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La Biblioteca Ambrosiana nei “Promessi sposi”

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Academic year: 2021

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(1)

Anna Dolfi

Biblioteche reali,

biblioteche immaginarie

Tracce di libri, luoghi e letture

FUP

Bib

lioteche r

eali,

bib

lioteche imma

ginarie

– a cura di Anna Dolfi

FIRENZE UNIVERSITY

PRESS

(2)
(3)
(4)

MODERNA/COMPARATA

COLLANA DIRETTA DA

Anna Dolfi – Università di Firenze

COMITATO SCIENTIFICO

Marco Ariani – Università di Roma III

Enza Biagini – Università di Firenze

Giuditta Rosowsky – Université de Paris VIII

Evanghelia Stead – Université de Versailles Saint-Quentin

(5)

Firenze University Press

2015

Biblioteche reali,

biblioteche immaginarie

Tracce di libri, luoghi e letture

a cura di

Anna Dolfi

(6)

Certificazione scientifica delle Opere

Tutti i volumi pubblicati sono soggetti ad un processo di referaggio esterno di cui sono responsabili il Consiglio editoriale della FUP e i Consigli scientifici delle singole collane. Le opere pubblicate nel catalogo della FUP sono valutate e approvate dal Consiglio editoriale della casa editrice. Per una descrizione più analitica del processo di referaggio si rimanda ai documenti ufficiali pubblicati sul catalogo on-line della casa editrice (www.fupress.com).

Consiglio editoriale Firenze University Press

G. Nigro (Coordinatore), M.T. Bartoli, M. Boddi, R. Casalbuoni, C. Ciappei, R. Del Punta, A. Dolfi, V. Fargion, S. Ferrone, M. Garzaniti, P. Guarnieri, A. Mariani, M. Marini, A. Novelli, M.C. Torricelli, M. Verga, A. Zorzi.

© 2015 Firenze University Press Università degli Studi di Firenze Firenze University Press

Borgo Albizi, 28, 50122 Firenze, Italy http://www.fupress.com

Printed in Italy

Biblioteche reali, biblioteche immaginarie : tracce di libri, luoghi e letture / a cura di Anna Dolfi. – Firenze : Firenze University Press, 2015.

(Moderna/Comparata ; 10)

http://digital.casalini.it/9788866558651

ISBN 978-88-6655-864-4 (print) ISBN 978-88-6655-865-1 (online PDF) ISBN 978-88-6655-866-8 (online EPUB)

Progetto grafico di Alberto Pizarro Fernández, Pagina Maestra snc

Volume pubblicato con il contributo di:

Associazione “Centro Internazionale di Studi Giuseppe Dessí” Fondazione Dessí

Regione Sardegna

(7)

PREMESSA di Anna Dolfi 13

LIBRI O BIBLIOTECHE? UN PERCORSO PER RIFRAZIONI

LEGGERE BIBLIOTECHE E LIBRI DI LIBRI 25

Enza Biagini

1. Effetto-biblioteca

26

2. Metaluoghi ed «eterotopie»

31

3. «Erano vivi e mi hanno parlato»

38

4. «Metaforologia»

44

5. Biblioteche da romanzo

53

«IL TEATRO DELLE IDEE»: LA BIBLIOTECA 69

Attilio Mauro Caproni

OMBRE DI CARTA E CELLULOIDE 77

Hans Tuzzi

ATTRAVERSANDO LE BIBLIOTECHE 81

Gianni Venturi

BIBLIOFILI, BIBLIOMANI,

TRA «INCONTOURNABLES» E «MARGINALIA»

TRIMALCHIO, BIROTTEAU, GATSBY. QUELQUES REMARQUES SUR

LA BIBLIOTHÈQUE DU PARVENU 97

Riccardo Donati

LA VOCE E LA BIBLIOTECA. BIBLIOFILIA, BIBLIOMANIA,

MALINCONIA NELL’OTTOCENTO FRANCESE 109

(8)

8 BIBLIOTECHE REALI, BIBLIOTECHE IMMAGINARIE

LA DINAMICA DEGLI OPPOSTI NELLA BIBLIOMANIA DI PONTIGGIA 133

Francesca Bartolini

«CERCHEZ LES LIVRES» SULLE TRACCE DELLA BIBLIOTECA

DINO CAMPANA: PER UNA BIBLIOTECA GLOBALE 151

Christophe Mileschi

PARALLELI IMPROBABILI: PAVESE, D. H. LAWRENCE, DRIEU 163

Anco Marzio Mutterle

«IL GALATEO IN BOSCO». PRESENZA DEGLI IPOTESTI EPONIMI Francesco Vasarri

1. Della Casa, Zotti e gli altri. Situazione intertestuale del

«Galateo in Bosco»

173

2. Il «Galateo» nel Bosco. Presenza testuale di una matrice negativa

180

3. Quel che resta dell’«Oda» e del Montello: l’etica del cliché tra

salvaguardia e smantellamento

192

«LIVRES DE CHEVET»: LIBRI DELLA STESSA MATERIA DI CUI SONO FATTI I SOGNI. RIFLESSIONI BIBLIOFILE SU «SOGNI DI SOGNI» DI

TABUCCHI 207

Riccardo Greco

DI BESTIA IN BESTIA, DI LIBRO IN LIBRO. IL MANIERO-BIBLIOTECA DI MICHELE MARI

Andrea Gialloreto

1. Collezioni, cataloghi, reperti: tracce di una «biographia literaria»

217

2. Gli «aoristi mostruosi»: l’archeo-manierismo di Michele Mari

226

3. «Meravigliosissimo tempio di morte»: un gotico da biblioteca

232

BIBLIOTECA IMMAGINARIA O INDICE IPOTETICO? DA «CAOS

CALMO» A «TERRE RARE», LE CITAZIONI NEI ROMANZI DI VERONESI 243

Nives Trentini

BIBLIOTECHE RICOSTRUITE BIBLIOTECHE RITROVATE

LIBRI, LETTURE E POSTILLE NELLA GENESI DI UN’OPERA

IL CASO DELLA BIBLIOTECA DI VITTORIO ALFIERI 259

Christian Del Vento

GLI SCAFFALI DI SVEVO 279

(9)

LE BIBLIOTECHE DI FEDERIGO TOZZI 307

Pietro Benzoni

GIUSEPPE DESSÍ, UNA BIBLIOTECA MURATA E LA GENESI DI UN

IMMAGINARIO ROMANZESCO 325

Anna Dolfi

LA BIBLIOTECA CULTURALE DI MARIO POMILIO 349

Luisa Bianchi

TRA REALE E IMMAGINARIO

LA BIBLIOTECA AMBROSIANA NEI «PROMESSI SPOSI» 365

Carlo Ghilli – Mauro Guerrini

EPIFANIE DI CARTA. PERCORSI NELLA BIBLIOTECA DI D’ANNUNZIO 377

Manuele Marinoni

UN IMMENSO LIBRO PER LEGGERE IL MONDO LA BIBLIOTECA «PARTICULAR» DI PESSOA Luca Serando

1. «Tudo tem influência sobre mim»: le letture di Pessoa

397

2. Una babele di lingue e letterature

401

3. Il Leopardi di Pessoa: tracce di un dialogo ininterrotto

405

PRIMO LEVI, UN «LETTORE STRAMPALATO» 415

Federico Pianzola

1. Letteratura greca e latina

417

2. La cultura ebraica

420

3. Scienza e fantascienza

424

LA BIBLIOTECA DEL MONDO NARRATO DA ITALO CALVINO 429

Alberto Cadioli

NELLE BIBLIOTECHE DI UMBERTO ECO

«IL NOME DELLA ROSA», E OLTRE 443

Ulla Musarra-Schrøder

1. Alla ricerca di un manoscritto

444

2. La Biblioteca come cornice dell’indagine poliziesca

446

3. Tra l’Abbazia e «La biblioteca di Babele»

452

4. Curiosando tra i libri

459

(10)

