11 June 2021
Zagli, A. (2015). Prefazione [a Arte, storia e cronaca a Bientina sullo scorcio del secolo 18.], 3-5. This is the peer reviewd version of the followng article:
Prefazione [a Arte, storia e cronaca a Bientina sullo scorcio del secolo 18.]
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Arte, storia e cronaca a Bientina sullo scorcio del secolo XVIII Autore:
Carlo Canragalli
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Codice ISBN: 978-88-7399-267-7 154327
Foto di copertina:
Bientina - Pieve di S. Maria A~sunra
Epigrafe dipinta contenente in sintesi la storia della Chiesa. ln alro a sinistra:
Antico stemma della Comunità di Bientina
l n alro a destra:
Stemma del Granducato di Toscana al tempo dei Lorena
Traduzione del testo dell'Epigrafe:
Quesra chiesa cosrruira in onore della Madre di Dio
il cui al care principale è inrirolaro alla Visitazione, per mandato dell'Arcivescovo di Pisa Cesare Visconte di Riario,
fu dorata delle reliquie dei Santi Barnaba Apostolo, Biagio c M. Caterina Vergine e Martire
e consacrata il giorno 26 settembre 1509 da Giovanni da Volterra, Vescovo di Cesarea.
Fu in seguito ampliata
per cura e pietà degli antichi nell'anno 1611 e dall'Arcivescovo di Pisa Scipione Pannocchicschi
dopo quarrro anni consacrata
e alla fine nobilitaca dal corpo di S. Valentino Manire che dal Cimitero di Callisto
sono il pontificato di Alessandro VIII fu esumato e trasportato a Bientina il giorno 6 giugno 1699 e con solenne cerimoniale collocato sull'al rare principale.
Dopo un ulteriore restauro e ripulirura, con opere marmo ree e pittoriche
il popolo di Bientina
nell'anno 1777 l'abbellì ancora magnificamente e decise di porre memoria all'evento.
-2-PREFAZIONE
taao
ron grande piacere che ho accolto l'invito di Carlo Cantagalli a scrivere alcune righe di presentazionesuo ultimo lavoro di ricerca sulla storia della pieve di Bientina, pubblicazione che in qualche modo ar-rinf,jsa e completa i preziosi contributi già forniti in passato dall'autore. Appassionato di storia, inesau-indagatore delle "antiche carre" qi archivio, nonché profondo conoscitore delle vicende e della
wmr:olià dei bientinesi, non c'è bisogno di dire quanto Carlo sia stato prezioso (e il suo aiuto insostituibile) pa-f.norire la mia lunga ricerca sfociata nel2001 nel volume monografico che ho dedicato alla storia della
CD-ID.I·à di Bientina e al suo rapporto plurisecolare con l'area umida dell'antico lago di Sesto che così ~ente ha segnato l'origine e la storia del paese, lasciando tracce profonde nell'identità e nella
mentalità dei suoi abitanti 1
•
-caar
di palude", si diceva, in termini neppure troppo velatamente dispregiativi; oppure "geme mezzo.tl'Cil~·ia e feroce" perché poco incline al rispetto dell'autorità; oppure ancora, a proposito dello sfrutt a-dell'economia di palude, si parlava di un "incerto vivere foraggiando rumultuariamente, non senza
.:=Diolo di chiunque consideri quanto mal convenga in mezzo di una società civilizzata, una quantità
iladividui, che campando all'uso dei vaganti barbari Sciti conservano una memoria umiliante per
l'urna-- cldle favolose, e brutali prime età del mondo"2 •
.IIIIIDIIIlDlLa tutto un campionario di definizioni, di giudizi (e pregiudizi) che gli osservatori colti, a partire
epoca dei Lumi, iniziarono a dedicare ai bieminesi e alla loro "oscura economia di palude". In un con-troppo stridente con l'ordine ben regolato dei campi coltivati, con l'agricoltura razionale e con lo
.nill:ql!pO civile del territorio, sempre più identificato nella bonifica idraulica e nell'abbandono delle reti da odia loro auspicata trasformazione in aratri e in altri strumenti rusticali. Un processo che si sarebbe mllilza~:o il secolo successivo alla vigilia dell'Unità d'Italia, quando il governo granducale operò scelte
de-- dopo secoli di progetti - procedendo al progressivo essicamento del vasto lago palustre attraverso ID spcu:acolare intervento idraulico diretto dall'ingegnere Alessandro Manetti.
