativa di privati o di istituzioni private14 oppure sotto l’egida di organizzazioni internazionali. La maggior parte di tali

progetti è accomunata dal considerare unicamente l’aspetto della responsabilità internazionale dello Stato per danni causati sul proprio territorio alla persona o ai beni di stranieri15. Si suppone

che tale limitazione possa trovare giustificazione nell’abbondante ed omogenea prassi esistente all’epoca in materia.

2.1 Le codificazioni private

Tra il 1926 ed il 1930 numerose associazioni o istituzioni private hanno elaborato dei progetti in tema di responsabilità internazionale dello Stato in previsione dei lavori di codificazione intrapresi da parte della Società delle Nazioni. Fra i principali tentativi sembra opportuno ricordare il secondo capitolo del Draft Code of International Law inerente le Rules Concerning Responsibility of a State in Relation to the Life, Person and Property of Aliens, elaborato nel 1926 dalla sezione giapponese dell’International Law Association congiuntamente alla Association of International Law of Japan16, la risoluzione circa la Responsabilité internationale des Etats à raison des dommages causés sur leur territoire à la personne et aux biens des étrangers adottata nel 1927 dall’Institut de droit international nella sessione tenutasi a Losanna17, la Draft Convention on the Responsibility of States

for Damage Done in their Territory to the Person or Property of Foreigners redatta nel 1929 dalla Harvard Law School18 e il Progetto di Convenzione sulla responsabilità degli Stati per i danni causati sul loro territorio alla persona o ai beni degli stranieri elaborato nel 1930 da parte della Deutsche Gesellschaft für Völkerrecht19.

14 Saranno di seguito presi in considerazione esclusivamente i tentativi di codificazione utili ai fini della presente ricerca. Per un elenco dettagliato dei numerosi lavori di codificazione si veda AGO, Premier rapport sur la responsabilité des Etats, Historique de l’oeuvre accomplie jusqu’ici en ce qui concerne la responsabilité internationale des Etats, in Annuaire de la Commission du droit international,1969, vol. II, pp. 131-146, par. 7-107.

15 Per un esame dell’opera di codificazione della materia si vedano AGO, op. ult. cit., p. 131, par. 5, ripubblicato in Annuaire de la Commission du droit international, 1962, vol. 2, p. 129 ss.; AGO, Scritti sulla responsabilità internazionale degli Stati, Napoli, 1979-1986; SPINEDI & SIMMA, United Nations Codification of State Responsibility, New York, 1987; REUTER, Trois observations sur la codification de la responsabilité internationale des Etats pour fait illicite, in Mélanges Virally, Paris, 1991.

16 Draft Code of International Law, The International Law Association 1926, Report of the Thirty-fourth Conference (August 5ᵗʰ to August 11ᵗʰ), London, 1927, pp. 382-383.

17 Annuaire de l’Institut de Droit International,1969, vol. II, Annexe II, p. 142 ss.

18 American Journal of International Law, 1929, Special Supplement, vol. 23, pp. 131-218.

19 Entwurf eines Abkommens über die Verantwortlichkeit der Staaten für die Schädigungen von Person und Vermögen fremder Staatsangehöriger auf ihrem Gebiete, testo originale riprodotto in VON MÜNCH, Das Völkerrechtliche Delikt in der moderner Entwicklung der Völkerrechtsgemeinschaft, Frankfurt, 1963, pp. 327-332. Per la traduzione in francese si veda AGO, Premier Rapport, cit., pp. 155-157.

(16)

Più recentemente, nel 1961, la Harvard Law School ha pubblicato una Draft Convention on the International Responsibility of States for Injuries to Aliens rivedendo il progetto redatto nel 192920.

Nel 1965 l’American Law Institute ha elaborato un progetto dal titolo Restatement of the Law on Responsibility of States for Injuries to Aliens21 ed, infine, nel 1973 i professori Graefrath e Steiniger hanno predisposto un progetto di convenzione sulla responsabilità internazionale22.

Gli unici due progetti individuali che hanno tentato di individuare delle norme in grado di disciplinare la responsabilità internazionale dello Stato indipendentemente dall’obbligo violato sono il Draft Treaty Concerning the Responsibility of States for Internationally Illegal Acts preparato da Strupp nel 192723 e la Draft Convention on the Responsibility of States for International

Wrongful acts preparata da Roth nel 193224.

2.2 La codificazione sotto l’egida delle organizzazioni internazionali

2.2.1 La Società delle Nazioni

Il 22 settembre 1924 l’Assemblea della Società delle Nazioni ha adottato una risoluzione con la quale richiedeva al Consiglio di convocare un Comitato di esperti con l’incarico di stilare una lista di argomenti di diritto internazionale da sottoporre a codificazione25.

Fra questi figurava anche la responsabilità internazionale degli Stati per danni causati sul proprio territorio alla persona o ai beni di stranieri, il cui studio è stato demandato dal Comitato di esperti ad un sottocomitato composto da Gustavo Guerrero e Wang Hui-Chang.

