• Non ci sono risultati.

Sviluppo e analisi di un'interfaccia uomo-macchina per un sistema robotico per la riabilitazione.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Sviluppo e analisi di un'interfaccia uomo-macchina per un sistema robotico per la riabilitazione."

Copied!
231
0
0

Testo completo

(1)

Università degli Studi di Pisa

Facoltà di Ingegneria

TESI DI LAUREA SPECIALISTICA IN INGEGNERIA BIOMEDICA

“Sviluppo di un'interfaccia uomo-macchina

per un sistema robotico per riabilitazione”

Primo Relatore Prof. Maria Chiara Carrozza

Secondo Relatore Ing. Stefano Mazzoleni

Candidata:

Martina Marcone

(2)

1

INDICE

INTRODUZIONE... 3

CAPITOLO 1: L’ICTUS E LE PATOLOGIE CEREBELLARI...12

1. 1 EZIOLOGIA ...12

1. 2 DANNO FUNZIONALE E COGNITIVO...14

1. 2. 1 Danno funzionale: tipologie e valutazione...17

1. 2. 2 Danno neurologico cognitivo: tipologie e valutazione...22

1. 3 LA RIABILITAZIONE FUNZIONALE ROBOT-ASSISTITA ...24

1. 4 LA RIABILITAZIONE COGNITIVA...26

1. 5 IL CERVELLETTO...28

1. 5. 1 Le funzioni...31

1. 5. 2 Le patologie... 31

CAPITOLO 2: IL SISTEMA ROBOTICO MIT-MANUS PER LA RIABILITAZIONE...36

2. 1 DESCRIZIONE DEL SISTEMA...36

2.1.1 Specifiche funzionali...37

2.1.2 Descrizione del software...44

2.1.3 Metodi di valutazione per la riabilitazione robotica...44

2. 2 IL LINGUAGGIO DI PROGRAMMAZIONE TCL/TK...55

CAPITOLO 3: SVILUPPO E APPLICAZIONE DEL NUOVO “FAN-LIKE”...64

3. 1 Definizioni...64

3. 1. 1 L’intefaccia uomo-macchina...64

3. 1. 2 Il problema dell’interazione uomo-robot...66

3. 2 L’interazione uomo-robot: tipi di controllo utilizzati...70

3. 3 Sviluppo del nuovo scenario...76

3. 3. 1 La terapia classica...76

3. 3. 2 Il nuovo esercizio...80

(3)

2

3.4.1 Tipologie di pazienti e gruppo di controllo...84

CAPITOLO 4: RISULTATI...86

4. 1 Calibrazione del sensore...86

4. 2 Analisi delle componenti di forza con il metodo dei coni di forza...88

4. 3 Analisi del parametro FDE...101

4. 4 Conclusioni...110

APPENDICE...113

A. Scala di Ashworth Modificata...113

B. Scala Fugl-Meyer...114

B1. Motricità...114

B2. Sensibilità...115

B3. ROM-Dolore...115

C. Mini Mental State Examination……….………..116

D. Script del nuovo “fan-like”...117

E. Script di Matlab per la calibrazione del sensore...152

F. Script di Matlab per la valutazione dei coni di forza...153

F1. Sani convergenti...153 F2. Sani divergenti...161 F3. Post-ictus convergenti……...………164 F4. Post-ictus divergent………...170 F5. Cerebellari convergenti...175 F6. Cerebellari divergenti...181

G. Script di Matlab per la valutazione dell’FDE...186

G1. Sani convergenti...186 G2. Sani divergenti...193 G3. Post-ictus convergenti………..201 G4. Post-ictus divergent………..208 G5. Cerebellari convergenti………...215 G6. Cerebellari divergenti...223

(4)

3

Introduzione

La terapia nueroriabilitativa tradizionale prevede la valutazione delle condizioni del paziente attraverso scale di valutazione e la somministrazione di esercizi mirati da parte del terapista, che assiste il paziente durante l’esecuzione; questo tipo di approccio favorisce il recupero delle funzionalità ed il riapprendimento delle dei compiti motori. I limiti della terapia tradizionale riguardano principalmente la durata della seduta riabilitativa, la necessità di recarsi presso la struttura e, spesso, la mancanza di una valutazione quantitativa. Le scale di valutazione utilizzate fino ad ora sono basate su un apprezzamento qualitativo da parte del fisiatra, espresso in termini qualitativi (assente, lieve, moderato, grave) oppure mediante un punteggio numerico, stabilito da criteri di giudizio predeterminati.

Le proprietà tipiche di una scala di valutazione sono:

Appropriatezza: ogni scala ha il proprio campo di applicazione e non può essere

utilizzata per scopi diversi, a meno che non sia stata validata scientificamente per il nuovo impiego.

Validità: è necessario dimostrare una correlazione tra il fenomeno da valutare e le

grandezze impiegate per descriverlo. La validità è considerata valida a tre livelli:

1) Contenuti: è legata a quanto la misura rappresenti le funzioni o gli

elementi più rilevanti, rispetto ad un particolare attributo.

2) Criterion-oriented: è legata a quanto una misura sia collegata ad elementi

esterni. In questo caso si può distinguere tra validità concorrente, che tiene conto del grado di correlazione tra la misura ed un evento esterno importante, e validità predittiva, che considera quanto la misura sia in grado di prevedere anche eventi futuri.

3) Modello: è il grado in cui uno strumento misura il modello teorico per cui è

(5)

4

Affidabilità: è il grado con cui una misura è libera da errori casuali o occasionali; la

valutazione di uno stesso caso deve dare lo stesso esito, indipendentemente dal valutatore. Esistono tre tipi di affidabilità:

1) Inter-rater: grado di consistenza tra misure effettuate da due diversi

osservatori.

2) Test-retest: consistenza o stabilità del punteggio nel tempo. Risulta un

punto critico se si valutano fenomeni in evoluzione.

3) Consistenza interna: riflette la relazione tra vari elementi stabiliti per

valutare la stessa caratteristica o capacità.

Riproducibilità o ripetibilità: pazienti nelle stesse condizioni devono ricevere la

stessa valutazione, indipendentemente dal valutatore, dal momento e dal contesto. Sensibilità: la scala deve essere in grado di documentare con la necessaria sensibilità

le variazioni del quadro clinico, indipendentemente dalla normale fluttuazione dei sintomi.

Nella seguente tabella sono riportati i vantaggi e gli svantaggi relativi all’utilizzo di scale di valutazione qualitative.

Vantaggi Svantaggi

Impiego rapido ed economico

Utilizzo limitato o nullo di strumenti

Nessun disagio per il paziente

Strumento di valutazione rapido ed efficace in varie applicazioni

Forti elementi di soggettività Approssimazione e/o imprecisione

Tabella 1. Vantaggi e svantaggi delle scale di valutazione qualitative.

I difetti di queste scale possono essere superati utilizzando valutazioni quantitative rigorose, basate sull’utilizzo di modelli strumentali; se usato correttamente, lo strumento di

(6)

5

misura può garantire oggettività e ripetibilità della misura, oltre a migliorarne sensibilità ed accuratezza.

L’utilizzo di sistemi robotici consente di ottenere misure quantitative delle forze e delle variabili cinematiche, utilizzando varie tipologie di feed-back e riducendo al minimo la necessità della supervisione da parte del terapista, oltre a permettere una “personalizzazione” delle traiettorie del movimento. La fonte d’ispirazione iniziale, per la progettazione di tali sistemi, è l’osservazione dei gesti e delle tecniche utilizzate dal fisioterapista durante le fasi del trattamento. Per realizzare il compito motorio desiderato si possono adottare differenti scelte progettuali:

• L’intero sistema può essere progettato appositamente per il compito stabilito

• La cinematica e lo spazio di lavoro sono dimensionati in funzione delle specifiche esigenze cliniche.

Per la gestione del moto della macchina, vincolata all’arto del paziente, si utilizzano strategie di controllo avanzate come:

• la regolazione dell’impedenza o della cedevolezza passiva della struttura meccanica. • la modulazione del supporto attivo fornito al paziente durante il compimento

dell’esercizio, in funzione delle abilità residue del soggetto. Quando il soggetto non è in grado di compiere il movimento da solo sarà la macchina ad aiutarlo mentre, se è parzialmente in grado di eseguirlo, la macchina diminuirà la quantità di aiuto fornito.

