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La Responsabilità Sociale d'Impresa nei paesi BRIC: un'analisi empirica dei fattori che determinano l'adozione di politiche sociali

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Marketing e Ricerche di

Mercato

TESI DI LAUREA

La Responsabilità Sociale d'Impresa nei paesi BRIC:

un'analisi empirica dei fattori che determinano l'adozione di

politiche sociali

Relatore: Prof.ssa Elisa Giuliani

Candidato: Sara Sarni

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Indice

Introduzione……….

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Capitolo Primo: La Responsabilità Sociale d’Impresa nei paesi BRIC……….. 6

1.1 L’evoluzione del concetto di Responsabilità Sociale di Impresa……… 6

1.2 La Responsabilità Sociale d’Impresa nei paesi BRIC………... 9

1.3 Le iniziative di RSI………. 19

1.3.1 Le politiche sociali……… 20

1.3.2 I RSI report……… 21

1.3.3 UN Global Compact……….. 22

1.3.4 Global Reporting Initiative (GRI)……….. 27

1.4 Il Framework teorico………... 28

Capitolo Secondo: La metodologia……… 33

2.1 Il campione……….. 33

2.2 Le variabili……….. 33

2.2.1 Variabili dipendenti………... 34

2.2.2 Variabili indipendenti ………... 38

2.2.3 Variabili di controllo………. 42

Capitolo Terzo: L’analisi dei dati ………. 46

3.1 Modelli di regressione per l’adozione di politiche di RSI ……… 48

3.2 Risultati per l’adozione di politiche di RSI ……… 52

Considerazioni conclusive ………. 58

Bibliografia ………. 62

Sitografia ………. 64

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Introduzione

Il termine BRIC è un acronimo che indica quattro paesi, in particolare Brasile, Russia, India e Cina, caratterizzati da uno sviluppo sorprendente che gli ha permesso di acquisire sempre più peso nel mercato globale. Il termine è stato introdotto, circa dieci anni fa, dall’economista Jim O’Neill il quale sosteneva che questi paesi meritassero una particolare attenzione in quanto sarebbero stati, negli anni seguenti, protagonisti di una forte crescita sotto il profilo economico; nel periodo dal 2001 al 2010, infatti, sia la popolazione totale dei paesi BRIC che il loro PIL sono aumentati notevolmente.

Sebbene l’acronimo associ quattro Paesi non geograficamente vicini tra loro, essi caratterizzano un’area economica ben definita, poiché ad unirli sono aspetti socio-demografici molto simili come la condivisione di un elevato numero di abitanti, la presenza e la crescita esponenziale di un ampia domanda e una posizione futura dominante nel settore manifatturiero, in quello dei servizi e nel settore primario.

Nonostante la loro forte crescita, i paesi BRIC stanno ancora cercando di raggiungere la piena legittimità in ambito internazionale cercando di allinearsi alle norme globali adottando un portafoglio di iniziative di RSI più contemporaneo, comprendente l’adesione al Global Compact e alle linee guida del Global Reporting Inititive, oltre all’impegno che già rivolgono in iniziative filantropiche e progetti sociali che hanno lunghe radici storiche in questi paesi. Questo perché, a causa della differenza dei valori e delle norme culturali vigenti in tali paesi, i competitors occidentali vedono le economie BRIC con un grado di sospetto e preoccupazione soprattutto per quello che concerne la loro capacità di affrontare adeguatamente i problemi ambientali, sociali e di governance date le debolezze istituzionali che li caratterizzano.

I modi in cui la RSI viene compresa, attuata e condivisa all’interno di un paese variano notevolmente, a seconda del sistema di business da esso adottato, dai sistemi politici e finanziari, dall’istruzione, dalla situazione lavorativa del paese,

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dalle caratteristiche strutturali del settore in cui le imprese operano e dal modello di corporate governance adottato. Anche se i paesi BRIC presentano una crescita economica simile, i loro sistemi aziendali nazionali sono molto differenti e questo spiega la diversità di come la RSI viene concepita nei diversi paesi.

L’obiettivo della tesi è quello di inquadrare il fenomeno della Responsabilità Sociale d’Impresa nei paesi BRIC, determinando i fattori che ne influenzano l’adozione da parte delle imprese considerate. In particolare la ricerca si focalizza sul ruolo dell’internazionalizzazione delle imprese, di cui si considerano sia gli aspetti quantitativi che qualitativi, e sui tipi di iniziative di RSI maggiormente utilizzate per raggiungere la legittimità. Inoltre si cerca di capire l’adozione di quali dei tipi di iniziative di RSI considerate è più influenzata dall’isomorfismo locale.

Per esplorare il fenomeno della RSI nei paesi BRIC ci basiamo su un campione di 60 imprese multinazionali, provenienti dai paesi emergenti, selezionato in riferimento al ranking “Forbes Global 2000” in relazione all’anno 2011.

Per l’analisi si sceglie di concentrarsi sulle grandi imprese in quanto, in virtù della loro importanza, esse hanno una maggiore visibilità rispetto alle aziende di minori dimensioni e in quanto possiedono maggiori risorse da poter investire in politiche di RSI; consideriamo 15 imprese per ognuno dei quattro paesi BRIC i cui dati si riferiscono al periodo 2003-2010.

Per esigenze di chiarezza l’elaborato è suddiviso in tre parti.

Nel primo capitolo è stata affrontata l’analisi della lettura presente in materia di Responsabilità Sociale d’Impresa cercando di capire come si evoluto tale concetto nel tempo a partire dalla sua prima manifestazione; si prosegue poi con una breve descrizione della storia dei quattro paesi BRIC con riferimento all’adozione delle politiche di RSI in ognuno dei essi.

In seguito, vengono descritte le differenti iniziative di RSI, che sono state considerate nell’analisi per capire in che misura queste vengono adottate dalle imprese BRIC nelle loro differenti strategie di legittimazione. Il capitolo si

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conclude, infine, con l’identificazione delle variabili che devono essere considerate per il perseguimento degli obiettivi di ricerca.

Il secondo capitolo invece, spiega la metodologia utilizzata presentando i dati che sono stati raccolti e operando un’analisi descrittiva delle variabili considerate per l’elaborazione della ricerca.

Infine nel terzo capitolo si procede con la spiegazione del modello di ricerca utilizzato per l’elaborazione dei dati, per poi concludere con l’analisi e la discussione dei risultati ottenuti.

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CAPITOLO PRIMO

La Responsabilità Sociale d’Impresa nei paesi BRIC

1.1 L’evoluzione del concetto di Responsabilità Sociale di Impresa

Nonostante esista un consistente corpo di letteratura sulla Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI), darne una definizione esaustiva ed univoca non è così semplice. In primo luogo, questo perché la RSI è sempre stato un concetto oggetto di dispute essendo internamente complesso e non avendo delle regole precise di applicazione. Secondariamente RSI si può definire un termine ombrello, vale a dire un’espressione comprendente una serie di significati, concetti o comportamenti che sono in relazione più o meno stretta col termine in questione. Infine è un fenomeno caratterizzato da un’elevata dinamicità (Matten & Moon, 2008).

Al centro della concezione di RSI, è l’idea che essa rifletta le conseguenze sociali del successo aziendale. La RSI a livello pratico consta di politiche chiaramente articolate e comunicate; tuttavia la precisa manifestazione e direzione della RSI è a discrezione di ogni impresa ed è anche per questo che non è stato facile, fin dal passato, darne un’univoca definizione (Matten & Moon, 2008).

Le prime preoccupazioni legate al concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa risalgono addirittura agli anni Venti e Trenta dello scorso secolo, negli Stati Uniti, quando si iniziava a pensare che l’ambiente esterno potesse avere un’influenza sui processi decisionali di un’impresa.

