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Forme precoci di umorismo: un modello di sviluppo

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Academic year: 2021

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Forme precoci di umorismo: un modello di

sviluppo

Gabriella Airenti

Centro di Scienza Cognitiva, Dip. di Psicologia, Università di Torino

gabriella.airenti@unito.it

1. Introduzione

L’umorismo dei bambini è stato studiato utilizzando due modalità diverse. Studi osservativi analizzano la produzione spontanea di umorismo nei diversi ambiti di vita del bambino piccolo, in particolare in famiglia, al nido e nella scuola materna (Bergen, 1989; Cameron et al., 2008; Groch, 1974; Hoicka e Akhtar, 2012; Reddy, 1991). Altri studi, di tipo sperimentale, si sono focalizzati sulla comprensione dell’ironia e sono stati effettuati con bambini in età scolare (Creusere, 2000; Filippova e Astington, 2008; Pexman e Glenwright, 2007; Winner, 1988). Questa differenziazione è motivata non solo da problemi metodologici, ma anche da questioni teoriche. L’idea prevalente è che vi sia una distinzione fondamentale tra le forme semplici di umorismo che si manifestano nelle interazioni che il bambino ha con

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l’adulto già nella fase preverbale e le forme complesse, come l’ironia.

Vengono considerati umorismo semplice gli scherzi che possono essere anche non verbali, come il nascondino, fare smorfie o suoni buffi. Si tratta in questo caso di gesti o parole che hanno lo scopo di provocare il riso o creare occasioni per condividere divertimento.

Su che cosa si debba intendere per ironia vi è in letteratura un gran numero di posizioni diverse (Gibbs e Colston, 2007). In ogni caso si tratta di un enunciato non letterale1 che configura un tipo particolare di umorismo

(At-tardo, 2002; Norrick, 2003)2. Per quanto riguarda

l’acqui-sizione, la maggior parte dei ricercatori ritiene che la com-prensione dell’ironia richieda la ricostruzione di credenze e in-tenzioni del parlante e quindi una teoria della mente svilup-pata. L’evidenza su cui si fonda questa tesi viene da risultati sperimentali che mostrano che l’ironia non viene compresa prima dei 5/6 anni di età (Dews e Winner, 1997).

2. La produzione di umorismo nei bambini

I pochi studi recenti sulla produzione di ironia nei bambini non sembrano cambiare il quadro delineato sopra. Infatti hanno in gran parte confermato i risultati sulla comprensione per quanto riguarda l’età di acquisizione (Pexman et al., 2009; Recchia et al., 2010). Solo nel lavoro di Recchia e colleghi vi è qualche raro esempio di uso di ironia da parte di bambini 4 anni. L’aspetto problematico di questi studi è che sono basati su osservazioni fatte per periodi limitati e in contesti definiti e quindi non sono sufficienti per dar conto della produzione spontanea. Uno degli aspetti più ovvi dell’umorismo è quello di manifestarsi in modo del tutto inaspettato. Quindi non solo non possiamo far produrre umorismo in situazione sperimentale, ma non possiamo neanche delimitare un contesto di osservazione. Per superare questa difficoltà una delle tecniche che viene utilizzata con i 1 Esiste una forma di ironia cosiddetta situazionale, ma non ne tratterò

qui.

2 Anche su questo punto non c’è un accordo unanime. C’è chi ritiene che

l’umorismo non sia il fine ultimo dell’ironia ma solo un fenomeno associato (Bryant, 2012).

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bambini piccoli è quella del parent report: si chiede ai genitori di trascrivere un certo tipo di comportamento che hanno l’occasione di osservare, in qualunque momento della vita quotidiana si presenti.

Mi sono quindi proposta di utilizzare questa tecnica in un’ampia fascia d’età, dai 2 ai 7 anni, proponendo ai genitori di annotare tutte le produzioni umoristiche dei loro bambini, sia le forme semplici che quelle complesse, per un mese, descrivendo il contesto in cui sono state prodotte (Airenti e Angeleri, 2014). Naturalmente questa tecnica non permette analisi statistiche sofisticate, ma si possono individuare comportamenti che non sono documentabili in situazione sperimentale o in un contesto definito a priori.

I risultati hanno mostrato che se i bambini più piccoli fanno più umorismo semplice dei bambini più grandi, vi sono bambini piccoli che producono ironia e l’umorismo semplice continua a essere rilevante anche per i bambini più grandi. Dai nostri risultati inoltre è emersa la notevole presenza di una categoria di umorismo che viene ben identificata dal termine inglese “teasing” (Keltner et al., 2001). Questa categoria è particolarmente interessante perchè è presente nei bambini di tutte le età. Nelle sue forme più semplici preverbali la troviamo già in bambini di un anno (Reddy, 1991). In altri studi è stata identificata come una caratteristica dell’ironia (Pexman et al., 2005). L’ipotesi che intendo esplorare in questo lavoro è che un’analisi di questa categoria di umorismo permetta di fare il legame tra forme semplici e forme complesse di umorismo.

3. Umorismo e intenzionalità

L’utilizzazione di metodologie diverse per studiare lo sviluppo delle varie forme di umorismo nel bambino ha portato alla conclusione che i bambini piccoli siano in grado di produrre solo forme molto semplici di umorismo. Le forme complesse, come l’ironia verrebbero acquisite a partire dall’età scolare. Per quanto riguarda l’umorismo semplice ci limitiamo infatti a osservare che cosa i bambini producono. Per quanto riguarda l’ironia invece poniamo i bambini di fronte a compiti molto più complessi in cui devono mostrare non solo di capire il significato di un’espressione ironica ma

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anche essere consapevoli delle caratteristiche dell’ironia. Ritengo che la comprensione del significato di un’espressione ironica e l’atto di produrre un’espressione ironica, vadano distinti dall’esplicita interpretazione di un atto comunicativo come ironico e dalla deliberata intenzione di produrre ironia. Come ha notato Gibbs (2012) a proposito degli adulti, un atto ironico non è necessariamente deliberato. Nessuno si propone di fare dell’ironia o interpreta quello che dice l’interlocutore definendolo come ironico. Eppure questo è precisamente quello che chiediamo ai bambini nelle situazioni sperimentali.

In Angeleri e Airenti (2014) abbiamo mostrato come in situazione sperimentale anche bambini di 3 anni siano in grado in certi casi di comprendere enunciati ironici. A questa stessa età, se non limitiamo la nostra ricerca ma studiamo tutta la produzione dei bambini, vediamo che sono in grado di produrre sia forme semplici di umorismo che forme complesse come l’ironia. Ne concludo che invece di fare una distinzione netta tra umorismo semplice e umorismo complesso può essere interessante individuare quali siano i tratti generali dell’umorismo presenti in tutte le sue forme, postulando che tra forme semplici e forme complesse ci sia un continuum.

Bibliografia

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