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\ O L A S Z T A N S Z É K PITALIANISTICA
D EBRECEN IEN SIS
----ITALIANISTICA
DEBRECENIENSIS
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De b r e c e n
Italianistica D ebreceniensis
rivista ufficiale del D ipartim ento di Italianistica d ell’U niversità di D ebrecen officiai journ al of thè Italian Studies D epartm ent of thè U niversity of D ebrecen
Direttori:
Làszló Pete, Paolo Orrù
C om itato redazionale / E ditorial Board:
B arbara B laskó, Zsigm ond Lakó, Imre M adaràsz, Istvàn Puskàs, O rsolya Szàraz
Com itato scientifico / Committee:
A ndrea Carteny (U niversità degli Studi di R om a “La Sapienza”) Vera Gheno (U niversità degli Studi di F irenze/A ccadem ia della Crusca)
A ndrea Manganarci (U niversità di Catania) E lena Pirvu (U niversitatea din Craiova) D agm ar R eichardt (Latvijas K ulturas A kadem ija) P éter Sàrkòzy (U niversità degli Studi di R om a “L a Sapienza”)
A ntonio Sciacovelli (Turun yliopisto) M aurizio Trifone (U niversità degli Studi di Cagliari)
Ineke V edder (U niversiteit van A m sterdam ) Franco Zangrilli (The C ity U niversity of N ew York)
Italianistica Debreceniensis is a peer-review ed journal. It appears yearly and publishes articles and reviews in Italian and English. A rticles subm itted for publication in thè journal should be sent by e-m ail attachm ent (as a Word document) to one of thè Editors: Paolo Orrù
(paolo.orru@ arts.unideb.hu), Làszló Pete (pete.laszlo@ arts.unideb.hu).
Italianistica Debreceniensis si avvale della valutazione peer-review. Ha cadenza annuale e pubblica articoli in Italiano e Inglese. Le proposte di contributo per la pubblicazione possono essere inviate
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Indice
A rticoli - A rticles
T a n c r e d i A r t i c o : D anese C ataneo, «felicissim o spirito» nelle carte tassiane.
1,’ Am or di M arfisa e la G erusalem m e lib e ra ta ...8
A d e l e B a r d a z z i : «O ccasioni» e «m om ents of being»: il m odernism o
di M o n ta le ...21
J u l i a D a b a s i : Il legam e tra lo spazio e l ’individuo in P etrarca e L e o p a rd i 38
E l i s a D e l l a M e a : M arano: una fortezza contesa. La crisi dei rapporti politico
diplom atici tra le principali potenze europee a seguito del colpo di m ano su M ara no del 1542 ... 46
M a r c o G ia n i: «Donna, che fosti tra le donne un Sole»: sui tentativi poetici giova
nili di Paolo P aruta (m età X V I s e c .) ... 60
E l e o n o r a M a m u s a : The exaltation of Italian national identity in M atteo R en zi’s
d isc o u rse ... 74
N o é m i Ó t o t t : «Siete voi qui, ser B runetto?». I volti di B runetto Latini: rappresen
tazione e au to rap p resen tazio n e... 96
D ie g o S t e f a n e l l i : A ppunti sulla stilistica (italiana) di Làszló G à ld i...108
F r a n c o Z a n g r i l l i : M ax Gobbo e la riscrittura fantastica di un periodo
rinascim e n ta le ...122
R ecen sioni - B ook review s
D a g m a r R e i c h a r d t e C a r m e l a D ’A n g e l o , M oda made in Italy. Il linguaggio della
moda e del costum e italiano, Firenze, Franco Cesati, 2016 (Luigi S a itta ) 132
F r a n c o Z a n g r i l l i , Il piacere di raccontare. P avese dentro il fantastico p o stm o der
132 It a l i a n i s t i c a De b r e c e n i e n s i s X X I I I .
F r a n c o Z a n g r i l l i ,
II p ia cere di raccontare.
P a v ese dentro il fantastico postm odern o,
Palermo, Dario Flaccovio Editore, 2017, pp. 288.
N el suo nuovo ed im portante lavoro critico dal titolo II piacere di racconta
re. Pavese dentro il fantastico p o stm o derno, Z an g rilli offre u n a prospettiva
critica in ed ita e al tem po stesso siste m atica sullo scrittore langarolo, rip er correndone l ’intera produzione alla luce della stratificazione presente nella sua scrittura, attraverso quattro densi ca pitoli che com pongo il volume: Poesia,
Dialoghi, Racconti, Rom anzi. Secondo
lo studioso Pavese non rien tra nel filone del neorealism o, è in realtà uno scritto re che eccede e sopravanza i suoi tem pi, a ta l punto da poter essere collocato dentro il postm oderno. La sua capacità di indagare “nei lati incom prensibili, oscuri ed enigm atici della realtà, [...] neg li aspetti strani ed inquietanti della nostra condotta”, attraverso “tu tti gli stru m en ti d ell’arte del racconto” (284), l ’u tilizzo delle tecniche della riscrittu ra e le m odalità della scrittura fa n tasti ca fanno di lui un autore che “anticipa tan ti elem enti cardine della letteratura p ostm oderna” (9).
