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Estensione dell'obbligo di deposito telematico e conseguenze della sua violazione

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M. LUPANO, Estensione dell’obbligo di deposito telematico e conseguenze della sua

violazione, in Giur. it., 2016, 2628 ss.

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La versione definitiva è disponibile alla URL:

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-| Processo telematico

Tribunale di Vasto, 15 aprile 2016 – Giangiacomo Presidente – Pasquale Relatore Dichiara inammissibile il ricorso

Processo civile – Processo civile telematico – Ricorso per reclamo cautelare – Obbligo di deposito telematico – Sussiste

(D.l. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16 bis; C.p.c. art. 669 terdecies)

Il ricorso per reclamo di cui all’art. 669 terdecies c.p.c. deve essere depositato per via telematica. Il ricorso depositato in forma cartacea è giuridicamente inesistente e va dichiarato inammissibile.

Il tribunale di Vasto [omissis] osserva:

1. Con ricorso depositato cartaceamente in cancelleria in data 23.10.2015, […] ha proposto reclamo avverso il provvedimento con il quale il giudice di prime cure ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per reintegrazione nel possesso da lui precedentemente avanzato, sull’assunto dell’intervenuto decorso del termine annuale di decadenza previsto dall’art. 1168 c.c., invocando – in riforma dell’ordinanza reclamata – l’accoglimento della tutela possessoria richiesta.

2. […], costituitosi in giudizio, ha – in via preliminare – eccepito l’inammissibilità del reclamo per essere stato il ricorso depositato con modalità cartacea anziché telematica, in violazione dell’art. 16 bis del D.L. n. 179/12; nel merito, ha rilevato l’infondatezza dei motivi di reclamo ed ha, pertanto, insistito nel rigetto dello stesso, con conferma del provvedimento impugnato.

3. Deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso, perché depositato in modalità cartacea anziché telematica, per il valore dirimente che la soluzione della questione ha rispetto alla decisione nel merito della controversia.

In proposito, è appena il caso di ricordare che l'art. 16 bis, comma 1, del D.L. n. 179/12, convertito in legge n. 221/2012, prevede che, dal 30 giugno 2014, “nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria

giurisdizione, innanzi al Tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”.

Da detta disposizione normativa si ricava che nei procedimenti di nuova instaurazione (come il presente) – fatta eccezione per gli atti processuali con i quali le parti si costituiscono in giudizio (vale a dire, i cd. atti introduttivi) – il legislatore ha imposto l’obbligatorietà del deposito telematico di tutti gli atti processuali e dei documenti prodotti successivamente alla costituzione, in tal modo superando il regime transitorio (previsto per i procedimenti iniziati prima del 30 giugno 2014 e valevole fino al 31 dicembre 2014) che riconosceva la facoltà di effettuare il deposito, alternativamente, con modalità telematiche o su supporto cartaceo. Ne consegue che la cancelleria è tenuta a non ricevere (ed, anzi, a rifiutare) il deposito in forma cartacea degli atti processuali delle parti già costituite, salve le eccezioni di cui ai commi 8 e 9 dell’art. 16 bis d.l. 179/12 cit. (v. Circolare del Ministero della Giustizia del 27.6.2014).

a) Fatta questa premessa, si tratta di stabilire se il ricorso ex art. 669 terdecies c.p.c. rientri o meno tra i

provvedimenti da depositare esclusivamente per via telematica, ai sensi dell'art. 16 bis, comma 1, del D.L. n. 179/12 ovvero tra quelli che, veicolando la costituzione della parte in giudizio e configurandosi dunque -come atti introduttivi, sono assoggettati al diverso regime della facoltatività (e non della obbligatorietà) del deposito telematico, sancito dall’art. 19 D.L. 27 giugno 2015 n. 83. [omissis]

Orbene, è opinione di questo Tribunale che il ricorso per reclamo non introduce un nuovo e diverso giudizio, ma rappresenta la prosecuzione del medesimo procedimento cautelare, iniziato con il deposito del ricorso nella precedente fase e di cui costituisce – a sua volta – una fase meramente eventuale (tanto che va proposto innanzi al giudice di pari grado rispetto a quello che ha emesso il provvedimento contestato), finalizzata al riesame della domanda cautelare e destinata a concludersi con un provvedimento che, in caso di riforma, si sostituisce a quello reso dal giudice di prime cure e produce effetti sino all’esito del giudizio di cognizione, salva la revoca o la modifica per motivi sopravvenuti.

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Ad avvalorare tale conclusione contribuisce anche il principio, sovente affermato dalla giurisprudenza di merito (cfr., ex plurimis, Trib. Ravenna, 09/06/1997), secondo cui, nell’ambito del procedimento cautelare, il mandato rilasciato al difensore “per il presente procedimento” conferisce lo ius postulandi anche per la fase di reclamo innanzi al collegio, anche nell’ipotesi in cui questa non sia stata espressamente menzionata nel testo della procura, principio che mal si concilia con l’autonomia del giudizio della fase di reclamo.

D’altra parte, le disposizioni di carattere amministrativo, relative all’obbligo di versamento del contributo unificato al momento del deposito del reclamo ed all'iscrizione con un numero di ruolo diverso da quello del procedimento di primo grado, non hanno ripercussioni sul piano interpretativo, poiché attengono ad esigenze legate ai servizi di cancellerie o a misure di ordine tributario (cfr., in tal senso, Trib. Torino, 06.03.2015).

In disparte delle considerazioni sulla natura giuridica del reclamo, è dirimente – infine – l’osservazione che, nel caso di specie, si è in presenza di un atto processuale che è stato depositato dal difensore di una parte già costituita nella precedente fase che ha dato luogo al provvedimento da cui è scaturito il reclamo medesimo.

