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Correlazioni clinico radiologiche nella diagnosi di fibrosi polmonare idiopatica: il ruolo degli score di valutazione nelle nuove linee guida Fleischner.

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Università degli studi di Genova

Facoltà di Medicina e Chirurgia

DOTTORATO DI RICERCA IN
MEDICINA

INTERNA- CURRICULUM MALATTIE

DELL’APPARATO DIGERENTE E DEL FEGATO

Scuola di Dottorato in Medicina Interna Clinico -

Sperimentale XXXII ciclo

Tesi di dottorato

“Correlazioni clinico radiologiche nella

diagnosi di fibrosi polmonare idiopatica: il

ruolo degli score di valutazione nelle

nuove linee guida Fleischner”

Candidata: Dr.ssa Ilaria Pulzato

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A mio papà, per il suo esempio.

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Sommario

INTRODUZIONE ... 5

Epidemiologia ... 7

Presentazione clinica e storia naturale ... 7

L’APPROCCIO DIAGNOSTICO ... 8

I test di laboratorio ... 10

L’anatomia patologica ... 10

La radiologia ... 13

La tecnica di acquisizione HRTC ... 13

Gli aspetti radiologici della fibrosi ... 15

Linee guida per la diagnosi di IPF/UIP dal 2011 al 2018: cosa è cambiato. ... 19

La discussione nel team multidisciplinare ... 23

LE COMPLICANZE DELL’IPF ... 24

La riacutizzazione ... 24

Il tumore del polmone ... 26

Infezioni ... 26

Altre complicanze ... 27

LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE ... 28

La polmonite da ipersensibilità cronica ... 28

La presentazione clinica ... 29

L’anatomia patologica ... 30

Il pattern radiologico dell’HP ... 30

Il danno polmonare da fumo ... 32

La bronchiolite respiratoria e la polmonite desquamativa ... 32

L’istiocitosi a cellule di Langherans ... 34

Polmonite acuta eosinofila ... 36

Le malattie del connettivo che determinano danno polmonare ... 36

I pattern radiologici di patologia polmonare diffusa nelle malattie del connettivo ... 38

La sarcoidosi ... 45

Le malattie occupazionali ... 47

L’asbestosi ... 48

LE INTERSTIZIOPATIE POLMONARI SU BASE GENETICA ... 51

LA TERAPIA DELL’IPF ... 53

SCOPO DEL LAVORO ... 55

MATERIALI E METODI ... 56

Popolazione di studio ... 56

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INTRODUZIONE

Le patologie interstiziali diffuse del polmone costituiscono un gruppo eterogeno di patologie polmonari non neoplastiche che condividono alcuni aspetti fisiopatologici, clinici e diagnostici (1). La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è in questo gruppo la più comune, definita come una forma specifica di polmonite intestiziale fibrosante cronica ad eziologia idiopatica, più frequente nei maschi dopo i 70 anni, fumatori o ex-fumatori, ed associata ad un pattern di malattia istopatologico e radiologico tipico definito come “usual intestitial pneumonia” (UIP) (2,3).

L’IPF è caratterizzata da un progressivo e rapido peggioramento della dispnea per perdita della capacità polmonare che determina l’exitus, sebbene la prognosi di questi pazienti sia sfavorevole, la patologia si caratterizza per una certa variabilità fenotipica nel decorso: alcuni presentano un rapido declino e frequenti riacutizzazioni altri invece hanno una progressione più lenta (4). Il decorso è difficile da stabilire poiché influenzato da diversi cofattori tra i quali le comorbilità, la severità alla diagnosi e la variabilità di malattia del singolo (5).

Il pattern UIP è un’espressione istopatologica che caratterizza la polmonite inetstiziale propria della IPF, ma non esprime una diagnosi specifica di IPF per la quale sono necessari l’idoneo scenario clinico e radiologico (6).

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La valutazione radiologica del pattern di alterazioni alla tomografia computerizzata del torace ad alta definizione (HRTC) riveste un ruolo determinante nella definizione di malattia in concerto con gli altri aspetti della malattia ed in particolare con l’esclusione di altre patologie che potrebbero essere associate ad un pattern UIP ed in particolare malattie sistemiche, occupazionali e danno da farmaci (7).

La maggior parte dei pazienti con pattern radiologico di UIP hanno una diagnosi clinica di IPF per questo è necessario avere un approccio sistematico all’analisi dei segni radiologici e della loro distribuzione per poter garantirne la corretta interpretazione. L’accuratezza diagnostica dell’IPF aumenta considerevolmente quando si garantisce il confronto tra le figure coinvolte nella diagnosi attraverso incontri multidisciplinari (DMT) tra radiologi, anatomopatologi, pneumologi e reumatologi (8).

E’ stato dimostrato recentemente che le nuove terapie disponibili hanno la capacità di rallentare la progressione di malattia ed il declino funzionale la cui applicabilità terapeutica varia in relazione alle raccomandazioni e classificazioni delle linee guida ATS/ERS/JRS/ALAT 2018 pertanto una diagnosi tempestiva ed accurata potrebbe permettere di aumentare l’aspettativa di vita di questi pazienti (9, 10).

(8)

Epidemiologia

L’IPF è una patologia del paziente anziano, l’età media alla diagnosi è di 67 anni, più frequente negli uomini (11). Nella popolazione sotto i 50 anni, la malattia fibrotica polmonare è raramente dovuta all’IPF, ma più frequentemente a connettivopatie o malattie da esposizione occupazionale con le caratteristiche istologiche e radiologiche tipiche di queste forme (non-specific-interstitial-pneumonia/NSIP). L’incidenza annuale della malattia negli USA è stata calcolata tra i 6.8 e 16.3 nuovi casi ogni 100.000 persone di cui un terzo dei pazienti sono stati o sono fumatori (12). Circa il 20% dei pazienti affetti da IPF hanno una forma di malattia famigliare le cui basi genetiche possono coinvolgere mutazioni delle telomerasi, delle proteine del surfactante o polimorfismi dei nucleotidi (13).

Presentazione clinica e storia naturale

L’IPF si manifesta all’esordio con dispnea ingravescente e tosse secca, i pazienti spesso giungono alla diagnosi mesi, talvolta, anni dalla comparsa dei sintomi (14). All’auscultazione il segno tipico è la presenza di rumori a “velcro” alle basi in inspirazione accompagnati, solo nei casi avanzati da “clubbing” digitale (15). L’esame obiettivo del paziente deve escludere segni extra polmonari di malattia sistemica che potrebbe associarsi ad un’interstiziopatia. Le prove di funzionalità respiratoria (PFR) dimostrano uno stato restrittivo con riduzione dei volumi polmonari e riduzione della diffusione della CO2 e dell’NO2 (DLCO

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alla malattia di base quali l’ipertensione polmonare, il reflusso gastroesofageo (GERD) o secondarie all’abitudine tabagica quali l’enfisema polmonare, le apnee notturne (OSAS) (16).

Il decorso clinico della malattia è eterogeno alcuni hanno un declino graduale , altri invece una rapida progressione in relazione alla differente frequenza di riacutizzazioni con un’aspettativa di vita media dopo alla diagnosi di 4 anni (17,18).

L’APPROCCIO DIAGNOSTICO

Nel porre diagnosi di IPF è necessario considerare ed escludere altre forme di interstiziopatia come riassunto nella tabella 1 (19).

Le due più frequenti diagnosi differenziali sono la polmonite interstiziale non specifica (NSIP) è la forma di interstiziopatia più frequentemente associata a connetivopatie, molto raramente viene diagnosticata nella forma idiopatica, e la polmonite da ipersensibilità cronica (HP). Tra le altre diagnosi differenziali vanno incluse le patologie da farmaci croniche con evoluzione fibrotica, le patologie occupazionali quali l’asbestosi, le forme secondarie a radioterapia e la sarcoidosi (20).

Lo pneumologo valuta il contesto clinico in cui la fibrosi polmonare si sviluppa escludendo tramite un’attenta anamnesi e le opportune indagini di laboratorio

(10)

Il ruolo della radiologia, in particolare dell’HRTC, è di determinare il pattern, la distribuzione e l’entità del danno polmonare. Il contesto clinico ed il pattern radiologico permetteranno nella valutazione multidisciplinare (MDT) di giungere alla corretta diagnosi (2).

