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Degradazione nel tempo delle performance di un ORC al variare della configurazione dei parametri di progetto.

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Academic year: 2021

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pag. 1

UNIVERSITÀ DI PISA

Scuola di ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Energetica

Degradazione nel tempo delle performance di un ORC al

variare della configurazione e dei parametri di progetto.

Relatori

Candidato

Prof. Marco Antonelli

Jacopo Fusani

Dott. Andrea Baccioli

(2)

pag. 2

(3)

pag. 3

Indice

Indice………..5

2 FLUIDI PER I CICLI ORC……….8

2.1 Introduzione………..8

2.2 Definizione e classificazione………8

2.3 Categorie dei fluidi di lavoro………9

2.4 Caratteristiche fluido di lavoro……….9

2.4.1Punto critico del fluido di lavoro………..12

2.4.2 Punto critico dei fluidi di lavoro………..14

2.4.3 Peso molecolare ………..14

2.4.4 Calore latente di evaporazione……….………15

2.4.5 Densità del vapore………16

2.4.5 Viscosità……….………..16

2.4.7 Stabilità chimica e compatibilità con i materiali in contatto………17

2.4.8 Regolamentazioni ambientali………...………17

2.4.8.1. Ozone depletion potential………17

2.4.8.2. Global warning potential………..18

2.4.8.3 Costo del fluido………...………..19

2.4.8.4 Sicurezza………...19

2.4.8.5 Tossicità………19

2.4.8.6 infiammabilità………...20

3. ORGANIC RANKINE CYCLE (ORC)………..20

3.1 Introduzione………20

3. ORGANIC RANKINE CYCLE (ORC)………..22

3.1 Introduzione………22

3.3 Componenti per ORC……….24

3.3.1 Scambiatori di calore………...24

3.3.2 Espansori……….26

3.3.3 Espansioni a pistone………27

3.3.4 Espansori scroll………28

3.3.5 Gli espansori a vite………..29

3.3.6 Espansore a vani rotanti………...29

3.3.7 Turbine……….30

3.3.8 Pompe di alimentazione………..30

4. DEGRADAZIONE DEL CICLOPENTANO E CALCOLO DELLA CARICA………32

4.1 Calcolo della carica………38

4.3 Tempo di residenza della carica nel circuito ORC……….40

4.4 Modello dell’impianto ORC in ambiente ASPEN HYSYS………41

4.5 Design preliminare………..41

4.6 Descrizione dei casi studio………..42

4.7 Caso 1………..44

4.7.3. Off-design………...44

4.7.3.1 Scambiatore di recupero dei gas di scarico………..48

4.7.3.2 Evaporatore dell’ORC………..49

4.7.3.3 Air-cooler dell’ORC……….50

4.8 caso 2………..53

4.8.2 Variabili di ottimizzazione………..54

4.8.3 Vincoli imposti al sistema………...…………55

4.8.4 Off-design………56

4.8.3.1 Scambiatore di recupero dei gas di scarico ……….56

Rigeneratore dell’ORC 4.8.5………57

Air-cooler dell’ORC 4.8.6………59

(4)

pag. 4

4.9.2 Variabili di ottimizzazione………...62

4.9.3 Vincoli imposti al sistema………63

4.9.3 Off-design………63

4.9.3.1 Scambiatore di recupero dei gas di scarico………...64

Rigeneratore dell’ORC 4.9.5……….………..65

Air-cooler dell’ORC 4.9.6………...67

4.10 caso 4………69

4.10.2 Variabili di ottimizzazione………70

4.10.3 Vincoli imposti al sistema……….71

4.10.3 Off-design………...………...71

4.10.3.1 Scambiatore di recupero dei gas di scarico……….72

Rigeneratore dell’ORC 4.10.5………...73

Air-cooler dell’ORC 4.10.6………...75

5. RISULTATI……….75

5.1 Procedimento utilizzato per calcolare i componenti di ciclopentano degradato……….77

5.2 Analisi caso 1………..78 5.3 Analisi caso 2………..84 5.4 Analisi caso 3………..91 5.5 Analisi caso 4………100 6. CONFRONTO RISULTATI………110 7. CONCLUSIONI………113 APPENDICE I………...116 Appendice II………..128 Bibliografia……….135 Ringraziamenti………...….142

(5)

pag. 5

1. Introduzione

La crescita della popolazione mondiale [1] determina l’inevitabile aumento della richiesta di energia, soprattutto quella di tipo elettrico, nonostante la progressiva riduzione delle riserve energetiche mondiali. Lo sfruttamento intensivo e tal volta indiscriminato di queste risorse ha portato a gravi problematiche relative agli inquinanti come l’emissione di rilevanti quantità di gas serra nell’atmosfera, avvelenamento dell’aria, contaminazione di suolo e acqua. Questo, inoltre, ha portato ad una difficoltà di approvvigionamento, con conseguente aumento dei prezzi e creazione di rapporti di dipendenza verso quei paesi che possiedono la maggior parte delle riserve.

Recenti studi condotti e riportati nell’international Energy Outlook 2018 [2] e An independentassessment of the cleangrowth [3] richiesti dal governo del Regno Unito e dal US Energy Information Administration, indicano la gravità dei problemi energetici [2]. Si prevede che il consumo mondiale di energia nel 2040 avrà raggiunto i 776*1021MJ in seguito ad un aumento del

18%, rispetto al 2015 del settore industriale ed un incremento del 50% consumo energetico mondiale totale. Per sostenere il miglioramento dell'efficienza energetica a lungo termine vengono anche stabiliti piani d'azione che favoriscono l'innovazione tecnologica ed una migliore fruibilità delle risorse energetiche mondiali [2].

Pratiche che prevedono di sfruttare l'utilizzo del calore di scarto industriale e adottare una maggiore efficienza termica sono esempi di possibili modi per migliorare l'efficienza energetica industriale [4]. Nei processi industriali, come ad esempio essiccazione, riscaldamento e combustione, il calore residuo si presenta sotto forma di vapore, fumi, gas di scarico, acque di scarico e calore che viene scaricato da forni, motori, sistemi di refrigerazione, caldaie ecc. senza ulteriore utilizzo. La temperatura del calore residuo varia con i processi industriali con range di temperature molto ampi, da un minimo di 30°C a più di 1000°C. Di conseguenza, il calore di scarto è generalmente distinto come alto, medio e basso grado. Rispetto al calore medio e alto, l'utilizzo e il recupero del calore di bassa qualità sono molto più impegnativi, meno fattibile e comunemente meno preso in considerazione nella pratica reale.

Indagini statistiche indicano che il calore di scarto di bassa qualità rappresenta il 50% o più del calore totale generato nell'industria [5]. Tra le soluzioni proposte, il Ciclo Rankine Organico (ORC) è il sistema più usato e più studiato in letteratura. I suoi due principali vantaggi sono la semplicità costruttiva e disponibilità dei suoi componenti. In un tale sistema, il fluido di lavoro è una sostanza organica, più adatta rispetto all’acqua per sfruttare la sorgente a bassa temperatura.

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pag. 6 Come mostrano recenti studi presenti in letteratura, sostanziali progressi negli ORC sono stati fatti negli ultimi anni. Tuttavia, sembrano necessari ulteriori studi per migliorare le prestazioni degli impianti ORC. Inoltre, l'efficienza dei sistemi che operano ad alta temperatura è più alta rispetto a quelli che sfruttano il recupero di energia termica a bassa temperatura.

Una delle principali sfide dell'ORC è la selezione dell'appropriato fluido di lavoro. Infatti, la scelta del fluido di lavoro influisce sulla massima efficienza del ciclo per la definizione delle fonti calde e fredde. Molte ricerche sull'influenza dei fluidi di lavoro sull'efficienza del sistema sono state effettuate e sono disponibili in letteratura, come ad esempio [6-10].

Il presente lavoro di tesi prende a riferimento studi condotti sui fluidi organici [11-13], in particolare quelli della famiglia del C5 (ciclopentano, iso-pentano, n-butano), per studiarne gli effetti della degradazione termica sui parametri del sistema. L’obiettivo dello studio consiste nell’ideare un efficiente modulo ORC, ottimizzandone sia il design che l’off-design, in funzione del modello di degradazione studiato.

Nella prima parte dell’elaborato è stato analizzato, in ambiente ASPEN HYSYS, un possibile design preliminare del ciclo, in base al fluido preso in esame ed ai vincoli imposti massimizzando successivamente l’energia elettrica netta prodotta.

Completata la parte di design del ciclo si è passati alla fase di off-design degli scambiatori di calore: evaporatori ed air-cooler. Preliminarmente si è scelto di non creare il design della turbina e della pompa e si è preferito mantenere un determinato rendimento isoentropico poiché l’analisi si è concentrata in maniera più accurata e profonda sugli scambiatori.

