• Non ci sono risultati.

Epidemiologia del melanoma a Livorno dal 2006 al 2016 e fattori di rischio per la positività del linfonodo sentinella nel gruppo pT1b - pT2a.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Epidemiologia del melanoma a Livorno dal 2006 al 2016 e fattori di rischio per la positività del linfonodo sentinella nel gruppo pT1b - pT2a."

Copied!
110
0
0

Testo completo

(1)

1

Università di Pisa

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Direttore Prof. Gaetano Pierpaolo Privitera

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

EPIDEMIOLOGIA DEL MELANOMA A LIVORNO NEL DECENNIO 2006-2016 E FATTORI DI RISCHIO PER LA POSITIVITA’ DEL

LINFONODO SENTINELLA NEL GRUPPO pT1b-T2.

RELATORE

Chia.mo Prof. Marco Romanelli

CANDIDATO

Cristian Fidanzi

(2)

2

INDICE

1.

ANATOMIA DELL’ APPARATO TEGUMENTARIO

………..…....6

1.1 Epidermide………6 1.2 Derma………8 1.3 Ipoderma………...……9 1.4 Melanociti……….………9 1.5 Cellule di Langherans……….……10 1.6 Cellule di Merkel……….…11 2.

MELANOMA

………...11 2.1 Epidemiologia……….……12 2.2 Fattori di rischio………..……15

2.3 Tipi cellulari e modalità di crescita……….……17

2.4 Classificazione del melanoma……….……19

2.5 Diagnosi differenziale tra melanoma e nevi………23

2.6 Clinica……….………30 2.7 Stadiazione………..32 2.8 Genetica………...…35 2.9 Iter diagnostico………....36 2.9.1 Esame dermatoscopico………..37 2.9.2 Biopsia………38 2.9.3 Valutazione preliminare………39 2.9.4 Anatomia patologica………..…41 2.9.5 Referto microscopico……….42

2.9.6 Diagnosi di lesioni melanocitarie ambigue………..…45

2.10 Elementi prognostici……….46

2.11 Cenni di terapia……….46

(3)

3

3.

LINFONODO SENTINELLA

………...51

3.1 Criteri di inclusione……….53

3.2 Criteri di esclusione……….55

3.3 Linea operativa per l’asportazione ……….55

3.4 Tecnica di asportazione ………..55

3.5 Valutazione anatomo-patologica ………60

3.6 Percentuali di positività………...62

3.7 Vantaggi della ricerca linfonodo sentinella ………...62

4.

MATERIALI e METODI

………...66

4.1 Scopo dello studio………...…66

4.2 Raccolta dati………68

4.3 Analisi epidemiologica dei 2115 melanomi ………...70

4.4 Analisi dei FR per la positività del linfonodo sentinella nel gruppo pT1a-pT2……..84

5.

CONCLUSIONI

………...97

(4)

4

(5)

5

(6)

6

1. ANATOMIA DELL'APPARATO TEGUMENTARIO

L’apparato tegumentario, costituito dalla cute (o pelle) e da formazioni a diversa organizzazione e funzioni, ovverosia gli “annessi cutanei”, svolge le funzioni di rivestimento, secrezione, termoregolazione, attività sensoriale e protezione dell'organismo.

La cute è composta da diversi strati: l'epidermide, il più superficiale, e il sottostante derma, separati dalla lamina basale. Al di sotto di essi si trova l’ipoderma, una zona di tessuto connettivo lasso e tessuto adiposo. Gli annessi cutanei sono rappresentati dai follicoli piliferi, dalle unghie e dalle ghiandole sudoripare e sebacee (1)(2).

1.1 Epidermide

L'epidermide è il più esterno dei due strati che compongono la cute. E’ costituita da 5 strati di cellule che originano così un epitelio pavimentoso pluristratificato cheratinizzato. Essendo completamente epiteliale non è vascolarizzata e il suo nutrimento dipende dalla diffusione di metaboliti ed ossigeno dallo strato più superficiale del derma. Questi 5 strati corrispondono alle stesse cellule in momenti diversi del loro ciclo vitale. Tali cellule sono chiamate cheratinociti e passano dall'essere cellule viventi a sottili lamine di cheratina, presentando quindi via via uno stato di cheratinizzazione maggiore. L'epidermide è dunque soggetta ad un continuo turnover che dura quattro settimane.

Gli strati, dal più profondo al più superficiale sono: strato basale, spinoso, granuloso, lucido, corneo.

Oltre ai cheratinociti nell’epidermide trovano posizione anche altre cellule quali i melanociti, le cellule di Langherans e le cellule di Merkel.

(7)

7

• Strato Basale: detto anche germinativo, è lo strato più profondo dell'epidermide, composto da un unico strato di cellule staminali unipotenti cubiche o cilindriche separate dal sottostante derma da una membrana basale. Le cellule di questo strato si dividono per mitosi, parallelamente alla superficie, dando origine ad una cellula staminale unipotente e ad una cellula destinata a differenziarsi in cheratinocito che sale allo strato spinoso per differenziarsi. Queste cellule sono collegate tra loro da desmosomi (giunzione di natura proteica tra cellule epiteliali adiacenti che salda i rispettivi citoscheletri) e alla Membrana Basale da emidesmosomi. L’adesione fra le varie cellule e con la Lamina Basale è mediata dalle Integrine. Il citoplasma presenta della melanina che proviene dai melanociti circostanti situati nello strato basale.

• Strato Spinoso (o di Malpighi): è formato da 5-10 file di cellule poliedriche che tendono ad appiattirsi man mano che ci si avvicina allo strato superiore. Presentano numerose estroflessioni, dette appunto spine. In questo strato si localizzano le cellule di Langherans.

• Strato Granuloso: è formato di norma da 3-5 strati di cellule che però possono aumentare specialmente nelle regioni a forte cheratinizzazione come il palmo della mano o la pianta dei piedi. Queste cellule hanno una forma piuttosto appiattita in grado di permettere una distinzione netta con lo strato sottostante. Lo strato granuloso rappresenta l'ultimo strato di cellule vive.

• Strato Lucido: presenta 1-3 file di cellule che appaiono translucide (da qui il nome). Questo strato non è sempre evidenziabile, ed è più facilmente riscontrabile nell'epidermide del palmo delle mani e della pianta dei piedi, essendo troppo sottile e poco colorabile per essere

(8)

8

visualizzato al microscopio ottico in altre sedi, oppure occultato dai melanociti.

• Strato Corneo: variabile da pochi strati a centinaia di strati (ad esempio nel palmo della mano e nella pianta del piede) di elementi cellulari morti, privi di nucleo, molto appiattiti, completamente cheratinizzati e quasi completamente disidratati. Sono disposti in due strati: uno strato corneo

compatto più profondo dove i desmosomi sono ancora attivi e tengono le

cellule unite ed uno strato corneo disgiunto più superficiale dove comincia lo sfaldamento e la formazione di lacune.

1.2 Derma

Il derma è il più interno dei due strati che compongono la cute. E’ costituito da tessuto connettivo propriamente detto denso, riccamente vascolarizzato e innervato. Si connette all'epidermide tramite la giunzione dermoepidermica che garantisce, con l'elevato numero di filamenti di ancoraggio, un legame sicuro fra i due strati.

Il derma è prevalentemente costituito da fibroblasti, mastociti e macrofagi come un normale tessuto connettivo. Sono anche presenti cellule in transito provenienti dal torrente ematico come leucociti e linfociti, specialmente durante reazioni infiammatorie. Il derma viene diviso in 2 strati che continuano l'uno con l'altro senza nessuna distinzione netta:

• Papillare: strato sottostante l'epidermide costituito di tessuto connettivo lasso e meno denso, presenta molte fibre collagene e poche fibre elastiche. È ricco di vasi sanguigni e terminazioni nervose. Questo strato presenta numerose estroflessioni ed invaginazioni, le papille dermiche. L’unione e l’adesione con la sovrastante epidermide avviene grazie alla giunzione dermoepidermica, che costituisce il limite fra epidermide e

(9)

9

derma ed è costituita da una membrana basale alla dipendenza di entrambi gli strati.

• Reticolare: strato che si estende dalla base del papillare fino all'ipoderma. È costituito da numerose e robuste fibre collagene ed elastiche organizzati in regioni in cui seguono tutti la stessa direzione, dette linee di Langer. La direzione delle fibre è molto importante perché cambia la resistenza della pelle alle deformazioni, in base ai diversi orientamenti. Le incisioni chirurgiche lungo le linee di Langer impediscono un eccessivo allargamento dei margini della ferita e consentono una cicatrizzazione migliore ai fini estetici.

