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Indagine sul mercato fondiario in Italia : rapporti regionali. 2012

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a cura di Andrea Povellato, Davide Bortolozzo

InDAgIne sul mercAto

fonDIArIo In ItAlIA

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Indagine sul mercato fondiario in Italia

Rapporto regionale 2012

a cura di

Andrea Povellato, Davide Bortolozzo

(3)

Introduzione... 1  

L'indagine sul mercato fondiario... 1  

Una sintesi dell'andamento del mercato fondiario nel 2012 ... 1  

Appendice statistica ... 3  

Piemonte... 5  

Valle d'Aosta... 9  

Lombardia... 13  

Trentino Alto Adige ... 17  

Veneto... 21  

Friuli Venezia Giulia... 26  

Liguria ... 31   Emilia Romagna ... 34   Toscana... 37   Umbria... 42   Marche... 45   Lazio ... 49   Abruzzo ... 54   Molise... 59   Campania ... 64   Puglia ... 67   Basilicata ... 71   Calabria... 74   Sicilia ... 77   Sardegna... 81   Bibliografia ... 86  

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Introduzione

L'indagine sul mercato fondiario

L’INEA cura l'indagine sul mercato fondiario e degli affitti i cui risultati vengono pubblicati in un apposito capitolo dell’Annuario dell’agricoltura italiana. Dal 1947, il capitolo dedicato al mercato fondiario costituisce una delle più importanti fonti statistiche, se non l’unica in ambito nazionale, in questa materia (Povellato, Bortolozzo, Longhiano, 2013). Da quasi vent'anni i risultati dell'indagine vengono ripresi annualmente in forma estesa dalle principali testate agricole italiane.

L'Indagine è curata a livello regionale dalle Sedi regionali dell'INEA. I referenti regionali dell’indagine rilevano i prezzi medi della terra e analizzano l’evoluzione in atto nel mercato fondiario nella regione di propria competenza1. Le fonti d’informazione possono risultare diverse da regione a regione a seconda della disponibilità dei dati. La base informativa più importante è costituita dalle interviste con “testimoni privilegiati”, che generalmente comprendono mediatori, liberi professionisti, tecnici delle organizzazioni professionali e di enti pubblici. I referenti regionali aggiornano ogni anno una relazione che prende in esame le caratteristiche regionali del mercato fondiario sulla base delle risultanze delle interviste e delle elaborazioni della Banca dati dei valori fondiari. A partire dall'Indagine 2008 si è deciso di pubblicare le relazioni regionali nel presente Rapporto regionale.

La metodologia di rilevazione dei prezzi della terra, rimessa a punto a partire dal 1992, viene costantemente aggiornata al fine di giungere alla stima dei valori fondiari medi regionali e conseguentemente alle variazioni annue attraverso la definizione dei valori fondiari per diverse categorie di coltura che localmente possono assumere prezzi abbastanza diversi in conseguenza delle caratteristiche dei terreni (asciutti/irrigui, grado di fertilità, suscettività a trasformazioni fondiarie).

Malgrado i limiti dovuti alla scarsità di informazioni disponibili, è stato possibile costituire una banca dati, alimentata annualmente dai valori fondiari medi per un massimo di 11 tipi di coltura in 766 regioni agrarie. Le banche dati e le analisi sull'andamento del mercato sono disponibili sul sito Internet dell'INEA alla pagina dedicata all'Indagine sul mercato fondiario ((www.inea.it/mercato-fondiario)).

La struttura del testo delle relazioni regionali è simile a quella dell'anno precedente. Sono state modificate soltanto le parti che richiedevano un aggiornamento o un'integrazione a seguito dell'evoluzione del mercato fondiario e di nuovi elementi informativi che si sono aggiunti di recente.

Una sintesi dell'andamento del mercato fondiario nel 2012

Il mercato fondiario italiano ha registrato nel 2012 un altro anno di rallentamento, sia per quanto riguarda l'attività di compravendita sia in termini di quotazioni. Gli operatori del settore, intervistati nel corso dell'annuale indagine svolta dalle sedi regionali dell'INEA, sono concordi nell'affermare che gli scambi si sono ulteriormente ridotti rispetto agli anni precedenti. La riduzione del volume delle compravendite si è riflessa anche sulle quotazioni che hanno registrato il segno negativo come media nazionale, caso abbastanza raro da vent'anni a questa parte. Il prezzo della terra è diminuito in modo impercettibile (-0,1%) in

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termini nominali, ma se si tiene conto del tasso di inflazione la contrazione è piuttosto rilevante (-3,1%) e va ad aggiungersi alle riduzioni in termini reali registrate dal 2008. Considerando l'incremento generale dei prezzi, il patrimonio fondiario italiano, in media, vale il 93% di quanto valeva nel 2008.

La diminuzione del prezzo medio, per quanto debole, è il risultato di andamenti territoriali parzialmente inaspettati. Sotto il profilo geografico si conferma la graduale divaricazione dei valori fondiari tra le regioni settentrionali e quelle centrali e meridionali, ma mentre negli anni precedenti la crescita dei valori al Nord riusciva a compensare la stasi delle quotazioni nel Mezzogiorno, nel 2012 si evidenzia un cedimento delle quotazioni anche in regioni come Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige, dove i valori fondiari sono generalmente più elevati e la domanda più sostenuta. In secondo luogo il prezzo della terra diminuisce in misura relativamente più elevata nelle zone di pianura, malgrado tali aree siano più ricche di terreni fertili e dotati di buone infrastrutture dove si concentra la maggior parte dell'attività di compravendita.

Una prima ipotesi che potrebbe spiegare l'andamento in flessione riguarda il graduale processo di aggiustamento dei prezzi a cui si sta assistendo, in conseguenza della crisi economica e dei nuovi scenari che hanno caratterizzato l'agricoltura europea nell'ultimo decennio. La difficoltà di accesso al credito rimane uno dei fattori che limita le potenzialità della domanda degli agricoltori professionali che sono ancora interessati a consolidare la struttura aziendale per aumentare le economie di scala. D'altra parte gli acquirenti extragricoli sono frenati dalla mancanza di liquidità e dalle prospettive incerte per la redditività del settore, anche se non manca l'interesse di investitori, anche stranieri, per acquisizione di aziende intere o per corpi fondiari di una certa rilevanza situati in zone particolarmente pregiate.

Oltre alla crisi economica, l'agricoltura italiana risente anche delle mutate condizioni di mercato e degli sviluppi della politica agricola sempre più orientata verso una riduzione del sostegno ai redditi. È probabile che, in un contesto caratterizzato da elevata volatilità dei prezzi e da prospettive di ulteriori contrazioni degli aiuti al reddito, gli agricoltori anziani e quelli meno professionali abbandonino il settore anche attraverso la vendita del fondo. Sembra venuto meno anche l'effetto sulla domanda degli incentivi per le fonti energetiche rinnovabili che in contesti locali avevano portato il valore dei terreni a livelli particolarmente elevati. Inoltre l'introduzione dell'IMU per i terreni agricoli ha ridotto ulteriormente le aspettative degli investitori.

A fronte di prezzi della terra che nell'ultimo decennio sono stati ritenuti in molti casi non compatibili con la normale redditività agricola, la flessione delle quotazioni potrebbe continuare anche nel prossimo futuro. Va aggiunto che non sembra possibile generalizzare questa prospettiva, considerato l’andamento differenziato che caratterizza il mercato fondiario a livello territoriale. Inoltre il riallineamento tra valori fondiari e redditività potrebbe rimettere nuovamente in gioco gli agricoltori che sono interessati a investire nella propria impresa.

