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I musei universitari del patrimonio storico-educativo e la Terza Missione: una sfida o un’opportunità? Riflessioni dal Museo della Scuola dell'Università di Macerata

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Prospettive incrociate

sul Patrimonio Storico Educativo

––––––––––––––––––––––––

Perspectivas cruzadas sobre

o Patrimonio Histórico Educativo

––––––––––––––––––––––––

Perspectivas entralazadas

en el Patrimonio Histórico Educativo

Atti dell’incontro Internazionale di Studi Campobasso 2/3 Maggio 2018

a cura di

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Il volume è stato pubblicato con il contributo

del Dipartimento di Scienze Umanistiche, Sociali e della Formazione dell’Università degli Studi del Molise

ISBN volume 978­88­6760­738­9 ISSN collana 2284­0346

2020 © Pensa MultiMedia Editore s.r.l.

73100 Lecce • Via Arturo Maria Caprioli, 8 • Tel. 0832.230435 25038 Rovato (BS) • Via Cesare Cantù, 25 • Tel. 030.5310994

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Indice

Saluti del Presidente della SIPSE 9 Saluti del Presidente del CIRSE 11

Introduzione

Alberto Barausse, Tatiane de Freitas Ermel e Valeria Viola 13

Il patrimonio storico scolastico ed educativo come ambito transnazionale della ricerca

Parte prima

La ricerca sul patrimonio storico educativo tra questioni metodologiche e prospettive di indagine

1. Roberto Sani 35 La ricerca sul Patrimonio storico-scolastico ed educativo

tra questioni metodologiche, nodi interpretativi e nuove prospettive d’indagine

2. Agustín Escolano Benito 49 La mirada arqueológica sobre la escuela

3. Joaquim Pintassilgo e Alda Namora de Andrade 67 As memórias dos atores e o património como fontes

para o estudo de escolas “diferentes”: algumas reflexões

a partir de um estudo de caso (A Torre, Lisboa, 1970 – atualidade) 4. Maria Teresa Santos Cunha 95

Present meetings from the past: ego-documents

(5)

6

Parte seconda

L’organizzazione espositiva e museale per l’educazione tra XIX e XX secolo: idee in viaggio

1. Alberto Barausse 109 Mostre didattiche, musei pedagogici e musei scolastici in Italia

dall’Unità all’ascesa del fascismo. Nation building tra processi di scolarizzazione, modernizzazione delle pratiche

didattiche e relazioni trasnazionali

2. Maria João Mogarro 151 O Museu pedagógico de Lisboa Num tempo de modernização

educativa e de circulação transnacional de ideias

3. Eugenio Otero Urtaza 179 Las relaciones transnacionales en la creación

del Museo Pedagógico de Madrid (1879-1889)

4. Maria Helena Câmara Bastos 203

Pedagogium: la storia

del museo pedagogico brasiliano (1890-1919)

Parte terza

Esperienze di musealizzazione, valorizzazione e organizzazione del patrimonio storico educativo oggi

1. Anna Ascenzi e Marta Brunelli 237 I musei universitari del patrimonio storico-educativo

e la Terza Missione: una sfida o un’opportunità?

Riflessioni dal Museo della Scuola dell’Università di Macerata

2. Lorenzo Cantatore 247 Il MuSEd di Roma Tre fra passato e presente.

Con inediti di Giuseppe Lombardo Radice e Mauro Laeng

3. Rossella Andreassi e Alberto Barausse 271 Il «Museo della scuola e dell’educazione popolare» nel Sistema

Museale dell’Università del Molise: tra pratiche storiografiche, Terza missione e sperimentazione didattica

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4. Vittoria Bosna 299 “Recuperare la memoria”: i beni culturali

e la conoscenza del territorio nei curricoli scolastici

5. Alice Rigoni Jacques e Maria Helena Câmara Bastos 307 O Memorial do Colégio Farroupilha de Porto Alegre/RS:

um passado sob os olhos do tempo presente

6. Brunella Serpe 329 Gli Archivi scolastici in Calabria: contenitori di memoria

o punti di partenza per la ricerca in ambito storico-educativo?

