eum
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S
UPPLEMENTI
IL CAPITALE CULTURALE
Studies on the Value of Cultural Heritage
AntonioMollari
1768-1843
Architetto-Ingegnere-Marchigiano
JOURNAL OF THE SECTION OF CULTURAL HERITAGE
Department of Education, Cultural Heritage and Tourism
University of Macerata
IL CAPITALE CULTURALE
Studies on the Value of Cultural Heritage
Supplementi 01
/
2014
Il Capitale culturale
Studies on the Value of Cultural Heritage
Supplementi 01, 2014 ISSN 2039-2362 (online)
© 2014 eum edizioni università di macerata Registrazione al Roc n. 735551 del 14/12/2010
Direttore Massimo Montella Coordinatore editoriale Mara Cerquetti Coordinatore tecnico Pierluigi Feliciati Comitato editoriale
Alessio Cavicchi, Mara Cerquetti, Francesca Coltrinari, Pierluigi Feliciati, Umberto Moscatelli, Enrico Nicosia, Sabina Pavone, Mauro Saracco, Federico Valacchi
Comitato scientifi co - Sezione di beni culturali
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Comitato scientifi co
Michela Addis, Tommy D. Andersson, Alberto Mario Banti, Carla Barbati, Sergio Barile, Nadia Barrella, Marisa Borraccini, Rossella Caffo, Ileana Chirassi Colombo, Rosanna Cioffi , Caterina Cirelli, Alan Clarke, Claudine Cohen, Lucia Corrain, Giuseppe Cruciani, Fiorella Dallari, Stefano Della Torre, Maria del Mar Gonzalez, Maurizio De Vita, Michela Di Macco, Fabio Donato, Rolando Dondarini, Andrea Emiliani, Gaetano Maria Golinelli, Xavier Greffe, Alberto Grohmann, Susan Hazan, Joel Heuillon, Lutz Klinkhammer, Emanuele Invernizzi, Federico Marazzi, Fabio Mariano, Aldo M. Morace, Raffaella Morselli, Giuliano Pinto, Marco Pizzo, Edouard
Pommier, Carlo Pongetti, Adriano Prosperi, Angelo R Pupino, Bernardino Quattrociocchi, Mauro Renna, Orietta Rossi Pinelli, Roberto Sani, Victor Schmidt, Girolamo Sciullo, Mislav Simunic, Simonetta Stopponi, Michele Tamma, Frank Vermeulen, Stefano Vitali.
Web
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Editore
eum edizioni università di macerata, Centro direzionale, via Carducci 63/a – 62100 Macerata tel (39) 733 258 6081 fax (39) 733 258 6086 http://eum.unimc.it [email protected] Layout editor Mauro Saracco Progetto grafi co
+crocevia / studio grafi co
Rivista accreditata AIDEA Rivista riconosciuta CUNSTA Rivista riconosciuta SISMED
Antonio Mollari
(1768-1843)
Un architetto e ingegnere marchigiano
Atti del convegno nazionale
(
Tolentino, MC, 17-18 giugno 2013)
a cura di Mauro Saracco
Antonio Mollari (1768-1843)
Un architetto e ingegnere marchigiano
Convegno nazionale
Ideato e promosso daGiuseppe Cruciani Fabozzi Fabio Mariano
con
Gianfrancesco Berchiesi Fausto Carratù
Comitato scientifi co
Elisa Debenedetti (Presidente) Angela Cipriani Giuseppe Cruciani-Fabozzi Fabio Mariano Massimo Montella Susanna Pasquali Orietta Verdi Nicoletta Zanni Comitato organizzatore Gianfrancesco Berchiesi Fausto Carratù Michele Spanò Comitato esecutivo Paolo Belardi Mauro Saracco Segreteria organizzativa
Associazione Culturale D. De Minicis www.assodeminicis.it – Tel. 333 3475893 con il contributo di
Enti patrocinatori:
Ministero per i Beni e le Attività Culturali Accademia Nazionale di San Luca Università degli Studi di Macerata Università Politecnica delle Marche Università degli Studi di Perugia
Accademia delle Arti “Pietro Vannucci” Centro Studi Storici Maceratesi
Regione Marche Provincia di Macerata Comune di Corridonia Comune di Foligno Comune di Macerata Comune di Matelica Comune di Petriolo
«Il capitale culturale», Supplementi 01 (2014), pp. 5-6 ISSN 2039-2362 (online) http://riviste.unimc.it/index.php/cap-cult © 2014 eum
Indice
7 Presentazione 11 Gianfrancesco BerchiesiAntonio Mollari, un problema di comunicazione 21 Fausto Carratù
La famiglia Mollari: cimeli e documenti 35 Alessandro Gambuti
Letteratura tecnica e formazione degli architetti ai tempi di Antonio Mollari
59 Nicoletta Zanni
Tre protagonistidell’architettura neoclassica a Trieste: Matteo Pertsch, Antonio Mollari, Pietro Nobile 99 Fabio Mariano
Antonio Mollari e l’architettura nelle Marche dal Neoclassico al Purismo
133 Giuseppe Cruciani Fabozzi, Fabio Sileoni
Indagini su Antonio Mollari architetto prima e dopo l’exploit triestino: 1789/99-1807/23
6 INDICE
223 Mauro Saracco
Palazzo de Sanctis a Matelica: Antonio Mollari e la nuova scena urbana di piazza Valerio
255 Paolo Belardi, Maria Elena Lascaro
Il nuovo volto delle città umbre nella restaurazione pontifi cia: Antonio Mollari a Foligno
281 Orietta Verdi
Antonio Mollari, ingegnere in capo di Acque e Strade: disegni tecnici e progetti (1818-1819)
313 Elisa Denenedetti
Antonio Mollari ingegnere idrostatico a Pesaro: 1818 e oltre 343 Elisa Denenedetti
Antonio Mollari fra Canova e Valadier 355 Fulvia Fabbi, Nora Lombardini
L’attività di Antonio Mollari nella Legazione Apostolica di Ravenna ai tempi del cardinale Agostino Rivarola
405 Sabina Carbonara Pompei
Dalle carte dell’Archivio di Stato di Roma: notizie sulla vita e l’attività professionale di Luigi Mollari
«Il capitale culturale», Supplementi 01 (2014), pp. 7-10 ISSN 2039-2362 (online) http://riviste.unimc.it/index.php/cap-cult © 2014 eum
Presentazione
Mauro Saracco*
Con questo primo numero di Supplementi, si avvia la pubblicazione di fascicoli, complementari al «Il Capitale Culturale», che ospiteranno atti di convegni e contributi monografi ci, in linea con i temi della tutela e della valorizzazione integrata del patrimonio culturale, come delineati nella mission della rivista.
Questa ulteriore iniziativa editoriale aumenta, dunque, il nostro impegno per la promozione e la pubblicazione di attività di studio, ricerca e progettazione ai fi ni della messa in valore del patrimonio culturale con metodo multidisciplinare.
* Mauro Saracco, Ricercatore di Restauro architettonico, Università degli Studi di Macerata,
Dipartimento di Scienze della formazione, beni culturali e turismo, piazzale Luigi Bertelli, 1, 62100 Macerata, e-mail: [email protected].
Si ringrazia in questa sede il prof. Giamfrancesco Berchiesi per la preziosa attività svolta durante l’organizzazione del convegno, prima, e nella raccolta degli atti, poi. Un doveroso ringraziamento va poi ai colleghi di redazione, nelle persone di Alessio Cavicchi, Mara Cerquetti, Francesca Coltrinari, Valeria Merola, Francesco Nicosia, Sabina Pavone, per la paziente collaborazione nella correzione delle bozze. Ringrazio infi ne Chiara Galli, amica ed ex collaboratrice, per la prima revisione dei testi ed il controllo della loro uniformità alle norme redazionali.
8 MAURO SARACCO
Negli ultimi anni, la crescente attenzione per alcuni protagonisti marchigiani dell’architettura “neoclassica”, ha originato studi e ricerche in grado di documentarne in modo puntuale l’attività professionale, (esemplare il caso di Ireneo Aleandri), rendendo esplicite committenze, collaborazioni, reali apporti nella progettazione e realizzazione delle numerose fabbriche che costellano i paesaggi urbani ed extraurbani della regione.
Il convegno tenutosi a Tolentino (MC) nel giugno del 2013, aveva il fi ne di approfondire la formazione e la carriera di Antonio Mollari (1768-1843), un protagonista di questa stagione dell’architettura italiana, che non sembrava aver usufruito di un’apprezzabile fortuna critica – con la sola eccezione del Palazzo della Borsa Vecchia di Trieste – nonostante i motivi d’interesse che la sua lunga militanza professionale offriva.
L’attività di Mollari, pur contraddistinta dagli elogi espressi da Canova e da Selva, infatti, appariva contrassegnata da estese “zone d’ombra”, riguardo sia al periodo di formazione artistica e alle prove antecedenti il soggiorno triestino, sia ai numerosi incarichi svolti come Architetto Camerale e Ingegnere di Acque e Strade nel Dipartimento del Musone e quindi in tutto lo Stato Pontifi cio (dalla Legazione di Ravenna a quella di Benevento).