10 BIBLIOTECHE REALI, BIBLIOTECHE IMMAGINARIE

«IL PONTE. UN CROLLO» DE VITALIANO TREVISAN

LES BIBLIOTHÈQUES, SYMPTOMES D’UN EFFONDREMENT POLITIQUE 471

Clelie Millner

1. La bibliothèque, arme contre le pays natal

472

2. Le pouvoir d’effondrement de la langue nationale

476

«DE’ REMI FACEMMO ALI…». AIUTARSI A VIVERE

DA TOLSTOJ AI «TROPPO POCO PAZZI» SCRITTORI ELVETICI

DI SCIASCIA 485

Oleksandra Rekut-Liberatore

1. Aprire le porte di una biblioteca

486

2. Ivan Il’ič e Ivan Illich

488

3. A margine di una biblioteca sul cancro

496

4. Il metasaggismo

499

5. Sciascia contro Croce

504

6. Morire con Pirandello

508

7. Satana e il diavolo

511

8. Zio Peppe e «Gli zii di Sicilia»

516

9. A partire da un’effige

519

10. Un’addenda per Frisch

524

11. Tra Fritz Zorn e Anders Zorn

526

NEI LAGER, LA BIBLIOTECA REALE 531

Nicola Bultrini

ANGELA Y. DAVIS E LE BIBLIOTECHE 545

Elisa Lo Monaco

OLTRE IL SIPARIO

TRA PRESUNTA CRONACA E VERA LETTERATURA

I MODELLI LETTERARI NASCOSTI DI RUGGERO LEONCAVALLO 557

Giovanni Antonio Murgia

1. Pagliacci

559

2. Tormenta

567

LA BIBLIOTECA «IMPOSSIBILE» DI CARMELO BENE 577

Simone Giorgino

ATTRAVERSO I LIBRI E I FILM

IL SAPERE MOLTIPLICATO E DISPERSO DEL NOVECENTO Gianni Olla

1. Il sapere turbativo degli archivi. Identità e distopie nelle

(11)

2. L’idolatria del libro: il romanzo come palinsesto

cinematografico generatore di altri archivi

599

3. L’Europa, le culture nazionali tra cinema e letteratura: una

diversa idolatria

605

4. Il cinema come archivio di storia: un catalogo di immagini/

documento

611

5. Impregnarsi di letteratura, di arte e architettura: il

post-moderno come emblema della «palinsestualità» totale

612

PROGETTARE, INVENTARE, RISCRIVERE

PSEUDOBIBLIA, RISCRITTURE E PALINSESTI 623

Paolo Orvieto

BIBLIOTECHE IMPOSSIBILI. LE BIBLIOTECHE IMMAGINARIE NEI

«GRAPHIC NOVELS» 649

Mauro Boselli

LE BIBLIOTECHE DIGITALI. TRA REALE E IMMAGINARIO, SULLO SCHERMO DI UN COMPUTER

Simone Rebora

1. Le biblioteche del futuro

663

2. Il dibattito teorico sulle biblioteche digitali

668

3. Il movimento «Open Access»

673

4. Le biblioteche digitali e il Web

677

5. La sfida dell’automazione: pericoli e opportunità per gli studi

letterari

679

LA BIBLIOTECA DEI FRATELLI GRIMM COME LUOGO REALE E

DELL’IMMAGINARIO 685

Alfredo Giovanni Broletti

(12)
(13)
(14)

LA BIBLIOTECA AMBROSIANA NEI «PROMESSI SPOSI»1

Carlo Ghilli – Mauro Guerrini

Tutto il romanzo culmina nella fondazione della Biblioteca

Ambrosiana, a coronare il centro ideale del libro, la vita di

Federigo Borromeo: biblioteca a cui Manzoni finalmente

affida la realizzazione del suo ideale di cultura, non senza

puntate polemiche contro la cattiva tenuta delle

biblio-teche italiane.

Italo Calvino, Il romanzo dei rapporti di forza

La biblioteca, luogo deputato alla conservazione della cultura scritta, può

as-sumere valenze fortemente simboliche e diventare lo spazio letterario in cui un

personaggio si rispecchia o in cui lo scrittore trasferisce la propria identità

cul-turale, dando consistenza metaforica a una ratio di ordine ideologico,

filosofi-co o etifilosofi-co. La biblioteca può assumere il ruolo di mise en abîme di un’epoca e di

una cultura, essere un luogo ideale oppure, al contrario, un luogo eccentrico,

ambivalente, un segno di una trasgressione irriverente o di una parodia. Le

bi-blioteche letterarie assumono pertanto funzioni narrative diverse; suggeriscono

spesso la chiave ermeneutica adatta a comprendere il mondo testuale,

consen-tono al lettore di collocare l’azione nello spazio e nel tempo del racconto,

aiu-tano l’interpretazione del carattere dei personaggi e dei rapporti che li legano

2

.

I promessi sposi, come ogni altra opera letteraria, sono stati oggetto delle più

svariate e contrapposte analisi e interpretazioni

3

. Suggestiva è quella di Italo

1 Si ripresenta il saggio, rivisto e integrato, dal titolo La Biblioteca Ambrosiana descritta ne I

promessi sposi di Alessandro Manzoni di Carlo Ghilli e Mauro Guerrini apparso in prima stesura

in La biblioteca e l’immaginario. Percorsi e contesti di biblioteconomia letteraria, a cura di Rossa-na Morriello e Marco Santoro, Milano, Editrice Bibliografica, 2004, pp. 131-146. Gli autori ringraziano Franco Buzzi e Marco Navoni, prefetto e dottore dell’Ambrosiana, per aver letto e commentato il testo, e per aver fornito suggerimenti bibliografici.

2 Cfr. http://www.univirtual.it/corsi/fin02001_l/chemello/m07/07_05.htm.

3 I caratteri ideologici del romanzo sono stati analizzati in modi diversi: cfr. Lanfranco

(15)

Calvino che ravvisa i motivi portanti del romanzo, i temi della parola scritta e

della contrapposizione analfabeti/alfabetizzati:

Renzo e Lucia non sanno né legger né scrivere: nei Promessi sposi questo fatto

ha un rilievo decisivo cui non mi pare sia stata data la importanza dovuta […].

Non saprei citare un altro grande libro in cui la condizione dell’illetterato sia

così presente alla coscienza dell’autore.

Alla luce di quest’interpretazione, la cultura scritta

[…] si presenta sotto un duplice volto: strumento di potere e strumento

d’in-formazione. Come strumento di potere è sistematicamente avversa ai due poveri

fidanzati […]. Come strumento d’informazione è la sua mancanza che diventa

uno dei motivi ricorrenti di questo che è per lunga parte il romanzo d’una

lontananza

4

.