7. Renata Brião de Castro 341 O arquivo da Escola «Garibaldi» na região colonial

de Pelotas (Brasil): entre documentos e preservação

Parte quarta

Fonti ed itinerari di ricerca tra culture della memoria e culture materiali della scuola sul Patrimonio storico educativo

1. Terciane Ângela Luchese 363 Materialità insolite e ignorate: una storia del libro scolastico

prodotto in brasile per le scuole italiane (1896-1907)

2. Michela D’Alessio 391 Sulle orme del passato educativo in Italia. Memorie scolastiche

del Novecento nei fondi archivistici della Basilicata

3. Mirella D’Ascenzo 415 Le biografie degli insegnanti come patrimonio

storico-educativo e scolastico

4. Marta Brunelli 433 Per una storia della circolazione dei sussidi botanici in Italia

tra XIX e XX secolo. Appunti di lavoro sulle collezioni scolastiche e sui cataloghi commerciali per la scuola

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Introduzione. Il XXI secolo e le sfide del cambiamento

Il presente intervento non vuole presentare una relazione puntuale del percorso e delle attività che il Museo della Scuola «Paolo e Ornella Ricca» di Macerata ha sviluppato in questi anni (dalla sua formale costituzione nel 2010 ad oggi) quanto piuttosto offrire alcuni spunti di riflessione critica sul ruolo che la par-ticolare fattispecie dei musei universitari del patrimonio storico-educativo può svolgere all’interno della realtà accademica contemporanea, da una parte. Dal-l’altra, condividere alcune considerazioni sulle trasformazioni che i musei uni-versitari stanno oggi vivendo – al pari degli altri musei – per mantenere il proprio ruolo di istituzioni culturali ed educative all’altezza dei bisogni della società del XXI secolo.

Quella in cui viviamo è un’epoca di sempre più veloci e radicali cambiamenti che stanno modificando il mondo che conoscevamo e che finiscono per riper-cuotersi anche sulle nostre istituzioni culturali ed educative. Dall’uso sempre più pervasivo delle nuove tecnologie all’abbattimento delle barriere tra educa-zione formale e informale, dai sempre più pressanti bisogni di educaeduca-zione in-terculturale e di inclusione sociale fino alla partecipazione intesa come esercizio dei nuovi “diritti culturali”, i musei di tutto il mondo stanno attraversando una fase di ripensamento dei propri linguaggi, strutture e servizi. Com’è evidente, i musei universitari non sono immuni da questo fenomeno ma ne ricevono crescenti sollecitazioni che inducono sempre più a un ripensamento comples-sivo della propria missione e del proprio ruolo, all’interno come all’esterno dell’accademia.

I musei universitari del patrimonio storico-educativo e la

Terza Missione: una sfida o un’opportunità? Riflessioni dal

Museo della Scuola dell'Università di Macerata

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1. Nuova percezione del patrimonio culturale delle università

Una prima sollecitazione è rappresentata dall’inedito, crescente interesse che il patrimonio culturale universitario (e, conseguentemente, anche i musei che lo conservano) ha ricevuto con l’aprirsi del nuovo millennio, un processo di cui sarà illuminante ripercorrere brevemente le tappe principali.

Nel 2000 il Consiglio d’Europa (nell’ambito della campagna lanciata nel 1999 sul tema Europe, a common heritage) invitava gli stati membri a varare specifiche leggi per la tutela delle collezioni materiali possedute anche da quelle istituzioni che – come le Università – non avessero tra i propri obiettivi istitu-zionali quello della conservazione e pubblica fruizione del patrimonio cultu-rale1.