Connettivopatie associate a fibrosi polmonare

Polmonite da ipersensibilità

Malattie occupazionali

Danno da farmaci

NSIP

Sarcoidosi

Tabella 1: Diagnosi differenziale nei pazienti con IPF. Trattato da Mohning MP et al. Br J Radiol 2019; 92: 2018100

(11)

I test di laboratorio

Le analisi di laboratorio condotte su pazienti affetti da IPF sono principalmente volte a escludere altre eziologie, in particolare le forme secondarie a connetivopatie, o a individuare l’agente patogeno coinvolto in forme da ipersensibilità. A tal scopo sono valutati gli anticorpi anti-nucleo e antinucleolo, il fattore reumatoide, gli anticorpi anticitrullina, gli anticorpi antisintetasi ed il panel anticorpale per la sclerodermia. Per le forme di polmonite da ipersensibilità le IGe su siero possono talvolta non essere sufficientemente sensibili, ma utili in casi con forte sospetto (2).

Il brocolavaggio (BAL) permette di definire le eventuali diagnosi differenziali sulla base della conta linfoncitaria, con la polmonite da ipersensibilità e la sarcoidosi: in particolare i pazienti con IPF hanno livelli normali di linfociti. Le linee guida raccomandano di utilizzare questo strumento diagnostico unicamente nei pazienti i quali hanno un forte sospetto clinico di IPF, ma presentano un pattern HRTC non specifico per IPF (21).

L’anatomia patologica

Secondo le attuali linee guida la biopsia chirurgica rappresenta il passo finale di un percorso diagnostico in cui la necessita di un campione istologico sorge dalla discordanza dei dati clinici e radiologici. Da un punto di vista anatomopatologico sono possibile quattro entità classificative: le forme di UIP definitive, UIP probable, UIP indeterminate ed aspetti suggestivi di una

(12)

I segni anatomopatologici patognomonici di UIP sono la presenza di alterazioni fibrotiche con eterogeneità spaziale e temporale, frammiste ad aree di polmone sano con foci fibroblastici in assenza di segni suggestivi di diagnosi alternative: tali alterazioni sono più diffuse alle basi in sede subpleurica. Il pattern istologico di UIP può essere riscontrato anche in forme di fibrosi polmonare secondaria a connetivopatie (CTD-ILD), nella HP cronica o in danno da farmaci, ma l’esclusione di tali condizioni e la presenza di pattern UIP pone diagnosi definitiva di UIP-IPF (22).

Nei pazienti affetti da IPF esiste un rischio non trascurabile di riacutizzazioni, talvolta fatali, secondarie e biopsie polmonari dovute all’input flogistico secondario all’intervento con un rischio di decesso del 5% circa pertanto la scelta di sottoporre il paziente a tale procedura deve essere accuratamente valutata dal team multidisciplinare (23). A tal scopo le raccomandazioni della Fleischner Society sottolineano come nell’idoneo setting clinico il riscontro di UIP pattern in pazienti con un quadro di UIP probable all’imaging sia cosi elevato da garantire una corretta diagnosi senza il ricorso a biopsie chirurgiche (24).

Le più recenti linee guida non includono alcuna raccomandazione in merito alla criobiopsia transbrocnchiale che rappresenterebbe una valida alternativa al prelievo chirurgico anche nei pazienti ad alto rischio (2, 24). Questa metodica permette di ottenere un campione istologico per via trasnsbronchiale raggiungendo le sedi elettive di malattia, con una buona specificità ed

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accuratezza diagnostica. Tale metodica rappresenta un’alternativa alla biopsia chirurgica con mortalità e morbilità ridotte; nella procedura si ottiene un campione di tessuto con un processo di escissione tra i -85 e -95 gradi Celsius ottenendo un campione cha ha dimensioni maggiori rispetto alla biopsia trans bronchiale, ma minore rispetto alla biopsia chirurgica: si ottengono campioni da più siti, ma con localizzazione più centrale per cui questo potrebbe ridurre la specificità diagnostica. Infine il campione potrebbe subire dei danni da prelievo “a frigore”, intrinseci alla metodica, e per questo si necessita di anatomopatologici esperti nel garantire la corretta interpretazione degli stessi.

Le linee guida 2018 confermano il ruolo della biospia chirurgica come glod standard per la diagnosi, in attesa di raccogliere maggiori evidenze scientifiche in merito alla criobiopsia riservando tale metodica a centri esperti.

Figura 1 A sinistra, un prelievo bioptico a piccolo ingrandimento che dimostra (freccia) un pattern UIP con alterazioni fibrotiche tipo “honeycombing” alternate ad aree di fibrosi. A destra, a maggior ingrandimento, si dimostra un focus di fibrosi avanzata.

(14)

La radiologia

L’HRTC è la metodica radiologica di riferimento nel porre diagnosi di patologia polmonare interstiziale ed in particolare di IPF per la maggiore risoluzione di contrasto rispetto ad una TC standard del torace (1). Gli attuali protocolli di acquisizione volumetrica permettono di ottimizzare la dose radiante mantenendo la qualità di immagine, con le ricostruzioni multiplanari è possibile definire accuratamente la distribuzione spaziale, in particolare in senso cranio-caudale (19). Infine le ricostruzioni Mini-IP rappresentano un valido supporto per la differenziazione tra honeycombing e bronchiolectasie cosi come le MIP permettono di identificare anche noduli polmonari di piccole dimensioni. Lo studio con HRTC consente la caratterizzazione di eventuali comorbilità quali l’insorgenza di riacutizzazioni, lo sviluppo di ipertensione polmonare o di neoplasie.

La tecnica di acquisizione HRTC

Lo studio HRTC riveste un ruolo centrale nel processo di diagnosi dell’IPF pertanto è necessario garantire immagini di alta qualità diagnostica per una corretta e tempestiva interpretazione. Le immagini devono essere acquisite in inspirazione profonda, possibilmente senza artefatti da movimento respiratorio, a strato sottile (spessore di strati tra 1-1.5mm), senza mezzo di contrasto (1). Lo strato sottile garantisce una migliore risoluzione e riduce gli artefatti da volume parziale; un algoritmo di ricostruzione ad alta frequenza (B45 per Siemens, bone algorithm per GE, Toshiba Lung Std.) permette una maggiore definizione del

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dettaglio, ma determina un aumento del rumore. L’acquisizione deve essere volumetrica per permette l’identificazione e localizzazione di alterazioni focali come brochiolectasie, sviluppo di neoplasie, infezioni e facilita la ricostruzione MPR sagittale e coronale necessarie per determinare la distribuzione di malattia e nel differenziare bronchiolectasie da honeycombing (19).

L’acquisizione in espirazione è utile nel caso si voglia confermare o escludere la presenza di “air trapping” quale segno indicativo di diagnosi alternativa quale la HP cronica, tali scansioni possono essere acquisite con un intervallo di 10mm e devono essere confrontate con le scansioni inspiratorie (2).

L’acquisizione in posizione prona è indicata quando si vuole escludere alterazioni gravitazionali o legate a osteofitosi vertebrale per differenziare le atelettasie dalla fibrosi: la maggiore utilità diagnostica è legata alla possibilità di identificare la presenza di liquido pleurico, valutare in maniera più dettagliata l’honeycombing e ridurre la variabilità intraosservatore. Al fine di ridurre la dose radiante al paziente e data la specifica localizzazione di tali alterazioni si consiglia di effettuare tali scansioni a strato sottile, ma solo ai lobi inferiori (25).

La riduzione della dose rappresenta un problema quotidiano nella pratica clinica, seppur giustificabile da una maggior specificità diagnostica, è possibile utilizzare protocolli iterativi di riduzione della dose che garantiscono immagini diagnostiche o agire individualmente sulla corrente al tubo, sulla potenza del

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Gli aspetti radiologici della fibrosi

Conoscere i segni radiologici della fibrosi polmonare rappresenta il primo step per definire o escludere il pattern fibrotico dell’IPF, sebbene anche da un punto di vista radiologico esista una certa eterogeneità nella presentazione che pone alcune difficoltà interpretative.

L’IPF si caratterizza per la presenza di “honeycombing” definito dal glossario della Fleischner come un cluset di spazi aerei cistici, sublpeurici, con dimetro omogeno tra i 3-10mm, raramente oltre i 2cm, pareti ben definite (27). Il termine “hoenycombing” è utilizzato sia in ambito radiologico sia anatomopatologico, ma con riferimenti a differenti espressioni del danno fibrotico. L’honeycombing in ambito anatomopatologico è definito dalla Fleischner come aree di parenchima polmonare distrutte nel cui contesto si riscontrano spazi cistici di circa 1-2mm con pareti spesse, ma tale aspetto è riscontrabile in quadri end stage di danno fibrotico di diversa origine e determina la perdita totale dell’architettura acinare (28).