1.3 Ipoderma

L'ipoderma (o connettivo sottocutaneo) è uno strato di tessuto connettivo più lasso che si trova sotto il derma dal quale non è possibile differenziarlo in maniera netta. La sua distribuzione è variabile e lo spessore oscilla tra i 0,5 e i 2 cm risultando minore laddove la pelle è a contatto diretto con osso o cartilagine (volta cranica, naso, padiglione auricolare) e maggiore in altre sedi (glutei, palmo delle mani o pianta dei piedi) dove si trasforma nel pannicolo adiposo sottocutaneo. Nell'ipoderma si individuano 3 strati di tessuto connettivo, non sempre facilmente separabili, detti lamina superficiale, lamina intermedia e

lamina profonda della tela sottocutanea (1)(2).

1.4 Melanociti

I melanociti sono elementi cellulari localizzati nello strato basale ed in quello spinoso, frammisti ai cheratinociti, ed in numero minore anche nel sottostante derma. Derivano dalle creste neurali e migrano durante la vita embrionale nel derma e da cui poi penetrano nell’epidermide. Sono la popolazione cellulare dell’epidermide più numerosa dopo i cheratinociti.

(10)

10

Sono cellule caratteristiche, presentano infatti dei prolungamenti ramificati che si estendono per lunga distanza verso la superficie dell’epitelio insinuandosi negli interstizi tra le cellule dello strato spinoso. Non sono congiunti da desmosomi.

Contengono l’enzima tirosinasi che permette la conversione della DOPA in melanina che colora tali cellule di nero. La melanina viene immagazzinata dentro organelli detti melanosomi. Tali organelli poi migrano nei prolungamenti e da qui vengono trasferiti nei cheratinociti degli strati basale e spinoso, presumibilmente mediante un processo di fagocitosi dell’intera estremità del prolungamento citoplasmatico del melanocito da parte del cheratinocito. I granuli di melanina sono dunque presenti anche nelle cellule proprie dell’epidermide ma soltanto i melanociti, che contengono l’enzima tirosinasi, sintetizzano la melanina. La combinazione di un melanocito con le cellule epidermiche è definita unità melaninica epidermica (3).

Infine è importante aggiungere che i melanociti non si trovano solamente a livello epidermico ma anche in alcune mucose e nell’uvea.

1.5 Cellule di Langherans

Le cellule di Langherans sono cellule dendritiche che si collocano in tutti gli strati dell’epidermide, ma più frequentemente tra le cellule più superficiali dello strato spinoso. Hanno una forma stellata o dendritica, con esili prolungamenti che s’insinuano tra le cellule circostanti, a formare quasi una rete continua. Rappresentano la terza linea cellulare dell’epidermide (3-4% del totale) e non sono legate da giunzioni ad altri tipi cellulari, essendo mobili.

Sono cellule che originano da precursori presenti nel midollo osseo dal quale migrano nella cute ed in altri epiteli per tutta la durata della vita. Appartengono alla linea dei monociti/macrofagi per cui sono estremamente efficienti nel

(11)

11

riconoscere, processare e presentare antigeni ai linfociti, rappresentando cosi la prima linea delle difese cutanee. Possono migrare dall’epidermide al derma ed ai linfonodi regionali dove trasportano gli antigeni che hanno assunto a livello cutaneo, presentandoli ai linfociti T ed innescando quindi risposte immunitarie cellulo-mediate (1)(3).

1.6 Cellule di Merkel

Le cellule di Merkel costituiscono la quarta linea cellulare dell’epidermide, si trovano al confine tra epidermide e derma, e sono situate in stretta associazione con le terminazioni nervose tattili dello strato basale. Hanno forma tondeggiante. Spesso sono raggruppate in formazioni specializzate dette dischi

tattili di Merkel.

Cellule di Merkel e dischi tattili partecipano alla sensibilità tattile con funzione di meccanocettori (1).

2. MELANOMA

Il melanoma cutaneo è un tumore maligno molto aggressivo che origina dal melanocita. Rappresenta il 5% di tutti i tumori della pelle, ma è causa del 70% dei decessi per neoplasia cutanea.

Nell’80% dei casi insorge “de novo”, ovverosia su cute apparentemente sana, mentre nel restante 20% dei casi si manifesta in associazione ad un nevo melanocitico congenito o acquisito, o ad un nevo displastico (spesso il nevo displastico è la tappa intermedia attraverso la quale un nevo melanocitico evolve a melanoma)(4).

(12)

12

Il melanoma può insorgere in tutti i distretti corporei in cui sono normalmente presenti i melanociti, quindi la cute ovviamente, ma anche le mucose (melanoma mucosale), le meningi (melanoma meningeo) e l'uvea (melanoma

uveale).

2.1 Epidemiologia

Si stima che ogni anno nel mondo si verifichino tra i 100.000 ed i 130.000 nuovi casi di melanoma cutaneo.

L’85% di tutti questi tumori interessa le popolazioni di Nord America, Europa ed Oceania, paesi in cui l’incidenza media è di 10-20 casi ogni 100.000 abitanti l’anno (5).

In Europa il melanoma cutaneo è l’8° neoplasia maligna più frequente nel sesso maschile con circa 40.000 nuovi casi l’anno (2,8% di tutti i tumori) mentre in quello femminile è la 6° più frequente con circa 43.000 nuovi casi l’anno (3,5%). L’incidenza media è di circa 10 casi su 100.000 abitanti l’anno. Sempre in Europa si ritiene sia causa di 16.000 morti l’anno (6).

In Italia invece per il 2016 sono stati previsti circa 13.800 nuovi casi (10% di tutti i melanomi mondiali), 7200 in soggetti di sesso maschile e 6600 in soggetti di sesso femminile. Con una popolazione italiana costituita da 60,6 milioni di abitanti si ricava quindi un’incidenza prevista di 22,7 melanomi cutanei per 100.000 abitanti (incidenza doppia rispetto alla media Europea) (7).

Nel nostro paese esiste comunque una notevole variabilità geografica dell’incidenza con un gradiente decrescente Nord-Sud della stessa. I registri del Nord Italia presentano tassi d’incidenza doppi rispetto a quelli rilevabili nei registri del Sud (8).

(13)

13

Parlando di percentuali il melanoma cutaneo in Italia costituisce il 2,9% di tutti i tumori maligni (tolti gli epiteliomi cutanei) nell’uomo ed il 3,1 % nella donna.

Tali percentuali variano nelle diverse fasce di età, in particolare si riscontra un aumento relativo dell’incidenza nella fascia 0-49 anni dove il melanoma cutaneo diviene la 2° neoplasia maligna più frequente nell’uomo (9% di tutte le diagnosi), e la 3° più frequente nella donna (7%) (9).

Più del 50% delle diagnosi avviene in pazienti che hanno meno di 59 anni, quindi si tratta di un tumore che interessa frequentemente soggetti relativamente giovani.

Per quanto riguarda il rapporto di incidenza nei due sessi in termini globali è prossimo ad 1:1, sotto i 50 anni però l’ incidenza risulta leggermente maggiore nel sesso femminile, sopra invece leggermente maggiore nel sesso maschile

(10).

Importantissimo sottolineare come negli ultimi anni l’ incidenza di questo tumore sia significativamente e continuamente aumentata, tanto negli uomini quanto nelle donne, e questo non solo in Italia ma in tutte le popolazioni caucasiche dei paesi occidentali (9)(11).

E’ il tumore la cui incidenza sta aumentando maggiormente nel sesso maschile (+3,6%/anno), mentre nel sesso femminile questo aumento (+3,7%/anno) è secondo solo a quello dei tumori del polmone.

In Italia negli ultimi 10 anni l’incidenza del melanoma cutaneo è raddoppiata (mentre la mortalità rimasta stabile) (8).

L’aumento si è verificato prevalentemente a carico delle forme di melanoma cutaneo definite “sottili” (ovvero che hanno uno spessore di Breslow inferiore

(14)

14

od uguale ad 1.0 mm), e delle forme in situ, e questo sembra dovuto al progressivo potenziamento della capacità di fare diagnosi precoce.

L’aumento dell’incidenza delle forme sottili non si è accompagnato ad una riduzione di quella delle forme “spesse” che è rimasta praticamente immutata nel tempo (10).

Riguardo la mortalità diciamo che in Italia quella media a 5 anni è del 18% nell’uomo, mentre nella donna dell’11%, senza significative differenze tra Nord e Sud (12). Un livello di mortalità analogo a quello della popolazione generale viene raggiunto dopo circa 7-8 anni dalla diagnosi (13).