Tuttavia l’inizio di una vera e propria letteratura sull’argomento si ha con Howard Bowen, ritenuto il padre della Responsabilità d’Impresa, in quanto con la sua opera “Corporate Responsabilities of the Businessman”, per primo introduceva il termine di Responsabilità Sociale d’Impresa e ne dava una definizione: “its refers to the obligations of businessman to pursue those policies,

to make those decisions, or to follow those lines of action which are desiderable in terms of the objectivies and values of our society”(Carroll,1999 p.270).

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Da tale definizione si evince come il dibattito sull’argomento sia concentrato sulla responsabilità sociale dei “businessmen” i quali hanno la capacità, attraverso il loro operato in azienda, di incidere sul contesto ambientale circostante (Carroll,1999).

Da allora molti altri autori hanno tentato di definire la RSI sulla base della loro interpretazione del concetto e tra i primi anni del 1960 e gli ultimi del 1970 si verifica una svolta nel dibattito sul tema della responsabilità sociale con l’opera di Milton Friedman (1962) il quale sostiene che la massimizzazione del profitto, e quindi la sfera economica, sia l’unico dovere dei managers (Friedman, 1962). Tale concetto viene gradualmente superato da alcuni autori come Keith Davis (1960) il quale sosteneva che la RSI faceva riferimento alle azioni e decisioni prese per ragione diverse dall’interesse economico o tecnico dell’azienda e sottolinea l’importanza del legame esistente tra potere e responsabilità sociale sostenendo che il trascurare decisioni in ambito di responsabilità sociale nel lungo periodo può portare al deterioramento del proprio potere da parte di un dirigente; Davis inoltre sostiene che le imprese debbano intraprendere decisioni che vanno oltre l’interesse meramente economico e tecnico dell’azienda (Davis, 1960).

Anche McGuire (1963) sottolinea la necessità per le imprese di considerare non solo gli obblighi di carattere economico ma anche le responsabilità che sono legate a tali obblighi (McGuire, 1963).

Successivamente l’attenzione verso le responsabilità che l’azienda deve assumersi per essere attivamente coinvolta nel miglioramento dell’ambiente sociale diventa un punto fondamentale per la definizione delle politiche aziendali.

In tale contesto si inserisce il pensiero di Archie Carroll il quale, nel 1979, elabora una definizione di RSI che, secondo lui, per essere completa doveva includere gli obiettivi sia di natura economica che sociale e sintetizzare le differenti responsabilità che fanno capo all’impresa e che vanno oltre la creazione del profitto e il rispetto delle leggi. A tal proposito, la definizione proposta da Carroll è la seguente: “The social responsibility of business

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encompasses the economic, legal, ethical and discretionary expectations that a society has of organizations at a given point in time” (Carroll, 1999, p.283).

Le responsabilità di cui parla Carroll, sono rappresentabili in una piramide composta da quattro livelli.

Figura 1. La piramide di Carroll. Fonte Carroll (1991).

Alla base della piramide, Carroll, pone la responsabilità economica in quanto l’impresa ha in primo luogo il compito di creazione di valore per gli azionisti e produzione di beni e servizi per il mercato.

Il secondo livello riguarda, invece, le responsabilità legali che riguardano il rispetto del sistema giuridico vigente; tali responsabilità si integrano con quelle economiche come basi del sistema di una libera impresa.

Il livello successivo riguarda le responsabilità etiche che un’impresa è tenuta a rispettare e prevedere, il conformarsi ai valori sociali e l’agire con equità, giustizia e imparzialità; questo terzo livello deve considerarsi come un’interazione dinamica con la categoria delle responsabilità legali.

Infine al vertice è situata la responsabilità discrezionale, che comprende le attività a carattere puramente volontaristico compiute dall’impresa senza alcuna prospettiva di ritorno. Tale responsabilità include tutte le azioni che rispondono alle aspettative sociali e che possono comportare un miglioramento nella qualità della vita della comunità in cui l’impresa opera.

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Carroll inoltre specifica che i quattro livelli di responsabilità non devono considerarsi reciprocamente esclusivi ma interpretati in modo trasversale in quanto la responsabilità sociale di un’impresa implica l’adempimento di tutte e quattro le responsabilità (Carroll,1991).

Gli anni ’80 sono invece caratterizzati dal passaggio dallo shareholder

management, incentrato sulla creazione di valore unicamente per gli azionisti,

allo stakeholders management basato sulla realizzazione di un bilanciamento tra gli interessi di tutti gli stakeholders che porta a far coincidere la responsabilità economica con quella sociale. Questo nuovo approccio deriva dalla Stakeholders

Theory formulata nel 1984 da Edward R.Freeman in base alla quale il successo di

un’impresa è legato alla sua capacità di cogliere e soddisfare le richieste degli interlocutori con cui si relaziona. Col termine stakeholders Freeman intende i soggetti che sono influenzati e che possono influenzare il raggiungimento degli obiettivi dell’impresa (Freeman, 2007).

Dagli anni ’90 fino ad arrivare ai giorni nostri il concetto di responsabilità sociale di impresa si arricchisce con ulteriori tematiche e si assiste ad un moltiplicarsi di nozioni e prospettive analitiche divenendo una questione sempre più importante e centrale tanto da entrare a far parte dell’agenda strategica di ogni impresa.

Lo scenario attuale, tuttavia, sta ancora mutando evidenziandosi un possibile svuotamento del concetto di RSI che rischia di perdere il suo significato originale divenendo un comportamento mirato unicamente a migliorare l’immagine organizzativa dell’impresa (Capecchi, 2005).

1.2 La Responsabilità Sociale d’Impresa nei paesi BRIC

Il termine BRIC è un acronimo che indica quattro paesi, in particolare Brasile, Russia, India e Cina caratterizzati da uno sviluppo sorprendente che gli ha permesso di acquisire sempre più peso nel mercato globale. Il termine è stato introdotto, circa dieci anni fa, dall’economista Jim O’Neill il quale sosteneva che questi paesi meritassero una particolare attenzione in quanto sarebbero stati, negli anni seguenti, protagonisti di una forte crescita sotto il profilo economico e in

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quanto potevano facilmente aspirare a divenire le maggiori potenze mondiali. Nel periodo dal 2001 al 2010 infatti la popolazione totale dei paesi BRIC è aumentata da 2.654 milioni a 2.880 milioni, il PIL totale è aumentato da 7,4 miliardi dollari a 19,4 miliardi dollari con un tasso medio di crescita reale del 8,2 %. Nel 2010 , i paesi BRIC rappresentano più di un quarto del territorio del mondo, il 42% della popolazione mondiale e il 25 % del reddito nazionale lordo mondiale rispetto al 17% del 2001 (Giuliani et al.,2013).

Sebbene l’acronimo BRIC associ quattro Paesi non geograficamente vicini tra loro, essi caratterizzano un’area economica ben definita, poiché ad unirli sono aspetti socio-demografici molto simili. Innanzitutto condividono un elevato numero di abitanti, elemento positivo che, oltre a favorire l’aumento dell’offerta di lavoro, determina un costo della mano d’opera inferiore rispetto a quello dei paesi industrializzati. Secondariamente, sotto il profilo dell’investimento, importante è la presenza e la crescita esponenziale di un ampia domanda, dovuta al gran numero di consumatori locali. Ed è proprio per questi motivi che la maggior parte delle strategie d’internazionalizzazione delle imprese degli anni Novanta si sono concentrate in questi Paesi, per ricercare vantaggi di costo in termini produttivi e per insediarsi con sedi proprie allo scopo di conquistare gli utenti della zona.

Nonostante la loro forte crescita, i paesi BRIC stanno ancora cercando di raggiungere la piena legittimità in ambito internazionale e per riuscirci cercano di allinearsi alle norme globali e colmare le lacune di legittimità esistenti adottando un portafoglio di iniziative di RSI più contemporaneo come l’adesione al UN

Global Compact e alle linee guida del Global Reporting Inititive (GRI).

