• Non ci sono risultati.

Forum: Sindone, storia e (pseudo)scienza: un dialogo possibile?

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Forum: Sindone, storia e (pseudo)scienza: un dialogo possibile?"

Copied!
27
0
0

Testo completo

(1)
(2)

S

TUDI E

M

ATERIALI DI

S

TORIA DELLE

R

ELIGIONI

Fondata nel 1925 da Raffaele Pettazzoni

82/2 (2016)

Religion as a Colonial Concept

in Modern History

(America, Asia)

pubblicati dal Dipartimento di Storia, Culture, Religioni

Sapienza - Università di Roma

(3)
(4)

SMSR 82 (2/2016) 1071-1094

Sindone, storia e (pseudo)scienza: un dialogo

possibile?

Intorno al libro di A. Nicolotti, Sindone. Storia e leggende

di una reliquia controversa (Einaudi, Torino 2015)

Il 29 aprile del 2015, alla Sapienza, si è tenuto un incontro di studio a partire dal libro di Andrea Nicolotti, Sindone. Storia e leggende di una re-liquia controversa. Sono intervenuti studiosi di diversa estrazione, in un tentativo di confronto interdisciplinare fra storici e chimici su un grande tema e oggetto della storia religiosa europea. Si riproducono qui gli inter-venti di Emanuela Prinzivalli, Luigi Campanella, Alessandro Saggioro, Marco Bella, conservandone il tono di presentazione pubblica e di aper-tura di una discussione per gli studenti e con gli studenti. Pubblichiamo inoltre una replica “prospettica” di Andrea Nicolotti. L’incontro ha fatto parte delle attività organizzate dalla Rivista nel Novantesimo

anniversa-rio dalla fondazione1.

Introduzione

Ci sono libri interessanti e libri importanti. Ci sono libri che vengono presentati perché fanno discutere o il tema è di moda. In questo caso le caratteristiche appena enunciate sono tutte presenti.

Il libro di Andrea Nicolotti Sindone. Storia e leggende di una reliquia controversa (“Einaudi Storia”, 59), Einaudi, Torino 2015 è uscito in con-comitanza con l’attuale ostensione della Sindone nel Duomo di Torino e fa discutere, quindi potremmo dire che è alla moda e sollecita la curiosità, ma è innanzitutto e soprattutto un libro importante: perché è un libro che fa onore al mestiere degli storici per il rigore del metodo, l’acribia nella ricerca archivistica di documentazione inedita, per la capacità di interagi-re con i metodi delle scienze duinteragi-re e le strumentazioni di laboratorio.

Rappresenta la ricostruzione storica più ampia e documentata della vicenda lungo il corso dei secoli di un telo che reca impressa l’immagine del corpo morto di Gesù Cristo con i segni delle torture subite: oggetto sia di controversia sia di venerazione. Come tale il libro pone sul tavolo una serie di problemi connessi a questa vicenda. L’autore a p. 283 li

(5)

elenca a mo’ di riassunto: il rapporto tra fede, pensiero critico e metodo scientifico; l’uso pubblico della storia, l’uso distorto delle prove scien-tifiche e la dignità e l’indipendenza delle scienze storiche. È un libro che sfiora nodi storici delicati, anche recenti, come la crisi modernista o il tema dei rapporto Stato-Chiesa, evidente nella questione, che rimane aperta, della proprietà della Sindone, per non parlare – ed è la parte più attuale e più dolorosa – del ripiegamento di ambienti cattolici anche elevati verso posizioni apologetiche ad oltranza. È un libro che fa capire a coloro che storici non sono cosa significa fare storia, la fatica che com-porta il reperimento e lo studio attento delle fonti, la necessità di eserci-tare pazienza e giudizio nella ricerca, che per essere tale non deve avere padroni. In proposito si deve citare un precedente aureo volumetto dello stesso Nicolotti (I Templari e la Sindone. Storia di un falso, Salerno edi-tore, Roma 2011), che demoliva, fra l’altro, le ipotesi favolistiche di una autrice diventata famosa piuttosto per scoop massmediatici, e il recente Le Saint Suaire de Besançon et le chevalier Othon de la Roche, Éditions Franche-Bourgogne, pubblicato in questo stesso anno. Protagonista di quest’ultimo lavoro è un altro sudario che riportava l’immagine di Cri-sto morto, quello di Besançon, distrutto durante la rivoluzione francese, che una leggenda nata nel 1700 voleva ritrovato a Costantinopoli duran-te la quarta crociata dal cavaliere Othon de la Roche e che una ripresa

della leggenda nel xx secolo identifica con la Sindone torinese.

Nico-lotti, attraverso una ricerca condotta con puntigliosità nei luoghi stessi della nascita della leggenda francese è riuscito a scoprire quello che invano altri avevano cercato, cioè l’identità dell’autore della falsifica-zione e anche del suo confutatore, rispettivamente un gesuita e un abate, dando piena dimostrazione della sua capacità di intuito “investigativo” e di operosità archivistica.

Il libro Sindone. Storia e leggende di una reliquia controversa in-terpella gli studiosi delle scienze dure, perché mostra come uno storico possa essere a giorno delle tecniche di laboratorio, delle loro possibilità e dei limiti, e interpella parimenti i sindonologi, perché li richiama prepo-tentemente al confronto con le fonti storiche. I più recenti sviluppi della vicenda della Sindone vedono infatti un curioso invertirsi delle parti: è alla scienza che si chiede l’autenticazione della Sindone, per via speri-mentale, mentre vengono relegate in secondo piano storia, esegesi e filo-logia, poco propense, come dice bene Nicolotti, a supportarne la causa.

Questo è un libro particolarmente importante per gli storici del cri-stianesimo, tentati, molte volte, di dare legittimità storiografica solo ad argomenti considerati “alti”, quali la storia delle istituzioni, o del pen-siero cristiano, o dei grandi movimenti religiosi, spesso dimentichi che la storia dei cristiani è fatta della vita quotidiana, di desideri umili, delle timide speranze espresse nei voti, e di venerazioni verso oggetti sacri che

(6)

vengono a volte agite da voleri superiori (come in questo caso), a volte persistono tenacemente contro di essi e a volte arrivano a influenzare il corso degli eventi.

Cercherò in breve di dar conto dei contenuti del volume, che si divide in 5 capitoli. Il primo inserisce la vicenda del telo conservato a Torino in quella più ampia degli svariati lini sepolcrali a proposito dei quali nei vangeli (canonici e non) manca un qualsivoglia interesse, mentre le fonti

che si occupano a vario titolo di reliquie cominciano a parlarne solo dal vi

secolo in poi (Anonimo Piacentino). Già in questo primo capitolo, attra-verso la vicenda del sudario di Oviedo, si affaccia l’intervento della pseu-doscienza che assume per vero ciò che deve essere invece dimostrato. Dal secondo capitolo in poi viene introdotta la rocambolesca vicenda della Sindone, che compare nella documentazione piuttosto come “corpo di re-ato”, in quanto il vescovo della diocesi di Troyes, alla metà del Trecento, accusa il decano dei canonici di una collegiata del villaggio di Lirey, fon-data dal coraggioso cavaliere Goffredo de Charny, di essersi procurato un telo facendo credere che si trattasse del lenzuolo in cui era stato deposto il corpo di Cristo, esponendolo quindi alla pubblica venerazione, a scopo ultimo di lucro (una serie di interessi economici di vari soggetti legati alle indulgenze concesse si incrociano nella vicenda del telo e saranno deter-minanti successivamente per la sua vendita). Il telo si viene a trovare così metaforicamente tirato da varie parti, in mezzo fra canonici ed eredi del cavaliere Geoffroy, cardinali, vescovi, papi e re, schierati su diverse posi-zioni, pro o contro l’autenticità. Il tutto assume toni di commedia quando

il balivo deve eseguire l’ordine del re di Francia Carlo vi di sequestrare

il telo, ma si trova di fronte alla porta chiusa del tesoro della chiesa, alle scuse ogni volta diverse del decano dei canonici, e al drammatico dilem-ma se a mezzogiorno andare a dilem-mangiare o no, a rischio che il telo venga trafugato e messo al riparo dai canonici durante la pausa pranzo. Ma alla

fine il memoriale indignato inviato al papa di Avignone Clemente vii dal

vescovo di Troyes sortisce il suo effetto: il papa dichiara con bolla che l’esposizione sia fatta “non come il vero sudario del Signore nostro Gesù Cristo, ma come una figura o rappresentazione del detto sudario” (p. 80). Da qui dipartono ulteriori non meno rocambolesche vicende: il telo giro-vaga per l’Europa al seguito di Marguerite, vedova dell’erede dei signori di Lirey, mentre i canonici, legittimi detentori, lo reclamano, finché vie-ne venduto sottobanco da Marguerite a Ludovico di Savoia: Marguerite morì scomunicata mentre per Ludovico l’acquisizione della Sindone fu l’unica cosa degna di menzione del suo governo secondo la Chronica Latina Sabaudiae. La Sindone diventa da quel momento, come dice Ni-colotti, il Palladio di casa Savoia (p. 109) fino a quando non passerà alla

proprietà pontificia per una donazione di Umberto ii, probabilmente

(7)