Per tutte queste ragioni, deve concludersi nel senso che per l’atto di reclamo non esiste altra forma di deposito se non quella da effettuarsi con modalità telematiche e nel rispetto della normativa concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, ai sensi della richiamata disposizione dell'art. 16 bis, comma 1, del D.L. n. 179/12.

b) Una volta chiarito che per il reclamo vige il principio normativo della obbligatorietà (e non della

facoltatività) del deposito telematico, si impone la necessità di affrontare la ulteriore questione delle conseguenze che scaturiscono, sul piano processuale, nel caso dell’errato deposito in via cartacea del reclamo da depositarsi obbligatoriamente per via telematica, posto che un certo orientamento della giurisprudenza di merito (cfr., Trib. Asti, 23.03.2015; Trib. Ancona, 28.05.2015), pur ammettendo l’inderogabilità dell’obbligo di deposito telematico del reclamo, riconosce la possibilità della sanatoria della nullità per vizio di forma, in base al principio del c.d. raggiungimento dello scopo.

Sul punto, occorre fare delle osservazioni preliminari. Innanzitutto, non può essere condivisa la tesi (cfr., Trib. Foggia, 15.05.2015) che reputa non pertinente il richiamo al principio di libertà delle forme sancito dall’art. 121 c.p.c., sull’assunto che tale principio si riferisca alla forma degli atti processuali e non alle modalità di trasmissione all’ufficio degli stessi. Se, infatti, è vero che il deposito è “un’attività materiale priva

di requisito volitivo autonomo” (cfr., Cass., S.U., 04.03.2009, n. 5160), non si può però prescindere dalla

considerazione che il deposito telematico presenta delle peculiarità che si riverberano sulla forma degli atti che ne costituiscono l’oggetto. Non essendo, in altri termini, ontologicamente concepibile un deposito per via telematica di un documento cartaceo (per il quale l’unica forma di deposito astrattamente configurabile è la consegna materiale o la spedizione postale in cancelleria del supporto fisico) e posto che l’utilizzazione del mezzo telematico presuppone, di necessità, che il documento da depositare sia stato predisposto in modo informatico, la scelta legislativa di imporre una particolare modalità di trasmissione in cancelleria dell’atto si ripercuote inevitabilmente sui requisiti essenziali dell’atto medesimo, che non potrà mai essere rappresentato da un documento cartaceo, ma soltanto da un documento informatico. Non vi è dubbio, quindi, che l’obbligatorietà del deposito telematico abbia comportato, sia pure indirettamente, l’imposizione normativa di una diversa modalità di creazione degli atti processuali, che non possono essere più cartacei, ma soltanto informatici.

Cionondimeno, è opinione di questo Tribunale che l’opzione tra la natura cartacea e quella informatica del documento non sottende un problema di forma, ma una ben più radicale questione che afferisce all’essenza stessa del documento, di talché appare inconferente il richiamo sia al principio processuale di libertà delle forme, sia a quello di tassatività delle nullità (per cui non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge), sia a quello del cd. raggiungimento dello scopo (per cui la nullità per inosservanza di specifici requisiti di forma non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato), per il dirimente rilievo che tutti i richiamati principi attengono, per l’appunto, alla forma degli atti processuali e non a profili afferenti alla loro stessa natura. Ne consegue che - rispetto agli atti processuali che, per espresso obbligo di legge, devono essere depositati telematicamente (e, quindi, redatti in modo informatico) - l’atto creato in modalità

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cartacea non è semplicemente nullo, ma è da considerarsi giuridicamente inesistente, in quanto, essendo stato redatto in modo assolutamente non previsto dalla normativa ed essendo totalmente privo degli estremi e dei requisiti essenziali per la sua qualificazione come atto del tipo normativamente considerato, è non soltanto inidoneo a produrre gli effetti processuali propri degli atti riconducibili al corrispondente tipo, ma è addirittura non passibile di considerazione sotto il profilo giuridico. L’atto processuale cartaceo, infatti, non è sottoscritto con firma digitale, non viene depositato nel rispetto delle regole tecniche e delle specifiche tecniche previste dalla normativa regolamentare del P.C.T. e non supera le barriere dei controlli della cancelleria (che certifica il deposito dell’atto e dei documenti allegati e mette a disposizione del giudice e delle altre parti processuali l’atto depositato telematicamente e i relativi allegati). Per questi motivi, discostandosi in modo assoluto dallo schema legale tipico previsto come esclusivo, non può essere ritenuto idoneo al raggiungimento dello scopo del connesso deposito telematico, che non è soltanto quello di creare una presa di contatto tra l’ufficio giudiziario ed il depositante, ma anche quello di veicolare le richieste della parte al giudice al fine di sollecitare la sua decisione, mediante un supporto smaterializzato e decentralizzato che consenta, da un lato, un più rapido ed immediato accesso agli atti e documenti del processo per il giudice e per le parti e, dall’altro, una diversa e più efficiente ed economica gestione dello scambio di dati e informazioni in ambito processuale rispetto al supporto cartaceo, nell’ottica di favorire la progressiva dematerializzazione del fascicolo cartaceo, per le ragioni di economia processuale e di ragionevole durata del processo cui è ispirato il P.C.T.