A causa della differenza dei valori e delle norme culturali vigenti in tali paesi, i

competitors occidentali vedono le imprese dell’area BRIC con un grado di

sospetto e preoccupazione soprattutto per quello che concerne la loro capacità di affrontare adeguatamente i problemi ambientali, sociali e di governance date le debolezze istituzionali che caratterizzano tali paesi. Inoltre, i modi in cui la RSI viene compresa, attuata e condivisa all’interno di un paese variano notevolmente,

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a seconda del sistema di business adottato dal paese stesso, dai sistemi politici, finanziari, di istruzione, di lavoro vigenti, dalle caratteristiche strutturali del settore in cui le imprese operano e dal modello di corporate governance attuato. Sebbene i paesi BRIC condividano una simile traiettoria della recente crescita economica, i loro sistemi aziendali nazionali sono molto differenti, e questo spiega la diversità di come la RSI essa è stata concepita nei diversi paesi (Giuliani et al., 2013).

Vediamo ora, in breve, la storia dei quattro paesi BRIC per capire in che contesto le politiche di RSI sono state adottate in ognuno di essi.

Brasile

Il Brasile, paese caratterizzato da una grande diversità di popolazione al suo interno e da una storia molto travagliata, ha conosciuto crescita sviluppo mentre affrontava le pressioni economiche e fiscali in un contesto di disparità regionali. Il Brasile ha una presenza dinamica nell’economia globale producendo un vasto assortimento di prodotti grazie all’enorme disponibilità di materie prime agricole, minerarie ed energetiche di cui dispone; questo paese infatti è il più grande esportatore nel mondo di prodotti agro-alimentari come caffè, agrumi, cacao, soia, carni e tabacco anche se uno dei settori più promettenti è quello energetico,

caratterizzato da una rapida espansione. Secondo alcuni studiosi, la cultura manageriale brasiliana è caratterizzata dal

paternalismo1, da concentrazione di potere, forte lealtà ad un leader riconosciuto e flessibilità che sono tratti utili e interessanti per creare organizzazioni culturali efficaci ma anche umane. Inoltre tratto tipico della cultura brasiliana è il “jeitinho” che può considerarsi un meccanismo di adattamento che consente agli

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Il paternalismo è una forma di governo in cui tutti i provvedimenti in favore della popolazione vengono affidati alla comprensione e alla buona volontà del sovrano al popolo stesso. Parte quindi dal presupposto che il sovrano sia in buona fede ed interessato al bene pubblico,vi è una relazione tra superiori e loro subordinati in cui i superiori forniscono protezione e guida in cambio di fedeltà e deferenza da parte del subordinato.

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individui e alle imprese di funzionare, nonostante il contesto legislativo rigido e

soffocante, i sistemi di gestione paternalistica, la massiccia burocrazia. La società brasiliana, inoltre, è caratterizzata da una significativa disparità di

reddito e concentrazione di ricchezza nelle mani di una piccola porzione della popolazione facendo risultare il Brasile tra i dieci paesi del mondo con la più alta disparità di distribuzione di ricchezza (Ardichvili et al.,2011).

Per quanto concerne la RSI in Brasile, c’è da sottolineare che il governo spesso non riesce a rispondere a tutte le esigenze della società (ad esempio per quanto riguarda l’affrontare la povertà e altri problemi di assistenza sociale) e che, spesso, i cittadini singoli e le imprese si trovano a dover affrontare tali problematiche da soli senza l’aiuto del governo brasiliano. Il concetto di cittadinanza in Brasile deriva da questa responsabilità e si considera avere radici cattoliche in quanto la prima organizzazione creata per affrontare il problema della responsabilità sociale d’impresa in Brasile era rappresentata da un ramo del

International Christian Union of Business Executives, che dal 1961 è cresciuto e

ha cercato di riattivare la tradizione cattolica di carità e promuovere la comprensione di una visione cristiana del mondo degli affari. La storia recente del Brasile ha visto imprenditori riuniti per discutere i ruoli e le responsabilità delle imprese nella società. Tipici esempi sono il gruppo Pensamento Nacional das Basi Empresariais (PNBE) formatosi nel 1987, il Grupo de Institutos Fundações e Empresas (GIFE) formato a metà degli anni 1980, e la creazione nel 1989 del Asociaciao Brazilera dos Fabricantes de Brinquedos ( Abrinq ) da parte di un avvocato brasiliano leader della RSI, Oded Grajew. Inoltre, nel 1998 l’imprenditore Grajew fondò l’Ethos Institute come associazione di imprese il cui obiettivo era quello di diffondere la pratica della CSR in Brasile, e che attualmente conta oltre 1.500 aziende associate. Grazie alla creazione di queste organizzazioni si è iniziata a diffondere una mentalità orientata alla RSI, costruita su una lunga tradizione di filantropia legata alla carità cattolica. Un altro contributo innovativo in Brasile è rappresentato dalla decisione, presa dal principale borsa valori nazionale (São Paulo-based Bovespa) nel dicembre 2005,

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di lanciare un indice di sostenibilità aziendale, che attualmente comprende 28 aziende.

I motivi dell’ impegno delle imprese brasiliane nella RSI non sono però spinti solo da fattori locali, infatti la crescente internazionalizzazione dei più grandi operatori del settore ha contribuito al rafforzamento delle politiche di RSI nel Paese. Come conseguenza di entrambe le pressioni, internazionale e locale, la RSI in Brasile ha un grado di complessità che non ha eguali in America Latina. Infatti mentre in America Latina la RSI può considerarsi ancora immatura rispetto agli standard occidentali, il Brasile ha compiuto progressi significativi e un numero crescente di imprese hanno ottenuto la certificazione sociale e ambientale ISI2, aderito al GC e adottato gli standard GRI nelle loro attività di

reporting, rendendo il Brasile il terzo più grande utilizzatore di standard GRI,

nel 2011, dopo gli Stati Uniti e la Spagna (Giuliani et al.,2013).

Russia

Con il crollo dell’Unione Sovietica (1990-1991), il governo russo avviò un processo di trasformazione dell’economia del paese verso un’economia di mercato e diede il via alle privatizzazioni delle industrie di Stato. Questa condizione però, porto ad una situazione caotica caratterizzata da corruzione diffusa, mancato pagamento delle tasse e criminalità organizzata.

Con l’ascesa di Putin alla presidenza nel 2000 le cose cambiarono in quanto il nuovo presidente cercò di ripristinare il potere dello stato facendo confluire nella figura del presidente i più ampi poteri e attuò una rivisitazione del sistema fiscale e giudiziario per cercare di ridurre la corruzione e aumentare le entrate fiscali. Putin inoltre si impegnò nel modificare il rapporto dello Stato con gli oligarchi,

2 Il marchio ISI è un marchio di certificazione per i prodotti industriali in India che certifica se un

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visti come degli usurpatori di ricchezza pubblica3 cercando di limitarne l’influenza economica e politica divenuta eccessiva e in contrasto col nuovo governo costringendo alcuni di essi in esilio e altri in prigione e riprendendo, nelle mani dello Stato, alcune industrie strategicamente importanti di petrolio e gas. Inoltre limitò la libertà di stampa e l’operato delle ONG (Crotty, 2011). Alla luce di tale contesto, la Russia contemporanea non sembra essere l’ambiente istituzionale più favorevole per lo sviluppo di politiche di RSI. La crescente internazionalizzazione delle imprese private e statali russe, però, porta verso l’adozione degli standard di RSI occidentali con la promozione di una serie di iniziative. Inoltre, dal 2000, il Ministero del Lavoro e della Protezione Sociale ha sponsorizzato la “ Russian Organization of High Social Efficiency “ un’iniziativa che offre alle aziende l’opportunità di mostrare le attività che svolgono e le pratiche che adottano in ambito di RSI in settori quali la gestione del personale, la tutela del lavoro, lo sviluppo di partenariati sociali, la promozione di stili di vita sani. Nel 2001 fu lanciato il Global Compact e nel 2002 l’Unione russa degli industriali e imprenditori ha approvato il “Corporate Code of Business

Ethics” secondo il quale le aziende russe hanno dei codici aziendali propri. Nel

2008, il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki –moon ha partecipato al rilancio del Global Compact Network in Russia durante un incontro con i più alti dirigenti del paese anche se, attualmente, la partecipazione delle imprese russe nel Global Compact delle Nazioni Unite risulta ancora bassa. Tuttavia, il governo russo fornisce pochi incentivi per i comportamenti socialmente responsabili, e per questo motivo l’adozione di politiche di RSI è considerato più simbolico che sostanziale (Giuliani et al., 2013).