del culto pubblico approvato dal papa (1506) di quella che è ormai con-siderata la più santa delle reliquie, talvolta sfiorando l’idolatria, tanto che si dovette modificare un versetto dell’Ufficio da tuam sanctam sindonem adoramus a tuam sindonem veneramur. Arriva il tragico incendio in cui si sospetta sia andata distrutta (1532) (un secondo incendio è recentissimo, del 1997), il trasferimento da Chambéry a Torino, le ostensioni con in-dulgenza plenaria, fino ad arrivare alla data fatidica del 1898, quando alla Esposizione generale Italiana a Torino si accompagnò una nuova

osten-sione e per la prima volta (l’invenzione della fotografia è del xix secolo)

la Sindone fu fotografata da Secondo Pia. Comincia così un’altra storia, quella della sindonologia. Non manca una nuova serie di equivoci (primo fra tutti: quello che la Sindone sia un negativo fotografico), una nuova fase di contrapposizioni interne alla Chiesa, come quelle che ne avevano segnato gli inizi, ma con una nuova e inedita: gli ecclesiastici di profes-sione storici (primo fra tutti il Canonico Ulysse Chevalier), che negavano l’autenticità del telo, e gli ecclesiastici, nonché anche laici, che si fonda-vano su presunte risultanze scientifiche per convalidare il fatto che effet-tivamente fosse il sudario di Cristo. Si arrivò alla censura nei confronti di Chevalier, promossa dal vescovo di Torino. Settant’anni dopo un altro vescovo di Torino, lo storico Michele Pellegrino, assume la posizione che era stata di Chevalier: l’autenticità della Sindone è una questione di natura storica e scientifica che non tocca il patrimonio di fede.

Le ultime fasi vedono il prevalere assoluto delle analisi attraverso strumentazione. Gli esami del 1978 furono condotte disattendendo le li-nee guida date nel 1969 da Michele Pellegrino, in particolare quella per cui gli studiosi non dovessero avere “neppure nel loro subconscio posi-zioni pro o contro la Sindone”, mentre ora si parte da presupposti non assodati, primo dei quali che il telo avesse avvolto un vero cadavere. Fa riflettere poi la contraddittorietà dei risultati. Sangue sì, sangue no; aloe sì, aloe no e via altalenando.

Si giunge infine all’esame del radiocarbonio, ritenuto decisivo e ri-chiesto proprio dai sindonologi. Effettuato nel 1988 da tre diversi labo-ratori diede un risultato netto: il telo è medievale. I sindonologi a questo punto fecero dietrofront, non accettando il responso, accusando peraltro il cardinale Ballestrero e il suo collaboratore Gonella di aver gestito male la cosa, e arrivando ad accuse di frode deliberata nei confronti dei laboratori e del supervisore.

Per concludere: si ha l’impressione, in questa vicenda di lunga durata, che ci si trovi di fronte a un dialogo fra sordi, se non al rifiuto di un dia-logo tra sindonologi e storici, perché sono soprattutto gli storici ad aver presentato le obiezioni più forti contro l’autenticità della Sindone, almeno fino alla radiodatazione. Né si può negare il doppio binario nel quale le supreme autorità religiose cattoliche si tengono: da un lato gli ultimi papi

(8)

parlano, prudentemente, di icona, quindi di un’immagine, dall’altro il loro linguaggio appassionato in contesti pubblici induce i fedeli a pensare che si tratti effettivamente della più importante delle reliquie.

Insomma: una vicenda sulla quale riflettere con attenzione perché ci dice molto del nostro presente, più ancora che del nostro passato.

Emanuela Prinzivalli Dipartimento di Storia, Culture, Religioni Sapienza Università di Roma

Il punto di vista dello scienziato

Una delle caratteristiche più rilevanti delle discipline scientifiche, in particolare della chimica, è il carattere induttivo della conoscenza prodot-ta, cioè basato sulla sperimentazione diretta piuttosto che sulla capacità di dedurre conoscenza attraverso elaborazioni, anche complesse, di prece-denti esperienze. Parto da questo per dire che il libro di Andrea Nicolotti, scritto da uno storico, ha un rigore induttivo di trattazione e discussione proprio di settori scientifici più duri. Questo rigore conferisce al testo una credibilità ed un valore scientifico assolutamente superiori rispetto a quanto viene generalmente prodotto in casi del genere. Mi piace par-tire da questa considerazione per entrare poi nell’analisi dei contenuti e discuterli, ma sempre con il rispetto che il libro merita per quanto ho in premessa affermato.

Sono due gli aspetti che vengono continuamente esaminati nel caso del dibattito sulla autenticità della Sindone come lenzuolo nel quale sia stato avvolto il corpo di Cristo deposto dalla Croce o alternativamen-te come un pezzo di stoffa prodotto artificiosamenalternativamen-te attraverso attività umane di tessitura e sporcamento. A sostegno di questa seconda tesi stan-no i risultati di alcune riproduzioni ottenute di lenzuoli confrontabili per immagine con la Sindone. Lo stesso approccio può anche essere stato utilizzato da chi sostiene l’opposto: l’immagine che compare sulla Sin-done può essere interpretata sulla base di un’interazione energetica fra un corpo umano ed un lenzuolo che lo ricopre, innescata da sorgenti lumi-nose; come si comprende due risultati diversi a partire dallo stesso tipo di dimostrazione.

L’altro aspetto discusso da sempre riguarda la datazione: è vero che l’analisi radiometrica ha fornito risultati indiscutibili circa l’età medioe-vale del lenzuolo, ma è anche vero che la storia della Sindone, in

partico-lare la sua vicinanza ad un grande incendio a Chambéry nel xvi secolo,

potrebbe, a opinione di alcuni, avere influenzato il risultato del test radio-metrico. Non voglio neanche immaginare che il risultato di un esperimen-to scientifico possa essere strumentalmente condizionaesperimen-to dal sostegno a

(9)

tesi religiose o politiche: la scienza non può che essere libera da tali con-dizionamenti e di conseguenza anche i suoi esecutori. Da questo il credito che dò a risultati, anche se fra loro contrastanti, ottenuti da ricercatori riconosciuti in tutto il mondo come persone serie scientificamente ed eti-camente oneste: ciascuno ha ottenuto dalle proprie esperienze dati che poi sono stati applicati a sostegno di una tesi o dell’altra, senza però – questo è l’irrinunciabile carattere – essere stati modulati in funzione di queste. Mi chiedo allora perché rifiutare una nuova sessione di misure, magari da eseguire con altre tecniche rispetto a quelle fino ad oggi adottate e che gli avanzamenti della ricerca scientifica ci hanno messo a disposizione, come ad esempio il metodo enzimatico di datazione messo a punto dal

nostro gruppo di ricerca2? Non vorrei che si creasse un’alleanza poco

virtuosa fra chi, la Chiesa, teme un altro esito analogo ai precedenti e contrario alle proprie convinzioni e aspettative e chi, i negazionisti, in-tende appropriarsi di un carattere di validazione attraverso un metodo fisico, senza accettare alternative scientificamente valide ad esso. Il mio augurio è in direzione opposta: che si programmi una nuova serie di mi-sure a sostegno del carattere induttivo dell’esperienza e della volontà di prescindere da qualsiasi tipo di condizionamento nella conduzione speri-mentale. In fondo questo augurio è anche una delle conclusioni del libro di Nicolotti, che invoca come valore primario, direi prioritario, la ricerca della verità, senza paura di conoscerla per i possibili contrasti di essa con altre convinzioni dello stesso sperimentatore. In fondo la fede può conti-nuare ad essere perseguita, anche se la Sindone fosse solo un lenzuolo del

xiv secolo ed, al contrario, le tesi negazioniste potrebbero continuare ad

essere affermate anche in caso di risultati ad esse non riferibili.

Luigi Campanella Dipartimento di Chimica Sapienza Università di Roma

Sindonopoiesi

Il libro di Andrea Nicolotti ha innumerevoli livelli di lettura. Insieme al detto, cioè alla volontà dichiarata e perseguita dall’autore di percorrere la storia e le leggende si possono individuare alcuni temi trasversali.

2 L. Campanella - A. Antonelli - G. Favero - M. Tomassetti, New Archeometric Method

for Wood Based on an Enzymatic Biosensor, in «L’actualité Chimique» 10 (2001), pp.

14-20; L. Campanella - F. Chicco - G. Favero - T. Gatta - M. Tomassetti, Further Applications

of a new Biosensor Method for Dating Cellulosic Finds, in «Annali di Chimica» 95 (2005),

pp. 133-141; L. Campanella - C. Costanza - M. Tomassetti - S. Vecchio, Kinetic Processing

of Thermoanalytical Curves of Cellulose Samples and Finds, Assessment of Possible Archaeometric Applications, in «Current Analytical Chemistry» 6, 4 (2010), pp. 260-268.