Nelle poesie-racconto, a p artire da Lavorare stanca, Pavese dà v ita ad “un a poesia diversa da quella dei suoi tem pi dom inati d a ll’erm etism o” (21). I suoi testi poetici possono presentarsi a livello di superfìcie come un “tessuto diegetico” che “si colora di m arcato au tobiografism o e realism o” (20). La so
stanza della sua poesia v a ricercata tu t tav ia altrove: n e ll’im m agine-racconto, che nasce d a ll’interiorità del personag gio, a confronto con la realtà che gli si offre. Se il lettore di Pavese assiste al paesaggio (naturale e urbano) che si m etam orfìzza o prende vita, alla con trapposizione tra “l’am biente sano del passato” (34) e la desolazione cittadina con le sue terre bruciate dal cem ento, al continuo spostam ento dei piani tem p o rali, questo avviene perché argom ento centrale della sua poesia “non è più ciò che il personaggio fa, m a ciò che p en sa” (28). La poesia di Pavese descrive cioè la “geografìa fan tastica” in terna al personaggio e la riflette in un gioco di som iglianze, identificazioni e doppiez ze che rim andano alla letteratura del fantastico e ai suoi m oduli.
La m itologia contadina e i suoi riti, m iti e b estiari non sono solo tem i m a un secondo grado della scrittura: le im m ag in i generate d alla coscienza in tern a di un io lirico, sovente in terza persona, aprono squarci di esistenze, si fanno ad un tem po trasfigurazione e ricostruzione. Ed è il piglio fantastico ad u n iv ersalizzare la vicenda. Sono a riguardo n um erosissim i i testi an a liz zati da Z an g rilli tra i quali, ad esempio, “Il d io-caprone” nel quale la cam pa gna, edenico “paese di v erdi m isteri / al ragazzo, che viene d ’estate” (42), a
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causa di una biscia ‘ten tatrice’ che p as sa dentro l ’erba e inquieta il bestiam e, diventa un luogo in cui agiscono for ze strane e m isteriose, per trasfo rm ar si alla fine in danza sabbatica: “e poi ballano tu tti, tenendosi ritti e ululando alla lu n a” (44). Tra i tem i, quello che per m olti aspetti riesce ad essere ri velatore di questi procedim enti e dei m oduli della riscrittu ra di Pavese, la donna ha un ruolo em inente. “Il poeta la scorge dappertutto, in form e diverse e cang ian ti” (53): da “creatura m arina, terrena, an im ale” (59) nel com plesso delle m etafore form a una “unità- iden tità con la terra, con la collina, con la v ig n a” (55), si fa spazio sacro ed eter no. D iventa u n a p resenza fantasm atica, il correlativo fantastico ogni volta m u tevole d ell’anim o del poeta, attraver so cui egli g uarda la realtà delle cose. A ltre volte la donna è figura spettrale, inquietante e sconosciuta, com e C irce, Sirena, M edusa. Tutte im m ag in i u ti lizzate al fine di esprim ere il rapporto di fascinazione e incom unicabilità che il po eta h a con il m isterioso universo fem m inile, con la capacità stessa di de scriverlo. Tutte im m ag in i fantastiche che contengono il m odello e la sua v a riazione, la ricerca id entitaria del poeta e la riflessione sulla scrittura: “l’uomo solo conosce una voce d ’om bra” (62) e “tu non attendi nu lla / se non la parola / che sgorgherà dal fondo / come un fru t to tra i ram i” (65).
Tuttavia, sono i D ialoghi con Leucò “l ’opera più autobiografica di P avese” (88) e anche il suo scritto più decisa
m ente postm oderno, forse il più com plesso ed incom preso. “R ichiede un lettore particolare, un lettore arch e ologo che sappia scavare nei sim b o li fan tastici delle m itologie di epoche diverse” (122), e non soltanto p er la presenza frequente nelle sue pagine di citazioni di scrittori antichi e m oderni. N ascendo borgesianam ente da altri li bri, qui il ‘racco ntare’, nella com plessi tà dei livelli m essi in luce da Z ang rilli già nel capitolo in iziale del suo lavoro, si riverbera da subito n ella struttura stessa d ell’opera: la m itologia greca di viene riscrittu ra program m atica. U n’o perazione che si estende a ll’allegoria m etastorica, alla ricerca delle idee u n i v ersali, delle form e p erenn i d ell’agire um ano e della v ita “che l’uom o di ogni tem po non riesce né a spiegarsi né a ca pire con la ragione” (75).