Sempre secondo Calvino l’intero romanzo è inscritto in una biblioteca:

quel-la che contiene il manoscritto dell’anonimo, così che libro e biblioteca, intesa

come raccolta privata di opere letterarie e come istituzione, ricorrono quali

ele-menti topici della narrazione. L’inserimento nel mondo narrato di oggetti del

mondo reale (come i libri, gli avvenimenti o i personaggi storici) determina un

importante effetto di realtà; è un effetto frequente, connaturato e strategico al

genere del romanzo storico che viene definito da Manzoni

[…] un componimento, nel quale riesce impossibile ciò che è necessario; nel

quale non si possono conciliare due condizioni essenziali, e non si può

nem-meno adempierne una, essendo inevitabile in esso e una confusione repugnante

alla materia, e una distinzione repugnante alla forma di un componimento,

nel quale deve entrare e la storia e la favola, senza che si possa né stabilire, né

indicare in qual proporzione, in quali relazioni ci devano entrare; un

compo-parte le interpretazioni allegoriche del libro che pure impegnarono in diversa misura i commen-tatori del secolo scorso, e la tentazione di vedere nella Lombardia spagnola una metafora della Lombardia austriaca, sembra innegabile che la descrizione impietosa della decadenza della società e del costume della Lombardia del secolo XVII abbia voluto offrire, con la diagnosi di un’antica malattia dell’anima italiana, un contributo alla rigenerazione nazionale attraverso un’indagine sull’alba burrascosa della modernità in Italia settentrionale, più storicamente circostanziata di quanto consentissero le tragedie e le poesie patriottiche. Rappresentando il periodo di massima decadenza della società lombarda, in balia di una classe dirigente tanto arrogante e corrotta quan-to inetta, Manzoni offre il risultaquan-to di una approfondita ricognizione della Lombardia contem-poranea, condotta secondo criteri di una psicologia e di una cultura indelebilmente segnate dalla sua formazione illuministica» (Enrico Ghidetti, Progetto, storia e destino di un libro per tutti, in Alessandro Manzoni, I promessi sposi, a cura di Enrico Ghidetti, Milano, Feltrinelli, 2003, p. XII).

4 Italo Calvino, II romanzo dei rapporti di forza, in Atti del convegno manzoniano di Nimega

(16-17-18 ottobre 1974), a cura di Carlo Ballerini, Firenze, Libreria editrice fiorentina, 1974, p.

(16)

367

LA BIBLIOTECA AMBROSIANA NEI «PROMESSI SPOSI»

nimento insomma, che non c’è il verso giusto di farlo, perché il suo assunto è

intrinsecamente contraddittorio

5

.

Nei Promessi sposi le raccolte librarie sono proposte in almeno tre momenti

diversi. La prima nominata è quella del sarto del villaggio, unico popolano

let-terato del romanzo, «un uomo che sapeva leggere, che aveva letto in fatti più

d’una volta il Leggendario de’ santi, il Guerrin meschino e i Reali di Francia, e

passava, in quelle parti, per un uomo di talento e di scienza» (capitolo XXIV):

[…]una biblioteca che raccoglie e accomuna storie sacre e romanzi cavallereschi:

affastella insieme un ventaglio di titoli che spaziano dalla cultura devota, in

grado di farsi cibo dell’anima, alla letteratura per l’intrattenimento decoroso ed

onesto delle classi più umili. Il narratore, precisato che si tratta di libri letti e

ri-letti, caricati quindi di una precisa «ritualità culturale», si sofferma con curiosità

ad identificarli uno per uno, leggendone a voce alta i frontespizi: il

volgarizza-mento della Leggenda aurea di Jacopo da Varagine, i Reali di Francia di Andrea

da Barberino, il Guerrin meschino, fortunato racconto popolare che celebra

le gesta eroiche di paladini e cavalieri della tradizione romanza. Una piccola

biblioteca in cui la tradizione cavalleresca incrocia la letteratura devozionale

6

.

La biblioteca del sarto si contrappone idealmente a quella del capitolo XXVII

dove «ci viene descritta la biblioteca di don Ferrante, questo catalogo

dell’épi-stème rinascimentale che potrebbe entrare in uno dei capitoli de Les mots el les

choses di Michel Foucault, e che Manzoni guarda con occhio privo d’ogni pietas

storica, come il museo della falsa scienza»

7

.

Le raccolte del sarto e di don Ferrante

8

sono invenzioni letterarie, sono

ele-menti verosimili del racconto

9

; ben diverso è l’inserimento e la descrizione

del-5 A. Manzoni, Del romanzo storico e, in genere, dei componimenti misti di storia e d’invenzione,

in Tutte le opere, a cura e con introduzione di Mario Martelli, premessa di Riccardo Bacchelli, Firenze, Sansoni, 1973, p. 1732.

6 http://www.univirtual.itlcorsi/fino2001_I/chemello/m07/07_05.htm. 7 I. Calvino, Il romanzo dei rapporti di forza cit., p. 217.

8 Sulla biblioteca di don Ferrante cfr. La biblioteca di don Ferrante. Mostra bibliografica,

Milano, marzo 1967, Palazzo Sormani, Milano, coi tipi della Civica tipografia, 1967; Francesco

Erspamer, La biblioteca di don Ferrante. Duello e onore nella cultura del Cinquecento, Roma, Bul-zoni, 1982; Lorenzo Stoppato, La biblioteca di don Ferrante. Conferenza, Milano, Tip. Bortolotti, 1887.

9 Spiega Manzoni a proposito del vero storico e del verosimile narrativo: «Per circostanziare,

verbigrazia, gli avvenimenti storici, coi quali l’autore abbia legata la sua azione ideale Ce voi ap-provate dicerto, che in un romanzo storico entrino avvenimenti storici), dovrà mettere insieme e circostanze reali, cavate dalla storia o da documenti di qualunque genere, perché qual cosa potrebbe servir meglio a rappresentare quegli avvenimenti nella loro forma vera, e dirò così, indi-viduale? e circostanze verosimili, inventate da lui, perché volete che vi dia, non una mera e nuda storia, ma qualcosa di più ricco, di più compito i volete che rifaccia in certo modo le polpe a quel carcame, che è, in così gran parte, la storia. Per le stesse ragioni, ai personaggi storici Ce voi siete ben contento di trovare in un romanzo storico de’ personaggi storici) farà dire e fare, e cose che

(17)

la Biblioteca Ambrosiana. Dal punto di vista narrativo si nota che l’aiuto

erme-neutico offerto da Manzoni al lettore non avviene tramite la descrizione della

raccolta libraria privata o della produzione intellettuale di Federico, bensì

trami-te la descrizione della bibliotrami-teca pubblica da lui fondata

10

. Vi è il passaggio dal

verosimile al vero che, dato il valore simbolico della parola scritta, induce

alcu-ne riflessioni sul ruolo del personaggio Borromeo e della Biblioteca Ambrosiana

all’interno del romanzo.

