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Il grande poeta Yves Bonnefoy, morto a Parigi venerdì mattina a 93 anni, non aveva mai smesso di scrivere. Per mantenere viva l’infanzia che continuava a sentirsi dentro e che era il luogo dell’io poetico cui Bonnefoy dava voce per preservare il contatto tra l’uomo e il reale, ricorreva innanzitutto a tre elementi: l’albero, l’acqua, la pietra. Ciò che s’innalza, ciò che scorre, ciò che s’immobilizza.
A identificare al meglio la poetica di Bonnefoy, nei versi come nelle riflessioni critiche o nei testi sull’arte, è in effetti la prossimità tra la presenza e il sogno, l’elementare e il lontano, l’evidenza sensibile e l’ignoto. La scrittura traeva per lui alimento da due sorgenti in apparenza contraddittorie: l’ombelico buio dell’inconscio e la vita quotidiana della luce. Cresciuto surrealista, si era allontanato poi dal movimento non per rinnegarlo, ma quasi per renderne più vera la ricerca vagabonda sulle strade dell’esistenza: la sua raccolta di poesie e prose poetiche forse più nota – con Movimento e immobilità di Douve, la prima, del ’53 – tradotta in italiano da Fabio Scotto, anch’egli poeta, amico di Bonnefoy, grande studioso della sua opera e curatore del Meridiano a lui dedicato nel 2010, s’intitola La vita errante. “Contro la tentazione dell’arte che sostituisce la bellezza estetica all’esperienza immediata del vissuto, Bonnefoy mette in atto una necessaria strategia di "désécriture " (de-scrittura), allo scopo di contrapporre alla fascinazione del linguaggio un’etica dell’"imperfezione" e della parola sofferente, la quale approda al senso attraverso le oscurità del non-senso”, ha osservato Scotto. “L’imperfezione è la cima”, scriveva infatti Bonnefoy che, grande traduttore lui stesso, metteva Shakespeare in francese schierandosi, contro Racine, dalla sua parte. Più volte promesso al Nobel, affascinante professore di Poetica al Collège de France, aveva da poco pubblicato un testo autobiografico (L’écharpe rouge) che ancora una volta, poesia in prosa, scommetteva sul ritorno dell’infanzia nel presente, e attendeva l’uscita nella Pléiade Gallimard delle sue Opere complete. Inedito in italiano, sta invece per venir pubblicato, nella neonata collana della rivista «Studi francesi», un suo intenso saggio sulla poesia moderna, a partire da Baudelaire. Pochi giorni fa aveva fatto in tempo a dire quanto questo gli desse gioia.
Gabriella Bosco