India

Gli studiosi concordano sul fatto che la RSI non è un concetto nuovo in India, dal momento che i businessman indiani si sono trovati coinvolti nella soluzione di problemi sociali molto prima che la RSI divenisse un punto importante della

3 Gli oligarchi della Russia post-comunista sono uomini d’affari che hanno acquisito ricchezze sterminate

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gestione aziendale. La religione e la carità sono sempre stati intrecciati in questo paese, e ancor prima dell’indipendenza dell’India nel 1947, il settore economico aveva dato un contributo significativo alle loro comunità (ad esempio con la costruzione di scuole, ospedali). Così, l’India si basa su una tradizione culturale indigena legata alla filantropia, all’etica degli affari e un forte legame alla comunità ben radicato nella sua cultura (Giuliani et al., 2013). Per capire in che contesto si crea la RSI in India diamo uno sguardo agli aspetti storici in cui si è creata.

A differenza del capitalismo occidentale, le imprese in Asia fanno parte di una filosofia del benessere sociale incorporata nella filantropia aziendale. Verso la fine del diciannovesimo secolo alcune famiglie, in India, hanno partecipato non solo alla lotta per la libertà, ma anche al processo di costruzione della nazione divenendo così precursori dell’industrializzazione.

Prima dell’indipendenza dell’India, nel 1944, un serie di industriali hanno creato un piano di sviluppo per il paese denominato Piano di Bombay. Tra il 1950 e il 1960, lo scrittore indiano Narayan, ha dichiarato, influenzato dalla filosofia gandhiana di “trusteeship”4

, che la maggior parte degli uomini d’affari in India consideravano i loro imperi economici come un “trust” tenuto nell’interesse generale della comunità. Le imprese hanno dato un contributo significativo per supportare le scuole e ospedali, per sostenere la formazione tecnica, la salute pubblica e lo sviluppo rurale. Inoltre, dopo l’indipendenza dall’Inghilterra, l’India ha sperimentato gli elementi delle attività di RSI sponsorizzate dallo stato attraverso le grandi aziende del settore pubblico.

Quando l’economia indiana si trasformò da agricola ad industriale, si sollevarono preoccupazioni sulle conseguenze della crescita economica, che sembrava essere squilibrata. L’importanza della responsabilità sociale delle imprese è stata

4 “Trusteeship” è una filosofia socio-economica proposta da Gandhi e per lui “Trusteeship”è la sostanza

della vita, il materiale di cui è fatta la vita, perché essa consiste in ultima analisi, di relazioni. Non c'è vita senza relazioni. Questa filosofia è calcolata per promuovere le relazioni tra gli uomini i cui interessi e le cui funzioni sembrano essere in conflitto.

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sottolineata in un seminario tenutosi a Delhi in cui si affermava che la responsabilità sociale di un’impresa è una responsabilità per se stessi, per i propri clienti, per i lavoratori, per gli azionisti e per la comunità. Le variazioni dello schema economico dell’India nel 1990 hanno significativamente influenzato il settore delle imprese, provocando una maggiore libertà dai controlli e le aziende concordano sul fatto che questa ritrovata libertà comporti maggiori responsabilità sociali (Arora e Puranik, 2004).

A partire dall’ Indipendenza dal regno Unito avvenuta nel 1947, le aziende indiane del settore pubblico si sono impegnate in varie attività di RSI sponsorizzate dallo stato, e il governo indiano, insieme con le ONG e i media, è diventato un promotore di cambiamento. Dalla liberalizzazione dell’India nel 1991 e soprattutto dopo il 2000, la RSI è cambiata in favore di un approccio più occidentalizzato, che promuove l’adozione di politiche di RSI non solo per ragioni di benevolenza, ma anche per migliorare la redditività dell’impresa. Nuove figure stanno emergendo tra cui la Corporate Roundtable sulle strategie di sviluppo per l’Ambiente e lo Sviluppo Sostenibile; il Business Council per lo Sviluppo Sostenibile dell’India. Nel 2007, la Confederation of Indian Industry (CII ) e l’ Ufficio del Global Compact hanno firmato un memorandum d’intesa in base al quale il CII formalmente ha rafforzato il suo impegno nel promuovere i principi del Global Compact delle Nazioni Unite sia in India che in tutto il mondo (Giuliani et al., 2013).

Cina

Nei primi tempi, quando il Confucianesimo era dominante in Cina, le organizzazioni imprenditoriali erano concepite come ampliamenti delle famiglie, e la responsabilità per la comunità sociale era data per scontata. La Cina inoltre ha una tradizione per cui, da un punto di vista sociale, la RSI è stata adottata prima che fosse noto quello che significava, nel senso che lo stato comunista ha sempre fornito tutti i servizi necessari alla comunità dalla nascita alla morte.

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Buddismo e Taoismo hanno influenzato le pratiche commerciali nella società tradizionale cinese, e la loro combinazione con il confucianesimo, nei secoli dal sedicesimo al diciottesimo, hanno portato ad una cultura aziendale basata su onestà, diligenza e carità. La Rivoluzione Culturale avvenuta negli anni tra il 1966 e il 1976 e la conseguente progressiva apertura dell’economia cinese ha sfidato questo approccio e ha prodotto profondi cambiamenti nella concezione cinese della RSI. Nella tradizionale società cinese comunista degli anni 1990, le aziende di Stato sono state obbligate dal governo centrale a fornire servizi sociali ai loro dipendenti e familiari (ad esempio la protezione dei lavoratori, l’istruzione, i servizi sanitari , ecc.). Durante questo periodo, i riferimenti alla RSI non sono espliciti ma, secondo gli studiosi, i servizi sociali delle SOEs (State-owned enterprises) erano la forma più vicina alla RSI in quel periodo. Dopo la riforma delle aziende del 1993, che aveva lo scopo di migliorare la competitività del mercato delle SOE e infondere una mentalità improntata allo scopo di lucro, il fatto che il governo dovesse occuparsi della fornitura dei servizi sociali ha cessato di essere obbligatorio, e gli ospedali e le scuole sono diventate una responsabilità del governo locale. Le SOEs hanno continuato a fornire questi servizi sociali, ma il governo centrale ha cessato di finanziare tali attività. Accanto a questi cambiamenti, l’internazionalizzazione dell’economia cinese è aumentata; la Cina è entrata nell’Organizzazione mondiale del commercio OMC nel 2001 ed è stata sempre più esposta a significativi controlli internazionali, dovuti in gran parte a diverse ragioni di comportamento irresponsabile da parte delle imprese cinesi che operano all’estero (Giuliani et al., 2013).