In quello stesso anno nascevano, come noto, due importanti organismi de-dicati al patrimonio culturale delle università: a livello internazionale veniva istituita, in seno all’organizzazione internazionale dei musei ICOM (Interna-tional Council of Museums), una nuova Interna(Interna-tional Committee for University Museums and Collections (UMAC)2; e, quasi contemporaneamente, in Europa

nasceva UNIVERSEUM (European Academic Heritage Network), un network inter-universitario che riunisce accademici, studiosi e conservatori impegnati nella gestione e nella valorizzazione del patrimonio posseduto dalle università europee.

Dopo pochi anni, nel 2002, veniva pubblicato il volume The Heritage of European Universities risultato di un progetto (tra i quindici progetti transna-zionali che erano stati finanziati dal Consiglio d’Europa nell’ambito della sopra citata campagna Europe, a common heritage del 1999) che era specificamente finalizzato a esplorare il valore del patrimonio delle università europee come una delle componenti essenziali della storia e del patrimonio d’Europa3. Al

ter-mine di questo percorso, nel 2005 il Comitato dei Ministri del Consiglio

d’Eu-1F. Danniau, R. Mantels, Ch. Verbruggen, Towards a renewed University history.

UGentMe-morie and the merits of public history, academic heritage and digital history in commemorating the University, «Studium: TijdschriftvoorWetenschaps- en Universiteitsgeschiedenis | Revue

d’Hi-stoire des Sciences et des Universités», vol. 5, n. 3, 2012, pp. 179-192 <https://www.gewina-studium.nl/articles/10.18352/studium.8255/> (ultimo accesso: 18.09.2019).

2 Cfr. il sito istituzionale della UMACUniversity Museums And Collections: <http:/ -/umac.icom.museum> (ultimo accesso: 18.09.2019).

3 N. Sanz, S. Bergan (Eds.), The Heritage of EuropeanUniversities, Council of Europe, 2002 (Council of Europe HigherEducationseries n. 7). Oggi il volume è disponibile nella II edizione del 2007.

Anna Ascenzi e Marta Brunelli

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ropa giungeva ad approvare la Raccomandazione sulla governance e gestione del patrimonio universitario (R(2005)13) con la quale si chiedeva finalmente alle amministrazioni universitarie europee di assumersi la responsabilità legale, am-ministrativa e morale del proprio patrimonio, auspicando che fossero destinati specifici finanziamenti pubblici e privati alla conservazione e alla gestione di tali collezioni4.

2. Il patrimonio universitario e la Terza Missione delle università

Accanto a questa crescente presa di coscienza del valore culturale, educativo e sociale del patrimonio culturale delle università, negli stessi anni un altro fe-nomeno veniva sviluppandosi in Europa, un fefe-nomeno che avrebbe determi-nato un notevole impatto sul mondo accademico europeo.

Facciamo qui riferimento al processo che, avviatosi negli anni ’80 e ’90 in ambito statunitense e anglosassone, avrebbe portato alla progressiva emersione dell’importanza della cosiddetta Terza Missione dell’Università che – tra le tante definizioni offerte – nel 2002 l’economista spagnolo Jordi Molas Gallart aveva latu sensu indicato come «all activities concerned with the generation, use, application and exploitation of knowledge and other university capabilities outside academic environments»5. Proprio a tale tematica sarebbe stato

dedi-cato, nel 2009, il progetto europeo E3M (European Indicators and Ranking Methodology for University Third Mission)6nel quale i Paesi partecipanti, guidati

dalla Universidad Politécnica de Valencia avevano il compito di mettere a con-fronto le rispettive esperienze allo scopo di mettere a punto una visione euro-pea e transnazionale di Terza Missione Universitaria, evidenziandone altresì le difficoltà legate alla definizione dei possibili indicatori per valutare come le università potessero contribuire al benessere della società esterna esercitando

4 Recommendation Rec(2005)13 of the Committee of Ministers to memberstates on the governance and management of universityheritage. Adopted by the Committee of Ministerson 7 December 2005 at the 950th meeting of the Ministers’ Deputies.