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Appendice statistica

Tabella 1 - Valori fondiari medi nel 2012 (migliaia di euro, SAU)

Regioni Zona altimetrica Totale

Montagna Montagna Collina Collina Pianura

interna litoranea interna litoranea

Piemonte 2,0 - 20,4 - 24,4 16,8 Valle d'Aosta 11,9 - - - - 11,9 Lombardia 8,4 - 38,4 - 41,3 34,4 Trentino Alto Adige 39,4 - - - - 39,4

Veneto 14,4 - 93,8 - 59,5 58,7

Friuli Venezia Giulia 4,8 - 29,3 34,6 37,9 33,0 Liguria 7,3 26,1 23,6 78,5 - 30,5 Emilia Romagna 5,3 - 22,5 32,5 37,8 31,4 Toscana 11,9 13,0 14,2 11,7 16,9 13,8 Umbria 7,2 - 12,3 - - 11,0 Marche 5,7 - 12,0 21,0 - 14,5 Lazio 6,8 - 12,6 16,9 23,8 13,9 Abruzzo 5,7 - 14,4 21,3 - 11,6 Molise 9,5 - 14,9 22,8 - 14,0 Campania 8,1 - 16,1 29,5 50,0 18,0 Puglia 8,3 - 12,5 13,0 14,7 13,7 Basilicata 5,0 3,6 8,3 - 13,5 7,5 Calabria 7,4 10,9 10,2 15,3 18,9 12,5 Sicilia 6,6 8,8 9,5 13,7 15,7 10,7 Sardegna 4,7 - 5,8 6,8 14,3 7,7 Totale 11,3 9,9 15,2 16,0 32,8 20,0

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Tabella 2 - Variazione percentuale dei valori fondiari medi (2012/11, SAU)

Regioni Zona altimetrica Totale

Montagna Montagna Collina Collina Pianura

interna litoranea interna litoranea

Piemonte 2,0 - 2,5 - 2,9 2,7

Valle d'Aosta 3,0 - - - - 3,0

Lombardia 0,0 - 0,3 - -2,1 -1,8 Trentino Alto Adige -2,5 - - - - -2,5

Veneto 0,0 - -0,3 - -1,6 -1,3

Friuli Venezia Giulia 12,4 - 6,8 9,7 2,0 2,9

Liguria 0,7 0,4 1,2 0,6 - 0,7 Emilia Romagna 1,8 - 2,8 3,8 3,0 3,0 Toscana -0,5 0,0 -3,5 0,0 -0,8 -2,4 Umbria 0,8 - 1,6 - - 1,4 Marche 0,1 - 0,4 0,5 - 0,4 Lazio 0,0 - -0,4 -2,8 0,0 -0,4 Abruzzo -0,1 - -0,3 0,1 - 0,0 Molise 0,2 - -0,9 0,0 - -0,3 Campania -0,2 - -0,2 -0,5 -0,4 -0,3 Puglia 0,0 - -0,7 -0,2 -0,4 -0,5 Basilicata 0,5 0,0 -1,2 - -0,7 -0,7 Calabria 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 Sicilia 0,7 0,5 0,6 0,5 0,4 0,5 Sardegna 0,7 - -0,1 -0,7 -1,7 -0,8 Totale -1,0 0,2 0,1 0,1 -0,1 -0,1

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Piemonte

Ilaria Borri

1. Quadro generale

L’analisi dei dati provvisori del 6° Censimento dell’Agricoltura del 2010 mostra una riduzione del 37,5% del numero di aziende agricole rispetto al 2000, mentre la Superficie Agricola Totale (SAT) è diminuita in misura più contenuta (-6,7%). L’indagine censuaria mostra inoltre un cambiamento della tipologia di possesso della terra: la SAT in proprietà infatti è diminuita di 27 punti percentuali, mentre quella in affitto è aumentata di circa il 33%. In termini di superficie si è passati da oltre un milione di ettari in proprietà a poco più di 744.000 ettari, mentre per l’affitto la superficie è passata da poco meno di 400.000 a quasi 530.000 ettari, ai quali devono essere aggiunti anche circa 90.000 ettari in uso gratuito.

In termini di mercato fondiario i testimoni privilegiati confermano anche per il 2012 il perdurare della situazione di stallo che ha caratterizzato gli anni recenti, acuita ulteriormente dalla crisi mondiale iniziata nel 2008 e dall’incertezza relativa alle strategie della nuova Politica Agricola Comune (PAC 2014-2020). La realtà del mercato fondiario sembra dunque cristallizzata in una “fotografia” che non presenta pressoché alcuna novità rispetto all’anno precedente. In termini generali i prezzi di compravendita dei terreni sono aumentati a livello medio regionale del 2,7%. Questo dato è da intendersi come indice di una discreta tenuta dei valori fondiari rispetto al livello generale dell'inflazione: la terra, dunque, costituisce ancora quello che forse è considerato il “bene rifugio” per eccellenza. In particolare tale andamento risulta comunque circoscritto alle aree agricole maggiormente vocate di pianura e collina, mentre le richieste continuano a rimanere estremamente contenute nelle zone montane e marginali dove si registrano anche casi di diminuzione dei prezzi rispetto all’anno precedente.

2. Tendenze a livello territoriale

Il numero delle compravendite di seminativi nelle aree vocate della pianura torinese (pianura del Po tra Carmagnola e Carignano) è stato sostanzialmente in equilibrio. I prezzi vengono segnalati tendenzialmente invariati rispetto al 2011 per quanto riguarda la totalità delle tipologie produttive. Nella zona di pianura tra Carmagnola e Carignano i seminativi irrigui vengono valutati tra 35.000 e 55.000 euro/ha; sempre nella pianura carmagnolese i terreni destinati alla coltura del famoso peperone2 sono quotati tra 45.000 e 55.000 euro/ha. In queste zone il peperone viene coltivato quasi esclusivamente sotto tunnel per evitare la maggior parte delle avversità climatiche e parassitarie. Per quanto riguarda i frutteti del cavourese le quotazioni oscillano tra 30.000 e 50.000 euro/ha. In termini “macro” il mercato risulta tendenzialmente invariato rispetto al 2011. Come nel recente passato, le principali motivazioni che sospingono all’acquisto di terra sono legate alle sue caratteristiche di bene-rifugio, alle aspettative di cambiamento di destinazione d'uso (soprattutto nelle zone agricole periurbane), al ricambio generazionale dei conduttori e alla necessità di arrotondamento/accorpamento della superficie aziendale.

Analoghe considerazioni possono svolgersi per la provincia di Alessandria dove peraltro, per le zone adiacenti il capoluogo, la pressione urbana è molto meno accentuata che nel torinese. Il mercato fondiario, tendenzialmente invariato rispetto all’anno scorso, rimane in sostanziale equilibrio relativamente al volume di domanda e offerta, sebbene alcune

2 La Provincia di Torino ha costituito un "Consorzio di tutela e valorizzazione del Peperone di Carmagnola" e

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aziende poco strutturate e condotte da imprenditori anziani rinuncino alla coltivazione dei terreni (stante le difficoltà economiche) e cedano i medesimi ad aziende meglio strutturate e condotte da imprenditori più giovani. I seminativi a risaia nella zona di Casale Monferrato sono quotati tra 15.000 e 25.000 euro/ha, con valori più o meno analoghi per i seminativi irrigui della pianura alessandrina (15.000-30.000 euro/ha).

Nel cuneese i testimoni privilegiati riportano una situazione leggermente più vitale rispetto al 2011 per le zone del monregalese, cebano, braidese e fossanese, stabili invece le zone di saluzzese, saviglianese e Cuneo. Anche nelle zone sottoposte a direttiva nitrati la situazione si va stabilizzando visto che con il 31/12/2010 le aziende hanno dovuto porre definitivamente in essere i piani di adeguamento per la direttiva nitrati 10R. L’unico fattore di una certa rilevanza che è riuscito a movimentare un po’ il mercato è l’interesse per le energie rinnovabili che porta a una discreta ricerca di terreni utilizzabili per l’installazione di impianti fotovoltaici e la coltivazione di biomassa. Le aree vocate a produzioni di rilievo vedono crescere i valori degli anni precedenti, mentre per le altre in alcuni casi si parla addirittura di riduzioni. Le quotazioni dei seminativi irrigui nella pianura tra Fossano e Cuneo sono leggermente aumentate e hanno prezzi tra 40.000 e 95.000 euro/ha, mentre i terreni orticoli del braidese si attestano tra 55.000 e 95.000 euro/ha.

Per i terreni adatti alla viticoltura delle aree vocate (Langa astigiana e albese, Monferrato astigiano e alessandrino, ovadese e zona del Gavi, etc.) si continua a registrare una certa stagnazione del mercato a causa dell'ormai perdurante crisi del settore vitivinicolo. Il 2010 ha visto il crollo del mercato del Barbera che perdura ancora in questo stato di immobilità. Per contro il mercato dei vigneti Moscato continua a godere di una certa attrattività, tant’è che i diritti di reimpianto di questa varietà hanno raggiunto valori anche di 5 euro/mq, paragonabili a quelli del vigneto in produzione, e risultano praticamente introvabili. Può inoltre accadere che il diritto di reimpianto abbia un valore superiore al terreno nudo, per cui l’acquisto è motivato esclusivamente dall’acquisizione dei diritti. I terreni da Moscato sono quotati tra 40.000 e 70.000 euro/ha.