L’accuratezza e la ripetibilità dei compiti da svolgere rappresentano un potenziale vantaggio delle soluzioni robotiche. Lo schema del processo riabilitativo robot-mediato può essere così riassunto:

(7)

6 Figura 1. Schema del processo riabilitativo robot-mediato

Negli ultimi anni sono state sviluppati diversi dispositivi per la riabilitazione robotica, che possono essere suddivisi in due categorie: macchine di tipo esoscheletrico e macchine operative o cartesiane.

A) Macchine di tipo esoscheletrico

Si tratta di sistemi meccatronici indossabili, che seguono il movimento dell’arto del soggetto. In questo caso, l’interfaccia uomo/macchina è estesa a tutto l’arto o alla parte interessata ed il numero di gradi di libertà del sistema è pari a quello dei giunti sui quali la terapia deve intervenire. L’esercizio deve essere definito direttamente nello spazio dei giunti e questo comporta un’elevata complessità di tali sistemi che, tuttavia, risultano essere estremamente utili in caso di grave disabilità.

Il terapista seleziona un compito motorio Il paziente muove il manipolatore per compiere il task Il terapista analizza i risultati e modifica il task riabilitativo Vengono registrate le informazioni relative al task effettuato Il task termina e vengono registrate le informazioni Il robot completa il task assistendo il paziente Il paziente vede sullo

schermo il target da raggiungere Il paziente riesce a raggiungere il target

(8)

7

Vantaggi Svantaggi

Controllo separato di più articolazioni

Utilizzabili con forti limitazioni nella pratica clinica a causa della loro intrinseca

complessità tecnologica

Difficoltà nella progettazione del cinematismo capace di generare il movimento associato ai centri di rotazione interni al corpo umano, dovuta al fatto che l’articolazione è fatta di profili coniugati che si muovono nello spazio e, quindi, anche i centri di rotazione si muovono.

Tabella 2. Vantaggi e svantaggi delle macchine esoscheletriche.

Alcuni esempi di sistemi di tipo esoscheletrico sono:

Lokomat: sistema esoscheletrico per la riabilitazione dell’arto inferiore, costituito da

un’ortesi a 4 gradi di libertà fissata ad una pedana mobile tramite un parallelogramma rotativo [1][2].

Figura 2: sistema Lokomat per la riabilitazione dell’arto inferiore.

Sistemi Gentle e Mulos: sistemi esoscheletrici per la riabilitazione dell’arto

(9)

8 B) Macchine operative o cartesiane

Il contatto tra la macchina e il paziente è solo sull’end-effector, attraverso un’interfaccia meccanica (pedale o manipolatore). Il movimento può essere programmato nello spazio operazionale del robot ed il soggetto deve utilizzare le sue stesse sinergie a livello dei giunti per seguire le traiettorie; tali dispositivi possono quindi essere utilizzati solo su pazienti con disabilità moderata.

Vantaggi Svantaggi

Meno complesse

Si realizzano più facilmente mediante tecnologie robotiche già esistenti

La programmazione di compiti descritti direttamente nel mondo reale è più agevole

Sfruttamento esclusivo delle naturali sinergie implementate a livello di controllo motorio, senza attuare direttamente i

singoli DoF.

Tabella 3. Vantaggi e svantaggi delle macchine operative.

Sistemi di questo tipo sono:

ARM GUIDE: lo splint è fissato ad una cinghia di trasmissione che ne permette il

movimento lungo il vincolo lineare; l’orientazione del sistema è regolabile sia nel piano orizzontale che verticale e tutto il dispositivo è montato su un cavalletto telescopico per regolarne l’altezza.[6]

Figura 3: il sistema ARM GUIDE.

MIME: permette il movimento lungo traiettorie predeterminate, controllando

direttamente la posizione e l’orientamento dell’avambraccio; un braccio robotico PUMA a 6 gradi di libertà è collegato al supporto dell’arto paretico. [7][8][9]

(10)

9 Figura 4: il sistema MIME.

Memos: robot planare in configurazione cartesiana, posto su un piano sollevabile e

rotante. Il manipolatore si muove nello spazio grazie a due guide lineari perpendicolari. [10]

Figura 5: il sistema Memos.

MIT-Manus: struttura di tipo SCARA, in cui il braccio e il manipolatore devono

stare nello stesso piano; permette il movimento di spalla, gomito e mano in un piano dove non si avverte l’effetto della gravità. Questo sistema sarà analizzato più in dettaglio nel capitolo 2.

(11)

10

I sistemi visti fino ad ora sono utilizzati per la riabilitazione di diverse patologie; nel nostro lavoro prenderemo in considerazione soggetti colpiti da ictus.

L’ictus è una delle principali cause di disabilità nel mondo; i soggetti colpiti da questa patologia mostrano debolezza muscolare, perdita del range di movimento ed un deficit del controllo motorio, dovuto principalmente ad una ridotta generazione di forza, oltre ad una riduzione della capacità di linguaggio. La terapia tradizionale mostra seri problemi sia a livello clinico che tecnologico:

Problema clinico. Le attività terapeutiche tipiche prevedono la manipolazione degli

arti, con il paziente passivo e attivo, allo scopo di generare una riorganizzazione della corteccia motoria; il contenuto, la durata, la quantità e l’intensità della sessione riabilitativa sono variabili importanti per il riapprendimento dell’abilità motoria e per la modifica dell’architettura neurale di base. Sfortunatamente, negli ospedali e nei centri di riabilitazione dove si esegue una terapia tradizionale, il paziente può essere seguito solamente per sessioni di un’ora, una o due volte al giorno.

Problema tecnologico. La principale difficoltà nella valutazione delle strategie di

trattamento dei danni motori, in pazienti con lesioni neurologiche, risiede nella carenza di tecniche sensibili per la quantificazione degli effetti del trattamento. L’efficacia del trattamento è determinata attravarso valutazioni soggettive della funzione motoria, definite come la capacità di eseguire movimenti o tasks essenziali per le attività di vita quotidiana; tuttavia, per lo sviluppo di protocolli di trattamento, per valutare dell’efficacia di trattamenti specifici e per la visualizzazione del processo di recupero, sono necessarie misure più oggettive e sensibili.

L’utilizzo sistemi meccatronici permette di ovviare a questi problemi, consentendo al fisioterapista di programmare e controllare una macchina capace di replicare e, talvolta, migliorare la terapia tradizionale; questi dispositivi consentono, inoltre, una somministrazione ripetibile, quantitativa ed intensiva della terapia ed una valutazione quantitativa dei risultati di ciascun paziente.

Lo scopo di questa tesi lo sviluppo e la validazione di un nuovo esercizio riabilitativo, da utilizzare con il manipolatore robotico MIT-Manus; il nuovo percorso sarà costituito da un

(12)

11

target centrale e da otto target disposti a ventaglio. Questo tipo di schema permette la riduzione del ROM del gomito, rispetto al clock e consente di lavorare prevalentemente sull’estensione del braccio. Il nuovo esercizio sarà utilizzato da pazienti cronici post ictus e, dai dati ricavati, procederemo all’analisi dell’andamento delle forze lungo tutte le direzioni del ventaglio.

Nel primo capitolo di questo lavoro viene presentata una panormaica delle cause, degli effetti e delle tipologie di riabilitazione dell’ictus e delle patologie cerebellari; in questa prima parte si prende in esame anche il danno cognitivo e si elencano le scale di valutazione utilizzate. Il secondo capitolo prevede la descrizione del sistema robotico MIT-Manus per la riabilitazione, mentre nel terzo si parlerà dello sviluppo e dell’applicazione del nuovo esercizio. Infine, nel quarto capitolo, verranno esposti i risultati ottenuti con l’applicazione del nuovo schema.

(13)

12

Capitolo 1. L’ictus e le patologie cerebellari

1.1.

Eziologia dell’ictus

Si dice ictus, dal latino colpo, un evento vascolare acuto caratterizzato da un improprio afflusso di sangue ad una regione dell'encefalo, dovuto a:

- occlusione: in questo caso si parla di ictus ischemico. L’occlusione è dovuta alla formazione di un coagulo, che blocca l’afflusso di sangue al cervello

- rottura: in questo caso si parla di ictus emorragico - spasmo di un vaso cerebrale

La mancanza di sangue ed ossigeno porta alla morte di alcune cellule del tessuto corticale.