Utilizzando dei modelli presenti in letteratura [11-13] per la degradazione del ciclopentano, in base ai tempi di resistenza e alle temperature nel reattore dell’esperimento, è stato costruito un modello per prevedere la degradazione termica all’interno del circuito ORC su base annua.

È stata imposta, in off-design, la geometria degli scambiatori ed è stata calcolata la carica all’interno dell’impianto utilizzando dei modelli presenti in letteratura [14-15] e, successivamente, i tempi di residenza del fluido per stabilire il numero di cicli necessario affinché venga eguagliato il tempo di permanenza nel reattore di prova [11].

Sono state ideate quattro prove per mettere a confronto i dati sulla degradazione del fluido in base a diverse configurazioni impiantistiche mantenendo costanti i dati di input ovvero temperatura, pressione e portata dei gas esausti.

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pag. 7 Nella prima prova tra il circuito del ciclopentano e quello dei gas di esausto è stato messo un loop di olio diatermico che ha portato ad una temperatura di uscita del fluido di lavoro a circa 220°C. Nella seconda si è eliminato il circuito intermedio dell’olio, mantenendo le condizioni del fluido sub-critiche, ma mettendo un circuito rigenerativo al suo interno. Nella terza prova è stato mantenuto il design, ma la pressione è stata modificata e portata a supercritica innalzando la temperatura di ingresso del fluido in turbina a 260°C. Nella quarta, ed ultima prova, è stato mantenuto il design della seconda ma l’impianto è stato portato a condizioni di pressione più elevate con una temperatura di ingresso in turbina di 300°C.

Confrontate le prestazioni dei quattro casi, si è riscontrato un effettivo peggioramento della potenza netta, del rendimento di primo principio, un aumento della pressione di condensazione un aumento di portata volumetrica alla fine dell’espansione nei casi tre e quattro. Per casi uno e due non si sono riscontrate variazioni di prestazione poiché la degradazione del ciclopentano è minima.

Si è dimostrato dall’analisi che il caso più favorevole è il secondo se si guarda al lungo periodo, ovvero un arco di tempo ventennale. Se invece si vuole progettare un ciclo ORC con una durata temporale più bassa (circa decennale) le soluzioni migliori sono sicuramente quelle dei casi tre e quattro.

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pag. 8

2 FLUIDI PER I CICLI ORC

2.1 Introduzione

In letteratura sono stati proposti diversi fluidi per essere utilizzati nei sistemi ORC (OrganicRankinecycle), in particolare per applicazioni di recupero di calore di scarto di bassa qualità. Le caratteristiche e le proprietà dei fluidi influenzano direttamente le prestazioni dei sistemi ORC. Un fluido adatto deve presentare buone proprietà fisiche, chimiche, economiche, ambientali e di sicurezza.

Questo capitolo ha lo scopo di confrontare i fluidi di lavoro sotto vari punti di vista fornendo informazioni utili che saranno valutate per la selezione del fluido adatto per il sistema studiato nel presente lavoro.

2.2 Definizione e classificazione

La maggior parte dei fluidi utilizzati negli ORC sono chiamati "organici". In riferimento alla loro struttura chimica sono fluidi puri o miscele basate su composti che presentano legami tra gli atomi di carbonio (C) ed altri elementi, principalmente idrogeno, ossigeno e azoto.

Ossidi di carbonio (COx), acido carbonico (H2CO3) e sali carbonici come il calcio carbonato

(CaCO3) sono esclusi da questa categoria e sono considerati composti inorganici.

La definizione accettata per gli ORC non esclude l'uso di fluidi inorganici in questi sistemi, quindi sostanze come ad esempio ammoniaca NH3 e anidride carbonica CO2 possono essere

considerate come fluidi di lavoro e il nome del ciclo rimane lo stesso

[16]

Il regolamento ANSI / ASHRAE 34 (2017) propone un metodo per classificare i fluidi in base alla loro composizione chimica. Il nome assegnato è composto da un prefisso composto da lettere e un suffisso composto da cifre. Per i refrigeranti, il prefisso è la lettera "R". Le serie di cifre che compongono il suffisso dipendono dal tipo di composto o miscela e sono presentate nella Tabella 2.1.

Nel caso degli isomeri, quello più simmetrico è indicato dalla combinazione di prefisso e suffisso. Gli altri sono indicati aggiungendo anche una lettera minuscola nell'ordine decrescente di simmetria. A volte vengono usate due lettere, se necessario.

(9)

pag. 9

Tipo di Fluido Descrizione

Idrocarburi e derivati

Il suffisso è composto da quattro cifre: W X Y Z.

W numero di legami di carbonio-carbonio insaturi (omesso se uguale a zero). X numero di atomi di carbonio (C) meno 1 (omesso se uguale a zero). Numero di atomi di idrogeno (H) più 1.

Z numero di atomi di fluoro (F). Esempi: R-134a, R-125.

Miscele zeotropiche Il suffisso è un numero della serie 400 che è rappresentativo solo dei componenti della miscela. Il numero assegnato a ciascun fluido è deciso da ASHRAE. Esempi: R-407c, R-410a.

Miscele azeotropiche Il suffisso è un numero nella serie 500. Esempio: R-502, R-500a.

Altri composti organici

Il suffisso è un numero nella serie 600. Esempi: isobutene R-600a.

Fluidi naturali Il suffisso è un numero nella serie 700. Le ultime due cifre sono rappresentative della massa molecolare.

Esempi: ammoniaca R-717, anidride carbonica R-744.

Tabella 2.1 Descrizione suffissi composti e miscele

2.3 Categorie dei fluidi di lavoro

I fluidi organici possono essere classificati in tre diverse categorie in base alla pendenza della curva limite superiore nel piano T-s (figura 2.3.1):

• fluidi isoentropici, con pendenza della curva limite superiore nulla; • fluidi bagnati (wet), con pendenza negativa;

• fluidi asciutti (dry), con pendenza positiva.

Attraverso il parametro ξ, definito come l'inverso della pendenza, è possibile quantificare se un fluido è secco, isoentropico o bagnato

(ξ> 0, ξ≈0, ξ <0):

ξ =𝑑𝑠

(10)

pag. 10 Figure 2.3.1 tre categorie di fluidi di lavoro.

ξ = 𝑐p

𝑇ev− 𝜂∗𝜏ev 1−𝜏ev+1

𝑇ev2 ∗ ℎlg 2.2

𝜂 è preso generalmente uguale a 0,375 o 0,38, τev indica la riduzione della temperatura di

evaporazione dalla temperatura critica (Tev/Tc), hlg è il calore latente di evaporizzazione e cp è la

capacità termica specifica.

Naturalmente la distinzione di ciascun fluido è correlata alla struttura chimica della molecola (molecole nel caso di miscela), tuttavia è stato osservato che la presenza delle interazioni dei legami idrogeno producono un calore latente più elevato e il fluido diventa "umido". Inoltre, per quanto riguarda i "liquidi bagnati", Hung ha evidenziato che di solito hanno bassi pesi molecolari [17].

A causa delle semplificazioni adottate per sviluppare l'equazione. (2.2), lo studio fatto da Chen [16] ha notato che il suo uso al posto del calcolo diretto della pendenza, attraverso i dati dell'entropia e di temperatura, porta ad una grande deviazione dei punti di ebollizione rispetto a quelli nominali e suggerisce di calcolare ξ applicando direttamente l'equazione. (2.1), se possibile.

Un altro parametro che può dare informazioni riguardo alla pendenza della linea del vapore saturo di una sostanza è la complessità molecolare σ definita da Invernizzi et al. (2007) attraverso l'equazione. (2.3) 𝜎 =𝑇c 𝑅( 𝛿𝑆 𝛿𝑇)SV, Tev=0.7 2.3

(11)

pag. 11 dove R è la costante del gas e la sottoscrizione "sv" si riferisce alla linea di vapore saturo. Questo coefficiente è principalmente una funzione della capacità termica del vapore ed è correlato alla struttura molecolare del fluido. Per fluidi omologhi la complessità molecolare aumenta con il numero di atomi della molecola. Nell'ipotesi di vapore saturo paragonabile a un gas ideale, l'equazione. (2.3) diventa [18] 𝜎 = [− 1 𝑝r{ 𝑑𝑝r 𝑑𝜏}sv+ 𝛾 𝛾−1∗ 1 𝜏]sv,τ=0.7 2.4 Dove:

➢ γ è il rapporto di capacità termica specifica; ➢ 𝑝r pressione ridotta;

➢ τ temperatura ridotta;

➢ gli altri simboli hanno lo stesso significato di Eq. (2.3).

