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I profili di responsabilità penale da esposizione all'amianto: la vicenda Eternit tra dogmatica e politica criminale.

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione... 6

Capitolo I L’impiego dell’amianto in ambito produttivo: profili storico-evolutivi ... 9

1. Cosa è l'amianto? Breve storia dall'antichità ai giorni nostri ... 9

2. Impiego industriale dell'asbesto ... 12

2.1 La produzione industriale di amianto in Italia ... 22

3. La nascita del cemento-amianto e dell’industria mondiale dell’amianto ... 30

3.1 La industria Eternit s.p.a. in Italia. e la sua storia. ... 36

4. Le patologie asbesto-correlate e la evoluzione delle conoscenze a livello scientifico della sua nocività ... 43

5. Rapido excursus della legislazione interna in materia di amianto .... 51

Capitolo II La giurisprudenza fondata sui delitti contro la persona ... 55

Sezione I: Il problema dell'eziologia del mesotelioma e le risposte della giurisprudenza 1 Definizione di mesotelioma pleurico ed i suoi caratteri... 55

1.1 Le questioni collegate alle patologie da amianto ... 58

1.2 La teoria della dose-risposta e quella della dose-indipendenza: una questione ancora aperta nel mondo scientifico ... 61

2 Le soluzioni adottate in giurisprudenza sul decorso causale del mesotelioma ... 69

2.1 L’orientamento fondato sull’aumento del rischio ... 71

2.2 L’orientamento fondato sulla categoria della certezza prossima al 100%. ... 75

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2.3 La sentenza Franzese ed in suoi effetti sulla responsabilità da amianto: la giurisprudenza successiva alla pronuncia delle Sezioni Unite 76

2.4 La sentenza della IV Sezione della Cassazione del 2010 (c.d. sentenza Cozzini): uno spartiacque nella responsabilità penale da amianto? ... 82 2.5 La giurisprudenza più recente ... 88

3 La spiegazione causale dell’asbestosi e del carcinoma ... 90 Sezione II: Il coefficiente colposo nell'applicazione giurisprudenziale

1 Premessa ... 92 2 La prevedibilità in astratto: le conoscenze impiegate per la formulazione della misura cautelare ... 98 3 La prevedibilità in concreto: la questione del tipo di evento prevedibile ... 104 4 L’evitabilità in astratto: il problema della reale efficacia impeditiva del comportamento alternativo lecito ... 110 5 La questione della sussistenza della colpa generica ... 114 6 La misura soggettiva della colpa: il problema della prevedibilità da parte dell’agente ... 120

Capitolo III

Dai delitti contro la persona ai reati contro l’incolumità pubblica ... 122 1 La riscoperta applicativa dei delitti contro l’incolumità pubblica .. 122 2 A) L’art. 434 c.p.: il disastro innominato ... 126

2.1 Il fatto diretto a cagionare un altro disastro: il 1° comma dell’art. 434 c.p. ... 127 2.2 Il verificarsi dell’altro disastro (art. 434 2° comma) ... 130

3 La nozione di altro disastro ... 134 4 L’elaborazione giurisprudenziale del c.d. disastro ambientale: dal caso Icmesa al Petrolchimico di Porto Marghera ... 137

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4.1 (Segue) la giurisprudenza successiva alla vicenda di Porto

Marghera ... 144

4.2 La sentenza 327/2008 della Corte Costituzionale ... 145

4.3 Le critiche della dottrina alla figura giurisprudenziale di disastro ambientale ... 150

5 L’art. 437 c.p.: la rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Introduzione... 154

6 Analisi dell’art. 437 c.p. ... 157

6.1 Il soggetto attivo del reato ... 158

6.2 Il fatto tipico di cui all’art. 437 c.p. ... 159

6.3 La condotta rilevante ... 166

6.4 La realizzazione del disastro o dell’infortunio: il 2° comma . 168 Capitolo IV Il procedimento Eternit: il “fallimento” del ricorso ai delitti contro l’incolumità pubblica ... 170

Sezione I: le contestazioni dell'accusa e la sentenza di condanna di primo grado 1. La ricostruzione ermeneutica della procura: le malattie-infortunio dei dipendenti ex art. 437 c.p., ed il disastro interno ed esterno ex art. 434 c.p. 173 2. La sentenza di condanna di primo grado: la distinzione tra i capi d’accusa ... 175

2.1 Le statuizioni circa l’art. 437 c.p.: tanti autonomi delitti quante sono le malattie-infortunio contratte dai lavoratori ... 177

2.2 Le statuizioni relative all’art. 434 c.p.: il disastro esterno .... 185

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Sezione II: la conferma della sentenza di condanna da parte della Corte d'appello di Torino

1 La dichiarazione di prescrizione dell’art. 437 c.p. ... 194

2 La re-interpretazione dell’art. 434 c.p.: un solo disastro, esterno ed interno ... 195

3 La decisione sul risarcimento alle parti civili ... 205

Sezione III: la pronuncia della Cassazione e la prescrizione del disastro ambientale 1 La sentenza 7941/2015 della S.C.: la chiusura del processo Eternit 207 2 La critica della Cassazione alla ricostruzione del disastro innominato quale reato permanente ... 209

2.1 Le motivazioni della I Sezione ... 211

3 Il dibattito in dottrina sulla sentenza della Cassazione ... 213

4 Il c.d. procedimento Eternit- bis (cenni) ... 216

Capitolo V La fattispecie di disastro ambientale di cui all’art. 452-quater c.p.e i riflessi in tema di responsabilità penale da amianto ... 218

1 Premessa e sguardo d’insieme in merito alla nuova legge sui delitti ambientali ... 218

2 Il nuovo reato di disastro ambientale ex art. 452-quater c.p. L’evento rilevante: A) l’offesa al bene-ambiente ... 223

2.1 (Segue) B) l’evento offensivo all’incolumità pubblica ... 226

2.2 Le clausole di riserva e di illiceità contenute nell’art. 452-quater c.p. ... 232

2.3 L’elemento doloso ... 236

2.4 Il disastro ambientale colposo ex art. 452-quinquies c.p. ... 237

2.5 La prescrizione ... 239

3 I possibili esiti applicativi dell’art. 452-quater c.p. alla responsabilità per esposizione ad asbesto ... 240

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4 Considerazioni conclusive ... 245

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INTRODUZIONE

Oggetto di questa tesi di laurea è il tema della responsabilità penale da esposizione ad amianto. Tale questione è d’estrema attualità e delicatezza. È attuale, in quanto la celebrazione di simili procedimenti è all’ordine del giorno. L’attenzione dell’opinione pubblica, rispetto a questo tema, è aumentata notevolmente a seguito dell’infausto esito del procedimento Eternit, terminato per prescrizione. È un argomento delicato per vari motivi. In primo luogo attorno alla vicenda dell’amianto sussistono numerose complessità e incertezze. In secondo luogo i profili coinvolti nell’analisi sono tra loro in costante tensione. Infatti, da una parte vi sono beni giuridici di primaria importanza (vita e salute della persona e ambiente), offesi dall’esposizione con l’asbesto. Dall’altra, v’è la necessità di garantire il rispetto dei principi cardine del sistema penale (principio di determinatezza, di legalità e di divieto di analogia). In questa trattazione occorre, dunque, indagare se sussistano dei margini per garantire la tutela di beni di primaria importanza, evitando al contempo “flessibilizzazioni” dei canoni penalistici.

Attraverso la ricostruzione storica, si indagherà sulle ragioni che hanno comportato il successo di questo minerale e che, conseguentemente, ne hanno determinato la vasta diffusione. Un’attenzione particolare sarà rivolta alle vicende che hanno coinvolto nel nostro Paese la multinazionale Eternit.

In chiusura del capitolo primo e ad inizio del secondo, prima di passare alle risposte offerte dalla giurisprudenza, ci soffermeremo in breve, dal punto di vista scientifico, sugli effetti mortali che l’amianto provoca nell’uomo. Da quest’analisi ne emerge un quadro piuttosto complesso e a tutt’oggi incerto sotto molti e notevoli profili, soprattutto in relazione al mesotelioma pleurico: tutto ciò ha, come

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vedremo, rilevantissime e drammatiche ricadute in ambito giurisprudenziale. In riferimento a ciò, si noterà che l’interprete ha compiuto un’evoluzione: infatti, nel tempo si sono succeduti vari orientamenti, i quali hanno offerto elaborazioni più o meno convincenti.