Sulla base del rapporto del sottocomitato, il Comitato di esperti ha elaborato un questionario che è stato sottoposto insieme al rapporto all’esame degli Stati membri della Società delle Nazioni, al fine di valutare se la materia potesse essere oggetto di una convenzione internazionale.

20 American Journal of International Law, 1961, pp. 545-584.

21 Gli articoli più significativi del progetto sono riprodotti in WHITEMAN, Digest of International Law, vol. 8, Washington, 1967, p. 810. Una versione revisionata del progetto sotto il nome di Restatement of the Law è stata adottata dall’Istituto nel 1986 ed è rinvenibile in The Foreign Relations Law of the United States, St. Paul, Minn., 1987, vol. 1.

22 Entwurf eines Abkommens über völkerrechtliche Verantwortlichkeit, Neue Justiz, 1973, vol. 27, pp. 227-228.

23 Staatsvertrag, betreffend die Haftung eines Staates für völkeerrechtswidrige Handlungen. Il testo originale è riprodotto in VON MÜNCH, op. cit., pp. 333-334.

24 Entwurf eines Abkommens über die Haftung der Staaten für völkerrechtlich unerlaubte Handlungen. Il testo è rinvenibile in ROTH, Das völkerrechtliche Delikt vor und in den Verhandlungen auf der Haager Kodifikationskonferenz 1930, Frankfurter Abhandlungen zum modernen Völkerrecht, 1932, pp. 177-178, par. 34.

25 Il testo della risoluzione è riprodotto in American Journal of International Law, 1926, Special Supplement, vol. 20, pp. 2-3.

(17)

A seguito della risposta favorevole da parte della maggioranza degli Stati26, l’Assemblea

Generale della Società delle Nazioni ha convocato una Conferenza per la codificazione del diritto internazionale, la cui preparazione è stata affidata ad un Comitato preparatorio.

Durante la prima sessione dei lavori il Comitato preparatorio ha elaborato una lista di punti che è stata sottoposta all’attenzione degli Stati membri della Società delle Nazioni. Nel corso delle successive sessioni il Comitato si è occupato di esaminare le risposte ricevute e di preparare delle basi di discussione per la Conferenza per la codificazione del diritto internazionale, che ha avuto luogo a L’Aja tra il 12 marzo ed il 13 aprile 193027.

L’argomento della responsabilità degli Stati per i danni causati sul proprio territorio alla persona o ai beni degli stranieri è stato affrontato dalla Terza Commissione, che ha adottato in prima lettura il testo di dieci articoli. A causa del conflitto circa il contenuto delle regole primarie in tema di trattamento degli stranieri, la Terza Commissione non ha avuto modo di prendere in considerazione tutte le basi di discussione e, per tale ragione, ha rinunciato a dare una forma definitiva agli articoli approvati ed ha informato la Conferenza di non essere in grado di presentare delle conclusioni inerenti tale materia.

A seguito del fallimento della Conferenza di codificazione del 1930, la Società delle Nazioni ha rinunciato a farsi portatrice di ulteriori iniziative volte a codificare l’istituto della responsabilità internazionale degli Stati.

2.2.2 L’Organizzazione delle Nazioni Unite

Come organo sussidiario dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite incaricato di promuovere la codificazione e lo sviluppo progressivo del diritto internazionale, la Commissione del diritto internazionale (CDI) ha inserito la responsabilità internazionale dello Stato nella lista delle quattordici materie suscettibili di essere codificate28. Durante la sua prima sessione, il 7 dicembre

1953, l’Assemblea Generale ha adottato una risoluzione 799 (VII) mediante la quale chiedeva alla

26Soltanto Francia, Giappone, Paesi Bassi e Venezuela hanno dubitato dell’opportunità di una convenzione internazionale su tale argomento. Le risposte al questionario sono rinvenibili in American Journal of International Law , 1928, Special Supplement, pp. 15 -21.

27 Société des Nations, Actes de la Conférence pour la codification du droit international, tenue à La Haye du 13 mars au 12 avril 1930, séances des Commissions, vol. IV, procès-verbaux de la Troisième Commission, Responsabilité des Etats en ce qui concerne les dommages causés sur leur territoire à la personne ou aux biens des étrangers, Genève, 1930, annexe I, pp. 198-202.

28 AGO, Premier Rapport, cit., p. 136, par. 46; GRAEFRATH e STEINIGER, Kodifikation der völkerrechtlichen Verantwortlichkeit, Neue Justiz, 1973, vol. 27, p. 225.

(18)

CDI di procedere alla codificazione dei principi di diritto internazionale inerenti la responsabilità dello Stato29.