EZIOLOGIA PERCENTUALE Ictus ischemico 47-67 Trombosi cerebrale 14 Embolia cerebrale 61-81 Subtotale Ictus emorragico 8-16 Intracerebrale 4-8 Subaracnoideo 12-24 Subtotale

Altre cause – cause incerte

0-25

Tabella 4. Eziologia dell’ictus

L’ictus cerebrale rappresenta la seconda causa di morte a livello mondiale e la terza causa di morte nei paesi industrializzati, dopo le malattie cardiovascolari ed i tumori. Nelle seguenti tabelle vengono classificate l’eziologia, i fattori di rischio e il tasso di mortalità dell’ictus [11].

(14)

13

Tasso di mortalità Percentuale

Mortalità a 30 giorni

17-34

Mortalità a un anno 25-40 Mortalità a 3 anni 32-60

Tabella 5. Tasso di mortalità

Nella tabella 6 sono evidenziati i principali fattori di rischio.

FATTORI DI RISCHIO

Potenzialmente modificabili Non modificabili TIA (Attacchi Ischemici Transitori), soprattutto in Ictus pregresso presenza di stenosi carotidea del 70-99% Età

Ipertensione Razza

Fibrillazione atriale o altra fonte di emboli cardiaci Sesso

Ipertrofia ventricolare sinistra Familiarità per ictus Scompenso cardiaco congestizio

Fumo di sigaretta Coronaropatia Consumo di alcol Uso di cocaina Obesità Diabete mellito Ipercolesterolemia

Tabella 6. Fattori di rischio

La presenza di un evento ictale, vicino alle aree sensoriale e motoria del cervello, produce vari deficit motori nella parte controlaterale rispetto alla lesione cerebrale.

(15)

14

Le principali conseguenze di un ictus sono [12]:

- emiparesi: debolezza dei muscoli di un singolo lato del corpo. - emiplegia: paralisi totale di un lato del corpo.

- afasia motoria: perdita della capacità di linguaggio sia scritto che parlato; quando viene mantenuta la capacità di scrittura, si parla di disartria corticale.

Figura 7. Regioni corticali del cervello.

1.2.

Danno funzionale e cognitivo

Gli studi di popolazione provvedono a fornire le informazioni più valide riguardo alla frequenza dei deficit neurologici susseguenti all’ictus. In ogni caso, i loro risultati devono essere interpretati conoscendo il tempo trascorso dall’esordio dell’ictus, al fine di evidenziare i miglioramenti neurologici spontanei che si manifestano durante le prime settimane dopo l’evento patologico. Nella seguente tabella sono riassunti i risultati ottenuti.

(16)

15

Deficit Neurologico Acuto Cronico

Emiparesi destra Emiparesi sinistra Emiparesi bilaterale Totale con emiparesi

Atassia Coordinazione motoria Emianopsia Deficit di percezione visiva Afasia Disartria Deficit sensitivi Deficit cognitivi (memoria) Depressione Controllo sfinterico vescicale Disfagia Banca dati dell’ictus (solo infarti) Finlandia Finlandia (a 12 mesi) Framingham (a 6 o più mesi) 44 37 7 88 20 NR 26 32 30 48 53 36 NR 29 12 NR NR NR 73 NR 86 NR NR 36 57 NR NR NR 29 13 NR NR NR 37 NR 61 NR 41 30 21 NR (31) 29 9 4 22 23 3 48 NR NR 13 NR 18 16 24 NR NR NR NR

Nota: NR = non riportata

Tabella 7. Deficit neurologici.

Il recupero neurologico e funzionale avviene molto rapidamente tra il primo e il terzo mese dopo un ictus, ma alcuni pazienti continuano a progredire dopo questo periodo di tempo, specialmente per quanto riguarda le funzioni di comunicazione e visuospaziali. Nel

(17)

16

Framingham il miglioramento motorio complessivo delle attività connesse con la cura della persona è rallentato nei tre mesi dopo l’ictus, ma continua con trend ridotto durante il primo anno, specialmente nei pazienti con infarti cerebrali. Le funzioni cognitive recuperano solo durante i primi tre mesi. Nella seguente tabella sono riassunte le invalidità susseguenti ad un ictus.

Tipo di invalidità In acuto (%) A 6 mesi (%)

Disorientamento

Evidenti problemi di comunicazione Deficit motorio (parziale o completo)

Incontinenza intestinale Incontinenza urinaria

Necessità di aiuto per rassettarsi Necessità di aiuto per lavarsi Necessità di aiuto per nutrirsi Necessità di aiuto per vestirsi Necessità di aiuto per fare il bagno

Necessità di aiuto per trasferirsi dal letto alla poltrona

Incapacità di deambulare autonomamente

Grave non-autosufficienza Parziale non-autosufficienza Moderata non-autosufficienza Lieve non-autosufficienza Autosufficienza 55 52 80 31 44 56 68 68 79 86 70 73 38 20 15 12 12 27 15 53 7 1 13 20 33 31 49 19 15 4 5 12 32 47 Tabella 8. Invalidità

(18)

17

1.2.1 Danno funzionale: tipologie e valutazione

a) Tipologie

 Mobilità. I problemi motori sono comuni durante la fase acuta dell’ictus, ma la

maggior parte delle persone reduci da ictus è capace di camminare, con o senza assistenza, nel giro di 6 mesi o al massimo di un anno. La natura e la gravità di un deficit motorio riflettono il tipo, la localizzazione e l’estensione della lesione vascolare. I deficit motori possono verificarsi in modo isolato o possono essere accompagnati da deficit sensoriali, cognitivi o di linguaggio. La debolezza o la paralisi sono le manifestazioni più comuni, ma ogni tanto si riscontrano: incoordinazione, goffaggine, movimenti involontari o posture patologiche. La faccia, gli arti superiori o inferiori possono essere interessati dalla lesione singolarmente o in associazione. I comuni sintomi sono l’emiparesi (un braccio e una gamba) e la monoparesi (più comunemente le estremità superiori). I pazienti possono mostrare anche aprassia dei movimenti, che si traduce nell’incapacità di eseguire movimenti sequenziali da parte di individui che non presentano debolezza muscolare dimostrabile.

La posizione a riposo degli arti coinvolti ed i movimenti spontanei dovrebbero essere annotati e la potenza muscolare registrata, usando la seguente scala:

- Grado 0: nessun movimento;

- Grado 1: contrazione palpabile o tremolio;

- Grado 2: contrazione in assenza di gravità;

- Grado 3: movimento in opposizione alla forza di gravità;

- Grado 4: movimento in opposizione ad una resistenza, ma più debole rispetto

all’altro lato;

- Grado 5: normale potenza;

L’assenza di coordinazione in mancanza di perdita delle capacità motorie o sensoriali è detta atassia. I disturbi nella coordinazione possono essere verificati con tre semplici test, come portare il dito al naso, o il calcagno alla cresta tibiale, o anche con altri semplici movimenti alternati. Quando possibile dovrebbe essere valutata la capacità del paziente di mantenere la posizione eretta e di deambulare.

(19)

18

 Attività quotidiane. Le attività basilari di vita quotidiana (ADL) comprendono la

mobilità e la cura personale, come il vestirsi, lavarsi, alimentarsi, utilizzare servizi igienici, rassettarsi e muoversi, che una persona deve saper compiere per essere indipendente. L’uso di strumenti nelle attività di vita quotidiana (IADL) è rappresentato da funzioni più complesse, come usare il telefono, prepararsi il pranzo, maneggiare denaro, usare i mezzi pubblici, accudire alla casa ed ai bambini, svolgere attività ricreative e lavorative.

b) Valutazione

Gli obiettivi della valutazione sono:

documentare la diagnosi di ictus, la sua eziologia, l’area cerebrale coinvolta e le manifestazioni cliniche;

identificare i trattamenti necessari durante la fase acuta;

identificare i pazienti che maggiormente possono beneficiare della riabilitazione;

selezionare il metodo riabilitativo;

fornire gli elementi per costituire un piano di riabilitazione;

monitorare i progressi durante la riabilitazione e facilitare la dimissione;

monitorare i progressi dopo il ritorno alla vita sociale.