5J. Molas-Gallart, A. Salter, P. Patel, A. Scott, X. Duran, Measuring Third StreamActivities.

Final Report to the Russell Group Universities, SPRU-University of Sussex, 2002.

6 Co-finanziato dalla Commissione Europea con il Lifelong Learning Programme e svi-luppato da partner di sette Paesi europei, il progetto ha portato alla realizzazione del documento

The Green Paper. Fostering and Measuring Third Mission in HigherEducationInstitutions (2012).

Il documento è oggi accessibile nel database Researchgate<https://www.researchgate.net> (ul-timo accesso: 10.09.2019).

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non solo un impatto di tipo economico ma anche di tipo sociale e culturale significativo.

Ciò che rileva ai fini del presente lavoro è come tra i tanti indicatori, fosse – ed è ancora oggi – indubitabilmente presente, nei documenti internazionali come in quelli italiani dell’ANVUR – proprio la valorizzazione del patrimonio conservato nelle collezioni e nei musei universitari.

3. Alla “riscoperta” dei musei universitari

Nell’ultimo quindicennio, come visto, l’Università è stata al centro di molteplici dibattiti, che hanno visto gradualmente delinearsi per i musei universitari un ruolo di rilievo giacché tutti i documenti, europei e nazionali (nel nostro caso, i documenti prodotti dall’ANVUR)7hanno individuato in queste istituzioni

un importante indicatore delle attività di Terza Missione delle nostre università. Quella che si prefigura per i musei universitari è una missione sempre più complessa, investita di molteplici finalità:

– valorizzare il patrimonio musealizzato come risorsa per l’insegnamento e per la ricerca;

– promuovere la conoscenza e la consapevolezza diffusa del patrimonio, al-l’interno e all’esterno dell’università;

– proporsi come luoghi di incontro e di coinvolgimento attivo di tutte le com-ponenti della società (social engagement).

Va tuttavia riconosciuto come questo sempre più diffuso trend di “riscoperta” del patrimonio culturale posseduto dai musei universitari italiani sia stato prin-cipalmente guidato – a livello internazionale e italiano – dagli atenei di antica formazione e nell’ambito dei quali si erano formate collezioni storiche finalizzate alla didattica universitaria, in larga parte di natura scientifica (anche se non man-cano esempi di importanti musei archeologici, gipsoteche e musei d’arte).

In Italia, infatti, sempre più numerosi sono i poli museali universitari che –

7 Ci limitiamo qui a citare i documenti principali: da ANVUR, Manuale per la valutazione

della terza missione delle università italiane, Roma, Anvur, 2015, fino ai più recenti ANVUR, Linee guida per la compilazione della Scheda Unica Annuale Terza Missione e Impatto Sociale (SUA-TM/IS) per le Università, Roma, Anvur, 07.11.2018; o ancora ANVUR, Rapporto Bien-nale sullo Stato del Sistema Universitario e della Ricerca. Sezione 9: attività di Terza Missione,

Roma, Anvur, 2018.

Anna Ascenzi e Marta Brunelli

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nell’ultimo quindicennio – sono stati appositamente istituiti per la gestione e valorizzazione di quelle raccolte: dal Sistema Museale dell’Università di Bologna (costituitosi già negli anni Novanta) al Polo museale dell’Università La Sapienza (formalmente istituito nel 2011), fino al sistema museale del Museo di Storia Naturale dell’ateneo fiorentino (anch’esso formalmente regolamentato nel 2018) e a molti altri ancora – come appunto il Sistema Museale che l’ateneo in cui ci troviamo oggi ha recentemente istituito mettendo in rete le realtà mu-seali afferenti a UniMol, tra le quali figura giustamente il Museo della Scuola e dell’Educazione Popolare diretto da Alberto Barausse.