Nella realtà storica la Biblioteca Ambrosiana viene incrementata da Federico

Borromeo; la posa della prima pietra è il 1603, l’apertura al pubblico, con

solen-ne inauguraziosolen-ne e partecipaziosolen-ne cittadina, è l’8 dicembre 1609, festa

dell’Im-macolata Concezione

11

. L’Ambrosiana rappresenta una novità importante in

am-bito della Chiesa cattolica, soprattutto all’indomani del Concilio di Trento. È

il prodotto di un uomo, di un prelato, dotato di ricchezze familiari

consisten-ti che intende compiere un’opera di alto significato culturale; prima di lui, nel

1602, Sir Thomas Bodley aveva realizzato a Oxford un’iniziativa simile,

impo-stando una raccolta considerevole che più tardi assumerà, dal nome del

fonda-hanno dette e fatte realmente, quand’erano in carne e ossa, e cose immaginate da lui, come con-venienti al loro carattere, e insieme a quelle parti dell’azione ideale, nelle quali gli è tornato bene di farli intervenire. E reciprocamente, ne’ fatti inventati da lui, metterà naturalmente circostanze ugualmente inventate, e anche circostanze cavate da fatti reali di quel tempo e di quel luogo; perché qual mezzo più naturale per farne azioni che abbiano potuto essere in quel tempo, in quel luogo? Così a’ suoi personaggi ideali darà parole e azioni ugualmente ideali, e insieme parole e azioni che trovi essere state dette e fatte da uomini di quel luogo e di quel tempo: ben contento di poter rendere più verosimili le sue idealità coi propri elementi del vero» (A. Manzoni, Del

roman-zo storico e, in genere, dei componimenti misti di storia e d’invenzione, in Tutte le opere cit., p. 1730).

10 Scrive Calvino: «E quando si passa a considerare lo scaffale delle cento opere scritte dal

cardinale in persona, Manzoni si tira indietro, non senza averci lasciato capire che la statura di Federigo scrittore non era ahimè paragonabile a quella di Federigo uomo» (I. Calvino, Il romanzo

dei rapporti di forza cit., p. 218).

11 Sulla Biblioteca Ambrosiana quale istituzione «reale», cfr. in particolare Alfredo Serrai,

Biblioteca Ambrosiana, in A. Serrai, Storia della bibliografia, Roma, Bulzoni, 1988-1999, vol. 5: Trattatistica biblioteconomica, a cura di Margherita Palumbo, 1993, pp. 201-233; Storia dell’Am-brosiana del Seicento, introduzione di Gianfranco Ravasi, Milano, Cariplo, 1992. Federico Bor-romeo fondatore della Biblioteca Ambrosiana. Atti delle giornate di studio 25-27 novembre 2004, a

cura di Franco Buzzi e Roberta Ferro, Milano, Biblioteca Ambrosiana; Roma, Bulzoni, 2005; in particolare Franco Buzzi, Il progetto culturale milanese di Federico Borromeo, p. 203-245; Cesare Pasini, Il progetto biblioteconomico di Federico, pp. 247-279; Marco Navoni, Gli uomini di

Fede-rico Borromeo. Gli oblati, i primi dottori e i primi conservatori, pp. 281-310; Roberta Ferro, Un dialogo tra intellettuali: la creazione di una grande biblioteca (Federico Borromeo e Giusto Lipsio),

pp. 311-349; Pier Francesco Fumagalli, Orientalia Federiciana. Prospettive universali

all’Ambro-siana, p. 351-363; Marina Bonomelli, Il progetto editoriale di Federico, pp. 365-401. M. Navoni, Nel quarto centenario dell’apertura della Biblioteca Ambrosiana. L’inaugurazione del 1609 in un documento inedito, in «Archivio storico lombardo», vol. 14, 2009, 135, pp. 25-50. M. Navoni, In margine al IV centenario dell’apertura della Biblioteca Ambrosiana. Un altro documento inedito, in Spicilegium Mediolanense. Studi in onore di mons. Bruno Maria Bosatra, a cura di Fabrizio Pagani,

in «Ricerche storiche sulla Chiesa Ambrosiana», 29, Milano, Centro ambrosiano di documenta-zione e studi religiosi, 2011, pp. 225-233.

(18)

369

LA BIBLIOTECA AMBROSIANA NEI «PROMESSI SPOSI»

tore, assumerà la denominazione Biblioteca Bodleiana, la prima grande

bibliote-ca pubblibibliote-ca in Europa; ugualmente Angelo Rocbibliote-ca innalza a Roma la Bibliotebibliote-ca

Angelica nel 1614.

L’istituzione di una biblioteca pubblica non rientra tra le opere evangeliche

tipiche di un vescovo, ma si configura piuttosto come il risultato

dell’evoluzio-ne del concetto della biblioteca rinascimentale legata al principe. L’Ambrosiana

è svincolata dai legami con la Chiesa, non è un’istituzione ecclesiastica

(alme-no in senso tradizionale); è, infatti, concepita come un istituto auto(alme-nomo dalla

curia e dalle organizzazioni religiose, come testimoniano la scelta del luogo di

edificazione e la gestione improntata a criteri di puro servizio agli studi. Enzo

Bottasso commenta che Borromeo «non prese neppure in considerazione l’idea

della consueta ala di fabbricato all’interno d’un convento, fra due chiostri

tran-quilli e luminosi, per la quale non avrebbe avuto che l’imbarazzo della scelta»

12

.

La presenza dell’Ambrosiana nel contesto del romanzo è centrale per

l’eco-nomia ideologica della narrazione. Secondo Calvino

[…] tutto il romanzo culmina nella fondazione della Biblioteca Ambrosiana, a

coronare il centro ideale del libro, la vita di Federigo Borromeo: biblioteca a cui

Manzoni finalmente affida la realizzazione del suo ideale di cultura, non senza

puntate polemiche contro la cattiva tenuta delle biblioteche italiane. Ma anche

qui l’accento batte sullo spirito che anima Federigo nell’ideare e organizzare

praticamente la biblioteca, più che sul risultato, sugli effetti che dalla biblioteca

si trasmettono alla storia degli uomini

13

.

La Biblioteca Ambrosiana è introdotta in termini eccellenti, in un contesto

di esaltazione della figura di Federico, cugino di Carlo Borromeo, personaggio

divenuto presto mitico fra le popolazioni lombarde. Scrive Manzoni di Federico:

Persuaso che la vita non è già destinata ad essere un peso per molti, e una festa

per alcuni, ma per tutti un impiego, del quale ognuno renderà conto, cominciò

da fanciullo a pensare come potesse render la sua utile e santa

14

.

12 Enzo Bottasso, Storia della biblioteca in Italia, Milano, Editrice Bibliografica, 1984, p. 54;

cfr. inoltre, E. Bottasso, Manzoni senza “pari”, in «Belfagor», 1947, 2, pp. 18-41.

13 I. Calvino, II romanzo dei rapporti di forza cit., p. 218.

14 Poco prima di questa frase si legge: «Nato nel 1564 […]. La sua vita è come un ruscello

che, scaturito limpido dalla roccia, senza ristagnare né intorbidarsi mai, in un lungo corso per diversi terreni, va limpido a gettarsi nel fiume. Tra gli agi e le pompe, badò fin dalla puerizia a quelle parole d’annegazione e d’umiltà, a quelle massime intorno alla vanità de’ piaceri, all’ingiu-stizia dell’orgoglio, alla vera dignità e a’ veri beni, che, sentite o non sentite ne’ cuori, vengono trasmesse da una generazione all’altra, nel più elementare insegnamento della religione. Badò, dico, a quelle parole, a quelle massime, le prese sul serio, le gustò, le trovò vere; vide che non potevan dunque esser vere altre parole e altre massime opposte, che pure si trasmettono di gene-razione in genegene-razione, con la stessa sicurezza, e talora dalle stesse labbra; e propose di prender per norma dell’azioni e de’ pensieri quelle che erano il vero». Prosegue: «Nel 1580 manifestò la risoluzione di dedicarsi al ministero ecclesiastico, e ne prese l’abito dalle mani di quel suo cugino

(19)

L’autore presenta il futuro cardinale come un uomo di fede e un uomo di

scienza: «La fama crescente del suo ingegno, della sua dottrina e della sua pietà»

delineano una strada prevedibile all’interno della Chiesa. Borromeo viene creato

cardinale nel 1587 da Sisto V, l’edificatore della grandiosa sala della Vaticana, e

nominato arcivescovo di Milano da Clemente VIII nel 1595. Manzoni lo

con-trappone a altri intellettuali, rappresentati in una luce estremamente negativa:

dal modesto don Abbondio («Carneade: chi era costui?»), al complicato

Azzecca-garbugli

15

, al presuntuoso don Ferrante, tutti descritti come uomini privi di

pa-thos, incapaci di capire il mondo circostante, depositari di una cultura

stati-ca, vecchia, vigliacca perché soggetta apaticamente al potere e allo status quo.