Visto l’aumento dell’incidenza e la sopravvivenza tutto sommato buona (a 5 anni dell’82% nell’uomo e dell’89% nella donna) i melanomi cutanei tendono progressivamente ad accumularsi nella popolazione. Il melanoma cutaneo

rappresenta il tumore maligno con il più alto incremento di prevalenza oggi conosciuto. Si ritiene che ad oggi in Italia su 2,2 milioni di pazienti con

anamnesi oncologica positiva quasi 81.000 abbiano ricevuto diagnosi di melanoma (13).

In Toscana l’incidenza del melanoma cutaneo si aggira sui 1600 casi l’anno (quindi si hanno circa 45 casi su 100.000 l’anno, incidenza doppia rispetto alla media nazionale e più del triplo di quella europea). Tale incidenza, in linea con quanto avviene nel resto di Italia, è in continuo aumento. La prevalenza è di circa 7000 casi (14). Il numero annuo dei decessi si aggira intorno ai 130 (15).

Nella provincia di Livorno si riscontra uno dei più alti tassi d’incidenza di melanoma cutaneo d’Italia con circa 260 nuove diagnosi annue, pari a 74 casi ogni 100.000 abitanti (16). Questo è da ricondurre alla eccessiva esposizione alla radiazione solare della popolazione livornese.

(15)

15

2.2 Fattori di rischio

I fattori di rischio si suddividono in genetici, fenotipici ed ambientali. Questi cooperano tra loro nell’aumentare il rischio di sviluppare un melanoma (17).

I fattori genetici e fenotipici sostengono il 10-15% circa dei melanomi cutanei. Sono rappresentati da:

(16)

16

• Elevato numero di nevi, soprattutto quello dei nevi displastici. • Nevi congeniti, soprattutto i giganti.

• Anamnesi personale positiva per pregresso melanoma (18).

• Alterazioni genetiche a carico di oncosoppressori legati al gene RB o di geni legati alla produzione di melanina (recettore della melanocortina-1, alterazioni del gene della tirosinasi) ( 19).

• Stato di immunodeficienza

I fattori ambientali coinvolti nella patogenesi del melanoma, che sembrano avere un ruolo molto importante, sono rappresentati da:

• Esposizione ai raggi UV solari, fattore di rischio ambientale più importante. Il rischio varia in rapporto alle dosi assorbite, al tipo di esposizione (intermittente più che cronica) ed all’età (maggiore nell’età infantile e adolescenziale), con rischio marcatamente maggiore nei casi di sussistenza e interazione di tutti questi fattori. L’esposizione a raggi UV conferisce globalmente un rischio doppio di sviluppare un melanoma rispetto ai non esposti, rischio che aumenta marcatamente negli individui a fototipo chiaro. Importanti per quantificare il rischio sono il numero di ustioni solari (danno acuto da esposizione a fonti naturali o artificiali di UV) rilevabili all’anamnesi fisiologica personale, soprattutto quelle verificatesi in età infantile, e la quantità totale di esposizione agli UV nel corso della vita.

• Esposizione ai raggi UV dei lettini abbronzanti. Diversi sono gli studi che evidenziano un significativo aumento del rischio di melanoma nei soggetti che fanno uso di lampade e/o lettini per l’abbronzatura ed il rischio è maggiore se l’esposizione avviene in giovane età (soprattutto sotto i 30 anni) (20)(21)(22).

(17)

17

• Prodotti chimici usati in agricoltura, associati a sviluppo di melanoma acrale, che si sommano ai rischi di esposizione ad UV degli agricoltori

(23).

Sono stati identificati anche alcuni fattori protettivi che sembrano in grado di ridurre il rischio di sviluppare un melanoma, tra i più importanti abbiamo:

• Alcune vaccinazioni (antitubercolare, antivaiolosa) (24). • Alcune malattie infettive contratte in giovane età (24).

• Alimentazione ricca di agenti antiossidanti, soprattutto licopeni (presenti nei pomodori), di sulforafani (presenti nei broccoli) e di thè verde (25).

2.3 Tipi cellulari e modalità di crescita

Le singole cellule del melanoma sono di solito notevolmente più grandi dei normali melanociti o delle cellule presenti nei nevi melanocitici. Contengono ampi nuclei caratterizzati da perimetro irregolare, cromatina addensata tipicamente alla periferia della membrana nucleare e nucleoli rossi prominenti (eosinofili).

In generale, è possibile distinguere il melanoma in due principali categorie sulla base dell’aspetto dei melanociti neoplastici:

• A cellule epiteliodi: è formato da cellule grandi che ricordano la struttura di un epitelio pavimentoso.

• A cellule fusate: in questo caso il melanoma ricorda le caratteristiche citologiche dei tumori dei tessuti molli, presentando un aspetto sarcomatoide.

Mentre la maggior parte dei melanomi viene facilmente distinto sulla base delle proprie caratteristiche citologiche, una minoranza di lesioni atipiche occupa una

(18)

18

zona istologica grigia ed ha preso la denominazione di tumori melanocitici ad incerto potenziale maligno.

Di fondamentale importanza nella progressione del melanoma è il concetto di fasi di crescita radiale e verticale (26).

• La crescita radiale descrive la diffusione orizzontale del melanoma all’interno dell’epidermide e del derma superficiale, parallelamente alla linea della giunzione dermo-epidermica. Durante questa prima fase, le cellule neoplastiche non sembrano dotate di potenziale metastatico. Nella fase di crescita radiale, ricadono diverse classi clinico patologiche: la

lentigo maligna, che di solito si presenta sul volto di individui anziani e

può rimanere in crescita radiale per decenni; il melanoma a diffusione

superficiale, ovvero il tipo più comune di melanoma, e che di solito

coinvolge la cute esposta al sole; il melanoma lentigginoso

mucoso/acrale, non correlato all’esposizione solare. Questo pattern di

crescita si può trovare sia nel melanoma in situ che nel melanoma infiltrante.

• La crescita verticale invece rappresenta uno step successivo nella progressione della neoplasia e coincide con l’invasione degli strati dermici più profondi dotati di una ricca rete vascolare; tale fase è spesso preannunciata sul piano clinico dalla comparsa di un nodulo ed è correlata alla comparsa di un clone di cellule neoplastiche dotate di potenziale metastatico.

L’elemento dirimente per distinguere i due tipi di crescita è la grandezza dei

nidi neoplastici. Se i nidi presenti nel derma hanno dimensioni superiori a

quelle dei nidi della giunzione dermo-epidermica la crescita è verticale; viceversa, se le loro dimensioni sono inferiori la crescita è radiale (27).

(19)

19

Un terzo tipo di crescita del melanoma cutaneo è inoltre quello definito pagetoide. Con questo termine, mutuato per analogia dalla denominazione di un tipo di carcinoma mammario, viene indicato un pattern di progressione limitato allo spessore epidermico diretto verso lo strato corneo superficiale. Tale tipo di crescita può far seguito ad una fase di crescita radiale (26)(28)(29).

2.4 Classificazione del melanoma

Il melanoma viene classificato in base a caratteristiche cliniche ed istopatologiche.

Dal punto di vista istologico si fa riferimento alla classificazione WHO 2006.

• Melanoma a diffusione superficiale: rappresenta il tipo di melanoma più frequente ed è identificato di solito da una lesione pigmentata asimmetrica con margini irregolari ed aree di differente pigmentazione. Può giungere all’attenzione del paziente per il cambiamento di forma e dimensione o per la formazione di croste o ulcerazioni sanguinanti alternate a zone di infiammazione. Generalmente questi cambiamenti avvengono nello spazio di mesi o anni.

• Melanoma nodulare: secondo in ordine di frequenza, è identificato da una lesione pigmentata rilevata a rapida crescita, che si verifica nell’arco anche di poche settimane, spesso accompagnata da ulcerazione e sanguinamento (32).

• Lentigo maligna melanoma: tipicamente insorge sulla cute di volto e collo esposta al sole ed ha un aspetto piano con margini irregolari. L’accrescimento è lento, con una fase iniziale di melanoma in situ molto lunga prima di arrivare alla fase di melanoma invasivo.

• Melanoma acrale lentigginoso: è una rara lesione pigmentata che insorge di solito sul palmo della mano, sulla pianta del piede o nel letto ungueale.

(20)

20

• Melanoma desmoplastico: di raro riscontro, si osserva nella zone di cute esposte alla luce solare ed è caratterizzato da una lesione pigmentata o amelanotica palpabile, di consistenza aumentata e a margini scarsamente definiti.