Viviamo dunque una stagione in cui tutti stiamo assistendo al rinnovamento di musei universitari di antichissima tradizione che stanno ristrutturandosi e riammodernandosi per aprirsi alla fruizione da parte di un pubblico non più solo universitario – come nel caso degli atenei di Milano, Parma e Padova8. In

questo quadro, è innegabile che i musei scientifici (dai musei di anatomia e di medicina a quelli di scienze naturali, dai gabinetti di chimica e di fisica agli Orti botanici universitari e così via) costituiscano – in virtù della loro larga dif-fusione sul territorio nazionale e grazie alla ricchezza delle loro collezioni – il vero motore trainante della realtà museale universitaria, in Italia come all’estero. Non di meno, nel panorama universitario italiano sono oggi attive altre tipo-logie museali di natura umanistica che spaziano dai musei archeologici a quelli storico-artistici, fino alle più recenti – ma non meno importanti – collezioni storico-educative.

Realtà che, anch’esse, sono oggi chiamate a rispondere ai nuovi obiettivi di valorizzazione culturale e sociale del patrimonio culturale universitario.

4. I musei universitari del patrimonio storico-educativo

Tra queste “altre” realtà universitarie rientrano proprio i musei del patrimonio storico-educativo i quali, tra la fine gli anni ’80 e la prima decade del 2000, sono stati protagonisti in Italia di quella che lo storico spagnolo Ruiz Berrio aveva definito – per l’area iberica – una fase di «decollo» e, in alcuni casi, di «riconversione» o di vera e propria rinascita9.

8M. Zanotti, Vocazione museo: arte e istituzioni cognitive, 15/07/2015, «Giornale delle Fon-dazioni», <www.ilgiornaledellefondazioni.com/.../vocazione-museo-arte-e-istituzioni-cogni-tive> (ultimo accesso: 18.09.2019).

9J. Ruiz Berrio, Historia y Museología de la Educación. Despegue y reconversión de los Museos

Pedagógicos, «Historia de la Educación. Revista Interuniversitaria», n. 25, 2006, pp. 271-290. I musei universitari del patrimonio storico-educativo e la Terza Missione 241

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A guidare questo movimento è stato, come noto, il Museo Storico della Di-dattica dell’Università degli Studi di Roma Tre (oggi Museo della Scuola e del-l’Educazione guidato dal nuovo Direttore prof. Lorenzo Cantatore). Fondata nel 1986 da Mauro Laeng, questa realtà museale ha avuto il merito non solo di raccogliere l’eredità illustre dell’ottocentesco Museo di Istruzione e di Educa-zione di Ruggiero Bonghi (e, quindi, del Museo Pedagogico di Luigi Credaro, infine del museo di Lombardo Radice) ma soprattutto di riaprire per prima un dialogo tra l’Università e il patrimonio storico-didattico, in qualche modo ri-svegliando l’antica – e, in Italia, a dire il vero sfortunata – stagione di quei “musei pedagogici” che nell’Ottocento erano nati in funzione della ricerca pe-dagogica e della didattica universitaria finalizzate alla formazione della classe insegnante italiana10.

Dopo il museo romano, gradualmente hanno preso forma in diversi atenei italiani sempre più numerosi gruppi di ricerca sul patrimonio storico educativo. In primo luogo va ricordato il gruppo di accademici che nel 1993 ha dato vita al Museo dell’educazione dell’Università di Padova, che vanta un ampio patri-monio che spazia dall’educazione scolastica all’educazione infantile, familiare ed extra-scolastica. Ma è nel primo decennio del XXI secolo che questo settore di ricerca ha subito una forte accelerazione: con gli studi sul materiale pedago-gico per le scuole dell’infanzia per opera del gruppo dell’Università di Pavia; o sui quaderni scolastici, grazie alle ricerche coordinate da Luisa Revelli presso l’Università della Valle d’Aosta, per fare alcuni esempi.