L’acquisizione di nuovi dati documentali, grazie alle indagini della vicedirettrice dell’Archivio di Stato di Roma, dott.ssa Orietta Verdi, e all’esame delle carte di Mollari conservate dall’ing. Fausto Carratù, ha fornito le premesse per intraprendere una ricognizione archivistica, estesa ai diversi ambiti territoriali in cui lo stesso aveva operato, atta a ricostruire la sua articolata attività, prestata in veste sia di “libero professionista” che di funzionario dell’amministrazione prima francese e quindi pontifi cia.
L’esito della ricerca, esposto nel convegno e qui pubblicato, ha consentito di ridefi nire il poliedrico profi lo di Mollari, di identifi care opere architettoniche ed ingegneristiche a lui attribuibili su basi documentali, di ricostruire gli stretti legami intercorsi con altri autorevoli progettisti, Valadier, Canova, Berenzi, nonché di illustrare l’importanza assunta dalla compagine degli architetti ed ingegneri “camerali” che, nella prima metà dell’ottocento, hanno contribuito alla manutenzione, al consolidamento e al “ridisegno” del paesaggio del centro Italia, attraverso opere di ingegneria idraulica, portuale e stradale, troppo spesso misconosciute.
Il contributo di Gianfrancesco Berchiesi, cui cui va riconosciuto il merito di avere riportato l’attenzione sulla fi gura di Mollari, grazie ad un primo evento organizzato a Petriolo (MC) nel 2006, in cui vennero presentate alcune mappe corografi che a fi rma dell’architetto ed ingegnere montolmese rinvenute nell’archivio comunale, affronta problematicamente il tema della mancata fortuna critica delle sue realizzazioni, riconducendola a categorie interpretative, proprie di una certa storia dell’architettura, inadeguate a descrivere ed apprezzare fi gure professionali nelle quali convivono sia aspetti evidentemente artistici che più “modestamente” tecnici. Il problema sollevato da Berchiesi diviene quindi
9
PRESENTAZIONE
il fi l rouge degli apporti dei successivi interventi, che indagano, da diverse angolazioni ed attraverso fonti documentarie di varia natura, la formazione, l’opera e la personalità di Antonio Mollari, sia sotto il profi lo “artistico” che sotto quello eminentemente “ingegneristico”.
Fausto Carratù ripercorrere sinteticamente le vicende della famiglia Mollari e pubblica l’elenco dei cimeli e delle numerose lettere di Antonio, di cui è venuto in possesso, alcune delle quali hanno fornito importanti spunti per le indagini svolte dagli altri autori.
La ricostruzione della formazione professionale degli architetti ed ingegneri, alle soglie del XIX secolo, viene affrontata da Alessandro Gambuti, attraverso una disamina della letteratura tecnica del periodo e delle nuove cognizioni scientifi che che vi si rinvengono, atte a migliorare le competenze delle nuove leve di progettisti.
Nicoletta Zanni e Fabio Mariano ripercorrono la stagione dell’architettura neoclassica nei due contesti territoriali più signifi cativi per l’attività progettuale di Mollari: Trieste e le Marche. La prima, analizza l’imprinting neoclassico del capoluogo tergestino attraverso le fi gure e le opere di Matteo Pertsch, Pietro Nobile e dello stesso Mollari, che esordisce sulla “scena mitteleuropea” proprio con la realizzazione della sede della Borsa di Trieste, a seguito di un concorso che lo vede vincitore sul ben più conosciuto Pertsch. Il secondo esamina il tema della declinazione “purista” che l’architettura neoclassica assume in modo evidente nel territorio marchigiano, in forza di una compagine di architetti (Cosimo Morelli, Virginio Bracci, Andrea Vici, Giuseppe Lucatelli, Giuseppe Camporese, Pietro Ghinelli, Ireneo Aleandri, Vincenzo Ghinelli, Giuseppe Ferroni, Clemente Folchi Vici, Luigi Poletti e naturalmente Antoni Mollari), che dà vita a soluzioni progettuali innovative e distintive di questo nuovo “gusto” contrassegnato da chiarezza espressiva e riduzione formale.
Il corposo ed essenziale contributo di Giuseppe Cruciani Fabozzi, ricostruisce l’attività di Mollari, prima e dopo l’exploit triestino a partire dalla Nota di tutte
la Fabbriche compite, fatte secondo li disegni dell’Architetto Antonio Mollari e sua direzzione, allegata ad una lettera del 4 maggio 1807, rinvenuta presso
il fondo Canoviano della Biblioteca di Bassano del Grappa e del successivo
Transunto dei titoli e requisiti prodotto dall’architetto nel 1817, individuato,
dalla dott.ssa Verdi, nel Fondo Consiglio d’Arte dell’Archivio di Stato di Roma. I due documenti hanno consentito all’autore di avviare una ricerca approfondita, comprensiva di sopralluoghi e verifi che catastali, che ha portato ad assegnare a Mollari, con suffi ciente certezza, numerose opere “adespote” (Convento di San Francesco, casa Rioli, Palazzo Tomassini, ex Monastero ed Educandato delle Clarisse, Palazzo Foglietti, a Corridonia; Palazzo Cherubini a Civitanova) nonché altri edifi ci a Macerata e nel suo hinterland.
In merito, Mauro Saracco analizza il ruolo svolto dall’architetto nella progettazione e costruzione di palazzo De Sanctis a Matelica, ripercorrendo su basi documentali l’iter amministrativo della vicenda ed attribuendo allo stesso
10 MAURO SARACCO
parti della fabbrica sino ad ora di dubbia paternità, in forza di recenti rilievi e sopralluoghi e del confronto con altre opere in cui lo stesso aveva certamente prestato la sua opera.
Il periodo di attività di Mollari in Umbria, con particolare riferimento ad un altro concorso che lo vede vincitore e cioè quello per la Decorazione della
facciata, e ristauro della Torre del comune di Foligno, viene illustrato da Paolo
Berardi e Maria Elena Lascaro, che ampliano l’orizzonte della loro indagine al tema del rinnovo del “volto” delle città umbre intrapreso nella prima metà dell’Ottocento, grazie all’operato di architetti ed ingegneri di grande qualità: Pietro e Vincenzo Ghinelli, Luigi Poletti, Virginio Vespignani, Ireneo Aleandri.
Nel 1818 Antonio Mollari, viene nominato ingegnere in capo di Acque e Strade nella delegazione di Urbino e Pesaro. Questo incarico comportò una intensa attività progettuale contrassegnata anche da importanti interventi di ingegneria idrostatica e stradale che vengono illustrati, a partire dalle fonti documentarie, nei contributi di Orietta Verdi ed Elisa Debenedetti. Le due autrici ricostruiscono puntualmente le prestazioni professionali svolte dall’ingegnere capo nelle numerose opere pubbliche realizzate o solo progettate nel territorio della delegazione, dalle strade ai ponti, dai porti alle opere di regimazione idraulica e di consolidamento geologico.
L’errante carriera dell’architetto montolmese, lo vede successivamente impegnato (uffi cialmente dal 1825) presso la legazione Apostolica di Ravenna, dove giunge per gli auspici del cardinale Agostino Rivarola. La ricerca, condotta da Fulvia Fabbi e Nora Lombardini, a partire dal materiale rinvenuto presso l’Archivio di Stato di Ravenna, che conserva un corposo patrimonio di atti uffi ciali a fi rma di Mollari, indaga e restituisce l’attività da lui prestata in qualità di ingegnere collaudatore della Legazione apostolica, durante il primo anno di servizio (1825) ed apre a successivi possibili approfondimenti che potrebbero essere esperiti nello stesso copioso carteggio, che si protrae temporalmente sino al 1830. Tale attività è, inoltre, studiata nel contesto sociale, politico ed economico di Ravenna durante le importanti ristrutturazioni amministrative introdotte dalla Restaurazione.
Il contributo di Sabina Carbonara chiude la trattazione presentando la fi gura di Luigi Mollari, fi glio e stretto collaboratore di Antonio già dal 1824, attivo assieme al genitore in Umbria, dopo il 1832, per riparare i danni del terremoto e suo “braccio destro” negli importanti interventi di consolidamento statico e di riparazione della basilica di S. Maria degli Angeli, presso Assisi.
Il quadro che scaturisce dai diversi contributi, seppur non esaustivo, si crede possa delineare con maggior chiarezza la fi gura e l’opera di Antonio Mollari, restituendogli una giusta collocazione nella storiografi a architettonica italiana della prima metà dell’Ottocento ed aprire spiragli verso nuove ed auspicabili ricerche incentrate sul ruolo svolto, in questo periodo di rinnovamento, dagli “architetti/ingegneri” impiegati nel governo dei territori, in qualità di funzionari delle amministrazioni locali.