M a il personaggio classico, che p a r la di volta in volta in p rim a persona, raccontando in term in i fan tastici la sua storia, è un ‘person agg io -scherm o ’: di venta proiezione e controfigura dei “ri- piegam enti autobiografici d ell’autore” (111), d ell’uomo incapace di accordarsi ai propri obiettivi e ideali, chiuso nel cerchio im perfetto del m ancato accor do tra il destino e la propria volontà.
Inoltre, continua Z angrilli, con chiarissim a enunciazione dei nodi concettuali, “se da una parte Pavese si risp ecch ia n ell’eroe classico, d a ll’al tra sa di esserne diverso” (75). Si as siste pertanto non solo ad u n a ripresa di tem i e m oduli del fantastico m a ad una loro voluta ed esperta variazione.
134 It a l i a n i s t i c a De b r e c e n i e n s i s X X I I I .
Così II diluvio contam ina la trad iz io ne greca e quella biblica per riflette re sulla m em oria e sul m istero della m orte. L’inconoscibile continua questa incursione nel territorio della m orte riscrivendo il m ito di Orfeo p er farne un eroe che v iag g ia narcisisticam ente n e ll’Ade “p er riportare alla luce della v ita non Euridice m a se stesso m essag gero d ell’a rte ” (101). Scrive Pavese in questo dialogo: “Ho cercato m e stes so. Non si cerca che questo” (100). E ancora la ricerca della propria identità attraverso la parola e la m em oria, come ne Le streghe, in cui C irce raccontando ricorda come p er com piacere O disseo non esitò a trasform arsi nel “sim ulacro della sua P enelope”: “D isse che vole va scordarsi chi ero e dov’era, e quel la sera m i chiam ò Penelope [...] M olti nom i m i diede O disseo stando sul mio letto. O gni volta era un nom e” (99).
I Racconti rappresentano un rin n o vam ento costante di questo genere let terario “da tu tti i punti di vista, n arrato - logico, strutturale, stilistico ” (125). La narrazione asim m etrica e discontinua della doppia v icenda n arrata in Ciau
M asino, la stru ttu ra da pièce teatrale
presente in m olti altri racconti, come ad esem pio in Si p arva licet, che alter na dialoghi e didascalie riscrivendo il m ito di A dam o ed Èva presente nella G enesi, il Colloquio con il fiume che d i ven ta flusso di coscienza joyciano, im m ersione nella propria giovinezza e nel fluire del tem po, sono solo alcuni esem pi di quella consonanza della stru ttu ra ai tem i u tilizzata p er rappresentare la
realtà interiore del personaggio (che è 10 stesso Pavese). Tale co nsonanza n a sce dal fatto che Pavese m ette in sce na personaggi che producono racconti, che sono “abili nel fabbricare la retori ca d ell’introspezione” (153) filtrando i fatti reali alla luce della loro coscienza, e li rielaborano secondo m od alità e m o venze fantastiche, che scaturiscono dal nucleo profondo d ell’io. Si pensi, per fare un solo esem pio, a ll’am ore-gelosia del protagonista del racconto L ’idolo che ricerca la sua fiam m a nel p o strib o lo, sfociando in allucinazione e sq u ili brio, in u n a inettitu dine trav estita e ri scritta con m ovenze da detective story.
A ssistiam o ad una polifonia di voci (dei diversi personaggi e del protago nista), a ll’uso di m icrotesti nel m acro testo, altre volte al vero e proprio m o nologo, che dicono le illusioni, le false credenze, le doppiezze e le inco ng ru en ze interiori dei protagonisti. A ltre volte 11 com plesso delle prospettive e degli sdoppiam enti è ingenerato dallo spec chio, dal sonno oppure d a ll’insonnia, dal risveglio oppure ancora dal paesag gio che diventa l’occasione “per espe rire m om enti v isio nari e allu cin ati” ed innescare la riflessione fantastica del personaggio: “Se chiudo gli occhi, ecco che l’om bra h a ripreso la sua funzione di freschezza, e le vie sono appunto questo, om bra e luce, in un paesaggio alternato che investe e divora” (165).