(10)

Il primo che mi salta agli occhi riguarda la pietà popolare. Pur non essendo l’oggetto di un paragrafo o di un capitolo, ciò che storicamente non si può mettere in dubbio è il fatto che in ogni epoca storica, fin dal suo primo apparire nella chiesetta di Lirey, quella che oggi viene chiama-ta la Sindone di Torino ha suscichiama-tato un’intensa partecipazione a livello popolare e le ostensioni hanno rappresentato in ogni epoca momenti di grande commozione. La lettura trasversale del libro parla di cifre enor-mi, misurate certo in qualche caso con una certa approssimazione – le iperboli numeriche sono proprie di tutti i racconti storici – in altri casi con conteggi esatti dei biglietti venduti, di tanti annessi e connessi che ci danno la possibilità di dare dei numeri che sono sempre importanti. La prima osservazione che posso fare da storico delle religioni, in una vicen-da che non il solo Nicolotti definisce «controversa» è che questo vicen-dato è quello che non si può mettere in dubbio: la Sindone ha sempre suscitato una pietà (che ho definito popolare ma che non è solo tale) che è un dato di fatto. Così, coloro che si sono recati a Torino o a Chambéry o a Lirey o l’hanno cercata e vista in vari posti durante le varie peripezie che ne hanno fatto in alcuni periodi un oggetto di ostensione itinerante, hanno nutrito un sentimento veritiero, hanno compiuto un atto di fede, di libera e spontanea adesione.

Il primo destinatario di questa adesione fideistica è un oggetto che in senso tecnico dobbiamo considerare una reliquia e il culto delle reliquie è di una varietà straordinaria e ha una diffusione enorme. Se lo definiamo, in termini ampi, come il rapporto fra gli uomini e oggetti di particolare significato e valenza simbolica, perché parte di corpi non più in vita o appartenuti a persone non più in vita che hanno assolto ad un ruolo d’ec-cezione, il culto delle reliquie si ritrova nei contesti più diversi e alle più diverse latitudini. È, quell’oggetto, o quella parte di un corpo ormai sen-za vita, dotato di una vera forsen-za simbolica e spirituale? È, questa forsen-za, misurabile, verificabile o controllabile dall’uomo in qualche modo? Non sono queste le domande che si può porre uno storico e certo non solo lo storico si meraviglierebbe se uno scienziato si aggirasse per villaggi indigeni a cercare di misurare l’intensità delle forze che scaturiscono dai feticci o da altri oggetti di culto. Uso un’iperbole per dire che il punto di massimo interesse dell’intera vicenda della Sindone è dato dall’attenzio-ne sempre massima che essa ha suscitato.

Ora, la motivazione di questa attenzione è evidente, ma è importante sottolinearla. Come ogni cultura sottopone ad un’attenzione particolare la dimensione della morte ed elabora i sistemi più diversi per controllarla e gestirla, spesso attraverso quella particolare forma di memoria duttile che è data dalla conservazione di reliquie, così la Sindone rappresenta la me-moria del momento fondante del cristianesimo, che è la frazione di tempo intercorso fra la morte e la resurrezione di Gesù, oggetto di fede. Questa

(11)

modalità rappresentativa è materializzata in un atto di tipo fotografico. Mi sembra bene impostato il capitolo primo, che nel riprendere i passi evangelici che parlano della sepoltura e della resurrezione non trova trac-cia esplicita di questa particolare pellicola fotografica, che ritroviamo già sviluppata, in negativo, in pieno Medioevo. La dimensione fotografica è la peculiarità di questa reliquia. Vorrei citare qui uno dei tanti preziosi documenti presentati da Nicolotti, ovvero il racconto dell’emozione del fotografo, Secondo Pia, che nell’aprile del 1898 ne fece le prime foto-grafie: «Racconta lo stesso operatore e quelli che lo assistettero che poco mancò che egli fosse colto da malore, e le mani tremanti e impacciate nel difficile maneggio della grande lastra di vetro, divenuta viscida per il contatto del bagno, non la lasciassero cadere o malamente cozzare contro qualche oggetto ...» (p. 200).

Siamo nel quarto capitolo, quello intitolato Sindone e modernità, e il fotografo sta scorgendo nella camera oscura le foto che sono poi le più note rappresentazioni della Sindone, mostrando al negativo, ovvero al positivo, quel documento eccezionale che era già stato visto da migliaia e migliaia di persone ma mai in quella forma e in quella evidenza.

Si tratta di una duplice dimensione comunicativa – e passo qui a un altro punto che vorrei toccare – che è messa chiaramente in luce dal libro. Da una parte, quello che a noi profani sembra un negativo, non è in verità tale; dall’altra il racconto stesso dell’emozione del fotografo è il frutto pa-lese di una mistificazione narrativa, che gioca un ruolo molto importante nella dimensione discorsiva della sindonologia (o di quella che forse si dovrebbe chiamare sindonopoiesi, distinguendo in base al metodo fra lo studio scientifico della Sindone e lo studio pseudoscientifico e mitopoie-tico): l’uso di parole per accentuare, confermare, rafforzare, dimostrare, amplificare il significato della Sindone, cercando di produrre e ripro-durre nella storia un valore di eccezionalità che dovrebbe essere invece riconosciuto per il suo essere fuori della storia.

Questa dimensione narrativa e comunicativa è messa bene in luce, per ogni epoca storica, dall’analisi di Nicolotti. Vale quando deve mettere in discussione, del rapporto di Chevalier, sicuramente uno dei più im-portanti personaggi di area cattolica che si sono occupati della Sindone, le pecche nella contestazione del processo fotografico di Secondo Pia, che invece era stato tecnicamente impeccabile. Vale quando deve mettere in luce l’azione di vera e propria pirateria della fede di un personaggio come Dmitri Kouznetsov, uno scienziato russo che, a partire dal 1992, cominciò a frequentare i convegni di sindonologia sostenendo di poter dimostrare in laboratorio che, in determinate condizioni, la cellulosa di un tessuto avrebbe potuto incorporare carbonio proveniente dall’ambiente e quindi arricchire la propria composizione di isotopo 14, sì da invalidare il calcolo della data di produzione del tessuto stesso (p. 319). Ora, anche

(12)

una volta che fu dimostrato il fatto che in verità questo scienziato, che avrebbe portato significativo giovamento alla causa dei sindonologi per-ché russo e agnostico, spendeva ben altrimenti che in esperimenti i soldi che raccoglieva per dimostrare la sua teoria, i risultati di quelle teorie inventate continuarono a circolare e ad essere accreditate ad ogni livello. Cade forse a pennello la famosa frase di Marshall McLuhan, «il dium è il messaggio». Nel caso della Sindone, essa è veramente il me-dium, che può veramente essere considerato a buon diritto e guardando all’insieme della storia dell’oggetto, il messaggio.

Elenco alcuni temi e argomenti che mi sembrano di particolare rilievo. 1) Il modo in cui in ogni epoca, a partire da quella in cui appare sulla

scena della storia, la Sindone è descritta – fino ad assumere l’at-tuale definizione di Sindone;

2) Il modo in cui questo oggetto contrassegna lo spazio e nello spazio diviene l’indice di talune dinamiche politiche che ne spostano il significato da una prospettiva spirituale ad una di tipo economico; 3) La posizione della Chiesa rispetto alla riconoscibilità della Sindo-ne, che è altalenante, sempre molto cauta e misurata. La frase di Giovanni Paolo II: «La Sindone è provocazione all’intelligenza» è emblematica e riassuntiva (il National Geographic mettendo-la in evidenza spiega agli incolti lettori: “Giovanni Paolo II si espresse in modo molto laico”!)

4) La difficoltà obiettiva degli scienziati, in primis cattolici, nel prendere una posizione negazionista: esempio per eccellenza può essere individuato in Gaetano De Sanctis, che rinunciò, da catto-lico, a presenziare ad un convegno per non dover dire di non poter credere – visti i documenti pubblicati da Chevalier – alla antichità della Sindone.

In vari punti del libro Nicolotti sottolinea il fatto che la sindonopoiesi è sovrabbondante, di dubbia qualità, piena di approssimazioni. Al tem-po stesso l’autore fa notare che l’impegno profuso dai sindonologi per dimostrare la verità della Sindone è generoso e illimitato, mentre chi si schiera su posizioni negazioniste – pensiamo ai fisici dopo la prova del carbonio 14 – non ha motivo di sovraccaricare o di reiterare le dimostra-zioni. In questo veramente la Sindone è medium che è messaggio: basti pensare alla campagna mista di strutturale analfabetismo e rozzo rigetto della banale pratica della lettura che ha accolto a mezzo stampa il libro di Nicolotti.

Questo volume ha il pregio di mettere in fila con grande eleganza e con una prosa equilibrata tutta la storia della Sindone. Svela sia la vera storia, o la storia tout court, quella asseverata dai documenti storici, sia quell’“altra” storia che sovrinterpreta e distorce i documenti, estremizza le posizioni, costruisce e rielabora una specifica e settoriale mitopoiesi:

(13)

tutte modalità di cui la Sindone, oggetto di culto mostrato coram populo, dunque palesato in quella che è la sua essenza di messaggio, nella sua storia non ha avuto veramente bisogno per essere oggetto di fede.

Alessandro Saggioro Dipartimento di Storia, Culture, Religioni Sapienza Università di Roma

Scienza, pseudoscienza, blog

Dal punto di vista di uno studioso di chimica quale il sottoscritto, il libro di Andrea Nicolotti ha rappresentato tantissimo, perché mostra il rigore che può essere presente nel fare storia, paragonabile a quello delle cosiddette “scienza dure”.