Antonio Mollari, un problema di
comunicazione
Gianfrancesco Berchiesi*
Abstract
La riscoperta della fi gura di Antonio Mollari, in seguito al ritrovamento presso il Comune di Petriolo di cinque sue tavole acquerellate, ebbe inizio con la mostra del 2006, nella quale l’esposizione di alcune delle più interessanti tavole conservate a Trieste, Foligno e Macerata e una conferenza del Prof. Cruciani Fabozzi, seguita dalla storia della famiglia Mollari ad opera dell’Ing. Carratù, delinearono un primo “ritratto” della personalità di Antonio Mollari. Da quella data è poi maturata l’idea di indagare in maniera più adeguata la sua attività, giungendo al Convegno tenuto all’Abbadia di Fiastra nel 2013. L’autore mette in evidenza come la fi gura di Antonio Mollari, al di là del giudizio tecnico che possono esprimere i relatori che si sono succeduti nel Convegno, ha un problema legato alla
* Gianfrancesco Berchiesi, già Professore associato di Chimica fi sica presso l’Università di
Camerino, ha fondato l’Associazione Culturale Diego de Minicis, riconosciuta dalla Regione Marche come Associazione di Volontariato, in cui ricopre la carica di Presidente. Si interessa della valorizzazione del patrimonio culturale dell’area picena. Associazione Culturale Diego De Minicis, Via Portanuova, 23, 62014 Petriolo (MC), e-mail: [email protected].
«Il capitale culturale», Supplementi 01 (2014), pp. 11-19 ISSN 2039-2362 (online)
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comunicazione. Chi era Mollari e come potrebbe essere adeguatamente presentato in una riunione di persone non addette ai lavori? Era architetto, ingegnere, tecnico? Oppure, alla bisogna, era l’una o l’altra di queste fi gure?
In this report it is narrated that in 2006 the fi gure of Antonio Mollari was reproposed, after the discovery of fi ve watercolor maps at the municipality of Petriolo, by means of a small exhibition to which Prof. Cruciani Fabozzi gave the right approach. From that date an interest in the idea of a more appropriate and extensive discussion on Antonio Mollari is later gained, reaching the Conference held in the Abbey of Fiastra in 2013. The author highlights how the fi gure of Antonio Mollari has a problem with the communication, beyond the technical opinion, expressed by the speakers that have taken place in the conference. Who was Mollari and how could he be adequately presented at a meeting of persons not qualifi ed in this matter? It was Architect or Engineer? Or, as needed, was the one or the other of these fi gures?
Nel 2006, a Petriolo, piccolo Comune della provincia di Macerata, ed una volta potente feudo della Famiglia de’ Nobili, tre persone, Laura Vissani, Isabella Ciccioli ed il sottoscritto (che poi avrebbero fondato l’Associazione) diedero vita ad un evento per riparlare di Antonio Mollari e per ricordare che nel suo ritorno nelle Marche, dopo l’esperienza triestina, si era interessato anche di questo borgo allo scopo di migliorare le strade esistenti. Cinque tavole acquerellate ancora testimoniano questo lavoro (fi gg. 1-2). Fu la cortesia e la competenza del Prof. Cruciani Fabozzi e dell’Ing. Carratù a dare il giusto livello all’evento, nato in economia, ma che ebbe il merito di riparlare di Mollari e di evidenziarne, a mio avviso, la natura complessa.
Nella comunicazione umana si è soliti usare degli schemi logici per caratterizzare la realtà. Ma come Pasteur, che non era propriamente medico, né solamente chimico, fu però scienziato, Mollari non fu puramente architetto nell’accezione moderna come non fu puramente tecnico, però la sua produzione oscilla tra l’Architettura nel senso comune e l’Ingegneria o addirittura il lavoro tecnico che oggi considereremmo appropriato per un geometra. Già nelle tavole di Petriolo si nota il suo livello tecnico ed anche il suo senso artistico (ad esempio la tavola con il progetto del ponte sul fosso Valliccione). Tant’è che la manifestazione del 2006 fu intitolata: Mollari: tecnico ed artista.
Quando si esamina la fi gura di Mollari e si inizia cronologicamente dalla sua prima opera (il palazzo della Borsa Vecchia di Trieste) per poi parlare di anni e anni di ponti e strade e trovare infi ne l’intervento condotto nel palazzo comunale di Foligno, si ottiene una rappresentazione del personaggio altalenante e apparentemente poco fondata sulla architettura, sopratutto per chi si avvicina a questi temi da profano. Occorre, probabilmente, un nuovo approccio alla personalità di Antonio Mollari. Possono venire in aiuto quelle concezioni moderne della realtà che sono fi glie del ’900. Il determinismo nel ‘900 cede il passo al probabilismo. L’impostazione psicologica della natura umana ci fa osservare l’uomo come ad un cosmo composito. Per quale ragione
il professionista Antonio Mollari è così complesso? L’aspetto formativo del giovane Mollari, che non è ben conosciuto e dovrebbe essere tenacemente indagato, è forse la chiave di volta della sua personalità.
Mollari a volte si esprime come architetto a volte come tecnico ma non perché sia fi gura stanca e professionalmente poco caratterizzata. In realtà ha un grande senso dello spazio che, nell’attività, assume i due aspetti di spazio su cui lavorare e ambiente al quale va legato e questo modo di intervenire è visibile anche nella creazione della sua opera maggiore.
Ebbe tre periodi: quello triestino, quello maceratese e quello umbro-romano e questi debbono essere osservati con un nuovo metro di giudizio. Se si pensa a lui come architetto, nell’accezione comune del termine, si vede nel primo periodo il massimo fulgore, nel secondo l’assopimento, nel terzo una ripresa. Ne emerge una fi gura altalenante, dai contorni non ben defi niti. Giudicandolo così si compie un errore interpretativo: si associa il suo primo lavoro (Borsa Vecchia di Trieste) ad architettura, si defi nisce l’autore architetto e si attende che le sue opere future siano rappresentate da palazzi, archi di trionfo e scalinate spettacolari. Così non è stato, anzi dai fasti del palazzo della Borsa si scende a lavori tecnici da Ingegnere o forse geometra. Il problema quindi non è in Mollari, quanto negli schemi di decodifi ca adottati per analizzare la sua fi gura professionale. È possibile, forse, fare una ipotesi di partenza: Mollari aveva un innato senso dello spazio, era cioè un razionalizzatore spaziale. Con questo termine si vuole indicare quella parte dello spazio che costituirà la sua opera (chiamiamolo sistema), il “di fuori” a questo spazio (chiamiamolo ambiente), e quell’insieme di strutture, anche logiche, che collegano ambiente e sistema. É in questa visione globale di sistema ed ambiente che in lui nasce istantanea la visione dell’armonizzazione e dell’apparato tecnico necessario a realizzarla. Del Palazzo della Borsa Vecchia occorre osservare le prime due tavole conservate presso l’Archivio della Borsa di Trieste: la tavola del Canale della Portizza e la tavola della Palizzata di fondazione (fi gg. 3-4).
Nella prima Mollari dà la sua visione della armonizzazione del costruendo con l’ambiente esistente1 e nella seconda studia come legare l’opera all’ambiente
stesso. È una proiezione spazio-tecnico-ambientale unitaria, che non può essere scomposta. Da questa fase poi, ove si fossero create le condizioni, era possibile sviluppare proposte più propriamente architettoniche, o altrimenti soluzioni progettuali espressamente tecniche. Pertanto fi no alla defi nizione del progetto rappresentata nelle tavole I e II, la sua attività creativa è riconducibile a quella necessaria per la defi nizione di una strada o di un ponte ed è salda l’idea in chi scrive che questo aspetto della sua capacità progettuale fosse già molto appagante, probabilmente per due fatti: una sua naturale predisposizione e
1 Tale aspetto è evidenziato dalla forma che Mollari destina al Palazzo: un trapezoide e ciò è in
armonia con la forma trapezoidale dell’area a lui destinata. Ciò fu aspramente criticato da Matteo Pertsch, l’architetto in lizza con lui, che prevedeva nel suo progetto una forma rettangolare.
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una particolare formazione parimenti solida sia in ambito tecniscientifi co-matematico sia in ambito ornamentale-artistico.
Questo sua competenza pluridisciplinare fortemente integrata, quindi, gli consentiva di essere anche un abile progettatore di strade e di ponti poiché il processo mentale era sempre lo stesso.
Così pure la sua visione del palazzo comunale di Foligno, che realizzò incapsulando il vecchio edifi cio in una nuova struttura.
Di strade si interessò anche nel suo periodo triestino: la strada che sale al Castello di Trieste fu realizzata da Mollari e la relativa tavola è conservata all’Archivio di Stato di Trieste.
Chi scrive è persuaso che il lavoro tecnico soddisfacesse il nostro o meglio permettesse alle sue visioni spaziali di estrinsecarsi. Di strade si interessò a lungo anche nel periodo maceratese. Le strade di Petriolo vennero corrette e nelle tavole una manina con il dito puntato indica con precisione i punti di intervento. La sua abilità unanimemente riconosciuta emerge da un carteggio tra il sindaco di Mogliano (che apparteneva al dipartimento del Tronto) e Mollari (Uffi cio tecnico del Dipartimento del Musone) riportato nella pagina web dell’Associazione Culturale Diego de Minicis2. Il Sindaco di Mogliano chiede
l’intervento di Mollari, scavalcando quindi il suo naturale Uffi cio Tecnico.