• Melanoma nevoide: è identificato da una lesione pigmentata papulo-nodulare, talvolta verrucosa, a margini netti, che simula clinicamente ed istologicamente un comune nevo.

Il sottotipo istologico non è considerato ad oggi un fattore prognostico indipendente (30)(31).

Nella classificazione del melanoma va inoltre considerata la distinzione tra

forme di melanoma in situ e forme di melanoma invasivo.

Le forme di MELANOMA IN SITU si caratterizzano per la crescita delle cellule neoplastiche lungo la linea dello strato basale dell’epidermide e verso l’alto. Nello strato basale di solito la neoplasia si organizza in nidi rotondeggianti detti teche e in filiere di cellule singole. Cellule che presentano tutti i caratteri tipici di malignità: voluminoso nucleo indentato e ipercromatico e nucleoli prominenti.

La diagnosi di melanoma in situ si avvale sia di criteri clinici che di criteri

istopatologici.

Quelli clinici si riferiscono alle dimensioni, per le quali il valore di cut-off è di 6mm, all’asimmeria della silhouette della spalla del letto nel melanoma e alla distribuzione irregolare del pigmento.

Quelli istopatologici comprendono la distribuzione irregolare delle teche, la presenza di cellule infiammatorie nel derma circostante e la irregolare

(21)

21

distribuzione degli elementi neoplastici con alternanza di zone sane e zone neoplastiche, cosa che nei nevi non accade mai.

o Lentigo maligna: Neoformazione di notevoli dimensioni (>1cm) tipica della cute esposta al sole nel soggetto anziano. Si caratterizza per la crescita di cellule neoplastiche fusate o epitelioidi lungo lo strato basale per lunghi tratti ed elastosi solare del derma sottostante. In questa lesione, per definizione, non avviene crescita pagetoide.

o Melanoma in situ a diffusione superficiale: Si estende per ampi tratti di cute, per oltre tre creste epidermiche consecutive. Presenta irregolarità della silhouette, irregolarità delle teche e della distribuzione del pigmento. Presenta sempre crescita pagetoide ma non oltrepassa mai lo strato basale verso il basso.

o Melanoma acrolentigginoso in situ: Si sviluppa alle estremità , è caratterizzato da uno strato di cheratina molto denso e da un pattern di crescita lentigginoso, ovvero da una proliferazione a banda di melanociti neoplastici fusati o epitelioidi che sostituiscono le cellule dello strato basale. In fase di crescita radiale presenta acantosi ed ispessimento dello strato corneo, allungamento della rete ridges e proliferazione lentigginosa di melanociti atipici a livello dello strato basale con fenomeni di migrazione fino agli strati epidermici più superficiali. I melanociti presentano nuclei grandi, nucleoli prominenti, citoplasma repleto di melanina e lunghi processi dendritici. In fase di crescita verticale gli aggregati neoplastici sono costituiti da melanociti di forma fusata sullo sfondo di una notevole desmoplasia.

Per le forme di MELANOMA INVASIVO la diagnosi si avvale di diversi criteri, prevalentemente architetturali e citologici.

(22)

22

I criteri architetturali sono rappresentati da dimensioni oltre i 6mm, asimmetria con aree di invasione più o meno profonde, distribuzione irregolare del pigmento, irregolarità delle teche che appaiono disordinate, fuse tra loro oppure anche assenti, scarsa delimitazione della lesione con filiere di singole cellule che infiltrano in profondità.

I parametri citologici comprendono assenza di gradiente maturativo, marcate atipie citologiche, aree di necrosi, mitosi numerose in sede profonda (contate sul fronte di avanzamento del tumore, non alla giunzione dermoepidermica).

Ulteriori parametri da considerare possono essere il danno solare, ovvero la presenza di elastosi del derma, la distruzione delle creste epidermiche e degli annessi cutanei, la presenza di un infiltrato linfocitario a banda di tipo lichenoide al di sotto della proliferazione neoplastica e la presenza di regressione neoplastica; la regressione indica delle zone ricche di istiociti ripieni di melanina nelle quali la reazione immunitaria dell’organismo ha portato ad una regressione della neoplasia.

o Melanoma invasivo su lentigo maligna: in questo caso la lesione rappresenta l’evoluzione del carcinoma in situ e diventa infiltrante nel derma sottostante, potendo presentare due pattern di crescita: a cellule fusate o con aspetto desmoplastico/neurotropo , composto da cellule epitelioidi che danno luogo ad una intensa sclerosi.

o Melanoma invasivo a diffusione superficiale: si tratta del tipo di melanoma invasivo di più frequente diagnosi. Si caratterizza per una modalità di crescita orizzontale con cellule melanocitarie atipiche che si diffondono nell’epidermide per lunghi tratti e si approfondano nel derma sottostante. Il gradiente maturativo è assente. Si può presentare anche una variante con componente nodulare.

(23)

23

o Melanoma nodulare: appare all’osservazione molto rilevato e frequentemente ulcerato; presenta melanociti atipici che infiltrano e distruggono l’intero spessore dell’epidermide e gli annessi cutanei per poi approfondarsi nel derma sottostante.

o Melanoma insorto su nevo: presenta ampie cellule che crescono nello spessore dell’epidermide; possono essere presenti anche gruppi di melanociti benigni (residui nevici) alla periferia della lesione maligna o nel contesto di una popolazione melanocitaria atipica. Il nevo può associarsi sia a melanoma in situ che a melanoma invasivo.

2.5 Diagnosi differenziale tra melanoma e nevi

Alcuni tipi di nevi possono entrare in diagnosi differenziale con il melanoma oppure possono evolvere per dar luogo ad esso.

Nevo di Spitz: detto anche nevo a cellule fusate ed epitelioidi, è estremamente raro nella razza nera ed è di solito riscontrato nei bambini e nei giovani adulti di razza bianca; si presenta come una papula priva di pigmento, di colore rosa pallido, localizzata al tronco o al viso nei bambini o all’estremità degli arti inferiori nel giovane adulto. Di solito ha dimensioni inferiori ad 1cm e può presentarsi come formazione singola oppure in cluster. Dal punto di vista istologico può essere composto (60%), giunzionale (20%) o intradermico (20%) (33)(34).

I criteri diagnostici per identificare il nevo di Spitz sono (35):

• Tipo di cellula: le cellule possono essere epitelioidi, fusate o entrambe. Un importante dettaglio citologico delle cellule fusate è la presenza di un nucleo ovoidale contenente uno o più nucleoli centrali e diverse mitosi, soprattutto nella parte che cresce al livello della giunzione.

(24)

24

• Simmetria: il nevo è simmetrico, senza lesioni laterali, e non presenta attività giunzionale oltre i limiti della componente intradermica.

• Maturazione: è presente, ma meno evidente di quella osservata nei nevi comuni.

• Melanociti intraepidermici: cluster di tre o più cellule singole intraepidermiche, con aspetto epitelioide, ordinate e minima atipia. Tale caratteristica, definita crescita pagetoide o fenomeno di risalita, è presente anche nel melanoma. Tuttavia nel nevo di Spitz la risalita nell’epidermide è ordinata e le cellule presentano atipie scarse mentre nel melanoma la crescita è estremamente caotica e le cellule sono marcatamente atipiche e prive di maturazione.

• Corpi di Kamino: sono globuli coalescenti eosinofili presenti al livello della giunzione dermoepidermica.

La diagnosi differenziale con il melanoma si basa prevalentemente sull’immunoistochimica (36):

• P16: nei nevi, la proteina p16, prodotto del gene oncosoppressore CDKN2A, si accumula all’interno delle cellule.

• MART-1 (Melan-A): è un marcatore differenziale proprio dei melanociti, riconosciuto dai linfociti T citotossici autologhi.

• S-100: è un marcatore delle cellule di derivazione dalla cresta neurale. • HMB-45 (Human Methyl Bromide 45): è un anticorpo che si lega alla

glicoproteina Pmel17, espressa soprattutto dalle cellule pigmentarie di occhio e cute. Nei nevi si stratifica, colorando la sola parte giunzionale, sede della maggior proliferazione, mentre nei melanomi colora l’intera lesione poiché essi mancano di stratificazione.

(25)

25

• Ki-67: è indicatore della frazione di crescita in una popolazione cellulare. Nel nevo di Spitz la sua positività non supera il 2-3% mentre nel melanoma supera il 15%.

