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Scopo della tesi

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Academic year: 2021

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_________________________Scopo della tesi__________________________

Scopo della tesi

In questi ultimi anni la medicina ha incrementato notevolmente l’utilizzo di test diagnostici che prevedono l’uso di radiazioni, campi elettromagnetici, ultrasuoni e radionuclidi che hanno permesso un netto miglioramento della capacità diagnostica. Tutte queste tecniche differiscono non solo per i costi, per la disponibilità sul territorio e per i materiali utilizzati, ma anche per il rischio associato al loro utilizzo sia per l’ambiente che per l’individuo. È stato stimato che l’uso di radiazioni per test clinici rappresenta la maggior fonte di inquinamento da esposizione a radiazioni di origine non naturale nei paesi occidentali. Nel 1987 le radiazioni di origine “medica” erano circa 1/5 rispetto alle radiazioni naturali, erano intorno alla metà nel 1993 mentre nel 1997 rappresentavano circa il 100% di radiazioni a cui l’uomo era esposto. E questo carico per l’ambiente è in continua crescita.

Da ciò nasce l’esigenza di indagare se questo tipo di esposizione, sia cronica (personale medico e tecnico) che sporadica (paziente), sia ed in quale misura nociva per la salute dell’individuo al fine di ridurre il numero dei test inutili ed il rischio biologico connesso.

Scopo della presente tesi sperimentale è l’identificazione e la caratterizzazione del possibile danno al DNA indotto da Risonanza Magnetica per Immagini, (MRI). Questo test diagnostico genera tre tipi di campi elettromagnetici, il campo magnetico statico, il campo a radiofrequenza e i gradienti di campo variabili nel tempo. In letteratura sono presenti pochissimi studi sugli effetti biologici dei campi magnetici associati alla MRI e nella quasi totalità di questi, svolti sui batteri e roditori, non si evidenza alcun effetto. A nostra conoscenza

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non esistono studi in vivo sull’uomo, ma solo due lavori che riportano assenza di effetti sul ciclo cellulare in linee tumorali e fetali umane.

Nel presente lavoro si è valutata l’induzione di un possibile danno al DNA indotto nell’uomo da MRI mediante studi in vitro e in vivo.

Gli studi in vitro sono stati condotti su donatori sani il cui sangue è stato sottoposto a diverse sequenze di MRI fra le quali anche le scansioni utilizzate per le indagini diagnostiche. I dati indicano un incremento significativo e dose dipendente della frequenza di MN dopo esposizione a MRI.

Gli esperimenti in vivo sono stati condotti su 5 individui (3 pazienti e 2 volontari sani) a cui è stato eseguito un prelievo di sangue prima e dopo MRI. I dati indicano un incremento significativo della frequenza di MN nelle colture linfocitarie dopo MRI rispetto al controllo.

Al fine di comprendere se i MN originassero da eventi di rottura cromosomica o da perdita di cromosomi, è stata eseguita una caratterizzazione molecolare mediante sonde pancentromeriche. I dati preliminari suggeriscono fortemente un effetto clastogeno della MRI.

Riferimenti

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