Regno d’Italia
Dipartimento del Musone 23 Dicembre 1809 Il Podestà di Mogliano Al Sig.Cav.Prefetto del Tronto
Per defi nire una questione atteso lo slamamento di una strada suburbana di questo Comune cagionata dall’acqua, stimo necessaria la perizia di Persona intendente onde decidere a chi spetti la spesa del riattamento, cioè se alla Comune, ovvero al frontista del terreno adiacente, tanto più che interpellato da me per lettera il sig. Mollari Antonio Ingegnere in Capo in Macerata, mi ha risposto che l’affare merita di esser considerato a tenore delle circostanze del sito. Prego pertanto Lei Signor Prefetto di autorizzarmi per la visita di un Perito e per la spesa che possa occorrere trattandosi di una strada frequentatissima e necessaria ai miei Amministrati.
Mi pregio di salutarla con distinzione Chierichetti
In conclusione ideare ex novo (palazzo della Borsa Vecchia, Palazzo De Sanctis, Ville triestine), “ristrutturare” il vecchio (Palazzo Comunale di Foligno), creare, adattare, riparare strade hanno alla base un’unica visione: l’armonia con
2 <http://www.assodeminicis.it/main_index.htm>, 10.06.2014.
l’esistente e l’aggancio tecnico con l’ambiente. Per questo motivo il suo spirito trovava appagamento in questi lavori, solo apparentemente discordanti.
Considerato che architetto, ingegnere, geometra sono parole che racchiudono uno schema logico parziale, è forse necessario considerare Mollari sulla base di un sfondo più ampio, che raccolga le tre fi gure e che potremmo defi nire “razionalizzatore spaziale”. Questa proposta è una impostazione logica nell’ambito della comunicazione di cui, in altri campi, ci sono ampi esempi ed applicazioni. Basti pensare ai dualismi di cui si fa uso nelle scienze fi siche e/o alla scomposizione di una “personalità” in una serie di componenti psicologiche. Se proviamo a scomporre il personaggio “Mollari” in componenti più facilmente defi nibili sulla base della comunicazione più comune, possiamo dire, dunque, che in lui coesistono l’ingegnere e l’architetto (parole a cui noi diamo un ben preciso signifi cato) e possiamo anche dire che il venire in contatto con un problema ben preciso faceva emergere o l’una o l’altra delle due fi gure o entrambe.
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Fig. 1. Antonio Mollari, Strada che da Petriolo conduce a Loro Piceno e progetto del Ponte
sul fosso Valliccione, Archivio Storico Comunale, Petriolo (MC)
Appendice
Fig. 2. Antonio Mollari, Veduta d’insieme delle quattro strade di Petriolo e progetto del
Ponte sul fosso Valliccione, Archivio Storico Comunale, Petriolo (MC)
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Fig. 3. Antonio Mollari, Il Canale della Portizza e, in giallo, l’area da destinare al palazzo della Borsa, Archivio della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trieste.
Fig. 4. Antonio Mollari, La palizzata di Fondazione della Borsa vecchia di Trieste, Archivio della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trieste
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«Il capitale culturale», Supplementi 01 (2014), pp. 21-33 ISSN 2039-2362 (online)
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La famiglia Mollari: cimeli e
documenti
Fausto Carratù*
Abstract
Alcune importanti informazioni su Antonio Mollari sono scaturite da documenti in possesso dell’ing. Fausto Carratù. Tali documenti, assieme ad alcuni cimeli della famiglia Mollari, rappresentano quanto rimasto di un corposo archivio professionale disperso nel 1886, ma hanno consentito di avviare ricerche più approfondite sulla fi gura del Mollari e di giungere ai risultati che si pubblicano in questa sede.
Some important information about Antonio Mollari are emerged from documents held by ing. Fausto Carratù. These documents, along with some Mollari family heirlooms, are what remains of a large professional archive lost in 1886, but have allowed to initiate more research on the fi gure of Antonio Mollari and achieve the results that are published here.
* Fausto Carratù, Ingegnere, Via Lanza Giovanni, 108, 00184 Roma, email: faustocarratu@
22 FAUSTO CARRATÙ
1. Note sulla famiglia Mollari
Nei miei lontani anni universitari feci la conoscenza della famiglia Mollari, che viveva a Roma a due passi dalla mia. Di questa famiglia un mio fratello fu medico di fi ducia, rapporto che nel tempo maturò un’amicizia tanto fraterna da indurre i Mollari ad affi dargli i cimeli di famiglia.
I pronipoti da me conosciuti sapevano abbastanza poco del loro bisnonno architetto, per due prevalenti ragioni.
La prima risulta con evidenza dall’albero genealogico (fi g. 1): i protagonisti principali, l’arch. Antonio senior, l’ing. Luigi e l’ing. Antonio jr, sono morti quando i fi gli erano ancora in giovane età, con conseguente penalizzazione della normale trasmissione orale.
La seconda è costituita dalla perdita, assolutamente catastrofi ca, della cassa contenente documenti e carte dell’ing. Luigi e dell’arch. Antonio senior, avvenuta in occasione di un trasloco a Terracina nel 1886.
Non a caso l’albero genealogico risulta signifi cativamente manchevole di molte informazioni, a conferma che gli stessi pronipoti non conoscevano alcuni importanti componenti familiari per i quali, ancora negli anni Settanta, conducevano ricerche presso le città di origine, con il diretto aiuto dello stesso medico di famiglia.
Il Mollari aveva un fratello maggiore, Giacomo Vincenzo, che aveva seguito la carriera ecclesiastica. L’unica sua traccia rimasta si trova nella Bibbia in 23 volumi del 1780-90, nella quale, sopra ciascuna prima pagina (fi g. 2) il Canonico aveva scritto il suo nome, prezzo in bajocchi e data di acquisto.
Della moglie del bisnonno i pronipoti riferivano che fosse una giovane ungherese, e che fosse stata dama di corte dell’Imperatrice d’Austria, Josepha Genhan. Di lei esiste un bel ritratto ad olio dove appare con il piccolo primogenito, futuro ing. Luigi.
Le più signifi cative informazioni sul Mollari, provenienti dai cimeli e dai documenti di famiglia, sono inerenti alla sua attività di architetto. In particolare sono di estrema rilevanza le lettere che attestano la stretta amicizia col Canova e con il suo ambiente artistico-culturale. Una lettera del 1907 inviata al Canova acclude un eccezionale curriculum dei disegni e realizzazioni del Mollari sino a quell’anno. Infi ne, merita attenzione la circostanza del ritrovamento della (nuova) tomba del Mollari al cimitero monumentale di Roma.
2. Cimeli presenti in casa Mollari
Di assoluto interesse, è il documento pittorico che ci consegna il volto dell’architetto Mollari, un ritratto ad olio (fi g. 3), che lo presenta in età ancora giovane, semiorientato verso uno scaffale di libri. Dalla mano destra spunta la
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LA FAMIGLIA MOLLARI: CIMELI E DOCUMENTI
testa sferica di un compasso la cui punta poggia su un foglio. Tra le mani, in secondo piano, appare quello che probabilmente è l’astuccio dei compassi.
L’astuccio dei compassi (fi g. 4) che nel quadro appare in secondo piano, tra le mani del Mollari, è tra i cimeli: contiene nove pezzi, a cui sono stati aggiunti altri tre pezzi di differente provenienza, uno stilo portamatita, uno stilo con lama a coltellino, ed uno stilo a punta da ricalco.
Oltre all’astuccio si trovano due contenitori ovali (fi g. 5), contenenti compassi e regoli in bronzo, di fabbricazione francese (fi g. 6), con le iniziali A.M. incise su un portamine di bronzo (fi g. 7) e sul coperchio di un contenitore (fi g. 8).
Appartenente ad Antonio Mollari si conserva anche un paio di forbici in lamina di ferro con impugnatura in bronzo (fi g. 9), un forchettone da selvaggina (fi g. 10) con le iniziali incise sul dosso di fondo del manico (fi g. 11), due cucchiaini (fi g. 12) con iniziali incise sul terminale del dorso, due cucchiai da minestra con iniziali sul dorso (fi g. 13).
3. Corrispondenza intercorsa tra Antonio Mollari ed Antonio Canova Di assoluto valore, come detto, è il ritrovamento, presso l’archivio di Bassano del Grappa, all’interno del Carteggio Canoviano, di alcune lettere che il Mollari scrisse ad Antonio Canova.