pande contrasto, in questi giudizi, con le cure amorevoli che i bientinesi-nel corso dei secoli-
de-*ztmo all'abbellimento della loro chiesa, dimosrrando una sensibilità religiosa non comune che magari
C5'SiaVatori esterni poteva apparire ai limiti della superstizione e del fanatismo! Che contrasto stridente, wmbll~ da aggiungere, fra una chiesa così ricca di stucchi preziosi, di un sontuoso soffitto !igneo, di
do-e di luci elaborate- di cui Cantagalli ricostruisce la storia con dovizia di particolari e con il solido •PDIP.R;i·o delle fonti accuratamente indagate- e invece l'immagine di una cittadina malinconica che di erro piazza, e alle spalle della chiesa pievania, nascondeva il fitto reticolo degli stretti "borghi" (oggi mm!plli"SÌ.!) brulicanti di vita. Insomma, come appare in certe descrizioni di fine '700, un piccolo paese di
- DOD troppo salubre e per di più collocato in mezzo ai vapori mefitici delle paludi vicine!
proprio lo sfruttamento di quella "oscura" economia di palude, da parte di famiglie che per secoli si elllcuono ai durissimi ritmi della pesca, del taglio delle canne e della vegetazione palustre, rifornendo di
le avole della capitale e delle principali città della Toscana, insomma quel rapporto stretto che la
JlllplU!J·one di Bientina-in forme collettive e non individualistiche- era riuscita a stringere con un
am-cnsì inospitale, garanti per lungo tempo introiti comunali tutt'altro che trascurabili. In effetti le en -Dc:avate dalle riserve di pesca, affittate ogni anno dal comune a membri delle famiglie bientinesi •aiiC:II:so infuocate aste pubbliche, costituirono per almeno tre secoli un notevole saldo attivo nei bilanci axnune. Una situazione che rappresentò quasi una sorta di paradosso: una comunità ricca, abitata da
povera!
Eòa::a. in effetti, fu la pieve di S. Maria Assunta. Di attenzioni da parte del comune, cui competeva il
pa-. pa-. 111:1110, che ebbe sempre un rapporto molto stretto con essa. Di opere d'arte, di arredi preziosi, di cure e
•A.z.,fi.l/14go ~la comunità. Storia di Biemina un «casullo• di pescatori nella Toscana moderna, Firenze, Edizioni Polistampa,
l.
z l,..., citaro è di Vittorio Fossombroni, cfr. A. Zagli, "Oscure economie~> di palude nelle aree umide di Bientina e di Fucecchio XVI-XIX}, in Incolti, fiumi, paludi. Utilizzazione del/e risorse naturali nella Toscana mi!dievale e moderna, a cura di G.
,._~A. Malvolri, Firenze, Olsckhi, 2003, p. 167.
-di una devozione collettiva che Cantagalli richiama più volte nelle sue pagine e che costituì senz' altro una delle cifre più caratteristiche della Bientina di quelle epoche lontane. Devozione che a partire dalla fine del XVII secolo subi senza dubbio un forte e rinnovato impulso con l'arrivo della preziosa reliquia di San Valentino Martire. Il culto del santo, le sue feste sontuose e la rinomanza che da quel momento la piccola comunità di Bientina avrebbe avuto sul piano devozionale e religioso, ebbero sicuramente un effetto im-portante per la chiesa che ne conservava le sacre spoglie. Ma si tratta di argomenti che il nostro autore ha già indagato a fondo in alcuni suoi lavori precedenti3.
Il merito dell'attuale lavoro storico di Cantagalli è, a mio modesto parere, quello di andare oltre i pregiudizi sui bientinesi che traspaiono dalle fonti di fine '700 per indagare a fondo sulla religiosità di questa popo-lazione in un periodo molto particolare e importante come la fine del XVIII secolo: un momento di no-tevoli cambiamenti e di transizione, che fu segnato dapprima in Toscana dall'esperienza dell'assolutismo illuminato dei Lorena, cui fecero seguito l'irrompere delle novità provenienti dalla Francia rivoluzionaria e gli sconvolgimenti del periodo napoleonico.
La lettura dal basso di tali avvenimenti, il filtro della lente apposto sulla documentazione locale, apporta in effetti un contributo di conoscenze non trascurabili. Sia sulla storia "materiale" della chiesa, e dunque sui lavori che a fine XVIII secolo ne portarono a compimento la sontuosa decorazione; sia sulla storia "mo-rale" degli uomini di Bientina4 che vissero con notevoli tensioni la fase di cambiamenti che iniziò nella
se-conda metà del XVIII secolo con le riforme del granduca Pietro Leopoldo.