Nevo di Reed: è tipico del sesso femminile, è detto anche nevo fusocellulare pigmentato e rappresenta un’altra importante entità da porre in diagnosi differenziale con il melanoma. Rispetto al nevo di Spitz si presenta in maniera diversa, essendo una papula nera ben circoscritta, estremamente pigmentata, con dimensioni compatibili con la benignità e tempi di insorgenza rapidi (37).

Istologicamente si distingue per la presenza di (38):

• Cellule fusate che si organizzano in nidi o fasci variamente intrecciati confinate essenzialmente all’epidermide ed al derma papillare.

• Presenza talvolta di diffusione pagetoide ed atipia cellulare. • Corpi di Kamino.

• Forte pigmentazione e numerosi melanofagi dermici. Caratteristiche distintive dal melanoma (39):

• Pattern di crescita simmetrico e ordinato. • Maturazione di cellule neviche in profondità.

• Limitazione della diffusione pagetoide alla metà inferiore dell’epidermide (nel melanoma si arriva allo strato spinoso fino all’ ulcerazione superficiale).

• Criteri immunoistochimici molto simili a quelli validi per il nevo di Spitz. Nevi congeniti: in genere solitari, sono presenti al momento della nascita nell’1% circa dei neonati. Più frequenti nel tronco, sono di solito inferiori ai 4 cm di diametro (90% dei casi) e insorgono adiacenti agli annessi cutanei.

(26)

26

Il nevo tardivo invece compare entro i due anni dalla nascita, ha una prevalenza compresa tra il 6 ed il 20% ed ha caratteristiche simili a quelle del nevo congenito.

Il nevo congenito gigante presenta un diametro maggiore di 20 cm, talvolta superiore a 40 cm, e si associa spesso ad altre anomalie della pigmentazione come la melanosi leptomeningea; cresce in modo sproporzionato rispetto al resto del corpo fino ad arrestarsi e rimanere stabile nell’adulto, tranne nei casi in cui sviluppi malignità.

Può associarsi ad alcune sindromi genetiche come ad esempio la sindrome di Carney, la neurofibromatosi 1, la melanosi neurocutanea, la sindrome del nevo epidermico, la spina bifida occulta e la sindrome da prematurità.

Dal punto di vista istologico, i nevi congeniti possono essere giunzionali, composti o intradermici e si caratterizzano per la presenza di due popolazione cellulari: piccole cellule reticolari situate nel derma profondo e grandi cellule distribuite nell’epidermide e lungo la giunzione dermo-epidermica. Le cellule che risiedono nel derma hanno delle caratteristiche tipiche che consentono la diagnosi di nevo congenito: esse occupano i due terzi inferiori del derma, sono disperse tra le fibre collagene singolarmente o in fila indiana, nella parte più profonda e tendono a circondare le strutture annesse della cute quali vasi e nervi (40).

I nevi congeniti presentano un rischio compreso tra il 2 ed il 30% di evolvere in un melanoma. Le lesioni assiali (del tronco) presentano un rischio maggiore rispetto a quelle delle estremità così come quelle dello scalpo, in quanto probabilmente collegate al melanosi leptomeningea. Il rischio di trasformazione maligna di un nevo congenito comunque, dipende essenzialmente dalla sua dimensione in misura proporzionale: a nevo più grande corrisponde rischio

(27)

27

maggiore. Tuttavia, i melanomi che insorgono da nevi congeniti hanno un

andamento meno aggressivo ed una prognosi migliore.

Nevo displastico: detto anche nevo atipico di Clark, dal nome del medico che lo identificò nel 1978, rappresenta secondo diverse evidenze scientifiche il precursore del melanoma. In particolare, lo studio della sindrome del nevo displastico, trasmessa con modalità autosomica dominante, ha evidenziato che nei soggetti affetti da tale condizione, si verifica lo sviluppo di numerosi nevi displastici e il rischio di sviluppare un melanoma è superiore al 50% dopo i 60 anni (41). Tuttavia la situazione è controversa poiché non tutti i melanomi insorgono da nevi displastici e non tutti i nevi displastici, ma anzi una minima parte di essi, danno origine a melanomi (42). Ciò fa ipotizzare che la presenza di un nevo displastico sia da considerarsi piuttosto come un marcatore di rischio dello sviluppo di un melanoma. I nevi displastici possono comunque insorgere anche al di fuori del contesto della sindrome del nevo displastico, ma in questo caso la probabilità di trasformazione in melanoma è decisamente inferiore. I nevi displastici pongono problemi di diagnostica differenziale con melanomi in situ e melanomi a crescita orizzontale.

Le caratteristiche del nevo displastico sono in effetti a metà tra la benignità e la malignità:

• Il diametro è superiore a 5mm, quindi maggiore di quello della maggior parte dei nevi acquisiti.

• Nelle forme sindromiche possono presentarsi in numero assai elevato, fino ad alcune centinaia.

• Si presentano come macule piane o placche lievemente rilevate, dotate di una parte della superficie con aspetto ad acciottolato romano o dotate di aspetto a bersaglio con una regione centrale più rilevata e scura con un

(28)

28

reticolo vascolare visibile al dermatoscopio ed una periferia irregolarmente pigmentata.

• Bordi e pigmentazione sono irregolari.

• A differenza dei nevi comuni possono insorgere tanto sulla cute esposta al sole quanto sulla cute non esposta (43).

Al livello istologico, quello displastico è un nevo composto che presenta alterazioni architetturali ed atipie citologiche. Le cellule sono organizzate in nidi che vanno incontro a coalescenza e fusione e vanno a rimpiazzare le cellule basali lungo la giunzione dermoepidermica, dando luogo ad una crescita di tipo lentigginoso. Le cellule hanno notevoli dimensioni e presentano nuclei grandi, angolati, ipercromatici e dai contorni irregolari; al livello del derma è presente un lieve infiltrato linfocitario e sotto ai nidi di cellule neviche si organizza una fibrosi lamellare. Come nel melanoma, sono presenti melanofagi dermici (44)(45).

I seguenti parametri clinici ABCDE possono essere utilizzati come criteri diagnostici per distinguere il nevo displastico dal melanoma:

• Asimmetria: una lesione maligna è tipicamente asimmetrica, viceversa una benigna è simmetrica.

• Bordi: netti nella lesione benigna, irregolari e frastagliati in quella maligna. • Colore: la pigmentazione è uniforme nel nevo displastico mentre non lo è

nel melanoma.

• Dimensione: è minore di ¼ di pollice nel nevo mentre è maggiore di ¼ di pollice nel melanoma.

• Evoluzione: il nevo ha una crescita ordinata ed uniforme, in contrapposizione al melanoma che invece la presenta disordinata.

(29)

29

• Satellitosi: progredendo verso la malignità il nevo cambia dimensioni, margini, colore ed altre caratteristiche.

Dal punto di vista della biologia molecolare, la patogenesi del nevo displastico è stata studiata osservando le alterazioni genetiche degli individui con sindrome del nevo displastico. Sebbene Clark propose inizialmente il nevo displastico come tappa intermedia nella progressione da nevo benigno a melanoma, oggi gli studi indicano che questo modello non è sempre applicabile. Tra i locus genici più implicati nella patogenesi di questo tipo di lesione si riscontrano:

- CDKN2A, gene oncosoppressore presente sul cromosoma 9 in p21 e codificante per la proteina p16.

- CDK4, oncogene situato sul cromosoma 12 in q14 e codificante per una chinasi ciclina dipendente.

Le mutazioni di entrambi questi geni risultano associate a forme di melanoma familiare, tuttavia la relazione di queste mutazioni con il fenotipo del nevo displastico non è lineare in quanto non tutti i pazienti con mutazioni della linea germinale in CDKN2A e CDK4 hanno nevi displastici e non tutti i nevi displastici familiari sono associati a mutazioni in tali geni. È quindi probabile che esistano altri geni, tutt’ora in fase di studio, che intervengono nella patogenesi del nevo displastico. Come i nevi comuni, anche quelli displastici mostrano mutazioni della via di regolazione intracellulare RAS/RAF (26)(46).

Criteri generali per la diagnosi differenziale tra nevi e melanomi: Li possiamo suddividere in clinici, istologici ed immunoistochimici (47)(48).