Per le molecole semplici la pendenza della linea del vapore saturo nel diagramma T-s è negativa e il termine −1

𝑝r{ 𝑑𝑝r

𝑑𝜏}sv prevale sul termine positivo 𝛾 𝛾−1∗

1

𝜏. Con l'aumento della complessità

molecolare, la pendenza della linea del vapore saturo diventa positivo (Figura 2.3.2).

(12)

pag. 12 La categoria del fluido di lavoro utilizzato in un ciclo ORC influisce sulla scelta e sulla disposizione dei componenti all'interno del sistema come sarà illustrato nei prossimi capitoli.

Come si può notare in Figura 2.3.3, la forma della curva limite superiore influenza notevolmente l’architettura del ciclo. Ad esempio, si osserva che nel caso di fluidi bagnati, l’espansione isoentropica, a partire da un punto della curva limite superiore, cade all’interno della campana, rendendo quindi necessario il surriscaldamento del fluido. Questo consente un lieve incremento del rendimento, ma comporta anche un forte aumento dei costi di impianto.

Figura 2.3.3: Cicli organici Rankine per fluido isoentropico, umido, secco [19]

Questo problema non sussiste per i fluidi asciutti o isoentropici, non rendendo necessario il surriscaldamento prima dell’ingresso in turbina. Inoltre, nel caso dei fluidi asciutti, al termine dell’espansione, è presente ancora un certo grado di surriscaldamento, che può essere sfruttato, in parte, mediante uno scambiatore rigenerativo, per preriscaldare il fluido liquido in uscita dalla pompa di alimentazione. L’efficienza del ciclo aumenta, ma comporta un costo aggiuntivo e una complessità maggiore dell’impianto [20].

2.4 Caratteristiche fluido di lavoro

2.4.1Punto critico del fluido di lavoro

Il punto critico di un fluido è nel punto di picco della linea di saturazione del fluido nel diagramma Temperatura-entropia (T-s). Questo stato è caratterizzato da due parametri: la temperatura critica Tc e la pressione critica pc che rappresentano i più alti valori di temperatura e

pressione a cui coesistono sia una fase gassosa che una fase liquida di un fluido. Le proprietà intensive (densità, capacità termica, ecc.) diventano uguali per le due fasi [21] e a questo stato il calore della vaporizzazione è zero. Inoltre, un aumento della pressione di una fase gassosa non può formare un liquido.

(13)

pag. 13 Uno studio condotto da Angelino G., Gaia M., Macchi E. (1984) [22] prendendo in considerazione sette alcani, dal normale-butano C4H10 al normale-decano C10H22, ha notato la relazione tra

complessità molecolare e punto critico. Essendo la complessità molecolare una funzione del numero di atomi nella molecola, è stato osservato che mentre cresce dal butano al decano, la pressione critica diminuisce e la temperatura critica aumenta. La stessa osservazione riguardante vari fluidi è stata fatta da Invernizzi C., Iora P., Silva P. (2007) [18].

• Incremento delle dimensioni dei tubi e degli scambiatori, a causa dell’alto volume specifico dell’acqua in fase di espansione e condensazione;

• incremento dell’area di scambio dell’evaporatore, a causa della necessità di surriscaldare, per evitare l’ingresso di goccioline all’interno dell’espansore;

• macchine con palettamenti più lunghi negli stadi di bassa pressione, a causa della bassa densità di vapore a fine espansione;

• presenza di degasatore, per pressioni di condensazione sub-atmosferiche, per la rimozione delle infiltrazioni esterne.

Come si può facilmente intuire, a causa del forte incremento degli ingombri e dei costi, non rende conveniente questa opzione nel caso di applicazioni a bassa temperatura. Le diverse proprietà dei fluidi operativi degli ORC comportano, invece, un’architettura del ciclo più semplice ed economica. In Figura 2.4.1 vengono messe a confronto sul piano T-s le curva di saturazione dell’acqua e di alcuni fluidi organici.

(14)

pag. 14 Si può notare come la pendenza della curva limite superiore dell’acqua sia negativa, al contrario della maggior parte dei fluidi organici, obbligando al surriscaldamento del fluido, per non avere umidità nella fase di espansione. Si osserva inoltre come, per i fluidi organici, la differenza di entropia tra la curva di saturazione del vapore e quella del liquido sia decisamente minore, ben adattandosi alle applicazioni in cui l’input termico è di piccola scala o a bassa temperatura [23].

2.4.2 Punto critico dei fluidi di lavoro

Il punto critico di un fluido è nel picco della linea di saturazione del fluido nel diagramma temperatura-entropia (T-s). Questo stato è caratterizzato da due parametri: la temperatura critica Tc

e la pressione critica pc. Questi rappresentano i valori più alti di temperatura e pressione in cui

coesistono sia una fase gassosa che una fase liquida di un fluido. Le proprietà intensive (densità, capacità termica, ecc.) diventano uguali per le due fasi [24]. In questo stato, il calore della vaporizzazione è zero, inoltre un aumento della pressione della fase gassosa non può portare allo stato liquido. La figura 2.4 presenta i punti critici dei suddetti fluidi. [21]

Figure 2.4.2: Punti critici di alcuni alcaniCritical point of some Alkanes [22]

2.4.3 Peso molecolare

I fluidi organici sono caratterizzati da un peso molecolare maggiore rispetto al vapore, che comporta un minore salto entalpico attraverso l’espansore, rendendo necessario un numero minore di stadi nella turbina. A dimostrazione della precedente affermazione si può esprimere la differenza

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pag. 15 di entalpia tra due punti generici, in una espansione isoentropica, ipotizzando che il vapore in espansione sia approssimabile ad un gas ideale come:

Δh =kR̃T1 𝑘−1 [1 − ( 𝑃2 𝑃1) 𝑘−1 𝑘 ] = kRT1 𝑀𝑊(𝑘−1)[1 − ( 𝑃2 𝑃1) 𝑘−1 𝑘 ] 2.4.3.1

dove 𝑀𝑊 indica il peso molecolare del fluido.

Le turbine degli ORC generalmente richiedono un singolo stadio [25], rendendole molto interessanti dal punto di vista economico, per le applicazioni su piccola scala.

2.4.4 Calore latente di evaporazione

I fluidi organici hanno calore latente di evaporazione minore rispetto all’acqua, ma può comunque variare fortemente da un fluido ad un altro.

Generalmente sono preferibili fluidi con maggiore calore latente di evaporazione (𝜆𝑒𝑣) perché permettono un maggiore assorbimento di energia della fonte termica durante l’evaporazione, con conseguente riduzione della portata massica necessaria, portando a minori consumi di energia da parte della pompa [26]. Tramite la relazione di Clausius-Clapeyron, che descrive la transizione di fase liquido-vapore: 𝑑𝑃 𝑑𝑇 = 𝜆ev 𝑇Δ𝑣 ≅ 𝜆ev 𝑇vvap 2.4.4.1

ipotizzando che la legge dei gas ideali valga anche nel caso del vapore:

𝑣vap= 𝑅𝑇

𝑃 2.4.4.2

è possibile dimostrare che i fluidi con 𝜆𝑒𝑣 maggiore permettono di ottenere un lavoro specifico

maggiore, a parità di rapporto di espansione [27]:

𝑃2 𝑃1= 𝑒 [𝜆ev 𝑅( 1 T1− 1 𝑇2)] 2.4.4.3 𝛥ℎis =𝑘𝑅𝑇 1 𝑘−1[1 − ( 𝑃2 𝑃1) 𝑘−1 𝑘 ] =𝑘𝑅𝑇1 𝑘−1[1 − 𝑒 (𝜆𝑅ev(𝑇11−𝑇21)) 𝑘−1 𝑘 ] 2.4.4.4

Un salto entalpico maggiore comporta, però, anche alte velocità periferiche o un maggior numero di stadi di espansione, con maggiori costi. Nel caso di sfruttamento di sorgenti termiche a

(16)

pag. 16 bassa temperatura risulta quindi conveniente lavorare con fluidi con basso calore latente di evaporazione, consentendo anche un miglior accoppiamento tra i profili termici, riducendo la produzione di entropia durante lo scambio di calore (Figura 2.4.4.1).

Figura 2.4.4.1: Curve di scambio termico per fluidi operativi con diverso calore latente di evaporazione (acqua a sinistra, un fluido organico a destra) [28]

2.4.5 Densità del vapore

A pari condizioni operative, una densità del vapore minore comporta una portata volumetrica del fluido maggiore, che porta ad un aumento delle perdite di carico negli scambiatori e delle dimensioni dell’espansore, con conseguente incremento dei costi [27].