Manzoni iscrive il latinorum di don Abbondio e la perizia giuridica

dell’avvo-cato al servizio dei potenti di turno e dell’ingiustizia, critica in modo acerrimo

Carlo, che una fama, già fin d’allora antica e universale, predicava santo. Entrò poco dopo nel collegio fondato da questo in Pavia, e che porta ancora il nome del loro casato; e lì, applicandosi assiduamente alle occupazioni che trovò prescritte, due altre ne assunse di sua volontà; e furono d’insegnar la dottrina cristiana ai più rozzi e derelitti del popolo, e di visitare, servire, consolare e soccorrere gl’infermi. Si valse dell’autorità che tutto gli conciliava in quel luogo, per attirare i suoi compagni a secondario in tali opere; e in ogni cosa onesta e profittevole esercitò come un primato d’esempio, un primato che le sue doti personali sarebbero forse bastate a procacciargli, se fosse anche stato l’infimo per condizione. I vantaggi d’un altro genere, che la sua gli avrebbe potuto procurare, non solo non li ricercò, ma mise ogni studio a schivarli. Volle una tavola piuttosto povera che frugale, usò un vestiario piuttosto povero che semplice; a conformità di questo, tutto il tenore della vita e il contegno. Ne credette mai di doverlo mutare, per quanto alcuni congiunti gridassero e si lamentassero che avvilisse così la dignità della casa. Un’altra guerra ebbe a soste-nere con gl’lstitutori, i quali, furtivamente e come per sorpresa, cercavano di mettergli davanti, addosso, intorno, qualche suppellettile più signorile, qualcosa che lo facesse distinguer dagli altri, e figurare come il principe del luogo: o credessero di farsi alla lunga ben volere con ciò; o fossero mossi da quella svisceratezza servile che s’invanisce e si ricrea nello splendore altrui; o fossero di que’ prudenti che s’adombrano delle virtù come de’ vizi, predicano sempre che la perfezione sta nel mezzo; e il mezzo lo fissan giusto in quel punto dov’essi sono arrivali, e ci stanno comodi. Federigo, non che lasciarsi vincere da que’ tentativi, riprese coloro che li facevano; e ciò tra la pubertà e la giovinezza. Che, vivente il cardinal Carlo, maggior di lui di ventisei anni, davanti a quella presenza grave, solenne, ch’esprimeva così al vivo la santità, e ne rammentava le opere, e alla quale, se ce ne fosse stato bisogno, avrebbe aggiunto autorità ogni momento l’ossequio manifesto e spontaneo de’ circostanti, quali e quanti si fossero, Federigo fanciullo e giovinetto cercasse di conformarsi al contegno e al pensare d’un tal superiore, non è certamente da farsene maraviglia, ma è bensì cosa molto notabile che, dopo la morte di lui, nessuno si sia potuto accor-gere che a Federigo, allor di vent’anni, fosse mancata una guida e un censore. La fama crescente del suo ingegno, della sua dottrina e della sua pietà, la parentela e gl’impegni di più d’un cardinale potente, il credito della sua famiglia, il nome stesso, a cui Carlo aveva quasi annessa nelle menti un’idea di santità e di preminenza, tutto ciò che deve, e tutto ciò che può condurre gli uomini alle dignità ecclesiastiche, concorreva a pronosticargliele. Ma egli, persuaso in cuore di ciò che nessuno il quale professi cristianesimo può negar con la bocca, non ci esser giusta superiorità d’uomo sopra gli uomini, se non in loro servizio, temeva le dignità, e cercava di scansarle, non certamente perché sfuggisse di servire altrui; che poche vite furono spese in questo come la sua; ma perché non si stimava abbastanza degno né capace di così alto e pericoloso servizio. Perciò, venendogli, nel 1595, proposto da Clemente VIII l’arcivescovado di Milano, apparve fortemente turbato, e ricusò senza esitare. Cedette poi al comando espresso del papa».

(20)

371

LA BIBLIOTECA AMBROSIANA NEI «PROMESSI SPOSI»

l’erudizione sterile di don Ferrante, distaccata dal processo civile, incapace di

comprendere la realtà, inclusa l’epidemia di peste. In costoro

[…] la cultura non apre quindi prospettive verso forme più evolute di vita civile,

ma contribuisce piuttosto alla distruzione della ragione, configurandosi «ora

come mero strumento di sopraffazione ai danni dei più deboli, ora come inutile

orpello e oziosa esercitazione sul nulla. E ancora una volta la responsabilità di

questo stravolgimento ricade sugli uomini che hanno perduto, salvo casi

ecce-zionali, il senso di quell’impegno morale a testimoniare la verità che discende

dal messaggio evangelico

16

.

Commenta Calvino:

Non è soltanto la ripulsa illuministica delle tenebre del passato che anima

Man-zoni, ma uno dei motivi ricorrenti della sua polemica morale: il processo alla

corruzione della cultura. La cultura è il luogo dove la debolezza umana si

mani-festa nelle forme per Manzoni più colpevoli; l’errore della cultura è per Manzoni

un segno di condanna, una manifestazione della caduta: da ciò la sua severità

nel giudicare scrittori e intellettuali, e il suo duro giudizio sulla decadenza della

letteratura italiana cinquecentesca e secentesca

17

.

L’impegno evangelico si concretizza soprattutto in due figure: fra Cristoforo

e Federico Borromeo; la differenza tra loro non è poca. Fra Cristoforo è

perso-naggio d’invenzione romanzesca presentato quale modello di vita evangelica; è

un santo, un testimone del vangelo che si schiera con gli umili, che

abbando-na le vesti borghesi e corrotte dell’assassino di Lodovico per diventare servitore

determinato degli oppressi e degli abbandonati. Federico Borromeo è un

perso-naggio storico che diviene per volontà e necessità ideologica e narrativa

dell’au-tore exemplum di vita cristiana

18

, incarnazione della morale cattolica e del ruolo

che la Chiesa può svolgere nella società per la rinascita civile; è insieme un

per-sonaggio reale e d’invenzione letteraria, un modello da proporre al lettore

otto-centesco del romanzo. Federico è uno di quegli «uomini rari in qualunque

tem-po, che abbiano impiegato un ingegno egregio, tutti i mezzi d’una

grand’opu-lenza, tutti i vantaggi d’una condizione privilegiata, un intento continuo, nella

ricerca e nell’esercizio del meglio». Il meglio, in questo aggettivo sostantivato si

esprime la grande capacità di sintesi artistica ed espressiva dell’autore e il

carat-16 E. Ghidetti, Progetto, storia e destino di un libro per tutti cit., p. XXII. 17 I. Calvino, Il romanzo dei rapporti di forza cit., p. 217.