A seguito di tale risoluzione, nel 1955, la CDI ha nominato Francisco García Amador relatore speciale per il tema della responsabilità internazionale degli Stati. Egli ha presentato tra il 1956 ed il 1961 sei rapporti limitati al solo studio della responsabilità dello Stato per danni causati sul proprio territorio alla persona o ai beni degli stranieri30. Alcuni membri della CDI hanno mostrato il

loro dissenso nei confronti di un tale approccio restrittivo considerando necessario codificare le regole della responsabilità internazionale in generale31.

Con l’adozione il 18 dicembre 1961 della risoluzione 1686 (XVI)32, l’Assemblea Generale ha

raccomandato alla CDI di proseguire nella codificazione della materia e, dal momento che García Amador non era più membro della Commissione, è stato nominato come nuovo relatore speciale Roberto Ago. Egli ha accolto le critiche formulate circa l’approccio previamente adottato e ha deciso di affrontare il tema focalizzandosi sulle conseguenze della violazione di un obbligo internazionale, senza occuparsi delle norme sostanziali la cui violazione è all’origine della responsabilità internazionale.

Durante la sua ventisettesima sessione nel 197533, la CDI ha stabilito in maniera definitiva la

struttura del progetto da elaborare. Esso è stato diviso in tre parti: la prima parte avrebbe riguardato le origini della responsabilità internazionale di uno Stato e mirato a stabilire quando un fatto può essere ad esso attribuito, quando si possa affermare che tale fatto comporti la violazione di un obbligo internazionale e quali siano le circostanze eccezionali che precludono l’illiceità di comportamenti non conformi agli obblighi internazionali dello Stato; la seconda parte si sarebbe occupata del contenuto della responsabilità internazionale, cioè delle conseguenze che un fatto illecito internazionale comporta e la terza parte, infine, dell’attuazione della responsabilità internazionale.

29Il testo inglese della risoluzione è rinvenibile sul sito web dell’Assemblea Generale al link http://daccess-dds-ny.un.org/doc/RESOLUTION/GEN/NR0/086/64/IMG/NR008664.pdf. In tal sede non verrà presa in considerazione la questione della responsabilità internazionale dello Stato da fatto lecito, ma soltanto la responsabilità derivante dal mancato rispetto da parte dello Stato di obblighi internazionali per esso vigenti nel momento in cui si compie il fatto.

30 I sei rapporti di Garc ía Amador sono riprodotti in Yearbook of the International Law Commission, rispettivamente 1956, II, p. 175 ss.;1957, II, p. 119 ss.; 1958, II, p. 49 ss.; 1959, II, p. 1 ss.;1960, II, p. 38 ss.;1961, II, p. 1 ss.

31 Si vedano gli interventi di VERDROSS, Yearbook of the International Law Commission, 1960, vol. I, p. 298, par. 10, e TOUNKINE, ibid., pp. 302 – 303, par. 44.

32 Il testo della risoluzione è rinvenibile in Yearbook of the United Nations, 1961, p. 525.

33 Il rapporto della Commissione sui suoi lavori della ventisettesima sessione sono contenuti in Yearbook of the International Law Commission, 1975, vol. II, pp. 51 – 113.

(19)

Nel 2001 l’opera di codificazione intrapresa dalla CDI è pervenuta ad una conclusione con la sottoposizione di un progetto di articoli all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite34, la quale non

ha però ritenuto opportuno adottarlo come progetto di convenzione da sottoporre ad una conferenza diplomatica, limitandosi invece a prendere nota degli articoli e a raccomandarli all’attenzione degli Stati35.

Gli articoli della CDI, il cui progetto era stato adottato in prima lettura nel 199636, sono frutto di

uno sforzo quarantennale che ha impegnato come relatori speciali degli illustri giuristi.

La prima parte del progetto trae origine dagli otto rapporti presentati tra il 1969 ed il 1980 dal relatore speciale Roberto Ago37, la seconda parte fa seguito ai sette rapporti del relatore speciale

Willelm Riphagen38 e ai primi quattro rapporti del relatore speciale Arangio-Ruiz39 ed infine la terza

parte si fonda sui successivi tre rapporti del medesimo relatore speciale40.

La seconda lettura, a seguito di cui il progetto è stato definitivamente adottato, si basa invece sui quattro rapporti del relatore speciale James Crawford41.

Sezione II.

IL DIBATTITO DOTTRINALE SULL’ATTRIBUZIONE DELLE CONDOTTE ALLO STATO DI FATTI ILLECITI INTERNAZIONALI

34 Il progetto è contenuto in Yearbook of the International Law Commission, 2001, vol. II, parte II, p. 43 ss. Gli articoli ed il commento della CDI sono riprodotti anche in CRAWFORD (ed.), The International Law Commission’s Articles on State Responsibility, Cambridge, 2002.

35 Si veda la risoluzione A/56/83 del 12 dicembre 2001, in cui viene altresì proposto di prendere nuovamente in considerazione il tema della responsabilità internazionale all’Assemblea Generale nella sessione del 2004. Si vedano anche le successive risoluzioni A/59/35 del 2004, A/62/61 del 2007 e A/65/19 del 2010.