2.4.6 Viscosità

La viscosità del fluido influenza sia le perdite di carico che i coefficienti di scambio termico. Sono preferibili basse viscosità, in modo da limitare le perdite di carico ed incrementare lo scambio termico [27].

(17)

pag. 17

2.4.7 Stabilità chimica e compatibilità con i materiali in contatto

La maggior parte dei fluidi organici subisce una decomposizione chimica e un deterioramento ad elevate temperature e pressioni. Per questo motivo è importante verificare che le condizioni operative del ciclo siano ben al di sotto delle condizioni instabili [20].

I fluidi di lavoro dovrebbero essere non corrosivi e compatibili con i materiali con cui potrebbero entrare in contatto, come il metallo delle tubazioni e l'olio lubrificante [28]. Inoltre, i prodotti della decomposizione di alcuni composti organici potrebbero essere aggressivi ed altamente reattivi; questo rende necessario prestare attenzione alle condizioni in cui i fluidi operano.

Studi operati da Calderazzi e Colonna di Paliano [29] hanno proposto e studiato un metodo per fissare la stabilità termica di R-134a, R-141b, R-1311, R-7146 e R-125 quando vengono messi in contatto con l’acciaio inossidabile. Anche Andersen e Bruno [30] hanno fatto studi in questo campo, determinando la costante di velocità di reazione e di decomposizione di quattro fluidi alla temperatura e pressione di interesse.

2.4.8 Regolamentazioni ambientali

A seguito delle questioni ambientali e delle preoccupazioni relative ai cambiamenti climatici, negli ultimi anni è stata posta maggiore attenzione alla valutazione degli effetti delle emissioni nell'atmosfera. Alcuni regolamenti sono stati introdotti per pianificare la fase di uscita dei fluidi dannosi. Alcuni parametri sono stati definiti e utilizzati per fare confronti tra diversi fluidi e sono presentati nelle sottosezioni seguenti [31]

2.4.8.1. Ozone depletion potential

L’ Ozone depletion potential (ODP) misura gli effetti di un composto sullo strato di ozono [32]. Questo parametro quantifica le perdite globali di ozono dovute al rilascio di una particolare molecola rispetto a una molecola di riferimento che generalmente è l'R-11 (CFCl3). L'ODP di un composto può essere calcolato mediante l'uso dell'equazione 2.4.61 [33].

𝑂𝑃𝐷 𝑥 =

∑ ∑ ∑ Δ𝑂𝑥 𝜃 𝜏 3(𝑧,𝜃,𝑡)x∗𝑐𝑜𝑠𝜃

∑ ∑ ∑ Δ𝑂𝑥 𝜃 𝜏 3(𝑧,𝜃,𝑡)r∗𝑐𝑜𝑠𝜃

2.4.6.1

(18)

pag. 18 ➢ z altitudine,

➢ θ latitudine,

➢ t tempo di permanenza inatmosfera,

➢ Δ𝑂3 è la variazione dello strato di ozono in condizioni stazionarie per unità di massa emessa.

Il numeratore dell'equazione è riferito al composto considerato "x" e il denominatore si riferisce alla molecola di riferimento. Per fornire alcuni esempi, fluidi come R-11, R-22, R-123 e R-124, non sono utilizzabili a causa delle normative vigenti. Il primo è un clorofluorocarburo e gli altri sono idroclorofluorocarburi che sono già stati eliminati.

2.4.8.2. Global warning potential

Il global warming potential (GWP) è un parametro che per un dato orizzonte temporale esprime il contributo relativo di una particolare molecola o composto, al fine di valutare l’incremento dell’effetto serra e il riscaldamento globale. Infatti, è definito come il rapporto tra la forzante integrata nel tempo del rilascio istantaneo di 1 kg di una sostanza a quello di 1 kg di un gas di riferimento [34]: 𝐺𝑊𝑃 𝑥 =∫ 𝑎x∗[𝑥 𝑡]∗𝑑𝑡 𝑡 0 ∫ 𝑎0𝑡 r∗[𝑥 𝑡]∗𝑑𝑡 2.4.6.2 Dove:

➢ t orizzonte temporale per il calcolo;

➢ 𝑎x efficienza dovuta all’incremento unitario di concentrazione della sostanza in atmosfera

[W / (m2 K)];

➢ [x (t)] tempo di decadimento della di rilascio istantaneo della sostanza;

Le quantità corrispondenti al denominatore sono quelle del gas di riferimento. Solitamente la sostanza di riferimento considerata è diossido di carbonio, CO2 e il GWP può essere dato per diversi

orizzonti temporali come 20, 100, 500 anni. In questi casi di solito l'orizzonte temporale è indicato come pedice: GWP20, GWP50, GWP100. La tabella 2.4.6.2 fornisce il valore GWP100 di vari fluidi.

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pag. 19

Fluido GWP100

R-125 3400

R-134a 1300

R-245fa 950

Tabella 2.4.6.2 GWP100 di vari fluidi [34].

2.4.8.3 Costo del fluido

Il costo del fluido di lavoro può variare in maniera significativa. Gli idrocarburi sono generalmente i meno costosi [28] rispetto a molti altri fluidi solitamente utilizzati. Il costo di un fluido dipende anche dal suo ciclo di generazione poiché è la sua produzione su vasta scala a renderlo più economico.

2.4.8.4 Sicurezza

La classificazione fornita dallo standard ANSI / ASHRAE 34/2007 è un buon indicatore per valutare il livello di pericolosità del fluido. Sei diversi "gruppi di sicurezza" sono definiti sulla base della tossicità e dell'infiammabilità. Ciascuno di essi è indicato da una lettera (A o B) che riguarda la tossicità relativa e una cifra (1, 2 o 3) che rappresenta la relativa infiammabilità [35].

È anche importante considerare la pressione massima a cui i fluidi operano, perché a volte questo valore deve essere limitato a causa di motivi di sicurezza. In particolare, i fluidi che vengono utilizzati a una pressione maggiore rispetto al valore critico possono presentare le principali difficoltà [28].

2.4.8.5 Tossicità

La tossicità di una sostanza o miscela è indicata sulla base del suo "Threshold Limit Value " TLV ovvero la sua massima concentrazione ambientale che può essere tollerata dalla maggior parte delle persone nel lavoro quotidiano per tutta la vita senza presentare problemi di salute.

In particolare, questo parametro viene utilizzato sotto forma di TLV-TWA con il significato di "media ponderata nel tempo" e indica che il valore TLV si riferisce all'esposizione media

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pag. 20 ponderata nel tempo di un giorno lavorativo di 8 ore e di una settimana lavorativa di 40 ore [36]. Nella Tabella 2.4.6.5.1 le due categorie sono riassunte.

Nome categoria TLV-TWA [ppm] Tossicità

A <400 Bassa

B >400 alta

Tabella 2.4.6.5.1 tabella di tossicità dei fluidi

2.4.8.6 infiammabilità

Lo standard ANSI / ASHRAE 34/2007 considera tre gruppi per definire l'infiammabilità di un fluido (Tabella 2.4.6.6.1). In particolare, si riferisce al limite inferiore di infiammabilità (LFL) [kg / m3] che è la più bassa concentrazione oltre la quale una miscela infiammabile di vapore o gas

nell'aria può essere innescata in condizioni ben precise di temperatura e pressione [31].

Tipo di categoria Infiammabilità

1

Fluidi non infiammabili Fluidi che non presentano propagazione della fiamma alla temperatura di 21 ° C e alla pressione atmosferica.

2

Fluidi poco infiammabili Fluidi con limite inferiore di infiammabilità (LFL) superiore a 0,10 kg / m3 a pressione atmosferica e temperatura di 21 °C e presentano un valore di riscaldamento inferiore a 19 kJ / kg.

3

Fluidi altamente infiammabili Fluidi con LFL fino a 0,10 kg / m3 a pressione atmosferica e temperatura di 21 ° C e presentano un valore di riscaldamento inferiore o uguale a 19 kJ / kg.

Tabella 2.4.6.6.1 Indice di infiammabilità dei fluidi [31]

3. ORGANIC RANKINE CYCLE (ORC)

3.1 Introduzione

L'interesse per il recupero del calore a bassa qualità è cresciuto notevolmente in questi decenni. Un numero sempre crescente di nuovi modelli e soluzioni impiantistiche sono stati proposti ed hanno come scopo quello di generare elettricità da fonti di calore a bassa temperatura. Sono ora applicati a campi molto diversificati come: la generazione di potenza con il solare termico, il recupero del calore di scarto industriale dai gas di scarico dei motori e dalle caldaie. Il potenziale

(21)

pag. 21 per sfruttare le fonti di calore cosiddette di scarto come il recupero dei gas di scarico dei motori o i processi industriali sono particolarmente promettenti [37]: indagini statistiche indicano che il calore di scarto di bassa qualità rappresenta il 50% o più del calore totale generato nell'industria [38]. Tra le soluzioni proposte, il Ciclo Rankine Organico (ORC) il sistema è il più usato. I suoi due principali vantaggi sono la semplicità e disponibilità dei suoi componenti. In un tale sistema, il fluido di lavoro è una sostanza organica più adatta dell’acqua per sfruttare le basse temperature della fonte di calore. A differenza del tradizionale ciclo di potenza Rankine, la generazione di energia locale e su piccola scala è stata resa possibile dalla tecnologia ORC.