Per raggiungere questi obiettivi le valutazioni devono essere effettuate da persone con esperienza riabilitativa, utilizzando una combinazione di esami clinici e metodi standardizzati di misura e valutazione. Inoltre, i fini della valutazione variano con il decorso clinico dell’ictus: si passa dall’iniziale interesse per le funzioni vitali, i livelli di coscienza e le risposte ai trattamenti acuti, a quello per i deficit neurologici specifici e per l’abilità funzionale durante e dopo la riabilitazione. La valutazione è influenzata da una complessa relazione tra i deficit, le menomazioni e le invalidità. Al giorno d’oggi sono in uso numerosi metodi di valutazione, ma solamente pochi di questi sono stati adeguatamente validati. Gli stage principali di valutazione sono riassunti nella figura 7.

(20)

Figura 8. Valutazioni per la riabilitazione dopo l’ictus.

Le caratteristiche essenziali sulle quali basarsi per considerare gli strumenti di valutazione clinica sono la sensibilità, la validità, l’affidabilità e la sensibilità ai cambiamenti

Sensibilità: si riferisce alla ragionevolezza globale, all’importa

semplicità d’uso degli strumenti. Feinstein (1987) suggerisce che la sensibilità è il principale fattore di riuscita o di fallimento delle valutazioni cliniche.

Validità: è la capacità di uno strumento di valutazione di misurare ciò per cui è

stato concepito. La validità dei criteri di uno strumento è determinata dal confronto tra i suoi risultati ed uno standard di riferimento affermato. La sua validità di predizione è rappresentata dalla capacità di predire i miglioramenti futuri.

Affidabilità: ha due dimensioni. L’

alla capacità di due diversi osservatori di somministrare un test ad un determinato paziente, ottenendo risultati simili in condizioni cliniche di stabilità. L’affidabilità del test di con

valutazione che permette di giungere alle medesime conclusioni diagnostiche o valutative su di un determinato paziente in tempi diversi,in condizioni cliniche di stabilità.

Valutazione clinica durante la fase acuta

Screening riabilitativo

Assegnazione ad un programma riabilitativo

Valutazione all'ammissione

Valutazione durante la riabilitazione

Valutazione dopo la dimissione

Figura 8. Valutazioni per la riabilitazione dopo l’ictus.

Le caratteristiche essenziali sulle quali basarsi per considerare gli strumenti di valutazione clinica sono la sensibilità, la validità, l’affidabilità e la sensibilità ai cambiamenti

si riferisce alla ragionevolezza globale, all’importa

semplicità d’uso degli strumenti. Feinstein (1987) suggerisce che la sensibilità è il principale fattore di riuscita o di fallimento delle valutazioni cliniche.

è la capacità di uno strumento di valutazione di misurare ciò per cui è ato concepito. La validità dei criteri di uno strumento è determinata dal confronto tra i suoi risultati ed uno standard di riferimento affermato. La sua validità di predizione è rappresentata dalla capacità di predire i miglioramenti

ha due dimensioni. L’affidabilità fra gli osservatori

alla capacità di due diversi osservatori di somministrare un test ad un determinato paziente, ottenendo risultati simili in condizioni cliniche di

affidabilità del test di controllo si riferisce ad una procedura di

valutazione che permette di giungere alle medesime conclusioni diagnostiche o valutative su di un determinato paziente in tempi diversi,in condizioni cliniche

Valutazione clinica durante la fase

Assegnazione ad un programma

Valutazione durante la riabilitazione

Non proponibile per la riabilitazione: - Nessuna o minima invalidità - Eccessiva compromissione per partecipare alla riabilitazione

Proposta di riabilitazione

individuale

19 Figura 8. Valutazioni per la riabilitazione dopo l’ictus.

Le caratteristiche essenziali sulle quali basarsi per considerare gli strumenti di valutazione clinica sono la sensibilità, la validità, l’affidabilità e la sensibilità ai cambiamenti [13].

si riferisce alla ragionevolezza globale, all’importanza e alla semplicità d’uso degli strumenti. Feinstein (1987) suggerisce che la sensibilità è il principale fattore di riuscita o di fallimento delle valutazioni cliniche.

è la capacità di uno strumento di valutazione di misurare ciò per cui è ato concepito. La validità dei criteri di uno strumento è determinata dal confronto tra i suoi risultati ed uno standard di riferimento affermato. La sua validità di predizione è rappresentata dalla capacità di predire i miglioramenti

affidabilità fra gli osservatori si riferisce

alla capacità di due diversi osservatori di somministrare un test ad un determinato paziente, ottenendo risultati simili in condizioni cliniche di si riferisce ad una procedura di valutazione che permette di giungere alle medesime conclusioni diagnostiche o valutative su di un determinato paziente in tempi diversi,in condizioni cliniche

Non proponibile per la riabilitazione: Nessuna o minima invalidità Eccessiva compromissione per partecipare alla riabilitazione

Proposta di riabilitazione

individuale

(21)

20

La sensibilità ai cambiamenti è la possibilità di scoprire clinicamente degli importanti cambiamenti. Gli strumenti utilizzati per monitorare i progressi dei pazienti durante la riabilitazione devono comprendere il range completo dei livelli di sviluppo, devono avere scale sufficientemente particolareggiate in modo da permettere di classificare anche il più piccolo cambiamento, e devono permettere una valutazione degli specifici tipi di menomazione e di invalidità più velocemente, rispetto all’utilizzo di una graduatoria sommaria.

L’obiettivo delle scale di valutazione è quello fornire una valutazione standardizzata delle seguenti condizioni:

- Stato generale;

- Fattori sociali ed ambientali; - Condizioni motorie;

- Sensibilità; - Stato cognitivo; - Condizioni psichiche; - Comunicazione;

- Cartteristiche del supporto esterno;

- Autonomia nelle attività della vita quotidiana.

Studi precedenti avevano utilizzato la scala Motor Status Score (MSS) che fornisce una misura completa e discreta dei movimenti isolati e della funzione motoria dell’arto superiore, classificando le abilità motorie su una scala a sei punti. La funzione motoria è definita come l’abilità di compiere movimenti o tasks che sono componenti essenziali dellle attività di vita quotidiana. La scala è suddivisa ulteriormente in due scale: la prima per i movimenti di spalla e gomito eseguiti per mezzo del robot (punteggio massimo 40), la seconda per i movimenti di polso e dita che non eseguiti per mezzo del robot (punteggio massimo 42) [14].

Le condizioni motorie, in questo lavoro, sono state valutate utilizzando la scala di Ashworth Modificata, la scala Fugl-Meyer ed il Range of Motion (ROM).

(22)

21

Scala di Ashworth Modificata (MAS): serve per valutare la spasticità muscolare. Il

termine spasticità indica un abnorme aumento del tono muscolare che può originare da una lesione del cervello o del midollo spinale. Una caratteristica della spasticita è che l'aumento del tono muscolare dipende dalla velocità del movimento, ovvero aumenta con l'aumentare della velocità del movimento. Essa provoca il cosiddetto effetto a "serramanico" nei movimenti passivi degli arti e coinvolge sia i muscoli agonisti che antagonisti, interferendo così sia con la flessione che con la estensione di un segmento corporeo. La MAS è una scala ordinale da 0 a 4 e misura l’intensità del tono muscolare (appendice A).

Scala Fugl-Meyer: è una delle più comprensive misurazioni quantitative dell’

impariment motorio post-ictale e il suo uso viene raccomandato per i trial clinici di riabilitazione neurologica. Si tratta di una scala malattia-specifica disegnata specificamente come strumento di misurazione del recupero post-stroke nell’emiparetico e nell'emiplegico. È una scala con punteggio massimo di 225 punti divisa in cinque aree: funzione motoria, funzione sensoriale, equilibrio, range of motion articolare, dolore articolare. Ogni area contiene più elementi, con tre punteggi possibili (0 = impossibilità ad eseguire, 1 = esecuzione parziale, 2 = esecuzione completa). L'area motoria include elementi che misurano in movimento, la coordinazione e i riflessi di spalla, gomito, avambraccio, polso, mano, anca, ginocchio e caviglia. Il punteggio totale dell'area motoria varia da zero (emiplegia) a 100 (funzione motoria normale), con 66 punti riservati all’arto superiore e 34 a quello inferiore. A questi si aggiungono 24 punti per l'area sensoriale, 14 punti per l'equilibrio, 44 punti per il range of motion (ROM) articolare e 44 punti per grado di dolore articolare (appendice B).

Range of Motion (ROM): è il parametro più chiaro utilizzato per valutare le capacità

motorie dei pazienti che hanno subito un danno. L’elaborazione del peso statistico dei dati viene eseguita per mezzo del test di t-Student [15].