Sotto questo profilo, non può essere utilmente richiamato, a supporto della opposta tesi della sanabilità del vizio derivante da un deposito effettuato con modalità non previste dalla legge, l’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte (cfr., Cass., S.U., 04/03/2009, n. 5160) che ha ravvisato, nel deposito di un atto processuale destinato alla cancelleria mediante invio a mezzo posta, una ipotesi di mera irregolarità o, al più, di nullità sanabile per raggiungimento dello scopo e ciò per l’evidente ragione che, nella fattispecie sottoposta alla disamina della Cassazione, la spedizione tramite il servizio postale non era altro che una modalità di trasmissione dell’atto all’ufficio giudiziario alternativa alla consegna materiale dello stesso presso la cancelleria, ma che aveva pur sempre ad oggetto un atto redatto su supporto cartaceo. In altri termini, la differente modalità di deposito dell’atto non ha, in questo caso, ripercussioni sulla natura dell’atto processuale, il quale, sia nell’uno che nell’altro caso, resta un atto cartaceo, di guisa che, vuoi perché il deposito costituisce un'attività materiale priva di requisito volitivo autonomo e che non necessariamente deve essere compiuta dal difensore, vuoi perché lo scopo essenziale del deposito di un atto giudiziario cartaceo è la presa di contatto fra la parte e l’ufficio giudiziario dinanzi al quale pende la trattazione della controversia, scopo che viene comunque assicurato anche dall’invio postale, appariva giustificata - in un’epoca in cui l’atto processuale non poteva che essere cartaceo - la soluzione interpretativa favorevole alla validità del deposito eseguito in forme non espressamente previste dalla legge (e, segnatamente, mediante spedizione postale).

In termini completamente diversi va, invece, posta la questione nel momento in cui il legislatore ha imposto il deposito telematico come unica modalità di trasmissione degli atti cd. endoprocessuali, determinandone – per le ragioni già viste – il necessario mutamento strutturale da cartacei in informatici. Nell’epoca della obbligatorietà del deposito telematico, può porsi un problema di validità per vizio di forma del deposito solo allorquando l’atto processuale redatto in via informatica che ne costituisce l’oggetto sia stato predisposto in violazione delle disposizioni normative, anche regolamentari, che ne disciplinano la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione, secondo quanto statuito dall'art. 16 bis, comma 1, del D.L. n. 179/12. Più precisamente, l’art. 11 del D.M. 44/11 stabilisce che “l’atto del processo in forma di documento informatico è privo di elementi attivi ed è redatto nei formati previsti dalle specifiche tecniche di cui all’art. 34 (..)”. L’art. 34 dello stesso D.M. attribuisce al Direttore Generale SIA del Ministero della Giustizia di stabilire tali specifiche tecniche. Con provvedimento del 16.4.2014 il DGSIA ha stabilito i parametri che deve rispettare il documento informatico, disponendo che esso deve redatto in formato PDF, deve essere privo di elementi attivi e deve essere ottenuto attraverso una trasformazione di un documento testuale. Non è pertanto ammessa la scansione di immagini (cd. PDF immagine). Si potrebbe, dunque, ad esempio sostenere che il

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deposito telematico di un atto processuale in formato PDF immagine anziché in formato PDF nativo dia luogo ad un vizio di forma sanabile per raggiungimento dello scopo, posto che comunque l’invio dell’atto è avvenuto in ottemperanza alla prescrizione normativa che ne impone il deposito per via telematica (cfr., in tal senso, Trib. Vercelli, 04.08.2014, che ha sostenuto la tesi della sanatoria del vizio, peraltro qualificato di mera irregolarità, anziché di nullità).

Fuori da questa ed altre analoghe ipotesi, non vi è dubbio, però, che quando il deposito non viene eseguito (sia pur irregolarmente) per via telematica, bensì in modo tradizionale (cioè, con consegna materiale in cancelleria dei documenti o, tutt’al più, mediante invio postale del plico cartaceo), l’atto non potrà che essere dichiarato inammissibile, in quanto affetto da un deficit strutturale/ontologico che lo rende radicalmente inesistente dal punto di vista giuridico (vale a dire, tamquam non esset).

4. Per tutte le considerazioni finora esposte, il ricorso per reclamo depositato cartaceamente da [...] deve essere dichiarato inammissibile. [omissis]

Tribunale di L’Aquila, 14 luglio 2016 – Riviezzo Presidente – Magarò Relatore Dichiara inammissibile il ricorso

Processo civile – Processo civile telematico – Ricorso per reclamo cautelare – Obbligo di deposito telematico – Sussiste

(D.l. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16 bis; C.p.c. art. 669 terdecies)

Il ricorso per reclamo di cui all’art. 669 terdecies c.p.c. deve essere depositato per via telematica. Il ricorso depositato in forma cartacea va dichiarato inammissibile.

La sig.ra […] e le di lei figlie proponevano ricorso per la reintegrazione nel possesso del fondo sito in [omissis].

Con ordinanza del 6.4.16 veniva respinto il ricorso per mancanza di concreta violazione del possesso delle ricorrenti.

Con reclamo del 21.4.16 […] impugnavano l’ordinanza anzidetta deducendo l’erroneità del provvedimento [omissis]. Si costituiva in giudizio […] eccependo preliminarmente l’inammissibilità ovvero l’improcedibilità del reclamo, in quanto, trattandosi di atto endoprocessuale, doveva essere depositato in forma telematica. Nel merito chiedeva il rigetto del reclamo con conferma dell’ordinanza.

Preliminarmente deve essere accolta l’eccezione di inammissibilità del reclamo.

A tal proposito la l. 24.12.2012 n. 228 (c.d. legge di stabilità 2013) ha introdotto un nuovo art. 16 bis al d.l. 18.10.2012 n. 179 nel quale è previsto l’obbligo di deposito telematico degli atti processuali delle parti precedentemente costituite a decorrere dal 30.6.14. Ne discende l’inammissibilità degli atti prodotti in forma diversa da quella telematica, trattandosi di depositi effettuati in violazione della normativa di legge. Infatti, deve rilevarsi che secondo l’orientamento prevalente in dottrina e giurisprudenza il procedimento di reclamo può essere definito come una nuova decisione sulla domanda cautelare o sommaria effettuata da un diverso giudice non sovraordinato, a carattere devolutivo – sostitutivo e che esso, pertanto, costituisce la prosecuzione dell’originario procedimento e non una fase successiva e distinta dello stesso. Ne discende che, in ossequio alle previsioni legislative indicate, il reclamo in quanto atto della parte già costituita dovrà essere presentato esclusivamente attraverso modalità telematiche a pena di inammissibilità rilevabile anche d’ufficio (Trib. Torino, 6.3.15; Trib. Foggia, 15.5.15).