In ambito radiologico l’honeycombing pone delle difficoltà interpretative tali per cui esiste un moderato agreement anche tra radiologi esperti: da un punto di vista classificativo è determinante la differenziazione rispetto alle bronchiectasie (28). A tal scopo risultano utili le ricostruzioni coronali che permettono la corretta identificazione delle brocnchiectasie, altrettanto le ricostruzioni MIN-IP enfatizzando le aree a densità aerea favoriscono tale distinzione (27). Infine, trattandosi di pazienti fumatori, è importante

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distinguere l’honeycombing dall’enfisema, morfologicamente l’enfisema è privo di parete là dove l’hoenycombing è caratterizzato da pareti definite, seppur sottili (27).

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Linee guida per la diagnosi di IPF/UIP dal 2011 al 2018: cosa è cambiato.

Le linee guida per la classificazione dell’IPF pubblicate nel 2011 dall’Amnerican Thoracic Society (ATS), European Respiratory Society (ERS), Japanese Resiratory Society (JRS), Latin American Thoracic Society (ALAT) definivano tre classi di diagnosi rispettivamente UIP pattern, UIP possible, UIP inconsistent (2). Per giungere alla diagnosi di UIP pattern era necessario che fossero rispettati tre principi fondamentali per la diagnosi di malattia:

1. l’esclusione di altre forme di ILD;

2. la presenza del pattern UIP in HRTC nei pazienti che non hanno subito una biopsia chirurgica;

3. concordanza tra il pattern radiologico e anatomopatologico nei pazienti sottoposti a biopsia chirurgica.

Nel 2011 la diagnosi radiologica di UIP richiedeva presenza di quattro: distribuzione delle alterazioni subpleurica-basale predominante, presenza di reticoli subpleurici per ispessimento dei setti inetrlobulari, la presenza di honeycombing con o senza bronchiectasie da trazione, assenza di segni che siano suggestivi di altra patologia (2).

Un pattern radiologico “inconcistent for UIP veniva definito sulla base della presenza di uno o più dei seguenti sette segni: predominanza ai lobi superiori o medi, distribuzione peribroncovasale, aree di alterazioni a vetro smerigliato,

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micronoduli, cisti multiple e bilaterali lontane dalle aree di honeycombing, air-trapping o mosaic attenuation, consolidazione broncopolmonare.

Nel 2011 le linee guida raccomandavano con ottima specificità di porre diagnosi di UIP/IPF nei pazienti con pattern HRTC di UIP/IPF ed idoneo contesto clinico senza ricorrere alla biopsia. La biopsia era raccomandata nei pazienti con possible/inconsistent per UIP; nei pazienti con valutazione discordante tra anatomia patologica e radiologia prevedevano una discussione multidisciplinare per definire una rivalutazione o ripetizione degli esami diagnostici effettuati (2).

I trail clinici con farmaci antifibrotici hanno dimostrato un impatto nel rallentare la progressione clinica e radiologica della malattia nel trattamento di IPF, al contrario nelle altre forme di UIP non vi sono dati sufficientemente robusti, pertanto nel 2015 l’ATS ha pubblicato un update delle raccomandazioni cliniche incentivando la terapia con farmaci antifibrotici in IPF (9).

L’applicazione delle linee guida del 2011 ha permesso di evidenziare alcuni aspetti di criticità diagnostica quali la differenziazione tra enfisema e honeycombing o la distinzione tra honeycombing e bronchiectasie alla luce dell’alto valore predittivo positivo di IPF/UIP del pattern HRTC probable. Sverzellati et al hanno dimostrato che in pazienti con IPF bioipsy-proven possono avere caratteristiche radiologiche atipiche o di overlap con altre forme di ILD (29).

(22)

Il gruppo “inconsistent per UIP” rappresenta una categoria eterogena e ampia di segni radiologici alcuni dei quali possono nascondere dei falsi positivi o negativi. In particolare Chung et al hanno valutato il valore diagnostico di tali segni stabilendo come le aree GGO, l’air trapping, le consolidazioni e la distribuzione diffusa sul piano assiale fossero associati ad una diagnosi di NON-UIP anatomopatologica, la contrario la distribuzione zonale e la presenza di nodularità non presentano associazione significativa. Infine una quota di pazienti non corrisponde né ai criteri classificativi di possible-UIP né di inconsistent-UIP, tali pazienti sono stati ridefiniti da Chung come “indeterminati” avendo un valore predittivo positivo diverso dal probable-UIP (6).

Alla luce di tali criticità nel 2018 la Fleischner Society congiuntamente con ATS/ERS/JRS/ALAT hanno pubblicato le nuove linee guida 2018 il cui dato di maggior cambiamento rispetto alle precedenti è stata la riclassificazione in quattro categorie radiologiche-HRTC invece di tre:

1. pattern UIP tipico: caratterizzato da una distribuzione subpleurica – basale con honeycombing in presenza o meno di bronchietctasie, ma in assenza di segni suggestivi di altra diagnosi.

2. Pattern UIP probable: sono presenti le caratteristiche della forma tipica in assenza di honeycombing. Tale gruppo corrisponde al precedente pattern definito come possible.

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3. Pattern UIP indeterminato: si caratterizza per la presenza di reticolazioni subpleuriche in assenza di segni specifici di eziologia.

4. Diagnosi alternativa di UIP: si caratterizza per la presenza di segni suggestivi di una diagnosi alternativa (cisti, perfusione a mosaico, air trapping, micronoduli, aree di GGO, noduli centrolobulari, consolidazioni), distribuzione della malattia (perinfalitca, peribroncovasale, lobi medi e superiori), segni di malattia extra-polmonare (versamento pleurico e pericardico, dilatazione esofagea, interessamento articolare) (30).

Da un punto di vista della gestione del paziente la più grande svolta rispetto alle precedenti linee guida è rappresentata dal fatto che nel corretto inquadramento clinico (maschio, oltre i 60 ani, fumatore o ex fumatore) si può porre diagnosi di IPF in assenza di biopsia polmonare sulla base di una diagnosi HRTC di UIP probable questo perché la diagnosi di IPF da un punto di vista istopatologico è presente anche in assenza di honeycombing radiologico. La biopsia chirurgica è raccomandata quando in pazienti con un quadro clinico indeterminato si accompagna da valutazione CT di tipo “typical” o “probable”, in questi casi la diagnosi sarà di tipo collegiale tramite il gruppo multidisciplinare. Infine si enfatizza il ruolo predittivo della probabilità pre-test per la quale nel corretto setting clinico la probabilità di malattia deve guidare le scelte terapeutiche del team (1).

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La discussione nel team multidisciplinare

Le linee guida del 2018 raccomandano la discussione in ambito multidisciplinare su proposta dello pneumologo, radiologo, anatomopatologo o reumatologo per un corretto inquadramento diagnostico dei pazienti affetti da ILD questo perché l’accordo inter osservatore aumenta quando si discutono i casi in maniera collegiale (30).

Il ruolo della discussione sulla base dei dati clinici, laboratoristici e radiologici è quello di decidere se procedere o meno ad una biopsia polmonare considerati i rischi intrinseci alla procedura. I pazienti dovrebbero essere periodicamente ridiscussi per determinare se ci sia stata o meno una progressione verso forme di “UIP pattern” (31).

Esiste una certa variabilità interpretativa e decisionale tra i centri universitari ed ospedalieri tale per cui le linee guida non stabiliscono quale sia il format migliore e la frequenza con cui ci si debba riunire, ciò che viene espresso con chiarezza è che le forme di UIP pattern all’HRTC non andrebbero discusse se clinicamente concordi e che l’elemento centrale del confronto è la condivisione dei dati clinici (1).

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Figura 6 Schema rappresentativo della classificazione UIP-IPF 2018. Tratto da Raghu et al. 2018.