36 Il testo del progetto di articoli approvato in prima lettura dalla CDI può essere letto in lingua inglese in Rivista di diritto internazionale, 1997, p. 582 ss.

37 I rapporti sono contenuti in Yearbook of the International Law Commission, rispettivam. 1969, II, p. 129 ss.; 1970, II, p. 189 ss.; 1971, II (parte 1), p. 203 ss.;1972, II, p. 77 ss.; 1976, II (parte 1), p. 3 ss.;1977, II (parte 1), p. 3 ss.; 1978, II (parte 1), p. 29 ss.;1979, II (parte 1), p. 3 ss. Tutti i rapporti, ad eccezione del secondo, sono stati riprodotti in AGO, Scritti, cit., II.

38 I rapporti sono contenuti in Yearbook of the International Law Commission, rispettivam. 1980, II (parte 1), p. 105 ss.; 1981, II (parte 1), p. 81; 1982, II (parte 1), p. 25 ss.; 1983, II (parte 1), p. 3 ss.; 1984, II (parte 1), p. 5 ss.;1985, II (parte 1), p. 3 ss.; 1986, II (parte 1), p. 1 ss.

39 I rapporti sono contenuti in Yearbook of the International Law Commission, rispettivamente 1988, vol. II (parte 1), p. 6 ss.; 1989, vol. II (parte 1), p. 1 ss.; 1991, vol. II (parte 1), p. 1 ss.; 1992, vol. II (parte 1), p. 1 ss. 40 Il quinto rapporto di Arangio-Ruiz, contenuto nello Yearbook of the International Law Commission, 1993, vol. II, pp. 1-59, è dedicato interamente alla parte terza del progetto. Il sesto ed il settimo rapporto (rispettivamente in Yearbook of the International Law Commission, 1994, vol. II, p. 4 ss. e Yearbook of the International Law Commission, 1995, vol.II, pp.3-33) riguardano tematiche inerenti sia la seconda che la terza parte; mentre l’ottavo rapporto, contenuto nello Yearbook of the International Law Commission, 1996, vol. II, pp. 1-15) riguarda una parte inerente la soluzione delle controversie che è stata successivamente omessa dal progetto adottato dalla Commissione.

41 Su alcune delle questioni più delicate in esame nella seconda lettura si veda Symposium: State responsibility, European Journal of International Law, 1999, pp. 339–460.

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1. Premessa

Secondo il diritto internazionale generale, affinché il comportamento di uno Stato faccia sorgere la sua responsabilità è necessario non solo che il fatto sia stato tenuto in violazione di una regola di diritto internazionale per esso vigente (elemento oggettivo dell’illecito internazionale), ma anche che il fatto sia ad esso attribuibile come soggetto di diritto internazionale (elemento soggettivo dell’illecito internazionale)42.

Gli Stati, come soggetti di diritto rientranti nella categoria degli enti collettivi, possono agire esclusivamente attraverso la condotta materiale di persone fisiche o giuridiche. L’operazione attributiva, mediante l’utilizzo di appositi criteri, fa in modo che gli autori materiali di un comportamento risultino dei semplici strumenti attraverso cui l’ente collettivo svolge le proprie funzioni43. La questione dell’attribuzione44 di una condotta allo Stato ai fini della responsabilità

internazionale viene generalmente risolta mediante la distinzione fra fatti di organi e fatti di privati.

42 I due elementi costitutivi di un fatto illecito internazionale sono stati codificati all’art. 2 del progetto di articoli della CDI. Anche la dottrina è concorde nel riconoscere questi due elementi come necessari al fine del sorgere della responsabilità internazionale dello Stato. Si vedano tra i tanti AGO, Le délit international, in Recueil des cours, 1939–II, p. 441; EUSTATHIADES, Les sujets du droit international et la responsabilité internationale – nouvelles tendances, in Recueil des cours, 1953–III, p. 422; CONDORELLI, L’imputation à l’Etat d’un fait internationalement illicite: solutions classiques et nouvelles tendances, in Recueil des cours,

1984-VI, pp. 24–25; CHENG, General Principles of Law as applied by International Courts and Tribunals,

second edition, Cambridge, 1987, p. 170; PRZETACZNIK, The International Responsibility of States for the Unauthorized Acts of their Organs, Sri Lanka Journal of International Law, 1989, vol. 1, pp. 154-155; PELLOPNÄÄ e FITZMAURICE, Taking of Property in the Practice of the Iran-United States Claims Tribunal,

Netherland Yearbook of International Law, 1988, vol. XIX, pp. 73-74; JIMÉNEZ DE ARÉCHAGA e TANZI, op. cit., p.368; SACHARIEW,Les circonstances excluant l’illicéité, in La responsabilité internationale, Paris, 1987, p. 89; SIMMA, Bilateralism and Community Interest in the Law of State Responsibility, inInternational Law in a time of Perplexity: Essays in Honour of Shabtai Rosenne, London, 1989, p. 821;STERN, Conclusions générales,in La responsabilité internationale, Paris, 1991, p. 319;WYLER,L’illicite et la condition des personnes privées, Paris, 1995;STERN,The Elements of an Internationally Wrongful Act, in The Law of International Responsibility(a cura di Crawford, Pellet, Olleson), Oxford, 2011, pp. 193–220.