Da giovane studente ero molto sospettoso verso le discipline umani-stiche. Nel 1992 ho assistito ad una conferenza di Martin Fleischmann, il chimico che scoprì la cosiddetta “Fusione fredda”. Nel mio studio ho an-cora il suo autografo sul libro di matematica. La comunità scientifica era già allora molto scettica riguardo ai suoi risultati. In quegli anni discutevo con Paolo, mio amico e studente di Lettere, su quale fosse l’invenzione che avrebbe maggiormente cambiato la nostra vita nei prossimi anni. Io sostenevo che sarebbe stata la fusione fredda, perché mi aveva davvero entusiasmato. Paolo invece era molto perplesso a riguardo e sosteneva invece che internet fosse la scoperta di cui ci saremmo ricordati. In effetti, tutti oggi usiamo internet ma l’automobile a fusione fredda non si è anco-ra vista. Per cui io avevo torto, Paolo aveva anco-ragione.

A dirla tutta, la pseudoscienza (come tale sono stati poi considerati gli

studi sulla fusione fredda3) mi ha sempre affascinato. La pseudoscienza in

teoria può darci energia pulita e illimitata, può curare le malattie gravissi-me a partire dal cancro (chi non ha avuto un caso di persona cara colpita da tumore?), può ridurre una realtà complessa come quella di un’università a un singolo numero e creare una classifica mondiale, che, sia detto per inciso, è assolutamente pseudoscientifica, e può persino mostrarci il corpo di Gesù tramite la Sindone. Che cosa ci può essere di più accattivante? Forse l’attività di debunking (demistificare) le leggende del nostro tempo.

Nel tempo libero scrivo un blog su il Fatto quotidiano4. Questa

atti-vità in realtà è nata come personale terapia durante un lungo periodo di ricovero. Dovevo assolutamente impiegare il mio tempo in qualche modo

3 Nel giro di pochissimo tempo la comunità scientifica rigettò le tesi sulla fusione fredda

perché gli esperimenti non erano riproducibili. Si veda ad esempio: M. Browne, Physicists

Debunk Claim Of a New Kind of Fusion, in «New York Times», 3 maggio 1989.

(14)

altrimenti temevo di fare la fine di un mio compagno di sventura che lo trascorreva a fissare il soffitto. Non si guarisce in questo modo. Il blog ha fatto uscire dalla stanza d’ospedale prima la mia mente, che poi si è portata dietro, liberandolo, anche il mio corpo. Il blog mi ha permesso di viaggiare con tanti compagni: ho sicuramente imparato di più io da chi lasciava commenti che viceversa. Mi occupo sia di ricerca che di pseu-doscienza. Una circostanza mi dispiace un po’: quando racconto di una bella iniziativa di ricercatori non strutturati della Sapienza, che vedono il loro futuro nero eppure si impegnano, raccolgo ventisette commenti, ma se parlo della Sindone ne arrivano oltre mille.

Per arrivare al tema di oggi, non credo sia utile discutere l’autenticità o meno della Sindone (argomento già ampiamente trattato), perché le evi-denze storiche e scientifiche sono inconfutabili e concordi: quel tessuto risale al medioevo e con ogni probabilità non ha mai contenuto alcun cadavere, umano o divino.

Io mi sono rifiutato per diversi anni di dare ragione al mio amico Paolo (ammettere di essersi sbagliati è difficile) ma alla fine ho ceduto all’evidenza: è interessante notare invece come le convinzioni iniziali dei sindonologi autenticisti (se si ignorano tutti i dettagli della vicenda Sin-done è tutto sommato comprensibile avere dei dubbi sul fatto che è stata prodotta nel medioevo) non siano state minimamente scalfite da nuove informazioni.

Nella storia della Sindone gli storici sono stati molto chiari fin dall’i-nizio: prove convincenti che la Sindone esistesse prima del 1355 circa non sono mai state trovate. Quel tipo di tessuto al tempo dell’occupazione romana in Palestina non era conosciuto: era invece usato nel medioevo. Alcuni scienziati, con analisi per lo meno sorprendenti (tra le teorie più fantasiose ricordiamo presunti pollini vecchi di 2000 anni e tracce di mo-netine sugli occhi), sono stati in verità meno rigorosi degli storici. La scienza ha recuperato parte del tempo perduto tramite la pubblicazione dell’analisi al C14 (carbonio 14 o radiocarbonio). Quando i risultati fu-rono resi noti, il cardinale Ballestrero dimostrò grande ragionevolezza: “Penso non sia il caso di mettere in dubbio i risultati. E nemmeno è il caso di rivedere le bucce agli scienziati se il loro responso non quadra

con le ragioni del cuore”5. Parole che però sono rimaste inascoltate dai

cosiddetti “sindonologi autenticisti”, che pur di non lasciar crollare il loro sogno si sono dedicati a una serie di teorie sempre più inverosimili, dai terremoti che avrebbero generato una cosiddetta “reazione piezonucle-are” – articolo per fortuna ritirato proprio in questi giorni dalla stessa rivista che lo aveva pubblicato – a quella del “rammendo invisibile”, una teoria molto popolare. Riguardo quest’ultima, dopo la datazione del C14,

5 Conferenza stampa del 13 ottobre 1988, a Torino, nella quale furono annunciati i risultati

(15)

una coppia di coniugi che non aveva mai visto la Sindone dal vivo inizia a sostenere, unicamente sulla base di fotografie, che nella parte di telo ove era stato preso il campione per il C14 sarebbe stato eseguito proprio nel 1300 un “rammendo invisibile” con un altro pezzo di lino. Successiva-mente la nuova parte sarebbe stata tinta per assumere lo stesso colore del resto del telo, vecchio in quel tempo di 1300 anni. Dunque, a dar credito

a questa ‘ingegnosa’ teoria, le decine di persone dello sturp e tutti coloro

che hanno analizzato la Sindone negli anni non si sarebbero mai accorti di questa aggiunta, che, tra l’altro, sarebbe invecchiata per 700 anni nello stesso identico modo del resto del telo. Per quanto tutto questo possa sem-brare incredibile, un chimico tutto sommato rispettato, Raymond “Ray” Rogers, esegue nuove analisi su un campione che era stato rimosso dalla Sindone durante le analisi del 1978, del quale prima nessuno (lui incluso) dubitava che fosse parte del telo, e smentendo se stesso, afferma con

im-probabili analisi che la coppia statunitense aveva ragione6.

Contrastare la pseudoscienza può essere divertente, ma è anche im-portante, perché la pseudoscienza è dannosa. Max Frei, il signore che trovò i presunti pollini sulla Sindone e ha dichiarato autentici i falsi diari di Hitler, si è dimesso dalla polizia dopo che, a causa di una sua perizia per lo meno affrettata, un innocente ha passato 12 anni in galera. Chi ha parlato delle reazioni piezonucleari che avrebbero generato la Sindone, chiedeva alla politica milioni di euro di finanziamento pubblico per svi-luppare questa nuova forma di energia. Ma, soprattutto, il pericolo mag-giore dall’abbandonare la scienza e affidarsi alla pseudoscienza è non tanto quando si perdono soldi, ma quando si mette a rischio il bene più prezioso, che è la salute. Proprio la pseudomedicina è la pseudoscienza più pericolosa. Il mio collega Oscar muove la seguente obiezione: ma in fondo a chi nuoce raccontare un po’ di favole sulla Sindone? Se i sindo-nologi perdono il loro tempo in ricerche di dubbia utilità che male c’è?

6 Rogers ha sostenuto che la presenza del presunto “rammendo invisibile” era provata

dalle analisi chimico strumentali di due campioni del telo, quello “sicuramente autentico” e quello appartenente al “rammendo invisibile”, che sarebbero state dissimili. A parte che i due campioni erano stati trattati in modo molto diverso (le fibrille di quello “sicuramente autentico” erano state incollate su un nastro adesivo e poi “laboriosamente pulite”) rendendo quindi qual-siasi confronto privo di significatività, l’analisi strumentale presentata da Rogers (spettrometria di massa) dimostrava unicamente che il campione appartenente al “rammendo invisibile” era semplicemente sporco con un contaminante di natura organica. La stessa rivista che aveva pub-blicato l’articolo di Rogers nel 2005, ha accettato nel 2015 un contributo che definisce la teoria del “rammendo invisibile” come “pseudoscienza”. R.N. Rogers, Studies on the Radiocarbon

sample from the Shroud of Turin, in «Thermochimica Acta» 425, 1-2 (2005), pp. 189-194; oggi

respinto da M. Bella - L. Garlaschelli - R. Samperi, There is no Mass Spectrometry Evidence

that the C14 Sample from the Shroud of Turin Comes from a Medieval Invisible Mending, in

«Thermochimica Acta» 617 (2015), pp. 169-171; Idd., Comments on the Analysis

Interpre-tation by Rogers and Latendresse regarding Samples Coming from the Shroud of Turin, in

(16)

Per rispondere, prendo a prestito le parole di Andrea Frapporti, un commentatore del blog:

«L’educazione scientifica alla visione critica dei fatti e delle verità professate come tali è di estrema importanza. Il confine tra l’abbindolare la gente con una Sindone falsa nonostante la mole di evidenze scientifiche contrarie e fare la stes-sa costes-sa con procedure mediche prive di qualsiasi solidità e sicurezza (vedi caso Stamina o Di Bella), col rischio di fare ben più danni, è molto, molto sottile. In entrambi i casi si fa leva sulle emozioni delle persone, anziché sui fatti dimostra-ti, per plasmarle e dirottarle in proprio favore. I meccanismi sono gli stessi e sono sempre, sempre pericolosi».