Le aziende cinesi che operano a livello internazionale sono più sensibili alla RSI, rispetto alle aziende operanti a livello locale, anche perché sempre più spesso devono confrontarsi con pressioni da parte di acquirenti provenienti, in particolare, dall’Europa e dagli Stati Uniti che richiedono di soddisfare codici di

condotta, il cui rispetto è visionato da terzi preposti a tale scopo. Per le aziende internazionali, il fatto che la Cina sia ancora un paese low-wage (a

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approfittare di questo aspetto non è un bene per la loro reputazione e quindi lontano dal loro interesse. Quando le aziende internazionali iniziano a cooperare, ad esempio con una joint venture, nascono spesso conflitti sui severi requisiti ambientali e sociali che le società internazionali vogliono imporre al proprio

partner cinese il quale ritiene tali requisiti un ostacolo alla rapida crescita;

l’esperienza però ha dimostrato che lo scetticismo dal partner cinese spesso può essere attenuato mediante l’attuazione concreta di progetti sia ambientali che sociali e, se tali progetti sono finalizzati al risparmio sui costi, il partner allora spesso riconosce che la responsabilità sociale delle imprese può essere utile. Anche nel caso di rilevamento di una società cinese, frequentemente sorgono problemi relativi all’ambiente e all’eredità sociale che l’azienda lascia dietro di sé. Così dal 2004 la RSI è diventata un punto all’ordine del giorno del governo cinese (Cramer, 2006).

Nel 2005, il presidente cinese Hu Jintao ha proposto il concetto di “ Società Armoniosa”, come principio guida per i responsabili politici e per le imprese, definita come una società che incoraggia la creazione di una democrazia e sostiene valori come equità, giustizia, vitalità, stabilità, ordine e un rapporto armonioso dell’ uomo con la natura. Nella creazione di questo nuovo tipo di società si può intravedere una moderna definizione di RSI. In seguito furono attuati altri interventi statali; ad esempio, nel 2006, il “Company Law”, all’articolo cinque, sottolinea che un’impresa nel svolgere la sua attività deve agire in buona fede e impegnarsi nella responsabilità sociale rispettando leggi e regolamenti conformi alla morale sociale ed etica di impresa. Durante questo periodo inoltre, le due borse cinesi (Shenzhen e Shanghai) hanno intrapreso azioni volte a promuovere la divulgazione della RSI e nel 2008 la borsa di

Shanghai domandò ad alcune società quotate (ossia le società quotate in Borsa di Shanghai Corporate Governance Index, le società quotate all’estero e le aziende

del settore finanziario) di emettere una relazione annuale a partire dall’anno fiscale 2008. Inoltre nel 2008, l’attività di supervisione e amministrazione della Commissione statale del Consiglio di Stato (SASAC), l’organismo di regolamentazione SOE cinese, ha pubblicato il suo “ Guiding Advice on

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Fulfilling Social Responsibility by SOEs” (consigli per le SOEs sul rispetto della

responsabilità Sociale), con l’obiettivo di sottolineare il ruolo esemplare delle aziende di Stato che attuano politiche di RSI e delineandone i principi e le misure di attuazione.

In conclusione, il governo cinese ha un ruolo centrale nella promozione e nelle decisioni in merito alle linee di RSI da attuare nel paese, mentre gli altri

stakeholders sembrano contribuire solo in minima parte a questo processo

(Giuliani et al., 2013).

1.3 Le iniziative di RSI

La letteratura esistente sulla RSI nei paesi BRIC pone dei dubbi in merito al fatto che le iniziative di RSI siano utilizzate anche per raggiungere la legittimità. Potrebbe essere, infatti, fuorviante associare l’impegno delle imprese nelle politiche sociali all’internazionalizzazione e all’isomorfismo locale solo perché tali attività sono descritte, da studi precedenti, come radicate da decenni nella cultura del paese improntata ad un impegno verso la società. Questo impegno può anche avere delle ragioni che hanno poco a che fare con la ricerca di legittimità da parte delle imprese. Ci si aspetta, d’altra parte, che iniziative più simboliche come quelle di reporting e adesione al UNGC siano, invece, molto più ancorate alla ricerca di legittimità nei mercati internazionali; inoltre l’adozione di questa iniziative di stampo occidentale potrebbero anche risultare essere il risultato dell’isomorfismo locale data l’enfasi crescente che i governi pongono su tali strumenti. E’ comunque da sottolineare che, a causa dell’eterogeneità delle imprese, non dobbiamo aspettarci che le attività di

reporting e le attività basate sull’aderenza a determinati principi vengano adattate

in modo simile nei paesi BRIC. L’adesione a iniziative basate su principi da seguire, come ad esempio il “UN Global compact”, implicano un impegno forte ed esplicito per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente; la partecipazione a questi tipi di iniziative rappresenta da un lato una buona pubblicità ma dall’altro, in caso di condotta irresponsabile, forti giudizi negativi

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da parte degli osservatori. Le iniziative di reporting, invece, sono meno esigenti in questo senso. Quindi, in generale, quest’ultime rappresentano il modo più attuabile e semplice per raggiungere la legittimità nei mercati internazionali mentre le iniziative basate sull’aderenza a determinati principi sono adottate più come conseguenze delle pressioni locali (Giuliani et al.,2013).

Di seguito, è spiegato cosa si intende per politiche sociali, in cosa consistono i

report e infine vengono illustrate le principali caratteristiche del UN Global Compact e GRI.

1.3.1 Politiche sociali

L’impegno nella Responsabilità Sociale d’Impresa prevede il coinvolgimento di un’impresa in politiche sociali, intendendo quella parte delle politiche pubbliche volte ad affrontare problemi e raggiungere obiettivi riguardanti le condizioni di

vita e il benessere degli individui appartenenti ad una società. Tra le politiche sociali, quindi, sono comprese tutte quelle attività che l’impresa

svolge per raggiungere questi obiettivi.

E’ necessario introdurre, in relazione a questo argomento, il concetto di filantropia. Tale concetto, applicato all’impresa, prevede lo sviluppo di iniziative a favore delle comunità in cui la stessa opera, programmi per aree svantaggiate del mondo, piani di intervento sociale, promozione del volontariato e molte altre attività. In alcuni casi le scelte filantropiche dell’ impresa si focalizzano nell’erogazione di fondi per attività senza scopo di lucro come nel caso delle fondazioni di erogazione spesso protagoniste di finanziamenti ad attività di tipo socio-culturale. In altri casi si configurano come programmi e progetti di cui l’azienda assume la direzione, svolgendo un’azione operativa attraverso apposite divisionidell’organizzazione (Baldanza,2006).

Spesso la filantropia è un concetto radicato nella tradizione di un paese; ad esempio in Brasile la creazione di una mentalità orientata alla RSI scaturisce e

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viene creata sulla base di una lunga tradizione filantropica legata alla carità cattolica.

Politiche di tipo sociale possono riguardare anche lo sviluppo di strategie di

cause-related marketing ; con tale termine si intende, nella concezione moderna,

l’attività di partnership che si instaura tra un’impresa profit e un’organizzazione senza scopo di lucro, con conseguenti benefici per entrambe le parti. Per l’impresa profit i vantaggi sono legati ad un incremento delle vendite, posizionamento differenziato della marca e incremento reputazionale dell’azienda; per l’organizzazione no profit, invece, i benefici sono legati alla raccolta dei fondi e alla maggiore visibilità della causa che sostengono.