Le lettere sono state ritrovate grazie ad una valentissima funzionaria del Museo Civico di Bassano del Grappa, dove nel 1983 era stato costituito il Comitato per l’edizione nazionale delle Opere di Antonio Canova. Detto Comitato avviò il censimento della corrispondenza mondiale canoviana. Nel 2009 erano state recuperate in copia circa 12.000 lettere (6000 delle quali possedute dalla Biblioteca Civica di Bassano). In questo fondo sono state rinvenute cinque lettere inviate dal Mollari al Canova, di cui tre nel 1807 e due del 1809, oltre ad una lettera del Canova al Mollari, del 1809, reperita in una biblioteca di Madrid. Appare del tutto improbabile, per la evidente frequentazione epistolare emergente dalle lettere, che queste si siano limitate ai soli due anni indicati. Dalla lettera del 24 aprile 1807 risulta che nel 1806 il Mollari è stato a Vienna e vi ha incontrato il Canova, dopo di che è tornato in patria per allontanarsi «dai rumori della guerra passata». Il Mollari vuole donargli copia dei disegni della Borsa di Trieste, attende nuove commissioni e dichiara di essere in ottimi rapporti col «preside Generale Mons. Rivarola»1. Con lettera del 4 maggio
1807 Mollari ringrazia Canova per averlo proposto come Architetto Reale, con «piena soddisfazione della mia Consorte», anche se si trova onorato a Macerata di essere stato insignito del titolo di «Pubblico Architetto e Perito
1 Biblioteca Comunale di Bassano del Grappa (d’ora in poi BC BdG), Carteggio Canoviano,
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di tutta la Provincia della Marca, continuamente quasi occupato in far perizie, accessi, e disegni, benché di non grandissima conseguenza». Acclude in nota2
la bramata nota di tutte le fabbriche innalzate e compite con mio disegno o direzione, come pure di quelle lasciate sospese al primo piano circa, attesi i rumori della guerra e fi nalmente di quelli da me formati ma non per anche messi in opera atteso l’incaglio del Commercio. Nota di tutte le fabbriche compite, fatte secondo li disegni dell’Arch. A. Mollari e sua Direzione:
In Mte dell’Olmo (La Chiesa Collegiata de’ SS Apostoli Pietro, Paolo e Donato; La Sacrestia, Refettorio Scala e buona porzione del Convento de’ PP M Cl di S. Francesco; La metà circa del Monastero delle Monache di S. Giovanni Batta col Educandato Refettorio A; La Congregazione della Madonna della Speranza per Comodo di tutti li contadini; La riforma del Palazzo del Nobil Uomo Sig. Conte Foglietti; La nuova abitazione del sig. Arcidiacono Rioli; L’abitazione del Sig. Tommasini).
In Francavilla (Il Pubblico Palazzo Priorale; Un disegno per un casino al Sig. Castellani). In Mogliano (La riforma della Chiesa de’ P.P.M.C. di S. Franco ).
In Civitanova (La nuova abitazione del sig. Civolini).
In Macerata (Riforma del Palazzo del Sig. Conte de Vico Ubaldini; La riforma della Tribuna della Chiesa de’ P.P.M.C. di S.Francesco).
In Trieste (L’abitazione del Negoziante Abram Almeda; Altra del Sig. Aron David (Caviel o Cuviel o Curiel) Banchiere; Altra del Negoziante Salvator Morpurgo; Altra del Sig. Costantino Costantini Negoziante; Altra del Sig. Axotti (Ascotti) Greco Negoziante; Altra del Sig. Costantino Polo Greco Neg.; Altra, riforma del Vecchio Casamento del Nobil Uomo Sig. Cavaliere Alessandro de Lellis Console di Spagna; Altro nuovo Palazzo fatto al med. Sud. Sig. Console, due anni sono ultimato; Altro nuovo Palazzo al Sig. Andrea Grot (Eriot) ConSole Generale della Svizzera; Altro al Negoziante Sig. Giovanni Mayer; Altro al Sig. Giovanni Dobev o Dobler, e Compagni; Ditta rispettabile in cui è associato il sig. Conte Fries (Dries o Drieg) Banchiere in Vienna; Altro del Sig. Conte Carlo de Maffei Console Pontifi cio; Altro del Sig. Carlo Luigi Chiozza Negoziante; Altra abitazione del Capitano Marincovich; Un Casino di delizie al Sig. Pietro Rosada Negoziante di Grani; Altro al Sig. Framentiti (Dramentiti) Negoziante Francese; Altro di considerazione e spesa con suo Giardino fatto per commissione del Sud. Da eseguirsi in Smirn; Altro Casino al Sig. Mayer in Campagna; Ridotta carrozzabile e comodissima una strada inaccessibile che mette al Castello, ed alla Cattedrale di S. Giusto; Finalmente la Fabbrica della Borsa o sia Loggia Mercantile. Il disegno della quale fù a pieni voti approvato dalla Reale Accademia di Parma. Essa Fabbrica è piantata nel Mare sopra una Palizzata di circa cinque mila quercie Quindi [s]ei piedi sotto il livello del Mare fi nisce, il Piano Superiore di detta Palizzata in cui lavorarono circa trecento uomini a piedi asciutti a fronte che, da tutti i lati e di sotto a tutta l’Arca le acque uscissero a gran copia che con ingegno, si obbligirono tutte riunirsi in un sol punto lasciando libera tutta l’Arca o superfi cie fi ssato per l’Edifi zio con generale sorpresa. Tutte le suddette compite fabbriche costavano per lo meno circa un milione e centomila fi orini considerato il fi orino al suo giusto valore.
Disegni formati e fabbriche sospese attesa la Guerra
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LA FAMIGLIA MOLLARI: CIMELI E DOCUMENTI
La Chiesa dei P.M.C. di S. Franco in Montolmo; L’Ospitale e Chiesa di S. Salvatore; Il Teatro; Il Pubblico Palazzo Priorale.
In Macerata (Il Palazzo del Nobil Uomo Sig. Marchese Gregorio Uguli; in sola assistenza e direzione sospeso al Piano Nobile; Il Teatro; La Nuova Porta della Città detta del Mercato; Il Palazzo del Marchese Sig. Franco Accoretti; La Riforma del Palazzo del Sig. Cavaliere Ciccolini; La nuova Vetraria con molte Abitazioni che ora si Proseguisce).
In Tolentino (Il Nuovo Cemiterio con tempio rotondo).
In Venezia (La nuova Abitazione del Sig. Simone Zoppetti (Toppetti) solo disegno).
In Vienna (Il Disegno del Nuovo Palazzo del Sig. principe SchWarzemberg a Piazza Farina non Ultimato Attesa L’ultima Guerra).
In Trieste (Per La Chiesa di S. Pietro a Piazza, formato il disegno; Per la Chiesa di S. Ant. Formati cinque diversi disegni uno de quali di piena soddisfazione di S.M. l’Imperatore. Si sarebbe posto in opera se non lo contrastava la Guerra).
Molti altri disegni e Fabbriche di poca considerazione.
Il Mollari conclude la lista delle opere aggiungendo anche il lusinghiero giudizio espresso dalla Reale Accademia di Parma3:
Giudizio della Reale Accademia delle Belle Arti di Parma
Essendoci pervenuti per mezzo del Nostro Segretario Perpetuo due Disegni Architettonici delli Egregi Matteo Pretsch, ed Antonio Mollari, distinti in Piani, Spaccati, ed Elevazioni per la fabbrica di una Borsa, ossia Loggia Mercantile, e letta la graziosa inchiesta di questo Supremo Ceto Mercantile trasmessa con lettera delli Spettabili Rappresentanti lo stesso Ceto con il Piano, ed i rifl essi da esso fatti sulla fabbrica da costruirsi. Noi buon grado avendo alla confi denza addimostrataci, abbiamo convocati i nostri Accademici, e con matura ed attenta disamina, considerato, confrontato, e ponderato quanto era da considerarsi, confrontarsi, e ponderarsi per passare con certezza di cognizione a pronunziare il nostro Giudizio, siamo passati d’unanime consenso a sciegliere a pieni voti quello dell’Egregio Architetto Antonio Mollari, essendosi il di lui Disegno riconosciuto migliore.
Dalla Residenza della Real Accademia delle Belle Arti di Parma questo Dì 13. Giugno 1801.
Il Mollari termina la lunga lettera 4 maggio 1807 con un ottimistico «attendo riscontro per pormi in viaggio»4. Nella successiva lettera, del 6 luglio
1807, si duole soprattutto per il rammarico manifestatogli dal Canova nel comunicargli che la sua nomina ad Architetto Reale era sfumata, mentre rivela la soddisfazione espressa dai suoi concittadini nel saperlo non più in partenza. Saluta i familiari di casa Canova, in particolare la sig.a Aloisia, il sig. Domenico come pure il sig. Desta e tutta la sua famiglia, e
questi anche per parte della mia consorte benché non abbia avuto l’onore di conoscerne alcuno; una tale disgrazia forma un oggetto delli suoi dispiaceri, perché lusingavasi di aver la sorte di fare a tutti di persona i suoi complimenti5.
3 Ivi, Carteggio Canoviano, VI-683-4019. 4 Ivi, Carteggio Canoviano, VI-683-13. 5 Ivi, Carteggio Canoviano, VI-683-14.
26 FAUSTO CARRATÙ
Con lettera del 23 gennaro 1809 il Mollari chiede al Canova sostegno presso il «Suo amico di Milano» per i concorsi banditi, a Milano, per i posti di Ingegneri in Capo, e Ingegneri di prima e seconda classe in vari Dipartimenti. Informa il Canova di essere stato nominato membro della Commissione delle Belle Arti e che gli è stata conferita la carica di deputato al Pubblico ornato6.
Con lettera del 20 febbraio 1809, ringrazia il Canova per l’aiuto che gli potrà dare nella «nota pendenza in Milano»7.
Una lettera senza data è inviata al Canova dal Mollari, che dice di trovarsi in Fossato per riparazione della strada del Furlo, per segnalargli certo Pietro Buschi8.
La lettera del 2 dicembre 1807 (o 1809?) che Canova invia al Mollari, è conservata a Madrid, Biblioteca Bartolomè S. Servero, collezione C.R. Porrero: Canova assicura il suo interessamento per un giovane segnalatogli dal Mollari. Scambi di saluti tra famiglie.