43 ANZILOTTI, La responsabilité internationale des Etats à raison des dommages soufferts par des étrangers, Revue générale de droit international public, 1906, p. 291; STRUPP, Das völkerrechtliche Delikt, Handbuch des Völkerrechts, Stier-Somlo (a cura di), vol. IV, Berlin-Stuttgart-Leipzig, p. 35; CAVAGLIERI, Règles générales du droit de la paix, in Recueil des cours, 1929–I, p. 546; COHN, La théorie de la responsabilité internationale, in Recueil des cours, 1939–II, p. 250; KELSEN, Théorie du droit international public, in Recueil des cours, 1953– III, p. 88; PRZETACZNIK, La responsabilité internationale de l’Etat à raison des préjudices de caractère moral et politique causés à un autre Etat, Revue générale de droit international public 1974, p. 937; SHAW, International Law, second edition, Cambridge, 1986, p. 411; CHRISTENSON, Attributing acts of omission to the State, MJIL 1991, vol. 12, p. 312 e p. 322; KRESS, L’organe de facto en droit international public. Réflexions sur l’imputation à l’État de l’acte d’un particulier à la lumière des développement récents, Revue générale de droit international public, 2001, p. 93 ss.; PALCHETTI, L’organo di fatto dello Stato nell’illecito internazionale, Milano, 2007, p. 4 ss.

44 Il processo attributivo non opera esclusivamente nel campo della responsabilità internazionale, bensì viene in questione ogniqualvolta si prospetta una condotta statale a cui una norma di diritto internazionale riconosce effetti giuridici.

(21)

È difatti ampiamente sostenuto che lo Stato risponde del comportamento di tutti i suoi organi, non essendo invece ad esso riferibile la condotta di privati.

La specificità del legame che unisce l’individuo-organo allo Stato risiede nella sua appartenenza all’organizzazione statale, per cui l’esistenza della qualità organica in capo ad un individuo implica l’accertamento della sua effettiva appartenenza all’organizzazione dello Stato45.

Con riferimento alle condizioni in presenza delle quali un individuo può essere considerato come facente parte dell’organizzazione dello Stato ai fini attributivi, esistono alcuni principi ampiamente condivisi.

Il principio che attribuisce allo Stato le condotte di individui o enti che rivestono la qualifica di organi o di organi di suoi enti pubblici territoriali alla stregua dell’ordinamento interno non è stato nella sostanza mai messo in discussione né nella prassi né nella dottrina più recenti.

La stessa Corte internazionale di giustizia ha fatto più volte riferimento a tale criterio di attribuzione, precisando che si tratta di un principio di diritto internazionale consuetudinario46.

Dalla prassi internazionale meno antica è desumibile come sia totalmente ininfluente, al fine di riconoscere una condotta come atto statale dal punto di vista dell’ordinamento internazionale, la funzione esercitata (sia essa legislativa, esecutiva o giudiziaria47), il luogo del suo svolgimento ed il

rango superiore o subalterno dell’organo48.

Data la natura recente del fenomeno della decentralizzazione da parte dello Stato di funzioni un tempo considerate sovrane, la prassi relativa ai comportamenti di enti pubblici non territoriali non è molto vasta. Sebbene non del tutto uniforme, sembra orientarsi verso l’attribuzione allo Stato delle condotte degli organi di quegli enti che in base al diritto interno esercitano prerogative del pubblico potere.

45 “The reference to State organs covers all the individual or collective entities which make up the organization of the State and act on its behalf”. Così il commentario al testo di articoli sulla responsabilità degli Stati preparato dalla CDI, in Yearbook of the International Law Commission, 2001, vol.2, p. 40, par. 6. 46Si veda il parere reso nel casoDifference Relating to Immunity from Legal Process of a Special Rapporteur of the Commission on Human Rights, Advisory Opinion, I.C.J. Reports, 1999, p. 87, par. 62; la sentenza resa nel caso LaGrand (Germany v. United States of America), I.C.J. Reports, 2001, p. 40, par. 267; la sentenza resa nel caso Application of the Convention on the prevention and punishment of the crime of genocide, I.C.J. Reports, 2007, p. 13 ss.