In generale il vigneto DOCG rimane la qualità di coltura che presenta i più elevati valori di compravendita. Per quanto riguarda i terreni a vigneto nelle aree di pregio di produzione del Barolo DOCG e del Barbaresco DOCG della Bassa Langa Cuneese è pressoché impossibile fornire una valutazione dei prezzi dato che un vero e proprio mercato non esiste: chi possiede i terreni non vende e chi vorrebbe comprare si trova di fronte un’offerta praticamente inesistente (la superficie interessata da vigneti di Nebbiolo destinati alla produzione di Barolo è di soli 1.900 ettari e interessa il territorio di 11 Comuni). I testimoni privilegiati riferiscono di una forbice che può andare dai 40.000 euro/ha a oltre il milione di euro l’ettaro, per quanto un vero e proprio limite superiore in realtà non esista. Dare un dato medio nelle zone del Barolo è quasi impensabile: troppi i fattori che possono incidere (esposizione, quota, contesto, appezzamenti limitrofi, etc.). Un andamento del tutto analogo a quello dei vigneti è stato osservato nel mercato dei diritti di reimpianto. Nell'astigiano e nelle Langhe si è assistito a un relativo rallentamento sia per quanto riguarda il numero degli scambi che per il valore dei diritti.

Il comprensorio risicolo (pianura a sud di Vercelli, zona delle Baraggie, pianura a sud di Novara e casalese) risente della crisi del mercato del riso e dell’estrema incertezza dovuta alle prospettive della futura PAC che, allo stato attuale, sembra non andare verso gli interessi dei risicoltori. Il livello degli scambi risulta invariato rispetto all’anno passato, in una sorta di sostanziale equilibrio tra domanda e offerta. La situazione di incertezza è predominante e i prezzi sono rimasti stabili. Gli acquisti sono stati effettuati in parte da imprenditori agricoli, allo scopo di ampliare la maglia poderale, ma anche da investitori provenienti da settori extragricoli (in genere per superfici estese) che considerano la terra come bene-rifugio. I terreni a risaia nella zona delle Baraggie oscillano fra 16.000 e 30.000 euro/ha, mentre nella

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pianura a sud di Vercelli tra 21.000 e 40.000 euro/ha. Anche nel 2012 le quotazioni dei terreni adatti alla floricoltura nella riviera occidentale del Lago Maggiore (provincia del Verbano-Cusio-Ossola) hanno tenuto il mercato mantenendo valori piuttosto elevati (inclusi tra 30.000 euro/ha e 70.000 euro/ha) a causa della scarsità di superficie e dell'aumento della redditività delle aziende floricole.

3. Rapporto domanda/offerta

In linea del tutto generale, anche per il 2012 si osserva una situazione di sostanziale equilibrio in un mercato che continua ad apparire “fermo”. Il panorama di “domanda/offerta” è piuttosto variegato: sebbene nelle aree maggiormente vocate all’agricoltura la domanda superi in genere l’offerta, sono aumentate le situazioni di equilibrio (la volontà di acquisto pare essere frenata anche dall’inasprimento della pressione fiscale). Una situazione opposta interessa le aree dove gli imprenditori agricoli non riescono a far fronte alle spese e tentano quindi di vendere. La domanda rimane assai contenuta nelle aree montane della regione, come da parecchi anni a questa parte.

4. Tipo di operatori

Gli operatori economici più frequentemente coinvolti negli scambi sono stati gli imprenditori agricoli che conducono aziende di piccole e medie dimensioni, interessati all'acquisto di parcelle di limitata estensione al fine di realizzare accorpamenti fondiari e arrotondamenti della superficie produttiva. L'offerta è formata da agricoltori anziani costretti all'abbandono per raggiunti limiti di età che cedono l'azienda in mancanza di eredi disposti a continuare l'attività, oppure da piccole aziende che non riescono più a far fronte alle spese crescenti e ai diminuiti ricavi e si vedono quindi costrette a vendere le proprietà e cessare l’attività agricola. Anche operatori extragricoli, proprietari non conduttori di fondi rustici, quali, ad esempio, eredi di agricoltori, vengono spesso indicati quali offerenti di suoli agricoli. In molti casi si tratta di proprietari che, una volta liberato il fondo da vecchi affittuari, tendono a disfarsi del medesimo perché insoddisfatti della redditività del capitale fondiario.

Gli acquirenti dei vigneti (o dei soli diritti di reimpianto) sono per lo più imprenditori di aziende di medio-grandi dimensioni (per arrotondamenti aziendali), grandi industrie di trasformazione operanti nel settore vitivinicolo (per integrazione a monte) e operatori extragricoli che considerano quello vitivinicolo un settore in cui investire.

Nel novarese gli acquisti sono di frequente effettuati da società immobiliari per conto di imprenditori e liberi professionisti che intendono diversificare i propri investimenti; nel cuneese i cascinali sono a volte oggetto di recupero da parte di operatori extragricoli, ovvero riadattati per lo sfruttamento a fini agrituristici o turistici, fenomeno in aumento, ad esempio, nelle zone collinari e montane.

Nelle zone interessate dagli allevamenti i testimoni privilegiati segnalano ancora l'interesse all'acquisto di terreni da parte di imprenditori zootecnici (allevamenti intensivi) alla ricerca della superficie necessaria per ottemperare alla direttiva nitrati. Si tratta soprattutto di suinicoltori e di allevatori di bovini da carne. Gli agricoltori preferiscono interrompere l'attività zootecnica (più impegnativa) e orientare l'azienda esclusivamente alle produzioni vegetali.

In tutto il Piemonte, ma soprattutto in alcune province (cuneese, torinese, alessandrino e astigiano), le società partecipate (come, ad esempio, Eni, Snam, etc.) mostrano ancora un discreto interesse nei confronti del mercato fondiario regionale: si tratta di società interessate a terreni destinabili alla posa di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (biogas, biomassa, parchi fotovoltaici, etc.).

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5. Tendenze nella destinazione d’uso

Negli ultimi anni il mercato dei terreni agricoli è stato interessato dagli scambi di superfici destinate a impianti per le energie rinnovabili. Questo tipo di destinazione d’uso si è caratterizzato pressoché come unico “traino” del mercato nel quinquennio 2008-2012, pesantemente condizionato dagli effetti della crisi economica mondiale, sebbene nel corso dell’ultimo anno sembra essersi ulteriormente affievolito visto anche il progressivo saturarsi delle zone disponibili. L’interesse e l’impatto di questo nuovo utilizzo del territorio ha generato situazioni di disordine e veri e propri abusi da parte dei Comuni nell’utilizzo di superfici agricole, tant’è che con la legge regionale 18/2010 la Regione Piemonte aveva disposto la sospensione delle procedure autorizzative relative a impianti fotovoltaici non integrati da realizzare su terreni compresi nelle aree di esclusione evidenziate al paragrafo 3.3 dell'allegato alla Deliberazione della Giunta regionale 28 settembre 2009, n. 30-12221.

A seguito di ciò, a dicembre 2010 è entrata in vigore la delibera della Giunta regionale che individua le aree e i siti non idonei all’installazione di impianti fotovoltaici a terra e mette fine alla moratoria delle procedure autorizzative previste dalla l.r. 18/2010. Le zone interessate sono classificate in:

- aree sottoposte a tutela del paesaggio e del patrimonio storico, artistico e culturale e specificamente i siti inseriti nel patrimonio mondiale dell’Unesco, aree interessate dai progetti di candidatura a siti Unesco, beni culturali e paesaggistici, vette e crinali montani e pedemontani, tenimenti dell’Ordine Mauriziano;

- aree protette nazionali e regionali e siti di importanza comunitaria nell’ambito della Rete Natura 2000;

- aree agricole ricadenti nella prima e seconda classe di capacità d’uso del suolo, aree di produzione di prodotti DOCG e DOC e terreni agricoli irrigati con impianti irrigui realizzati con finanziamenti pubblici;

- aree in dissesto idraulico e idrogeologico.

6. Aspettative future del mercato

Le “sensazioni” e le ipotesi circa l'evolvere del mercato dei fondi rustici per il 2013 da parte degli operatori confermano che la crisi finanziaria ha ridotto sensibilmente la disponibilità economica delle aziende agricole e aumentato i costi di produzione generando una fase di ulteriore stallo del mercato e di fortissima incertezza. Dall'altro canto i terreni potrebbero vedere rafforzata la loro funzione di “beni rifugio”. Si prevede una diversificazione dei prezzi dei terreni in funzione della versione definitiva della PAC e delle relative implicazioni sul territorio.

Un aumento dei prezzi è ipotizzato per i terreni destinabili a impianti a energie rinnovabili, sebbene sembri diminuito l’interesse per questo tipo di destinazione d’uso. Potrebbero aumentare anche i valori dei seminativi e delle superfici foraggere a supporto della zootecnia nelle zone dove l’attività agricola è vincolata dalle normative sull’impiego dei nitrati, sebbene la situazione di “sofferenza” in termini di liquidità da parte delle aziende non lasci presagire grandi possibilità di impegno di capitali. Altro motivo di incertezza è legato a questioni finanziarie e all’aumento della pressione fiscale anche sui terreni agricoli.