Tale soluzione discende dal dato letterale della norma citata, che utilizza l’avverbio “esclusivamente”, nonché dall’espressa previsione dell’obbligatorietà di tale forma di deposito. La norma infatti contiene solo il riferimento alla parte già costituita e non all’introduzione di una fase di giudizio.

Peraltro nella fattispecie non potranno trovare applicazione neanche le previsioni di cui agli artt. 121 e 156 c.p.c., che si riferiscono agli atti processuali e non alle modalità e formalità di deposito.

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Al riguardo, non appare rilevante la formazione di un altro fascicolo d’ufficio con attribuzione di un diverso numero di ruolo, in quanto finalizzato a consentire l’organizzazione della cancelleria e la formazione dei collegi e dei ruoli, né il versamento di un contributo unificato, in quanto dettato da ragioni tributarie non idonee ad incidere sulla natura giuridica del procedimento. [omissis]

Estensione dell’obbligo di deposito telematico e conseguenze della sua violazione. Matteo Lupano

| L’autore si interroga sull’estensione dell’obbligo di depositare per via telematica gli atti processuali ed i

documenti nei procedimenti davanti ai tribunali ed alle corti d’appello. Vengono inoltre analizzate le conseguenze del deposito erroneamente effettuato in forma cartacea. Sul punto giurisprudenza e dottrina sono divise tra chi ritiene questa una semplice irregolarità e chi reputa necessario dichiarare l’atto inammissibile.

Introduzione

Il d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, all’art. 16 bis disciplina il deposito telematico degli atti processuali.

La norma ha subito varie modifiche. In un primo tempo, il comma 1° ha imposto alle “parti precedentemente costituite”, a partire dal 30 giugno 2014, di trasmettere per via telematica atti e documenti in tutti i procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione1, che si svolgono davanti al

tribunale.

In seguito, il d.l. 24 giugno 2014, n. 90, ha inserito nell’articolo appena citato un comma 9 ter, in forza del quale, dal 30 giugno 2015, l’obbligo è stato esteso ai procedimenti davanti alle corti d’appello. Anche in questo caso si è fatto riferimento agli atti delle parti costituite.

Questa formulazione ha fatto sorgere non pochi dubbi, in particolare circa la possibilità, costituendosi in giudizio, di depositare telematicamente l’atto introduttivo2.

Il legislatore è quindi nuovamente intervenuto in materia, con il d.l. 27 giugno 2015, n. 83. Il provvedimento introduce, all’art. 16 bis, un nuovo comma 1 bis, secondo cui nei procedimenti davanti ai tribunali ed alle corti d’appello è ammesso il deposito telematico di “ogni atto diverso da quelli previsti al comma 1”. Quella contemplata dal comma 1 bis è una semplice facoltà: il difensore può optare per il deposito telematico o per quello cartaceo.

Le incertezze tuttavia, come si evince dai provvedimenti in epigrafe, non sono del tutto venute meno. Se infatti è chiaro che il deposito telematico – nei procedimenti davanti a tribunali e corti d’appello – è ora sempre possibile, resta da comprendere per quali atti sia ancora ammesso anche il deposito cartaceo3 e

quali conseguenze derivino da un errore commesso a questo proposito.

1 Per il procedimento esecutivo e per quello di ingiunzione si applicano regole speciali, di cui in questa sede non ci occuperemo, non essendo attinenti alla materia trattata dalle due ordinanze in epigrafe. Per quanto concerne l’esecuzione forzata, il lettore può consultare il nostro Il deposito telematico nel procedimento di esecuzione forzata, in

Giur. it., 2016, 2054 e segg., con richiami di dottrina e giurisprudenza. In merito al procedimento di ingiunzione v. G.G.

Poli, Profili teorico – pratici del deposito degli atti nel processo civile telematico, in Foro it., 2014, V, 137 e segg.

2 In dottrina della questione si erano occupati, tra gli altri, G.G. Poli, Il processo civile telematico del 2015 tra problemi

e prospettive, in Giusto proc. civ., 2015, 240 e segg.; Marinai, PCT: prime pronunce sulla validità degli atti in formato pdf immagine e dei depositi telematici in assenza di decreto ministeriale autorizzativo , in www.questionegiustizia.it;

Reale, Il deposito telematico può riguardare solo gli atti individuati da decreto ministeriale , in www.altalex.it; Mondini,

Per gli atti introduttivi depositati online l’invalidità resta incerta, in Guida dir., 2014, 45, 21. Di recente la Corte di

cassazione ha affermato che, negli uffici di cui all’art. 16 bis, l’esecuzione del deposito con modalità telematiche al di fuori dei casi in cui la legge lo consente costituisce una mera irregolarità: Cass., 12 maggio 2016, n. 9772.

3 Le incertezze sul punto erano già state messe in luce da G.G. Poli, Processo civile telematico: le novità del d.l.

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I casi

Entrambe le ordinanze in commento dichiarano inammissibile un reclamo proposto nel procedimento possessorio, ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c.4, depositato in formato cartaceo. Secondo i collegi il ricorso

in questione è un atto compiuto dalla parte già costituita, dunque soggiace all’obbligo di deposito telematico di cui all’art. 16 bis, comma 1, d.l. 179/2012.

Il tribunale di Vasto afferma che la modalità di deposito prescelta dal legislatore si riverbera necessariamente sui requisiti formali dell’atto processuale: il ricorso, se può essere depositato solo telematicamente, deve per forza di cose avere natura informatica, poiché quel canale non consente di trasmettere documenti cartacei.