Chi afferma che «l’uomo della Sindone è Gesù Cristo. Da diversi calcoli probabilistici risulta che la Sindone avvolse il corpo di Gesù con

probabilità del 100% e incertezza trascurabile»7 compie un’operazione

non dissimile da chi dichiarò in una nota trasmissione televisiva nel 1998 a Bruno Vespa, dopo che una sperimentazione ministeriale sul metodo Luigi Di Bella ne aveva sancito la sostanziale inutilità, quello che segue:

BV - “Professore, che tipo di rispondenza ha la sua terapia nel tumore al pancreas se bene applicata?”

LDB - “Se il tumore viene diagnosticato nelle prime fasi, io la guarigione la ho avuta nel 100% dei casi”.

BV - “Quante persone lei ricorda di aver curato per il tumore al pancreas?” LDB - “Credo, approssimativamente, non glielo garantisco, una quindicina di persone”.

BV - “E lei può dire qui, si assume la responsabilità di dire che queste quindici persone sono tutte sopravvissute?”

LDB - “Non solo. Ma stanno bene e hanno tutte una vita perfettamente ordinaria”. Ospite: “Secondo la statistica della dr. Buiatti, dalle cartelle cliniche del dr. Luigi Di Bella non risulta alcun paziente sopravvissuto con il tumore al pancreas…”8

Quindi, la bellezza del libro di Andrea Nicolotti non è tanto nella sto-ria della Sindone (la vicenda era conosciuta, anche se mancava un’opera come questa che raccogliesse in modo organico e rigoroso le informazioni disponibili), ma nell’analisi di come le leggende nascono e si propagano. Aiuta a sviluppare il pensiero critico, che è l’unica arma efficace per pro-teggersi da quello che è il fine ultimo della pseudoscienza: trarre benefici personali a discapito di tutta la comunità, colpendo le persone più deboli.

Marco Bella Dipartimento di Chimica Sapienza Università di Roma

7 Si veda ad esempio G. Fanti - E. Marinelli, Risultati di un modello probabilistico applicato

alle ricerche eseguite sulla Sindone di Torino, alla pagina www.shroud.com/fanti3it.pdf.

8 Trasmissione televisiva Porta a Porta del 1998 www.youtube.com/watch?v=xUIK4cLo

(17)

Replica dell’Autore, conclusioni e prospettive

Ringrazio tutti i convenuti e coloro che hanno preso la parola quest’oggi, fornendo diverse chiavi di lettura del mio libro e cogliendo alcuni fra i livelli di indagine che un oggetto controverso come la Sin-done può suggerire. Forse proprio la pluralità di questi livelli spiega la ritrosia con cui finora gli studiosi, specialmente quelli afferenti alle scienze umane, si sono accostati all’argomento; nella maggioranza dei casi, a dire il vero, lo hanno accuratamente evitato. Gli storici e gli ese-geti degli ultimi decenni molto spesso hanno percepito la difficoltà di studiare un reperto che parrebbe essere già stato oggetto di tanti studi di natura scientifica e i cui risultati, se si presta ascolto alla vulgata mass-mediatica, sembrerebbero confliggere con le risultanze storiche. Non altrettanta cautela hanno mostrato molti scienziati che, completamente digiuni di qualunque conoscenza del metodo storico-critico, si sono ci-mentati in ricostruzioni storiche che all’occhio di qualsiasi specialista tradiscono tutta la loro inconsistenza. A ciò si aggiunge il problema che vedo come il più rilevante: presentandosi come l’oggetto che è stato a contatto con il corpo di Cristo al momento della sua risurrezione, la Sindone si configura quale reliquia illustrissima della cristianità ed è corredata di una potenzialità apologetica incommensurabile, potendo essere usata più o meno apertamente come prova della realtà della mor-te e risurrezione di Gesù. Ciò seduce quei cristiani che sono alla costan-te ricerca di un indiscutibile aggancio storico e soprattutto scientifico al contenuto della propria fede, in modo da poterlo presentare non sol-tanto come potenzialmente verosimile, bensì come vero e dimostrabile. A maggior ragione lo studio della Sindone viene accantonato da parte di quegli studiosi che preferiscono non occuparsi di argomenti troppo controversi e troppo legati a espressioni di devozione e a una fede nel soprannaturale.

La compresenza di queste difficoltà è stata deleteria: una volta che gli specialisti hanno sgombrato il campo, lo studio della Sindone è diventa-to quasi esclusivamente monopolio di dilettanti, di apologeti, di incom-petenti, di partigiani. Nelle ultime decadi l’argomento volontariamente trascurato dagli “accademici” è diventato, in maniera inversamente pro-porzionale, oggetto di crescente interesse da parte del grande pubblico. La Sindone è stata occasione di ormai innumerevoli produzioni cinema-tografiche, documentaristiche, editoriali; riempie gli scaffali delle librerie ed è in grado di spostare milioni di persone ogni volta che viene mostrata al pubblico. Mi è sembrato inaccettabile che un tema così importante per molte persone fosse pressoché ignorato dagli storici, proprio in un mo-mento in cui l’opinione pubblica fatica a comprendere quale sia l’utilità sociale dell’esistenza, del mantenimento e del finanziamento di discipline

(18)

universitarie che dovrebbero occuparsi anche di questi argomenti. Fino a

che la libertà di ricerca esiste, è bene esercitarla9.

Studiare la Sindone è molto difficile, e non è cosa per tutti. La lette-ratura sull’argomento è sterminata, spesso inutilizzabile o ingannevole; l’oggetto vorrebbe sembrare una stoffa del secolo I e costringe lo storico a un’escursione cronologica di due millenni, la qual cosa necessita di un grande dispendio di tempo e di energie; le branche del sapere chiamate in causa sono numerose (fisica, chimica, biologia, medicina, numismatica, iconografia, paleografia, archeologia, tecnologia tessile, etc.) e difficili da maneggiare da una sola persona, costringendo così a una forte dose di stu-dio supplementare e a un contatto continuo con esperti di altre discipline. Questo è, credo, ciò che rende il mio libro diverso da quelli scritti in pre-cedenza: lo studio storico, che è predominante, è condotto con profondità per tutte le epoche e su ogni particolare; esso ha comportato la verifica di tutte le affermazioni riscontrabili nella letteratura precedente (non di rado insostenibili) costringendo ad un lavoro che doveva ripartire essenzial-mente da zero. Posso assicurare che dietro ad ogni mia affermazione c’è un approfondito lavoro di ricerca e verifica, che spesso ho lasciato sullo sfondo allo scopo di non appesantire troppo il volume. Qualche

approfon-dimento lo sto pubblicando a parte10.

Questo mi sembra sia stato colto dai colleghi che mi hanno preceduto, e li ringrazio. Accolgo con particolare soddisfazione anche le osserva-zioni di chi, come Emanuela Prinzivalli, ha voluto sottolineare quanto lo studio delle reliquie o di altri aspetti o oggetti del vissuto cristiano più “popolare” sia utile e necessario, accanto a quello degli argomenti considerati “alti”, quali la storia delle istituzioni, del pensiero cristiano o dei grandi movimenti religiosi. È mio auspicio che l’esempio sia seguito da altri studiosi su altri temi altrettanto controversi e nei quali la fede interagisce o si scontra con la scienza nel momento in cui chiama in cau-sa il soprannaturale: pensiamo alla storia di alcune altre illustri reliquie (il sangue di San Gennaro, il Titolo della croce, la Santa Casa di Lore-to, la Tilma di Guadalupe, altre reliquie provenienti dalla Terrasanta), di presunte violazioni delle leggi di natura (i miracoli eucaristici, le statue

9 Un tempo non sempre questa libertà era garantita. Un grande storico della Sindone,

il canonico Ulysse Chevalier, nel 1903 fu censurato e ridotto al silenzio dalla Santa Sede, la quale, in un primo momento, sembrava avergli dato ragione: ne racconto la triste vicenda in A. Nicolotti, Il processo negato. Un inedito parere della Santa Sede sull’autenticità della Sindone, Viella, Roma 2015.

10 A. Nicolotti, Un cas particulier d’apologétique appliquée: l’utilisation des apocryphes

pour authentifier le Mandylion d’Édesse et le Suaire de Turin, in «Apocrypha» 26 (2015),

pp. 301-331; Id., Le Saint Suaire de Turin en Belgique… à Liège?, in «Bulletin trimestriel du Trésor de Liège» 47 (2016), pp. 13-18; Id., La Sindone, banco di prova per esegesi, storia,

scienza e teologia, in «Annali di storia dell’esegesi» 33/2 (2016), pp. 459-510; Id., La Sindone di Torino in quanto tessuto, in stampa.