I prezzi dei vigneti nelle aree vocate della regione potrebbero subire un’ulteriore diminuzione a causa del perdurante andamento negativo del mercato del vino e dell'aumento del costo della manodopera.

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Valle d'Aosta

Stefano Trione

1. Quadro generale

In Valle d'Aosta il mercato dei terreni agricoli possiede caratteristiche particolari che lo contraddistinguono rispetto alla gran parte delle regioni italiane. Il sistema agricolo regionale è connotato da elementi peculiari, come l'orografia accidentata e le condizioni pedoclimatiche, che limitano la scelta delle coltivazioni e influenzano fortemente le tecniche colturali. L'alpicoltura riveste un ruolo cardine e i prodotti dell'allevamento contribuiscono per circa i due terzi al valore della produzione vendibile agricola. L'arboricoltura da frutto (essenzialmente melo) e la viticoltura, pur interessando superfici assai limitate, sono da considerarsi strategiche per la difesa del territorio e la conservazione del paesaggio montano.

La Valle d'Aosta si distingue per l'elevato grado di protezione che l'Amministrazione regionale da sempre tende ad accordare alle aziende produttrici e alle imprese operanti nel settore agroalimentare, attraverso i consistenti flussi di trasferimenti di fonte sia comunitaria che regionale.

La regione si caratterizza anche per la coesistenza di attività extragricole (soprattutto turistiche) e processi produttivi agricoli propriamente detti. Le attività extragricole influenzano in misura significativa il mercato dei fondi rustici, che spesso raggiungono quotazioni molto elevate. Pure la vicinanza ai centri abitati e la relativa classificazione urbanistica influisce sul valore dei fondi in quanto, pur essendo essi agricoli, spesso non vengono classificati in zona E ma sono gravati da vincoli paesaggistici che tendono a far aumentare il loro valore.

Assai sovente il prezzo che il potenziale acquirente è disposto a pagare non è commisurato alle potenzialità agricole delle superfici, bensì al fatto che le indennità compensative erogate agli agricoltori operanti in zone montane e i premi agro-ambientali corrisposti in relazione allo sfruttamento di dette superfici sono di rilevante entità.

Una forte spinta all'acquisizione di terreni agricoli deriva dalla necessità per gli allevatori di certificare la disponibilità di adeguate superfici foraggere, al fine di contenere il carico di bestiame e fruire, quindi, dei premi corrisposti a seguito dell'adesione agli interventi agro-ambientali. Giova notare, inoltre, la necessità per gli allevatori valdostani di disporre di foraggi locali: l’art. 4 del Disciplinare di Produzione della Fontina DOP impone, infatti, che l’alimentazione delle lattifere sia costituita da fieno ed erba verde prodotti in Valle d’Aosta.

Nel complesso, il numero delle compravendite di terreni a uso agricolo in Valle d'Aosta è estremamente limitato. In generale, gli agricoltori acquisiscono terreni (essenzialmente superfici foraggere) tramite contratti di affitto, piuttosto che attraverso l'acquisto.

2 Tendenze a livello territoriale

Per quanto concerne i valori fondiari, pur ribadendo l'assenza di un vero e proprio mercato dei fondi rustici assimilabile a quello delle altre regioni, i testimoni privilegiati hanno confermato la validità delle stime formulate (prezzi minimi e massimi). In particolare, per quanto riguarda il prato permanente di fondovalle e di mayen3 i valori minimi e massimi oscillano tra 25.000 e 50.000 euro/ha e valori ritenuti congrui si aggirerebbero intorno ai 27-30.000 euro/ha.

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I valori citati sono indicativi del potenziale prezzo di scambio delle superfici foraggere in tutta la regione, senza particolari distinzioni a livello territoriale. Per quanto concerne i prati permanenti, le quotazioni più basse si riferiscono ai prati non irrigui o difficilmente irrigabili, nonché a quelli localizzati in aree esondabili, sia della valle centrale che delle valli laterali; si è avuto notizia di prati acquistati a 5-6 euro/mq, ma si è trattato di appezzamenti di modeste dimensioni, acquisiti a scopo di arrotondamento della proprietà.

I prezzi di compravendita dei pascoli sono estremamente variabili a seconda della tipologia4, dell’esposizione e della quota, nonché dell’accessibilità. I terreni classificati come “pascolo” nei fondovalle e nei mayen possono spuntare quotazioni piuttosto elevate (15.000 – 20.000 euro/ha), ma nel caso dei pascoli d’alpe si ritengono congrui valori compresi tra 7.000 e 10.000 euro/ha. A questo proposito si precisa che, alla luce della contestata validità dei VAM a fini di esproprio5, l’Ufficio Espropriazioni e patrimonio della Regione Autonoma Valle d’Aosta ha individuato quali importi massimi per la procedura di esproprio valori di 0,3-0,4 euro/mq per i “pascoli magri” e 0,9 euro/mq per i “pascoli fertili”.

I testimoni privilegiati affermano che il vigneto in produzione non è, di fatto, oggetto di compravendite; i terreni agricoli destinati o destinabili a vigneto in Valle d’Aosta sono quasi tutti utilizzati: l’offerta è pressoché inesistente e i prezzi sono estremamente elevati. Un valore fondiario ritenuto equo oscilla tra 40.000 e 90.000 euro/ha (anche tenuto conto che l'Institut

Agricole Régional di Aosta valuta l'impianto di un nuovo vigneto in 50-55.000 euro/ha). In

ogni caso, nella zona di Chambave (media Valle), dove si producono i pregiati Chambave Rouge e Chambave Muscat, piccole superfici incolte vocate a vigneto risultano essere state acquistate a un prezzo di 7-10 euro/mq e si stima che a un ettaro di vigneto DOC in produzione possa essere attribuito un valore compreso tra 120.000 e 140.000 euro.

3 Rapporto domanda/offerta

Nel 2012 la domanda potenziale di terreni agricoli (segnatamente, di superfici a prato e a pascolo) si è come sempre mantenuta su livelli tendenzialmente elevati anche se la domanda reale è stata assai più modesta. Il numero degli scambi di terreni agricoli è stato come sempre contenuto6, essendo le compravendite legate per lo più all'acquisizione di piccole estensioni di terreno al fine di realizzare accorpamenti e arrotondamenti aziendali. La modalità di gran lunga prevalente di ampliamento della superficie aziendale per gli imprenditori agricoli valdostani, infatti, è rappresentata dal ricorso all'affitto, oppure dagli ancora assai diffusi accordi verbali.

Da molto tempo l’Amministrazione regionale ha avviato una significativa azione intesa a sostenere attraverso il finanziamento pubblico la ricomposizione fondiaria; attualmente risultano attivi in Valle d’Aosta 51 piani di riordino fondiario, per una superficie complessiva di oltre 2.000 ettari. Si tratta di piani avviati da tempo (fin dal 1987) e non ancora conclusi con l’assegnazione di tutte le particelle post riordino ai proprietari e con la trascrizione dei trasferimenti di proprietà. La maggior parte delle superfici interessate dai piani di riordino riguarda il prato permanente (irriguo e non); al contrario le superfici a vigneto sono piuttosto limitate.

Nel luglio 2012 è stata emanata la legge regionale n. 20 “Disposizioni in materia di

4 In Valle d’Aosta è in uso a fini amministrativi la distinzione tra “pascolo fertile” e “pascolo magro”

(assimilabile, quest’ultimo, all’incolto produttivo).

5 Cfr. la sentenza n. 181 del 07/06/2011 - pubblicata in G.U il 15/06/2011 – con la quale la Corte Costituzionale

ha dichiarato l’incostituzionalità delle norme che disciplinano il criterio di calcolo dell’indennizzo ancorato al Valore Agricolo Medio.

6 Si stima che le compravendite siano rimaste invariate rispetto all’anno precedente; infatti, nel 2012 il numero

dei rimborsi delle spese notarili (153 domande) in caso di accorpamento dei terreni concesso ai sensi della L.R. n. 32/2007 è rimasto pressoché invariato rispetto all’anno precedente.

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riordino fondiario” con la quale la Regione Valle d’Aosta acquisisce un importante strumento

volto a un più razionale utilizzo del suolo per fini agricoli, al contrasto della frammentazione delle proprietà e a favorire, in tal modo, uno sviluppo equilibrato delle zone rurali. Tale norma disciplina, tra l’altro, le modalità di attuazione delle fasi conclusive del piano di riordino consentendo, dunque, di ultimare i numerosi piani ancora non conclusi7. Le disposizioni applicative della suddetta legge regionale sono state approvate solamente nella primavera 2013 (cfr. par. 6); dopo i test sulle procedure applicative, l’attività di ricomposizione fondiaria potrà proseguire e i numerosi piani di riordino da tempo avviati potranno finalmente essere ultimati.