Nella seconda parte del capitolo due si tratterà della giurisprudenza fondata sui delitti contro la persona (segnatamente l’omicidio colposo e le lesioni personali), dando ampio spazio alle soluzioni proposte in punto di decorso causale e di elemento colposo.

Dalle considerazioni che si svolgeranno, risulta un panorama d’insieme che non persuade sotto vari punti di vista, poiché come è stato autorevolmente sottolineato, tale giurisprudenza rischia di sfociare in un’“interpretazione creativa” e al contempo di scivolare verso affermazioni di responsabilità oggettiva.

Vedremo, nel capitolo terzo, che per uscire da questo impasse la giurisprudenza ha cercato delle nuove soluzioni, rinvenendole nei reati contro l’incolumità pubblica, per la precisione gli artt. 437 (disciplinante la rimozione o l’omissione di cautele contro gli infortuni sul luogo di lavoro) e 434 c.p. (che sanziona il crollo di costruzioni o altri disastri). Si evidenzierà come ambedue le fattispecie abbiano posto numerose difficoltà all’interprete. In particolare, è la ricostruzione ermeneutica di cui è stato oggetto l’art. 434 c.p. su cui va focalizzata l’attenzione. La giurisprudenza, infatti, ne ha sfruttato il contenuto indeterminato, al fine di colmare delle inescusabili lacune normative presenti nel sistema in merito a plurime situazioni di pericolo emergenti dalla nostra società del rischio post-industriale, precipuamente dal settore dell’esposizione a sostanze tossiche. Così facendo, però, l’interprete ha stravolto l’impianto originario della norma, arrivando a creare una vera e propria nuova fattispecie delittuosa, il c.d. disastro ambientale. Tale scelta ermeneutica è stata

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aspramente criticata dalla dottrina maggioritaria, la quale ha correttamente sottolineato che il nuovo delitto si presenti del tutto avulso rispetto agli elementi costitutivi propri dell’art. 434 c.p.

Tale rivisitazione “creativa” dell’altro disastro ha trovato compiuta realizzazione nel c.d. processo Eternit di Torino, in cui per la prima volta nella storia del nostro ordinamento penale, la pubblica accusa ha scelto di ricorrere ai soli delitti contro la collettività con l’intento di perseguire migliaia di eventi lesivi occorsi in danno delle popolazioni esposte ad amianto. Nel quarto capitolo, si analizzano tutti e tre i gradi di giudizio, evidenziando come le varie Corti abbiano interpretato le due disposizioni ed il perché in Cassazione – al netto delle polemiche, spesso sterili, che ne sono seguite – si è giunti a dichiarare la prescrizione del reato. La pronuncia della Suprema Corte ha mostrato tutti i limiti della scelta della giurisprudenza di impiegare i reati contro l’incolumità pubblica.

Era evidente che un intervento del legislatore non fosse più rimandabile; ed infatti dopo una lunga attesa ed un estenuante iter alle Camere, è stata approvata di recente la l. 68/2015, la quale, per la prima volta, ha introdotto nel nostro codice penale i delitti contro l’ambiente, e in particolare un’innovativa fattispecie di disastro ambientale. Nel capitolo finale, si analizzeranno i profili più importanti della novella legislativa, concentrandosi soprattutto sul nuovo delitto di disastro ambientale di cui all’art. 452-quater c.p. Successivamente, occorrerà valutare quali sarebbero le ricadute, nell’ambito della responsabilità penale da amianto, in caso di applicazione della nuova fattispecie delittuosa.

In chiusura del lavoro, si prova a spiegare perché, probabilmente, allo stato degli atti non sussista nel nostro sistema penale una fattispecie che possa esser efficacemente impiegata nella responsabilità penale da amianto.

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CAPITOLO I

L’IMPIEGO DELL'AMIANTO IN AMBITO

PRODUTTIVO: PROFILI STORICO-EVOLUTIVI

1. Cosa è l'amianto? Breve storia dall'antichità ai giorni nostri

Per poter comprendere i delicati profili della responsabilità penale da esposizione all’amianto, è necessario in primo luogo soffermarsi sulle proprietà e sulle forme di utilizzazione di questo minerale. Occorre ricostruire una visione unitaria del percorso evolutivo dell’impiego dell’amianto, spiegando come le sue qualità fondamentali ne abbiano determinato la fortuna a livello industriale.

Dal punto di vista mineralogico, l'amianto o asbesto è un minerale a struttura microcristallina e di aspetto fibroso, che rientra nella classe dei silicati. Sotto il nome asbesto, la legislazione italiana ricomprende sei composti, appartenenti a due distinti gruppi, il serpentino e gli anfiboli. Il primo comprende il crisotilo, detto anche “amianto bianco”, che in greco significa “fibra d’oro”. I secondi invece raggruppano la crocidolite, o “amianto blu” (dal greco “fiocco di lana”), l’amosite, o “amianto bruno”, la tremolite, l’antofillite e l’actinolite. Circa il novantacinque per cento dell’amianto estratto nel mondo, per lo più in miniere a cielo aperto, è del tipo crisotilo, ma la crocidolite è la più letale per l'uomo, anche se i vari tipi d'amianto presentano un'alta “potenza cancerogena” nei confronti dell'uomo.

É presente naturalmente quasi ovunque nel mondo e si ottiene facilmente dalla roccia-madre, dopo le operazioni di macinazione ed arricchimento.

La sua resistenza alle fonti di calore, agli agenti naturali e chimici, all'usura e la sua facile e pronta reperibilità a basso costo così

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come la maneggevolezza, ne spiegano il largo impiego a livello industriale e i motivi della sua fortuna fin dai tempi antichi.

Prima di analizzare i profili storici, è importante sottolineare altre proprietà fondamentali dell'amianto. Avendo natura fibrosa, esso presenta una forte resistenza meccanica ed un'alta flessibilità, ma è comunque filabile e può essere tessuto; inoltre si lega bene con materiali da costruzione, come gesso, cemento e calce, nonché con altri composti, ad esempio la gomma.

La parola amianto deriva dal greco amiantos e significa incorruttibile, al fine d’ esprimere le sue particolari proprietà, nello specifico la resistenza agli agenti corrosivi, mentre il suo sinonimo asbesto viene sempre dal greco asbestos, traducibile come inestinguibile, per la sua elevata resistenza al calore, tant'è che gli antichi Romani arrivarono a chiamarlo la “lana della salamandra”, l'animale demoniaco, secondo le leggende, che ritenevano potesse sfidare indenne le fiamme.

Già al tempo dell’impero romano non sono sconosciute le proprietà essenziali dell'amianto e largo è il suo impiego, soprattutto per scopi “magici” e “rituali”. Lo storico Plutarco ci parla di un tipo di lino incombustibile, che veniva impiegato per la produzione di tovaglioli, reti e cuffie.

Nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, si apprende che “i Romani disponevano di manufatti in amianto per avvolgere i cadaveri da cremare, allo scopo di ottenere ceneri più pure e chiare, infatti, il fuoco lo rendeva bianco e puro, perciò i sudari confezionati con esso facevano in modo da evitare la contaminazione delle ceneri reali. (…) Un ulteriore impiego, che consisteva nel porre intorno al tronco degli alberi da abbattere un panno di amianto per attutire il rumore degli stessi durante la caduta. Da questi impieghi dell’amianto come tessuto

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si evince, come già nei tempi antichi era conosciuta la capacità di tesserne le fibre, nonché le sue proprietà di isolante acustico ”.1

Dell'uso del materiale nella società romana v’è anche una testimonianza archeologica, si riporta un episodio ottocentesco, avvenuto fra degli studiosi napoletani, in cui “un ricercatore aveva mostrato una matassa d’amianto rinvenuta negli scavi ad Ercolano, che dimostrava l’utilizzo del minerale prima dell’eruzione del Vesuvio che sommerse la città.”2

Col crollo dell'impero romano le notizie di impiego dell'amianto sono quasi nulle, anche se le fonti storiografiche dell’alto medioevo ci parlano di una coperta, composta da fili di amianto, che venne utilizzata dall'imperatore Carlo Magno per impressionare i propri nemici. Nel tardo medioevo ne darà comunque testimonianza Marco Polo nel Milione descrivendone l'uso da parte della popolazione cinese nel filarlo ed ottenere delle tovaglie. Quindi se si analizzano sia le fonti antiche che le scarse fonti medievali, si ricava che il minerale era già conosciuto all'uomo per molte sue proprietà fondamentali che ne porteranno all'uso sterminato nell'età contemporanea. Inoltre, esso è conosciuto non solo in Occidente, ma anche negli altri continenti, come ci dimostra il racconto del viaggiatore veneziano, e da ultimo si capisce che già allora si sono apprese delle tecniche minime per lavorarlo e impiegarlo nella quotidianità.