47 Durante i secoli passati alcuni autori hanno sostenuto il principio della non responsabilità dello Stato per i comportamenti tenuti dall’autorità giudiziaria sulla base dell’indipendenza del potere giudiziario oppure dell’autorità della cosa giudicata. Questa tesi è stata accolta in due sentenze arbitrali rese dal Senato di Amburgo nel caso Croft, rinvenibili in LAPRADELLE, POLITIS, Recueil des arbitrages internationaux, tomo II: 1856–1872, Paris, 1923, pp. 1–27, e dal governo del Nicaragua nel caso Le Phare, LA FONTAINE, Pasicrise internationale – Histoire documentaire des arbitrages internationaux, tomo I, Berne, 1902, pp. 225–227. 48. Si avrà l’occasione di trattare la distinzione tra organi superiori e organi subalterni nella sezione dedicata all’analisi della prassi internazionale in tema di attribuzione allo Stato di fatti illeciti ultra vires, in quanto in numerosi casi l’attribuzione è stata negata con riferimento ai comportamenti non autorizzati tenuti da organi subalterni.

(22)

La validità del principio secondo cui sono attribuibili allo Stato i comportamenti degli individui o enti che godono della qualità di organi dello Stato in base all’ordinamento interno è in genere fatta derivare da una costatazione che attiene al modo in cui l’ordinamento internazionale si atteggia rispetto al problema di definire l’organizzazione interna dello Stato.

Presupponendo l’esistenza di un diritto degli Stati ad auto-organizzarsi49, il riferimento al diritto

interno ai fini della determinazione della qualità di organo viene reputato la logica conseguenza di una sorta di riserva di campo assicurata al diritto interno con riferimento alla definizione dell’organizzazione dello Stato50.

D’altro canto, è largamente accettata anche l’idea che il criterio del riferimento al diritto interno non abbia un carattere esclusivo, per cui può essere attribuito allo Stato, in presenza di determinate condizioni, anche il comportamento adottato da individui che il diritto interno non qualifica come organi. La possibilità di riferire allo Stato i fatti di individui o enti ad esso legati da un rapporto di fatto è confermata dalla prassi e trova giustificazione anche in considerazioni di carattere generale. Sembra possibile affermare che l’esistenza di una libertà dello Stato di auto-organizzarsi non implichi la libertà di escludere a propria discrezione che individui o enti sprovvisti della qualità formale di organi possano far sorgere la responsabilità dello Stato per un fatto illecito internazionale da esso commesso.

L’esigenza di garantire la certezza delle relazioni internazionali porta a restringere la rilevanza del diritto interno ai fini dell’attribuzione, in modo tale da evitare che uno Stato possa invocare disposizioni del suo ordinamento per negare la propria responsabilità rispetto al comportamento di individui o enti che non sono qualificati come organi dal diritto interno, pur essendo di fatto integrati nell’apparato statale.

Dal momento che l’organizzazione di fatto dello Stato coincide solitamente con quanto risulta dall’applicazione delle norme interne, sono in prima battuta i dati che si ricavano da tale ordinamento a stabilire la riferibilità allo Stato di un dato comportamento. Nel caso in cui invece

49 Tale espressione è stata coniata da CONDORELLI, L’imputation à l’Etat d’un fait internationalement illicite, cit., p. 28. Altri autori hanno invece parlato della libertà che il diritto internazionale concede agli Stati di dotarsi di una propria organizzazione. Così, tra gli altri, PERASSI, Lezioni di diritto internazionale, Padova, 1961, p. 105; VERHOEVEN, Droit international public, Paris, 2000, p. 83.

50 AGO, Le délit international, cit., p. 463. La libertà dello Stato di auto-organizzarsi è stata riconosciuta nella sentenza resa nel caso delle attività militari e paramilitari in Nicaragua e contro il Nicaragua dalla Corte internazionale di giustizia, la quale ha constatato che lo Stato possiede il fondamentale diritto di scegliere il sistema politico, economico e sociale che preferisce, a patto però che tale libertà non causi un pregiudizio al rispetto del diritto internazionale. In I.C.J. Reports, 1986, p. 131, par. 258. Si veda anche AGO, Le délit, cit., p. 463; ZEMANEK, op. cit., p. 366; STRUPP, Eléments du droit international public universel, européen et américain, vol. I, Paris, 1930, pp. 208–209. Secondo Condorelli sarebbe più corretto parlare del diritto di uno Stato ad ottenere che gli altri Stati non si ingeriscano nella propria organizzazione piuttosto che di un vero e proprio diritto ad auto-organizzarsi. Si veda ID., L’imputation à l’Etat d’un fait internationalement illicite, cit., p. 30.

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l’organizzazione di fatto si discosta dalle indicazioni fornite dal diritto interno, il riferimento alla organizzazione fattuale dello Stato giustifica che siano ad esso riferite le condotte di individui che, pur non godendo della qualità organica in base al diritto interno, risultano in fatto integrati all’interno dell’organizzazione dello Stato, così come in talune circostanze giustifica l’esclusione dell’attribuzione di comportamenti di individui che hanno la qualità di organi.