Per quanto riguarda i prati le stime formulate ex ante ai fini di riordino sono assai variabili (per esempio, da 1,50 a 3,45 euro/mq), mentre in relazione al vigneto le stime ex ante variano, a titolo di esempio, da 3,36 euro/mq a oltre 3,88 euro/mq. In relazione al vigneto si segnalano, in particolare, gli impianti (per circa 3 ettari) nella zona di Montjovet (Bassa Valle) e quelli - in fase di avvio - a Chambave (Media Valle), che si aggiungono ai riordini realizzati in passato nel territorio di Arvier (Alta Valle) dove viene prodotto il pregiato Enfer

d’Arvier “Vallée d’Aoste” DOC. 4 Tipo di operatori

Nella stragrande maggioranza dei casi la compravendita di terreni riguarda imprenditori agricoli (in veste di acquirenti) ed ex agricoltori o loro familiari ed eredi (come venditori). Le superfici oggetto di scambio sono di limitata estensione nei fondovalle e nei mayen, mentre possono riguardare appezzamenti anche piuttosto ampi in quota8.

Un caso assai particolare evidenziato nel corso dell’indagine riguarda l’acquisto da parte del Comune di Chambave di un accorpamento realizzato attraverso il riordino per disporre di un’area da destinare agli sport tradizionali locali (tsan, palet).

Gli acquisti di terreni e fondi rustici da parte di operatori extra-agricoli a fini speculativi sono piuttosto rari in Valle d’Aosta; si è avuto notizia di sporadiche transazioni condotte in anni recenti da professionisti locali riguardanti piccole porzioni di terreno destinato a vigneto a seguito di accorpamento e riordino fondiario.

5 Tendenze nelle destinazioni d’uso

In Valle d’Aosta è da tempo in corso l’adeguamento dei Piani Regolatori Generali Comunali al Piano Territoriale Paesistico, approvato dal Consiglio Regionale della Valle d’Aosta con legge regionale 10 aprile 1998, n. 13 “Approvazione del Piano Territoriale

Paesistico della Valle d’Aosta (PTP)”. Le norme imposte dall’Amministrazione regionale

sono piuttosto severe e sussistono pochi spazi per gli Enti sub-regionali nel derogare alle medesime.

6. Aspettative future del mercato

Non si attendono particolari variazioni né per l’anno in corso, nè per il futuro in

7 In particolare, per quanto riguarda: a) il deposito del piano presso i Comuni nei cui territori insistono i terreni

oggetto del riordino fondiario; b) la pubblicazione dell’esito del deposito del piano sul BUR; c) la dichiarazione di pubblica utilità, a seguito della quale il Presidente della Regione emana il decreto di riordino fondiario per il trasferimento coattivo delle proprietà; d) le procedure da adottarsi nei confronti dell’Agenzia del Territorio, della Conservatoria dei Registri immobiliari e dell’Agenzia delle Entrate con l’obiettivo di non aggravare le relative procedure e di utilizzare tutte le semplificazioni previste dalla normativa.

8 Si è avuto notizia dell’acquisto nel 2012 di un’estesa area a pascolo (circa 6 ettari) in prossimità di un alpeggio

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relazione alla domanda e all’offerta di terreni agricoli in Valle d’Aosta e i prezzi si manterranno presumibilmente sui livelli attuali.

Nella primavera 2013 è stata promulgata la D.G.R. n. 715 del 26/04/2013 "Approvazione dei criteri applicativi per la gestione sostenibile del territorio agricolo,

attraverso lo strumento del riordino fondiario, ai sensi della Legge regionale 18 luglio 2012, n. 20 e dei relativi aiuti di cui alla legge regionale 12 dicembre 2007, n. 32" con la quale

potranno finalmente trovare compimento i piani di riordino avviati negli anni passati e ancora non conclusi.

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Lombardia

Maurizio Castelli

1. Quadro generale

La mobilità fondiaria lombarda si è ulteriormente ridotta nel 2012 rispetto all’anno precedente. L'interesse degli operatori, e conseguentemente delle compravendite, si concentra quasi esclusivamente nelle aree ove si presentano sistemi di imprese agricole capaci di produrre elevati redditi o dove le grandi opere infrastrutturali incidono sul sistema agricolo generando liquidità a seguito di espropri o cessioni volontarie . Di norma i redditi d’impresa o le indennità d’esproprio sono reimpiegate nel medesimo sistema agricolo.

Le compravendite di aziende intere, ampie e ben strutturate sono limitate a pochi casi: infatti il mercato ha riguardato, quasi esclusivamente, gli appezzamenti di media e piccola dimensione. Questi, tradizionalmente funzionali all'arrotondamento della proprietà fondiaria, sono oggi spesso legati ad altre opportunità di reddito come, ad esempio, l'esercizio della multifunzionalità (agriturismo e turismo rurale, etc.) o l’insediamento di strutture destinate alla produzione di energia da rinnovabili. Quest’ultimi insediamenti, infatti, necessitano di modeste superfici (impianti di biogas, parchi fotovoltaici, etc.). A livello regionale, nel complesso, si conferma quindi il ristagno del mercato, l’ulteriore riduzione degli atti di compravendita che interessano le aziende di media e grande dimensione (e solo in parte gli appezzamenti) e la conseguente difficoltà di valutazione.

Il maggior numero di transazioni avviene nella pianura, specialmente ove si realizzano opere infrastrutturali. Queste sono le grandi opere (Pedemontana, Bre.Be.Mi e interconnessione Bre.Be.Mi-Pedemontana oltre alla TAV) e le opere locali ma di rilevante interesse territoriale come è il caso della viabilità nell’hinterland di Bergamo e delle valli bergamasche. In queste realtà la mobilità fondiaria è la conseguenza delle transazioni legate agli espropri, quasi esclusivamente praticati per cessione volontaria9.

Altri esempi di mobilità fondiaria si manifestano nei comprensori ove si ottengono produzioni ad elevata redditività. Vi sono coinvolti, ad esempio, i piccoli appezzamenti a vivaio in prossimità di Lecco, la zona di produzione del Lugana, a sud del Lago di Garda, in provincia di Brescia, l’Oltrepo mantovano in Sinistra Secchia per gli elevati redditi della trasformazione cooperativa del latte in Parmigiano Reggiano. Le situazioni descritte determinano una maggior mobilità e una, sia pur modesta, lievitazione dei valori (a parte l'Oltrepo mantovano). Anche altre situazioni favoriscono, quanto meno, il mantenimento dei valori fondiari correnti. Fra queste è da segnalare l’Oltrepo pavese per la presenza di numerose imprese agricole ad ordinamento faunistico-venatorio che generano reddito dall’esercizio, appunto, della caccia e la collina mantovana, sempre a Sud del lago di Garda, con la ricca presenza di agriturismi.

Gli intervistati ammettono che molte valutazioni, specie quando si confermano i valori correnti dello scorso anno, sono suggerite dall’incertezza e dalla scarsità dei contratti piuttosto che dalla conoscenza dei prezzi. I valori proposti sono infatti definiti come la risultante di “percezioni di mercato”.

Infine emerge la riduzione dei valori fondiari. Sono citati casi singoli ma è anche esplicitamente accolta la diffusa riduzione di valore, nella dimensione territoriale, specie nei comprensori ove i valori fondiari sono ancora molto elevati. Si tratta di una dinamica non necessariamente legata alle aree meno produttive o disagiate ma che investe vasti

9 Si veda il DPR 327/2001, artt. 37, 40 e 45 o il protocollo d’intesa del 6 ottobre 2009 per il collegamento

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comprensori; fra questi è esemplare il caso della pianura irrigua bresciana e, sia pure in modo meno consistente, la provincia lodigiana.

La PAC continua ad avere un'influenza molto modesta sul mercato fondiario, mentre è più consistente sul mercato degli affitti dei terreni, specie quelli dotati di titoli. La ricerca di superfici per la coltivazione di cereali destinati alla produzione di biomasse ha determinato un aumento della domanda in alcuni comprensori ma, anche in questo caso, è meno rilevante l'impatto sui valori fondiari, mentre è più elevato sugli affitti. È una dinamica che si mantiene per gli impianti esistenti mentre per i nuovi si prospetta il nuovo orientamento di politica energetica inteso a favorire gli impianti di minor taglia, alimentati più con sottoprodotti e sostanze organiche reimpiegate piuttosto che con le produzioni dedicate a un più appropriato uso alimentare.

