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Academic year: 2021

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Il rapporto democrazia e scuola ha una lunga storia alle spalle, un presente dialettico, per così dire, ed un futuro sempre in progress. Parliamo semplice-mente di costanti aggiornamenti e/o, che è lo stesso, di reinterpretazioni. Ieri si trattava di garantire un minimo d’istruzione e di autonomia per avviare, attraverso la scolarizzazione, il difficile cammino di trasformare sudditi in cit-tadini. Oggi, il processo di consolidamento ed estensione della cittadinanza attraverso la diffusione e l’aumento della conoscenza sembra incontrare una battuta d’arresto. Complice la crisi economica, emergono le difficoltà e/o insufficienza della scuola ad attivare in modo equo il dinamismo del ricambio generazionale.

È caduto un assioma che sembrava irresistibile: si sono dimostrate fallimentari le politiche educative del dopoguerra basate sul principio delle pari oppor-tunità che in periodi diversi hanno interessato diversi paesi, non solo europei. Alla base vi erano due presupposti: il principio dell’ illimitata capacità di ap-prendimento per tutti e la possibilità, attraverso la scuola, di eliminare le dif-ferenze sociali, con forme diverse di “educazione compensativa” – sostegno, iniziative di orientamento, scuola a tempo pieno, corsi di recupero ecc. Oggi assistiamo ad una specie di paralisi della scuola come ascensore sociale. L’in-vestimento in capitale umano, attraverso la scolarizzazione, non basta più, il “pezzo di carta” non è più sufficiente per attivare la mobilità sociale, contano di più raccomandazioni, conoscenze, appartenenze. Non basta più interpre-tare il nostro spazio di libero movimento attraverso la classica distinzione di Berlin tra le due forme di libertà, negativa e positiva. Oggi entra in campo una terza modalità in cui si esplica la libertà: molto esclusiva, posizionale, rappre-sentabile emblematicamente nella sicurezza che può vantare, per citare un classico della politica italiana di questi decenni, ad esempio, il figlio del far-macista che senza alcun concorso, per status familiare e sociale, eredita un la-voro garantito dallo Stato, mentre tutto il commercio si deve misurare con il mercato. La democrazia dell’istruzione si è illusa di eliminare il privilegio, in realtà essa ha cercato di trattarlo e alla fine lo ha restituito alla società donde proveniva.

di Carla Xodo

© Pensa MultiMedia Editore srl ISSN 1722-8395 (print) / ISSN 2035-844X (on line) Studium Educationis • anno XVIII - n. 1 - febbraio 2017

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Carla Xodo

La generazione che oggi si scontra con questi sbarramenti sociali innalza come arma di contrasto il merito ed invoca la meritocrazia come correttivo ad una democrazia ingessata da vincoli e privilegi. Eppure democrazia e merito, efficienza ed equità, prima facie, potrebbero apparire concetti conflittuali, men-tre, come è stato sottolineato, “quello di democrazia è un singolare miscuglio di entrambe le idee” (Veca, 1986, p. 31). E se il concetto di equità, a volte, sembra in tensione con quello di efficienza, se, come ha affermato l’econo-mista von Hayek, “possiamo ammettere che la democrazia non pone il potere nelle mani dei più saggi e dei meglio informati e che la decisione di un go-verno di èlite potrebbe essere, nel suo insieme, più benefica. [...] questa am-missione non può impedirci di continuare a preferire la democrazia” (1969, p. 133).

Per cercare di discutere questi temi, ma soprattutto fare chiarezza sulle aspet-tative sociali nei confronti della pedagogia e dell’educazione, nella prima parte di questo volume sono stati affrontati, con apertura internazionale, ap-profondimenti specifici intorno a concetti come quello di merito, merito-crazia, meritorietà, talento, educazione, personalizzazione. Temi affrontati attraverso la teoria, ma indagati e studiati anche per mezzo della pratica, in virtù di una ricerca coordinata dalla scrivente dal titolo: Per una scuola che

va-lorizzi le diversità e promuova le eccellenze, ricerca che nel 2010 ha coinvolto,

per alcuni anni, diversi docenti e scuole della Provincia di Padova.

Obiettivi generali dell’indagine erano, innanzitutto, verificare il significato dei concetti suddetti a partire dalle rappresentazioni dei docenti quotidiana-mente alle prese con problemi di promozione e verifica degli apprendimenti. In secondo luogo, sensibilizzare insegnanti, genitori e la collettività alla que-stione del merito, non sempre coincidente con il successo formativo. In terzo luogo, sperimentare interventi educativi e di tutoraggio rivolti alle persone eccellenti, che potessero fungere da modello per la valorizzazione del talento. Obiettivo specifico della ricerca è stato, per un verso, l’identificazione di pos-sibili ragioni soggiacenti i percorsi di eccellenza di studenti e studentesse ta-lentuosi: dinamiche motivazionali, peculiarità dell’iter formativo/scolastico, retroterra culturale familiare e scolastico; per altro verso, il coinvolgimento diretto dei docenti in percorsi di progettazione educativa e di sperimenta-zione di azioni volte a valorizzare le eccellenze, in un’ottica di personalizza-zione.

La seconda parte dedica un’attenzione particolare al rapporto democrazia e lavoro a partire dalla nostra Costituzione che porta ancora i segni della divi-sione fordista tra direzione ed esecuzione, teoria e prassi ed, in ultima analisi, tra scuola e lavoro. Per rilanciare lo sviluppo del nostro Paese è necessario, invece, recuperare la grande tradizione italiana di cui è ancora erede la piccola impresa, quella delle arti meccaniche, liberali e sociali. Una tradizione che ha sempre voluto che ciascuno fosse sempre e realmente “imprenditore di se stesso”: obiettivo che deve essere presente lungo tutto dell’azione educativa, da quella di base fino alla educazione degli adulti.

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