1.3.2 I RSI report

Un’altra delle iniziative, facenti parte delle politiche di RSI considerate nell’analisi, riguarda il rilascio di RSI report. I report sociali, detti anche, “Sustainability report” sono pubblicati, periodicamente, sui siti ufficiali delle imprese come documenti a sé stanti oppure compresi all’interno degli “Annual

report” da esse divulgati. Questi documenti descrivono e comunicano gli impatti

ambientali, sociali e di governance (ESG) della loro attività ai propri

stakeholders; i report, quindi, ampliano le informazioni legate alla redditività

dell’impresa fornite dal bilancio economico, illustrando i risultati prodotti sull’ambiente, sul contesto sociale e gli effetti provocati sugli stakeholders, soddisfando i loro bisogni informativi relativi all’attività d’impresa. Le imprese sono libere di decidere come e cosa comunicare in tali report; le informazioni comunicate possono comunque essere esaminate e screditate ma le imprese, se non si sono affidate a precisi principi, possono difendersi più facilmente. Le iniziative di reporting fanno riferimento, inoltre, all’aderenza a standard internazionali progettati per omogeneizzare il più possibile, a livello globale, la struttura e il contenuto dei report. Lo standard globale di reporting è il Global

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1.3.3 UN Global Compact

“Propongo che Voi, i business leader riuniti a Davos, e Noi, le Nazioni Unite, avviamo un Patto Globale di principi e valori condivisi, che darà un volto umano al mercato globale”.

E’ con tale affermazione che Kofi Annan, in qualità di Segretario Generale delle Nazioni Unite, il 31 gennaio 1999 a Davos propone per la prima volta ai leader dell’economia mondiale presenti all’incontro di sottoscrivere con le Nazioni Unite un “Patto Globale”, al fine di collaborare per affrontare gli aspetti più critici della globalizzazione. Così, a partire dal luglio del 2000, è stata lanciata la

UN Global Compact, l’iniziativa strategica di cittadinanza d’impresa più ampia

al mondo; da allora vi hanno aderito oltre 8.700 aziende e organizzazioni provenienti da più di 130 paesi nel mondo, dando vita ad una nuova realtà di collaborazione mondiale.

Il Global Compact è un’iniziativa volontaria che cerca di promuovere il rispetto dei principi universali in materia di diritti umani, lavoro, ambiente e lotta alla corruzione attraverso l’impegno attivo delle imprese, in collaborazione con la società civile e con le organizzazioni dei lavoratori; consiste nell’ adesione ad un insieme di principi che promuovono i valori della sostenibilità nel lungo periodo attraverso azioni politiche, pratiche aziendali, comportamenti sociali e civili che siano responsabili e tengano conto anche delle future generazioni. Da un punto di vista operativo si tratta di un network che unisce governi, imprese, agenzie delle Nazioni Unite, organizzazioni sindacali con lo scopo di promuovere su scala globale la cultura della cittadinanza d’impresa e questo avviene tramite una piattaforma di elaborazione di policy e linee guida per gestire economie e politiche sostenibili; Il Global Compact comprende una struttura operativa per aziende che si impegnano nel svolgere un business responsabile per sviluppare, implementare, mantenere e diffondere pratiche e politiche sostenibili; consta inoltre di un forum nel quale è possibile conoscere,

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affrontare e condividere esperienze di business e aspetti critici della globalizzazione.

L’obiettivo principale del Global Compact delle Nazioni Unite è promuovere la creazione di una economia globale più sana e sostenibile e che garantisca a tutti l’opportunità di condividerne i benefici. Per raggiungere tale obiettivo, l’iniziativa mira a far diventare i principi del GC parte integrante della strategia delle imprese che vi aderiscono. Un ulteriore obiettivo è quello di incoraggiare e facilitare il dialogo e la cooperazione di tutti gli stakeholders di rilievo per l’attuazione dei dieci principi promossi dall’iniziativa e dei più ampi obiettivi posti dalle Nazioni Unite.

I Dieci Principi

Il Global Compact richiede alle aziende e alle organizzazioni che vi aderiscono, di condividere, sostenere e applicare, nella propria sfera di influenza, un insieme di principi fondamentali, relativi a diritti umani, standard lavorativi, tutela dell’ambiente e lotta alla corruzione. Si tratta di dieci principi5 condivisi

5 Principio I : alle imprese è richiesto di promuovere e rispettare i diritti umani universalmente

riconosciuti nell'ambito delle rispettive sfere di influenza;

Principio II: alle imprese è richiesto di assicurarsi di non essere, seppure indirettamente, complici negli abusi dei diritti umani.

Principio III: alle imprese è richiesto di sostenere la libertà di associazione dei lavoratori e riconoscere il diritto alla contrattazione collettiva;

Principio IV: l'eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato e obbligatorio; Principio V: l'effettiva eliminazione del lavoro minorile;

Principio VI: l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in materia di impiego e professione. Principio VII: alle imprese è richiesto di sostenere un approccio preventivo nei confronti delle sfide

ambientali;

Principio VIII: intraprendere iniziative che promuovano una maggiore responsabilità ambientale; Principio IX: incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di tecnologie che rispettino l'ambiente.

PrincipioX: le imprese si impegnano a contrastare la corruzione in ogni sua forma, incluse l'estorsione e le tangenti.

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universalmente in quanto derivati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, dalla Dichiarazione ILO, dalla Dichiarazione di Rio e dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione.

I primi due principi riguardano i diritti umani cioè quei diritti universali e riconosciuti a tutti gli esseri umani indistintamente. L’origine di questi due principi è attribuibile alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che ha come obiettivo quello di stabilire uno standard minimo internazionale per la protezione dei diritti e delle libertà individuali. I principi di tale dichiarazione vengono oggi considerati come legge consuetudinaria internazionale, vale a dire che non è richiesta la firma, né la ratifica, da parte dei singoli stati perché esse vengano riconosciute come norme legali. Questi principi esortano le imprese a promuovere la consapevolezza e conoscenza dei diritti umani ed impegnarsi ad applicare tali valori universali nelle loro sfere di influenza.

I successivi quattro principi del Global Compact sono inerenti al lavoro e sono stati ricavati dalla Dichiarazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sui Principi e i Diritti Fondamentali nel Lavoro. La Dichiarazione è stata adottata, nel 1998, dalla Conferenza Internazionale del Lavoro6 e chiede a tutti gli Stati membri dell’ILO di applicare i suoi principi, che sono in linea con le convenzioni sulle quali essa è basata. Tutti i paesi, indipendentemente dal loro grado di sviluppo economico, dai loro valori culturali e da quali e quante convenzioni dell’ILO abbiano ratificato, hanno l’obbligo di rispettare, promuovere e realizzare questi principi e diritti fondamentali. L’obiettivo dell’ILO è quello di ottenere il supporto del mondo delle imprese su questi principi attraverso il Global Compact. I principi riguardanti il lavoro sono relativi al riconoscimento dei diritti fondamentali sul posto di lavoro; le imprese devono accogliere questi principi e applicarli all’interno delle proprie strutture.

6 La Conferenza Internazionale del Lavoro è una riunione tripartita alla quale partecipano governi,

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Il settimo, ottavo e nono principio, invece, riguardano la tutela dell’ambiente e sono stati tratti dalla Dichiarazione dei Principi e dal Piano d’Azione Internazionale delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile (Agenda 21) definito dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo, riunitasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 Giugno 1992. Il capitolo 30 dell’Agenda 21 esprime il concetto che il commercio e il mondo imprenditoriale dovrebbero svolgere un ruolo fondamentale nella salvaguardia delle risorse naturali e dell’ambiente. In particolare le imprese possono contribuire con l’uso di produzioni più pulite e una conduzione aziendale più responsabile. Questi tre principi sono un punto di partenza per le imprese per affrontare le sfide legate alla tutela ambientale.

L’ultimo principio riguarda la lotta alla corruzione che costituisce una delle principali sfide mondiali dato che essa rappresenta un grande ostacolo allo sviluppo sostenibile e ha un effetto devastante soprattutto sulle comunità più povere. L’impatto della corruzione sul settore privato è inoltre considerevole in quanto impedisce la crescita economica, distorce la concorrenza fra le aziende e presenta seri rischi legali e reputazionali per esse. Le misure di controllo interno delle imprese includono sempre di più la valutazione delle questioni etiche e di integrità e un numero sempre maggiore di investitori è attento a questo tipo di controlli poiché da essi si determina il livello di buona gestione aziendale.