A partire dall'età moderna si assiste ad una riscoperta dell'asbesto, ne è prova quanto riporta il medico Boezio che descrive come venga usato come ingrediente medico ritenendolo un medicinale miracoloso. Il minerale sarà utilizzato, senza sapere dei suoi effetti disastrosi, come medicamento fino agli anni '60 del secolo scorso, in

1

F. Carnevale e E. Chellini, Amianto. Miracoli, virtù, vizi, Firenze, Edizioni Tosca, 1992, p. 6.

2

E. Bullian, Il male che non scompare. Storia e conseguenze dell’uso dell’amianto

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particolare come polvere contro la sudorazione dei piedi e come pasta per le otturazioni dentali.

Ancora il ricorso all'amianto non è su larga scala, ma già nella seconda metà del'700 si registrano i primi tentativi di produzione su scala industriale: si deve, alla fine del XVIII sec., alla studiosa italiana Candida Lena Perpenti il brevetto dei primi guanti d'amianto ignifughi. Le già descritte qualità porteranno l’asbesto ad un successo senza precedenti, che si lega strettamente allo sviluppo della società di massa.

Da quel momento in poi, il sorgere della rivoluzione industriale, i conseguenti sviluppi scientifici e tecnologici, nonché la domanda sempre più incessante e crescente di materiali poco costosi e utilizzabili sia in campo lavorativo che domestico, portano al successo dell'asbesto e alla sua irresistibile ascesa fra la fine dell'800 ed i primi decenni del'900.

2. Impiego industriale dell'asbesto

La storia dell'amianto non è finita dato che il XX secolo rappresenta il punto di cesura rilevante per la nostra trattazione, e per questo è opportuno dedicargli una sezione apposita.

Le proprietà del minerale spiegano perché vi furono numerose ricerche dirette ad impiegarlo in campo industriale. La sua struttura altamente flessibile, il carattere meccanico, di resistenza al fuoco e alle temperature più elevate, all’azione di agenti chimici e biologici, all’abrasione ed all’usura, sia a quella meccanica che termica lo rendono particolarmente idoneo all’uso industriale. È facilmente lavorabile, inoltre è dotato di proprietà fonoassorbenti e termoisolanti. Infine si lega bene con materiali da costruzione ed altri, in particolare i

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polimeri. Quindi viene “legato”, a seconda delle esigenze, ad altri materiali al fine di sfruttare al meglio le sue peculiarità. “Nei prodotti realizzati con l’amianto le fibre possono essere libere o debolmente legate, in questo caso si parla di amianto in matrice friabile, mentre se sono fortemente legate in una matrice stabile e solida (come il cemento-amianto o il vinil-amianto), ci si riferisce all’amianto in

matrice compatta.”3

Come riporta Carnevale è alla fine dell’Ottocento, in particolare nel 1877, in cui “vennero alla luce i giacimenti di crisotilo presso Thetford e Coloraine nel Quebec ed a questa data si fa risalire la nascita dell’industria della lavorazione di queste fibre, con la progressiva e rapida evoluzione degli usi tecnologici di questo particolare minerale,”4

che si assiste al primo impiego industriale dell’amianto, mediante una lavorazione delle sue fibre. Lo sviluppo delle conoscenze tecnologiche permise in particolare di affinare e svilupparne l’uso, divenendo nel giro di pochi anni un materiale di massa.

Infatti, come evidenzia acutamente nel suo bel lavoro lo storico Bullian “ per fissare una data convenzionale di inizio dell’impiego dell’amianto nell’età contemporanea si può risalire ad un articolo apparso nel 1883 sulla prestigiosa rivista “The Engineer” intitolato “Asbestos and its applications”. Vi si riferisce della prima applicazione industriale dell’asbesto introdotta da John Bell nel 1879, che consisteva nell’isolamento di motori a vapore e che trovò un utilizzo immediato nelle marine militari della Gran Bretagna e della Germania.”5

Da quel momento esplode la “moda” dell'amianto, tant'è che arriva ad esser usato praticamente in tutti i principali settori

3

Legambiente, Dossier amianto 2011, p. 8.

4

F. Carnevale e E. Chellini, Amianto. Miracoli, virtù, vizi, op. cit., p. 20.

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industriali. Solo a titolo esemplificativo, nella prima guerra mondiale viene impiegato sia per le navi da guerra che per quelle mercantili; inoltre nel trentennio fra le due guerre, si utilizza progressivamente l’amianto nei cantieri e nella coibentazione. L’area navale sarà uno dei comparti industriali maggiormente interessati dall’uso del minerale.

Lo stesso Bullian sottopone alla sua analisi i documenti antecedenti alla seconda guerra mondiale, dai quali si può chiaramente leggere come l'amianto venisse esaltato per le sue qualità anticorrosive e antiruggine, addirittura in un documento della difesa si può notare come il feltro coibente in pura fibra d’amianto blu fosse il “preferito” da parte della marina regia italiana.

Nella prima guerra mondiale l'amianto viene impiegato negli aerei, con funzione di anticombustibile per la tela ed il tessuto dei relativi apparecchi.

Per gran parte del’900 l’asbesto viene glorificato come il materiale del futuro occidentale. Infatti mentre le conoscenze relative alla sua nocività sono ancora poco conosciute e i primi studi scientifici faticano a far presa sulla opinione pubblica, l’amianto viene esaltato dagli industriali, dai governi e dai giornali di tutto il mondo, sottolineandone le proprietà miracolose e il basso costo per la industrie nazionali. Esemplare al riguardo è un articolo del 1949 del periodico italiano “Oggi”, “articolo significativamente intitolato “Il

mondo ha fame del nostro amianto”, in cui si glorificavano le qualità

e le conseguenti applicazioni del minerale, rivendicando per l’Italia un ruolo di primo livello nel mercato mondiale amiantifero. Si sosteneva che, in quella fase di “fervore quasi frenetico” nella ricostruzione delle flotte marittime, l’asbesto risultasse una delle materie prime indispensabili per garantire l’efficienza del naviglio.”6

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Il primo vero importante settore dell’industria pesante in cui si fa ricorso alla “lana della salamandra” è quello delle ferrovie, nel dettaglio a seguito di un tragico incidente avvenuto nel 1903 nella metropolitana di Parigi, in cui un incendio aveva provocato la morte di circa ottantatre persone. Tale triste fatto portò all’esigenza di un ricambio dei materiali d’uso e l’amianto era proprio quello adatto, con le sua indistinguibile qualità di anticombustibile, senza dimenticare inoltre che era a buon mercato. Ciò portò al suo imporsi in tale settore, tanto è vero che per i cinquant’anni successivi tutte le coibentazioni delle carrozze venivano fatte con esso. Successivamente il cambio avvenne anche per la metropolitana di Londra.

Niente può quindi impedirne l’ascesa e l’uso, infatti costa poco, ha qualità perfette per tutti i comparti fondamentali di un’industria che sta cambiando oramai irreversibilmente e deve soddisfare la domanda di milioni di persone, ed, infine, è facilmente reperibile.

Si stima che si sia arrivati a circa tremila impieghi dell’asbesto. Prima di passare nel dettaglio nell’analisi dei settori industriali più importanti in cui l’amianto è stato utilizzato, occorre capire quanto esso sia stato impiegato dall’industria e, conseguentemente, quanto sia entrato nella vita comune. Nel secolo scorso si è favorita una massiccia diffusione dell’amianto in numerosi ambienti sociali, quali scuole, cinema, palestre ed ospedali, e in oggetti comuni, quali filtri per vino e sigarette, giocattoli.