In ogni caso si conferma come il valore dei suoli assuma un andamento sempre più indipendente dalle caratteristiche agronomiche e produttive degli appezzamenti e delle aziende.

La domanda continua a essere inesistente in montagna ove le quotazioni dei pochissimi terreni compravenduti si sono mantenute stabili. Qui, gli scambi interessano solo modesti appezzamenti di fondovalle, prossimi alle strade e ai centri urbani.

In collina le quotazioni si mantengono elevate nelle aree ricche ove gli ordinamenti specializzati (vigneti, oliveti e orticole da pieno campo o da IV gamma) assicurano redditi maggiori. Ma si evidenziano flessioni dei prezzi massimi anche per lo spostamento in altre regioni degli ordinamenti orticoli da IV gamma. Nelle zone di collina economicamente meno sviluppate la minor propensione all'investimento, conseguente alla diminuita redditività delle imprese, ha mantenuto una fase riflessiva, orientata alla stabilità dei valori fondiari, più modesti rispetto alla collina ricca. Anche qui il giudizio di valore è motivato soprattutto dalla scarsa numerosità degli scambi.

In pianura alla ridotta, o in qualche caso assente, mobilità fondiaria legata alle grandi aziende, particolarmente evidente nel milanese, fa riscontro la mobilità propria di altre province, alimentata soprattutto dagli appezzamenti; in tali contesti le superfici compravendute si sono circa dimezzate rispetto agli scorsi anni. È’ documentato il caso della provincia di Mantova dove nel 2012 è stata compravenduta circa lo 0,6% della superficie agricola provinciale contro l’oltre 1% del 2008, anno nel quale si è registrato, nel breve periodo, il massimo numero di compravendite fondiarie.

2. Tendenze a livello territoriale

Il mercato fondiario nella provincia di Bergamo è poco attivo e ancora più ridotto rispetto al precedente anno quanto a volume degli scambi in pianura e collina, mentre è pressoché assente in montagna. Qui si mantengono i prezzi degli anni precedenti. In collina si è verificata qualche compravendita di appezzamenti destinati alla viticoltura e anche qui, così come in pianura, buona parte delle compravendite sono determinate dalle cessioni volontarie per l’esecuzione delle opere infrastrutturali con sottrazione di suolo agricolo per il tracciato stradale e i cantieri, per le cave di prestito e le opere accessorie. I prezzi medi non hanno subito flessioni anche se si accentua la divaricazione (-10%) fra il valore dei suoli prossimi al confine meridionale della provincia (bassa bergamasca) e la media pianura.

Il mercato fondiario in provincia di Brescia registra pochi movimenti confermando la scarsa attività, già rilevata nello scorso anno. Le aste per la vendita dei patrimoni fondiari degli Enti sono, di norma, andate deserte, mentre si segnala una domanda di suoli per usi alternativi, come ad esempio per i progetti di costruzione di campi da golf. Gli scambi avvenuti si riferiscono prevalentemente ad acquisti per arrotondamenti. La “percezione” dell’andamento dei prezzi e i rilievi diretti confermano i valori degli ultimi anni per la

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montagna e la collina. In collina è soprattutto la viticoltura a mantenere il livello (elevato) dei prezzi ma si stanno rarefacendo gli investitori esterni al sistema agricolo e crescono i segnali di sofferenza. In pianura il giudizio è consolidato attorno a una significativa riduzione dei valori (in media–10%) con episodi di riduzione assai più rilevante verso i territori a confine delle vicine province di Cremona e Mantova. Fanno eccezione a questa riduzione le zone prospicienti le infrastrutture (grandi opere) che, invece, vedono confermare i valori correnti.

Le province di Como e Lecco mantengono una modesta dimensione degli scambi, limitati alle pertinenze e agli aggiustamenti delle superfici aziendali. I prezzi sono stabili in ogni zona altimetrica delle province.

A Cremona il mercato ristagna. Pochissime le aziende vendute per realizzare liquidità o perché legate al ricambio generazionale e all’abbandono dell’attività o della proprietà agricola. I valori, nelle diverse aree provinciali, si sono omogeneizzati a conseguenza della diffusa presenza di impianti energetici da biomasse: Cremona è infatti “leader” in Lombardia per la presenza di questi impianti. I prezzi medi non sono diminuiti pur in presenza di segnali di cedimento, non oltre il 5%, in alcune compravendite.

Nella provincia di Lodi la stagnazione del mercato ha determinato la riduzione dei valori, resa evidente sul finire dell'anno. La stima è di una diminuzione media annua del 5% come diretta conseguenza delle difficoltà dell'allevamento zootecnico, un ordinamento quasi “monocolturale” in provincia. Il crescente interesse per la produzione di energia da biomasse ha determinato una maggior domanda di suoli in affitto, con lievitazione dei canoni in prossimità degli impianti, ma non ha favorito l’aumento delle compravendite.

A Mantova la percezione è quella di un mercato con qualche caso di dinamicità. Sui 302 contratti di compravendita esaminati nel 2012, solo 13 (4%) sono le aziende con oltre 20 ettari, per il 29% della superficie compravenduta in provincia (oltre 1.100 ettari). Anche i due comprensori più dinamici e a più alto valore, la collina gardesana e l’Oltrepo in Sinistra Secchia, hanno mostrato contrazioni per i valori più elevati, in modo più vistoso nell’Oltrepo (-5%). Nel viadanese, comprensorio di piccole aziende a ordinamenti orticoli, si sono notate compravendite, fra agricoltori, di appezzamenti per l’arrotondamento della proprietà e anche la compravendita di pioppeti. In questa regione agraria i valori hanno mostrato, per tutti gli ordinamenti, qualche aumento (+5%). Prosegue lo sviluppo e la presenza del gruppo GAT (Gruppo d’Acquisto Terreni), esteso nel 2012 alle altre regioni padane e alle Marche e Toscana.

Le quotazioni del mercato fondiario nella provincia di Milano sono stabili, con scarsità degli scambi, che risultano del tutto assenti per le aziende. “Non si muove foglia” è il commento di un intervistato. Anche l’abbiatense, ove l’agriturismo si è sviluppato negli scorsi anni alimentando il mercato fondiario, è in posizione di attesa.

In provincia di Pavia la domanda è diminuita ma i prezzi si sono mantenuti sui valori correnti. L’Oltrepo è invariato quanto a quotazioni ma con qualche lievitazione per gli appezzamenti vitati di nuovo impianto, specie in presenza di varietà Moscato o Pinot (+2%).

In provincia di Sondrio il mercato fondiario si conferma poco dinamico a causa della scarsa redditività dell'attività agricola. Le compravendite sono fatti occasionali, stabili quanto a prezzi. Le stime della Commissione provinciale espropri (VAM), per le differenti qualità di coltura, costituiscono il riferimento irrinunciabile, considerata la modestia degli scambi. I valori fondiari si mantengono stabili anche nel fondovalle.

Nella provincia di Varese il mercato è fermo e i prezzi delle aree agricole, in collina e pianura, hanno mostrato stabilità. Qualche compravendita è alimentata dai terreni appartenenti alle piccole aziende destinate alla vendita diretta di ortaggi, piccoli frutti, insalate, etc. In queste aziende la prima scelta è l’investimento in strutture e miglioramenti, l’ampliamento delle superfici è una seconda scelta. Anche gli indennizzi derivanti dalle opere infrastrutturali

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sono dirottati più sulle attrezzature che sull’investimento fondiario, anche se in questo caso l’impatto sul sistema agricolo è piuttosto modesto.

3. Rapporto domanda/offerta

Il mercato fondiario lombardo ha mostrato una significativa riduzione degli atti di compravendita. Prevale la domanda nei comprensori a più elevata produttività agricola, dove le richieste interessano gli appezzamenti e solo marginalmente le aziende. La domanda di terra si esprime, più spesso, ricorrendo all’affitto. L'incertezza caratterizza ancora il mercato e i proprietari preferiscono trattenere il patrimonio in attesa di opportunità future, specie se non costretti a realizzare liquidità.

4. Tipo di operatori

La domanda è espressa dagli agricoltori che intendono ampliare la dimensione aziendale originaria, mentre gli investitori extragricoli si stanno rarefacendo o intervengono tramite la costituzione di società agricole, equiparate fiscalmente ai coltivatori diretti, idonee a conseguire i benefici fiscali propri di questi ultimi. Diffuse le dismissioni, specie di piccoli e medi appezzamenti, per cessazione d'attività o per sanare situazioni finanziarie difficili.