18 Federico Borromeo non brillò per lungimiranza e apertura intellettuale ma «è il sistema

dei personaggi ad esigere che la figura del Cardinale si accampi in una luce incondizionatamente positiva. Di fronte all’inettitudine degli uomini di governo laici, il presule esercita una virtù di supplenza inapprezzabile: costituisce l’istituzione ecclesiastica come unico principio d’ordine contro la disgregazione generale dei rapporti civili» (Vittorio Spinazzola, Il libro per tutti. Saggio

(21)

tere immanente e politicamente attualizzato della figura e della simbologia di

Borromeo. Il meglio è, infatti, l’operare di Federico secondo fini etici. Egli è il

principe positivo che si contrappone ideologicamente e operativamente ai

po-tenti del romanzo e che usa «tutti i mezzi d’una grand’opulenza, tutti i vantaggi

d’una condizione privilegiata» nella cornice della morale cattolica e soprattutto

nella ricostruzione della vita politica e civile

19

. Poiché

19 Cfr.: «Io […] considererei [le Osservazioni sulla morale cattolica] un precedente mediato

dei Promessi sposi, immediato degli Sposi promessi [= di Fermo e Lucia]; ma non teorico, sebbene di tono e di linguaggio, e non di tutti gli Sposi promessi, ma della grande figura di Federigo, prima d’ogni altro (della sua voce), e poi di quelle parti degli Sposi promessi che esorbitano un poco dal romanzo, che non saranno infatti riprese nei Promessi sposi, o vi saranno tutte assorbite; dico le grandi pagine del moralista, del ritrattista, del saggista, dello storico, che fanno blocco nel roman-zo, e lo fanno per un’altra ragione, che offrono l’esempio d’uno scrittore maturo, come maturo non è, invece, dove narra e descrive e rappresenta. È che il moralista, il ritrattista, il saggista, lo storico degli Sposi promessi ha un precedente nel moralista, ritrattista, saggista e storico della

Mo-rale cattolica e, in moda a volte più penetrante, nel Discorso sopra alcuni punti della storia longobar-dica in Italia, nella “Prefazione” al Carmagnola, nelle “Notizie storiche” riguardanti il

Carmagno-la e l’Adelchi; e il narratore, al contrario, non ha nessun precedente. Precedente, se mai, sarebbe lo studio, per lui assai fruttuoso, attraverso il Vocabolario milanese-italiano del Cherubini, dei dati e dei modi espressivi e narrativi; cominciato certo assai per tempo, ma che si risolse solo per gradi, lentissimamente, da quell’aprile del ’21 che dìè principio alla prima stesura degli Sposi promessi, all’anno ’40 che finiva di licenziare gli ultimi fogli dell’ultima edizione dei Promessi sposi. Più che precedente, dunque, una contemporanea fatica, rimasta in sospeso per giunta, e che il Manzoni continuò di là dal suo mondo dell’arte, come ricerca per se. A noi ha lasciato ciò che è riuscito a finire, ma anche ci ha suggerito che cos’altro voleva e che non gli riuscì; e ce n’è rimasto il segno astratto, lo scatto d’uno sforzo mentale. Intravediamo di là dalla pagina l’insoddisfazione dello scrittore: avesse ragione o torto, è un altro discorso. Dire che nella Morale cattolica preesiste il mondo morale dei Promessi sposi, in tutta la sua lenta formazione, è così semplicemente chiaro che par quasi ingenuo l’affermarlo. Ma la dipendenza tra l’una e l’altra opera s’avviva e quasi mol-tiplica solo per mezzo d’un personaggio, del suo linguaggio, della sua voce; e quel personaggio, s’è già detto, è Federigo Borromeo. Bisognerà dunque dire che non già tutti i Promessi sposi si ritrovano nella Morale cattolica, o se ne trova solo il senso, la legge, la morale; ma si ritrova vivo, parlante, Federigo Borromeo e, dei Promessi sposi, tutto ciò che prende colore dalla sua presenza, da lui s’informa. Diremo, per una reciproca identità, che la Morale cattolica pare quasi tutta detta (nient’altro che detta) da Federigo Borromeo. Perché il Borromeo noi lo conosciamo, certo, in quel memorabile ritratto che è nel XXII dei Promessi sposi, ma più lo conosciamo “in azione”, per usare l’espressione stessa del Manzoni, nei capitoli seguenti, nei colloqui coll’Innominato [cap. XXIII], con don Abbondio i capitoli XXV-XXVI], con Lucia [cap. XXIV e XXV), dunque alla sua voce, che ci par di ritrovare prima nella Morale cattolica e questa voce è il suo contrassegno più vero. Nella Morale cattolica, dunque, opera tutta d’alta oratoria, pur con le necessarie varietà e differenziazioni, o noi sentiamo in anticipo una parte dell’eloquenza di Federigo, e delle sue ragioni; o, per un inganno del tempo, ci par di sentirne la prosecuzione, mossa allo stesso fine, se pur diversa d’accenti. Se poi guardiamo alla qualità della prosa, troviamo, corrispondente a quel tono anzidetto, come una luce diffusa, una quieta luce, un armonioso accordo di parti, la cui bellezza sta nella perfetta e, direi, contenta compenetrazione dell’una coll’altra, quasi specchio d’una superiore altitudine. Solo talvolta, quella pienezza a lungo trattenuta, tumultua, fa impeto. Ricordiamoci di queste improvvise strette, di queste clausole: le parole stesse ne portano il segno» (Giuseppe De Robertis, Primi studi manzoniani, Firenze, Le Monnier, 1949, http://spazioweb. inwind.it/letteraturait/varie/morale.htm).

(22)

373

LA BIBLIOTECA AMBROSIANA NEI «PROMESSI SPOSI»

[…] di fronte a un fallimento così inespiabile degli uomini di governo laici,

l’unica ancora di salvezza è offerta dall’operosità indefettibile dell’istituzione

ec-clesiastica. Essa viene personalizzata nel romanzo come una presenza

comples-siva, analoga e contrapposta a quella del secolo mondano. Tanto più estranea

al potere politico quanto più insediata nell’universo sociale; la Chiesa è tramite

organizzato fra l’umano e il divino: per ciò si propone come luogo di tutte le

mediazioni, nell’ordine dei rapporti interpersonali. Punto di riferimento per

ogni classe, ceto, categoria, non sposa gli interessi di alcun gruppo specifico ma

si applica a dirimere i contrasti con un magistero d’insegnamento che riporta

i particolarismi privati o castali o corporativi alle necessità primarie del bene

collettivo

20

.

Il bene è il meglio. Il meglio è descritto, un po’ didascalicamente, nella nota

biografica sul cardinale, che rappresenta una parte cospicua del capitolo XXII,

e in questo meglio la descrizione della fondazione della biblioteca risalta sulle

altre opere del cardinale

21

. La biblioteca rappresenta un aspetto positivo

dell’o-pera secolare della Chiesa, che si contrappone all’effetto negativo della

secola-rizzazione ed è la dimostrazione dell’animo aperto del cardinale. Federico

in-fatti è parco nei costumi e nei consumi, attento alle spese per la propria

perso-na, così attento che queste

[…] cure, che potrebbero forse indur concetto d’una virtù gretta, misera,

an-gustiosa, d’una mente impaniata nelle minuzie, e incapace di disegni elevati;

se non fosse in piedi questa biblioteca ambrosiana, che Federigo ideò con sì

animosa lautezza, ed eresse, con tanto dispendio, da’ fondamenti.