Le misure d’integrità

Per salvaguardare l’integrità del GC, non avendo le risorse per poter monitorare l’operato dei singoli partecipanti, sono state adottate dal Segretario Generale delle misure di integrità . Tali misure riguardano l’uso del nome, dell’emblema e delle abbreviazioni che fanno riferimento alle Nazioni Unite che è riservato agli scopi dell’Organizzazione; è proibito espressamente l’uso improprio dei simboli e del nome delle Nazioni Unite per intenti commerciali o di altre iniziative senza la previa autorizzazione del Segretario Generale. L’Ufficio del Global Compact

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si riserva il diritto di adottare provvedimenti come la revoca dello status di aderente o l’avvio di procedure legali.

Le misure di integrità riguardano anche il mancato invio delle Comunicazioni Annuali (Communications on Progress-COP) cioè i partecipanti al GC devono dare annualmente comunicazione, ai propri stakeholders, delle attività implementate e i progressi ottenuti nell’attuazione dei dieci principi. Ai partecipanti è inoltre richiesto di caricare le loro Comunicazioni annuali sul sito del Global Compact e/o sui siti web dei Network Locali. Nel caso in cui un partecipante sia inadempiente nel produrre e trasmettere la sua Comunicazione annuale entro i tempi stabiliti, esso verrà etichettato come “non comunicante” sul sito ufficiale. Qualora un altro anno passi senza che la Comunicazione annuale venga inviata, il Global Compact procederà alla “de-listing” cioè alla cancellazione del relativo partecipante dalla lista degli aderenti. L’Ufficio del GC si riserva il diritto di pubblicare i nomi delle imprese che sono state cancellate

per non aver ottemperato agli obblighi di comunicazione. Le imprese “non-comunicanti” potranno riacquisire status di partecipanti “attivi”

inviando la loro Comunicazione annuale mentre le imprese “de-listed” potranno riacquisire lo status di partecipanti al GC solamente previo espletamento di una nuova procedura di adesione, accompagnata dall’invio contestuale della loro Comunicazione annuale.

La Fondazione UNGC

La Fondazione per il Global Compact è un ente no profit costituito nell’Aprile del 2006 allo scopo di contribuire al reperimento dei fondi e delle risorse necessarie per sostenere lo sviluppo e la crescita dell’iniziativa. I contributi alla Fondazione sono volontari e destinati a coprire i costi sostenuti per l’organizzazione delle attività e degli eventi, per la pubblicazione di libri, documenti ed altro materiale informativo e per lo sviluppo di nuovi strumenti pratici da adottare nel quadro del Global Compact.

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1.3.4 Global Reporting Initiative (GRI)

La Global Reporting Initiative è un’iniziativa promossa nel 1997 dalla Coalition

for Environmentally Responsible Economies (CERES)7 in collaborazione con lo

United Nations Environmental Program (UNEP)8 con lo scopo di sviluppare

linee guida comuni, applicabili a livello globale, capaci di rendere la rendicontazione della performance ambientale e sociale delle imprese rigorosa, confrontabile e verificabile. La Sustainability Reporting Guidelines identifica i principi fondamentali e le pratiche di rendicontazione e fornisce indicatori, (soprattutto per ciò che concerne la dimensione ambientale) in base ai quali misurare la performance dell’impresa.

Gli obiettivi di tale iniziativa sono molteplici; il primo è quello di voler favorire la redazione di un “Rapporto di Sostenibilità” ovvero di un documento pubblico che descriva gli impatti di natura economica, ambientale e sociale che l’impresa o l’organizzazione genera attraverso le proprie attività. Un altro obiettivo è quello di creare uno strumento in grado di rappresentare la responsabilità dell’azienda verso la società per quantificare e monitorare le sue prestazioni ambientali, sociali ed economiche; infine con il GRI si cerca di facilitare il dialogo con gli stakeholders per rispondere meglio alle loro aspettative.

Le GRI Sustainability Reporting Lines prendono in considerazione le tre dimensioni della sostenibilità che sono:

7 CERES è un sostenitore per la leadership della sostenibilità che mobilita una potente rete di investitori,

aziende e gruppi di interesse pubblico per accelerare ed espandere l'adozione di pratiche aziendali sostenibili e soluzioni per costruire un'economia globale sostenibile. Fondato da un piccolo gruppo di investitori nel 1989 in risposta alla fuoriuscita di petrolio della Exxon Valdez , Ceres ha lavorato per più di 20 anni a tessere le strategie e pratiche sostenibili nel tessuto e il processo decisionale delle imprese, investitori e altri soggetti economici.

8

UNEP è un’organizzazione internazionale che opera dal 1972 contro i cambiamenti climatici a favore della tutela dell’ambiente e dell’uso sostenibile delle risorse naturali. La sua sede è a Nairobi (Kenya), ma opera in diverse parti del mondo tramite altri uffici amministrativi ed è costituita principalmente da un personale esperto che prende le decisioni sulle politiche ambientali e sulle attività da svolgere in aree di particolare interesse.

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1. Dimensione economica (retribuzioni e benefici, spese per la fornitura, vendite nette, interessi e dividendi erogati, tasse pagate ecc.);

2. Dimensione ambientale (gli impatti di processi, beni e servizi su aria, acqua, suolo, biodiversità e salute umana ecc.);

3. Dimensione sociale (includendo salute e sicurezza sul lavoro, livelli occupazionali, diritti dei lavoratori, diritti umani e delle popolazioni indigene ecc.).

Per ogni dimensione della sostenibilità le GRI Guidelines individuano varie categorie e determinati indicatori di performance.

Nella versione 2002, gli indicatori sono stati rivisti, riorganizzati e integrati, specie quelli sociali e quelli riguardanti la categoria economica. A livello generale, l’adesione condivisa al GRI sta prevalendo ed esso ormai costituisce lo standard internazionalmente riconosciuto per la redazione del bilancio di sostenibilità.

1.4 Il Framework teorico

Procediamo ora con l’analisi dei fattori che possono condizionare l’intensità del coinvolgimento delle imprese nelle politiche di RSI.

Innanzitutto consideriamo il grado di internazionalizzazione, che in accordo con opere precedenti, è uno dei fattori trainanti che sta dietro l’adozione di pratiche di RSI da parte delle imprese BRIC. L’internazionalizzazione è il processo per cui le imprese cominciano ad operare in mercati diversi da quelli nazionali e che fornisce all’impresa delle opportunità, in termini di risorse, di creare più del valore che riuscirebbero a creare altrimenti (Strike et al., 2006). Più le imprese cercano di espandersi fuori dai confini nazionali più si accorgono dell’importanza di applicare pratiche di RSI al fine di ottenere la legittimità internazionale e attrarre investimenti esteri. In particolare, nei paesi che hanno

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subito un processo di liberalizzazione del mercato, le imprese multinazionali (IMN) si sono rivolte sempre di più al mercato globale, al fine di compensare la riduzione di finanziamenti interni; l’adozione, da parte di tali imprese, di politiche di RSI è stata determinante per l’acquisizione di una maggiore trasparenza e credibilità internazionale (Fiaschi et al.,2013).

Legato all’internazionalizzazione è il concetto di Liability of foreignness (LOF). Il concetto di LOF si riferisce alla posizione di svantaggio in cui si trovano le imprese straniere nei paesi ospitanti rispetto a quella delle imprese nazionali (Giuliani et al.,2013). Questa posizione implica dei costi aggiuntivi che le imprese operanti fuori dal proprio paese di origine devono affrontare; tali costi saranno superiori a quelli sostenuti dalle imprese locali e possono essere di natura economica cioè costi direttamente connessi con la distanza spaziale (come ad esempio le spese di viaggio, trasporto, e di coordinamento), ma anche costi sociali derivanti dalla mancanza di familiarità con l’ambiente, dalle differenze culturali, politiche ed economiche e rischi discriminatori. Mentre i costi economici sono ben compresi e possono essere anticipati, i costi sociali diventano un problema strategico fondamentale per i manager delle imprese (Zaheer, 1995).