Questo movimento ha, infine, dato vita a centri di ricerca dotati di collezioni museali o di musei stabilmente aperti al pubblico universitario e non universi-tario: sono questi i casi del Museo della scuola «Paolo e Ornella Ricca» dell’Uni-versità di Macerata (istituito nel 2010 in seno al Centro di docu mentazione e ricerca sulla storia del libro scolastico); del Centro di ricerca e documentazione sulla storia dell’educazione nel Sud-Tirolo (presso la Libera Università di Bol-zano), con sede in Bressanone in 2007 e dotato di un’importante collezione scolastica; e, infine,il già nominato Museo della scuola e dell’educazione po-polare dell’Università del Molise (aperto nel 2013 nel Centro di documenta-zione e ricerca sulla Storia delle istituzioni scolastiche, del libro scolastico e della letteratura per l'infanzia).

Tutte queste realtà presentano il comune denominatore di essere state

for-10Sulla lunga tradizione che caratterizza la storia del museo romano, si veda C. Covato, Il

Museo Storico della Didattica “Mauro Laeng” dell’Università degli Studi Roma Tre, «Ricerche di

Pedagogia e Didattica», vol. 5, n. 2, 2010.

Anna Ascenzi e Marta Brunelli

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temente volute da gruppi di studiosi attivi nei più avanzati filoni d’indagine sulla cultura materiale della scuola, i quali hanno contribuito a salvare da sicura dispersione materiali e sussidi storici visti come fonti e testimonianze preziose. Oggi tuttavia, in funzione della Terza missione, quegli stessi materiali – una volta organizzati in raccolte tematiche e predisposti in percorsi scientifici de-stinati a un’utenza principalmente universitaria – si rivelano oggi veri e propri laboratori per la ricerca, per l’innovazione della didattica universitaria e, infine, per la valorizzazione in un più ampio senso educativo, sociale e culturale.

5. Il Museo della Scuola di Macerata: un breve bilancio e una proiezione verso il futuro

Il Museo della Scuola «Paolo e Ornella Ricca» costituisce un esempio rappre-sentativo di questi “nuovi” musei del patrimonio storico-educativo sorti in Italia nell’ultimo ventennio sull’onda dei nuovi orientamenti storiografici che hanno portato la cosiddetta “cultura materiale della scuola” all’attenzione degli storici dell’educazione italiani. Come noto, il nuovo approccio storiografico si è im-posto intorno alla metà degli anni ’90 quando ha fatto la sua comparsa – prima nella storiografia francese, belga e iberica, e finalmente anche italiana – il con-cetto di cultura della scuola11e, quindi, del paradigma a quello collegato della

cultura materiale della scuola intesa come tutte tutte quelle tracce ed evidenze materiali (rappresentate da spazi, arredi, sussidi didattici e altri oggetti) che hanno modellato la quotidianità scolastica, le pratiche e gli usi educativi così come le idee e i valori che ne erano alla base. A partire da queste premesse sto-riografiche – ma anche assecondando le sollecitazioni culturali e politiche espo-ste all’inizio di questo intervento – la, seppur breve, storia del museo maceratese testimonia le veloci trasformazioni che i “nostri” musei universitari di storia dell’educazione stanno vivendo.

La traiettoria evolutiva del Museo Paolo e Ornella Ricca lo ha portato, in un primo momento, a costituirsi principalmente come un archivio di fonti: in tale veste, il museo ha funzionato come catalizzatore di nuove linee d’indagine

11 D. Julia, La culture scolaire comme objet historique, in A. Nóvoa, M. Depaepe, E.W. Jo-hanningmeier (Eds.), The Colonial Experience in Education: Historical Issues and Perspectives, «Paedagogica Historica», Supplementary Series – vol. I, Ghent 1995, pp. 353-382. Ma si veda ora anche l’esaustiva voce: D. Vidal, A. Paulilo, School Culture, in Oxford Research Encyclopedia

of Education (On line), in George Noblit (Ed.), New York, Oxford University Press, 2018. I musei universitari del patrimonio storico-educativo e la Terza Missione 243

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e come uno spazio d’incontro e di confronto con colleghi di altri Paesi per l’in-ternazionalizzazione crescente della ricerca storico-educativa maceratese.