(19)

piangenti, le guarigioni soprannaturali) o di luoghi oggetto di apparizioni e visioni (numerosi santuari medievali e rinascimentali, Lourdes, Fatima, Medjugorje, etc.). Generalmente questi argomenti non vengono presi in considerazione dagli storici, esattamente come è avvenuto per la Sindone, e sono abbandonati all’approssimazione, al pietismo e alla divulgazione devozionale; ritengo invece che essi siano importanti in sé e altresì oc-casione per dar vita a indagini storiografiche, politiche e antropologiche capaci di prendere in considerazione non solo il fatto o l’oggetto in quan-to tale, ma anche tutquan-to il suo contesquan-to: in che ambiente, in che periodo storico, sulla base di quali fonti, per quali interessi, in quali congiunture socioculturali questi oggetti e questi fenomeni sono venuti alla luce? Tal-volta essi possono informarci del vissuto cristiano che li circonda molto più di quanto lo possano fare i documenti ufficiali e le fonti letterarie.

La sfida, con la Sindone, non è stata semplice: lo smascheramento di quella che Alessandro Saggioro ha denominato “sindonopoiesi” è ope-razione difficile, perché tocca un ambito del sentire umano che sfugge alle logiche della razionalità, del metodo, dell’imparzialità. Mostrare le debolezze della sindonologia significa doversi “sporcare le mani” infi-landosi fra le maglie di un dibattito accesissimo, condotto senza esclu-sione di colpi, dal quale non si può che essere travolti. Significa attirarsi critiche anche feroci, censure e maldicenze. Questo, da solo, nei fatti ha scoraggiato molti. Eppure proprio qui, a mio parere, si misura l’utilità di una ricerca indipendente, metodologicamente solida, svincolata da ogni tentazione apologetica: proprio negli argomenti complessi e controver-si lo storico e lo scienziato dovrebbero proporcontrover-si all’attenzione pubblica come una voce sicura, affidabile, che non ripiega sul comodo silenzio o sul nascondimento.

Le parole di Marco Bella e di Luigi Campanella mi sono particolar-mente gradite in quanto provengono da due chimici, che riconoscono al mio lavoro di storico una metodologia rigorosa per certi versi compara-bile a quella delle cosiddette scienze dure. Io stesso, nel corso della mia ricerca, devo riconoscere di aver mutato l’opinione che avevo in merito al valore degli studi scientifici in ambiti sui quali non avevo competen-za. Molti scienziati non conoscono l’opera degli storici, e la considerano spesso come la semplice capacità di accumulare documenti (la vecchia “antiquaria”) e tentarne interpretazioni, il più delle volte soggettive ed estemporanee; un’attività tutto sommato semplice, che alcuni di loro han-no pensato di poter praticare senza alcuna cautela e con risultati assai deludenti. D’altro canto anche molti storici sono portatori di una visione ingenua e deformata di quanto avviene nell’ambito delle scienze dure: incapaci di cogliere le finezze e i problemi di ogni indagine scientifica, attribuiscono facilmente a essa un grado di sicurezza che non ha riscontro nella realtà, creando inconsapevolmente una sorta di deleteria scala di

(20)

certezze dove la storia sembra non avere alcuna speranza di competere con le scienze “esatte”. Ecco, lo studio e il contatto con la letteratura sin-donologica mi hanno mostrato quanto questi due pregiudizi siano errati e dannosi. I risultati perseguiti dagli scienziati che si sono cimentati in ricostruzioni storiche sono sconsolanti; allo stesso tempo ho potuto ve-rificare quanto certe indagini di laboratorio possano condurre a responsi fortemente contraddittori, dove si fatica a scorgere quell’esattezza che superficialmente si crede essere un patrimonio acquisito delle scienze sperimentali. Qualunque indagine scientifica, infatti, risente anch’essa di condizionamenti dovuti alle premesse, all’esecuzione, al metodo seguito, alla strumentazione adoperata, all’impostazione teorica e alle capacità os-servative del soggetto che la realizza. La sindonologia – come tante altre pseudoscienze – è un ambito in cui questa soggettività diventa pervasiva: e così campioni di materiale sindonico osservati al microscopio per alcuni indicano sul tessuto la presenza di sangue, per altri di un pigmento; per al-cuni la presenza di aloe e mirra, per altri la sua assenza; per alal-cuni un pol-line palestinese, per altri no; le stesse fotografie manipolate al calcolatore elettronico possono essere interpretate come scritte in ebraico, in latino, in greco, monete romane, la firma di Giotto, iscrizioni medievali, fiori, pinze e martelli, oppure più prosaicamente come chiaroscuri indistinti dovuti all’inclinazione della luce e all’irregolarità dell’intreccio tessile. Dietro a un microscopio c’è sempre un uomo, come dietro a un documen-to. È per me fonte di soddisfazione l’essere riuscito a raccontare, nel mio piccolo, quanta cautela sia necessaria da parte di chi frequenta scienze così diverse, quanti pregiudizi vi siano degli uni nei confronti degli altri e quanto sia importante la pratica di una vera interdisciplinarità fondata sulla conoscenza dei rispettivi limiti.

Ho qualificato la sindonologia come pseudoscienza. Nel libro credo di aver dato dimostrazione di quanto gli studi autenticisti sulla Sindone, sia storici sia scientifici, seguano meccanismi perfettamente sovrapponibili a quelli di altre pseudoscienze (ufologia, omeopatia, astrologia, piramido-logia, oniromanzia). Come tutte le pseudoscienze anche la sindonologia si caratterizza per l’adesione programmatica a un assunto di partenza dal quale non è concesso allontanarsi: in questo caso, che l’immagine della Sindone sia inspiegabile da un punto di vista naturale, e conseguente-mente che sia irriproducibile e incomprensibile alla luce delle spiegazioni ordinarie che possano avere a che fare con la realizzazione di un manu-fatto. La conseguenza, talvolta dichiarata talvolta soltanto suggerita, è l’impossibilità di negare l’autenticità della Sindone. Questi stessi concetti di partenza – anche se fossero veri, e non lo sono – sarebbero logica-mente incoerenti (il fatto che un oggetto non sia al momento spiegabile non significa che non lo sarà in futuro; il fatto che un oggetto non sia riproducibile non significa che esso sia miracoloso; la mancanza di una

(21)

spiegazione non rende autentico un oggetto, né può servire a collocarlo nel tempo e nello spazio) e presuppongono una fede nel soprannaturale che non viene discussa, ma viene data per acquisita. Le pseudoscienze, per sopravvivere, necessitano di un humus favorevole al loro sviluppo: innan-zitutto un pubblico che sia propenso, magari desideroso di credere in ciò che la pseudoscienza vorrebbe dimostrare; una forte coesione fra gli espo-nenti di quella pseudoscienza nel condividere l’assunto di base; il rigetto del confronto con la scienza normale, vista come persecutoria, negazioni-sta e chiusa nelle proprie convinzioni tradizionali, ma allo stesso tempo la spasmodica ricerca di qualche approvazione da parte di nuovi studiosi che possano entrare a far parte del circolo; la svalutazione o la soppres-sione di tutte le evidenze contrarie alla propria teoria; l’organizzazione in istituzioni simil-scientifiche capaci di garantire la propaganda dei propri risultati (nel nostro caso, le associazioni di sindonologia e i loro congressi) rivolgendosi non alle istituzioni e alle accademie scientifiche, che general-mente non sono disposte ad accoglierli, quanto all’opinione pubblica che non ha gli strumenti per valutare (agendo sui mezzi di comunicazione di massa ed evitando i consueti canali scientifici: è quella che viene chiamata “scienza delle conferenze stampa”); la pubblicazione di quei risultati in modo autogestito, presso editori generalisti o su riviste a pagamento. La pseudoscienza, quando dispone di un pubblico, tende a diventare sempre più solida: allontanandosi dall’ambito scientifico normale, che viene de-monizzato in quanto “incredulo”, e traendo il proprio nutrimento altrove, gli esponenti delle pseudoscienze si rafforzano sempre più nelle loro con-vinzioni e, trovandosi ad agire in un ambito in cui qualunque spiegazione può essere piegata e resa convergente all’assunto di base, hanno la ca-pacità di costruire e affastellare montagne di presunte argomentazioni a favore di quell’assunto, liberi di modificarne questo o quest’altro aspetto

nel momento in cui siano costretti a farlo per qualsivoglia motivo11.

La pseudostoria segue gli stessi canali comportamentali della pseu-doscienza. Essa può nascere quando qualcuno desidera dare una certa lettura della storia e allo scopo di supportarla si serve di testimonianze storiche manipolandole, inventandole o leggendole alla luce del proprio assunto di base; la pseudostoria può essere ancor più difficile da sma-scherare di quanto lo sia la pseudoscienza, perché non è falsificabile spe-rimentalmente.

Pseudostoria, pseudoscienza e religione possono formare un cocktail esplosivo. È noto a coloro che hanno studiato il funzionamento del pen-siero umano quanto la presenza di credenze preesistenti, specie se re-ligiose, possa influenzare il giudizio delle persone. Questo si verifica, tra l’altro, nel momento in cui le persone sono chiamate a stabilire o a

11 Sulla pseudoscienza, mi basta rimandare a M. Pigliucci - M. Boudry (eds.), Philosophy

(22)

negare la connessione causale fra due o più variabili note, o quando

de-vono operare usando il procedimento della deduzione e dell’induzione12.