L’ORC si basa sullo stesso principio del tradizionale ciclo Rankine a vapore, la cui configurazione base è costituita da una pompa di alimentazione, un generatore di vapore, un espansore e un condensatore (Figura 3.1).

Figura 3.1: Configurazione base di un ciclo Rankine organico [39]

Questo sistema è composto da un evaporatore, un condensatore, una pompa e una turbina. Dallo stato 1 a 2, una pompa ideale compie un processo adiabatico-reversibile (isentropico) per innalzare la pressione del fluido di lavoro dallo stato di liquido saturo alla pressione di vapore saturo. Dallo stato 2 allo stato 3 l'evaporatore riscalda il fluido a una pressione costante (trasformazione isobare) partendo dallo stato 2. passando da uno stato di liquido saturo 2' ad uno stato di vapore saturo 3' dove tutto il liquido diventa vapore. Quindi il fluido è surriscaldato fino a raggiungere lo stato 3. Poi il vapore di surriscaldamento entra in una turbina dove viene espanso con un processo adiabatico-reversibile. Il processo di surriscaldamento è necessario per garantire che nella turbina sia presente solo il vapore, preservando le pale della turbina dalla condensa e da fenomeni di erosione. Tuttavia, la quantità di surriscaldamento dovrebbe essere mantenuta inferiore il più

(22)

pag. 22 possibile per evitare fenomeni di degradazione indesiderati e massimizzare le prestazioni dell'intero ciclo [40].

3.2.1

Efficienza

La parola "efficienza" è comunemente usata per indicare il parametro che misura le prestazioni di un sistema o di un ciclo. È importante prestare attenzione alla sua definizione specialmente quando si tenta un confronto tra risultati di diversi elaborati.

3.2.2 Efficienza termica

L'efficienza termica è definita come il rapporto tra la potenza netta prodotta e il calore assorbito dal ciclo (equazione 3.2.2.2. Con riferimento al semplice ciclo Rankine organico proposto nella Figura 3.2.2.1, questo parametro è dato da:

ηth= 𝑊net 𝑄absorbed= (ℎ3−ℎ4)−(ℎ2−ℎ1) (ℎ3−ℎ2) = 1 − (ℎ4−ℎ1) (ℎ3−ℎ2) 3.2.2.2

dove la differenza di entalpia specifica (h3 - h4) è correlata alla potenza della turbina; (h2 - h1) è

correlata alla potenza della pompa e (h3 – h2) è l’aumento di entalpia specifica dovuta al processo di

riscaldamento. Si noti che nella figura il fluido di lavoro in uscita dalla turbina è in condizioni surriscaldate.

(23)

pag. 23 In base al valore massimo per la pressione raggiunta dal fluido di lavoro è possibile distinguere tra cicli subcritici e supercritici. Nel primo caso dopo il condensatore il fluido viene pompato fino a un valore della pressione inferiore al valore critico (Figura 3.2.2.2). Il fluido viene riscaldato, evaporato e alla fine surriscaldato [41].

Figura 3.2.2.2 Esempi di ORC sub-critici e super-critici [41].

I fluidi di lavoro con una pressione critica relativamente bassa possono essere pompati fino ad una pressione che è superiore al suo valore critico. In questo caso il seguente processo di riscaldamento si svolge in una fase unica in cui le proprietà del fluido cambiano progressivamente e la trasformazione del liquido nella forma gassosa avviene senza discontinuità (Figura 3.2.2.2).

Studi copiuti da Karellas e Schuster [42] hanno fatto un confronto tra un subcritico e un ORC supercritico, notando che nel primo caso il salto di entalpia specifica che avviene nella turbina(h3-h4) è inferiore al valore (h3'-h4 ') del secondo caso, Figura 3.2.2.3. Nel caso supercritico recenti lavori [32] hanno dimostrato che il lavoro specifico della pompa è minore rispetto al caso subcritico basso e che l'efficienza termica di un ciclo supercritico è generalmente più alta. Inoltre, hanno suggerito l'uso di un ciclo che opera in condizioni supercritiche per massimizzare l’efficienza totale di recupero del calore.

È importante notare che un valore elevato per la pressione di evaporazione, che potrebbe essere richiesto in condizioni supercritiche, porta all'uso di componenti certamente più robusti e più costosi in caso di condizioni subcritiche. Il vantaggio di un altro ciclo efficiente potrebbe non essere giustificato dal punto di vista economico. Inoltre, gli studiosi Mikielewicz J.e Mikielewicz D. [43]

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pag. 24 hanno evidenziato che i cicli supercritici richiedono una dimensione maggiore per quanto riguarda gli scambiatori di calore utilizzati per riscaldare il fluido rispetto a un ciclo subcritico.

Per quanto riguarda il profilo di riscaldamento del fluido e l'accoppiamento termico con un calore fonte, la Figura 3.2.2.3 mostra il confronto tra un fluido generico operante in condizioni subcritiche (a sinistra) e una operante in condizioni supercritiche (a destra). Considerando la fonte di calore sensibile, l'evaporazione isotermica non consente un completo sfruttamento della qualità del calore disponibile con conseguente elevata irreversibilità [41]. Al contrario, il ciclo supercritico si presta in modo migliore al profilo di riscaldamento del fluido di lavoro e della fonte di calore; la temperatura media a cui si trova il calore fornito al fluido di lavoro è più alta. Entrambi gli esempi considerano lo stesso valore per la distanza verticale minima tra le due curve (ΔTpp).

Figura 3.2.2.3 efficienza termica nei processi ottimizzati subcritici (sinistra) e processi super-critici (destra).

3.3 Componenti per ORC

In questa sezione vengono descritti brevemente i componenti principali dell'ORC, focalizzando una particolare attenzione sugli espansori volumetrici, che sembra essere più adatto per impianti di piccole dimensioni rispetto alle turbine.

3.3.1 Scambiatori di calore

[40] I cicli ORC necessitano di almeno due scambiatori di calore per scambiare calore tra la fonte calda (input d’ingresso) e la fonte fredda (output: generalmente acqua o aria). Possono essere aggiunti, inoltre, altri scambiatori di calore, come il recuperatore o il sottoraffreddatore [44]. Lo scambiatore più importante e delicato è l’evaporatore che può essere diviso in una sezione di preriscaldamento e in una sezione evaporativa, al fine di ottimizzare la geometria dello scambiatore

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pag. 25 stesso per fluidi che operano in condizione di monofase o bifase. Negli impianti di piccola scala, tuttavia, l'evaporazione avviene in un singolo dispositivo per risparmiare il più possibile sui costi.

Le tipologie di scambiatori più utilizzate in un ORC sono gli Shell&Tube, gli scambiatori a piastre e a spirale come si vede in figura 3.3.1

Figura 3.3.1 Tipologie di scambiatori

Gli scambiatori di calore del tipo Shell &Tube di calore sono utilizzati negli impianti di grossa taglia oppure in tutte quelle applicazioni dove la temperatura o la pressione sono superiori al massimo supportato rispetto agli altri tipi. Quando si sceglie il tipo di scambiatore di calore è necessario, compatibilmente con i costi e le dimensioni, ridurre al minimo il valore del pinch point e la perdita di pressione [44]. Un vantaggio degli scambiatori compatti, come quelli a piastre, è il basso volume che consente di risparmiare la carica del fluido di lavoro nel sistema.

Un elemento critico per gli scambiatori di calore è rappresentato dall'alta temperatura del fluido. Questo, degradandosi. può dare luogo a sottoprodotti che possono essere chimicamente aggressivi e causare corrosioni alla superficie di scambio o causare incrostazioni (slagging, fauling), conducendo ad un peggioramento delle prestazioni dello scambiatore ed eventualmente riduzione delle prestazioni dell’intero ciclo ORC [45]. Per questo motivo, specialmente in WHR e applicazioni geotermiche, dovrebbe essere usato un materiale da costruzione adeguato allo scambiatore di calore, come l'acciaio inox o, per fluidi molto aggressivi, duplex o titanio. Il problema nella scelta di questi tipi di materiali risiede nel loro costo che è molto più alto degli scambiatori di acciaio al carbonio e. in particolare, circa 1,4 volte più alto dell'acciaio inossidabile, circa 1,5 volte superiore rispetto al duplex e circa 2,4 volte superiore rispetto al titanio [46].