Criteri clinici: comprendono essenzialmente l’età di esordio, che è molto

(30)

30

Criteri istologici: per quanto riguarda l’istologia, una lesione benigna presenta

simmetria e margini netti, entrambi espressione di crescita ordinata, aggregazione in teche regolari e ben circoscritte ma soprattutto maturazione delle cellule, totalmente assente nel melanoma. La lesione maligna presenta invece un fenomeno di confluenza delle teche, che si raggruppano fondendosi n modo disordinato, espressione di crescita irregolare; consumption (fenomeni istolitici di consumazione) e fessure longitudinali dermo-epidermiche dovute al distacco del derma dall’epidermide per la violenta crescita neoplastica; crescita pagetoide in assenza di maturazione sottostante; presenza di emboli neoplastici nei vasi linfatici; campi cellulari solidi con alta densità cellulare senza interposizione di stroma; atipie citologiche associate a pleomorfismo e mitosi.

Criteri immuno-istochimici:

• p16INK4a: è il gene responsabile della senescenza oncogene-indotta e si possono riscontrare vari pattern di espressione: positività nucleare e citoplasmatica nei nevi, compresi quelli displastici; progressiva perdita di positività nei melanomi in situ; maggiore perdita di positività nei melanomi in fase di crescita radiale; totale negatività nei melanomi in crescita verticale; negatività nella parte profonda nei nevi congeniti e nelle melanocitosi dermiche.

• Ki-67: Nel melanoma la positività del Ki-67, espressione di frazione proliferante di una popolazione cellulare è sempre superiore al 15%. Il riscontro di positività nelle zone negative per p16 è suggestivo di melanoma, specialmente in quelle forme di melanoma con spessore inferiore al millimetro.

(31)

31

Il melanoma cutaneo si presenta come una lesione cutanea solitamente asintomatica, anche se delle volte, già nelle prime fasi di malattia, si può associare a prurito e/o dolore.

Non è semplice differenziarlo da un nevo melanocitico sulla base del solo aspetto, ed ancor più difficile è farlo da un nevo displastico.

Quando vediamo una lesione cutanea le caratteristiche che più ci devono mettere in allarme (perché solitamente associate al melanoma), come abbiamo visto anche nel paragrafo precedente, sono:

• Diametro > 10 mm.

• Variazione delle dimensioni, della forma e del colore di una preesistente lesione pigmentata.

• Pigmentazione variegata (con screziature di colore nero, rosso, marrone, blu scuro e grigio. Talora possono essere presenti anche zone acromiche o ipopigmentate riconducibili a fenomeni di regressione).

• Bordi irregolari ed indentati (mentre nei nevi melanocitici tendono ad essere lisci, rotondi ed uniformi) (26)

Nella valutazione di una lesione cutanea è quindi fondamentale considerare la presenza dei cosiddetti “criteri ABCDE”, ovvero se tale lesione è asimmetrica (A), se i suoi bordi sono irregolari (B), se il colore è irregolare (C), se il diametro è superiore ai 10 mm (D) e se la lesione si è modificata nel tempo, se è evoluta (E).

Il melanoma cutaneo tende inizialmente a metastatizzare per via linfatica. Il primo linfonodo che raggiunge viene detto linfonodo sentinella ed è quel quello che tipicamente viene asportato a fine stadiativo e prognostico nei pazienti con un tumore di stadio superiore od uguale al T1b. Il rischio di metastasi

(32)

32

linfonodali è direttamente proporzionale alla profondità di invasione del melanoma.

Tipiche sono anche le metastasi in transito, cioè metastasi cutanee o subcutanee che compaiono lungo il decorso dei vasi linfatici che dalla sede del tumore primitivo si portano ai linfonodi locoregionali (per poter parlare di metastasi in transito è necessario che esse distino più d 0,3 mm dal tumore primitivo, altrimenti si parla di recidiva) (49).

Nelle fasi avanzate può poi metastatizzare anche per via ematica, potendo cosi localizzarsi in ogni organo (soprattutto in fegato, polmoni, cervello e midollo osseo).

Il comportamento biologico di un melanoma è comunque sostanzialmente imprevedibile, infatti talvolta si ha il decesso anche dopo 15-20 anni dalla diagnosi con neoplasie che erano rimaste silenti per tutto il tempo, mentre altre volte si ha una lunghissima sopravvivenza in soggetti con linfonodo sentinella metastatico. Fattori immunologici sembrano essere coinvolti che nel determinare la prognosi delle singole neoplasie ma che per la maggior parte non sono stati completamente compresi (50).

2.7 Stadiazione

Stadiazione TNM secondo l’AJCC (7th ed., 2009).

Parametro T (descrive il tumore, la sua grandezza e la sua estenzione all’interno della cute):

 TX: il tumore non può essere studiato  T0: nessuna evidenza del tumore primitivo  Tis: Melanoma in situ (livello I di Clark)

(33)

33

 T1a: spessore inferiore o uguale a 1 mm senza ulcerazione e senza mitosi

 T1b: spessore inferiore o uguale a 1 mm con ulcerazione e/o almeno 1 mitosi per mm2

 T2a: spessore tra 1,01 e 2,0 mm senza ulcerazione  T2b: spessore tra 1,01 e 2,0 mm con ulcerazione  T3a: spessore tra 2,01 e 4,0 mm senza ulcerazione  T3b: spessore tra 2,01 e 4,0 mm con ulcerazione  T4a: spessore maggiore di 4 mm senza ulcerazione  T4b: spessore maggiore di 4 mm con ulcerazione

Parametro N (si riferisce ai linfonodi regionali e dipende dal fatto che sia stato rimosso il linfonodo sentinella):

 NX: linfonodi non indagati

 N0: nessuna disseminazione linfonodale

 N1a: disseminazione a 1 linfonodo satellite occulta

 N1b: disseminazione ad un linfonodo clinicamente apparente

 N2a: disseminazione a 2 o 3 linfonodi satelliti, o metastasi intralinfatiche regionali senza metastasi nodale clinicamente occulta  N2b: disseminazione a 2 o 3 linfonodi satelliti, o metastasi

intralinfatiche regionali senza metastasi nodali clinicamente apparenti  N2c: satellitosi oppure metastasi in transito senza localizzazione

linfonodale

 N3: disseminazione a 4 o piu’ linfonodi regionali, oppure metastasi in transito oppure satellitosi associata a metastasi linfonodali

Parametro M (si riferisce alle metastasi a distanza).

 MX: le metastasi a distanza non possono essere valutate  M0: nessuna metastasi a distanza

(34)

34

 M1a: metastasi a distanza alla cute o al sottocute o ai linfonodi distanti  M1b: metastasi al polmone

 M1c: metastasi ad altri organi o associata ad elevati livelli di LDH Stadiazione Patologica (si aggiunge anche la percentuale di sopravvivenza SR):

Stadio 0: Tis, N0, M0: melanoma in situ  Stadio IA: T1a, N0, M0: (SR: 99 %)

 Stadio IB: T1b o T2a, N0, M0: (SR: 92 %)  Stadio IIA: T2b o T3a, N0, M0: (SR: 78 %)  Stadio IIB: T3b o T4a, N0, M0: (SR: 68%)  Stadio IIC: T4b, N0, M0: (SR: 56 %)

 Stadio IIIA: T1a-4a, N1a o N2a, M0: (SR: non disponibile)

 Stadio IIIB: T1b-4b, N1a o N2a, M0 oppure T1a-4a, N1b o N2b, M0 oppure T1a/b-4a/b, N2c, M0: (SR: 50 %)

 Stadio IIIC: T1b-4b, N1b o N2b, M0 oppure qualsiasi T, N3, M0: (SR: 27 %)

 Stadio IV: qualsiasi T, qualsiasi N, M1: (SR: 18 %)

La Stadiazione Patologica comprende la microstadiazione del melanoma primitivo e informazioni anatomopatologiche sullo stato dei linfonodi regionali dopo linfoadenectomia parziale o completa. Lo Stadio Patologico 0 e IA rappresentano delle eccezioni poiché non necessitano della valutazione anatomopatologica dei linfonodi.

Per il nostro studio, che ha preso in considerazione circa 2000 melanomi diagnosticati tra il 2006 ed il 2016 presso l’azienda USL 6 di Livorno, abbiamo fatto riferimento a questa stadiazione (settima edizione dell’AJCC). Tale precisazione è relativa al fatto che nel 2017 è uscita l’ottava edizione

(35)

35

dell’AJCC che modifica in parte la stadiazione del melanoma. La differenzia più significativa riguarda lo stadio T1, infatti nel nuovo sistema il T1a corrisponde a tumori di spessore inferiore a 0,8 mm senza ulcerazione (mentre nella settimana edizione a tumori di spessore inferiore ad 1 mm, senza ulcerazione e senza mitosi), il T1b invece a tumori con spessore inferiore a 0,8 mm con ulcerazione o a tumori con spessore tra 0,8 ed 1 mm, con o senza ulcerazione (mentre nella settima edizione a tumori di spessore inferiore ad 1 mm, con ulcerazione e/o almeno 1 mitosi per mm2). Interessante notare come nella nuova edizione dell’AJCC sparisce dalla stadiazione la valutazione del numero di mitosi. Questa nuova stadiazione entrerà ufficialmente nella pratica clinica dal 1 gennaio 2018.