(23)

22

1.2.2 Danno neurologico cognitivo: tipologie e valutazione

a) Tipologie

I danni neurologici cognitivi, relativi ad un evento ictale, possono essere espressi da un rallentamento generale dell’elaborazione delle informazioni, da una compromissione di specifiche funzioni (orientamento spaziale, attenzione, memoria, abilità prassiche, capacità di adattamento mentale e pianificazione, linguaggio) o da una difficoltà di ragionamento. Il deficit lessicale è definito come un disturbo determinato dal danno ad una componente lessicale, cioè ad uno o più meccanismi ritenuti coinvolti nell’elaborazione delle parole. Il sistema semantico-lessicale, preposto all’elaborazione di parole singole, ha un’architettura funzionale articolata e complessa. Nel sistema viene fatta una prima distinzione tra componenti lessicali di input coinvolte nei processi di comprensione di parole e componenti di output necessarie per la produzione di parole (figura 9).

Figura 9. Architettura funzionale del sistema semantico. Lessico Fonologico

di Input

Lessico Fonologico

di Output Lessico Ortografico

di Output SISTEMA SEMANTICO

Lessico Ortografico di Input

INPUT VISIVO INPUT UDITIVO

(24)

23

I meccanismi lessicali interagiscono con i sistemi di conversione, che non elaborano parole intere o morfemi, ma sono deputati all’elaborazione di unità sublessicali (sillabe, lettere o sequenze prive di significato).

Nel caso di un danno alle componenti lessicali, un sistema di conversione integro può dare un contributo importante al processo di elaborazione delle parole. Al termine dei processi di elaborazione lessicale (lessico fonologico di output e lessico ortografico

di output) e sublessicale (sistemi di conversione) l’informazione viene mantenuta in

una memoria di lavoro (buffer fonologico o buffer ortografico) per il tempo necessario ad essere trasformata in una sequenza articolatoria (produzione orale) o in una sequenza di lettere (produzione scritta) (figura 10).

Figura 10. Interazione tra meccanismi lessicali e sistemi di conversione. Lessico Fonologico di Input SISTEMA SEMANTICO Lessico Ortografico di Input

PRODUZIONE ORALE PRODUZIONE SCRITTA

Rappresentazione Visivo-Strutturale Sistema di Conversione Fonol.- Ortogr. Sistema di Conversione Ortogr.-Fonol. Buffer Fonologico Lessico Fonologico di Output

INPUT VISIVO INPUT UDITIVO

Lessico Ortografico di Output

(25)

24

In presenza di un danno al sistema semantico ci dovremmo aspettare una difficoltà sia nei compiti che richiedono la comprensione che in quelli di produzione delle parole.

Al contrario, un danno limitato al lessico fonologico di output dovrebbe determinare una difficoltà solamente nei compiti che richiedono la produzione orale di una parola (denominazione, lettura, ripetizione) [14].

b) Valutazione

La valutazione delle menomazioni cognitive e delle manifestazioni comportamentali deve essere in grado di fornire, in un tempo ragionevole, delle informazioni di tipo quantitativo che consentano di inquadrare il paziente, sia a livello di menomazione che di disabilità.

In letteratura esistono varie proposte di verifica, che possono essere incluse in uno schema di valutazione. Nel nostro caso, la scala utilizzata è la Mini Mental State

Examination [16]; questa scala rappresenta un rapido e sensibile strumento per

l’esplorazione della funzione cognitiva e delle sue modificazioni nel tempo. La somministrazione richiede 10-15 minuti. Il punteggio totale, dato dalla somma dei punteggi che il paziente ha ottenuto per ciascun item, può andare da un minimo di 0 (massimo deficit cognitivo) ad un massimo di 30 (nessun deficit cognitivo). Il punteggio soglia è 23-24 e la maggior parte delle persone anziane non dementi ottiene punteggi raramente al di sotto di 24. Tuttavia, fattori come l’età e la scolarità, influenzano significativamente la variazione dei punteggi attesi nella popolazione normale; per questo motivo sono stati elaborati coefficienti di aggiustamento del punteggio.

Un esempio di scala MMSE è riportato in appendice C.

1.3 La riabilitazione funzionale robot-assistita

L’obiettivo della riabilitazione nei pazienti emiplegici post-ictus è di promuovere il recupero delle funzioni perse, portando all’indipendenza e alla reintegrazione precoce nella vita sociale e domestica, oltre a ridurre il grado di disabilità permanente. L’attuale tecnologia cerca di trovare il migliore trade–off tra un trattamento riabilitativo neurologico robot-assistito sicuro, affidabile ed efficace ed un sistema a basso costo. L’utilizzo della

(26)

25

terapia robotica può migliorare l’efficienza e l’efficacia del terapista, permettendogli di seguire più pazienti contemporaneamente e di somministrare una terapia di maggiore durata. L’utilizzo della terapia robotica può fornire trattamenti interattivi di elevata intensità, ripetibili e task-specifici e può essere utilizzata per la valutazione oggettiva e attendibile dei progressi del paziente.

Tali trattamenti, costituiti da movimenti attivi e passivi altamente ripetitivi, sono uno degli approcci più efficaci nel recupero della funzionalità della mano e del braccio. La riabilitazione robot-assistita, tuttavia, non è solo un metodo per incrementare la produttività; ci sono prove che la pratica di movimenti ripetitivi (passivi, attivi assistiti, attivi) può incidere sul recupero dei danni cerebrali [10]. I sistemi meccatronici e robotici per la neuro-riabilitazione possono essere utilizzati per:

 Registrare informazioni riguardo alla performance motoria (posizione, traiettoria, interazione forza/impedenza) durante movimenti attivi.

 Causare movimenti passivi e/o innescare movimenti volontari dell’arto attaccato al dispositivo.

La possibilità di valutare la performance del paziente in modo oggettivo e ripetibile è cruciale per poter definire una procedura riabilitativa costruita su misura ed efficace.

I sistemi robot-assistiti per la neuro-riabilitazione attualmente sviluppati hanno due o tre gradi di libertà; alcuni di questi permettono di allenare il movimento bilaterale attivo e passivo dell’avambraccio e del polso (MIME e Bi-Manu Track), mentra altri (MIT-Manus, ARM-Guide, Gentle/s) sono stati sviluppati per il movimento unilaterale di spalla, gomito e polso senza restrizioni. La valutazione dell’efficacia di questi dispositivi è stata testata all’inizio e alla fine del trattamento [17].

Dal momento che la conoscenza scientifica dei meccanismi basilari che causano i disordini motori è piuttosto limitata, è necessario che questi dispositivi robotici forniscano maggiori informazioni circa i meccanismi alla base disabilità motoria e permettano di generare nuovi interventi neuroriabilitativi basati sulla scienza. Probabilmente la causa principale della disabilità motoria conseguente ad un ictus emiparetico è un’anomala coordinazione dei giunti. Fra i sopravvissuti all’ictus, oltre il 60% mostra una perdita del controllo

(27)

26

indipendente dei giunti risultante da schemi anomali di co-attivazione dei muscoli dell’arto paretico. Tali schemi, come le sinergie di flessione ed estensione, causano l’accoppiamento dei movimenti di gomito e spalla, limitando severamente l’abilità di eseguire movimenti funzionali come il reaching.

Le prove statiche e dinamiche precedenti hanno dimostrato che il movimento di reaching può essere seriamente danneggiato quando i pazienti devono sollevare il braccio contro la gravità. I meccanismi neurale dietro alla comparsa di schemi anormali di coordinazione durante il recupero post ictus sono ampiamente sconosciuti, ma si suppone che siano legati ad una perdita della risoluzione corticale e ad un aumento dell’utilizzo dell’arto non danneggiato. Attualmente sono stati affiancati, al dispositivo robotico, l’elettroencefalogramma ed un sistema elettromiografico; questo ha permesso di indagare come varia l’attività cerebrale quando il controllo dei giunti è danneggiato, fornendo prove della variazione dell’attività corticale durante i movimenti di reaching [18].

