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Artigianato Industriale

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Academic year: 2021

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M. FEDERICA OTTONE ARTIGIANATO INDUSTRIALE

Scriveva Gillo Dorfles nel suo libro “Introduzione al disegno industriale, linguaggio e storia della produzione di serie” (1972): È perciò probabile che in un prossimo futuro si giunga, non solo a concepire, ma a realizzare un'architettura (soprattutto un'architettura domestica e residenziale, ma anche un'architettura pubblica) completamente industrializzata, prefabbricata, e standardizzata; il che porterà ad un immenso abbassamento dei costi e ad una concezione assai diversa del criterio di «originalità» in quest'arte. Erano gli stessi anni in cui si teorizzava il superamento della piccola impresa e, negli anni successivi, si auspicava l’idea della rete, o del “sistema di imprese”, come rimedio alla scarsa incidenza delle aziende italiane nell’economia mondiale. Fenomeno chiamato dagli economisti “nanismo di impresa” (Onida, F. Se il piccolo non cresce, Piccole e medie imprese italiane in affanno, Il Mulino, Bologna 2004)

Viene oggi da pensare quanto ci siamo avvicinati/allontanati da questo immaginario produttivo, dedicato in quegli anni a masse di consumatori più o meno consapevoli, e comunque destinatarie di omologazione.

L’esperienza personale di architetto, mi ha visto nascere nella moda (vicenda famigliare), passare attraverso una contemporanea passione verso l’architettura e il design (ho insegnato tra il 1986 e il 1990 allo IED di Roma, allora diretto da Francesco Moschini), e infine giungere ad Ascoli Piceno presso l’allora Facoltà di Architettura senza ancora avere la consapevolezza delle specificità e potenzialità che il territorio marchigiano sapeva esprimere in modo così diffuso e capillare. In questo viaggio attraverso le diverse sfaccettature del mestiere di architetto, ho sempre rivendicato un atteggiamento che rinnega i confini disciplinari intesi come espressione di competenza tout court, aprendo viceversa al desiderio di “interpretare” e dunque manipolare la disciplina per individuare nelle pieghe un diverso modo di progettare e operare. Di rimando, l’artigianalità sembra essere una componente essenziale che consente di mescolare architettura, design e arte come elementi di uno stesso prodotto −lo spazio abitato−per il quale si propone una dimensione privata, intima e corrispondente al proprio modo di essere.

In questo il design sembra essere il terreno più fecondo di sperimentazione e di continuo esempio anche per coloro che di design si occupano in modo trasversale o lo utilizzano come riferimento metodologico per individuare nuove possibilità di innovazione, proprio sfruttando le potenzialità dell’esercizio manuale.

Si diceva omologazione.

Gli esempi che sono illustrati di seguito rappresentano proprio l’esaltazione del “personale” come carattere ineliminabile del concetto di “Made in Italy”, opposto o parallelo alle grandi catene di produzione di massa che pure si stanno evolvendo in una continua corsa alla produzione di modelli (abiti, mobili o scarpe) sempre nuovi e sempre diversi.

Le nuove tecnologie, prima dedicate alla produzione massificata, oggi si adeguano alle richieste più disparate attraverso l’aumento dell’intelligenza artificiale e all’utilizzo degli onnipresenti algoritmi. Ma anche sembra interessante la possibilità di utilizzare la tecnologia come estensione della manualità: un braccio artificiale in grado di seguire le direttive del cervello in modo più preciso e veloce.

I progetti che qui vediamo illustrati sono un esempio della nuova tendenza verso un “artigianato industriale”, tendenza che si va estendendo anche nel mondo dell’architettura.

Il racconto di Mara Petrini mette in luce altre possibilità di interazione tra industria e artigianato creativo. Nella fase 1 della proposta commerciale viene consigliato al cliente di scegliere un prodotto (delle sneakers) proveniente dai brand commerciali più in voga, che verrà poi personalizzato

attraverso un intervento creativo diretto dall’autrice. Il prodotto originario (industriale) è qui relegato a “tela” neutra da manipolare creativamente.

La stessa impostazione sembra possedere l’azienda Upupa&Colibrì. Oltre a dare valore all’intervento manipolativo e decorativo su un capo classico come quello della T-shirt o della felpa, nella sezione “servizi “ del sito propone un’ampia gamma di personalizzazioni.

Anche impressiona la preziosità di prodotti accessori come le etichette dell’azienda Dienpi, basati su una rigorosità applicata al processo di produzione attraverso l’uso di materiali di supporto tracciabili e di qualità. Il connubio tra base ed elemento decorativo si esprime al meglio nell’interpretare i caratteri dei committenti, tutti brand importanti e bisognosi di un tocco in più di personalità. L’eclettismo dell’architetto Fabrizio Fabroni Baroni si innesta in questo panorama come

sperimentatore a tutto campo, in una dimensione certamente più complessa da raccontare. A volte sembra esserci una distanza incolmabile fra l’immaterialità delle architetture e la concretezza delle proposte come quella dell’espositore di borse, idea forte basata su materiali semplici e di immediata comunicativa.

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