LE COMPLICANZE DELL’IPF

La riacutizzazione

La storia naturale dell’IPF è caratterizzata da una progressiva e cronica riduzione della capacità funzionale polmonare ed aumento della dispnea, ma condizione parafisologiche-clincihe intercorrenti possono determinare un’evoluzione peggiorativa per comparsa di riesacerbazioni (1). Tale evento accade nel 5-10% dei pazienti affetti da IPF per polmoniti, embolie polmonari, influenza, infezioni virali, pneumotorace o scompenso cardiaco (32). Quando

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malattia di base che si caratterizza per grave peggioramento della funzionalità respiratoria (33). Allo studio HRTC si caratterizza per la comparsa di aree a “vetro smerigliato” bilaterali sovrapposte alle aree di fibrosi, che vanno in diagnosi differenziale con l’edema polmonare o le infezioni. Le riacutizzazioni sono più frequenti nei pazienti con IPF rispetto alle altre forme di IPF, indipendentemente dallo stadio di malattia, ma sono più frequenti negli stadi avanzati (34). Da un punto di vista istologico, l’aspetto polmonare prevalente è il danno alveolare acuto che radiologicamente si manifesta come aree diffuse di alterazione a vetro smerigliato, diffuse, bilaterali, di recente insorgenza. La prognosi di tali pazienti è generalmente infausta, si richiede ospedalizzazione e ventilazione meccanica, giungendo all’exitus in settimane o mesi dall’insorgenza dei sintomi (35).

Figura 7 Esempio di alterzaioni a "vetro smerigliato" in corso di riacutizzazione di firbsoi polmonare.

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Il tumore del polmone

I pazienti affetti da IPF hanno un rischio maggiore di sviluppare neoplasie polmonari primitive particolarmente in uomini, fumatori attivi o ex fumatori con una prevalenza di malattia del 15% con un’incidenza 5 volte superiore rispetto alla popolazione normale. L’adenocarcinoma è l’istotipo più frequente di neoplasia primitiva seguito dal carcinoma squamocellulare (36).

All’HRTC il riscontro più tipico, come nella popolazione generale, è quello di un nodulo o di una massa, variabilmente in base alle dimensioni, ma più frequentemente si colloca ai lobi inferiori ed in particolare all’interfaccia tra il parenchima polmonare sano e la fibrosi, suggerendo come l’infiammazione cronica a cui è sottoposto il polmone possa risultare un trigger nella cancerogenesi. Nei pazienti affetti da IPF è più frequente la comparsa di tumori sincroni rispetto alla popolazione generale, circa il 15% dei pazienti con IPF (37).

La diagnosi differenziale più frequente è il linfonodo intraparenchimale che condivide in questi pazienti la stessa localizzazione delle neoplasie, ma presenta in genere dimensioni inferiori al centimetro e margini definiti (38).

Infezioni

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particolare le infezioni da Aspergillo, più frequentemente aspergilloma da pregresse infezioni, infezioni da Mycobatteri, con particolare attenzione per le infezioni tubercolari che in questi pazienti possono avere manifestazioni particolari e per le infezioni da Pneumocystis Jroveci che per la particolare distribuzione delle lesioni può mimare una riacutizzazione (33). Contrariamente ad altre patologie strutturali del polmone i pazienti affetti da IPF non sembrano essere maggiormente suscettibili di infezioni da Mycobatteri non tubercolari. A scopo diagnostico il solo radiogramma del torace in questi pazienti potrebbe non essere sufficiente per fare diagnosi, l’HRTC permette una maggiore caratterizzazione dei segni e risolvere la diagnosi differenziale più frequente che è la riacutizzazione di malattia (34).

Altre complicanze

Il pneumotorace spontaneo e lo pneumomediastino si verificano nel 12 % dei pazienti in genere con sintomi moderati o assenti. I pazienti affetti da IPF hanno un rischio maggiore di infarto del miocardio e di edema polmonare come concause dell’insorgenza di riacutizzazioni (33).

L’ipertensione polmonare è una complicanza frequente nei pazienti affetti da IPF ed è associata ad una prognosi infausta. Nella pratica clinica il cateterismo cardiaco selettivo viene considerato la metodica gold standard per la determinazione dei valori pressori, ma nei pazienti affetti da fibrosi in particolare IPF l’accuratezza diagnostica diminuisce (1). In questi pazienti si preferisce utilizzare misurazioni indirette quali la misurazione dei diametri

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dell’arteria polmonare principale e delle diramazioni principali di destra e sinistra. In letteratura sono state descritte diverse metodiche di determinazione dei valori in rapporto al diametro dell’aorta ascendente o tra bronco e arteria, indipendentemente dalla scelta un diametro superiore a 30mm è espressione di un aumento delle pressioni polmonari (34).

LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Quando il pattern radiologico non è classificabile come “UIP pattern” è necessario che il radiologo sia capace di individuare le possibili diagnosi differenziali. Le più frequenti diagnosi differenziali sono la polmonite da ipersensibilità cronica (HP), la NSIP come interstiziopatia legate a patologie del connettivo (CTD-ILD) o le forme con minime alterazioni (ILA) e le alterazioni polmonari fumo correlate (RB-ILD e DIP) (28).

La polmonite da ipersensibilità cronica

La polmonite da ipersensibilità (HP) altrimenti nota come alveolite allergica estrinseca è un termine che descrive uno stato infiammatorio polmonare secondario all’inalazione di antigeni organici o inorganici in pazienti sensibilizzati. L’HP rappresenta una percentuale molto bassa delle patologie interstiziali del polmone circa il 1.5-13% sebbene questi dati possano essere sottostimati in alcune corti di pazienti. Da un punto di vista clinico la diagnosi non è sempre facile perché spesso i sintomi sono aspecifici ed i segni radiologici

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talvolta possono essere suggestivi di altre patologie quali le malattie delle piccole vie aeree (39).

Da un punto di vista clinico la malattia è classificata in tre forme: acuta, subacuta e cronica che possono spesso sovrapporsi tra loro. Sono stati individuati circa 300 antigeni che se inalati possono causare una polmonite da ipersensibilità che possono essere suddivisi in tre categorie: proteine animali e vegetali, agenti microbici e chimici. Gli antigeni microbici possono essere di origine batterica, virale o protozoi tra le forme microbiche più note vi sono la polmonite del contadino, le forme da antigeni di origine animale o vegetale sono altrettanto diffuse tra le quali la polmonite dell’allevatore di piccioni (40).

La presentazione clinica

La forma acuta compare dalle 3- 4 ore dopo l’esposizione a grandi quantità di antigeni, i pazienti si presentano con sintomi sistemici tra i quali la dispnea, tosse secca, febbre e astenia che si risolvono in un paio di giorni. Nella forma subacuta si manifesta dopo ripetute esposizioni all’antigene, i sintomi sono simili alla forma acuta, ma meno gravi intervallati da periodi liberi da malattia e progressiva deterioramento della funzionalità respiratori. La forma cronica compare dopo un’esposizione a lungo termine che si caratterizza per sintomi ad evoluzione subdola e latente, ma progressiva con una dispnea ingravescente e cronica, che si riacutizzano all’esposizione all’antigene. E’importante sottolineare che la frequenza e le caratteristiche della sintomatologia dipendono dalla frequenza e quantità di antigene a cui il soggetto si espone (41).

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L’anatomia patologica

Indipendentemente dall’antigene che abbia causato la patologia gli aspetti istopatologici corrispondono allo stesso pattern che varia unicamente in base allo stadio di malattia. Nella forma acuta la biopsia chirurgica non rientra nella pratica clinica consueta, qualora la si effettui i rilievi sono caratterizzati dall’infiltrazione di neutrofili peribronchiale con aspetti di danno alveolare acuto (42). Nella forma subacuta si caratterizza per la presenza di granulomi non-necrotizzanti interstiziali ed infiammazione linfocitaria bronchiolocentrica, talvolta possono coesistere anche aspetti tipici della NSIP. La forma cronica si caratterizza per la presenza di alterazioni fibrotiche con distorsione architetturali sovrapposta ai segni di malattia acuta. Questo stadio di malattia si caratterizza per la triade: bronchiolite cronica, granulomi non-necrotizzanti interstiziali, polmonite interstiziale cronica, talvolta si possono avere aree di alterazioni strutturali tipo UIP, NSIP o polmonite organizzativa con aree di honeycombing sub-pleurico (43).

Il pattern radiologico dell’HP

La polmonite da ipersensibilità si manifesta con un pattern di alterazioni CT variabile che si compone di aree di opacità a vetro smerigliato, noduli centrolobulari, air-trapping, opacità reticolari e headcheese sign con segni di fibrosi cronica quali le bronchiectasie, l’honeycombing e le cisti (41). La complessità della diagnosi risiede nel fatto che tali alterazioni spesso coesistono

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Le aree di alterazioni a “vetro smerigliato” corrispondono alla polmonite linfocitaria interstiziale, i noduli centrolobulari alla bronchiolite, l’air-trapping agli aspetti funzionali della bronchiolite con costrizione del bronchiolo con aree di honeycombing per la fibrosi cronica sottostante (45).