4. La tomba dell’architetto Mollari
La tomba (fi g. 14) si trova attualmente nella zona nuova del cimitero monumentale del Verano di Roma, contigua allo scalo S. Lorenzo, nel reparto denominato “Ampliamento”, passaggio V. Tutti gli altri discendenti sono in una differente tomba, situata sulla destra del Quadriportico monumentale, dove i pronipoti nel 1976 fecero trasferire le spoglie dei genitori, zii e nonni che erano stati sepolti a Terracina, con l’eccezione della bisnonna Josepha Genhan, moglie dell’arch. Antonio. Costei era sepolta fi no a qualche decennio fa nella chiesa di San Domenico, a Terracina, da dove, sconsacrata la chiesa, è stata trasferita nel locale cimitero vecchio.
La precedente tomba del Mollari era dotata di una stele che citava la militanza tecnica sotto vari pontefi ci e l’anno della morte, senza giorno nè mese. Non si hanno notizie della sua attuale collocazione (forse i frammenti sono all’interno del nuovo loculo).
6 Ivi, Carteggio Canoviano, VI-683-15. 7 Ivi, Carteggio Canoviano, VI-683-4015. 8 Ivi, Carteggio Canoviano, VI-683-17.
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LA FAMIGLIA MOLLARI: CIMELI E DOCUMENTI
Appendice
28 FAUSTO CARRATÙ
Fig. 2. Chiosa manoscritta del fratello di Antonio Mollari.
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LA FAMIGLIA MOLLARI: CIMELI E DOCUMENTI
Fig. 4. Astuccio dei compassi
30 FAUSTO CARRATÙ
Fig. 7. Portamine in bronzo con iniziali A.M
Fig. 8. Iniziali A.M. incise sulla targhetta del coperchio del contenitore di compassi
Fig. 9. Forbici da carta in ferro e bronzo
Fig. 10. Forchettone da selvaggina con
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LA FAMIGLIA MOLLARI: CIMELI E DOCUMENTI
Fig. 12. Due cucchiaini con iniziali A.M. sul dorso
Fig. 13. Iniziali A.M. incise sul dorso di due cucchiai
32 FAUSTO CARRATÙ
Appendice documentaria
Elenco dei documenti conservati in casa Mollari
– Lettera, Trieste, 10 ottobre 1805, intestazione, All’Antonio Mollari
Architetto in Trieste
Sua Maestà si è con Sovrana Risoluzione del 19 Settembre anno corrente degnata di benignamente accettare la dedica dei Modelli e disegni formati dall’Architetto Antonio Mollari della nuova Borsa di Trieste, e che egli è ora intenzionato a far incidere in Rame. Questa Sovrana Risoluzione […] viene comunicata ad Esso Supplicante per sua buona notizia e direzione.
– Lettera, Trieste, 18 Sett. 1806, intestazione, Al Sig. Architetto Antonio
Mollari
Per parte dell’infrascritta Commissione si dichiara ed attesta: […] Il Sig. Antonio Mollari Pubblico Architetto nell’esecuzione dell’opera da Lui in tal qualità prestata all’erezione dell’Edifi zio di Borsa Mercantile in questa Città abbia dato saggi di Architettoniche cognizioni, e prove non dubbie di sua fedeltà e zelo in ogni rapporto, talchè la medesima si trovò contenta e soddisfatta del di Lui contegno ed operazione.
Seguono dieci fi rme autenticate.
– Lettera, Macerata, 25 Giugno 1808, intestazione, Regno d’Italia – Il
Prefetto nel Dipartimento del Musone, Al Sig. Mollari Antonio. Invito a
partecipare alla Commissione per la scelta de
le produzioni, invenzioni in ogni ramo di scienza nell’occasione che festeggiar si deve l’Anniversario della Nascita di S.M.I.R.
– Lettera, Macerata, Primo Ottobre 1808, intestazione, Regno d’Italia – Il
Prefetto del Dipartimento del Musone, Al Sig. Antonio Mollari Architetto a Macerata. Il Prefetto prega il Mollari di
occuparsi di tutti quegli oggetti che restano importati dall’incluso foglio, onde io possa prendere una cognizione adeguata dei medesimi.
– Lettera, Macerata, 2 Ottobre 1808, intestazione, Regno d’Italia –
Prefettura del Dipartimento del Musone, Al Sig. Antonio Mollari Prov.e Ingegnere In Capo del Dipartimento.
Occorre che Ella, Sig.re, abbia la compiacenza di presentarmi nel più breve termine un disegno relativo ad un Palco da stabilirsi sotto l’arcata del Palazzo Municipale da servire per le estrazioni del Lotto.
– Lettera, Macerata, 2 Ottobre 1808, intestazione, Regno d’Italia – Il
Prefetto del Dipartimento del Musone, Al Sig. Antonio Mollari Prov.e Ingegnere In Capo del Musone.
Dovendosi stabilire il preventivo delle opere di Strada per l’esercizio del 1809, occorre che Ella abbia la compiacenza di formare un tal preventivo […]. Per intelligenza delle sue operazioni le annetto copia conforme di una Circolare che mi ha rimessa in proposito il Sig. Direttor Generale delle Acque e Strade [...]. Le di Lei riparazioni saranno rivolte ai Ponti esistenti in tutte le strade, che o postali o dipartimentali, vadano a carico del Governo per i contratti in corso con i diversi Apaltatori. Per la di Lei intelligenza le accludo l’Elenco di tali strade. Ma in quanto alle medesime ella dovrà fare un dettagliato Fabbisogno di quello che può occorrere per lo stabilimento di quel tronco di strada che deviando da Porta Romana ed avanzando intorno alla Città s’inoltra a Piè di Ripa, ed imbocca alla strada Carrareccia [...]. Nella linea della Flaminia, che è sotto il Comune di
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LA FAMIGLIA MOLLARI: CIMELI E DOCUMENTI
Belforte, dovrà Ella osservare quei Muraglioni e rillevare, se abbisognano dei restauri. Uno di essi è in qualche decadenza, come rileverà dalla Posizione che le rimetto [....]. Nella via Lauretana non è appaltato quel tronco che intercede dal Porto di Reccanati al Ponte dell’Asola.
– Lettera, Macerata, nn Gennaro 1809, intestazione, Il Podestà del Comune
di Macerata, Al Sig. Antonio Mollari.
Dietro la pubblicazione del Real Decreto dei 9 Gennaro 1807, portante il Regolamento sull’Ornato della Città, venni chiamato da questo Sig. Prefetto […] a nominare cinque Individui, che formar devono una Deputazione denominata dell’Ornato pubblico. In esecuzione pertanto di un tal prescritto, resta Ella, Sig.re, nominato per uno degli Individui, […] son certo, che secondo il di Lei zelo, ed attività si presterà al maggior decoro, e zelo di questo nostro Comune.
– Lettera, Macerata, 7 Giugno 1809, intestazione , Regno d’Italia – Il
Prefetto nel Dipartimento del Musone, Al Sig. Mollari Antonio Ingegnere in Capo Prov. Macerata.
In vista del giudizio che si terrà a Milano il giorno 15 agosto, onomastico dell’Imperatore Napoleone, il Prefetto invita “come l’anno scorso” il Mollari a partecipare alla Commissione per la selezione delle “manifatture, scoperte, introduzioni che possono meritare i premi stabiliti dal Governo, e dal giorno 15 agosto a tutto il 30 saranno esposti alla vista degl’intelligenti nel Palazzo Reale delle Scienze ed Arti […]. Una Commissione da me nominata per questo Dipartimento deve riconoscere quali oggetti possano meritare d’essere sottoposti all’esame della Speciale Commissione in Milano.
– Lettera, Macerata, 1 giugno 1810, intestazione, Regno d’Italia – Il
Prefetto del Dipartimento del Musone, Al Sig. Antonio Mollari Ingegnere Macerata.
Si comunica al «Mollari Antonio Ingegnere» l’avviso inviato
agli artisti, dotti, agricoltori e commercianti, onde concorrano colle loro produzioni, progetti ai premi che si distribuiscono alla Capitale il giorno onomastico di S.M.I.R. Napoleone, che è il 15 agosto […] dovendo io nominare questa Commissione […] godo di dare a Lei una prova non equivoca della mia stima, scegliendola, come ho fatto l’anno scorso, a membro di quella.
– Lettera, Macerata, 30 maggio 181? (1811, 1817), intestazione, Regno
d’Italia – Il Prefetto del Dipartimento del Musone.
l’ho nominata membro della Commissione apposita pel riconoscimento delle manifatture, arti che sieno state introdotte, migliorate, e che dagli artisti, agricoltori, commercianti si denunzino pel concorso ai premi che si attribuiranno a Milano il 18 agosto p.vent., in cui ricorre il giorno onomastico di S.M.I.R..
– Lettera, Roma, 18 Luglio 1814, nessuna intestazione, presenza di molteplici impressioni di timbri, fi rmata Aff.mo Servitore Rivarola, indirizzata al Sig. Antonio Mollari / Ingegnere in Nocera. Nell’indirizzo scritto sulla busta l’indicazione di Nocera risulta cancellata, sostituita da Perugia.