Muovendo da questa considerazione, l’ordinanza rileva che il ricorso cartaceo è privo di tutte le caratteristiche richieste per il suo omologo elettronico: non è redatto in formato .pdf, non è sottoscritto con firma digitale, non è conforme alle regole ed alle specifiche tecniche. L’atto pertanto viene considerato talmente distante dal modello legale da risultare giuridicamente inesistente ed il reclamo è dichiarato inammissibile.

Il tribunale di L’Aquila, al contrario, nega che dall’erroneo deposito cartaceo discenda un vizio di forma dell’atto processuale. Questa affermazione tuttavia è volta unicamente ad escludere che all’errore concernente le modalità di deposito si possa rimediare invocando il principio di libertà delle forme (art. 121 c.p.c.) o la sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c.): anche secondo il collegio abruzzese l’atto depositato “in violazione della normativa di legge” va infatti dichiarato inammissibile. Estensione dell’obbligo di deposito telematico

In primo luogo è necessario chiedersi, nei procedimenti davanti ai tribunali ed alle corti d’appello, quali atti possano ancora essere depositati in formato cartaceo.

La locuzione impiegata dal legislatore – il deposito telematico è obbligatorio per i soli atti delle parti “precedentemente costituite” – è ambigua. Si afferma sovente che, in questo modo, si è voluto far riferimento alla categoria degli atti “endoprocessuali”5, ma nel contempo si ammette la difficoltà di

ricostruirne i contorni6.

In dottrina vi è chi ha proposto di guardare alla pendenza della lite. Sulla base di questo criterio risulterebbero atti endoprocessuali l’opposizione a decreto ingiuntivo, perché la lite pende dal momento di notificazione del decreto (art. 643 c.p.c.), e gli atti di riassunzione del processo, anche davanti al giudice indicato come competente7.

La tesi non ci sembra persuasiva. Se la sola pendenza del processo fosse sufficiente a far sorgere l’obbligo di depositare gli atti per via telematica, a ben vedere, neppure la citazione introduttiva del giudizio di primo grado potrebbe essere depositata in formato cartaceo, giacché la lite pende sin dal momento della sua notificazione. Di fatto quindi tutti gli atti ed i documenti di parte andrebbero depositati telematicamente ed il presupposto rappresentato dalla previa costituzione in giudizio verrebbe svuotato di rilevanza pratica8.

4 L’art. 703 c.p.c., come modificato nel 2005, assoggetta espressamente l’ordinanza conclusiva della fase sommaria del procedimento possessorio al reclamo “ai sensi dell’art. 669 terdecies”.

5 Di atti endoprocessuali parla anche la già citata Cass., 12 maggio 2016, n. 9772. Il provvedimento tuttavia non affronta ex professo la questione di cui ci stiamo ora occupando, bensì prende posizione sulle conseguenze del deposito avvenuto per via telematica anziché in forma cartacea (nel caso all’esame della Corte non era applicabile il nuovo comma 1 bis dell'art. 16 bis, d.l. 179/2012).

6 G.G. Poli, La nozione di atto “endoprocessuale” ai fini del deposito telematico obbligatorio: lo strano caso del reclamo

cautelare, in www.eclegal.it.

7 G.G. Poli, Processo civile telematico: le novità del d.l. 90/2014 cit.

8 Lo stesso G.G. Poli non dubita della possibilità di depositare in formato cartaceo l’atto di citazione e la comparsa di risposta: v., tra gli altri, Profili teorico – pratici cit., 139.

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L’interpretazione da noi criticata, inoltre, è piuttosto distante dalla littera legis: l’art. 16 bis del d.l. 179/2012 non fa riferimento alla pendenza della lite, bensì alla costituzione in giudizio, e, con tutta evidenza, chi oppone un decreto ingiuntivo si costituisce per la prima volta, al pari degli eredi della parte defunta o del terzo interveniente. Queste parti dunque sono libere di scegliere come depositare il primo atto difensivo ed i relativi documenti.

Vi sono tuttavia alcune ipotesi nelle quali non è agevole comprendere se vi sia stata una “precedente costituzione” che rende necessario il deposito telematico. Chi deposita l’atto di citazione o la comparsa di risposta in appello è tenuto ad utilizzare il canale telematico se si era già costituito nel giudizio di primo grado? L’obbligo riguarda anche la parte costituitasi davanti al giudice incompetente che intende riassumere il processo davanti all’ufficio indicato come competente?

Per risolvere queste incertezze è necessario interrogarsi sulla ratio del 1° comma dell’art. 16 bis, sulle ragioni che hanno indotto il legislatore ad assoggettare all’obbligo di deposito telematico solo la parte precedentemente costituita.

Gli atti con i quali le parti si costituiscono talvolta devono essere notificati e la notificazione spesso è eseguita in forma cartacea, perché la parte istante non desidera effettuare la trasmissione con modalità telematiche o il destinatario non dispone di un indirizzo di posta certificata funzionante. Unitamente ad essi, inoltre, viene sovente depositata anche la procura alle liti redatta in formato cartaceo, in quanto la parte non dispone dei dispositivi necessari a firmare un documento informatico.

Imporre il deposito telematico degli atti con i quali le parti si costituiscono renderebbe dunque necessaria la realizzazione di numerose copie (a seconda dei casi informatiche di documenti cartacei o viceversa) con le relative attestazioni di conformità all’originale. Il legislatore, a nostro parere, ritenendo questa eventualità foriera di eccessive complicazioni, ha preferito lasciare le parti libere di scegliere come depositare gli atti di costituzione.

L’eventualità che alcuni atti vengano depositati in formato cartaceo ovviamente riduce i benefici derivanti dall’introduzione del processo telematico: il giudice, ad esempio, ogni qual volta deve consultare uno scritto difensivo fondamentale qual è la citazione è costretto a fare riferimento al fascicolo “tradizionale”.