Il pattern tipico dell’HP si caratterizza per una distribuzione delle lesioni principalmente ai lobi superiori e medi, determinando una caratterizzazione di tali aspetti come “suggestivi di una forma non-UIP” nel contesto di una valutazione multidisciplinare. Nella fase acuta i segni all’HRTC possono mimare un edema polmonare con gradi variabili di GGO, air-trapping ed aree di parenchima sano. La sovrapposizione di tre differenti densità parenchimali è un segno tipico della malattia definito “headcheese sign”. Coesistono spesso noduli centrolobulari sub-solidi con diametro inferiore ai 5mm diffusi s tutto il parenchima che risparmiano gli apici e le basi. La forma subacuta si caratterizza per la presenza di aree GGO e noduli con attenuazione a mosaico nella fase inspiratoria che diventa air-trapping nella forma espiratoria. La sovrapposizione di opacità lineari interlobulari per fibrosi determina la definizione della forma cronica. La forma cornica è spesso posta in diagnosi differenziale con al IPF-UIP che in questo caso si distingue per la distribuzione ai lobi superiori delle lesioni con air-trapping. Nelle forme non classiche la HP cronica può avere aspetti radiologici confondenti quali quelli della sarcoidosi, della NSIP, UIP-IPF o polmonite organizzativa che in questo caso richiedono valutazione multidisciplinare e conferma istologica (46).

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Il danno polmonare da fumo

Il fumo di sigaretta rappresenta la prima causa di malattie prevenibili nei paesi industrializzati causando patologie cardiovascolari, neoplastiche, polmonari. Le patologie polmonari fumo relate coinvolgono maggiormente i lobi superiori in ragione del fatto che il circolo linfatico è maggiormente efficace ai lobi inferiori, in grado quindi di eliminare più attivamente le particelle inalate e ridurre l’infiammazione (47). Da un punto di vista istologico il danno in queste patologie si concentra a livello del bronchiolo respiratorio, al centro del lobulo polmonare. Tra le patologie polmonari fumo correlate si annovero la polmonite desquamativa (DIP), la bronchiolite respiratoria (RB), le interstiziopatie con bronchiolite (RB-ILD), la polmonite eosinofila acuta (AEP), l’istiocitosi a cellule di Langherans (PLCH) (48).

La bronchiolite respiratoria e la polmonite desquamativa

La bronchiolite respiratoria è una risposta all’accumulo di pigmento a livello del bronchiolo respiratorio, è una risposta universale al danno da fumo, è reversibile con l’astensione dal fumo (47). A livello istologico si accumulano macrofagi pigmentati con citoplasma “giallo-schiumoso” a livello del bronchiolo che hanno fagocitato il pigmento antracotico del fumo. Questo aspetto si manifesta alla HRTC come dei noduli, sub-solidi, mal definiti, centrolobulari (CL) che predominano ai lobi superiori. La diagnosi differenziale

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un ruolo preventivo nei confronti di tale patologia, la presenza di enfisema polmonare potrebbe aiutare nel risolvere la diagnosi differenziale (49). La bronchiolite respiratoria con componete interstiziale (RB-ILD) si caratterizza per aspetti istologici simili alla RB, ma con caratteristiche cliniche e radiologiche di danno da fumo interstiziale con dispnea, tosse stizzosa e peggioramento delle PFR (50). Il termine polmonite desquamativa (DIP) corrisponde ad un errore di classificazione di colui che per primo pose diagnosi di tale patologia, quelli che sono stati interpretati all’inizio come cellule di desquamazione, penumociti, sono in realtà macrofagi (51). La DIP è inserita tra le patologie fumo-relate, ma si caratterizza per un diverso meccanismo d’azione rispetto alle altre forme in cui il danno polmonare è più diffuso, i macrofagi si accumulano in tutto il lobulo polmonare o più ampie aree. Alla valutazione HRTC il polmone si caratterizza per aree di alterazioni a “vetro smerigliato” alternate ad aree di polmone normale, la maggiore estensione delle aree a vetro smerigliato del polmone riflette la maggior estensione dell’accumulo di macrofagi pigmentati. Le alterazioni sono in genere accumulate ai lobi inferiori, basali, subpleurici ove si alternano aree di enfisema, noduli centrolobulari. Nelle aree di alterazioni a vetro smerigliato possono comparire piccole cisti parenchimali o aree di fibrosi con reticoli (52).

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L’istiocitosi a cellule di Langherans

L’istiocitosi a cellule di Langherans comprende un ampio gruppo di patologie sistemiche che coinvolgono più apparati e condividono lo stesso maccassimo patogenetico di alterazione della regolazione degli istiociti (47).

La forma polmonare dell’istiocitosi, coinvolge esclusivamente l’apparato respiratorio ed è considerata un danno da fumo considerata una proliferazione policlonale di istiociti nei fumatori. L’esposizione al fumo di sigaretta, nella forma attiva e passiva, è considerato il fattore scatenante la proliferazione; si può manifestare a qualsiasi età, ma più frequentemente nei giovani tra i 20-40 anni, per lo più maschi (49). Nel 75% dei casi i pazienti sono asintomatici o con sintomi aspecifici, spesso la diagnosi è incidentale nel corso di accertamenti di per altre cause. Nel 15% dei pazienti si possono manifestare pneumotoraci recidivanti come segno indiretto di malattia, le forme avanzate si accompagnano a ipertensione polmonare come complicanza del danno strutturale del polmone. La storia naturale della malattia si caratterizza prima per l’accumulo di cellule di Langehrans ed altre cellule infiammatorie attorno al bronchiolo, creando i noduli schiumosi che con il tempo cavitano per il danno e la distruzione della parete del bronchiolo assumendo cosi forme “bizzarre” a cui segue la riparazione fibrosa del danno (53).

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stellata, minori di 10mm di diametro sono più evidenti ai lobi medi e superiori; nel tempo compare la cavitazione che corrisponde radiologicamente alle aree di cistiche, lucenti, di cavitazione che possono coesistere o sostituire il nodulo. La progressiva espansione delle aree cistiche determina la formazione di ampi spazi aerei irregolari con compressione e distruzione progressiva del parenchima residuo. Tali aspetti morfologici sono spesso posti in diagnosi differenziale con l’enfisema polmonare, che come la PLCH si caratterizza per spazi arei e per una spiccata ipertensione polmonare, ma in questo caso le arterie polmonari sono conservate spesso ingrandite (54).

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Polmonite acuta eosinofila

La polmonite acuta eosinofila si caratterizza per l’accumulo di eosinofili negli alveoli e nell’interstizio polmonare poiché il danno polmonare si realizza tra l’endotelio dei capillari e l’epitelio alveolare, da cui si realizza il danno alveolare diffuso. Tra le cause di polmonite acuta eosinofila ci sono gli agenti tossici, infezioni, il danno immunologico ed il fumo di sigaretta. La polmonite acuta eosinofila si manifesta come danno da fumo acuto nei neo-fumatori o in colore che riprendono dopo un periodo di astensione, in questo gruppo le manifestazioni cliniche tendono ad essere più acute rispetto alle altre cause. Gli aspetti radiologici all’HRTC sono simili alle altre forme di AEP con aree di danno alveolare acuto, con opacità a “vetro smerigliato”, versamento pleurico ed ispessimento dei setti interlobulari. La distribuzione è ai lobi inferiori, basale. La diagnosi si basa sui segni radiologici, il broncolavaggio alveolare, e la severa sintomatologia respiratoria (55).

Le malattie del connettivo che determinano danno polmonare

La patologia polmonare diffusa (ILD) è una causa importante di morbilità e mortalità nell’ambito delle patologie del connettivo (CTD). L’HRTC è una componente determinante nel work-up e nel follow-up dei pazienti con patologie del connettivo nei quali è possibile che si manifesti ogni tipo di danno polmonare, essendo talvolta la prima manifestazione del danno polmonare. E’

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stato riscontrato che il 15% dei pazienti con sospetta IPF nell’ambito del workup diagnostico giungono a nuova diagnosi di CTD (56).