In sede locale- ma potremmo estendere il discorso all'intero granducato-furono soprattutto la riforma delle comunità (con ciò che essa significò anche nella prospettiva, non realizzata, di un progetto di costi-tuzione) e gli interventi in materia religiosa ispirati al giansenismo, a colpire maggiormente la sensibilità, le tradizioni e le consuetudini più amiche della società locale.
Nel primo caso l'abolizione degli usi civici e l'alienazione dei beni comunali avrebbe significato lo scardi-namento dell'intera struttura sociale e produttiva che si era modellata- in forme non scevre da divisioni e conflitti- sullo sfruttamento collettivo dell'area umida. Vi furono, non a caso, fortissime resistenze che riuscirono a dimostrare i diritti degli abitanti e a salvaguardare per il momento la situazione particolare di Bientina. Tanto è vero che i bientinesi ne avrebbero reso grazie ai granduchi lorenesi conservando, nei loro confronti, un legittimismo che non sarebbe venuto meno neppure durante i moti risorgimentali del secolo successivo5•
Nel caso delle riforme religiose, ispirate da un lato dalle dottrine giansenistiche che spingevano per un profondo rinnovamento dello stesso culto divino e delle pratiche devozionali, dall'altro accentuavano il
giurisdizionalismo del sovrano per una più netta separazione fra stato e chiesa6
, esse colpivano la sensibilità più profonda, le pratiche e il tradizionalismo della popolazione e del clero locale. Anche in questo caso -e il lavoro di Cantagalli lo dimostra ampiamente- la società bientinese si mosse apertamente in contro -tendenza, manifestando il proprio attaccamento alle tradizioni passate e la propria contrarietà alle innova-zioni provenienti dall'alto.
Simili atteggiamenti si accentuarono durante il cosiddetto periodo rivoluzionario e napoleonico, in parti-colare dopo l'annessione della Toscana all'impero francese nel 18087. Il lavoro di Camagalli, nella parte
dedicata all'ultimo pievano di origine bientinese, Girolamo Quadri (1755-1816), in effetti fornisce notizie
3 In particolare nel volume C. Canta galli - R. Vincenti, La Pieve di S. Maria Assunta di Bientina. Storia, Arte e Cultura, Pisa,
Paci n i Edirore, 1993; inoltre in C. C:amagalli, Valentino Martire. Dalle Catacombe alla Gloria, Ponrcdera, Tipogr. Bandecchi & Vivaldi, 2004. Si veda, sul culto di S. Valenrino, anche P. Castelli, Valentino il 'taumaturgo~· reliquie, devozione e religiosità
nella campagna pisana, in Un territorio all'incrocio di vie di terra e d'acqua: Bientina dall'Antichità a/Medioevo, a cura di M. L Ceccarelli Lemur e G. Garzella, Pisa, Pacini Editore, 2002, pp. 107-127.
1 Su questi aspetti vorrei citare un recente e approfondito studio di Roberto Bizzocchi che, sulla base di alcuni procedimenti giudiziari ecclesiastici risalenti al 1769 (con al centro la figura controversa del prete Giovanni Ton issi di Biemina), getta nuova
luce sulla società paesana, sulle sue strutture di relazione c sulle divisioni interne, cfr. R. Bizzocchi, Mormorazione e scandalo.
Un caso toscano di economia morale, 1769, in «Quaderni Storici>>, n. 140, 2012, pp. 469-494.
' A. Zagli, "Vìva Leopoldo e la sua famiglia". l moti legittimisti di Bientina de/1849, in <<Rassegna Storica Toscana», XLVII, 2,
luglio-dicembre 2001, pp. 315-344.
6 Di recente il rema del giansenismo è stato ripreso da M. Rosa, il giansenismo nell'italia del Settecento. Dalla riforma della
Chiesa alla democrazia rivoluzionaria, Roma, Carocci, 2014.
7 Cfr. E. Donati, La Toscana nell'impero napoleonico. L'imposizione del modello e il processo di integrazione (l 807-1809), 2 voli.,
Firenze, Edizioni Polisrampa, 2008.