2.8 Genetica

Studi recenti hanno dimostrato che i melanomi sono eterogenei da un punto di vista genetico-molecolare, con profili distinti in relazione alla sede anatomica ed alla esposizione solare (51)(52)(53)(54)(55).

I melanomi che insorgono a livello del tronco ed arti su cute esposta in maniera intermittente al sole mostrano mutazioni di BRAF (50% dei casi), mutazioni di NRAS (nel 15-20% circa) mentre raramente risultano c-KIT mutati (1%).

I melanomi BRAF mutati si manifestano in età più giovanile (<55 anni) ed in pazienti con elevato numero di nevi melanocitici.

I melanomi associati ad esposizione solare cronica a livello della regione testa-collo possono mostrare mutazioni di BRAF nel 5-30% dei casi, mutazioni di NRAS in circa 30-40% dei casi e mutazioni di c-KIT nel 2-17% circa.

(36)

36

Infine, nei melanomi in sede acrale e mucosale sono state dimostrate, sebbene con bassa frequenza (10-15%), mutazioni di c-KIT.

Nell’ambito delle mutazioni del gene BRAF, la mutazione V600E, che consiste nella sostituzione della valina con acido glutammico nel codone 600, rappresenta circa il 90% delle mutazioni mentre la V600K ha una frequenza del 15% circa ed altre mutazioni, quali la V600D/G/R/E2/M, risultano meno frequenti (3%). L’individuazione delle mutazione BRAF è indicata in pazienti con melanoma inoperabile o metastatico (stadio IIIC inoperabile o IV) che possono beneficiare, in presenza di mutazione V600, del trattamento con inibitori di BRAF.

Poiché le mutazioni di BRAF ed NRAS sono in genere mutualmente esclusive, in caso di assenza di mutazioni a carico del gene BRAF, è indicata la valutazione dello stato mutazionale del gene NRAS. Il riconoscimento di mutazioni di NRAS può essere clinicamente rilevante poichè ad oggi è stata dimostrata l’efficacia terapeutica di inibitori di MEK in pazienti con melanoma NRAS mutato.

La valutazione dello stato mutazionale di c-KIT è sicuramente indicata per melanomi acrali e mucosali per la possibilità, in presenza di mutazione, di trattare i pazienti (off label) con inibitori di cKIT o permetterne l’arruolamento in trial sperimentali.

2.9 Iter diagnostico

La diagnosi precoce riveste un ruolo di primaria importanza nella lotta al melanoma. Infatti, l’asportazione di melanomi in fase iniziale si associa ad una prognosi favorevole, con una sopravvivenza a 10 anni superiore al 90% nei casi di melanoma infiltrante con spessore inferiore ad 1mm; viceversa, per

(37)

37

i melanomi infiltranti con spessore superiore a 4mm la sopravvivenza a 10 anni scende sotto al 50%.

Al fine di raggiungere l’obiettivo della diagnosi precoce è necessario il reclutamento di diverse figure: in primis il paziente che, correttamente educato tramite apposite campagne di informazione, provvederà all’autoesame della pelle, il medico di medicina generale, che indirizzerà il paziente presso un percorso diagnostico specialistico qualora riscontri lesioni sospette ed infine il medico specialista dermatologo.

Presso gli ambulatori specialistici la lesione in esame potrà essere esaminata e, se confermato il sospetto, potrà essere eseguita una biopsia escissionale con successivo esame istologico.

Un ulteriore ausilio è dato dall’esame dermatoscopico, capace di dirimere dubbi sulla natura melanocitaria o non melanocitaria delle lesioni e sulla benignità o malignità delle lesioni melanocitarie.

Qualora la lesione asportata risulti essere un melanoma, il referto istopatologico dovrà contenere tutti i dati relativi ai fattori prognostici, sui quali sarà basata la scelta del successivo trattamento.

2.9.1 Esame dermatoscopico

La dermatoscopia, detta anche microscopia in epiluminescenza o microscopia cutanea di superficie), è un importante esame complementare all’osservazione clinica capace di migliorare la diagnostica differenziale tra lesioni non melanocitarie e lesioni melanocitarie e, nell’ambito di queste ultime, tra quelle benigne e quelle maligne (56). In particolare, uno studio prospettico randomizzato controllato ha evidenziato che l’esame dermatoscopico pre-operatorio riduce la possibilità di falsi positivi all’escissione (57). L’accuratezza diagnostica non è tuttavia del 100%, quindi i risultati della

(38)

38

dermatoscopia devono comunque sempre essere integrati con il giudizio clinico dell’osservatore e con la raccolta anamnestica. Esistono in effetti melanomi che non presentano alla dermatoscopia caratteri di malignità identificabili con certezza, quindi soltanto una valutazione integrata porterà ad evitare il rischio di falsi negativi (58). A tal proposito è importante sottolineare l’importanza del cosiddetto segno del brutto anatroccolo secondo cui va considerato sospetto un nevo che appare visibilmente diverso dagli altri; questo segno sembra essere particolarmente importante nell’integrazione della regola ABCDE. È inoltre importante sottolineare che il miglioramento dell’accuratezza diagnostica con la dermatoscopia si ha solamente nel caso di osservatori esperti.

Comunque, nel caso di lesioni clinicamente e/o dermoscopicamente sospette si ricorre all’escissione chirurgica con successivo esame istologico.

Per quanto riguarda la mappatura dei nei, cioè l’archiviazione fotografica di aree del corpo e/o l’archiviazione digitale mediante videodermatoscopio di alcune o tutte le formazioni neviche di un soggetto, non esiste oggi alcun dato a sostegno di come essa determini una diagnosi più precoce rispetto al controllo tradizionale (esame clinico più dermatoscopia) (59)(69).

L’esame dermatoscopico può risultare poco affidabile nel caso di lesioni amelanotiche oppure eccessivamente pigmentate, o in quei casi in cui la lesione sia coperta da fenomeni infiammatori o croste. È inoltre impossibile talvolta ottenere immagini adeguate in sedi di difficile accesso come spazi interdigitali o mucose.

2.9.2 Biopsia

Una volta posta la diagnosi clinica o dermatoscopica di sospetto melanoma, si ricorre alla biopsia escissionale, che consiste nella completa asportazione

(39)

39

della lesione con circa 2mm di cute sana circostante e di grasso sottocutaneo al fine di poter effettuare una corretta diagnosi istologica e di poter studiare tutti i fattori prognostici che consentano di scegliere la successiva strategia terapeutica. L’esecuzione della biopsia dovrebbe generalmente tener conto della sede anatomica della lesione in modo tale da consentire di operare parallelamente all’asse maggiore della sede stessa e di pianificare l’eventuale successivo intervento definitivo visto anche il crescente aumento di indicazione all’esecuzione di successiva stadiazione con tecnica del linfonodo sentinella. Per tale ragione non è opportuno eseguire biopsie escissionale con margini ampi.

La biopsia incisionale mirata, preferibilmente sotto guida dermatoscopica, trova indicazione per lesioni estese come la lentigo maligna e/o localizzazioni particolari quali volto, cuoio capelluto, regione palmare o plantare, orecchie e letto ungueale, in cui una asportazione completa comporterebbe eccessive demolizioni.

Biopsie shave, laser e diatermocoagulazioni non dovrebbero essere effettuate

in quanto non consentono uno staging patologico accurato (61)(62)(63)(64). Per permettere una valutazione istologica adeguata è inoltre da evitare che il frammento contenente la lesione subisca danneggiamenti da pinzettature tali da provocare discontinuità tissutale, danni tissutali da fenomeni di elettrocuzione, artefatti da stiramento o distorsione.

2.9.3 Valutazione preliminare

Una volta posta la diagnosi di melanoma sono raccomandate la raccolta di una accurata anamnesi personale e familiare e l’esecuzione di una attenta visita dell’intera superficie corporea con particolare riferimento all’area circostante a quella del melanoma e alla sede dei corrispondenti linfonodi drenanti, al fine

(40)

40

di individuare altre lesioni primitive sospette, satellitosi, metastasi in transito e/o linfonodali.