1.4 La riabilitazione cognitiva

La neurogenesi nel sistema adulto degli organismi complessi sembra essere un evento assai raro; tuttavia, studi recenti hanno dimostrato che nelle aree ippocampali, tipicamente molto plastiche, è possibile attivare la neurogenesi attraverso l’utilizzo di farmaci. Per comprendere i possibili meccanismi neuroplastici è di grande importanza l’esistenza di fenomeni riorganizzativi a breve e lungo termine. L’analisi a livello di circuiti suggerisce che, mentre il cambiamento a lungo termine può basarsi sulla formazione di nuove connessioni, i cambiamenti che si notano entro pochi minuti da una manipolazione sperimentale si spiegano solo con lo smascheramento di connessioni preesistenti tra punti diversi del sistema nervoso. Una recente classificazione a livello dei sistemi prevede l’esistenza di quattro principali forme di neuroplasticità [19]:

 Espansione delle mappe rappresentazionali

 Riassegnazione cross-modale

 Adattamento di aree omologhe

(28)

27

In primo luogo è necessario identificare la sede del danno funzionale per poter decidere da dove incominciare il trattamento; il passo successivo è quello di considerare i criteri di organizzazione di ciascuna componente del sistema.

 Riabilitazione del sistema semantico

Dato che il sistema ha un’organizzazione interna di tipo categoriale, è utile preparare un certo numero di figure appartenenti a classi semantiche diverse in modo da verificare se vi è una differenza significativa nell’elaborazione degli stimoli appartenenti alle varie categorie. Al paziente viene quindi chiesto di indicare una tra 4/5 alternative semanticamente correlate e successivamente (non nello stesso giorno) di denominare le figure presentate.

La presenza di errori semantici nelle due prove suggerisce la possibilità di un deficit semantico. Se il paziente è in grado di capire semplici domande con risposta si/no, è utile indagare la conoscenza relativa ad alcuni concetti appartenenti alle varie categorie. La riabilitazione in caso di grave danno del sistema semantico può iniziare utilizzando degli oggetti che presentano, rispetto alle figure, il vantaggio di poter essere manipolati.

 Riabilitazione dei lessici di input

Le prove generalmente usate per diagnosticare un danno ai lessici di input sono i compiti di decisione lessicale. Al paziente viene chiesto di dire se uno stimolo presentato uditivamente (lessico fonologico di input) o visivamente (lessico ortografico di input) è o non è una parola. Nel caso in cui si abbia anche un danno del sistema semantico, la rieducazione dei lessici di input viene condotta dopo il recupero della componente semantica. Infatti, se la componente semantica è integra, il paziente riesce non solo a dire se la stringa di fonemi è o non è una parola, ma anche a capirne il significato. Dopo che il paziente ha riconosciuto le parole come tali, si richiede di ricercarle, a casa, in un vocabolario in modo da rinforzare il legame tra la forma fonologica (o ortografica) ed il significato.

 Rieducazione dei lessici di output

Le prove che vengono generalmente usate per diagnosticare un danno ai lessici di output sono la denominazione orale e quella scritta, rispettivamente per il lessico fonologico ed

(29)

28

ortografico. Per entrambe le modalità gli item devono essere controllati per frequenza d’uso e per classe grammaticale di appartenenza (sostantivi vs. azioni).

Un danno ai lessici, oltre a determinare un disturbo di denominazione, può alterare il processo di lettura ad alta voce, nel caso di una compromissione del lessico fonologico di output, o quello di scrittura sotto dettato nel caso di un disturbo al lessico ortografico. Gli esercizi che risultano adeguati sono quelli di evocazione lessicale nei quali al paziente viene richiesto di produrre il maggior numero di parole appartenenti alla stessa categoria semantica (ad esempio, mi dica tutti i nomi di frutta che le vengono in mente) o fonemica (ad esempio, mi dica tutte le parole che cominciano con la lettera m); è importante richiedere al paziente di scrivere tutto quello che dice perchè la scrittura, oltre ad agevolare il processo di consolidamento delle parole, gli consente sempre di confrontare, a compito ultimato, le parole ricordate con quelle evocate nei giorni precedenti [20].

1.5 Il cervelletto

Il cervelletto è una parte del sistema nervoso centrale; è posto in posizione dorsale rispetto al tronco encefalico, con il quale è collegato tramite 3 coppie di peduncoli:

• peduncoli cerebellari superiori (che lo collegano con il mesencefalo)

• peduncolo cerebellari medi (i più voluminosi, che lo collegano con il ponte)

• peduncoli cerebellari inferiori (che lo collegano con il bulbo)

Figura 11. Rappresentazione tridimensionale del cervelletto.

Viene quindi ad essere separato dal tronco dal quarto ventricolo cerebrale. Il cervelletto ha forma ellissoidale, appiattito dall'alto in basso. il cervelletto presenta una faccia superiore e

(30)

29

una faccia inferiore, separate dalla circonferenza. La prima è percorsa da un rilievo: il

verme superiore, ai lati del quale si trovano le facce superiori degli emisferi cerebellari. La

faccia inferiore, invece, è percorsa da una profonda depressione: la vallecula, nella cui profondità si trova il verme inferiore ; ai lati si estendono le facce inferiori dei due emisferi cerebellari. La circonferenza mostra anteriormente una profonda depressione: l' ilo del

cervelletto. In corrispondenza di tale depressione fanno emergenza i peduncoli cerebellari.

All'ilo del cervelletto è teso il velo midollare posteriore. Il cervelletto si trova collocato nella fossa endocranica posteriore. La parte superiore viene in rapporto con il tentorio del cervelletto, che lo separa dagli emisferi cerebrali, mentre la porzione inferiore con le fosse dell'osso occipitale. Il volume cerebellare costituisce il 10% del volume totale dell'encefalo ma contiene più della metà dei neuroni cerebrali. Macroscopicamente possiamo riconoscere una porzione centrale, il verme, e due emisferi cerebellari di destra e di sinistra.lo completano due piccole formazioni, una per lato, denominate flocculi. L'asse trasversale è di circa 10 cm, mentre lo spessore nella zona del verme è di 3 cm e in quella dei due emisferi cerebellari è di circa 5 cm.

La superficie cerebellare ha un'organizzazione estremamente regolare e presenta una caratteristica suddivisione ad opera di fessure primarie in lobi, che a loro volta sono suddivisi in lobuli da fessure secondarie, suddivisi in lamine e poi in lamelle da fessure via via sempre più piccole, il tutto per aumentare la superficie cerebellare.

Grazie a queste è possibile suddividere la superficie cerebellare in 4 lobi:

• anteriore (separato dal seguente dalla fessura superiore);

• medio (separato dal seguente dalla fessura prepiramidale);

• posteriore (separato dal seguente dalla fessura postero-laterale);

• nodulo flocculare

Dal punto funzionale distinguiamo 3 aree diverse nel cervelletto:

• archeocerebello o vestibolocerebello

• paleocerebello o spinocerebello

(31)

L'area dell'archicerebello è rappresentata dal nodulo (lobulo del verme) e dai due flocculi (lobuli degli emisferi) ed è l'area più ancestrale, con cui il cervelletto è collegato, in entrambi i sensi, ai nuclei vestibolari (coordinamento motorio, equilibrio). La zona del

paleocerebello è rappresentata dalla restante parte del verme e dall'area paravermina ed è

collegata in entrambi i sensi, con il midollo spinale. La superificie del

restante, cioè la porzione media e laterale degli emisferi cerebellari, ed è colleg

entrambi i sensi, con la corteccia cerebrale (queste vie rappresentano l'acquisizione filogenetica più recente).

Figura 12. Sezione di corteccia cerebellare.

Mentre la corteccia cerebellare è formata da sostanza grigia, la porzione più profonda è costituita da sostanza bianca, da cui si diramano porzioni che costituiscono gli assi dei lobi, quindi dei lobuli e via via sempre più piccoli tralicci che infine cost

delle lamelle, venendo così ad assumere la forma di un albero, tale da prendere il nome di "arbor vitae".

Nella profondità della sostanza bianca vi sono inoltre tre paia di nuclei:

• nucleo del fastigio o nucleo del tetto

• nucleo interposito (costituito di due piccoli nuclei,

emboliforme, paleocerebellari); • nucleo dentato (noeocerebellare).

è rappresentata dal nodulo (lobulo del verme) e dai due flocculi (lobuli degli emisferi) ed è l'area più ancestrale, con cui il cervelletto è collegato, in entrambi i sensi, ai nuclei vestibolari (coordinamento motorio, equilibrio). La zona del è rappresentata dalla restante parte del verme e dall'area paravermina ed è collegata in entrambi i sensi, con il midollo spinale. La superificie del

restante, cioè la porzione media e laterale degli emisferi cerebellari, ed è colleg

entrambi i sensi, con la corteccia cerebrale (queste vie rappresentano l'acquisizione

Figura 12. Sezione di corteccia cerebellare.