La costruzione di legittimità è un processo fortemente influenzato dalla mentalità dei soggetti dei paesi di destinazione e dell’idea che essi si sono creati sui sistemi istituzionali e sulle caratteristiche del paese entrante; inoltre la possibile conoscenza di comportamenti non responsabili in cui possono essere coinvolte tali imprese aggrava maggiormente l’atteggiamento di sospetto verso tali paesi (Giuliani et al.,2013). Esistono però dei modi per poter aggirare tali LOF come ad esempio, lo sfruttamento di vantaggi specifici dell’impresa e quindi i suoi punti di forza per l’abbattimento dei costi; questo, tuttavia, non è facile per le imprese BRIC in quanto spesso non dispongono di vantaggi specifici ma anzi spesso attuano investimenti all’estero proprio per acquisirne. Un modo alternativo, per superare le LOF, consiste nel partecipare alle richieste del paese ospitante attuando forme di isomorfismo per ridurre la distanza istituzionale tra il

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paese di origine e quello ospitante. I paesi BRIC cercheranno quindi di costruire la loro legittimità rispettando gli standard internazionali di RSI anche se non sempre, utilizzare politiche sociali per ottenere legittimità, funziona in quanto dipende molto dal tipo di contesto istituzionale e culturale che cambia da paese a paese (Giuliani et al.,2013).

La natura del processo di internazionalizzazione delle imprese multinazionali, è legata anche alle caratteristiche dei paesi ospitanti in cui è effettuato l’investimento. In questo senso, una dimensione rilevante è il grado di tutela dei diritti politici del paese ospitante, in particolare la libertà di stampa. La libertà di stampa è fondamentale per diffondere comportamenti aziendali scorretti, infatti, nei paesi che la riconoscono e la tutelano, l’adozione della RSI da parte delle imprese sembra essere maggiore. Quindi quando le imprese BRIC investono in paesi che sono forti sostenitori di entrambe le libertà, esse avranno bisogno di strategie di legittimazione più sofisticate rispetto a investimenti in paesi con un basso livello di tali libertà. In questi paesi, gli attori locali sono più critici e meglio informati circa ogni illecito che, a sua volta, si riflette sulla reputazione delle imprese. Quindi, è plausibile sostenere che le imprese BRIC dovranno fare sforzi supplementari e impegnarsi maggiormente per guadagnare legittimità in tali contesti (Giuliani et al.,2013). Al contrario, in società in cui il governo controlla il flusso informativo destinato ai cittadini, essi avranno una maggiore diffidenza verso le informazioni ricevute e terranno un comportamento passivo rispetto alle questioni sociali che si sentono incapaci di influenzare (Fiaschi et al.,2013). Inoltre si ritiene che la richiesta di un comportamento responsabile da parte degli stakeholders sarà più marcata nei paesi in cui il riconoscimento pubblico è più elevato. Da considerare è anche il fatto che i cittadini di società regolamentate presenteranno un livello di fiducia maggiore nelle informazioni pubbliche e quindi anche nelle comunicazioni attinenti alla RSI attuate dalle imprese (Fiaschi et al.,2013).

Tra i fattori che influenzano l’adozione di pratiche di RSI da parte di imprese multinazionali dei mercati emergenti ritroviamo anche l’influenza dei fattori

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interni al paese di origine (fattori “Home Country”); alcuni autori identificano l’ambiente di Governance, definito come le istituzioni politiche, economiche e culturali che disciplinano la gestione della società, come il fattore principale che determina l’intensità della comunicazione della RSI nei mercati emergenti. Di conseguenza, imprese multinazionali con sede in mercati emergenti che si sono evoluti verso istituzioni più trasparenti e responsabili, dovrebbero avere prestazioni migliori in materia di RSI rispetto a imprese multinazionali con sede in paesi in cui non ci sono controlli, le regole pubbliche sono vaghe e l’informazione al pubblico non è affidabile. Allo stesso tempo, alcuni autori sostengono che in paesi con una storia passata di totalitarismo e un’economia di stato regolamentata il processo verso l’adozione di politiche di RSI è probabile che sia più lento (Fiaschi et al.,2013).

Un altro fattore “Home Country” è rappresentato dalla pressione esercitata da altre aziende leader nazionali. L’adozione di alcuni strumenti di RSI può derivare da diversi meccanismi di isomorfismo coercitivo e mimetico che operano a livello nazionale. Il primo deriva spesso da influenze politiche, e in alcuni casi è una risposta alle pressioni del governo ad adottare determinate norme o codici di condotta (un esempio può essere la “società armoniosa “ in Cina). In altri casi , le pressioni isomorfiche coercitive possono provenire da ONG influenti che sono in grado di promuovere il cambiamento a livello nazionale in determinate pratiche aziendali (un esempio può essere l’Istituto Ethos in Brasile , o reti locali UNGC del paese, che svolgono un ruolo importante nel radicamento del Global

Compact all’interno di diversi contesti nazionali, culturali e linguistiche).

L’isomorfismo mimetico, invece, si verifica generalmente quando un’organizzazione inizia spontaneamente dei processi di imitazione di altre organizzazioni nel suo stesso settore per fronteggiare situazioni di incertezza (Powell e Di maggio, 1983). In tali condizioni, le organizzazioni tendono a imitare i comportamenti di imprese simili nell’adozione di politiche di RSI. Mentre l’isomorfismo coercitivo dovrebbe stimolare l’adozione anticipata di talune pratiche e iniziative di CSR, le adozioni successive possono essere potenziate ulteriormente per effetto dell’isomorfismo mimetico (Giuliani et

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al.,2013). Quindi, ci aspettiamo che l’adozione di politiche di RSI da parte di un’impresa sarà influenzata dalla prima adozione di tali politiche da parte di altri operatori dominanti nel paese d’origine (Fiaschi et al., 2013).

Nella figura 2 seguente sono riassunte le principali variabili che influenzano l’adozione delle diverse pratiche di RSI.

Figura 2. Determinanti dell’adozione delle politiche di RSI. Fonte propria.

Livello di internazionalizzazione

Libertà di stampa nel paese ospitante Isomorfismo locale Adozione delle politiche di RSI da parte di IMN

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CAPITOLO SECONDO

La Metodologia

2.1 Il campione

L’analisi si basa su un campione di 60 imprese multinazionali, provenienti dall’area BRIC, selezionato in riferimento al ranking “Forbes Global 2000” in relazione all’anno 2011; la rivista statunitense Forbes pubblica annualmente, dal 2004, una classifica contenente le principali 2000 imprese quotate al mondo. Per l’analisi si sceglie di concentrarsi sulle grandi imprese in quanto, in virtù della loro importanza, esse hanno una maggiore visibilità rispetto alle aziende di minori dimensioni e sono quindi maggiormente oggetto di controllo da parte delle organizzazioni non giuridiche (ONG). Inoltre esse hanno maggiori risorse da poter investire in politiche di RSI, utili anche per l’eventuale gestione di denuncie a loro carico; considerando le multinazionali escludiamo dal campione quindi anche le grandi aziende pubbliche che operano solo nel paese di origine. Per l’analisi sono state estratte casualmente, dalla suddetta classificazione, 15 imprese per ognuno dei quattro paesi BRIC.

La lista delle imprese considerate è in allegato A.

2.2 Le variabili

Avendo in precedenza individuato quali sono i fattori che più influenzano l’adozione di politiche di RSI, vengono raccolti i dati inerenti alle variabili che si ritengono utili e che quindi si decide di considerare per la costruzione del dataset oggetto dell’analisi.

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