La tabella di seguito riportata indica l’incremento nell’estrazione e nell’impiego del minerale (e quindi nel suo accumulo progressivo nell’ambiente di vita e di lavoro), che è ben illustrato dal dottore americano I. J. Selikoff e che riguarda la situazione degli Stati Uniti d’America.7

Dalle lettura della tabella si evince che l’impiego dell’asbesto non subisce alcun arresto per tutto il primo e secondo

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Novecento, fino a che negli anni’90 non vengono adottate normative di divieto e contenimento dello stesso.

Il consumo è espresso in tonnellate, la prima cifra si riferisce al consumo nel decennio, la seconda cifra dà il valore cumulativo dei consumi a partire dal primo decennio considerato:

1890-1899 64.500 64.500 1900-1909 265.000 329.500 1910-1919 986.000 1.316.000 1920-1929 1.995.500 3.315.000 1930-1939 1.880.000 5.195.000 1940-1949 4.654.000 9.849.500 1950-1959 7.417.000 17.266.500 1960-1969 7.561.000 24.827.500

È necessario ora procedere ad analizzare i vari campi in cui l’asbesto è stato impiegato, considerando che del cemento-amianto, ossia il prodotto c.d. “eternit”, si tratterà specificatamente nella prossima sezione.

Proprio il cemento-amianto ha rappresentato il settore di maggior impiego del nostro minerale, arrivando a rappresentare quasi il 70% dello stesso a livello mondiale. Un importante comparto, se non il più rilevante, è stato quello dell’edilizia, in cui l’amianto è usato come prodotto spruzzato “nei rivestimenti, nelle coperture e tettoie, nelle tubazioni in cemento-amianto degli acquedotti e delle fognature, nei prefabbricati, nella posa di intonaci, nelle controsoffittature e nei

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pavimenti in vinil-amianto. La conseguenza fu che questi materiali si diffusero su gran parte del pianeta.”8

È proprio in questo settore che opererà principalmente l’industria Eternit, commercializzando e vendendo i suoi prodotti per tutto il comparto delle costruzioni, sia uso pubblico, che privato, tant’è che il nome eternit arrivò a sostituire quello di cemento-amianto. Per poter capire davvero quanto sia stato grande il successo dell’amianto e come sia entrato nelle nostre vite, è utile riportare ulteriormente i materiali più comuni nei quali è stato impiegato nel settore edile e domestico.

Come già detto in precedenza, da un lato vi sono i prodotti di amianto in matrice compatta, che meno si prestano alla dispersione delle proprie fibre, sempreché non siano soggetti a lavorazioni o danneggiamenti, in tal caso infatti divengono seriamente pericolosi per la salute umana.

La categoria di amianto a matrice compatta raggruppa oltre i già detti materiali in eternit, comprendenti lastre di tipo piano o ondulato per uso edilizio, prodotti per il giardino (vasi, cassette per fiori, sedie, tavoli ecc..), canne fumarie, serbatoi per acqua, contenitori per alimenti, anche prodotti in plastica per il rivestimento di pareti o pavimenti, come ad esempio il c.d. “vinil-amianto” o il polivinilcloruro.

Dall’altro lato, v’è la categoria dei materiali in asbesto a matrice friabile e fibroso, e rispetto al gruppo precedente è molto più pericoloso in quanto è facilmente modificabile e le sue fibre si disperdono facilmente nell’aria. Tali prodotti si trovano sotto varie forme, tra cui lastre di materiale leggero da costruzione (usate ad esempio come protezione antincendio, pannelli fonoassorbenti,

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controsoffitti, sia negli edifici, che nelle installazioni e negli equipaggiamenti termici ed elettrici di illuminazione). Un’altra forma che incontriamo è quella dei c.d floccati d’amianto, che si ottengono mediante spruzzamento dello stesso con materiali leganti come il gesso. Tali floccati possono essere o nascosti (nei canali di ventilazione, nei climatizzatori, nei soffitti ribassati, nelle strutture di veicoli, vagoni ferroviari e motrici) o visibili (nelle grandi costruzioni in acciaio, in palestre, in edifici per teatri e concerti). L’asbesto viene utilizzato e venduto come materiale isolante per le tubazioni che si possono trovare ad esempio su condotte di vapore, di acqua calda e fredda (come funzione di anticondensa), radiatori elettrici, caldaie e bruciatori negli impianti di riscaldamento, nastri isolanti elettrici, filtri per liquidi ecc. Infine la ultima, ma non meno importante forma che incontriamo è quello dell’isolante con “cartone d’amianto”, utilizzato per coperture di pareti e pavimenti, caminetti e forni, forni a gas, convettori elettrici, ferri da stiro, asciugacapelli, tostapane, e tantissimi altri prodotti.

Un secondo importante settore industriale è quello navalmeccanico, in cui si rileva un amplissimo uso dell’amianto ai fini della tecnica della coibentazione. Essa è impiegata principalmente per le tubazioni e le apparecchiature, con fini di contenimento del calore. “Data l’elevata resistenza meccanica e chimica, poteva anche essere usato nei rivestimenti coibenti o antincendio, sotto forma di intonaco protettivo e particolarmente gravi furono gli effetti della spruzzatura dell’asbesto in questa applicazione. L’asbesto è stato uno dei principali componenti di freni, frizioni e guarnizioni nei mezzi di trasporto e nei macchinari ed era presente nelle barriere antifiamma e come rivestimento delle condotte per impianti elettrici.”9

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Continuando nello studio settoriale interessato dall’utilizzo amiantifero, vi sono quello marittimo e portuale. Quest’ultimo è certamente più rilevante dal momento che la commercializzazione dell’amianto avveniva attraverso i grandi porti, Italia in primis.

Altri due comparti molto significanti sono quello della aereonautica e quello ferroviario, nei quali l’amianto, è usato come isolante e anticombustibile già dall’ inizio del secolo scorso. Nel settore ferroviario l’uso viene reso obbligatorio in tutta Europa, successivamente alla grande guerra, tramite la tecnica dello spruzzamento.

Importante settore è quello petrolchimico, in cui l’asbesto viene sfruttato per le sue qualità anticorrosive, oltre che sempre per la coibentazione. Ulteriori e rilevanti ambiti produttivi sono quello elettrico (per le barriere antifiamma o come isolante delle superfici), quello zuccherificio (sempre per la coibentazione) ed infine quello tessile, “dove si è utilizzato il minerale nella produzione di tessuti ignifughi o con proprietà di resistenza all’azione corrosiva degli acidi.”10

Occorre ricordare che “inoltre c’era tutta una serie di possibilità di esposizione indiretta anche in altri ambiti professionali, ma di rilevanza minore rispetto ai citati campi di impiego: cartiere, fonderie, industrie del tabacco, delle telecomunicazioni, degli ascensori, lavorazioni artigianali anche non industriali (gioiellieri, orafi, vasi, ceramiche artistiche...), maschere antigas, forni di panifici, filtri dei liquori e enologici, impianti termici di edifici privati e pubblici, come ospedali, scuole e palestre.”11

È evidente che l’amianto è stato utilizzato praticamente in tutti i comparti industriali, per lo meno quelli più importanti. Esso è stato

10

F. Carnevale e E. Chellini, Amianto. Miracoli, virtù, vizi, op. cit., p. 27.

11

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20

funzionale e, bisogna ammetterlo, fondamentale per lo sviluppo industriale ed economico dell’Occidente nel Novecento, motivo per cui è stato tanto difficile una presa di coscienza e un cambiamento sotto tutti i punti di vista, industriale e legislativo in primis. Per tutto il XX secolo tra l’industria e l’amianto v’è stato un intreccio profondo, in cui le proprietà di quest’ultimo sono state sfruttate ampliamente per tutti i fini produttivi, determinando una vera e propria invasione nel mondo da parte del minerale. È esemplare che sia stato definito il “materiale del secolo”, e non se ne poteva che parlarne bene ed elogiarlo, mancando una profonda conoscenza della sua terribile nocività.

È importante ricordare che è stato bandito (della legislazione in materia si parlerà più ampliamente nella sezione quinta) in molti paesi del mondo, primo tra tutti l’Unione Europea che, nonostante gravi ritardi, nel 2005 ha emanato una norma comunitaria di divieto di importazione ed esportazione tout court dell’asbesto. Come spiegano i dottori italiani Tommaso e Claudio Bianchi, gli altri stati che hanno vietato l’amianto sono assieme agli USA, Argentina, Australia, Cile, Giappone, Islanda, Norvegia ed Uruguay.

