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Recensione a Pierre Bourdieu, La miseria del mondo, Edizioni Mimesis, Milano 2015

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Bourdieu Pierre, La miseria del mondo, Edizioni Mimesis, Milano 2015 ISBN: 9788857524566

Pierre Bourdieu è sicuramente uno dei più prolifici e importanti sociologi del panorama nazionale ed internazionale. Nel libro “La miseria del Mondo”, esprime come d'incanto una voglia quasi magica di esternare fatti e visioni del mondo, che spesso sono restie ad essere accettate all'interno della nostra società attuale. Attraverso un’inchiesta multi-variabile (sia per la pluralità di elementi presi in considerazione che per l'ampio numero di studiosi coinvolti), utilizzando uno stile ormai inconfondibile, mette al centro “la miseria” concepita non come povertà assoluta (condizione oggettiva) ma come miseria di posizione, cioè limite che nasce e si riproduce in uno spazio fisico e sociale precario, degradato, in cui si è inseriti senza possibilità di uscita; un insieme di relazioni sociali che influenza con assoluta preponderanza il modo in cui le persone pensano sé stesse e riflettono gli altri. Quanto detto, che emerge dalle parole e dalle pagine del libro, è figlio di una desertificazione sociale, data dall'impoverimento materiale e relazionale. Il deperimento della società del benessere e il nascere di un nuovo mondo, più greve, meno civico e solidale ha proiettato il nostro mondo alla frantumazione delle istituzioni sociali intermedie che garantivano sostegno alle persone attraverso la mediazione dei conflitti. Bourdieu analizza la miseria contemporanea, frutto della violenza e dell’intolleranza, collegandola con le basi sociali e politiche; dall’anziano che vive nella periferie al lavoratore immigrato, dal giovane disoccupato al medio commerciante. La narrazione di queste traiettorie di vita, ci portano ad un'importante riflessione in grado di restituire un punto di vista sempre più ampio e collegato al nostro modo di vivere lo spazio sociale. Dalle pagine di quest'opera, emerge come la crisi (morale e culturale) sia causata anch'essa dalle continue classificazioni e violenze simboliche, cui gli individui contribuiscono, in senso oggettivo, ogni giorno. All'interno del mondo moderno, infatti, possiamo scorgere e trovare due ampie figure in contrasto tra loro; i vinti “le cosiddette vite di scarto” e le figure professionali figlie di ciò che resta della rete di protezione sociale statuale, che cola a picco insieme ai primi. E' vivo il commerciante che non reggere

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più la concorrenza dei supermercati, il giovane sperduto che non sa cosa fare della sua vita, l’operaio precario che guarda al sindacato con sospetto e amarezza, e lo studente universitario messo ai margini che decide di arruolarsi nell'esercito. All'interno del contesto delineato scoviamo altresì figure proprie dell'aiuto sociale, come gli assistenti sociali e i giudici (che vivono, anch'essi, l'esercizio del proprio lavoro sotto forma di svalutazione professionale, dettata dallo Stato per cui esercitano il loro operato). Emerge, ad onor del vero, anche la differenziazione del comparto etnico dei soggetti contemporanei; generando, così, una nuova frontiera politica sia di carattere populista che di radicalizzazione. La miseria, si colloca quindi come categoria intermedia differente dalla povertà: semanticamente parlando, non è il contrario di “opulenza” ma di “vita realizzabile”. L'assenza di possibilità, porta innanzitutto l'essere umano alla consapevolezza della propria inefficacia, inesistenza e inutilità. Si verificano così casi di depressione, stravolgimento emotivo, nevrosi e comportamenti al limite del vivere umano. In questo contesto, giocano un ruolo importante anche i politici; il più delle volte estranei alle condizioni reali dei territori gestiti, inermi nei confronti dei rapporti con uomini e donne, caratterizzati dal mal di vivere e da pochi mezzi per trasmettere i propri bisogni e necessità. I partiti, hanno poi gli occhi puntati sui sondaggi d’opinione, altri protestano al di fuori dei mezzi pre-costituiti (quando non si eclissano nel proprio malessere). La periferia, il precariato, e la scuola sono così caratterizzati da conflitti perenni, privi di una soluzione definitiva.

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