Ma già dai suoi primi anni di vita il museo si è sempre più profilato anche come un importante strumento al servizio della didattica universitaria. In tal senso, lo spazio museale si è trasformato in una sorta di aula didattica decentrata (per usare la felice espressione di Franco Frabboni)12per l’insegnamento

uni-versitario: un vero laboratorio nel quale gli studenti universitari potessero fare pratica sulle fonti documentarie e/o materiali, sperimentare le metodologie del lavoro storico e, al contempo, acquisire in forma attiva conoscenze che fino a quel momento erano state veicolate solo dallo studio del manuale.

In un certo senso, il museo (a Macerata come in altri atenei) ha iniziato len-tamente a svolgere una sorta di retro-azione sul sistema stesso che lo aveva ge-nerato, andando a impattare sia sulle pratiche di ricerca che sulle pratiche didattiche. Ciò ha stimolato – non solo nel gruppo di ricerca maceratese ma in generale nella comunità accademica – un primo percorso di riflessione critica sul senso della ricerca come anche sulla figura stessa dello storico dell’educa-zione. Le domande che, a Macerata come in altri atenei, iniziavamo a porci erano fondamentalmente due, ovvero:

– possono i musei del patrimonio storico-educativo innovare la ricerca uni-versitaria?

– e ancora: in che modo questi musei possono aiutarci a ripensare, o addirit-tura rifondare, il ruolo dello storico dell’educazione nell’università italiana? Significativi paiono, in tal senso, due articoli: nel primo, pubblicato nel 2010, Fabio Targhetta si interrogava proprio sulle nuove prospettive euristiche che i musei della scuola, con la loro disponibilità di nuove fonti documentarie e materiali, mostravano in direzione di un decisivo rinnovamento delle pratiche storiografiche13. Nel secondo articolo, del 2015, Marta Brunelli indicava nei

musei universitari un’opportunità, per le discipline storico-educative, di uscire dalla condizione di minorità in cui esse sono solitamente relegate nei curricoli universitari, per dismettere una mera funzione culturale e propedeutica –

12 Fin dagli anni ’80 e ‘90 Franco Frabboni usava tale espressione per auspicare che l’inse-gnamento scolastico uscisse dal chiuso delle aule per fare del territorio, della città, delle sue tante “teche” (compresi i musei) le sue speciali “aule didattiche decentrate” (F. Frabboni, Il

Si-stema formativo integrato, Teramo, 1989; Id., Didattica generale: una nuova scienza dell’educa-zione, Milano, Bruno Mondadori, 1999, p. 36).

13F. Targhetta, I musei dell’educazione come risorsa per la ricerca, «History of Education & Children’s Literature», vol. 5, n. 1, 2010, pp. 421-431.

Anna Ascenzi e Marta Brunelli

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quando non della formazione di una non meglio definita “consapevolezza del ruolo docente” – e assumere, finalmente, il ruolo di discipline applicate e fun-zionali alla sperimentazione di una didattica innovativa e laboratoriale14.

Detto in altri termini, i musei universitari mostrano di offrire oggi agli storici dell’educazione quella stessa opportunità che – in anni precedenti – i musei scientifici universitari avevano offerto agli storici della scienza: uscire finalmente dall'oscurità della ricerca storico-antiquaria, in cui il paradigma (predominante) della ricerca applicata li aveva per molti anni esiliati15.

Conclusioni

Nei nostri ruoli, rispettivamente, di Direttore del museo di Macerata (e, oggi, Presidente della giovane società SIPSE) e di Coordinatore della didattica mu-seale, ci sentiamo di affermare che le azioni sviluppate dal museo maceratese – e, su altri versanti, dagli altri musei universitari – sembrano sempre più con-fermare oggi la bontà di quelle intuizioni.