I principi generali ora indicati forniscono la cornice nella quale si inserisce il problema della responsabilità internazionale dello Stato per i fatti illeciti ultra vires.

Oltre a poter adottare dei comportamenti conformi alla propria competenza e comportamenti a titolo privato, gli organi statali possono tenere nell’esercizio delle proprie funzioni ufficiali delle condotte non autorizzate.

Un organo agisce ultra vires ogniqualvolta adotta ex qualitate un comportamento in violazione di istruzioni ricevute conformemente al diritto interno, o viola la propria competenza secondo il diritto interno o comunque la normativa interna51.

Si tratta di una situazione intermedia rispetto agli estremi rappresentati, da una parte, dai comportamenti adottati dagli organi in conformità alla propria competenza e, dall’altra, dalle condotte tenute dagli organi nella propria capacità privata52.

Nel caso in cui un individuo-organo adotti un comportamento ultra vires si è in definitiva in presenza di una condotta tenuta nell’esercizio delle proprie funzioni, la cui adozione è però avvenuta nel mancato rispetto dell’ordinamento dello Stato di cui è parte.

Per stabilire se sia possibile attribuire allo Stato i comportamenti adottati ultra vires dai propri organi de jure occorre quindi approfondire il ruolo svolto dal diritto interno ai fini dell’attribuzione di condotte allo Stato nell’ordinamento internazionale.

Si potrebbe però sostenere che la regola in materia di attribuzione di fatti ultra vires può trovare applicazione anche con riferimento a situazioni nelle quali le competenze assegnate ad un individuo o ente sono state determinate sulla base di elementi di fatto. Nonostante il riferimento al diritto interno consenta in genere di ottenere indicazioni precise circa il contenuto e i limiti delle 51 STRUPP, op. cit., p. 36; ROTH, op. cit., p. 18; FREEMAN, op. cit., p. 290; COUSSIRAT-COUSTERE e EISEMANN, L’enlèvement de personnes privées et le droit international, Revue générale de droit international public, 1972, p. 365. CONDORELLI, op. cit., p. 81, reputa che, quando un organo adotta un comportamento contrario al diritto internazionale, viola contemporaneamente le disposizioni di diritto interno volte a regolare la sua competenza dal momento che nella grande maggioranza degli ordinamenti giuridici interni viene stabilita la primazia del diritto internazionale sulla normativa interna.

52 Secondo parte della dottrina, il principio in base a cui lo Stato non risponde dei comportamenti tenuti dai propri organi nella loro capacità privata incontra un’eccezione nel diritto internazionale umanitario: il testo dell’art. 3 della Quarta Convenzione dell’Aja concernente le leggi e gli usi della guerra terrestre stabilisce infatti che la parte belligerante è responsabile di tutte le condotte tenute da persone facenti parte le proprie forze armate, indipendentemente quindi dalla condizione che abbiano agito in qualità ufficiale. Il testo della suddetta disposizione è stato ripreso anche dall’art. 91 del primo Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali.

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funzioni assegnate ad un individuo o ente all’interno dell’organizzazione dello Stato, ciò non significa che la determinazione delle competenze assegnate non possa essere anche condotta attraverso l’esame dei vari elementi di fatto che attestano l’integrazione dell’individuo o ente all’interno dell’apparato statale.

Ammettere a priori che il problema dell’attribuzione di fatti ultra vires può sorgere esclusivamente con riferimento ad individui o enti legati allo Stato da un rapporto formale, equivale a riconoscere che il diritto internazionale rinvia al diritto interno al fine di determinare se un individuo o ente ha agito in maniera competente e, soltanto in un secondo momento, stabilisce mediante propri criteri se la condotta debba essere riferita allo Stato.

In linea di principio potrebbe invece essere il diritto internazionale a distinguere, secondo propri criteri, quando individui che non hanno la qualità di organi in base al diritto interno hanno adottato dei comportamenti nell’esercizio delle proprie funzioni oppure in qualità di privato ai fini di determinarne l’attribuzione allo Stato.

Per meglio chiarire il contesto entro cui si colloca la questione dell’attribuzione allo Stato dei fatti ultra vires, può essere innanzitutto utile considerare il dibattito dottrinale intorno al fenomeno dell’attribuzione avendo cura di mettere in rilievo il ruolo svolto dal diritto interno al fine della riferibilità di una condotta allo Stato quale soggetto internazionale. Egualmente funzionale alla successiva trattazione della possibilità di riferire allo Stato in ambito internazionale una condotta non autorizzata dei propri organi, sembra essere inoltre la trattazione dei differenti approcci seguiti in dottrina con riferimento alla definizione della nozione di organo.

