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Strategie adattative dell'occhione (Burhinus oedicnemus) in ambiente fluviale

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Academic year: 2021

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RIASSUNTO

L’occhione (Burhinus oedicnemus) è una specie di rilevante interesse conservazionistico a causa del generalizzato declino numerico evidenziato sia a livello europeo sia nazionale, causato principalmente dalla riduzione e dalla frammentazione dell'habitat di nidificazione. Informazioni dettagliate sulla biologia della specie sono però lacunose e in buona parte derivate da studi effettuati in Inghilterra su popolazioni al limite settentrionale dell’areale di nidificazione e in habitat spesso molto differenti da quelli occupati da gran parte dei contingenti europei.

Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di indagare alcuni aspetti dell'ecologia e del comportamento dell'occhione durante la stagione riproduttiva, in un contesto, quello fluviale, per il quale non esistono approfondimenti, pur rappresentando un habitat importante per la nidificazione della specie a livello nazionale. La ricerca è stata condotta su una delle popolazioni più consistenti dell’Italia continentale, nidificante all’interno del territorio del Parco Fluviale Regionale del Taro (PR). Sono stati raccolti dati concernenti il successo di schiusa, le strategie di muta delle penne remiganti durante la stagione riproduttiva e il comportamento spaziale.

Dato che la popolazione in esame nidifica principalmente all'interno dell'alveo, il successo di schiusa è stato analizzato in relazione ad alcune variabili ambientali connesse con la dinamica fluviale. A questo scopo, il monitoraggio dei nidi è stato condotto mediante sensori di temperatura, che si sono rivelati utili al fine di ridurre il grado di disturbo alle covate. Inoltre, la disponibilità di dati dettagliati sul momento del fallimento ha permesso di migliorare le stime del tasso di sopravvivenza delle covate, nonché, in alcuni casi, di ottenere indicazioni sulle cause del fallimento. Il tasso di sopravvivenza delle covate non è risultato essere influenzato in maniera significativa dalla temperatura media e dall'entità delle precipitazioni registrate durante la nidificazione. Al contrario, le covate avevano una maggiore probabilità di fallimento nelle stagioni riproduttive non precedute da eventi di piena significativi. Questo dato suggerisce che il successo di schiusa possa dipendere, tra l'altro, dalla dinamica fluviale, che, attraverso un'azione di rimozione parziale della vegetazione e di rimodellamento dell'assetto fluviale, determina le condizioni ambientali nelle quali gli animali si trovano a nidificare. L’ambiente aperto attorno al nido potrebbe avere un effetto positivo sul rischio di predazione, poiché da un lato aumenta l’avvistabilità di predatori terrestri in avvicinamento e dall’altro riduce il numero di posatoi che i corvidi possono sfruttare per predare le uova.

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Per quanto riguarda le strategie di muta delle penne remiganti in relazione alla stagione riproduttiva, uno degli elementi più interessanti emersi dal lavoro è rappresentato dall'estesa sovrapposizione tra riproduzione e muta. Nella popolazione studiata la muta delle primarie iniziava durante le prime fasi della riproduzione e procedeva lentamente, ad un ritmo relativamente costante, impegnando gli animali per oltre cinque mesi (gran parte della primavera e tutto il periodo estivo). La muta delle secondarie, invece, si è dimostrata molto più irregolare. Anche se ha inizio mentre gli occhioni stanno ancora nidificando, la maggior parte di queste penne viene mutata durante la stagione post-riproduttiva. Le secondarie più interne e quelle più esterne vengono rinnovate più frequentemente rispetto a quelle presenti nel tratto centrale e le secondarie giovanili non vengono mutate nel primo anno di vita. Nel complesso, la combinazione tra lunga durata ed inizio precoce della muta in rapporto alla stagione riproduttiva caratterizza una strategia di muta inconsueta tra i caradriformi e, più in generale, tra le specie che nidificano in regioni temperate. Questo pattern potrebbe essere interpretato come un modo per rendere massimo il successo riproduttivo in condizioni di elevato tasso di fallimento della covata, quale quello registrato nell'area, attraverso la capacità di effettuare facilmente covate di sostituzione, distribuendo il costo energetico della muta su un periodo lungo. Un'indagine di tipo comparativo tra specie appartenenti all’ordine dei caradriformi ha fornito alcuni elementi a supporto di questa ipotesi: specie con una stagione riproduttiva lunga mostrano tendenzialmente anche un’ampia sovrapposizione temporale tra muta delle primarie e riproduzione. Nello studio del comportamento spaziale dell'occhione, l'attenzione è stata focalizzata, in particolare, sulle componenti spaziali del comportamento di foraggiamento, sull'analisi delle caratteristiche ambientali che influenzano la scelta trofica degli animali e sulle possibili interazioni con le attività antropiche, prevalentemente agricole, che insistono sul territorio. Nel complesso gli animali tendono a concentrare fortemente la loro attività all’interno del greto nelle ore diurne, mentre, durante la notte, si evidenziano comportamenti di pendolarismo verso le zone perifluviali, utilizzate a fini trofici. In queste zone utilizzano aree caratterizzate da una copertura della vegetazione molto ridotta, nonché cumuli di letame di recente creazione. I risultati ottenuti mostrano una significativa dipendenza del foraggiamento degli occhioni dalla tipica conduzione agricolo-zootecnica della zona, finalizzata alla produzione del Parmigiano-Reggiano, che garantisce alla popolazione un’ampia disponibilità di aree trofiche, disgiunte dai territori di riproduzione. La capacità di saper sfruttare aree caratterizzate da pratiche agricole relativamente intensive, può contribuire a spiegare l’elevata densità di animali registrata all’interno del greto. Questa situazione sembra suggerire che, per salvaguardare le necessità ecologiche dell’occhione, oltre alla tutela dei siti riproduttivi, sia necessario il mantenimento delle pratiche agricole che insistono sul territorio, cercando di instaurare una gestione sinergica tra greto e aree perifluviali, anche esterne al Parco.

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