Informata la Commissione Amministrativa dei Beni Eccl.tici della sua abilità nella Professione di Architetto, accompagnate da singolari prerogativa onoratezza, e cognizioni economiche ha voluto darle una prova della sua fi ducia incaricandola di una importante Commissione. Dovrà Ella dunque portarsi a Perugia, e Spoleto per eseguire alcune operazioni appartenenti al suo impiego a tenore delle Istruzioni, che gli verranno comunicate.
«Il capitale culturale», Supplementi 01 (2014), pp. 35-58 ISSN 2039-2362 (online)
http://riviste.unimc.it/index.php/cap-cult © 2014 eum
Letteratura tecnica e formazione
degli architetti ai tempi di Antonio
Mollari
Alessandro Gambuti*
Abstract
Nel corso del Settecento, nella letteratura tecnica, a seguito della critica razionalista del pensiero illuminista, cominciano a comparire principî scientifi ci per migliorare la formazione degli architetti. Nel 1764 Girolamo Fonda, matematico, pubblica gli Elementi
di Architettura civile e militare e dedica la prima parte alla “Sodezza delle fabbriche”,
premettendo le regole costruttive alla convenienza e all’estetica. Francesco Milizia avvia i
Principj di Architettura civile (1781) con i temi della bellezza e della comodità, ma, nella
terza parte, tratta della solidità con citazioni di meccanica, fi sica e ingegneria. Qualche anno dopo (1788), Girolamo Masi stampa, per la “gioventù romana”, Teoria e Pratica
dell’Architettura civile; seguendo il metodo del Fonda e continuando l’opera del Milizia egli
propone nozioni sui materiali e sulle “resistenze” con il sussidio di illustrazioni e tabelle. Nel 1772 era stato ristampato il Manuale… di Giovanni Branca con la revisione di Leonardo de Vegni, dilettante di architettura; una notevole utilità didattica apportarono le incisioni
* Alessandro Gambuti, già Professore associato Storia dell’architettura, Università degli Studi
36 ALESSANDRO GAMBUTI
di Giovan Battista Cipriani, allegate ai Principj… del Milizia (1800) e le Osservazioni ed
aggiunte di Giovanni Antonio Antolini alla stessa opera (1817). All’inizio dell’Ottocento,
l’Architettura pratica di Giuseppe Valadier dette un incremento alla formazione professionale degli architetti per mezzo di lezioni teoriche e disegni di procedimenti ed attrezzature per i costruttori di edifi ci.
During the XVIIIth century, in the technical treatises, owing to the rationalist criticism of
the Enlightenment movement, scientifi c principles begin to appear in order to improve the education of the architects. In 1764 Girolamo Fonda, a mathematician, publishes Elementi
di Architettura civile e militare and gives up the fi rst part to the “Solidity of Buildings”,
putting before the construction rules to the convenience and beauty. Francesco Milizia opens his Principj di Architettura civile by the themes of beauty and convenience, but, in the third part, he deals with the solidity by means of quoting mechanics, physics and engineering. After some years (1788) Girolamo Masi prints, for the “roman Youth”, Teoria
e Pratica dell’Architettura civile; following the Fonda’s method and carrying on the Milizia’s
work, he points out some knowledges about materials and mechanical resistances, with several plates and tables. In 1772 had been reprinted the Manuale… of Giovanni Branca, revised by Leonardo de Vegni, a dilettante in architecture; a remarkable didactic usefulness gave the engravings of Giovan Battista Cipriani, added to the Milizia’s Principj (1800), and the Osservazioni ed aggiunte of Giovanni Antonio Antolini to the same work. At the beginning of XIXth century the Architettura pratica of Giuseppe Valadier increases the
vocational training of the architects through a course of lessons and drawings of structures and equipment for the builders.
Un architetto colto e di provata capacità professionale, contemporaneo di Antonio Mollari, dichiarava:
Fin dai primi anni della mia gioventù mi posi allo studio dell’Architettura civile; e, come si suol essere in quell’età, di discernimento e di felice ingegno povero (seguendo solo il costume), disegnai materialmente i cinque Ordini di Architettura detti del Vignola, che sono l’abbiccì che si pone sotto gli occhi di tutti i principianti: la qual cosa fatta avendo con tutta quella diligenza ed attenzione che il desiderio di apprendere m’inspirava, mi credeva di essere diventato Architetto1.
Il suo nome è Giovanni Antonio Antolini e la testimonianza, benché sia riferita alla «necessità […] di ricercare, misurare e disegnare attentamente le reliquie dei monumenti», qualora la si intenda più generalmente, ricalca le affermazioni e i giudizi espressi da eruditi e pensatori “illuminati” su metodi e contenuti usuali nell’insegnamento dell’architettura intorno alla metà del Settecento e oltre.
Scriveva infatti, per citare un primo esempio, Giovanni Bottari che «al presente» si studia l’architettura «ricopiando pulitamente» i modelli codifi cati dai classicisti rinascimentali, imparando a «levar di pianta» e poco altro; dal canto suo Marc-Antoine Laugier lamentava che rispetto alle altre discipline
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LETTERATURA TECNICA E FORMAZIONE DEGLI ARCHITETTI AI TEMPI DI ANTONIO MOLLARI
l’architettura aveva fatto scarsi progressi e che era stata abbandonata al capriccio degli artisti e che la sola imitazione degli antichi ne aveva tramandato sia le “bellezze” che i difetti. Il conte Algarotti e più tardi Andrea Memmo divulgarono il pensiero dissacratore di Carlo Lodoli teso sia a condannare gli “abusi” che a svalutare Vitruvio, “l’antico legislatore”, le cui regole erano da considerarsi inadeguate per le moderne fabbriche.
Di queste critiche tennero conto gli «intendenti di architettura» che le tramutarono in raccomandazioni e precetti di ordine generale – come la necessità di unire lo studio delle scienze a quello delle arti – e ne fecero il preambolo a trattazioni complessive di materie architettoniche, nelle quali comparve, accanto a quello teorico, un innovativo indirizzo pratico costituito da nozioni tecniche basate sulle matematiche e sulle sperimentazioni dei “migliori scientifi ci”.
Nel 1764 si stampano in Roma gli Elementi di architettura civile e militare
“esposti da Girolamo Fonda”: l’autore è un insegnante del Collegio Nazareno,
matematico e fi losofo, vale a dire scienziato, che nei concetti e nella distribuzione dei contenuti non si discosta dalla tradizione vitruviana. Pertanto la Parte prima tratta della “Sodezza delle fabbriche” e contempla la scelta dei materiali, i fondamenti, le murature e le coperture, e infi ne il «meccanismo delle volte e […] loro diverse specie». Il testo del Fonda non propone conoscenze specialistiche su pietre, mattoni, leganti e varietà arboree comuni, ma nel capitolo V, visto che «la dottrina delle resistenze dei corpi è divenuta al presente una parte molto interessante non solo della Meccanica, ma anche della Fisica Sperimentale», si presentano alcune dimostrazioni relative alle «resistenze dei diversi pezzi […] come sono le travature che s’impiegano nelle Fabbriche per sostenere de’ pesi» sotto l’azione di carichi perpendicolari alle fi bre longitudinali del legname; e ci si avvale perciò delle fi gure 1-5-7 della Tavola I; la fi gura 6 riguarda la
squadratura delle travi nella proporzione 5/7 dei lati; la fi gura 8 esemplifi ca
l’«artifi cio [detto] armare le travi», su cui si basa il principio elementare che esteso spazialmente si confi gura nel sistema della capriata (fi gg. 1-2).
Il capitolo seguente, piuttosto conciso nonostante l’importanza del tema, riconosciuta in effetti dal Padre scolopio, delinea i tipi noti di fondamenti e la “maniera di costruirli”: «i loro difetti [avverte] sono fatali, né possono con facilità rimediarsi; e posto anche che si potessero convenevolmente riparare, la Fabbrica apparirà sempre patita, e sospetta di rovina» ribadendo, con Leon Battista Alberti, che «le crepature […] i peli […] quasi tutti nascono da’ fondamenti, mentre una piccola fessura, o inclinazione de’ medesimi ne produce un’altra assai maggiore nelle muraglie, che sopra essi si appoggiano».
Le sue conoscenze rifl ettono in generale quanto si trova nei maggiori trattatisti: si citano infatti Vitruvio, Palladio, Scamozzi, de l’Orme e si conclude però che la teoria da seguire sia quella stabilita, in rapporto alla grossezza dei muri ed alla loro altezza, dal “Signor Belidor” nella sua Science des Ingenieurs.