Mentre la corteccia cerebellare è formata da sostanza grigia, la porzione più profonda è costituita da sostanza bianca, da cui si diramano porzioni che costituiscono gli assi dei lobi, quindi dei lobuli e via via sempre più piccoli tralicci che infine costituiscono l'asse centrale delle lamelle, venendo così ad assumere la forma di un albero, tale da prendere il nome di

Nella profondità della sostanza bianca vi sono inoltre tre paia di nuclei:

nucleo del fastigio o nucleo del tetto (archicerebellare);

(costituito di due piccoli nuclei, nucleo globoso , paleocerebellari);

(noeocerebellare).

30

è rappresentata dal nodulo (lobulo del verme) e dai due flocculi (lobuli degli emisferi) ed è l'area più ancestrale, con cui il cervelletto è collegato, in entrambi i sensi, ai nuclei vestibolari (coordinamento motorio, equilibrio). La zona del è rappresentata dalla restante parte del verme e dall'area paravermina ed è collegata in entrambi i sensi, con il midollo spinale. La superificie del neocerebello è la restante, cioè la porzione media e laterale degli emisferi cerebellari, ed è collegata, in entrambi i sensi, con la corteccia cerebrale (queste vie rappresentano l'acquisizione

Mentre la corteccia cerebellare è formata da sostanza grigia, la porzione più profonda è costituita da sostanza bianca, da cui si diramano porzioni che costituiscono gli assi dei lobi, ituiscono l'asse centrale delle lamelle, venendo così ad assumere la forma di un albero, tale da prendere il nome di

Nella profondità della sostanza bianca vi sono inoltre tre paia di nuclei:

(32)

31

1.5.1 Le funzioni

La funzione principale è quella di coordinare le uscite motorie: infatti, le lesioni cerebellari compromettono la coordinazione dei movimenti degli arti e degli occhi ma anche l'equilibrio. Si ritiene che il cervelletto riceva dalla corteccia cerebrale una "copia" del comando motorio che un soggetto intende volontariamente eseguire, e che riceva dagli arti informazioni relative all'effettivo svolgimento dello schema motorio impartito dalla corteccia cerebrale. Qualora sussistano delle differenze tra il movimento programmato e quello effettivamente realizzato, il cervelletto è in grado di correggere, con un meccanismo di feedback negativo, il movimento durante il suo realizzarsi. Per tale motivo si dice che il cervelletto è un "comparatore".

Ricerche recenti hanno ipotizzato che tale compito di coordinazione del cervelletto sia generalizzabile anche alle funzioni cognitive. Un danno cerebellare quindi non impedisce l'utilizzo di una determinata funzione ma ne riduce l'efficienza.

Il processo di correzione è dato da un aumento della scarica dei nuclei cerebellari. Infatti i nuclei ricevono una innervazione indiretta data dalle cellule del purkinje le quali in condizioni funzionali scaricano inibendo i nuclei stessi. Se però non dovesse esservi correlazione tra lo schema motorio desiderato dalla corteccia e quello effettuato realmente, le fibre rampicanti, che giungono dal nucleo olivare inferiore con rapporto di 1:1 sulle cellule del purkinje, aumentano la loro scarica di potenziali complessi generando un aumento di Ca2+ intracellulare molto evidente.

Questo, sommatosi all'aumento relativo alla stimolazione delle stesse cellule da parte delle fibre parallele, induce in quest'ultime un processo di depressione sinaptica a lungo termine (long term depression) causato fondamentalmente da un'endocitosi dei recettori AMPA per il glutammato con conseguente diminuzione di scarica delle cellule del Purkinje sui nuclei. Così il movimento tenderà ad essere corretto tramite le vie di controllo del cervelletto sulla corteccia e sulle vie motorie discendenti.

1.5.2 Le patologie

I disturbi che riguardano il cervelletto, e le sue afferenze ed efferenze, hanno come conseguenza alterazioni della velocità, dell'ampiezza e della forza dei movimenti. Dal punto di vista anatomico il cervelletto è diviso in tre parti. L'archicerebello o vestibolocerebello,

(33)

32

comprende il lobo flocculonodulare ed è preposto al mantenimento dell'equilibrio e dei movimenti coordinati occhi-testa-collo. È in stretta connessione con i nuclei vestibolari. Il verme mediano (paleocerebellum) coordina i movimenti del tronco e delle gambe: le lesioni a questo livello comportano alterazioni della postura e dell'andatura. Gli emisferi laterali, che costituiscono il neocerebellum, esercitano il controllo sui movimenti balistici e finemente coordinati degli arti, in particolare di quelli superiori. I segni delle malattie cerebellari sono riportati nella tabella 9.

Segno Descrizione

Atassia Barcollamento, andatura a base allargata

Scomposizione del movimento

Incapacità di effettuare in sequenza appropriata atti fini e coordinati

Disartria Incapacità di articolare le parole in modo appropriato, con farfugliamento e composizione inappropriata delle frasi

Adiadococinesia Incapacità di effettuare movimenti rapidi e alternati

Dismetria Incapacità di controllare l’ampiezza del movimento

Ipotonia Diminuzione del tono muscolare

Nistagmo Oscillazione rapida e involontaria dei globi oculari in direzione orizzontale, verticale o rotatoria con la componente veloce massima verso la sede della lesione cerebellare

Parola scandita Enunciazione lenta con tendenza a esitare all’inizio della parola o della sillaba

Tremore Movimento ritmico, alternante e oscillatorio di un arto mentre questo si avvicina a un bersaglio (tremore intenzionale) o della muscolatura prossimale mentre si tenta di mantenere una postura o un peso (tremore di mantenimento)

Tabella 9. Segni di malattia cerebellare

Lesioni strutturali del cervelletto

Gli infarti, le emorragie o i tumori, accrescendosi, possono essere causa di idrocefalo o di aumento della pressione endocranica, con edema della papilla. Durante l'infanzia, la parte mediana del cervelletto è la sede più frequente dei tumori primitivi dell'encefalo (medulloblastoma, astrocitoma cistico). Deficit cerebellari possono risultare da placche demielinizzanti nella sclerosi multipla (che possono essere localizzate in qualunque parte della sostanza bianca cerebellare), dalla malformazione di Chiari (discesa di tessuto cerebellare nel canale cervicale) e dall'invaginazione basilare con platibasia (appiattimento

(34)

33

della base del cranio). L'alcolismo e i problemi nutrizionali, a esso collegati, possono dare luogo a una degenerazione del verme e della parte anteriore del cervelletto con grave atassia dell'andatura.

Sindromi cerebellari possono anche essere secondarie a ipotiroidismo, a tossine (monossido di carbonio, metalli pesanti, fenitoina), a iperpiressia, a traumi cranici ripetuti. Meno frequentemente, nei bambini, disfunzioni cerebellari reversibili possono essere secondarie a infezioni virali. Negli adulti, in concomitanza con neoplasie maligne, possono manifestarsi, sebbene raramente, gravi alterazioni estese a tutto il cervelletto.

Degenerazioni spino-cerebellari

Gruppo di malattie caratterizzate da atassia progressiva dovuta alla degenerazione del cervelletto, del tronco, del midollo, dei nervi periferici e talvolta dei gangli della base. Molte di queste sindromi sono ereditarie, mentre altre sono sporadiche. Le degenerazioni spino-cerebellari possono essere classificate nelle seguenti ampie categorie: le atassie a predominanza spinale, le atassie cerebellari, le degenerazioni sistemiche multiple (vedi tabella 10). Non esiste terapia.