Le manifestazioni polmonari sono molto comuni nei pazienti con artrite reumatoide, sindrome di Sjogren, lupus eritematoso sistemico, miositi e connettiviti miste. Le manifestazioni sono in genere simmetriche e bilaterali interessando i lobi medi ed inferiori. Il ruolo della biopsia è marginale nel porre diagnosi di CTD-ILD, per questo motivo i dati radiologici dell’HRTC rappresentano il primo step nel determinare il pattern di danno polmonare e nel risolvere le diagnosi differenziali di infezione o reazioni da farmaci (30). Oltre alle ILD ci sono altre manifestazioni delle CTD tra le quali l’ipertensione polmonare, manifestazioni extra-polmonari a carico di esofago, pleura e pericardio. Le linfoadenopatie sono di frequente riscontro nei pazienti con CTD, vengono considerate benigne in relazione alla morfologia e alle dimensioni, è noto che i pazienti affetti da CTD sono a maggior rischio di sviluppare neoplasie pertanto il riscontro di masse e noduli devono essere valutati con attenzione.

Il work-up diagnostico prevede la valutazione sierologica in particolare lo studio degli anticorpi che rappresenta una componente importante dei criteri diagnostici delle CTD. In particolare esiste una grande varietà di anticorpi che possono essere studiati nei pazienti con CTD, sebbene possano esistere falsi positivi anche nella popolazione normale e la sensibilità e specificità dipenda dal tipo di diagnosi. Nelle fasi acute di malattia la proteina C reattiva e la

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velocità di eritrosedimentazione sono markers non specifici di infiammazione (57).

La valutazione degli anticorpi prevede lo studio degli anticorpi antinucleo (ANA) sia nel titolo sia nel pattern di distribuzione nucleare (diffuso, spiculato o misto), nucleolare, centromerico. Un pattern ANA positivo è altamente specifico per il lupus eritematoso sistemico e per la sclerodermia. Gli anticorpi anti topoisomerasi I (Anti-Scl70) sono positivi solo in un numero ridotto di pazienti con la sclerodermia, ma sono altamente specifici, e sono associati con un più alto rischio di sviluppare fibrosi polmonare. Il fattore reumatoide e gli anticorpi anti citrullina hanno un’altissima sensibilità per l’artrite reumatoide rispettivamente del 70% e 95%. La diagnosi di miosite si basa sulla positività ad un vasto gruppo di anticorpi genericamente definiti antisintetasi e variabilmente combinati tra loro (58).

La diagnosi si una patologia del connettivo prevede di combinare tra loro dati clinici, laboratoristici e radiologici per giungere ad una diagnosi la cui prognosi è molto diversa da quella dell’IPF e permette possibilità terapeutiche più ampie dal semplice cortisone al trapianto di cellule staminali (30).

I pattern radiologici di patologia polmonare diffusa nelle malattie del connettivo

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dall’IPF. I pattern più frequenti includono NSIP, polmonite organizzativa (OP) con o senza componente fibrotica, le forme di overlap NSIP/OP, polmonite interstiziale linfocitaria (LIP), la forma UIP è di più raro riscontro nei pazienti con CTD, e in genere nell’artrite reumatoide (30).

Il pattern di fibrosi UIP: si tratta di alterazioni fibrotiche basali, subpleuriche, caratterizzate da reticoli, honeycombing e bronchiectasie. I pazienti con patologie del connettivo che presentano questo pattern di alterazioni sono in genere giovani donne senza storia di fumo, aspetti anamnestici in contrasto con l’IPF che dovrebbero far pensare ad una diagnosi alternativa. L’artrite reumatoide è la forma di CTD che più frequentemente si manifesta con questo pattern di alterazioni, la quale presenta alcuni aspetti distintivi rispetto alla UIP: il segno dei lobi superiori, la netta demarcazione tra zone sane e malate, e l’honeycombing esuberante (60).

Il pattern di fibrosi interstiziale non specifica (NSIP): NSIP è il pattern di alterazioni fibrotiche più comuni nei pazienti con CTD. La sclerosi sistemica (SSC) è la patologia che più frequentemente si caratterizza per questo tipo di alterazioni. La forma di NSIP idiopatica è piuttosto rara, pertanto il riscontro di tale alterazione deve far pensare in prima ipotesi ad una forma secondaria. La SSc è una forma rara di sclerosi sistemica che in soggetti suscettibili è scatenata da agenti ambientali (61). Si caratterizza per vasculopatia, deficit immunitario, fibrosi della pelle e sistemica: viene classificata in base all’estensione del danno cutaneo in forme di malattia cutanea limitata hanno una fibrosi della cute del

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viso, mani e piedi, e forme cutanee diffuse interessano anche il tronco e gli arti. I nuovi criteri di diagnosi della SSC pongono diagnosi di malattia sulla base della presenza di ispessimento cutaneo ad estensione prossimale alla metacarpofalangea, riconosciuto come fattore che giustifica la diagnosi. In assenza di questo segno si utilizzano altri sette parametri standardizzati che sono: ulcere o cicatrici delle falangee distali, ispessimento cutaneo delle dita, teleangectasie, ipertensione polmonare, fenomeno di Raynaud, ILD, positività agli antibiotici specifici (62). I polmoni sono spesso sede di malattia fibrotica nella SSc con interstiziopatia tipo NSIP che può talvolta essere il solo segno di malattia come diagnosi accidentale. Alcuni pazienti possono associare al pattern NISP alterazioni tipo, fibroelastosi pleuroparenchiali, PPFE che si associano ad una prognosi peggiore. Il rischio di sviluppare un’interstiziopatia è maggiore nei primi 6-8 mesi malattia, poi eventualità progressivamente decresce (63 ()). Le PFR dimostrano sempre un pattern restrittivo, con valori ridotti di FCV, DLCO con comparsa di ipertensione polmonare. Sia l’estensione della fibrosi polmonare sia la riduzione della PFR sono considerati un segno prognostico negativo, permettendo di classificare i pazienti con malattia limitata o estesa cioè con FCV superiore o meno al 70% ed estensione della fibrosi superiore o meno al 30% (20).

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Figura 9 Pattern di alterazioni NSIP.

La polmonite organizzativa consiste in un tipo di risposta aspecifica che il polmone adotta nei confronti di qualsiasi agente esogeno, nel caso delle patologie del connettivo può trovarsi o meno in concomitanza con alterazioni fibrotiche tipo NSIP (20). Si trova più frequentemente nei pazienti affetti da miopatia. Si caratterizza per la presenza di opacità parenchimali in parte solide ed in parte a “vetro smerigliato” simmetriche, periferiche, perilobulari con il segno tipo del “reversed halo sign” o segno dell’atollo. Esistono forme miste di NSIP/OP sia da un punto di vista dell’imaging sia delle alterazioni istologiche, la possibilità di riconoscere questo pattern permette di avanzare il dubbio diagnostico di una connettivite mista, in particolare in forme con positività agli anticorpi antisintetasi che si riscontrano in forme con alta suscettibilità al danno polmonare diffuso (64). La maggior parte dei pazienti con AS si presenta con

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sintomi subacuti, esteso danno polmonare in cui la distinzione tra aree di OP e di NSIP ha un ruolo relativo, molto più efficace il riconoscimento di questo pattern misto ed alternato a predominanza periferica (65).

Figura 10 Pattern di polmonite organizzativa con fibrosi polmonare

La polmonite interstiziale linfocitaria è tipica delle pazienti con sindrome di Syogren, con immunodeficienze legate a connettiviti; la forma idiopatica è molto rara. Alla valutazione istologica si presenta come un’infiltrazione di linfociti e proliferazione policlonale di plasma cellule che all’imaging corrisponde a segni specifici di alterazione a “vetro smerigliato” dove possono

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riscontrarsi che dimostrano l’evoluzione in amiloidosi (63).

Figura 11 Cisti semplici in paziente affetta da sindrome di Sjogren per evlouzione in LIP.

Il danno alveolare acuto le patologie del connettivo possono talvolta presentarsi in modo acuto con elevata mortalità e morbilità, in particolare con un danno polmonare acuto, esempi più frequenti sono la sclerosi sistemica, l’artrite reumatoide, le miositi in particolare le forme con positività agli anti-MDA-5 (55). Istologicamente in danno alveolare acuto evolve in tre forme: fase acuta essudativa, fase proliferativa e fase organizzativa che allo studio HRTC presentano inizialmente arre di GGO alternate a consolidazione con bronchiologramma aereo. Nell’evoluzione della malattia le alterazioni tendono ad essere più gravitazionali, distribuite alle basi simmetricamente con

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versamento pleurico. Nella fase organizzativa compaiono i segni dell’OP fibrotica in genere dopo almeno 3 settimane con reticoli e bronchiectasie (56).