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pag. 26

3.3.2 Espansori

Gli espansori sono uno dei componenti più importanti dei sistemi ORC. I due tipi principali di espansori che possono essere utilizzati sono:

• volumetrici; • turbo-espansori.

Questo deve essere scelto in base alle dimensioni del sistema, della potenza erogata, della qualità del vapore alla fine dell'espansione, portata volumetrica, pressione di ammissione e temperatura, tipo di liquido, necessità di lubrificazione e costo. Gli espansori di tipo volumetrico generalmente sono impiegati per applicazioni su piccola scala (<100 kWe) perché hanno un basso costo e portata ridotta [47], mentre i turbo-espansori sono più adatti per impianti più grandi per la loro maggiore efficienza.

Gli espansori volumetrici si distinguono in: • scroll;

• a vani rotanti; • a vite;

• a pistone (alternativi).

Questi tipi di macchine assicurano buone prestazioni, versatilità e flessibilità. Gli espansori di tipo scroll sono adatti a impianti molto piccoli di taglia (<100 kW) [47-50], mentre quelli a vani rotanti, a vite ed a pistone sono più adatti per sistemi più grandi, fino a 100 kW (alternativi) [51] e fino a 1 MW (vite) [52].

La scelta dell’espansore dipende da un gran numero di fattori, come per esempio la potenza dell’impianto, il titolo del vapore a fine espansione, il tipo di fluido, la portata volumetrica, la pressione e la temperatura di ammissione, la necessità di lubrificazione e il costo. L’espansore può essere di tipo volumetrico, generalmente utilizzato nel caso di impianti di piccola taglia, grazie al basso costo e alla capacità di elaborare piccole portate, o un turbo-espansore, caratterizzato da alta efficienza, più adatto agli impianti di taglia maggiore.

A differenza dei cicli Rankine tradizionali, dove l’elevata differenza di densità tra l’immissione e lo scarico dell’espansore non consente l’impiego di espansori volumetrici, l’utilizzo di questi dispositivi negli ORC, soprattutto per piccole taglie, risulta molto conveniente. Rispetto alle turbine presentano maggiore flessibilità, mantenendo il rendimento isoentropico della macchina quasi

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pag. 27 costante al variare delle condizioni di funzionamento. Le minori velocità di rotazione riducono la probabilità di guasti, dovendo ricorrere a minore manutenzione. Inoltre, al contrario delle turbine, sono in grado di tollerare presenza di condensa all’interno del vapore. Tra i vari tipi di espansori volumetrici, quelli più utilizzati negli ORC sono l’espansore a pistone, lo scroll, l’espansore a vani rotanti, a vite (Figura 3.3.2.1).

Figura 3.3.2.1 Espansore a vani rotanti (in alto a sinistra), a vite (in alto a destra), a pistone (in basso a sinistra), scroll (in basso a destra) [27]

3.3.3 Espansioni a pistone

Gli espansori alternativi sono tra quelli più usati nei sistemi ORC. Sono fatti di uno o più cilindri collegati all'uscita dell'evaporatore tramite valvole di introduzione al recuperatore o al condensatore attraverso le valvole di scarico.

La presenza di valvole consente di variare il ciclo di espansione variando la fasatura delle valvole, nonostante un aumento delle dimensioni e delle perdite dell'espansore. Gli espansori alternativi erano ampiamente studiati per loro utilizzo in applicazioni di recupero di calore e per la

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pag. 28 loro elevata flessibilità sono adatti al recupero di calore dai motori [53]. Gli espansori alternativi hanno grosse masse in rotazione e quindi richiedono uno studio accurato delle forze in gioco e le velocità massime sono inferiori rispetto agli altri dispositivi [54]. Le perdite meccaniche sono più alte di quelle di altri espansori a causa dell'ampio contatto area tra le superfici di scorrimento che causano l'attrito. Il contributo principale l'attrito è dovuto agli stantuffi a pistone che scorrono sul cilindromuro [54]. Una lubrificazione efficace può ridurre l'effetto di attrito, ma ha il principale inconveniente di inquinare il fluido di lavoro, con la necessità di installare un separatore d'olio che aumenta la complessità del sistema.

Altri svantaggi degli espansori alternativi sono la presenza di un numero maggiore di parti mobili che richiedono una precisa forza di bilanciamento e la perdita di vapore tra le guarnizioni dei cilindri.

Il vantaggio di questo tipo di espansione è la possibilità di variare la fasatura delle valvole anche tramite attuatori e quindi può essere modulato con maggiore facilità e passare da grandi rapporti di espansioni fino a bassi [55].

3.3.4 Espansori scroll

Gli espansori di tipo scroll sono composti da una parte fissa e da una parte mobile orbitante su quest’ultima. La parte mobile durante il normale funzionamento forma una serie di camere che cambiano di posizionamento durante il suo ciclo di espansione. Questo espansore ha la geometria più complicata tra tutti gli quelli elencati sopra [58].

Anche se questo tipo di dispositivo è ampiamente utilizzato nella pratica industriale sono poche le applicazioni sperimentali applicate ad un ciclo ORC [59]. Questo dispositivo non ha valvole: l’aspirazione e lo scarico sono regolate dal movimento della parte rotante del dispositivo. Come riportato in figura 3.3.2.1, all'inizio la parte mobile favorisce l’aspirazione del fluido a causa dell'aumento di volume nella camera. Con la rotazione del rotolo, la luce di aspirazione viene chiusa e il fluido viene espanso perché il volume all’interno aumenta. Quando il fluido è stato espanso, la luce di scarico viene aperta e il fluido viene scaricato all'esterno del dispositivo. Dal momento che non ci sono valvole, il dispositivo funziona con un rapporto di volume incorporato fisso, quindi non è facile la sua regolazione. [58]. Per questo motivo la scelta del rapporto di espansione costruito deve essere attentamente valutato durante la progettazione. Il rapporto è limitato a 3,5-4, perciò questi espansori sono adatti solo per l'uso di alcuni tipi di liquidi e moderate differenze di

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pag. 29 temperatura. Questo tipo di dispositivo può tollerare la presenza di goccioline liquide alla fine dell'espansione, perché, a causa della bassa velocità del vapore, queste non danneggiano l'espansore [59]. Negli espansori scroll gli attriti meccanici sono molto bassi se paragonati a quelli degli espansori alternativi, grazie al movimento rotatorio che porta ad una minore superficie di contatto limitata solo a pochi punti di contatto. La perdita principale che colpisce l'espansore è la perdita interna tra le camere [57].

3.3.5 Gli espansori a vite

Gli espansori a vite sono stati ampiamente utilizzati in applicazioni geotermiche e WHR. Ci sono due tipi di vite: doppia vite e singola vite. Il fluido viene intrappolato tra lo spazio limitato dai lobi e l'alloggiamento.

A partire dalla zona di alta pressione, mentre la rotazione procede, il volume di ogni camera aumenta da zero a un valore determinato dalla dimensione degli ingranaggi rotanti, causando l'espansione del fluido intrappolato e la progressiva diminuzione della pressione di questo. Quando viene raggiunto il volume massimo e la massima espansione inizia la fase di espulsione del fluido dall’espansore e viene aperta la luce di scarico nella zona di bassa pressione. Questo intero processo è completato a 720 ° o due giri del rotore [52].

Le macchine a doppia vite presentano numerosi vantaggi a confronto con gli espansori alternativi: il movimento di tutte le parti del dispositivo è una rotazione pura in modo raggiungere alti regimi di velocità e quindi elaborare una portata maggiore rispetto agli altri espansori [52]. Le forze di contatto tra le due viti sono molto basse perché il movimento di queste è guidato da un ingranaggio, in modo che le forze di contatto risultino forze molto basse. Le perdite per trafilamento sono basse quando la pressione è elevata perché le linee di tenuta definite dal contatto dei profili hanno lunghezza minima [52].

Gli espansori a doppia vite possono essere classificati in due tipi: oli-free o oil-flooded. I dispositivi oil-flooded hanno bisogno di un'alta quantità di olio lubrificante, i rotori muovendosi sigillano lo spazio tra i rotori [52]. Le perdite interne sono molto basse, ma la viscosità dell'olio riduce la velocità di rotazione. Lo svantaggio di questo dispositivo è la miscelazione tra il fluido di lavoro e l'olio lubrificante. I dispositivi oil-free invece richiedono maggiori costi di produzione, ma possono ruotare fino a tre volte più veloci rispetto al tipo precedente [96]. Il gioco tra i rotori è più

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pag. 30 alto rispetto a quello della macchina oil-flooded, quindi le perdite interne sono più alte rispetto alle macchine oil-flooded [52].