Sindrome Deficit di forza Perdita di sensibilità Alterazioni scheletriche Insorgenza Atassia spinale Atassia di Friedreich + + + J Atassie cerebellari Degenerazione di Holmes - - - A Atrofia multisistemica

Malattia dominante di Menzel - - - A

Sindrome di Dejerine- Thomas - - - A

Sindrome di Shy-Drager ± - - A

Malattia di Machado- Joseph + - - A

Malattie Sistemiche Malattia di Refsum + + - J Abetalipo- proteinemia + + + J Atassia- telangiectasia + - - J Malattia mitocondriale multisistemica + - - J/A

+ = sempre presente; - = assente; ± = variabile; J = giovanile; A= adulto;

(35)

34

 L'atassia di Friedreich rappresenta il quadro più tipico di atassia spinale. La trasmissione genetica è di tipo autosomico recessivo; il gene responsabile è localizzato sul cromosoma 9. L'andatura incerta inizia tra i 5 e i 15 anni ed è seguita da atassia degli arti superiori e disartria; le capacità mentali spesso diminuiscono. Il tremore, anche se presente, è minimo. I pazienti sono areflessici e c'è una perdita del tipo di sensibilità trasportato dalle fibre di largo calibro (senso della vibrazione e della posizione); sono di frequente riscontro piede talo, scoliosi e cardiomiopatia evolutiva. L'abetalipoprotidemia (sindrome di Bassen-Kornzweig, deficienza di vitamina E) e la malattia di Refsum (accumulo di acido fitanico), hanno alcuni caratteri in comune con l'atassia di Friedreich, rimanendo sconosciuta la causa metabolica di quest'ultima.

 L'atassia cerebellare inizia in genere tra i 30 e i 50 anni, può essere di tipo sporadico o ereditaria con carattere dominante. I reperti anatomopatologici sono limitati al cervelletto e, talvolta, alle olive inferiori. Clinicamente, possono essere evidenziati solo segni di disfunzione cerebellare.

 Nell'atrofia multisistemica (atrofia olivopontocerebellare), l'atassia insorge nell'età media giovanile. Sintomi aggiuntivi comprendono la spasticità in varie combinazioni con deficit extrapiramidali, sensitivi, del motoneurone inferiore e del sistema autonomo. In alcuni gruppi familiari sono riscontrabili l'atrofia ottica, la retinite pigmentosa, l'oftalmoplegia e la demenza. Tali sindromi comprendono la sindrome dominante di Menzel (con deficit dei nervi cranici e spasticità), la sindrome di Dejerine-Thomas, sporadica o recessiva, in cui è prevalente il parkinsonismo, la degenerazione sistemica motoria delle Azzorre (malattia di Machado-Joseph) e l'atassia cerebellare con alterazioni neurovegetative (sindrome di Shy-Drager).

Alcuni disturbi sistemici a patogenesi sconosciuta, quali l'atassia-telangiectasia producono atassia. Nel disturbo multisistemico mitocondriale, l'atassia si manifesta in modi diversi associandosi a oftalmoplegia, blocco cardiaco, miopatia. L'attività di molti enzimi della catena respiratoria risulta diminuita, sono presenti delle delezioni nel DNA mitocondriale e alla biopsia muscolare si evidenziano le caratteristiche fibre sfrangiate.

(36)

35

Nell’ultima decade sono stati eseguiti numerosi studi di neuroimaging che hanno fornito le prove dell’attivazione cerebellare in diversi task cognitivi. I rapporti più recenti, riguardo ai deficit cognitivi di pazienti con lesioni cerebellari, indicano che i danni al cervelletto compromettono l’abilità visuospaziale. Un supporto per il ruolo del cervelletto nella cognizione spaziale deriva anche dalle scoperte sperimentali, le quali indicano l’importanza dei circuiti cerebellari per l’acquisizione dei componenti procedurali richiesti per l’apprendimento spaziale [21].

In letteratura si trovano differenti studi che hanno esaminato le abilità cognitive, inclusa l’abilità visuospaziale, in pazienti con danni cerebellari sia giovani che in età adulta. La performance visuospaziale è stata analizzata utilizzando il sottotest spaziale della scala di intelligenza negli adulti di Wechsler (WAIS), il test di Benton sull’orientazione delle linee e due test di rotazione mentale degli oggetti: il Minnesota paper form board test revised (MIN) ed il Test di Attitudine Differenziale (DAT). I dati ottenuti mostrano come la lesione cerebellare possa indurre un danneggiamento delle abilità visuospaziali con differenti caratteristiche, in funzione del lato della lesione; sono stati osservati chiari deficit visuospaziali quando, al soggetto cerebellare, viene richiesto di processare mentalmente figure complesse, come nel test MIN.

Altri studi riguardano la stimolazione magnetica della corteccia motoria in soggetti affetti da atassia cerebellare; in questo caso si esegue una stimolazione elettrica del nervo ulnare e delle radici motorie, accoppiandolo con una stimolazione magnetica della corteccia motoria [22].

Infine sono stati eseguiti studi di imaging funzionale per valutare il ruolo del cervelletto nella percezione del tempo, nelle operazioni di cronometraggio e nella regolazione dell’attività muscolare agonista-antagonista. Per descrivere il meccanismo del cronometro, che rappresenta il tempo soggettivo attraverso l’accumulo di impulsi, possibilmente generati da un oscillatore, viene utilizzata la metafora dell’orologio [23].

(37)

36

Capitolo 2. Il sistema robotico MIT-Manus per la

riabilitazione

Per lo sviluppo di questa tesi sono stati utilizzati i seguenti strumenti: - Manipolatore robotico MIT Manus.

- Compilatore per il linguaggio tcl/tk con il quale è stato sviluppato una interfaccia uomo-macchina, denominata “fan-like” con 8 obiettivi periferici ed uno centrale (16 movimenti).

2.1. Descrizione del sistema

Una delle applicazioni dell’ingegneria della riabilitazione prevede l’utilizzo di tecnologie, specialmente quelle robotiche, per aumentare la terapia fisica ed occupazionale tradizionale; con il termine “robot terapeutico” si intende un sistema che percepisce il movimento dell’utente, utilizza le informazioni per prendere decisioni e fornisce al paziente un feedback visivo ed aptico. I robot terapeutici per l’arto superiore solitamente hanno la forma di un braccio robotico che viene afferrato dall’utente, di un guanto o di un esoscheletro che si indossa sul braccio. Questi sistemi hanno la capacità di aumentare: la quantità di terapia ricevuta dal paziente, il piacere verso quella terapia e la qualità dell’assistenza fornita durante la terapia.

Recenti studi hanno dimostrato che la pratica intensa e ripetitiva porta ad un’acquisizione funzionale molto maggiore; i robot possono anche aumentare le opzioni disponibili per la teleriabilitazione, l’accessibilità e la convenienza. La natura ripetitiva della terapia può ridurre l’interesse e la motivazione del paziente mentre, con l’utilizzo del robot, gli esercizi si trasformano in giochi d’intrattenimento. Nella terapia fisica ed occupazionale tradizionale il terapista assiste il paziente nei movimenti che non riesce ad eseguire da solo; il robot può misurare in maniera precisa le caratteristiche del movimento ed esercitare una forza di feedback sul sistema attraverso gli attuatori, fornendo così assistenza o resistenza all’utente. L’assistenza fornita dal robot deve essere progettata in modo tale da prevenire un atteggiamento passivo da parte del paziente, mentre il robot esegue il movimento, poiché la partecipazione attiva porta ad un miglioramento motorio maggiore. Combinando l’esperienza del terapista con il potenziale della tecnologia robotica è possibile, quindi, aiutare ciascun paziente a massimizzare il recupero dalla malattia o dall’incidente [27].

Figura

Tabella 1. Vantaggi e svantaggi delle scale di valutazione qualitative.
Figura 7. Regioni corticali del cervello.
Tabella 7. Deficit neurologici.
Figura 8. Valutazioni per la riabilitazione dopo l’ictus.
+7

Riferimenti

Documenti correlati

But the mitosporic fungi thus associated with brown wood-streaking of esca-affected grapevines also cause a decline of young grapevines that has been reported from several

Red or green colors represent the increase or decrease of transcript levels (fold-change) between treated and control samples, while black boxes represent non-modulated genes. The

- i borghi di categoria 2 includono quei luoghi abbandonati in favore della fondazione di nuovi nuclei urbani, spesso a margine degli antichi centri storici;.. - la categoria

In questo quadro il costituente spagnolo, tenuto conto che i Senati possono rafforzare le prerogative dei parlamenti d collocarsi a fianco dei governi (99):

L'operatore economico ovvero una persona che è membro del suo consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza o che vi ha poteri di rappresentanza, di decisione o di

2262095, fornitura di un sistema nefelometrico per la determinazione delle catene leggere libere delle immunoglobuline per la durata di anni tre, con

Oggetto di Fornitura 1 Kit per la quantificazione delle catene kappa libere delle immunoglobuline in siero o urine mediante nefelometria.

– La versione giapponese di C. Inoltre sono emerse come la difficoltà d'uso della scala, alcune espressioni giapponesi che devono essere migliorate, le lamentele somatiche, le