Le manifestazioni multicompartimentali: sebbene le connettiviti determinino più frequentemente danno polmonare diffuso è altresì possibile che altri compartimenti toracici siano interessati dalla malattia. Le manifestazioni più frequenti sono pericarditi e pleuriti, tipiche del LES, vasculopatie che interessano il circolo polmonare, nella SSc, malattie delle piccole e grandi vie aeree con sintomi ostruttivi. Tali manifestazioni possono essere isolate o in concomitanza del danno parenchimale (62, 63).

Polmonite interstiziale con aspetti autoimmuni (IPAF) alcune classi di pazienti possono manifestare sintomi suggestivi di CTD, ma non avere riscontro nei criteri diagnostici. Ne 2015 tali pazienti che presentano un danno polmonare diffuso in assenza di segni di CTD, ma con alterazioni immunologiche aspecifiche, sono stati classificati come IPAF. Per porre diagnosi di IPAF sono necessarie almeno due positività dei tre domini di malattia: clinico, morfologico e sierologico. Gli aspetti clinici includono i segni tipici di malattia del connettivo cosi come i sierologici ed una positività all’HRTC con pattern di vario tipo quali NSIP, OP, LIP, NSIP-OP. Qualora il paziente abbia una fibrosi tipi UIP, può essere classificato come IPAF, ma necessita della positività concomitante agli altri due domini (66).

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La sarcoidosi

La sarcoidosi è un disordine sistemico, malattia granulomatosa non necrotizzante, ad eziologia sconosciuta con un ampio spettro di manifestazioni radiologiche in cui l’interessamento polmonare è considerabile una costante e la principale causa di morbilità e mortalità (67). Il ruolo della radiologia nella diagnosi e stadiazione di malattia non è stato ben definito, si basa storicamente su score radiografici validati circa cinquanta anni fa (68). Allo stato dell’arte la diagnosi di sarcoidosi si basa sui segni rilevati all’HRTC: il cui pattern tipico è caratterizzato dalla presenza di linfoadenopatie mediastiniche, ilari e sottocarenali, con aree iperdense centrali “a zucchero a velo” a cui si accompagnano noduli parenchimali, solidi, a margini definiti, a distribuzione perilinfatica. I noduli sono principalmente localizzati ai lobi medi e superiori e per la loro sede perilifatica possono causare ostruzione delle piccole vie aeree con aspetti di air trapping. Il progredire della patologia determina un’evoluzione fibrotica che si caratterizza per essere localizzata ai lobi superiori, peribroncovasale, con bronchiectasie ed honeycombing a partenza ilare (69).

Le manifestazioni radiologiche della sarcoidosi dipendono principalmente dalla distribuzione dei noduli, le forme non tipiche di sarcoidosi possono entrare in diagnosi differenziale con la linfangite carcinomatosa, la silicosi, le pneumoconiosi e le malattie linfoproliferative. Nella sua forma cronica con evoluzione fibrotica entra in diagnosi differenziale con la HP cronica poiché entrambe sono caratterizzate da fibrosi polmonare predominante ai lobi

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superiori ed aree di air trapping. La PPFE può analogamente entrare in diagnosi differenziale in virtù della sua distribuzione ai lobi superiori con ispessimento delle aree subpleuriche, fibrotiche. In rari casi la sarcoidosi può manifestarsi con un pattern di alterazioni tipo UIP con honeycombing basale e subpleurico, reticoli e bronchiectasie da trazione che è indistinguibile dall’IPF nei suoi primi stadi, ma con il progredire della patologia evolve verso una forma di alterazioni a grosse bolle, perilari più tipiche della sarcoidosi (70).

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Figura 13 Linfoadenopatie mediasticniche multiple in sarcoidosi florida

Le malattie occupazionali

Le malattie occupazionali sono un gruppo ristretto di patologie polmonari dovute ad esposizione ambientale, in ambito lavorativo, a polveri, agenti chimici o proteine. La diagnosi di patologia occupazionale richiede la documentata ed accertata esposizione all’agente patogeno che con un tempo di latenza variabile determina la malattia. L’HRTC è diventata strumento fondamentale nel porre diagnosi di patologia polmonare da esposizione sulla base di segni specifici di malattia. Le malattie occupazionali più frequenti nei paesi industrializzati sono la silicosi, la berilliosi, la talcosi, le penumoconiosi da metalli pesanti e l’asbestosi (71).

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Nell’ambito della diagnosi differenziale delle fibrosi polmonari solo l’asbestosi è considerabile, per pattern di alterazioni fibrotiche, come possibile diagnosi differenziale.

L’asbestosi

L’asbesto è una fibra minerale di silice, molto resistente ed utilizzato in edilizia e nell’industria navale di cui se ne riconosce un’esposizione lavorativa e paralavorativa, quest’ultima dei famigliari dei lavoratori. Nonostante la promulgazione di leggi che limitino l’impiego della fibra già dagli anni 80 in edilizia pubblica e privata si stima che nel 2020, negli USA si avrà il maggior picco di incidenza di malattia (72). Ci sono alcune controversie nella definizione di minerali contenenti fibre di asbesto e le fibre di asbesto con proprietà fibrogenetice tra le quali si annoverano la tremolite, anthophyllite, actinolite, amosite, crocidolite e la chrysolite. La Chrysolite, nota come asbesto bianco, la cui fibre hanno una forma serpiginosa, rappresenta circa il 90% dell’asbesto utilizzato in edilizia. La Crocidolite, noto come asbesto blu e l’amosite sono le più utilizzate a livello mondiale. Le fibre a maggior potere cancerogeno sono le fibre amphibole che hanno una struttura lineare e rigida che permette di giungere fino al bronchiolo, da qui raggiungere l’interstizio ed infine la pleura. L’esposizione all’asbesto determina con un tempo di latenza variabile dai 10 ai 30 anni la possibile comparsa di mesotelioma pleurico, la cui cancerogenesi è accelerata dall’eventuale abitudine tabagica (71).

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L’esposizione all’asbesto è anche causa di patologie pleuriche non cancerogene quali le placche pleuriche che consistono in ispessimenti della pleura parietale di circa 1cm, lungo la parete laterale più frequenti a livelli dalla sesta alla nona costa, alla cupola diaframmatica con risparmio degli apici e degli angoli costofrenici. Hanno un tempo di latenza di circa 10 anni, possono calcificare e determinare comparsa di atelettasia rotonda nel parenchima limitrofo per trazione. Le placche pleuriche non causano in genere riduzione della funzionalità respiratoria al di fuori della forma diffusa e calcifica che può causare per fusione tra la pleura viscerale e parietale riduzione della fisiologica motilità polmonare. Nel 5-7% dei soggetti esposti può comparire versamento pleurico emorragico che si risolve autonomamente in 3-4 mesi, i versamenti persistenti sono invece espressione di una possibile neoplasia pleurica sottostante (73).

Il termine asbestosi polmonare deve essere applicato in tutti quei pazienti nei quali, accertata l’esposizione, non vi siano segni di fibrosi polmonare interstiziale, il cui pattern è simile al pattern UIP, ma in questo caso sono più frequenti i reticoli subpleurici, noduli subpleurici e meno frequente l’honeycombing. Le immagini in acquisizione prona possono in questi pazienti essere utili per distinguere la fibrosi dalle aree disventilatorie basali e posteriori. In rari casi soggetti con placche pleuriche possono sviluppare forme di fibrosi diverse dall’asbestosi quali la HP cronica o la stessa IPF (74).

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Figura 14 Mesotelioma pleurico in fase avanzata.

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Figura 16 Placche pleuriche calcifiche in un pazinete esposto all'asbesto.

LE INTERSTIZIOPATIE POLMONARI SU BASE GENETICA

Le intestiziopatie polmonari sono un gruppo eterogeno di patologie che determinano danno fibrotico all’interstizio polmonare (1). L’IPF è una forma idiopatica di fibrosi polmonare progressiva, ad eziologia sconosciuta, allo stato attuale la più comune e frequente intestiziopatia polmonare primitiva. Il termine IPF è destinato ai pazienti con fibrosi polmonare tipo UIP, con distribuzione basale e subpleurica, bronchiectasie da trazione ed honeycombing che alla valutazione istologica corrisponde ad un danno polmonare fibrotico a diversi stadi maturativi (2). La maggior parte dei casi di IPF sono sporadici, la forma famigliare, dove più membri della famiglia sono affetti dalla patologia, è rara e pone l’accento sul ruolo di un danno genetico alla base della famigliarità (4).