3.3.6 Espansore a vani rotanti

Gli espansori a vani rotanti hanno un’architettura molto semplice se confrontata con altri espansori, richiedono una lavorazione più semplice e costi inferiori [60]. Questi dispositivi hanno una buona tolleranza alla formazione di gocce a fine espansione, hanno una coppia piatta se confrontata con quella di altri espansori [54].

La curva dell’efficienza è molto piatta per diverse condizioni operative e velocità di rotazione. Perdite delle palettature influiscono notevolmente sulle prestazioni, mentre le perdite meccaniche sono molto basse [61].

3.3.7 Turbine

Le turbine utilizzate nei sistemi ORC sono diverse dalle turbine a vapore o a gas, a causa delle diverse proprietà dei fluidi. Queste si suddividono in turbine assiali e turbine radiali. Le Turbine per gli ORC hanno le seguenti caratteristiche [54]:

• il numero di Mach è basso all'uscita dell'ugello (<1,8) [62] per ridurre le perdite dovute alle onde d’urto; questo è possibile perché i fluidi organici hanno una massa molare maggiore rispetto all'acqua o all'aria e la caduta di entalpia è inferiore. Tuttavia, anche la velocità del suono è inferiore a quella del vapore o dell'aria, quindi durante il processo di progettazione è necessario valutare un grado ottimale di reazione per rallentare la velocità di uscita del vapore all'ugello. A causa della bassa caduta di entalpia e della bassa velocità del suono, la principale limitazione di una turbina a vapore ORC non è la velocità periferica, ma il numero di Mach nell'ugello che può causare un flusso strozzato. Si raccomanda che il numero massimo di Mach nel rotore sia inferiore a 0,85 [62];

• Per una certa differenza di temperatura, le turbine ORC hanno un rapporto di pressione più elevato ma possono sfruttare minori salti entalpici rispetto al vapore, aumentando le perdite nei dispositivi;

• I fluidi organici hanno una densità di vapore maggiore rispetto sia a quella dell’aria che di vapore acqueo con il risultato che le turbine hanno un'area di passaggio di flusso più piccola;

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pag. 31 Le turbine assiali sono adatte ai casi in cui si trattano alte portate volumetriche e si hanno bassi rapporti di espansione, mentre quelle radiali vengono utilizzate per basse portate, ma alti rapporti di espansione [63]. Le turbine utilizzate negli ORC hanno caratteristiche differenti rispetto a quelle utilizzate con aria o vapore, a causa delle diverse proprietà dei fluidi organici. Ad esempio, l’alto peso molecolare dei fluidi organici comporta una bassa velocità di trasmissione delle perturbazioni di pressioni (velocità del suono), per cui diventa più probabile il raggiungimento delle condizioni soniche all’uscita degli ugelli. Inoltre, i modesti salti entalpici negli ORC, consentono l’utilizzo di macchine con un minor numero stadi, o addirittura monostadio, con una velocità periferica modesta e quindi soggetta a minori sforzi meccanici, anche se la velocità di rotazione rimane molto alta. Per una data differenza di temperatura, le turbine degli ORC hanno un rapporto di espansione maggiore, ma un salto entalpico minore, che comporta un aumento delle perdite del dispositivo.

Alle turbine assiali, si preferiscono generalmente quelle radiali, dotate di distributore a geometria variabile (IGV), risultando assai più flessibili (Figura 3.3.7.1). Le turbine radiali sono, inoltre, di più facile produzione. Esse possono essere di tipo centripeto o centrifugo.

Figura 3.3.7.1: Turbina radiale centripeta con IGV variabile [40]

Le prime raggiungono i più alti valori di efficienza (> 0,85), ma sono caratterizzate da velocità di rotazione molto elevate, che richiedono l’utilizzo ci cuscinetti ad alta velocità e comportano alti costi di manutenzione. Le seconde dispongono di una maggiore area di passaggio per il fluido, limitando le perdite fluidodinamiche e consentendo un migliore accoppiamento nelle installazioni multistadio, ma ha il grande svantaggio di avere la velocità periferica in ingresso minore rispetto a

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pag. 32 quella in uscita, causando una riduzione del lavoro specifico estraibile, in accordo con l’espressione di Eulero (equazione 3.3.7.1): 𝐿 =𝑐in2−𝑐out2 2 + 𝑤out2−𝑤in2 2 + 𝑢in2−𝑢out2 2 3.3.7.1

Pertanto, la tipologia di turbina più utilizzata nei cicli ORC corrisponde a quella radiale, centripeta.

3.3.8 Pompe di alimentazione

La pompa di alimentazione di un ORC influenza in maniera maggiore le prestazioni del sistema, rispetto all’influenza che generalmente esercita una pompa in un ciclo Rankine tradizionale. Il parametro utilizzato per misurare l’influenza della pompa è il Back Work Ratio (BWR), espresso come il rapporto tra la potenza necessaria al pompaggio e la potenza utile estratta dall’espansore. In un ciclo Rankine organico questo parametro è dell’ordine del 10%, mentre per un ciclo tradizionale un valore tipico sta sullo 0,4%.

Un problema caratteristico delle pompe di alimentazione è la cavitazione. Esso ha luogo all’aspirazione della pompa, quando il valore della pressione diminuisce rispetto a quello di saturazione, a causa delle perdite di carico sulla linea di alimentazione della pompa, o per l’accelerazione che il fluido riceve dal vano mobile della pompa, oppure se il fluido si è riscaldato. Per evitare questo fenomeno si può ricorrere a differenti strategie, come incrementare la pressione idrostatica, ponendo la pompa sotto battente, sottoraffreddare, oppure utilizzare una pompa di prealimentazione. Le pompe più utilizzate in un ciclo organico sono quelle centrifughe, per la maggiore efficienza [27].

4. Degradazione del ciclopentano e calcolo della carica

Il fluido di lavoro in esame in questa ricerca è il ciclopentano. Il ciclopentano (C5H10) è un

alcano ciclico chemostra un "puckered" (un atomo di carbonio che tende a sporgere sopra gli altri per alleviare lo stress dell'anello) nell’anello tra i legami idrogeno-carbonio (C-H) ed i legami singoli carbonio-carbonio (C-C). La decomposizione termochimica si verifica progressivamente con l’innalzamento della temperatura del ciclopentano. Questo è dovuto alla rottura dei legami chimici

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pag. 33 tra le molecole e la formazione di molecole di idrocarburi più piccole, che a loro volta possono reagire per formare altri idrocarburi. La letteratura [64,65] mostra che, da precedenti esperimenti eseguiti a 574 e 600 ° C, la decomposizione primaria del ciclopentano è descritta da due vie di reazione (mostrate in Figura 4.1):

Figura 4.1 1) una deidrogenazione reazione per formare ciclopentadiene (C5H6) e (2) una scollatura ad anello reazione a formare propilene (C3H6) ed etilene (C2H4).

In seguito, è riportata la tabella 4.1 delle proprietà del ciclopentano:

Formula C5H10

Massa molate [kg/mol] 0.07013

Temperatura massima [°C] 276.85

Pressione massima [bar] 2500

Temperatura punto triplo [°C] -93.45

Pressione punto triplo [bar] 8,854e-5

Temperatura punto critico [°C] 238.57

Densità punto critico [kg/m3] 267.907 Pressione punto critico [bar] 47.712

Tabella 4.1 proprietà ciclopentano

In letteratura studi sulla stabilità del ciclopentano a temperature e pressioni elevate per i circuiti ORC ce ne sono pochi ed effettuati sulla decomposizione pirolitica del ciclopentano a pressioni molto più basse, temperature più elevate e / o tempi di residenza più brevi. Per esempio, studi effettuati da Rice e Murphy [66] hanno riportato che la decomposizione di una percentuale di cilopentano dell'11,4% ad una temperatura di 900° C, una pressione di 0.01 bar e un tempo di contatto di 0.02secondi ha prodotto: etilene, idrogeno, ciclopentene, ciclopentadiene, propilene e C3H4. L’accademico Frey [65] ha eseguito test di decomposizione di una percentuale di

ciclopentano del 22,1% in un esperimento a 574 ° C, 0.0076 bar con un tempo di contatto di 10 min. Un esperimento eseguito da Tsang, W [67] ha dimostrato che la decomposizione del ciclopentano a pressioni fino a 0,6 MPa e temperature nell'intervallo1000 - 1200 K. Studi fatti [68] hanno indicato che il tasso di degradazione nella pirolisi delle paraffine è influenzato da una serie di fattori, come: impurità nel composto (in particolare l'ossigeno) e reazioni chimiche con i materiali che compongono le superfici dei materiali con cui entrano in contatto. Alcuni tipi di superfici

(34)

pag. 34 accelerano la reazione con l’ossigeno, mentre altri lo inibiscono [68]. I cicli ORC operano in range di temperatura e pressioni differenti. Dagli studi effettuati si nota che la presenza eventuale di ossigeno disciolto in esso o che entra nell’impianto per perdite e/o trafilamenti, e la diversità di materiali che compongono superfici di contatto con il fluido ricoprono un ruolo centrale nella degradazione termica del fluido. La letteratura suggerisce che la presenza di metalli di transizione, specialmente il nichel, può causare una decomposizione significativa del ciclopentano in determinate condizioni [9,10]. In questi studi si evidenzia come il Ni (111) non favorisce la degradazione del ciclopentano invece il Ni (755), il ciclopentano si decompone quasi completamente in composti a base di idrogeno e carbonio ad una temperatura tra 150 – 300°C.