Mancano all’appello importanti economie, quali Canada, Russia, Cina; India, Brasile, Corea del Sud e gran parte dei paesi del c.d. “terzo mondo”.

È utile riportare un ulteriore grafico, che ci dimostra come l’estrazione del’amianto non si sia fermata anzi negli ultimi anni si è addirittura stabilizzata e non accenna a diminuire in alcun modo.12

12

C. Bianchi – T. Bianchi, Amianto. Un secolo di sperimentazioni sull'uomo, Trieste, Hammerle Editori, 2012, p. 7.

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È utile riportare un tracciato storico “alternativo”, elaborato dall’ americano Selikoff: “il percorso omicida dell'amianto comincia circa un secolo fa. La prima fase, dalla seconda decade del XX secolo e continua sino agli anni '80, è stata quella dell'estrazione e della manifattura di materiali di amianto. Il secondo periodo è stato dominato dall'impiego industriale di materiali che lo contenevano: cantieristica navale e coibentazione, costruzione di rotabili ferroviari, produzione di tessili, industria metalmeccanica e altre. La terza fase (che persiste dopo il bando, ma era cominciata prima) è quella delle esposizioni lavorative all'amianto già installato per lavori di manutenzione, ristrutturazione e demolizione.”13

13

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2.1 La produzione industriale di amianto in Italia

A questo punto è di fondamentale importanza porre l’attenzione all’Italia, dato che ha ricoperto un ruolo primario per tutto il ’900 sia come produttore e come esportatore, e allo stesso tempo come importatore di amianto. Dagli anni’40 fino a tutti gli anni’80, l’Italia occupa costantemente la quinta, sesta o settima posizione nella graduatoria degli Stati produttori a livello mondiale.

Il nostro paese è strategico per l’industria amiantifera: basta solo ricordare che nel nostro territorio si trova la più grande cava a cielo aperto in Europa e attiva fino agli inizi degli anni ‘90, a Balangero, in provincia di Torino, nonché la fabbrica più estesa nel nostro continente, a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria. Ambedue sono ben collegate dalla ferrovie con gli altri paesi, Francia e Svizzera in primis. Bisogna considerare inoltre che, dal punto di vista delle infrastrutture, l’Italia ha numerosi porti di vitale importanza per l’import ed export del materiale, di cui i più importanti sono Trieste, Genova, La Spezia e Venezia.

In definitiva il Paese presentava tutte le caratteristiche affinché le varie industrie di asbesto proliferassero: ha buone infrastrutture e porti, ha molti giacimenti (principalmente in Val d’Aosta, Piemonte e Lombardia) e un’alta richiesta interna. Moltissime sono state le fabbriche che hanno prodotto amianto o erano specializzate in alcuni particolari trattamenti dello stesso. Di seguito si traccerà una mappatura dei principali siti produttivi.

In Italia si ritrovano ad operare quasi tutti i comparti industriali descritti nella sezione precedente. Si parte dal settore navalmeccanico, che per l’amianto riveste un ruolo di primo piano, dal momento che il nostro è un paese tradizionalmente legato al mare. I principali siti, quasi tutti di proprietà di Fincantieri, si trovavano a Monfalcone, il

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maggiore per dimensioni e capacità produttiva, Marghera (Ve), Sestri Ponente e Revi Trigoso (Ge), Muggiano (Sp), Ancona, Palermo e Castellamare di Stabia.

Nel campo del cemento-amianto, oltre alla industria Eternit, non va dimenticata la Fibronit di Bari, situata nel cuore della città e rimasta in attività per cinquant’anni, dal 1935 al 1985. Altra importante industria del settore è la Sacelit, azienda produttrice di materiali in amianto-cemento per l’edilizia e l’idraulica, per la quale recentemente la Cassazione ha confermato la sentenza di non luogo a procedere del g.u.p. di Barcellona Pozzo di Gotto. I due stabilimenti Sacelit più grandi si trovavano uno a Napoli ed operante dal 1964 al 1990, mentre l’altro a San Filippo del Mela, in provincia di Messina e fu attivo dal 1958 al 1993. V’erano infine varie imprese minori del cemento-amianto: la Fibronit di Massa Carrara, la Edilit a Padova, la Copernit a Mantova, la Società Italiana Lastre a Brescia, la Venetamiant a Rovigo, la Edilfibro a Pavia, e tante altre piccole realtà. È chiaro, dunque, che la realtà italiana è costellata da centinaia di imprese che hanno ruotato attorno all’amianto, e al giorno d’oggi tale realtà emerge in tutta la sua drammaticità dal momento che i processi per esposizione ad amianto sono oramai all’ordine del giorno nel nostro panorama giurisprudenziale.

Altro settore di cruciale importanza per la nostra economia è quello siderurgico e metalmeccanico, in cui spicca certamente la impresa Breda, la quale per tutto il Novecento ha rivestito un ruolo di primo piano nella industria pesante. La Breda nel secondo dopoguerra, come tante altre imprese in grave difficoltà e sovradimensionate rispetto al mercato di allora, fu incorporata dallo Stato, per la precisione dall’“Ente Finanziario Industria Meccanica” (EFIM), una sorta di “sorella minore” della più rinomata IRI.

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La sua sede principale si trovava a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, città dalla forte presenza di fabbriche. “L’azienda vi era talmente radicata da arrivare a ramificarsi addirittura in sei diversi società specializzate, ossia Breda Elettromeccanica, Breda Termomeccanica, Breda Fucine, Breda Ferroviaria (negli anni Settanta spostata a Pistoia), Breda Siderurgica, Breda Aeronautica.”14 In ognuno dei siti l’ impiego dell’amianto era molto alto, comportando una forte esposizione degli oltre ventimila operai addetti alla produzione. Le altre sedi si trovavano a Pistoia, Brescia, Marghera e Padova. Altra impresa vicina alla Breda per storia e dimensione è la Ansaldo, anch’essa operante nel settore siderurgico e navalmeccanico, con la propria sede principale a Genova ed assorbita dall’Iri dopo il ’45. Anche nelle industrie meccaniche della Ansaldo si fece vasto uso dell’amianto.

Un altro grande comparto della nostra economia da analizzare è quello ferroviario, nel cui ambito l’asbesto venne utilizzato, come già descritto precedentemente, per la coibentazione delle tubazioni delle caldaie e per le guarnizioni delle locomotive a vapore, ma “il grande cambiamento, che aumentò esponenzialmente il rischio di insorgenza del mesotelioma, avvenne nel 1956 con la decisione delle Ferrovie dello Stato di disporre di mezzi, inclusi quelli già circolanti, con la cassa coibentata con amianto a spruzzo.”15

Per le operazioni di spruzzamento si ricorse fino alla fine degli anni’70 al famigerato amianto blu, dagli effetti devastanti sulla salute umana. Il tutto avveniva nelle officine di costruzione e riparazione dei rotabili ferroviari, dove erano totalmente assenti separazioni e misure di contenimento per la dispersione delle fibre, provocando un’esposizione indiretta per gli operai.

14

E. Bullian, Il male che non scompare, op. cit., p. 22. 15

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Non bisogna dimenticare inoltre il settore petrolchimico, presente da Nord a Sud di tutto il territorio. I principali poli si trovavano a Marghera, Brindisi, Ravenna, Gela, nel Milanese e Torinese. Le maggiori imprese attive nel settore erano la Enichem e soprattutto la più (tristemente) famosa Montedison. Altra importante area, in cui si ricorreva all’uso dell’amianto, era quella dell’acciaio, in cui spicca la azienda Ilva/Italsider, operante a Genova, Piombino e Taranto.

Ultimo comparto da esaminare è quello tessile, i cui punti nevralgici erano nelle provincie di Biella, Bergamo e Prato. I lavoratori erano esposti all’asbesto non solo a causa della tessitura e filatura di materiali ignifughi, ma dei macchinari. “Infatti, sulle macchine tessili in uso dal secondo dopoguerra fino all’inizio degli anni Novanta erano installati freni che operavano con materiali d’attrito contenenti amianto che disperdevano molte fibre.”16

Dall’excursus condotto sui comparti industriali interessati dall’uso del minerale emerge una netta differenza tra Nord e Sud Italia. Mentre nel Meridione le fonti di esposizione provengono solo da grandi fabbriche (es. Fibronit, Ilva o Sacelit), nel Settentrione, accanto a importanti poli industriali, ci sono tante piccole realtà, collegate alle tipiche piccole-medio imprese, del tutto assenti al Sud.