2. Individuazione dei principali orientamenti dottrinali in tema di attribuzione di condotte allo Stato

2.1 Tesi che riconoscono rilevanza esclusiva al diritto interno

La dottrina si è a lungo confrontata sul problema di stabilire quando una condotta o una manifestazione di volontà di un individuo o ente dovrebbe essere considerata come propria dello Stato53. Le varie soluzioni prospettate possono essere ricondotte a due orientamenti di fondo: da

una parte ci sono gli autori secondo cui il problema di sapere in quali circostanze il comportamento di un individuo deve essere riferito allo Stato può essere risolto esclusivamente grazie al riferimento all’ordinamento interno, dall’altra ci sono invece coloro che reputano il diritto interno

53 Per le principali posizioni dottrinali con riferimento all’elemento soggettivo della responsabilità internazionale si veda SPINEDI, Responsabilità internazionale, in Enciclopedia giuridica, vol. XXVII, Roma, 1985, p. 3.

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solo uno dei vari elementi in base a cui si determina la possibilità di attribuire una condotta di individui o enti allo Stato54.

Le tesi che attribuiscono rilevanza esclusiva al diritto interno ai fini della determinazione dei presupposti per riferire un’attività allo Stato riconoscono, come i fatti di quest’ultimo, solo le condotte tenute da individui o enti che possiedono la qualità di organi in base al diritto interno e che agiscono rispettando le competenze loro conferite dal medesimo ordinamento55.

I principali sostenitori di tale tesi, in virtù della difficoltà di trovare una giustificazione ai dati della prassi in contrasto con il principio della rilevanza esclusiva del diritto interno, hanno finito per ammettere che esigenze di certezza dell’ordinamento giuridico impongono delle eccezioni ad esso56.

Anche autori che ritengono che il diritto internazionale organizzi i propri soggetti hanno sostenuto che l’attribuzione di un comportamento di un individuo o ente ad un soggetto internazionale sia frutto di un’operazione giuridica regolata da norme internazionali di organizzazione che richiedono che vi sia un legame giuridico tra l’ente collettivo e l’individuo o ente. Secondo alcuni, tale legame sarebbe determinabile mediante un rinvio che il diritto internazionale opererebbe nei confronti del diritto interno57. Al fine di tenere conto dei dati offerti

dalla prassi internazionale, alcuni autori hanno riconosciuto un carattere variabile al rinvio al diritto interno, con la conseguenza che l’eventualità che il diritto internazionale faccia riferimento alle regole di diritto interno per determinare se il comportamento di individui è attribuibile allo Stato debba essere valutata caso per caso58.

54 All’interno di entrambi gli orientamenti possono rilevarsi in realtà posizioni che si differenziano fortemente quanto alle rispettive premesse teoriche. La tesi della rilevanza esclusiva del diritto interno, ad esempio, è sostenuta sia da autori che reputano che spetti al diritto interno regolare l’organizzazione dell’apparato statale, sia da autori che al contrario ammettono l’esistenza di norme internazionali di organizzazione. Ugualmente, l’altro orientamento è condiviso da autori che muovono da concezioni differenti circa la natura, giuridica o fattuale, dell’organizzazione statale.

55 Così ANZILOTTI, Teoria generale, cit., p. 130; DE VISSCHER, La responsabilité des Etats, in Bibliotheca Visseriana Dissertationum Ius Interrnationale Illustrantium, vol. 2, 1923, p. 91; STRUPP, op. cit., p. 36. Per un’analisi delle motivazioni che hanno spinto parte della dottrina ad identificare l’organizzazione dello Stato dal punto di vista del diritto internazionale con l’ordinamento interno si veda ARANGIO-RUIZ, Gli enti soggetti dell’ordinamento internazionale, Milano, 1951.

56 La questione della necessità di riconoscere delle eccezioni era sorta per la difficolta di conciliare il principio della rilevanza esclusiva del diritto interno con la prassi orientata a considerare attribuibili allo Stato i comportamenti adottati dagli organi al di fuori delle proprie competenze.

57 Così PERASSI, Lezioni di diritto internazionale, Padova, 1961, p. 102 ss.; ROMANO, Corso di diritto internazionale, 3ᵃ ed., Padova, 1933, p. 207. In un secondo momento, anche Anzilotti ha finito per accogliere questa concezione. Si veda ANZILOTTI, Corso di diritto internazionale, 4ᵃ ed., Padova, 1955, p. 224 ss.

58 La natura variabile del rinvio era sostenuta in virtù di una difficoltà di conciliare la concezione della rilevanza delle norme internazionali in tema di organizzazione con la riferibilità allo Stato di comportamenti di enti, quali Stati federali e altri enti pubblici territoriali, che non godono in base al diritto interno di una personalità giuridica distinta rispetto a quella statale. Si veda ROMANO, op. cit., p. 208. Il problema di attribuire allo Stato i comportamenti tenuti da un organo al di fuori delle proprie competenze veniva invece risolto sostenendo che il diritto internazionale opera un rinvio esclusivamente nei confronti delle norme

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