Il capitolo conclusivo, suddiviso in nove sezioni, contiene una rassegna di tu tti i R om anzi, da II carcere a La luna
Re c e n s i o n i 135
m ette a ll’autore di riprendere e dispie gare tu tti i livelli e le m odalità della sua scrittura: la dim ensione realistica, quella esistenziale e quella fa n tasti ca. La tendenza a “configurare le cose fantastiche come se fossero reali e le cose reali come se fossero fantastiche” (186) raggiunge la sua più dinam ica a r ticolazione. A nche nei rom anzi i dati di realtà si riflettono nella coscienza dei personaggi che fantasticam ente li m odificano e li ricom pongono. Se al rom anzo II carcere soggiace il m ito- logem a postm oderno del labirinto che è gabbia e cella, con in v isibili m uri e “pareti di un universo fantastico” (188), se il protagonista Stefano “fa n tasticava il m ondo intero com e carce re dove si è chiuso p er le ragioni più diverse” (188), questo accade perché il carcere è in nanzitutto u n a prigione esistenziale, che im pedisce al p rota gonista di esternare i suoi sentim enti e di aprirsi a ll’am ore. La casa in collina h a com e protagonista un uomo senza qualità che sperim enta l’irruzione della guerra e della storia nello spazio di una v ita v issuta come “un lungo isolam en to, una futile vacanza, come un ragazzo che giocando a nascondersi entra den tro un cespuglio e ci sta bene, guarda il cielo da sotto le foglie, e si dim enti ca di uscirne m ai più” (239). L a realtà della guerra dal suo punto di v ista non può che essere raccontata rifacendosi alle m odalità del thriller, con m ovenze “in chiave postm oderna sia d ell’In fer no dantesco” [...] sia del m ito barbarico della giungla” (234). Il racconto del suo
rifugio in convento non può che con tenere una “riscrittu ra della m itica v ia cru cis” (238), prim a del personale defi nitivo isolam ento. Tutto questo avviene perché la sua realtà interiore lo rende testim one incapace e incredulo, p erv a so da paure e rim orsi per le m ostruosità d ell’uom o e le atro cità della storia, per la scoperta della guerra connaturata alla storia d ell’uom o. A nche A nguilla, protagonista de La luna e i falò, è pi- randellianam ente uno dei tan ti ‘nessu n o ’ presenti nelle n arrazion i di Pavese che necessita di ritro varsi attraverso il racconto del passato m a che “non trova la propria identità neanche nel luogo d ell’an im a” (283). In questo rom anzo nel quale Pavese to rn a a dim ostrare il frequente recupero e riu tilizzo dei p ro pri m ateriali (la poesia I mari del Sud, p er esempio), la narrazione vive nella tensione delle dim ensioni fantastiche che appartengono al protagonista, co m unque destinate al capovolgim ento, al rovescio. A n g u illa ritornando al suo paese, lo vede fantasticam ente come luogo edenico, spazio favoloso d ell’ “infanzia-g io vinezza” (277), luogo d ell’av ventura e del viaggio e arriva ad ibridarlo con il ricordo degli anni v issu ti in A m erica, descrivendo “una C alifornia lan g h ig ian a” (278). A ltret tante volte lo scopre come “spazio sm e m orizzato” (272), luogo instabile in tes suto di visioni, allucin azio ni e ricordi, nel quale la distruzione e la violenza rim angono ritu a lm ente connaturati, come lo sono alla natura.
136 It a l i a n i s t i c a De b r e c e n i e n s i s X X I I I .
Credo che bastino queste b revi sot tolineature p er evidenziare come il la voro critico di Z an g rilli m etta in luce asp etti ined iti di uno scrittore certa m ente com plesso, che è tanto più dif ficilm ente collocabile nel canone no vecentesco quanto più ha anticipato le m odalità della scrittura che oggi defi niam o postm oderna. L’orig in alità rivo lu zion aria di questo saggio sta n ell’a- v e r presentato in m aniera docum entata Pavese come scrittore neofantastico, n ell’aver descritto la sua straordina ria capacità affabulatoria, m a ciò che lo rende particolarm ente accattivante sta n ell’avere esposto concetti ardui rendendoli chiaram ente accessibili an
che da parte dei non addetti ai lavori e n ell’aver più am piam ente chiarito che le affabulazioni com plesse appar tengono orm ai sem pre più al sentire d ell’uomo contem poraneo. Infatti, del nostro passato, dei no stri m iti, del rap porto perduto che ci univa, uo m ini agli dei, di tu tti i n ostri am ori, cosa resta se non ‘il piacere di racco ntare’? Le p a role che, narcisisticam ente, raccontano noi stessi, rim angono. A tenere assiem e m em orie, im pressioni e catene infinite di im m agin i. I nodi e l ’ordito appar tengono solo a chi ne è autore. G li altri sulla nostra v ita possono fare solo pet tegolezzi.