In conclusione si riportano due descrizioni grafiche, che ben descrivono nel complesso la situazione dell’uso dell’amianto in Italia.17

16

E. Bullian, Il male che non scompare, op. cit., p. 106.

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Come si può chiaramente vedere dalla cartina alla pagina inferiore molte imprese descritte sopra si trovano in aree costiere, interessate dalle attività cantieristiche e portuali. Mentre nelle zone interne, le industrie si caratterizzano per l’estrazione del minerale, la produzione del cemento-amianto e la costruzione e manutenzione delle carrozze ferroviarie.

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La tabella successiva rappresenta la “distribuzione delle esposizioni per settore di attività economica nei casi di mesotelioma con esposizione professionale certa, probabile o possibile registrati dai ReNaM nel periodo di incidenza 1993-2001.”18

Settori di attività economica Esposizioni %

Edilizia 407 14,7

Cantieri navali 376 13,6

Industria metalmeccanica 191 6,9

Fabbricazione di prodotti in metallo 147 5,3

Industria tessile 135 4,9

Rotabili ferroviari 129 4,7

Industria metallurgica 116 4,2

Difesa militare 107 3,9

Produzione e manutenzione mezzi di trasporto; Officine di autoveicoli e motoveicoli

(esclusi Cantieri navali e Rotabili ferroviari)

106 3,8

Industria del cemento-amianto 101 3,7

Industria chimica e materie plastiche 97 3,5

Trasporti terrestri ed aerei 95 3,4

Trasporti marittimi 75 2,7

Movimentazione merci e trasporti marittimi

74 2,7

18

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Commercio (all’ingrosso) 72 2,6

Industria alimentare e bevande (escluso zucchero)

56 2,0

Altre industrie manifatturiere (mobili, gioielli, strumenti musicali, articoli sportivi, ecc.)

43 1,6

Zuccherifici 41 1,5

Produzione di energia elettrica e gas 41 1,5 Industria del vetro e della ceramica 39 1,4

Sanità e servizi sociali 38 1,4

Industria della gomma 36 1,3

Industria dei minerali non metalliferi (escluso cemento-amianto)

35 1,3

Estrazione e raffinerie di petrolio 31 1,1

Pubblica amministrazione 26 0,9

Agricoltura e allevamento 22 0,8

Estrazione di minerali 15 0,5

Industria della carta e prodotti (inclusa l’editoria)

13 0,5

Altro 98 3,6

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3.

La nascita del cemento-amianto e dell’industria

mondiale dell’amianto

In questa sezione occorre ripercorrere la complessa storia del cemento-amianto e, conseguentemente, delle società che vi sono ricorse. La ricostruzione delle politiche industriali che sono state intraprese dalle multinazionali dell’amianto permette di comprendere più a fondo la vicenda Eternit, pena una visione più limitata e non consapevole.

È nel 1901 che si deve fissare la nascita del materiale “eternit”, grazie all’austriaco Ludwig Hatschek, il quale, secondo la motivazione della sentenza di primo grado nella parte relativa alla storia di Eternit: “non si interessava specificamente di materiale da costruzione, ma stava cercando di inventare un materiale da imballo che fosse ignifugo e potesse sostituire il comune cartone. Il nome “eternit” scelto da Hatschek voleva comunicare un senso di durata nel tempo del nuovo materiale: l’eternit, noto anche come cemento-amianto o fibrocemento, è una miscela di cemento ed amianto nel rapporto di 6:1

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che, se opportunamente trattata, si presta alla produzione di svariati manufatti, utilizzati principalmente in campo edile.”19

Negli anni immediatamente successivi alla scoperta del cemento-amianto Hatschek vendette il brevetto del materiale non ad un’una sola, ma a varie imprese in tutta Europa. Dal primo periodo, ossia gli anni’10 del secolo scorso, nel quale l’eternit è prodotto da molte aziende, si passa successivamente ad una concentrazione nelle mani di poche aziende della produzione del materiale.

Il successo del nuovo materiale è immediato, soprattutto nel settore dell’edilizia, tant’è che il relativo nome verrà utilizzato come sinonimo del cemento-amianto, anche quando sarà prodotto da imprese concorrenti alla multinazionale belga-svizzera. Nella sentenza dei giudici torinesi di prime cure il prodotto eternit viene chiamato come un “cemento armato dei poveri” dal momento che la quantità di asbesto è bassa, mentre quella di cemento è relativamente maggiore.

Tale definizione ben sottolinea il successo dell’eternit, facilmente spiegabile se si considera che ancora ad inizio del secolo scorso il comparto delle costruzioni usava alternativamente come materiali pietre, mattoni, acciaio, o addirittura la legna, mentre con la scoperta del prodotto eternit “veniva immessa sul mercato una lastra ondulata già pronta, leggera, impermeabile, ignifuga, isolante, che consentiva al costruttore di risparmiare in termini di tempo e di denaro, sicché l'eternit poteva chiedere prezzi altissimi rispetto ai suoi costi: il brevetto eternit, in altre parole, presentava un potenziale economico enorme.”20

Il nuovo prodotto possiede quindi tutte le caratteristiche per avere successo in un mercato mondiale che si sta rapidamente espandendo e ha bisogno di materiali a basso costo e di pronta reperibilità, come era appunto il cemento-amianto.

19

Tribunale di Torino, sentenza del 13 febbraio 2012, p. 192.

20

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Tornando alla storia industriale, nel primo dopoguerra la produzione di cemento-amianto si concentra nella mani di poche e forti imprese, operanti in numerosi paesi. Queste formeranno, a livello mondiale, un oligopolio prima e un “cartello” industriale poi. In tale contesto l’Eternit belga-svizzera ha rivestito un ruolo da protagonista. Occorre partire dalla Eternit belga, la quale è controllata dalla famiglia Emsens e non opera nel solo mercato nazionale, ma arriva ad esercitare una forte influenza commerciale sull’omologa francese ed estende il proprio mercato ai paesi extra-europei di matrice francofona. La industria belga nel giro di pochi anni assume le vesti di una multinazionale: infatti “la famiglia Emsens edificò in Belgio (…) la più grande fabbrica di manufatti in eternit nel mondo e ne mantenne costantemente in seguito la gestione.”21

Ad essa subentrerà poi quella De Cartier, per il matrimonio dell’oramai defunto imputato Louis De Cartier con l’erede Emsens.

In Svizzera, prima dell’entrata della famiglia Schmidheiny, sono attive tre diverse società nel settore amiantifero, le quali saranno riunite ad inizi anni’20 nelle mani della stessa. Sotto la sua conduzione, sfruttando la neutralità del proprio paese nella seconda guerra mondiale e la conseguente debolezza delle concorrenti europee e nordamericane, arriva a espandere i propri interessi nel Medio Oriente e nel Sud America nonché in Sud Africa “fino a raggiungere una posizione di assoluta rilevanza mondiale nel campo delle industrie del cemento-amianto che in seguito conservò e rafforzò ulteriormente.”22

La multinazionale svizzera, rispetto alla “sorella” belga, presenta una struttura piramidale piuttosto complessa, articolata in varie società, ognuna della quali è preposta ad un particolare campo della produzione di eternit. Giova brevemente riportarle, dal momento

21

Corte d'appello di Torino, sentenza del 3 giugno 2013, p. 417.

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che le troveremo più avanti nella nostra trattazione. La prima è la società Amiantus AG, divenuta dal 1985 a tutt’oggi Anova Holding

AG, che secondo i giudici d’appello di Torino rappresentava “un

semplice contenitore, destinato a gestire le azioni di altre società del gruppo”. Le altre due società sono la Amindus Ag e la Eternit AG, ora

Becon AG dal 1989 (ancora esistente). Quest’ultima è la più

importante, dato che è una vera e propria società industriale, preposta alla gestione materiale della fabbriche.

Le due multinazionali non furono concorrenti, dato che nel corso del tempo collaborarono reciprocamente per consolidare le proprie posizioni nel mercato mondiale, ne è esempio che in Germania e nei Paesi Bassi le due imprese contribuirono assieme alla nascita dell’Eternit tedesca ed olandese, delle quali erano azioniste.