Le regole9 e le specifiche tecniche vigenti10, tuttavia, contengono disposizioni che consentono di superare

l’ostacolo. L’art. 9 del d.m. 44/2011 afferma che il Ministero della giustizia “raccoglie in un fascicolo informatico” le copie elettroniche degli atti depositati su supporto cartaceo. Previsioni analoghe sono contenute nell’art. 11 del provvedimento del DGSIA del 16 aprile 2014. Dovrebbe dunque essere il cancelliere a realizzare le copie di sua iniziativa, subito dopo aver accettato il deposito cartaceo di atti e documenti. Utilizziamo il condizionale perché queste regole, anche alla luce della grave carenza di risorse che affligge i nostri uffici giudiziari, sono largamente disapplicate.

In prospettiva futura ci sembra quindi auspicabile che l’obbligo di deposito telematico sia esteso a tutti gli atti ed i documenti delle parti assistite da un difensore, sia per prevenire le incertezze di cui ci stiamo occupando, sia perché la realizzazione di copie informatiche o analogiche, a seconda dei casi, dovrebbe ormai essere alla portata di qualsiasi professionista.

De iure condito invece la facoltà di depositare gli atti in forma cartacea va riconosciuta ogni qual volta vi è

costituzione in giudizio. Le esigenze viste sopra (deposito della procura cartacea o notificazione cartacea) possono infatti interessare qualsiasi atto depositato costituendosi, anche diverso da quelli introduttivi11. In

altri termini, ai nostri fini si deve considerare “precedentemente costituito” solo chi non è tenuto a costituirsi di nuovo.

9 D.m. 21 febbraio 2011, n. 44.

10 Provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi automatizzati (DGSIA) del 16 aprile 2014.

11 Anche la circolare del Ministero della Giustizia del 27 giugno 2014, richiamata dall’ordinanza del tribunale di Vasto, menziona il deposito degli “atti introduttivi e/o di costituzione in giudizio”, segno di come, secondo i suoi estensori, le due nozioni non siano perfettamente sovrapponibili.

(9)

La costituzione in giudizio è l’atto mediante il quale una parte prende contatto con il giudice12 e può risultare

necessaria più volte nel corso del processo. Gli effetti della costituzione, anzitutto, sono limitati al grado di giudizio in cui quest’ultima avviene. Vi sono poi numerosi casi nei quali il contatto con il giudice viene meno e va ripristinato13. Il deposito telematico, in tutte queste ipotesi, è facoltativo.

La soluzione da noi proposta consente di evitare alcune conseguenze palesemente irragionevoli.

Si pensi alla riassunzione del processo davanti al giudice competente. L’attore si costituisce davanti al primo giudice depositando la citazione in formato cartaceo. Dichiarata l’incompetenza e ritirato il fascicolo di parte, per quale motivo il deposito cartaceo di quella stessa citazione dovrebbe essere precluso al momento della costituzione davanti al secondo giudice? Identiche considerazioni valgono per la costituzione in appello.

Applicazione del risultato raggiunto: il deposito del ricorso di cui all’art. 669 terdecies c.p.c.

Il reclamo cautelare, affermano i provvedimenti in epigrafe, rappresenta la prosecuzione del medesimo procedimento e non introduce un nuovo (grado di) giudizio. La tesi non è nuova14, pur restando minoritaria

in dottrina15.

Muovendo da questa premessa16, entrambi i collegi concludono che il deposito del ricorso deve

necessariamente essere telematico. Anche su questo punto in passato si sono registrate opinioni contrastanti: la giurisprudenza di merito è divisa17.

La disputa sulla natura del reclamo, tuttavia, a nostro parere non può influire sulla natura, facoltativa, del deposito telematico.

Allorché il primo giudice, esaurendo il proprio dovere decisorio, pronuncia sulla domanda cautelare, il contatto con l’ufficio è indubbiamente perduto. In occasione del reclamo – che, è opportuno rammentare, talora si propone perfino ad un ufficio diverso da quello che ha emanato il provvedimento impugnato: si veda l’art. 669 terdecies, comma 2, c.p.c. – è pertanto necessaria una nuova costituzione. Di questa esigenza non dubita nemmeno, in dottrina, chi nega al reclamo la natura di giudizio di secondo grado18.

12 Saletti, voce Costituzione in giudizio, in Enc. giur. Treccani, X, Roma, 1993, 1; Ciaccia Cavallari, voce Costituzione in giudizio, in Dig. disc. priv., sez. civ., IV, Torino, 1989, 465; Giudiceandrea, voce Costituzione in giudizio, in Enc. dir., XI, 234.

13 V. ancora, per tutti, Saletti, op. cit. alla nota prec., ibidem.

14 Arieta, Problemi e prospettive in tema di reclamo cautelare, in Riv. dir. proc., 1997, 412 e segg.

15 Attribuiscono al reclamo natura lato sensu impugnatoria e non semplicemente prosecutoria del procedimento, tra gli altri, Carratta, I procedimenti cautelari, Bologna, 2013, 356 e seg.; Tarzia, Ghirga, Il reclamo, in Il processo cautelare, a cura di Tarzia e Saletti, Padova, 2011, 533 e segg.; Menchini, Le modifiche al procedimento cautelare uniforme e ai

processi possessori, in Il processo civile di riforma in riforma, a cura di Consolo, Luiso, Menchini e Salvaneschi, Milano,

2006, 94; Corsini, Il reclamo cautelare, Torino, 2002, 87 e segg.; Cecchella, Il processo cautelare, Torino, 1997, 190; Consolo, in Commentario alla riforma del processo civile, a cura di Consolo, Luiso e Sassani, Milano, 1996, 697 e segg.; Merlin, voce “Procedimenti cautelari ed urgenti in generale, in Dig. disc. priv., sez. civ., XIV, Torino, 1996, 414; Tarzia, in

Provvedimenti urgenti per il processo civile. Legge 26 novembre 1990, n. 353, Padova, 1992, 389 e segg.