Gli impianti energetici determinano, in genere, l’omogeneizzazione del mercato fondiario fra comprensori diversi.

5. Tendenze nelle destinazioni d'uso

Nei comprensori regionali a elevata urbanizzazione i valori fondiari medi risentono, ancora, delle aspettative legate ai possibili cambiamenti d'uso (edifici residenziali, infrastrutture e aree produttive), soprattutto quando sono scarsi i terreni più comodamente edificabili. Infatti, in collina e montagna, sono compravenduti quasi esclusivamente i terreni pianeggianti a prato o seminativo posti in prossimità della rete stradale esistente.

6. Aspettative future del mercato

Tra gli intervistati prevale il parere che l'attuale fase di prudenza proseguirà vista l'incertezza dell'economia internazionale. Ma sembrano più probabili riduzioni dei valori, anche significative, come è avvenuto quest’anno nella pianura bresciana e in quella lodigiana.

La discussione sulla diminuzione dei valori fondiari, tradizionalmente ritenuta un evento improbabile, spesso esorcizzato dagli operatori con affermazioni del tipo “i valori

fondiari non possono diminuire” o “la terra non tradisce mai” ha fatto breccia. La riduzione

dei valori, nella dimensione territoriale, è ora ritenuta un evento possibile e generalizzato nel 2013.

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Trentino Alto Adige

Luigi Gambarin

1. Quadro generale

La situazione del mercato fondiario del Trentino Alto Adige è da sempre diversa da quella delle regioni limitrofe a causa dello status di regione autonoma, delle caratteristiche climatiche del territorio e della peculiarità delle produzioni. Nella regione i valori dei terreni sono diminuiti del 2,5% rispetto allo scorso anno; ma mentre in Trentino il calo dei valori fondiari è stato molto marcato (-6,8%) e ha riguardato in modo omogeneo tutte le principali tipologie colturali, in Alto Adige le quotazioni sono rimaste stabili sui livelli dell’anno precedente. Nel 2012 il numero degli scambi nella regione è rimasto stabile in entrambe le province ma, con una tendenza, soprattutto a Bolzano, ad un rallentamento per la diffusa difficoltà di accesso al credito degli agricoltori. Nel Trentino già dal 2009 sono cessate le agevolazioni per l’acquisto di terra. Tuttavia chi avesse già contratto un mutuo agevolato due anni fa, può chiedere che la banca congeli per due anni la riscossione del capitale e la Provincia lo sostiene nella restituzione della quota interessi.

Per la frutticoltura altoatesina i prezzi medi alla produzione delle mele sono cresciuti mediamente di circa il 7%, con valori più alti nelle aree di pregio (Val Venosta) o per le varietà più gradite al mercato (ad es. Pink Lady) e in calo nella Bassa Atesina. Nel 2012 sono stati registrati segnali di ripresa per la viticoltura altoatesina che, pur in presenza di un calo produttivo (-3,9%) ha registrato una qualità decisamente buona. Il lavoro sulla qualità del prodotto (disciplinari rigidi per i livelli produttivi e la gestione della coltivazione associata con l’identificazione territoriale) dovrebbe dare risultati positivi nel medio periodo.

Se vuole resistere alla crisi, l'agricoltura del Trentino Alto Adige dovrà seguire la strada della qualità, dell'associazionismo e dello sviluppo di alleanze con altri settori economici (turismo), mantenendo una certa elasticità produttiva nei confronti del mercato. Non si deve dimenticare, infatti, che l'ingresso di nuovi paesi nell'Unione europea ha introdotto nel mercato nuovi consumatori che molto velocemente stanno aumentando il loro potere d'acquisto.

2. Tendenze a livello territoriale

In provincia di Trento gli scambi sono invariati. La prudenza degli operatori ha guidato le compravendite e alla fine, nel mercato, ha prevalso l’equilibrio. La mancanza di agevolazioni e di liquidità per l’acquisto di terra ha influito negativamente sulle transazioni. La produzione (punto di riferimento per gli scambi fondiari) è risultata globalmente in calo per le mele (-15%) e per l'uva, in particolare per le varietà a bacca bianca. Anche i prezzi dei terreni sono scesi per le maggiori tipologie colturali (-5/-10%). I diritti di reimpianto di nuovi vitigni sono rimasti stabili sia per il numero di compravendite che per il prezzo medio realizzato (0,35 euro/mq con punte a 0,5 euro/mq) per pezzature che non hanno mediamente superato i 2000 mq. Lungo l'asta dell'Adige il prezzo dei vigneti varia in media tra 280.000 (Trento nord) e 225.000 euro/ha (Trento sud).

I prezzi delle mele, stabili nel primo periodo dell’anno, sono cresciuti nel secondo semestre di circa il 15%. I problemi fitopatologici continuano a colpire gli impianti anche se gli interventi drastici effettuati negli ultimi anni (reimpianti e introduzione di varietà più gradite al mercato) sembrano dare buoni risultati. I valori fondiari sono in calo rispetto a quelli del 2011 con quotazioni medie di 250.000 euro/ha in Val di Non (-5%) e di 120.000

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euro/ha in Valsugana (-5/-10%).

Un segnale di stabilità arriva per il comparto zootecnico e riguarda il prezzo del latte rimasto fermo sui livelli dello scorso anno (0,47 euro/litro). Da parecchi anni gli allevatori devono scontare le difficoltà economiche legate alla crisi del mercato dei prodotti lattiero-caseari e alla conseguente bassa redditività delle imprese. Nel 2012 tuttavia la redditività è rimasta sui livelli dell’anno precedente. Il PSR 2007-2013 ha destinato al comparto più del 50% delle risorse disponibili sottolineando in questo modo che la zootecnia non deve essere considerata solo come un sistema economico indipendente ma anche come elemento qualificante delle zone montane per la difesa e la conservazione del territorio, della cultura e delle tradizioni. L’indennità compensativa, attualmente di 300 euro/ha con un massimo di 600 euro/ha, rimarrà fissa fino al 2013 e successivamente, con il nuovo PSR, potrà aumentare. I premi per lo sfalcio dei prati oscillano invece tra 200 e 340 euro/ha.

In provincia di Bolzano i prezzi dei terreni sono rimasti stabili per tutte le colture. Il mercato delle colture arboree è poco mosso: per i vigneti gli scambi sono scarsi e le superfici trattate di piccole dimensioni. Per i frutteti la domanda è più attiva nelle zone di pregio, mentre nelle altre regioni agrarie prevale l’equilibrio con contratti in regresso.

La produzione di mele è diminuita di circa il 15-20% a causa delle gelate tardive e i prezzi medi si sono attestati su 0,45-0,47 euro/Kg. La migliore qualità del prodotto della Val Venosta (Laces, Silandro, etc.) consente di ottenere prezzi medi di 0,48-0,52 euro/Kg. Complessivamente si può dire che rispetto al 2011 i prezzi sono aumentati di circa il 7%. Le maggiori difficoltà riguardano la commercializzazione del prodotto e sono dovute all’elevata concorrenza dei paesi dell'Est Europa che ora competono anche in termini di qualità. Le cooperative si sono consorziate per affrontare unite la sfida della globalizzazione, dei costi crescenti e di una più ampia offerta varietale. Buona la qualità dell’uva prodotta soprattutto dai vitigni a bacca bianca anche se la produzione è calata di un 4% rispetto al 2011. Le cantine sociali hanno adottato una strategia basata sul miglioramento della qualità e sull'abbattimento dei costi attraverso strutture di maggiori dimensioni. I valori medi per ettaro dei vigneti si aggirano sui 450.000 euro, mentre i meleti si fermano a 370.000 euro. I seminativi e i prati hanno valori prevalentemente legati alla giacitura e alla facilità di meccanizzazione. In Val Pusteria i prezzi sono intorno ai 100.000 euro/ha.

Come sempre i terreni scambiati sono di dimensioni limitate e non superano i 4.000-5.000 mq. Gli scambi avvengono prevalentemente tra imprenditori agricoli che mirano - con vendite, acquisti o permute - a razionalizzare e migliorare la struttura aziendale. La logica che li guida è di meccanizzare il più possibile l'azienda e nel contempo di ridurre i tragitti effettuati con le macchine tra i diversi appezzamenti.

3. Rapporto domanda/offerta

Complice la situazione economica negativa che rende cauti gli operatori fondiari, la domanda e l’offerta sono risultate variabili omogenee in tutta la regione.

In provincia di Trento si è registrato un equilibrio tra le due componenti del prezzo con una domanda molto prudente e disposta ad aspettare. I piccoli agricoltori richiedono appezzamenti di dimensioni limitate e vicini al centro aziendale, mentre le società costituite da agricoltori puntano all'acquisto di aziende intere.