Nel Regno Unito l’azienda leader per la produzione di amianto-cemento e di manufatti vari contenenti asbesto era la Turner & Newall Limited. Essa deve far fronte alla concorrenze delle Eternit europee per conquistare il mercato anglosassone ed estero, ma a partire dagli anni’30 riesce ad affermarsi come multinazionale nel settore amiantifero.

Negli Stati Uniti ed in Canada il settore dell’amianto è dominato dalla potente Johns Manville Corporations, fondata nel 1858 e tuttora attiva.

Dagli anni’20 del secolo scorso il mercato del cemento-amianto cambia, infatti le piccole imprese non riescono a reggere la concorrenza e progressivamente si crea una situazione di oligopolio, in cui operano poche decine di aziende che controllano il mercato. Queste, al fine di mantenere la propria quota nel settore, finiscono con l’accordarsi sulla quantità di amianto da produrre e sul suo prezzo di mercato, creando di fatto una situazione di oligopolio. Ciò avrebbe portato nel giro di pochi anni alla nascita di un vero e proprio cartello, o “lobby” se si preferisce, dell’amianto, altamente influente e potente.

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Dagli anni trenta del ‘900 le quattro società in precedenza analizzate si impongono come imprese dominanti nel mercato globale del cemento-amianto. È in questo periodo che le stesse danno vita a Saiac (Societé Associé d’Industries Amianteciment), una società di coordinamento, su scala mondiale, per le aziende produttrici di eternit. Saiac è definibile come una “Confindustria” dell’amianto. Per comprendere a cosa sia preposta è utile riportare un documento del processo di primo grado di Torino. Tale documento è un’informativa

della Turner & Newall ai propri soci, in cui è scritto: “Siamo stati in

grado di concordare con i principali fabbricanti di dieci paesi europei un cartello internazionale. Lo scopo del cartello è tra l’altro:

- lo scambio di informazioni tecniche;

- la creazione in Svizzera di un istituto di ricerca per l’intero settore;

- la creazione di nuovi stabilimenti in paesi neutrali; - il coordinamento delle esportazioni;

- la standardizzazione della qualità e la riduzione della varietà dei prodotti non

necessaria;

- la reciproca assistenza nell’approvvigionamento della materia prima.

I paesi europei che partecipano a questo cartello sono la Gran Bretagna, la Cecoslovacchia, il Belgio, la Francia. l’Olanda, l’Austria, l’Italia, l’Ungheria, la Spagna, la Svizzera, la Germania.”23

Dagli anni’30 agli anni’60 le funzioni principali di Saiac sono il coordinamento delle scelte produttive da adottare e lo scambio di

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informazioni fra le imprese. Il fine perseguito dal cartello dell’amianto è di difendere le proprie posizioni di mercato, impedendo l’ingresso di nuove concorrenti ostili, e di garantire un accesso diretto con la materia prima.

A partire dagli anni ’70 cambia la politica intrapresa dalle società amiantifere, considerando che stanno progressivamente emergendo le conoscenze sulla nocività del prodotto e che si ricercano nuovi materiali meno costosi dell’asbesto. Tale politica si spiega in diverse direzioni. In primo luogo attraverso una campagna d’immagine, con la quale si esaltano le buone qualità dell’amianto e l’infondatezza della sua pericolosità, con l’intento di contrastare gli studi scientifici circa la mortalità del minerale. In secondo luogo si ostacola il diffondersi di materiali alternativi, sostenendo l’insostituibilità dell’amianto. In terzo luogo le società adottano una politica di pressione su governi, sindacati e mondo scientifico, al fine d’impedire un bando dell’asbesto.

Come risultato “la politica così coordinata riscosse per alcuni decenni un innegabile successo e seguì, in parallelo, il cammino di costante crescita che contrassegnò la produzione delle società entrate nel cartello.”24

E di tale politica i vertici dell’Eternit belga e svizzera erano pienamente consapevoli e ne erano attivi fautori, ma di ciò si parlerà più ampliamente quando si tratterà dei processi torinesi.

È importante citare un esempio della forza del cartello dell’amianto, relativamente ai numerosi tentativi di impedire il divieto di produzione e commercializzazione del c.d. amianto blu, ossia la famigerata crocidolite, fondamentale per le industrie per fabbricare i tubi a pressione. È utile riportare un passaggio del saggio di Altopiedi, la quale dedica particolare attenzione alle politiche degli industriali dell’amianto. Nel saggio si analizza un episodio in cui le varie società

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del cemento-amianto tentano di impedire l’approvazione di una direttiva comunitaria diretta a regolamentare l’amianto blu, infatti si può leggere: “la strategia è chiarita in una nota rivolta ai membri del Comitato esecutivo dell’AIA dell’agosto 1977: «Dovremmo insistere su due punti principali. Dapprima dovremmo rendere chiaro che l’assoluta proibizione dell’amianto crocidolite creerebbe notevoli problemi per i produttori di tubature a pressione in amianto-cemento, per le quali c’è l’intenzione di impiegare, per la maggior parte, la crocidolite. In secondo luogo, dovremmo sottolineare l’impraticabilità di restringere l’uso dell’amianto di ogni tipo a due casi speciali e non tipici».”25

Per quasi tutto il ‘900 le diverse società del cemento-amianto hanno rappresentato una fiorente e capillare industria, potente dal punto di vista economico e da quello “politico”, considerate le iniziative intraprese da dette società.

In conclusione si può affermare che per decenni vi sono stati forti interessi ed esigenze che si sono intrecciati fra loro, che hanno portato alla nascita di un comparto industriale forte e dinamico che ha avuto un’influenza dominante nell’economia e anche degli Stati nazionali.

3.1 La industria Eternit s.p.a. in Italia. e la sua storia.

La storia dell’amianto in Italia inizia ai primi del ‘900, quando l’ingegner Adolfo Mazza acquista il brevetto Eternit da Hatschek e nel 1906 fonda Eternit Pietra Artificiale. La società aveva sede legale a

25

R. Altopiedi - S. Pannelli, Il grande processo, in Quaderno di storia contemporanea, 2012, p. 38.

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Genova e stabilimento in Casale Monferrato. Solo nel 1942 con l’entrata in vigore del codice civile, il nome cambierà in Eternit s.p.a. È utile riportare un passo della sentenza torinese di primo grado che ben spiega la nascita di Eternit s.p.a.: “gli inizi di Eternit Pietra Artificiale furono difficili, ma quando l'iniziativa imprenditoriale rischiava di naufragare un enorme evento calamitoso, il terremoto ed il maremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908, offrì alla Eternit l’occasione per decollare. Nel 1911 l'ingegner Mazza inventò e brevettò un sistema di produzione per tubi di Eternit ad alta pressione che schiuse ad Eternit Pietra Artificiale un mercato molto redditizio, in quanto la leggerezza del tubo di eternit permetteva risparmi significativi nei costi di trasporto: l'invenzione fu così complessa ed ingegnosa che i concorrenti non riuscirono a copiarla.”26

Quindi, nonostante uno sfortunato e travagliato inizio, il giovane Mazza, grazie anche al suo ingegno imprenditoriale, riesce a consolidare la propria impresa, affermandosi sul territorio nazionale e, rispetto ad altri paesi, a sottrarsi per un certo periodo all’influenza dei giganti del settore.

Prova della crescente importanza della rampante società italiana è la quotazione in borsa già nel 1917 ed il successivo ingresso nella “Confindustria” dell’amianto, ossia la Saiac, come è testimoniato anche dal documento riportato in precedenza della Turner & Newall.

Da questo momento in poi le fortune dell’Eternit Italia non si arresteranno più. La fabbrica di Casale viene ampliata e ammodernata, così da divenire lo stabilimento fondamentale del gruppo ed il sito di produzione del cemento-amianto più grande d’Europa. La città di Casale Monferrato sarà la più segnata dal dramma dell’amianto, sia per il numero di vittime che per l’inquinamento ambientale. Nel’39 a

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Bagnoli, quartiere di Napoli, apre un nuovo stabilimento. Quest’ultimo è di fondamentale importanza per l’export extra-europeo, poiché è vicino al porto napoletano. Come affermano i giudici torinesi di primo grado, queste due fabbriche costituiscono il “nucleo storico” della società italiana. Se il secondo conflitto mondiale si rivela per la nostra economia un dramma, ciò non lo è per la Eternit, in considerazione del fatto che il materiale si rivela necessario e richiestissimo per la ricostruzione post-bellica.