38 ALESSANDRO GAMBUTI
Direi che a questo punto si debba fare una doverosa digressione. Nel corso del XVIII secolo, e già nella prima metà, erano già stati dati alle stampe studi di meccanica delle strutture che Angelo Comolli recensì nella sua Bibliografi a
storico-critica. Egli distinse nelle opere di questa materia due classi «che
strettamente hanno relazione all’architetto», la meccanica pratica ovvero la statica degli edifi ci e le macchine per la costruzione, ed osserva: «noi vedremo che molto più dee interessare all’architetto di apprendere buoni principj di meccanica relativamente al primo oggetto» da cui «deriva quella parte primaria dell’architettura, la Solidità». Fra le opere citate già dal Comolli è giusto ricordare anzitutto il Traité de mechanique di de la Hire (1695), il cui testo – a suo parere – Bélidor rese in alcuni passi di maggiore “facilità”; poi la Scuola
Meccanico-speculativo-pratica di Carlo Cesare Scaletti “utile all’uso civile e
militare, e necessaria ad ogni Matematico, Ingegnere, Architetto, Macchinista e Bombardiere”: libro lodato per chiarezza di metodo e di esposizione. Ma per venire a una data più prossima al nostro architetto Mollari, registriamo la pubblicazione, nel 1748 a Torino, del Trattato della cognizione delle resistenze
geometriche dimostrato dall’Architetto Giambattista Borra… «mai non potrassi
ben ordinare una fabbrica, senza l’ajuto di questa scienza», proclama l’autore, e prosegue il recensore: «Sarebbe desiderabile che tutti i principianti e gli stessi professori studiassero quest’opera», benché per la sua “sublimità” sia «meno comoda, e meno analoga alla capacità de’ nostri architetti».
In realtà la sezione pratica riservata ai materiali e alla scelta dei siti fabbricabili non appare soltanto più accessibile ma nei contenuti tecnici anche maggiormente valida per chi aveva il compito di operare.
Sicura approvazione ebbero anche le Istituzioni di Meccanica, d’Idrostatica,
d’Idrometria, e dell’Architettura Statica, e Idraulica di Paolo Frisi (Milano
1777), composte per gli “architetti studiosi”: in questo “libro facile, e metodico” come si riteneva allora erano esposte le leggi dell’equilibrio e del moto dei corpi applicabili agli edifi ci oltre che della misurazione del moto dei fl uidi. Nonostante l’impostazione teorica, che, secondo l’elogio letto in Arcadia da padre Jacquier, avrebbe richiesto una verifi ca materiale, l’opera milanese venne menzionata poi da vari trattatisti; altrettanto accadeva nei confronti della Statica degli edifi zj di Vincenzo Lamberti Ingegnere Napolitano (Bologna 1781), che preannuncia nel titolo completo la fi nalità di servire alla “costruzione e durata di essi”. La parte più cospicua del trattato risulta, appunto, quella del secondo libro, in cui si teorizzano le resistenze dei muri e le spinte delle diverse forme di archi e volte, compresa l’origine delle lesioni. È il caso di ricordare qui un altro suo lavoro del 1773 dal titolo La voltimetria retta, stampato a Napoli.
Chiudiamo questa parentesi per tornare brevemente al Fonda e notare che oltre al fugace accenno al Bélidor, il suo testo – alla luce della cronologia di opere edite nel periodo – non rivela contatti diretti con i contributi più moderni in materia di tecnologia delle costruzioni; e perciò, quanto all’esecuzione di
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LETTERATURA TECNICA E FORMAZIONE DEGLI ARCHITETTI AI TEMPI DI ANTONIO MOLLARI
murature, coperture e complementi diversi, la sua dottrina si limita a selezionare sistemi collaudati dalla tradizione dei reperti archeologici e dall’autorità dei trattati.
In questa succinta rassegna non pare consentito tacere degli scrittori di architettura che si occupano di aggiornare per gli studenti opere di grande divulgazione: nel 1772 il Manuale di Giovanni Branca era giunto alla quarta ristampa e l’editore Monaldini incaricò un erudito dilettante di architettura, Leonardo de Vegni, di apportarvi “correzioni ed aggiunte”; signifi cativa è la sua Lettera al medesimo pubblicata a mo’ di prefazione. Il de Vegni fu un intellettuale di tutto rispetto, corrispondente e amico degli uomini di cultura dell’ambiente romano, ma non ebbe successo con la sua invenzione detta “plastica dei tartari”, ossia depositi calcarei, destinata solo agli abbellimenti dell’architettura corrente. La sua critica verso la formazione degli architetti era coscienziosa e non priva di ironiche frecciate:
Ma dunque qual giovamento […] potranno ritrarne i giovani? Potranno leggendo il Branca in questa edizione imparare qualche cosa di più di sana dottrina […] e potranno, semmai fossero dei semplici Vignolisti, principiare a illuminarsi, che col solo disegnare, e acquerellare con pazienza da Monache, o per dir meglio, col perder tempo in far questo, col solo aver copiato, senza intenderlo, il Vignola, non si può essere architetto2.
Giudicati con obiettività i suoi “accrescimenti” non meritano quasi lode alcuna; la revisione del Branca si diffonde sulla discussione e ridefi nizione della morfologia dei Cinque Ordini degli Ornamenti, con una serie di tavole incise dallo stesso de Vegni (fi gg. 3-5); semmai, dal punto di vista delle tecniche edilizie, una certa chiarezza esemplifi cativa mostrano le travi e armature di tetti della Tavola II del libro I; motivo di interesse desta anche – come “aggiunta” – un paragrafo ricopiato dal manoscritto senese di Francesco di Giorgio Martini, a lui noto ma inedito allora: «Una natura di pietra bigia […] è detta Albazzano, della quale si fa calcina in li loci umidi di grandissima tenacità, di colore di cenere. Ma ricerca quest’avvertenza, che immediate tratta della fornace si spenga con grande quantità d’acqua». E continuando: «La calce delle rotonde pietre delli fi umi chiamate ciottoli è grassa, pastosa ed assai utile e all’umido e al foco parimente resiste». Un’altra integrazione al Branca segnala surrogati delle pozzolane di Roma, fra cui i «minuzzoli del peperino di S. Fiora» e una terra «di color bigio nericcio» che si cava nel territorio senese, ambedue «vetrine e perciò resistenti all’umidità»: ora, l’insistere su questi componenti delle malte lascerebbe supporre che l’erudito sperimentatore avesse avuto una qualche notizia di indagini e prove di laboratorio che stavano avvenendo in Europa relativamente alla idraulicità delle calci.
In un rapido inciso rammento che i più famosi ritrovati erano legati ai nomi dell’inglese John Smeaton (1756) e del francese Loriot (1770), méchanicien,
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pensionnaire du Roi, impegnatisi a scoprire il “segreto” o a svelare il “mistero”
delle malte romane antiche; in entrambi i casi si trattò di composti artifi ciali, mentre il de Vegni, avendo cura della stabilità dei manufatti in costruzione, intendeva semplicemente esaltare le virtù di un calcare marnoso, da cui si otteneva per cottura una calce naturale – come alcuni dicevano – “acquatica”.
Della “scoperta grande” del Loriot parlerà a lungo Francesco Milizia nel terzo tomo dei Principj; infaticabile raccoglitore di informazioni scientifi che sui materiali da costruzione, egli non trascurò di divulgare con dovizia di particolari le ricerche recenti, rivolte in prevalenza a combinare calcari e argille in varie proporzioni per produrre malte con leganti di straordinaria effi cacia, ma anche a plasmare miscele di materie eterogenee per usi speciali. Milizia chiarisce che la formula originale del Loriot (mescolare un terzo di calce viva polverizzata alla calce spenta) si presta ad additivazioni fatte «col carbone, col matton pesto, con le marne o col gesso»: lo scopo fi nale è individuare «quali sieno i migliori cementi dell’arte edifi catoria». Fra le invenzioni più soddisfacenti l’autore cita un impasto, reso noto negli Atti dell’Accademia di Svezia, a base di argilla fi na con ceneri, sabbia e olio, «malta […] ottima per le volte, perché si secca e s’indurisce subito [e] perché non attrae l’umidità». Altra miscelazione, di buona riuscita, gli sembra quella «ritrovata ultimamente da M. d’Ambournay» per «fare bacini d’acqua senza muratura» rivestendone uno «spalto, o spianata, il di cui pendìo sia il doppio della sua altezza»: gli ingredienti principali sono “argilla gialla”, quattro parti, nella quale «si estingue della calce uscita di recente dalla fornace». Il capitolo V Della malta è centrale rispetto agli altri dedicati alle pietre, ai mattoni, alla calce e alle sabbie, che in sostanza replicano meticolosamente le conoscenze ormai acquisite; più sommario quello sui materiali lapidei, laddove traspare un atteggiamento quasi rinunciatario, quanto meno motivato dalla
tanto apparente, ed interna diversità delle pietre, delle quali non è possibile formare un catalogo compìto, poiché variano in ciascun paese, fi n anco nel nome. All’Architetto basta avere indizj sicuri per distinguerle, e maniera d’esperimentare le lor qualità relativamente all’uso delle fabbriche3.
Per la verità, allorché il Milizia elaborava il suo testo, la comunità scientifi ca non aveva ancora indagato le caratteristiche mineralogiche e petrografi che, soprattutto in vista di impieghi nell’edilizia. Per di più anche in una visione generale le risultanze degli studi di scienze della terra erano assai contrastanti: nonostante le osservazioni del francese Demarest (1765) e del veneto Giovanni Arduino sull’origine eruttiva di rocce basaltiche, si stava affermando la scuola “nettunista” di Abraham Gottlob Werner che sosteneva la genesi delle rocce e dei minerali essere avvenuta in seno alle acque formulando una classifi cazione e un abbozzo stratigrafi co delle formazioni geologiche. Dopo, con James Hutton