La Biblioteca Ambrosiana dimostra la capacità della Chiesa cattolica di

proget-tare grandi opere, la sua superiorità operativa che si esplica nel campo

dell’assi-stenza e della cultura. In vari capitoli del romanzo Manzoni evidenzia la forza

della fede e gli aspetti essenzialmente spirituali di Federico, e nel capitolo XXII

esalta la capacità del cardinale di condursi nel tempo tramite questa grande

ope-ra architettonica e intellettuale. Da più parti è stato evidenziato lo spirito

bor-ghese che anima I promessi sposi e il tentativo di conciliare l’ideale borbor-ghese con

il cattolicesimo dell’autore. Così

20 V. Spinazzola, Il libro per tutti cit., p. 194.

21 Secondo Calvino «attorno a Renzo e Lucia e al loro contrastato matrimonio le forze in

gioco si dispongono in una figura triangolare, che ha per vertici tre autorità: il potere sociale, il falso potere spirituale e il potere spirituale vero. Due di queste forze sono avverse e una propizia: il potere sociale è sempre avverso, la Chiesa si divide in buona e cattiva Chiesa, e l’una s’adopera a sventare gli ostacoli frapposti dall’altra. Questa figura triangolare si presenta due volte sostan-zialmente identica: nella prima parte del romanzo con don Rodrigo, don Abbondio e fra Cristo-foro, nella seconda con l’Innominato, la monaca di Monza e il cardinal Federigo» (I. Calvino, Il

(23)

[…]nel cristianesimo manzoniano l’accento batte sempre sui dati della libertà

e del libero arbitrio come fattori di eguaglianza sociale e assieme morale. Vi è

connessa una evidente carica di democraticità, per quanto attiene

l’organizza-zione della vita civile

22

.

Il cardinale è un intellettuale che, evidentemente conscio della

decaden-za della società e della cultura, opera affinché la rinascita civile del popolo, il

«volgo disperso» del secondo coro dell’Adelchi, si fondi anche sulla sua

rinasci-ta culturale. Per questo la biblioteca è parte della rappresenrinasci-tazione simbolica

del ruolo della Chiesa nel dramma della storia umana e, di conseguenza,

chia-ve di lettura della rappresentazione di Federico, e «tutto il romanzo –

ricordia-mo ancora il giudizio di Calvino – culmina nella fondazione della Biblioteca

Ambrosiana, a coronare […] la vita di Federigo Borromeo». L’Ambrosiana

na-sce non in contrapposizione e in concorrenza ad altre grandi biblioteche, ma

secondo un progetto pubblico che la distingue e la caratterizza da quelle

esi-stenti. Sua natura peculiare è essere centro di raccolta documentaria e centro

di produzione di cultura:

Questa biblioteca ambrosiana, che Federigo ideò con sì animosa lautezza, ed

eresse, con tanto dispendio, da’ fondamenti; per fornir la quale di libri e di

manoscritti, oltre il dono de’ già raccolti con grande studio e spesa da lui, spedì

otto uomini, de’ più colti ed esperti che poté avere, a farne incetta, per l’Italia,

per la Francia, per la Spagna, per la Germania, per le Fiandre, nella Grecia, al

Libano, a Gerusalemme. Così riuscì a radunarvi circa trentamila volumi

stam-pati, e quattordicimila manoscritti […]. Alla biblioteca unì un collegio di

dot-tori (furon nove, e pensionati da lui fin che visse; dopo, non bastando a quella

spesa l’entrate ordinarie, furon ristretti a due); e il loro uffizio era di coltivare

vari studi, teologia, storia, lettere, antichità ecclesiastiche, lingue orientali, con

l’obbligo ad ognuno di pubblicar qualche lavoro sulla materia assegnatagli.

La polemica con la cultura sterile e la natura storica e insieme ideale del

per-sonaggio Federico viene ribadita quando Manzoni scrive:

Basterà il dire che, di nove dottori, otto ne prese tra i giovani alunni del

semi-nario; e da questo si può argomentare che giudizio facesse degli studi consumati

e delle riputazioni fatte di quel tempo: giudizio conforme a quello che par che

n’abbia portato la posterità, col mettere gli uni e le altre in dimenticanza.

La Biblioteca Ambrosiana appare quasi come la ricostruzione dell’ideale

classi-co della biblioteca, ovvero della Biblioteca di Alessandria.

Manzoni, tramite la descrizione dell’Ambrosiana, esalta la propria

concezio-ne della cultura, quale elemento attivo e illuminante per migliorare la società;

(24)

375

LA BIBLIOTECA AMBROSIANA NEI «PROMESSI SPOSI»

costruisce la figura del cardinale Federigo Borromeo quale specchio del suo

pen-siero moderno e costruttivo, attribuendogli la medesima concezione

funziona-le della cultura. L’Ambrosiana è presumibilmente un pretesto (un pretesto ben

scelto) per parlare del rinnovamento del costume culturale che si opponga

all’i-gnoranza e soprattutto ai metodi gretti e meschini di settori della società, di cui

anche alcune biblioteche sono testimonianza. La Biblioteca risulta infatti opera

d’un «principe mecenate» che si sostituisce allo Stato, assente, lontano o

imbar-barito (come il malgoverno spagnolo), per offrire ai milanesi, e tramite loro a

tutti, una consistente e qualificata raccolta libraria e un luogo di studio efficiente

e moderno, in un periodo in cui la società sembra priva di riferimenti

istituzio-nali e pervasa da disorientamento etico, civile e religioso, di cui pure la Chiesa

cattolica, la cultura e gli intellettuali hanno gravi responsabilità.

Il progetto di Federico è militante e mirato a rendere strettamente connesse

cultura documentaria e produzione di nuova cultura, in antitesi con l’uso

steri-le della cultura libresca rappresentato da don Ferrante. «Nelsteri-le regosteri-le che

stabi-lì per l’uso e per il governo della biblioteca, si vede un intento d’utilità

perpe-tua, non solamente bello in sé, ma in molte parti sapiente e gentile molto al di

là dell’idee e dell’abitudini comuni di quel tempo». Se il meglio è l’aggettivo che

esprime il valore dell’exemplum federiciano, l’utilità perpetua sembra

riecheg-giare lo scopo della letteratura come risulta dalla Lettera sul Romanticismo

scrit-ta a Massimo D’Azeglio del 1864: «L’utile per iscopo, il vero per oggetto e

l’in-teressante per mezzo». Qui l’utile coincide con la moralità in senso cattolico ed