Negli ultimi anni il Museo «Paolo e Ornella Ricca» è sempre più organica-mente inserito nei curricoli universitari come luogo di pratiche laboratoriali e attive16. In conseguenza di ciò, un crescente numero di laureandi e di tirocinanti

chiede oggi di poter realizzare attività didattiche incentrate sul patrimonio sto-rico-scolastico come fulcro di una progettazione didattica condivisa tra il museo e le scuole del territorio, e fare di queste esperienze oggetto di tesi di laurea triennale e magistrale. Ma la progettazione a medio-lungo termine vede il museo maceratese impegnato su sempre nuovi fronti:

– il museo si apre cioè alle nuove esigenze formative del territorio attraverso l’avvio di collaborazioni strategiche con le scuole incentrate su progetti

spe-14 M. Brunelli, The School Museum as a Catalyst for a Renewal of the Teaching of History of

Education. Practices and experiences from the University of Macerata (Italy), «Educació i Historia»,

vol. 1, n. 26, 2015, pp. 121-141.

15 Si vedano le considerazioni di Vincenzo Vomero, La terza missione dell’Università, prima

missione per i Musei, «Museologia Scientifica. Nuova Serie», n. 10, 2016, pp. 9-14, in partic.

p. 9.

16 Il Laboratorio Museo della Scuola «Paolo e Ornella Ricca» (tenuto da Anna Ascenzi in co-teaching con Marta Brunelli) è stato nel 2015 offerto inizialmente come un’attività extra-cur-ricolare. Ma, dall’anno accademico 2017-2018 è stato definitivamente inserito come corso a scelta (di n. 60 ore per n. 6 CFU) all’interno del Piano di studi della Laurea Magistrale in Scienze della formazione primaria (LM-85bis) dell’Università degli Studi di Macerata.

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ciali (p.es. legati all’educazione interculturale, alla prevenzione del bullismo, all’educazione inclusiva);

– propone percorsi di aggiornamento su tematiche innovative per insegnanti, in formazione e in servizio, nei quali coniugare le metodologie didattico-museali (basate sull’apprendimento esperienziale, sull’interazione con gli oggetti e sulle pratiche collaborative) con la progettazione didattica nella scuola delle competenze;

– sviluppa le prime sperimentazioni di allestimenti e percorsi di accoglienza per nuovi pubblici: dal pubblico adolescenziale a quello anziano, fino ai pubblici speciali rappresentati dai portatori di varie disabilità sensoriali o intellettive e le loro famiglie.

Tutto ciò prevede la programmazione di interventi di ampio respiro e che, come detto, sono progettati sul medio-lungo periodo proprio a causa della complessità delle partnership da avviare e/o consolidare – sia all’esterno che al-l’interno dell’ateneo – che tali interventi comportano. Di contro, è evidente il potenziale impatto educativo, culturale e soprattutto sociale che tali azioni hanno sviluppato e che svilupperanno sempre più nei prossimi anni.

Per questi motivi, oggi il Museo della scuola «Paolo e Ornella Ricca» è di-ventato una delle iniziative di Terza missione promosse dal Dipartimento e for-temente appoggiate dall’Ateneo.

La Terza Missione veniva fino a pochi anni fa percepita come una sfida dagli esiti imprevedibili e potenzialmente negativi, soprattutto se osservata dal punto delle università e dei dipartimenti a forte vocazione umanistica, principalmente impegnati nella ricerca pura e difficilmente capaci di realizzare un “trasferi-mento tecnologico delle conoscenze”.

Oggi, alla luce dei primi risultati ottenuti dopo anni di lavoro, ci sentiamo di affermare che i musei del patrimonio storico-educativo ci offrono strumenti concreti per sviluppare iniziative di Terza Missione che ci consentano di fare innovazione sociale attraverso la promozione di progetti di inclusione, di parte-cipazione e di accessibilità culturale – pur senza tradire la natura delle collezioni o la specificità della ricerca storico-educativa ma anzi valorizzando le discipline storiche attraverso un nuovo dialogo interdisciplinare.

Anna Ascenzi e Marta Brunelli

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