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La diagnosi è considerata una diagnosi di esclusione in assenza di altri fattori che abbiano determinato il danno polmonare, come esposizioni ambientali o patologie autoimmuni (2). Sebbene la patogenesi resti ignota, l’IPF è il risultato di un danno alveolare prolungato e ripetuto con alterazioni nel meccanismo di riparazione. Il fumo è il fattore scatenate il processo di invecchiamento polmonare ed è alla base della patogenesi del della IPF determinando un danno nel meccanismo di riparazione dell’epitelio con shift verso una differenziazione mesenchimale e non più epiteliale. In questo processo studi sperimentali hanno dimostrato il ruolo fondamentale delle telomerasi ed in particolare della regolazione della lunghezza dei telomeri come meccanismo genetico alla base della determinazione del danno polmonare. In studi muri si è dimostrato come l’assenza del gene TERC, subunità enzimatica catalitica che regola la lunghezza dell’RNA e dei telomeri, correli con la compromissione dell’integrità alveolare, ma non con la comparsa di fibrosi (75,76). Questo permette di spiegare una sorta di predisposizione al danno polmonare che si estrinseca con il progressivo accorciamento dei telomeri nelle generazioni fino alla comparsa di fibrosi. In questo ambito il ruolo trigger è svolto dal fumo, che, come dimostrato da Alder et al, determina fibrosi in popolazioni murine suscettibili, dalla 4° alla 6° generazione dopo l’espressione del danno di telomerasi. Tali esperimenti seppur su modelli animali permettono di comprendere il ruolo della mancata regolazione delle telomerasi e la determinate del danno da fumo che potrà poi

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Figura 17 Schema riassuntivo la genesi del danno cromosomico che determina l'evoluzione in fibrosi polmonare. Tratto da

LA TERAPIA DELL’IPF

Le patologie interstiziali diffuse del polmone comprendo un largo ed eterogeno gruppo di patologie che possono essere o meno legate a fattori ambientali ed immunologici; tali patologie sono accumunate dal progressivo peggioramento della dispnea e delle funzionalità respiratoria con una prognosi infausta (2).

Le forme immunologicamente determinate o secondarie a connettiviti la patologia ricalca quella della malattia di base ed in particolare si tratta di

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corticosteroidi come terapia di prima linea seppur con efficacia limitata. Il metotrexate è un immunosoppressore utilizzato come terapia di seconda linea dopo gli steroidi nelle SSc e RA, somministrabile sia per via orale sia intramuscolo. L’uso della ciclofosmfamide, è consentito in un gruppo selezionato di pazienti con malattia progressiva, per lo più SSC, come terapia di seconda linea dopo il microfenolato. Lo stesso principio è adottato per l’Aziathioprina, anche se l’efficacia nelle ILD è piuttosto limitata. L’utilizzo del microfenolato è stato garantito solo nelle fibrosi polmonari secondarie a SSc, non ci sono ulteriori studi randomizzati per le latre ILD. Le terapie di terza linea prevedono l’utilizzo di anticorpi monoclonali quali il rituximab, un anti-CD20 che ha un effetto immnunosoppressore sulle cellule B circolanti in periferia, allo stato attuale sono disponibili solo studi retrospettivi per il suo utilizzo nelle ILD (78).

Per quanto concerne l’IPF invece esistono farmaci antifibrotici specifici che permettono di ritardare il progressivo danno strutturale parenchimale, rallentando il progredire della malattia. Il pirfenidone, è stato il primo farmaco antifibrotico approvato per la terapia specifica del IPF, inibisce l’azione del TGF-beta che determina la maturazione del collagene e di alcune citochine pro-infiammatorie. Il Nintedanib, inibitore delle tirosin-chinasi intracellulari con effetti anche di riduzione della proliferazione vascolare, il cui uso è approvato per l’IPF ed alcune forme di SSc. Entrambi i farmaci hanno effetti sulla

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In casi di particolare gravità sia in CTD-ILD, come ultima opzione terapeutica, in pazienti selezionati è il trapianto di cellule staminali autologhe o eterologhe al fine di porre fine alla disregolazione immunologica alla base della patologia o per l’IPF il trapianto di polmone qualora non siano comparse complicanze quali l’ipertensione polmonare o neoplasie polmonari (78).

SCOPO DEL LAVORO

La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è definita come una forma specifica di fibrosi polmonare ad andamento progressivo ad eziologia sconosciuta (79). Nel 2000 venne pubblicato il primo consensu sulla definizione e diagnosi di IPF: patologia fibrosante progressiva con pattern istologico e radiologico di UIP. La diagnosi richiedeva e richiede l’esclusione di altre forme di polmonite interstiziale a causa nota quali le forme sistemiche, da malattia occupazionale o il danno da farmaci (80). Nel 2002 la patologia venne inserita dall’ATS/ESR nelle forme di polmoniti interstiziali con specifiche caratteristiche radiologiche, cliniche e anatomopatologiche (81) seguirono updates di tale classificazione nel 2011 e nel 2015 nei quali l’IPF venne inserita tra le forme di intestiziopatia polmonare “maggiori” (2,9).

Nel 2018 la Fleischner Society ha modificato la classificazione diagnostica della malattia introducendo quattro categorie di possibilità diagnostica con livelli di specificità e confidenza diversi, rivalutando il valore predittivo delle alterazioni fibrosanti quali reticoli e bronchiectasie anche in assenza di

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honeycombing. Le linee guida definiscono l’HRTC come una componente essenziale e fondamentale per la diagnosi che nell’adeguato setting clinico e laboratoristico permette di evitare al paziente la biopsia chirurgica o alternativamente la criobiopsia transbonchiale. Le linee guida Felischner confermano il ruolo centrale della biopsia chirurgica, definita il gold standard per la diagnosi, ed in attesa di raccogliere maggiori evidenze scientifiche in merito riservano tale metodica a centri esperti (30).

Sulla base di tali dati si desume che alla diagnosi di IPF corrisponda ad una prognosi, assumendo il dato prognostico intrinseco alla patologia stessa: l’obiettivo di questo studio è di valutare se:

• Valutare la correlazione tra lo studio HRTC e i dati spirometrici in particolare DLCO e FEV1 al fine di determinare la capacità della diagnostica per immagini di determinare la severità della malattia in pazienti sottoposti a terapia antifibrotica per IPF alla prima rivalutazione dopo la terapia (media di 6 mesi di terapia).

MATERIALI E METODI

Popolazione di studio

La popolazione di studio è stata determinata sulla base del database istopatologico di pazienti che tra gennaio 2016 e giugno 2019 sono stati sottoposti presso il Policlinico San Martino di Genova a valutazione

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IPF. Ogni pazienti è stato oggetto di discussione da parte del team multidisciplinare e classificato secondo le linee guida 2018 sulla base dei dati clinici, laboratoristici che sono stati retrospettivamente correlati con la valutazione istologica e radiologica per le eventuali terapie antifbrotiche.

Sono stati inclusi nello studio 30 pazienti di cui 17 uomini e 13 deonne, età media di 60,7 anni.

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I criteri di inclusione:

• PFR con evidenza di pattern restrittivo e alterazione degli scambi (DLCO)

• HRTC con pattern “definitive UIP” cioè con la presenza di reticoli ed honeycombing in sede basale subpleurico

• Sintomi da almeno 3 mesi: dispnea senza causa apparente, rumori a velcro bibasali

• Età superiore ai 35 anni.

I criteri di esclusione: patologia polmonare da esposizione lavorativa, a farmaci, malattia del connettivo o pazienti asmatici.

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Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad HRTC (Somatome Flash Siemens 128 slices) con acquisizione dagli apici alle basi, spessore di strato 1,25mmx1,25mm, PITCH 512x512, 120kVP, window level tra -500 e -600UH, ampiezza della finestra da 1200 a 1400, ricostruzione con algoritmo ad alta intensità spaziale per lo studio del parenchima. L’analisi statistica è stata condotta con IBM SPSS versione 19.0 per Micorsoft windows ed excel.

I parametri HRTC analizzati sulla base delle linee guida Fleischner 2017:

• presenza di reticoli subpleurici;

• honeycombing con cisti >3mm o <3mm; • bronchiectasie da trazione;

• noduli;

• alterazioni a vetro smerigliato; • air trapping.

I parametri clinici valutati:

• DLCO; • FVC; • FEV1; • FEV1/FCV; • FEF25-75/FVC;

Riferimenti

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