è fine stesso della testimonianza evangelica militante tesa alla formazione delle

coscienze; essa è espressione dell’intento secolare, ma soprattutto di una linea di

politica culturale che si manifesta tramite la biblioteca che, momento

essenzia-le della rinascita sociaessenzia-le, sembra il «qual raggio di soessenzia-le da nuvoli folti traluce de’

padri la fiera virtù» (Adelchi, atto terzo). Per questo la biblioteca del cardinale

militante ha una politica improntata all’aggiornamento della raccolta secondo

criteri di apertura alla cultura contemporanea e non finalizzata alla

conservazio-ne o alla tesaurizzazioconservazio-ne dell’esistente. «Prescrisse al bibliotecario che manteconservazio-nes-

mantenes-se commercio con gli uomini più dotti d’Europa, per aver da loro notizie dello

stato delle scienze, e avviso de’ libri migliori che venissero fuori in ogni genere,

e farne acquisto». Accrescimento a cui s’accompagna un pionieristico servizio di

reference

23

. «Gli prescrisse d’indicare agli studiosi i libri che non conoscessero, e

potesser loro esser utili». La pubblicità della biblioteca è simbolica della

volon-tà politica di rinascita civile: la cultura unisce, non divide, e nello spirito

evan-gelico tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio e tutti hanno le medesime

op-portunità di crescita culturale senza distinzione alcuna:

23 Servizio di informazione bibliografica; cfr. Shiyali Ramamrita Ranganathan, Il servizio di

(25)

Ordinò che a tutti, fossero cittadini o forestieri, si desse comodità e tempo di

servirsene, secondo il bisogno. Una tale intenzione deve ora parere ad ognuno

troppo naturale, e immedesimata con la fondazione d’una biblioteca: allora non

era così. E in una storia dell’Ambrosiana, scritta (col costrutto e con l’eleganze

comuni del secolo) da un Pierpaolo Bosca, che vi fu bibliotecario dopo la morte

di Federigo, vien notato espressamente, come cosa singolare, che in questa

libre-ria, eretta da un privato, quasi tutta a sue spese, i libri fossero esposti alla vista

del pubblico, dati a chiunque li chiedesse, e datogli anche da sedere, e carta,

penne e calamaio, per prender gli appunti che gli potessero bisognare, mentre

in qualche altra insigne biblioteca pubblica d’Italia, i libri non erano nemmen

visibili, ma chiusi in armadi, donde non si levavano se non per gentilezza de’

bibliotecari, quando si sentivano di farli vedere un momento; di dare ai

concor-renti il comodo di studiare, non se n’aveva neppur l’idea. Dimodoché arricchir

tali biblioteche era un sottrar libri all’uso comune: una di quelle coltivazioni,

come ce n’era e ce n’è tuttavia molte, che isteriliscono il campo.

Prosegue Manzoni:

Non domandate quali siano stati gli effetti di questa fondazione del Borromeo

sulla coltura pubblica: sarebbe facile dimostrare in due frasi, al modo che si

dimostra, che furon miracolosi, o che non furon niente; cercare e spiegare, fino

a un certo segno, quali siano stati veramente, sarebbe Cosa di molta fatica, di

poco costrutto, e fuor di tempo. Ma pensate che generoso, che giudizioso, che

benevolo, che perseverante amatore del miglioramento umano, dovesse essere

colui che volle una tal cosa, la volle in quella maniera, e l’eseguì, in mezzo a

quell’ignorantaggine, a quell’inerzia, a quell’antipatia generale per ogni

appli-cazione studiosa, e per conseguenza in mezzo ai cos’importa? e c’era altro da

pensare? e che bell’invenzione! e mancava anche questa, e simili; che saranno

certissimamente stati più che gli scudi spesi da lui in quell’impresa; i quali furon

centocinquemila, la più parte de’ suoi.

Federico si pone come antesignano della società borghese per cui Manzoni

chiosa: «Una tale intenzione deve ora parere ad ognuno troppo naturale, e

imme-desimata con la fondazione d’una biblioteca: allora non era così». La biblioteca di

Borromeo è un luogo aperto a tutti (certo ancora non ai Renzo e ai Bortolo, alle

Agnese e alle Lucia), dove i libri sono esposti all’uso pubblico, dove tutti senza

diffe-renza (i tutti sono ovviamente i coloro che sanno leggere e scrivere) possono

accede-re ai libri, alla cultura. Chiosa l’autoaccede-re: «E l’eseguì, in mezzo a quell’ignorantaggine,

a quell’inerzia, a quell’antipatia generale per ogni applicazione studiosa». Un

giu-dizio sferzante e senza appello nei confronti della società seicentesca. Oggi sarebbe

diverso? Creare strutture stabili di conservazione e accesso libero alla cultura

signi-fica arricchire, quindi, servire la società. Questa è, secondo noi, la novità introdotta

da Federico Borromeo, la novità che Manzoni, scrittore cattolico borghese

libera-le progressista, fautore di un risveglio culturalibera-le ed etico, introduce con il

personag-gio storico letterario di Federico Borromeo, fondatore della Biblioteca Ambrosiana.

(26)

FUP

Bib

lioteche r

eali,

bib

lioteche imma

ginarie

– a cura di Anna Dolfi

Biblioteche reali,

biblioteche immaginarie

In uno degli scritti teorici di Calvino troviamo la suggestiva e

borgesiana proposta della biblioteca non solo come raccolta di

opere, ma come sistema incrociato di combinazioni. La stessa

letteratura altro non sarebbe che una biblioteca continuamente

soggetta a mutamenti tesi a scalzare gli autori canonici per

fare emergere gli apocrifi . Giacché, se la letteratura nasce

e si nutre di desiderio, non può accontentarsi del dato, ma

proiettarsi nel luogo di quello che non c’è, o che, se anche c’è,

è nascosto, ancora invisibile e lontano. Le biblioteche allora

non solo sono infi nite, ma cambiano il senso di un libro a

seconda della sezione in cui lo dispongono, della collocazione,

delle modalità di consultazione e utilizzo, del modo di giocare

gli spazi, di aprire/chiudere alla luce, all’ombra (in grattacieli,

in sotterranei), facendo della biblioteca un luogo dove libri e

lettori interagiscono in spazi talvolta mitici. Raccolta come

sono, le biblioteche, per interposto racconto, non solo dei

libri sopravvissuti alle catastrofi della storia, ma di quelli

bruciati, perduti, inventati, che, per il solo fatto di essere stati

almeno una volta scritti o pensati, hanno lasciato traccia.

In questo libro, di grande ricchezza e suggestione, ideato e

curato da Anna Dolfi , si rifl ette, con esemplifi cazioni dalla

grande letteratura moderna, sul rapporto tra ombre di carta

e di celluloide, tra inconturnables e marginalia, alla ricerca

dei libri dentro le biblioteche e delle biblioteche dentro i libri.

Sullo sfondo la musica, la geniale recitazione di Carmelo Bene,

le strisce dei graphic, i progetti architettonici, gli schermi dei

computer, e le pagine di un romanzo incompiuto di Giuseppe

Dessí che parla di una biblioteca murata e di una cascata di

libri all’origine di un immaginario romanzesco.

insegna all’Università di Firenze Letteratura italiana moderna e

contemporanea ed è socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei.

Tra i migliori studiosi di Leopardi e di narrativa e poesia del

Novecento, ha progettato e curato volumi di taglio comparatistico

dedicati alle «Forme della soggettività», sulle tematiche del

journal intime, della scrittura epistolare, di malinconia e

malattia malinconica, di nevrosi e follia, di alterità e doppio nelle

letterature moderne, dedicando recenti raccolte alla saggistica

degli scrittori, alla rifl essione fi losofi ca nella narrativa, al non

fi nito, al mito proustiano, al rapporto tra letteratura e fotografi a.

A

nn

a D

ol

fi

In copertina: Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana, Palazzo Corsini, Roma.

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