A partire dalla fine degli anni’40 le cose iniziano a cambiare drasticamente e con esse le sorti della società italiana. Infatti, il proprietario, Adolfo Mazza è oramai anziano e senza più la vena di un tempo, ed inoltre nel panorama italiano mancano imprenditori o comunque grandi imprese che possano accollarsi i costi degli stabilimenti di Eternit s.p.a. Per tale ragione, “Mazza (…) andò in cerca dell’aiuto di nuovi soci. Per rafforzare economicamente la sua società nel 1952 invitò nuovi soci: gli svizzeri - e dunque gli Schmidheiny - i belgi - gli Emsens - e i francesi - i Cuvelier: con la sola eccezione di Hatschek, pertanto, tra i nuovi soci di Eternit Spa compariranno tutte le grandi famiglie europee dell'Eternit. La ricostruzione degli azionisti di controllo della società (…) consente di affermare con certezza che mentre prima del 1952 la famiglia Mazza aveva il controllo del pacchetto azionario, dopo il 1952 il controllo - così come formalizzato nell’assemblea dei soci del 18 aprile 1952- venne diviso tra quattro soci: Mazza scese al 26%, mentre i Belgi e gli Svizzeri acquistarono il 10% e i Francesi il 5%.”27

Da questo momento anche l’Eternit italiana viene assorbita dalla due multinazionali belga e svizzera, perdendo qualunque margine di autonomia, ma mantenendo un ruolo strategico nei loro piani industriali. L’ingresso dei nuovi soci le porta nuova linfa, tanto è vero

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che si continua ad espandere con la costruzione ex novo di una fabbrica a Siracusa e l’acquisizione dello stabilimento di Cavagnolo (TO), il quale in precedenza era posseduta da “S.A.C.A. Cemento Amianto Spa, una società inizialmente concorrente di Eternit Spa. Nel 1953 Eternit Spa acquistò l’intero pacchetto azionario di S.A.C.A. Infatti, nella seduta del consiglio di amministrazione del 25 febbraio 1954 si faceva riferimento alla società concorrente nei seguenti testuali termini: “l’Amministratore Delegato Ing. Fourmanoit. (…)

informa che durante l’anno, a seguito dell’azione svolta dalla Eternit, è stata totalmente eliminata la concorrenza delle società S.A.C.A. mediante totale acquisto delle azioni a condizioni assai vantaggiose..”28

La fabbrica di Cavagnolo chiuderà nell’82. Formalmente, nonostante l’acquisizione, la Saca mantenne la sua autonomia, ma di fatto fu gestita dagli stessi dirigenti della Eternit Italia.

Nel’56, con la morte dell’ingegner Mazza, la famiglia belga Emsens diviene azionista di maggioranza e, conseguentemente, controlla e dirige la società italiana. Gli Schmidheiney detengono invece una quota minoritaria, senza che abbiano troppi margini decisionali nelle scelte industriali del gruppo. Dal 1956 al 1972, anno del passaggio di proprietà alla famiglia svizzera, la Eternit italiana è amministrata direttamente dalla multinazionale belga dell’amianto in quasi tutte le principali decisioni strategiche.

Nel ventennio di gestione belga non sono solo gli Emsens a guadagnare dalla produttività della società italiana, ma anche i soci svizzeri, i quali attraverso la miniera di Balangero assicurano direttamente ad Eternit s.p.a. la materia prima, traendone enormi guadagni.

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È nel 1966 che Louis De Cartier, imputato (deceduto) dei processi torinesi, diviene proprietario ed unico amministratore della Eternit belga e italiana. Esso non si limita ad un ruolo di mera rappresentanza, ma gestisce in prima persona la società.

Data fondamentale per la società italiana è il 1972 quando “venne colpita da una forte crisi che condusse a conseguenze importanti sul piano del controllo della società. La crisi di Eternit Italia degli anni 70 va inquadrata in un contesto di travaglio dell'intera industria italiana. In quegli anni in Italia vi era un clima politico-sociale avverso alla grande impresa, si moltiplicavano le agitazioni sindacali, il mercato diventava più esigente, aumentava la concorrenza.”29 In questo difficile contesto la impresa si trova a versare in una situazione prefallimentare e ha bisogno di un nuovo aumento di capitale, sottoscritto sia dalla famiglia belga che da quella svizzera. All’impegno finanziario di De Cartier non corrisponde però un rinnovato impegno gestionale, dal momento che intende disimpegnarsi dalla gestione della società italiana. All’opposto gli Schmiheiney decidono di continuare ad investirvi nuovi capitali, assumendone controllo e gestione. Progressivamente la famiglia svizzera avrà la maggioranza di Eternit s.p.a., amministrandola direttamente, mentre De Cartier, pur escluso dalle decisioni di vertice, continuerà a detenere una quota rilevante di azioni.

Dal 1972 si apre il periodo di gestione svizzera, che durerà fino all’86 quando la società italiana chiuderà per fallimento. Gli Schmidheiny tentano di avviare un progetto di largo respiro col fine di rilanciare gli stabilimenti in crisi. Essi non si limitano a mettere il capitale, ma dirigono personalmente Eternit s.p.a. sia sul piano della produzione sia su quello del marketing che infine sul piano delle pubbliche relazioni. In definitiva la società italiana non ha margini di autonomia decisionale rispetto alla controllante svizzera.

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Grazie agli investimenti della nuova proprietà nel giro di soli due anni, ossia nel 1974, Eternit Italia ritorna in attivo e si espande ancora: infatti viene acquisito il controllo pressoché totale della miniera di Balangero, che nel ‘78 sarà ceduta direttamente agli Schmidheiny, ed inoltre viene inglobata un’ altra importante fabbrica di cemento-amianto. Si sta parlando del sito di Rubiera, alle porte di Reggio Emilia; anch’esso, come Cavagnolo, apparteneva ad una società concorrente di Eternit s.p.a., per la precisione la Icar, che l’aveva fondata nel ’69. Viene acquisita nel ’74 dalla multinazionale nell’amianto ed è gestita direttamente come gli altri quattro stabilimenti dagli Schmidheiney.

Nel 1980 Eternit s.p.a. si trasforma da società industriale a holding, scorporandosi, per motivi fiscali, in quattro diverse società, ciascuna delle quali gestisce i diversi siti produttivi. Eternit Italia rimane però la coordinatrice e nulla cambia ai fini di amministrazione. Le fortune della grande industria durano pochi anni, infatti già a fine anni’70 si apre un nuovo e più profondo momento di crisi: “i problemi di Eternit Italia erano ora la concorrenza interna da parte dei piccoli produttori molto flessibili; le esportazioni scarse a causa dell’inflazione; la crisi dell’edilizia tradizionale, che è un settore molto reattivo rispetto all’andamento economico; il secondo “shock” petrolifero del 1978 che aveva colpito l'intera economia italiana. Fonte di problemi era anche la crescita della consapevolezza circa i pericoli dell' amianto.”30

Gli inizi degli anni ’80 sono quindi l’inizio della fine per Eternit Italia che non riesce più a far fronte a problematiche diverse. Innanzitutto, è cambiato il mercato e con esso i settori tradizionali, che non necessitano più di quantità immense di eternit. Inoltre progressivamente le conoscenze della nocività dell’amianto stanno

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prepotentemente emergendo nell’opinione pubblica, determinando di conseguenza una crescente presa di coscienza e d’opposizione da parte di lavoratori e sindacati e successivamente anche dei governi nazionali. A tutto questo contribuisce anche la proprietà svizzera, la quale rendendosi conto della estrema difficoltà della situazione, abbandona consapevolmente quasi a se stessa Eternit Italia, non investendo in materiali sostitutivi; ciò si inserisce in un’ottica di politica industriale globale degli Schmidheiny di uscire progressivamente dal settore del cemento-amianto.

Stretta dalle enormi difficoltà appena riportate la società italiana non riesce a fronteggiare la situazione e a rilanciarsi, tant’è che gli amministratori nell’84 chiedono ed ottengono l’amministrazione controllata. Oramai senza più prospettive nel 1986 verrà dichiarata fallita dal tribunale di Genova. A questa data si chiude la storia di Eternit s.p.a.

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