Gli accertamenti strumentali per i pazienti con melanoma sono mirati soprattutto all’identificazione di malattia clinicamente occulta in grado di indirizzare la scelta terapeutica. L’esecuzione di esami ematici e strumentali di routine per identificare metastasi asintomatiche è di scarsa utilità nei pazienti con melanoma in stadio I-II, nei quali l’esame stadiativo più accurato risulta essere la biopsia del linfonodo sentinella. Gli esami ematici sono poco sensibili mentre quelli strumentali sono dotati di scarsa specificità, con frequenti falsi positivi: tali esami dovrebbero essere sfruttati solo per indagare specifici segni e sintomi nei pazienti in stadio I-II. L’utilità delle indagini strumentali (TAC, PET e RMN) è stata maggiormente validata nei pazienti con melanoma in stadio III. Nei pazienti in stadio IV con metastasi a distanza questa dovrebbe essere confermata mediante agoaspirato o biopsia. Campioni di tessuto dovrebbero essere ottenuti durante la biopsia per condurre una analisi genetica qualora si pianifichi un trattamento con farmaci a bersaglio molecolare o in caso di arruolamento in trial clinici riguardanti tali strategie di trattamento. La TAC toraco-addomino-pelvica con o senza esecuzione di PET/TC dovrebbe essere considerata per valutare correttamente l’estensione della malattia nello stadio IV. Poiché i pazienti con melanoma metastatico presentano un’alta incidenza di metastasi cerebrali è raccomandata l’esecuzione di una RM encefalo o di una TAC con mezzo di contrasto anche in presenza di minima sintomatologia o di sospetto di coinvolgimento del sistema nervoso centrale o nel caso in cui la loro esecuzione possa influenzare le successive scelte terapeutiche (65)(66)(67).

Sebbene l’LDH non sia un marker di malattia metastatica è comunque universalmente riconosciuto il suo ruolo prognostico ed è raccomandato

(41)

41

misurarne i livelli al momento della diagnosi di uno stadio IV, mentre l’esecuzione di altri esami ematici è decisa in base alle esigenze dal medico curante.

2.9.4 Anatomia patologica

I campioni da inviare al laboratorio per l’analisi istologica devono essere posti in contenitori di dimensioni idonee ad evitarne la distorsione, con una adeguata quantità di fissativo formalina (venti volte il volume del campione) tamponata al 10%, e opportunamente contrassegnati dai dati del paziente. La procedura standard prevede l’analisi dopo inclusione in paraffina e colorazione con eosina-ematossilina.

La biopsia escissionale è il tipo di biopsia più idoneo per le lesioni melanocitarie, che vanno asportate in toto insieme ad una rima di tessuto normale; si ottiene in tal modo una losanga di tessuto cutaneo che deve essere misurata nelle sue tre dimensioni (lunghezza, larghezza e spessore); deve essere così misurata anche la lesione ed annotata la sua distanza dal margine chirurgico più vicino; la lesione va poi sezionata ed inclusa nella sua totalità (inclusioni seriate).

Dopo la diagnosi istologica di melanoma, viene eseguita una biopsia escissionale della cicatrice per adeguare i margini di escissione. Se alla prima asportazione della lesione i margini erano negativi è sufficiente un campionamento random della cicatrice (1 inclusione ogni 1-2cm lineari). Se i margini erano positivi sono da eseguire inclusioni seriate invece.

L’esame intraoperatorio al microtomo congelatore è generalmente sconsigliato per la diagnosi di tutte le lesioni melanocitarie cutanee. La citologia nella diagnosi di melanoma primitivo ha un ruolo secondario; si possono ottenere preparati per apposizione in caso di melanoma ulcerato,

(42)

42

centrifugati o thin prep da liquido pleurico, peritoneale o cerebrospinale per la ricerca di cellule neoplastiche. L’agoaspirato può essere impiegato in presenza di masse metastatiche da esso raggiungibili. L’istochimica può essere talora di ausilio: la colorazione di Masson-Fontana può aiutare nell’identificazione della melanina mentre la colorazione tricromica di Masson può aiutare a distinguere il derma papillare dal derma reticolare nella valutazione del livello di Clark. L’immunoistochimica ha un ruolo importante nella distinzione tra melanoma metastatico e metastasi provenienti da altri tumori (proteina S-100, HMB45, MART-1, MiTF. Gli anticorpi possono essere proficuamente impiegati anche nell’identificazione delle micrometastasi nel linfonodo sentinella. L’HMB45 può essere di ausilio nella distinzione tra melanoma e nevo, sempre subordinatamente alla morfologia. Il Ki67 è utilizzato come indice di proliferazione di una lesione. La proteina S-100 è utile nello studio dei margini della lesione. L’anticorpo fosfo-istone 3 (PHH3) può essere d’ausilio nell’individuare l’area del tumore con la più alta densità di mitosi (hot spot) come fase preliminare alla determinazione dell’indice mitotico (numero di mitosi per mm2), che deve essere comunque stabilito su sezioni colorate all’ematossilina-eosina. CD31, CD34 e D240 possono rappresentare un valido sostegno all’identificazione di invasione vascolare linfatica o ematica.

2.9.5 Referto microscopico

Il referto istologico deve contenere tra le informazioni obbligatorie il tipo istologico della neoplasia, lo spessore secondo Breslow, la presenza/assenza di ulcerazione, l’indice mitotico, il livello di Clark, la presenza/assenza di regressione, la presenza/assenza di invasione vascolare e perineurale, la presenza/assenza di microsatellitosi, la presenza/assenza di componente nevica associata, lo stato dei margini di resezione laterali e profondi e la

(43)

43

stadiazione patologica (pTNM); tra le informazioni non obbligatorie ma consigliate deve contenere fase di crescita (radiale vs verticale) e presenza/assenza di linfociti infiltranti il tumore.

Tipo istologico: per la classificazione istologica del melanoma si fa riferimento alla WHO 2006, che comprende i quattro tipi principali di melanoma: melanoma a diffusione superficiale, melanoma nodulare, lentigo maligna e melanoma lentigginoso acrale; esistono poi numerose varietà più rare come ad esempio il melanoma nevoide, il melanoma spitzoide, il melanoma desmoplastico e quello lentigginoso.

Spessore secondo Breslow: rappresenta il più importante fattore prognostico e viene misurato dallo strato granuloso o, se la lesione è ulcerata, dal fondo dell’ulcera fino al punto più profondo di massima infiltrazione.

Ulcerazione: deve essere valutata al microscopio ed è definita come la completa mancanza dell’epidermide a tutto spessore, compreso lo strato corneo.

Indice mitotico: deve essere espresso in numero di mitosi per mm2 ed è valutato nella componente invasiva del melanoma a partire dalle zone in cui l’attività mitotica è più abbondante (hot spot) ed estendendo la conta ai campi adiacenti per una superficie totale di 1 mm2. Se non sono presenti hot spot e le mitosi sono sparse random per la componente dermica, si seleziona un campo con una mitosi rappresentativa e si estende la conta ai campi adiacenti fino a coprire una superficie complessiva di 1mm2.

Livello di Clark: è definito nel seguente modo. Nel livello I il melanoma è confinato all’epidermide; nel livello II il melanoma infiltra il derma

Riferimenti

Outline

Documenti correlati

Corresponding Dimensions Economic conditions, social conditions, transport, telecommunications and government policies Various push and pull factors Calibrating the flows of

La biopsia del linfonodo sentinella deve essere offerta a tutti i pazienti con melanoma primitivo con spessore superiore 1 mm, indipendentemente dalle altre

La biopsia del linfonodo sentinella deve essere offerta a tutti i pazienti con melanoma primitivo con spessore superiore 1 mm, indipendentemente dalle altre

Firstly, a panel of taxonomically, environmentally and clinically diverse Bcc strains was used (Table 1) to infect the worms. Apart from the wide geographic and

The estimation of camera pose permits to compute the relation- ship between the positions of the targets in the 3D world plane and their corresponding positions in the 2D image, and

• BMS CA209915: A phase III, randomized, double- blind study of adjuvant immunotherapy with nivolumab versus ipilimumab or ipilimumab plus nivolumab after complete

Nei pazienti con melanoma in stadio IIIC non operabile o stadio IV, in cui è indicata immunoterapia, il trattamento con anti PD-1 dovrebbe essere preso in considerazione come opzione

La tecnica del linfonodo sentinella dovrebbe essere offerta a tutti i pazienti che hanno un melanoma primitivo con spessore superiore a 1.0 mm con qualunque altra caratteristica