-interessanti, e tuttora inedite, sui rapporti con le autorità francesi e più in generale sui difficili anni
napo-leonici a Bientina con il covare di un sempre più forre spirito di opposizione. Sentimenti che furono
ac-centuati, in primo luogo, dallo spettro della coscrizione militare (che era un'assoluta novità per la Toscana)
ma anche dalle riforme amministrative e dal crescente fiscalismo. Per non parlare, infine, della ventata di
laicismo che giunse al seguito delle armi francesi con
i
continui attacchi alla religione, che trovaronoespres-sione nell'abolizione di conventi e monasteri, nell'incameramento da parte dello stato dei loro patrimoni,
nella sottrazione, spesso forzata, dei preziosi arredi sacri dalle chiese. Insomma anni di guerra e di riforme
mal digerite che videro scoppiare ripetutamente, nel 1799 e nel 1814, moti rabbiosi di reazione da parre
della popolazione locale.
Storia del clero bientinese, si diceva, in particolare dei pievani- Giuseppe Botti, Mariano Quadri e
Giro-lamo Quadri - che nella seconda metà del '700 furono testimoni dei lavori di decorazione della chiesa ma
furono anche i pastori e le guide della popolazione in un periodo certamente assai complesso e difficile.
Merito dell'autore quello di aver riportato alla luce non solo la memoria e il ricordo di coloro che furono
senza dubbio protagonisti importanti di quelle vicende, ma anche le testimonianze inedite che sono
con-servate nelle loro lettere e nei loro carreggi autografi.
Nell'ultima parte del libro, infine, Cantagalli ci fa riscoprire e ci racconta una storia che ci trasporta
lette-ralmente molto lontano da Bientina, ci parla di viaggi e di civiltà remote. Il respiro si fa più ampio, l'ottica
si allarga alla storia globale, anche se le radici rimangono saldamente ancorate alla realtà di origine. È la
storia di Orazio Mattei, francescano bientinese, che alla fine del '700 fu protagonista di un'esperienza
mis-sionaria in Cina di cui lasciò memoria- insieme ad alcune lettere ai familiari- in un'opera intitolata
Com-pmdio della storia della persecuzione mossa contro la Cattolica Religione nell'Impero della Cina uscita a Firenze,
presso Gaetano Cambiagi stampatore, nel 1789. Il padre Mattei, che entrato in convento a San Romano
scelse un nome molto bientinese come quello di Giuseppe Valentino (quasi tutti i bientinesi si chiamavano
Valentino come secondo nome!), fu in effetti un personaggio assai interessante, protagonista a suo modo
del lungo cammino di evangelizzazione universale che la Chiesa cattolica intraprese di pari passo con
l'espansione europea iniziata alla fine del X\1 secolo.
Protagonista e testimone diretto dei difficili rapporti con le autorità cinesi alla fine del 700, fra reciproche
incomprensioni e sospetti che resero estremamente complicata l'opera missionaria in terra di oriente (e
che furono il preludio all' ~pulsione), il padre Mattei rappresenta una fonte di sicuro interesse. Merito di
Cantagalli quello di aver recuperato, in primo luogo, la memoria di un personaggio formatosi nell'ambiente
ecclesiastico di Bientina di cui non si sapeva molto fino ad oggi; ma soprattutto, direi, quello di fornire
una documentazione non trascurabile per studiare la mentalità dei padri missionari del tardo '700 e, più
in generale, per studiare la genesi- attraverso una vicenda personale così ben definita- del cosmopolitismo
che caratterizzò il Secolo dei Lumi, in un mondo che si stava avviando a diventare sempre più
intercon-nesso, interdipendente, con distanze culturali e geografiche che si andavano riducendo, insomma un mondo
che si avviava a divenire "globalizzato" come si tende a definirlo con termine attuale. Un personaggio che
comunicando con i suoi parenti lontani ci fornisce informazioni affascinanti, dal punto di vista antropo
-logico e culturale, sui modi di vita, sui costumi, sulle credenze delle popolazioni che incontrò seguendo
l'itinerario dei suoi viaggi: al Cairo in Egitto, a Goa in India, a Canton in Cina, infine a Manila nelle
Fi-lippine. Un campionario di notizie tanto più significativo se consideriamo che erano il frutto delle espe
-rienze e delle impressioni personali di un europeo e, soprattutto, di un religioso di fine '700.
E mi piace immaginare lo stupore, l'emozione, l'impressione che provavano la sorella e il cognato, nel
mi-crocosmo di Bientina, nel ricevere, nell'aprire e nel leggere il contenuto di quelle "lontane" missive ...
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-ANDREA ZAGLI