16 I giudici evidentemente ritengono che, quando il giudizio progredisce da un grado all’altro, le parti cessano di essere “precedentemente costituite”, dunque tornano a poter depositare i propri atti introduttivi in forma cartacea.

17 Reputano obbligatorio il deposito telematico del reclamo cautelare, al pari delle due ordinanze in commento, Trib. Napoli, 14 febbraio 2016, in Dejure; Trib. Foggia, 15 maggio 2015, in www.eclegal.it con nota di G.G. Poli, La nozione di

atto “endoprocessuale” ai fini del deposito telematico obbligatorio: lo strano caso del reclamo cautelare ; Trib. Torino, 6

marzo 2015, in www.ilprocessotelematico.it con nota di Calorio, Deposito in modalità non telematica di reclamo

cautelare: inammissibilità.

Ammettono il deposito cartaceo: Trib. Venezia, 3 luglio 2015, in Dejure; Trib. Asti, 23 marzo 2015, in www.eclegal.it con nota di G.G. Poli, La nozione di atto “endoprocessuale” cit.; Trib. Ancona, 28 maggio 2015, in

www.ilprocessotelematico.it con nota di Calorio, Ammissibilità del deposito in modalità non telematica di reclamo cautelare; Trib. Vercelli, 4 agosto 2014, in www.ilprocessotelematico.it. Esplicitamente favorevole alla possibilità di

deposito cartaceo del reclamo cautelare è anche il protocollo sul processo telematico del Tribunale di Salerno.

18 V. in particolare Arieta, Le tutele sommarie. Il rito cautelare uniforme. I procedimenti possessori , in Montesano, Arieta, Trattato di diritto processuale civile, III, 1, Padova, 2005, 1040 e segg. Sulla necessità di costituirsi nuovamente nel giudizio di reclamo v. le pag. 1083 e segg. e 1090 e seg.

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Come abbiamo visto poc’anzi, la facoltà di depositare atti e documenti in formato cartaceo sussiste ogni qual volta la parte si costituisce in giudizio, anche se ciò avviene più volte nel corso dello stesso processo, dunque anche per il reclamo cautelare.

Conseguenze della violazione dell’obbligo di deposito telematico

I due provvedimenti in commento impongono anche di domandarsi cosa accade se un atto viene depositato in forma cartacea al di fuori dei casi in cui la legge lo consente19.

In una simile eventualità, anzitutto, il cancelliere deve rifiutare di ricevere l’atto. Egli infatti ha il compito di controllarne la “regolarità”20 ed in questo concetto può certamente rientrare anche il rispetto delle modalità

di deposito prescritte dalla legge.

La nostra conclusione è in linea con quanto hanno affermato alcuni anni or sono le sezioni unite, occupandosi dell’invio dell’atto introduttivo alla cancelleria per mezzo del servizio postale al di fuori dei casi in cui la legge lo consente21.

Il rifiuto dell’atto in formato cartaceo non reca particolare disagio al difensore: egli può provvedere subito dopo al deposito telematico che, a differenza del precedente, non è soggetto a limiti di orario. L’art. 16 bis del d.l. 179/2012, al comma 7, afferma infatti che il deposito si considera tempestivo se la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza (dunque non è necessario rispettare gli orari di apertura della cancelleria) 22.

Qualora invece l’atto venga accettato per errore, ci troveremo in presenza di un deposito irregolare23.

La tesi fatta propria dal tribunale di Vasto, ossia che la modalità di deposito prescelta si riverbera sulla forma dell’atto e pertanto può viziarlo, determinandone l’inammissibilità24, non convince.

I requisiti di forma che l’atto processuale deve soddisfare sono conseguenza della sua natura, analogica o informatica, non delle modalità prescelte per il suo deposito, che rappresenta un’attività a sé stante.

Anche gli atti cartacei possono essere depositati in formato elettronico, realizzando copie informatiche: il d.l. 179/2012 lo consente, indicando le modalità con le quali va attestata la conformità all’originale (artt. 16

decies e 16 undecies). Questi atti, tuttavia, devono possedere i requisiti di forma richiesti per i documenti

19 L’eventualità opposta, ossia che venga trasmesso per via telematica un atto da depositare esclusivamente in forma cartacea, non si può più verificare nei giudizi davanti ai tribunali ed alle corti d’appello: come si è detto in precedenza nel testo, il d.l. 83/2015 ha espressamente previsto la facoltà di deposito telematico anche per gli atti non soggetti all’obbligo di cui al comma 1 dell’art. 16 bis. Sul punto v. anche, amplius, la nota 2.

20 Il riferimento nel testo è all’art. 74 disp. att. c.p.c., norma che ci sembra di portata generale nonostante sia inserita nel titolo dedicato al procedimento di cognizione. Cfr. Levoni, Le disposizioni di attuazione del codice di procedura

civile, Milano, 1992, 154.

21 Cass., 4 marzo 2009, n. 5160, in Foro it., 2010, I, 587.

22 Dalfino, G.G. Poli, Processo telematico: una partenza con “brivido” ma necessaria per un salto di qualità del sistema, in Guida dir., 2014, 26, 10 e segg.; De Vita, Il processo esecutivo telematico, in Liber amicorum Romano Vaccarella, Torino, 2014, 75.

23 Trib. Palermo, 10 maggio 2016, in www.eclegal.it con nota di Parisi, Obbligatorietà del deposito telematico,

deposito cartaceo e sanzioni processuali; Trib. Napoli, 14 febbraio 2016, in Dejure; Trib. Brescia, 15 luglio 2015, in

Cardani, Processo civile telematico – raccolta di giurisprudenza commentata. Il deposito di atti con modalità

telematiche, Padova, 2016, 92; Trib. Ancona, 28 maggio 2015, in www.ilprocessoetelematico.it con nota di Calorio, Ammissibilità del deposito in modalità non telematica di reclamo cautelare; Trib. Torino, 26 gennaio 2015, in Giur. it.,

2015, 901 e segg. con nota di Cerrato. Si vedano inoltre le considerazioni contenute nella già citata Cass., 12 maggio 2016, n. 9772, a proposito del deposito telematico anziché cartaceo di un atto introduttivo.