Questo ben noto fenomeno di correlazione o causalità illusoria, il che non è altro che un esempio dell’umana tendenza alla conferma di ciò che già si crede, è uno degli errori di ragionamento contro i quali la logica del pensiero scientifico ha cercato di esercitare un forte controllo (si pensi, ad esempio, allo studio sulla validità dei sillogismi). La sorveglianza sulla naturale tendenza verso l’illusione correlativa o causale dovrebbe essere esercitata in massimo grado da parte di coloro che applicano il metodo scientifico, siano essi storici, filologi, chimici o biologi.

La sindonologia è un tipico campo di studi nel quale, invece, le cor-relazioni o causalità illusorie non soltanto sono ben presenti, ma sono addirittura incoraggiate. Il fenomeno interessa la gran parte dei sindo-nologi, che non sono avvezzi all’applicazione del metodo scientifico; spesso, però, si realizza anche in quei pochi che sarebbero qualificati per applicarlo. In effetti fra i sindonologi la persuasione dell’autenticità della Sindone è talmente forte, da spingerli ad una costante ricerca di conferme della propria convinzione pescando in un infinito serbatoio di variabili pronte ad essere illusoriamente correlate fra loro, ma sempre in un’unica direzione. Per chi osservi il fenomeno dall’esterno il loro atteggiamento nei confronti della scienza in sé si presenta come fortemente ambivalente: nella sindonologia «la scienza è presentata, di volta in volta, come una sequela di becere e inattendibili supposizioni, vaso di tutte le possibili inesattezze senza alcuna organizzazione logica; e poi, inopinatamente, quando uno dei suoi parziali risultati sembra collimare con gli assunti

aprioristici, come il fondamento di ogni certezza»13. Non è un caso se

la Sindone – o per meglio dire la sindonologia – sia divenuta uno degli

oggetti d’indagine del cicap, il Comitato Italiano per il Controllo delle

Affermazioni sulle Pseudoscienze, e se alcuni dei più attivi studiosi del-la Sindone al di fuori dell’ambito sindonologico abbiano un legame con

quest’associazione14. Purtroppo non esiste fra gli storici un’istituzione

si-mile, che sarebbe quanto mai opportuna. Lo smascheramento della falsa storia è utile e raccomandabile, ed è fonte di soddisfazione almeno tanto quanto la pratica della storia construens.

Quale programma per il futuro? Che cosa resta da fare? Molto, natu-ralmente. Non è possibile seguire i sindonologi in tutte le loro elucubra-zioni, in quanto sarebbe un’attività senza fine che non condurrebbe mai a

12 Per una chiara presentazione di questi problemi si veda R.J. Sternberg - E.E. Smith, La

psicologia del pensiero umano, Armando, Roma 2000.

13 V. Pesce Delfino, E l’uomo creò la Sindone, Dedalo, Bari 20002, p. 234. Questo libro, al

di là della validità o meno della tecnica che l’autore propone per riprodurre l’immagine della Sindone, rimane esemplare per la lucidità metodologica con cui l’argomento viene trattato.

(23)

un risultato concreto; anzi, l’asservimento dei giornali e delle televisioni alla causa sindonologica impedisce a chiunque sia esterno al gruppo di

in-cidere significativamente sull’opinione pubblica15. Esistono in ogni caso

alcune iniziative, dal punto di vista scientifico e storiografico, che sareb-be opportuno realizzare. Nel mio libro, ad esempio, ho menzionato alcuni documenti inediti ritrovati in archivio, ma sarebbe necessario uno spoglio

estensivo della documentazione medievale e moderna16.

Dal punto di vista scientifico, molte cose potrebbero e dovrebbero essere fatte: a differenza di ciò che si legge, la Sindone non è uno degli oggetti più studiati nella storia, anzi, è stata studiata spesso male, per troppo poco tempo e da persone talvolta prive di mentalità spassionata. Giustamente Luigi Campanella richiede «che si programmi una nuova serie di misure a sostegno del carattere induttivo dell’esperienza e della volontà di prescindere da qualsiasi tipo di condizionamento nella condu-zione sperimentale»: l’unico modo per farlo, a mio parere, sarebbe ga-rantendo piena libertà di accesso all’oggetto, al presente impedito dalle autorità ecclesiastiche o limitato a sporadiche occasioni a beneficio di qualche sindonologo di fiducia. Il mantenimento di questo status quo, che perdura ormai da decenni, si spiega facilmente, come dice Campanella, in quanto una parte della Chiesa «teme un altro esito analogo ai precedenti e contrario alle proprie convinzioni e aspettative». Peggio ancora sarebbe l’apertura a nuovi studi (più volte promessi ma mai realizzati) vagliati e controllati dalle autorità sindonologiche, e quindi già profondamente viziati fin dalla partenza: ogni limitazione verrebbe facilmente (e a buon diritto) interpretata come un tentativo di controllare i risultati. L’atteg-giamento degli ultimi arcivescovi di Torino, che hanno sposato diverse argomentazioni sindonologiche e hanno ceduto nella pratica la gestione della Sindone nelle mani dei sindonologi (cosa che alcuni loro predeces-sori avevano accuratamente evitato di fare), non fa ben sperare.

Proprio alcune recentissime dichiarazioni dell’attuale arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, presentano come evidenza acquisita l’impossi-bilità di considerare la Sindone un falso; esse non soltanto dimostrano la disinformazione dell’arcivescovo e la sua poca cautela, ma anche la volontà di continuare a sostenere mediaticamente l’autenticità della Sin-done al di là di qualunque riflessione di natura critica: per lui non c’è dubbio, chi «ha lasciato così commovente traccia di sé nel lenzuolo» è il

Signore17. Molto più cauto papa Francesco, e molto più eloquente il

silen-15 Prima, durante e dopo l’ostensione del 2015 la presenza dei sindonologi in radio, in

televisione e sui giornali ha superato ogni precedente traguardo, specialmente nella tv di Stato.

16 Saranno certamente interessanti gli spunti contenuti negli atti del convegno La Sindone

a corte organizzato a Torino nel 2015 da chi scrive, con Paolo Cozzo e Andrea Merlotti (in

preparazione).

17 C. Nosiglia, Resta un enigma per la scienza, in «Il nostro tempo» del 21 giugno 2015,

(24)

zio con il quale nel 2015 a Torino si è accostato alla Sindone: rompendo la tradizione precedente egli non si è inginocchiato davanti alla stoffa, non ha pronunciato un discorso, limitandosi a una svelta citazione della Sindone in un discorso tenuto fuori dalla cattedrale, raccogliendo molta

delusione fra gli entusiasti sindonologi18.

Ritorno sulla possibilità di compiere nuovi studi sulla Sindone. Se si vuole parlare del telo in termini scientifici, come sempre si fa, è inac-cettabile che ogni indagine sperimentale sia preclusa (diversa sarebbe la mia considerazione se la propaganda ecclesiastica e para-ecclesiastica si concentrasse esclusivamente sul valore dell’immagine del Cristo che essa contiene, senza toccare il tema della sua datazione e autenticità). Le indagini per accertare la verità di alcune affermazioni o lo scioglimento di alcune incertezze sarebbero davvero di semplice realizzazione. Oc-correrebbe ad esempio andare alla ricerca della quantità e della concen-trazione di pigmento sulla stoffa; indagare la natura del lino sottostante alle cosiddette macchie di sangue; documentare l’inattendibilità di tutte le fantasiose visioni fotografiche che restituiscono immagini di scritte, monete, eccetera; verificare la presenza di particelle di cotone, la loro posizione sul telo e rispetto all’intreccio dei fili; ripetere nuove analisi sul presunto sangue, e molto altro. Se necessario, si potrebbe ripetere una nuova radiodatazione usando frammenti provenienti da altre par-ti del lino (il risultato sarebbe verosimilmente lo stesso, ed è questo il motivo per cui molto probabilmente l’indagine non verrà realizzata). Si potrebbero anche tentare nuove sessioni di misure con tecniche diverse rispetto a quelle finora adottate. Eviterei però di fare della Sindone un banco di prova di nuovi metodi di datazione che non siano già piena-mente funzionanti, validati e accettati dalla comunità scientifica. Se la datazione radiocarbonica – che oggi è comunemente accettata da tutti e che quando fu realizzata sulla Sindone aveva già alle sue spalle de-cenni di rodaggio – è stata rifiutata dalla sindonologia con argomenti

che talvolta rasentano il ridicolo19, che cosa ci si potrebbe aspettare da

una nuova datazione compiuta con altri metodi non altrettanto solidi, almeno per ora? Qualora essa confermasse il risultato medievale sarebbe

18 Il papa non ha parlato della Sindone durante l’omelia della celebrazione eucaristica

a Torino; non ha parlato della Sindone all’incontro con i Salesiani; non ha predicato davanti alla Sindone; non si è inginocchiato davanti alla Sindone; l’ha guardata da seduto, poi si è avvicinato, ha toccato la teca e si è fatto il segno di croce (più o meno ciò che si fa con una qualunque immagine sacra). Soltanto dopo l’Angelus ha detto: «Il nostro pensiero va alla Vergine Maria, madre amorosa e premurosa verso tutti i suoi figli, che Gesù le ha affidato dalla croce, mentre offriva sé stesso nel gesto di amore più grande. Icona di questo amore è la Sindone, che anche questa volta ha attirato tanta gente qui a Torino. La Sindone attira verso il volto e il corpo martoriato di Gesù e, nello stesso tempo, spinge verso il volto di ogni persona sofferente e ingiustamente perseguitata».