In provincia di Bolzano il mercato esiste solo per gli arrotondamenti fondiari. Calano gli scambi nelle zone non di pregio e la domanda non è più trainante ma, quando esiste, è orientata a comprare superfici prative, anche lontano dal centro aziendale, per convertirle a frutteto. Il mercato dei diritti d’impianto riguarda piccole superfici (2.500-3.500 mq) i cui titoli vengono venduti per 1,5-1,6 euro/mq.

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4. Tipo di operatori

Gli scambi sono avvenuti in genere tra imprenditori agricoli e coltivatori diretti. Le vendite sono effettuate prevalentemente da agricoltori anziani senza eredi, proprietari di aziende part-time con dimensioni tali da non garantire una sufficiente redditività oppure soggetti che per finanziare la costruzione della casa vendono alcuni appezzamenti. La crisi economica degli ultimi anni ha accentuato le difficoltà delle piccole aziende che vendono parte del loro capitale fondiario per onorare i debiti contratti. Per quanto riguarda l'acquisto sono i coltivatori diretti e le società formate da agricoltori che muovono il mercato, tenendo presente che è la dimensione dell'appezzamento che determina il tipo di acquirente.

5. Tendenze nelle destinazioni d'uso

Nelle zone interessate da opere pubbliche, dove i terreni agricoli possono cambiare destinazione d'uso, gli appezzamenti vengono alienati a prezzi elevatissimi (35-40 euro/mq). Spesso il ricavato viene reinvestito dal proprietario nell'acquisto di altri terreni, possibilmente nella stessa zona. Risulta molto alta l’offerta di infrastrutture extragricole (capannoni) che, a causa della recessione, vengono vendute a prezzi molto bassi. Al di la di queste situazioni particolari l'agricoltura in Alto Adige si basa su quattro linee fondamentali che, per alcuni versi, riguardano anche destinazioni diverse dal semplice uso agricolo:

1) reddito agricolo;

2) turismo. Il prato è più importante come oggetto turistico e di svago per il villeggiante che come elemento produttivo;

3) assetto geo-morfologico. L'attenzione ai problemi delle zone marginali, soprattutto ai fenomeni di abbandono della montagna, è elevata. Le amministrazioni sono disposte a pagare purché gli agricoltori rimangano a coltivare la terra o a utilizzarla a vantaggio della zootecnica (premi per l’alpeggio);

4) tradizione. Il Maso evita le problematiche, altrove molto frequenti, della frammentazione del territorio agricolo creando unità produttive ben dimensionate e stabili.

La Provincia di Bolzano, al fine di salvaguardare il paesaggio e i terreni a destinazione agricola, ha deliberato il divieto dell’installazione dei pannelli solari e fotovoltaici sui terreni e sulle aree aperte.

6. Aspettative future del mercato

Da sempre il reddito delle principali colture agricole è correlato alla variazione del valore dei terreni agricoli. In Trentino l'andamento delle produzioni principali è stato influenzato dall’andamento climatico sfavorevole. L’aumento dei prezzi alla produzione ha contributo ad aumentare il reddito degli agricoltori e in alcune zone a recuperare sui costi di produzione. Non bisogna comunque dimenticare che questi risultati si inseriscono in un quadro di difficoltà economico-finanziaria globale dove l'accesso al credito è diventato un problema rilevante per l’agricoltore. Inoltre cresce sempre di più la concorrenza quantitativa e qualitativa con i paesi dell’Est Europa nella commercializzazione delle mele. Il 2013 potrebbe rivelarsi un anno di stabilità generale sia per gli scambi che per i valori dei terreni. Questo vale anche per zone solitamente appetibili e all’avanguardia per i livelli produttivi.

Nel settore viticolo si dovrà puntare sulla qualità e sui vini bianchi con una speciale attenzione per le varietà autoctone per tentare di rilanciare il comparto esportando il prodotto nei mercati statunitense e asiatico. In Alto Adige i viticoltori continuano a investire sulla qualità con la consapevolezza che rappresenta l’arma vincente per affrontare la concorrenza e creare il giusto valore al prodotto. Per quanto riguarda le mele, nel 2013, si dovrà potenziare

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ulteriormente la fase commerciale in modo da tagliare i costi di produzione e operare un riposizionamento strategico, focalizzando l'attenzione più sul mercato interno che su quello estero. L’aiuto alla zootecnia dovrebbe coinvolgere il settore turistico proponendo agli ospiti prodotti locali di qualità a Km zero. In definitiva anche per l’Alto Adige le previsioni per il 2013 sono per una stabilità sia dei prezzi della terra che del numero delle transazioni. Se la domanda, a causa della situazione economica generale, dovesse ulteriormente contrarsi è prevedibile una flessione nel valore della terra.

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Veneto

Luigi Gambarin

1. Quadro generale

Il mercato fondiario veneto nel 2012 ha registrato un moderato arretramento rispetto all’anno precedente (-1,3% del valore fondiario medio). Nelle singole province c’è stata una maggiore variabilità dei prezzi che hanno oscillato tra la stabilità di Belluno e Venezia (0 e +0,6% rispettivamente), la moderata crescita di Rovigo (+1,7%) e il calo di Verona, Vicenza, Treviso e Padova. Quest’ultima ha segnato un -5,4%, mentre per le altre il calo è stato attorno all’1%. Dalle interviste degli operatori del settore emerge un 2012 difficile sia per il sinergismo tra siccità e aflatossine che ha colpito prevalentemente la coltura del mais nella Pianura Padana sud-orientale sia per la scarsa liquidità di denaro che ha drasticamente ridotto le possibilità di investimento degli agricoltori. Le produzioni delle principali colture sono in calo e l’unico motivo per cui il valore del fatturato è in leggero aumento risiede nell’aumento dei prezzi dei prodotti, osservato soprattutto nel secondo semestre dell’anno. La non facile situazione economica generale del momento e le prospettive incerte, portano gli operatori a essere prudenti nelle scelte strutturali con un riflesso negativo sul livello generale degli scambi di superficie agricola. Quasi ovunque le difficoltà di finanziamento incidono sulla domanda che, pur presente, trova nei prezzi proposti dai venditori un motivo di rinuncia in un contesto economico di questo genere. C’è incertezza anche per l’applicazione della nuova PAC e sui riflessi che la stessa potrà avere sul valore definitivo dei titoli e sulla loro assegnazione. Questo aspetto potrebbe avere delle conseguenze significative anche sul mercato degli affitti.

2. Tendenze a livello territoriale

La variazione dei prezzi dei terreni su base annua ha oscillato tra il calo di Padova (-5,4%) e la leggera crescita di Rovigo. All’interno di questo intervallo si sono collocate le altre province su livelli prossimi alla stabilità.

Nella provincia di Padova i valori sono calati per tutte le tipologie colturali con la sola eccezione della zona sud orientale (Este, Montagnana, Vescovana, etc.). Tra gli operatori è aumentato il numero degli extragricoli, attirati dalle superfici di maggiore dimensione, mentre sono rimasti costanti gli agricoltori professionali interessati ad aumentare le dimensioni aziendali. Gli scambi sono diminuiti quasi ovunque (tranne nella zona di Este) rispetto all’anno precedente e anche le domande per l’acquisto di terra a condizioni agevolate sono calate di circa il 20%. Nella zona nord occidentale della provincia (Cittadella, Galliera, Massanzago), caratterizzata dalla presenza di seminativi e prati irrigui, i valori unitari oscillano mediamente tra 70.000 e 76.000 euro/ha. Nella zona dei Colli Euganei i vigneti DOC in produzione (o con il titolo di reimpianto) valgono intorno ai 70.000 euro/ha con punte di 90.000. Sono diminuiti anche i terreni a vivaio nella zona di Saonara, che vengono scambiati intorno agli 80-90.000 euro/ha. Infine, i frutteti nella zona a sud della provincia valgono intorno ai 78.000 euro/ha.

Nella provincia di Treviso i prezzi sono leggermente calati (-0,9%). Un seminativo in media oscilla tra 70.000 e 120.000 euro/ha. Nelle colline del Soligo (Conegliano, Valdobbiadene, Vittorio Veneto, etc.) le quotazioni dei vigneti e dei seminativi rimangono stabili. Nella pianura nord-orientale invece, i seminativi sono diminuiti di circa il 5%, mentre i vigneti sono scesi dell’8%. Nella zona del Prosecco di Valdobbiadene i valori dei vigneti

Figura

Tabella 1 - Valori fondiari medi nel 2012 (migliaia di euro, SAU)
Tabella 2 - Variazione percentuale dei valori fondiari medi (2012/11, SAU)

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