24 Ritengono che l’atto depositato erroneamente in forma cartacea vada dichiarato inammissibile: Trib. Milano, 14 giugno 2016, in www.ilcaso.it (a proposito della comparsa di risposta depositata nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo); Trib. Lodi, 4 marzo 2016, in www.processociviletelematico.it (a proposito del ricorso in riassunzione di cui all’art. 303 c.p.c.); Trib. Trani, 24 novembre 2015, in www.processociviletelematico.it (a proposito del ricorso di cui all’art. 669 duodecies c.p.c.); Trib. Foggia, 15 maggio 2015, in www.eclegal.it con nota di G.G. Poli cit.; Trib. Torino, 26 marzo 2015, in www.processociviletelematico.it (a proposito della comparsa di riassunzione); Trib. Palermo, 23 febbraio 2015, in www.processociviletelematico.it (a proposito di una memoria autorizzata dal giudice); Trib. Reggio Emilia, 30 giugno 2014, in Dejure (a proposito del ricorso per ingiunzione).

(11)

cartacei: l’originale, ad esempio, deve contenere una sottoscrizione “tradizionale”, di certo non una elettronica. Trova così conferma quanto abbiamo appena affermato: la tipologia di deposito prescelta non incide sulla forma dell’atto.

Non è maggiormente persuasiva l’opinione fatta propria dal tribunale di L’Aquila, secondo cui l’errore nella scelta del tipo di deposito da effettuare è irrimediabile. Le carenze formali del deposito di un atto, infatti, non possono certo essere trattate più severamente di quelle che affliggono l’atto stesso25.

L’art. 156 c.p.c., in mancanza di una sanzione di nullità espressamente comminata dalla legge, consente al giudice di dichiarare nullo l’atto sprovvisto di un requisito formale solo se quest’ultimo è indispensabile per il raggiungimento dello scopo26.

Nel nostro caso l’art. 16 bis del d.l. 179/2012 non chiarisce quali siano le conseguenze dell’errore nella scelta delle modalità di deposito, si limita ad affermare che alcuni atti vanno trasmessi “esclusivamente” per via telematica. Questo dato testuale, tuttavia, consente solo di escludere l’esistenza di una facoltà di scelta in capo alla parte: non implica l’irreparabilità dell’errore.

Il legislatore continua a considerare la consegna cartacea di atti e documenti al cancelliere idonea a conseguire lo scopo del deposito, tanto che essa rappresenta ancora l’unica strada percorribile in alcuni uffici giudiziari e, come abbiamo visto, per taluni atti è ammessa anche davanti ai tribunali ed alle corti d’appello. La modalità scelta dalla parte, dunque, non è affatto avulsa da quelle contemplate dalla legge. Al deposito – cartaceo o telematico – consegue l’attestazione di ricezione dell’atto e l’inserimento di quest’ultimo nel fascicolo, con la conseguente possibilità per gli altri soggetti del processo di consultarlo. Se il cancelliere accetta l’atto cartaceo, ne attesta la ricezione e lo inserisce nel fascicolo, il risultato è senz’altro raggiunto27, nonostante la fruibilità ridotta (si pensi all’impossibilità di consultare lo scritto a distanza).

A questa carenza tuttavia può porre rimedio il cancelliere stesso, realizzando una copia per immagine dell’atto ed inserendola nel fascicolo informatico come prevedono le regole e le specifiche tecniche cui abbiamo fatto cenno in precedenza28. Qualora egli non vi provveda, può essere il difensore a trasmettere la

copia per via telematica, di sua iniziativa o su invito del giudice, fermo restando che la tempestività del deposito va valutata alla luce del momento in cui è stato consegnato l’originale cartaceo.

La soluzione da noi proposta evita che le ambiguità dalle quali è affetto l’art. 16 bis del d.l. 179/2012 creino vere e proprie trappole processuali in cui le parti rischiano di cadere vedendosi preclusa la possibilità di ottenere una decisione nel merito. Nel contempo non ci sembra che l’assenza di sanzioni severe possa far sorgere il rischio di una diffusa disapplicazione delle regole del processo telematico29. Il cancelliere infatti,

come detto, se ritiene obbligatorio l’invio dell’atto per via telematica, deve rifiutarne il deposito in formato cartaceo.

L’errore, in ultima analisi, si verifica quando non solo il difensore, ma anche un membro dell’ufficio trova difficoltoso intendere il precetto contenuto nell’art. 16 bis ed anche per questo non troviamo opportuno che si giunga alla irrimediabile dichiarazione di inammissibilità dell’atto di parte.

25 La nozione di atto processuale, peraltro, è molto ampia – v. Besso, in Besso, Lupano, Atti processuali, Bologna, 2016, 3 e segg. – e tale da poter comprendere anche il deposito.

26 Besso, op. cit., 697 e segg.

27 V., mutatis mutandis, le considerazioni in tema di deposito telematico al di fuori dei casi previsti dalla legge di G.G. Poli, Il processo civile telematico del 2015 cit., 245 e segg.

Brunelli, Le prime (superabili) difficoltà di funzionamento del processo civile telematico, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 264 e seg., qualifica invece come nullo il deposito cartaceo “non autorizzato” ed esclude la possibilità di sanatoria per raggiungimento dello scopo. Il deposito cartaceo è ritenuto del tutto inidoneo allo scopo anche da Bellè, Prime note su

PCT e processo di cognizione, in www.judicium.it.

28 Art. 9 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 ed art. 11 del provvedimento DGSIA del 16 aprile 2014. 29 Esprime questo timore Brunelli, op. cit., ibidem.

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