19 Elencati in A. Nicolotti, Sindone: storia e leggende di una reliquia controversa, Einaudi,

(25)

squalificata dai sindonologi in quanto metodologia non adeguatamente sperimentata; qualora desse un risultato diverso da quello della radioda-tazione, sarebbe sottoposto a critiche della stessa natura da parte di tutti gli altri. Questo al momento vale anche per il nuovo metodo suggerito da

Luigi Campanella20. D’altra parte la ripetizione degli esami di datazione

non è di per sé cosa primariamente necessaria, perché l’origine medie-vale della Sindone che il radiocarbonio ha confermato nel 1988 coincide esattamente con la data alla quale si era già giunti per via di ricostruzione storiografica ancor prima che il metodo radiocarbonio fosse conosciuto. È dunque un tema interessante, ma non dirimente.

Per restare nell’ambito di nuovi sistemi di datazione, non si può non menzionare quello recentissimo inventato da Giulio Fanti, sindonologo e professore di misure meccaniche e termiche all’Università di Padova, il quale con un suo studente ha costruito una macchina in grado di misurare le proprietà meccaniche di singole fibre di lino della Sindone (di pro-venienza rocambolesca e di dimensioni più sottili di un capello umano) mediante prove cicliche di trazione che sarebbero in grado di restituire una datazione correlata alle proprietà meccaniche delle fibre stesse. Me-todo finora mai applicato a questo genere di reperti tessili ed escogitato da Fanti esplicitamente per datare la Sindone all’epoca da lui desiderata,

come puntualmente è avvenuto21. Sarà interessante, per farsi un’idea di

come procede il ragionamento di uno dei più eminenti sindonologi del momento, corteggiato da giornali e televisioni, notare la candidezza con cui il professore dichiara in un suo libro di aver interpellato il Cristo della Sindone e la Madonna di Medjugorje per ottenere un responso sulla utili-tà e correttezza delle proprie ricerche scientifiche volte a stabilire

l’auten-ticità della reliquia22. Sarebbe questa la nuova frontiera della scienza?23

20 Si veda l’articolo di G.M. Rinaldi, Metodi chimici per datare la Sindone?, e la replica di

Campanella stesso, alla pagina <http://sindone.weebly.com/campanella.html> (09/16).

21 G. Fanti - S. Gaeta, Il mistero della Sindone: le sorprendenti scoperte scientifiche

sull’enigma del telo di Gesù, Rizzoli, Milano 2013. Va notata l’abitudine di diversi sindonologi

di pubblicare libri scientifici presso case editrici generaliste, magari scrivendoli con un giornalista, come in questo caso (Saverio Gaeta è giornalista del settimanale Famiglia Cristiana e autore di libri su miracoli, apparizioni mariane, etc.).

22 Parlando di se stesso in terza persona, Fanti racconta che a partire dal 1998, posto in

contemplazione di fronte alla S. Sindone, «l’autore percepì un cosiddetto “senso di infinito”, cioè una forte attrazione interiore verso quel Sacro Lenzuolo che sembrava chiamasse la sua anima all’interno del S. Lenzuolo stesso»; da allora, «prima di prendere decisioni importanti sull’esecuzione o meno di particolari analisi sul materiale proveniente dalla S. Sindone, l’autore decise di rivolgere una domanda di conferma alla Madre di Dio. Proprio durante un viaggio a Medjugorje, l’autore percepì una “voce interiore” che gli suggeriva di continuare le analisi in programma» (G. Fanti, La Sacra Sindone di Gesù Cristo, Segno, Tavagnacco 2015, pp. 227-228). È bene ricordare che gli esami scientifici di Fanti, sottoposti evidentemente a una sorta di peer review di Cristo e della Madonna, sono stati finanziati con i fondi pubblici dell’Università di Padova.

(26)

Occorre comunque ricordare che finora nessuno degli argomenti messi in campo per invalidare il risultato della radiodatazione è stato mai accolto dagli esperti della disciplina; anche l’idea che la vicinanza della stoffa a un ambiente riscaldato, come quello dall’incendio di Chambéry del 1532, abbia potuto arricchire il reperto di radiocarbonio, non è mai stata verificata sperimentalmente. Qui basterà ricordare che il maggior sostenitore di questa teoria, il russo Dmitry Kuznetsov, è stato

smasche-rato come falsario24, e che ulteriori esperimenti tentati con il monossido

di carbonio da parte di un altro sindonologo non hanno dato alcun

risulta-to25. Nel mio libro ho già parlato delle fantasmagoriche ricerche del prof.

Alberto Carpinteri, del Politecnico di Torino, secondo cui un terremoto a Gerusalemme nell’anno della morte di Gesù avrebbe provocato un effetto piezonucleare, responsabile sia dell’apparizione dell’immagine sindonica

sia del ringiovanimento radiocarbonico26; non ho però avuto tempo di

raccontare che qualche mese dopo undici sue pubblicazioni, tra cui quella sulla Sindone, sono state ritirate dalla rivista che le aveva ospitate, un provvedimento che le riviste scientifiche adottano soltanto in casi dav-vero gravi. Ma nel frattempo delle teorie di Carpinteri si era già fatto un

documentario, sostenuto e finanziato da istituzioni pubbliche, il cui dvd

è stato messo in vendita durante l’ostensione della Sindone in tutte le

edicole e librerie27. L’effetto è garantito.

Ma se la sindonologia non è disposta ad accettare alcun risultato stori-co o scientifistori-co che neghi il proprio assunto di base, ci si potrebbe doman-dare a che cosa servano ulteriori indagini scientifiche e ricerche storiche. Non certo a convincere i sindonologi, ma almeno a fornire agli interessati qualche elemento su cui basare il proprio giudizio. Cercando di rompere quell’increscioso legame che si è stretto fra certe pseudoscienze e i mezzi di comunicazione di massa, puntando sullo sviluppo del pensiero critico: come sottolinea Marco Bella, ogni pseudoscienza agisce a discapito della comunità e produce effetti negativi sulle persone, anche quando appa-rentemente non sono in ballo questioni fondamentali. La Sindone non

in A. Nicolotti, La Sindone, banco di prova per esegesi, storia, scienza e teologia, in «Annali di storia dell’esegesi» 33, 2 (2016), pp. 459-510.

24 G. M. Rinaldi, Lo scienziato immaginario, in «Scienza & Paranormale» 43 (2002), pp.

20-33; riprodotto anche sul sito <www.cicap.org>.

25 Si veda il resoconto Oxford Radiocarbon Accelerator Unit: The Shroud of Turin, alla

pagina <http://c14.arch.ox.ac.uk/embed.php?File=shroud.html> (09/16).

26 A. Carpinteri - G. Lacidogna - O. Borla, Is the Shroud of Turin in Relation to the Old

Jerusalem Historical Earthquake?, in «Meccanica», pubblicato online nel 2014, ritirato

dall’editore nel 2015.

27 La passione e la ragione - Torino e la Sindone, LunaFilm; sostenuto da Piemonte Doc

Film Fund, Film Commission Torino Piemonte e Regione Piemonte. Può sembrare ironico che La passione e la ragione sia il titolo di un libro dello storico Giovanni De Luna (Bruno Mondadori, Milano 2004) che cercava di ridefinire le caratteristiche della buona storiografia.

(27)

è un problema di priorità assoluta, ma ogni cedimento al ragionare anti-scientifico porta effetti che a lungo termine sono dannosi e difficili da controllare in ogni campo del vivere sociale.

Andrea Nicolotti Dipartimento di Studi Storici Università degli Studi di Torino

Riferimenti

Documenti correlati

I dati dei prossimi mesi potranno dire qualcosa di più sulle prospettive concrete, ciò che è fin d’ora indubbio, tuttavia, è che un dato positivo sull’occupazione potrà derivare

Ho cercato, sinora, di cogliere le opportunità che la scuola mi ha concesso, di meritare ogni cosa lavoricchiando in ogni dove e cercare in qualche modo di

Because of the low number of samples, the statistical significance of the variability of FA levels in HM sampled at varying time intervals compared to the control (before

Gli anarchici contemporanei hanno visto nell’era digitale, se usata con le giuste precauzioni, una grande risorsa: le analisi di Colin Ward hanno fatto scuola in

By comparing the response to Fe deficiency in two Strategy I species, cucumber and soybean, it emerged that the different aptitudes to induce the PM-ATPase are accompanied by other

(b) The highly nonlinear instanton evolution closely follows the averaged rogue wave and converges locally to a Peregrine soliton around its space-time maximum, as predicted by

We exploit Markov regime switching models to identify shocks in cointegrated structural vector autoregressions and investigate different identification schemes for bivariate

In this work we tested the content of fatty acids in seeds from Roman period to present, as a comparison to the content of fatty acids of the aerial parts of the plant: 12