Il lavoro preso in considerazione, per costruire un modello per la degradazione ciclopentano, è stato eseguito in laboratorio in un circuito in loop ad una pressione di 43 bar e a tre differenti temperature: 240°C, 300°C e 350°C. Le tre prove sono state condotte avendo cura di levare l’aria disciolta nel ciclopentano con l’ausilio dell’elio. Il fluido è stato analizzato con metodologie differenti, ovvero con analisi in continuo tramite gas cromatografi e tramite analisi di residui i vetrini mantenuti a pressioni e temperature elencate in precedenza.

Per la creazione del modello sono stati presi i seguenti i dati dell’esperimento condotto in continuo che, rielaborati, hanno permesso la creazione delle seguenti tabella 4.1, 4.2:

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pag. 35 Temperatura [°C] Pressione [bar] Tempo totale esperimento [h] Tempo residenza reattore [h] Quantità iniziale [g] Quantità residui [mg] Quantità residui [ppm] Esperimento A 240 43 306 32.7 32 3.8 110 Esperimento B 300 43 308 20.3 32 16 510 Esperimento C 350 43 314 17.3 32 54 1700

Tabella 4.1 tempo di permanenza e quantità di sostanza dell’esperimento

COMPOSIZIONE [ppm] COMPOSIZIONE [mg] COMPOSIZIONE [%]

Prodottidec. Exp. 240°C Exp. 300°C Exp. 350°C Exp. 240°C Exp. 300°C Exp. 350°C Exp. 240°C Exp. 300°C Exp. 350°C

Metano 0,13 0,24 Idrocar. C2 4 0 0,13 1,87 0,78 3,47 Idrocar. C3 0 4 59 0,14 0,66 6,42 3,64 4,12 11,88 Idrocar. C4 4 21 202 0,93 1,95 3,14 24,55 12,16 5,82 Idrocar. C5 27 62 99 1,17 1,57 10,64 30,91 9,80 19,71 C5 ossig. 34 50 335 Idrocar. C6 0,76 1,41 Idrocar. C7 24 0 0,85 10,48 5,29 19,41 Idrocar. C8 0 27 330 0 1,66 7,37 10,39 13,65 Idrocar. C9 0 53 232 0 0,35 2,16 Idrocar. C10 0 11 0 1,41 5,05 8,82 9,35 Idrocar. C14 0 45 159 2,29 4,24 Tot. idrocar. 65 273 1516 2,25 8,56 48,16 59,09 53,53 89,18 Impurità 45 237 184 1,55 7,44 5,84 40,91 46,47 10,82 TOTALE 110 510 1700 3,8 16 54 100 100 100

(36)

pag. 36 La prima tabella mette in evidenza i tempi totali di permanenza nel reattore che sono decrescenti e il tempo effettivo di residenza del campione all’interno dell’apparecchiatura alla pressione e temperatura dell’esperimento.

Secondo [69-73], la decomposizione di un composto organico, questo può essere approssimativamente assunto come unimolecolare di primo ordine reazione, dove 1 mole del fluido vergine F si decompone e produce 1 mole di prodotti di decomposizione D in fase vapore, con il seguente tasso di reazione:

𝑑𝐶F

𝑑𝑡 = −𝑘𝐶F 4.1

dove dCF / dt è il tasso di scomparsa di F, k è la velocità di reazione costante (s-1) e CF è la frazione molare di F. Dal momento che si assume che esiste una corrispondenza 1 a 1 tra moli di F del prodotto che si sta decomponendo e D moli del prodotto volatile che si sta componendo, possiamo anche affermare che:

𝑑𝐶F 𝑑𝑡 = −

𝑑𝐶D

𝑑𝑡 4.2

dove dCD / dt è il tasso dei prodotti volatili D della decomposizione prodotti durante la

decomposizione. Integrando l'equazione 4.1 e assumendo che la frazione molare del fluido vergine è pura 100%, la frazione molare CF del fluido vergine dopo un intervallo di tempo Dt (s) è correlato alla costante di velocità di reazione k (s-1) mediante la seguente equazione:

𝑘 = −ln (𝐶F)

∆𝑡 4.3

o, equivalentemente, dal CF+ CD= 1:

𝑘 = −ln (1−𝐶D)

∆𝑡 4.4

Dato CD, le percentuali di velocità di decomposizione k dopo ogni termica lo stress test è

calcolato usando l'Eq. (19) e poi interpolato sopra le temperature dello stress termico Ts si ottiene

[74]:

𝑘 = 𝐴f𝑒(−

𝐸

𝑅𝑇𝑠), 𝑇s/𝑘 4.5

Dove Af è il fattore pre-esponenziale (s-1), E è l’energia di attivazione (J mol-1) e R è la costante

(37)

pag. 37 Figura 4.1 Valutazione delle costanti di velocità di decomposizione del ciclopentano.

Elaborando i dati della tabella [4.1] con le equazioni sopra si ottengono le seguenti figura 4.2,4.3 di decadimento di permanenza del ciclopentano nel reattore e di incremento dei prodotti della degradazione termica.

(38)

pag. 38 Figura 4.2 legge di decadimento della permanenza del ciclopentano nel reattore

Figura 4.3 Legge di incremento dei prodotti di degradazione

4.1 Calcolo della carica

La previsione analitica della carica del fluido di lavoro in un circuito ORC è una parte importante per una rigorosa e precisa progettazione del sistema che in questi anni ha ricevuto ben poche attenzioni. La maggior parte dei sistemi ORC sono sensibili alla carica, nel senso che le performance in off-design sono determinate, in una certa misura, dalla quantità di carica totale. Trovare l’esatta quantità di carica, sia in fase di progettazione in-design che in off-design è in gran

15 17 19 21 23 25 27 29 31 33 35 230 250 270 290 310 330 350 tem po di r es idenz a ef fetti vo reatt o re [h] Temperatura [°C] 0 10 20 30 40 50 60 220 240 260 280 300 320 340 360 qua nti tà di pr o do tt o deg rad at o [m g] Temperatura [°C]

(39)

pag. 39 parte una valutazione sperimentale per prove sperimentali. La capacità di modellare e predire analiticamente l’esatta quantità di carica e i tali effetti off-design apre la strada alla ricerca di un bilanciamento più accurato dei flussi del refrigerante all’interno del circuito e conseguentemente possono essere progettati componenti e scambiatori di calore più precisi ed efficienti. Lo scopo fondamentale della predizione della carica è quella di minimizzarla per ridurre le dimensioni delle componenti dell’impianto e ridurre i costi totali. Come notato dagli studi effettuati da Bonne, U.; Patani, A.; Jacobson, R. D.; Mueller [75], le riduzioni della carica totale dell'unità dovrebbero migliorare le prestazioni del ciclo del sistema.

Una delle maggiori difficoltà nell'analisi della carica è la corretta previsione della massa di refrigerante quando c’è contemporaneità della fase liquida e vapore nel condensatore e nell'evaporatore. Questa causa di due problemi: il grado di vapore e liquido in ciascuna sezione dello scambiatore del calore e la variazione della qualità del refrigerante con la lunghezza attraverso lo scambiatore stesso [.

Le equazioni per il calcolo della carica in uno scambiatore di calore nella fase liquida, nella fase di vapore e per i fluidi bifase sono le seguenti [75]:

➢ Fluidi mono-faseriferita alla sezione di passaggio

𝑚 = ∫ 𝜌 ∙ 𝑑𝑉 = 𝐴0𝐿 c∫ 𝜌 ∙ 𝑑𝑙0𝐿 4.2.1

dove ρ è la densità locale della singola fase lungo lo scambiatore

𝑚 = 𝐴𝑐 ∙ 𝐿 ∫ 𝜌∙𝑑𝑙

𝐿 0

∫ 𝑑𝑙0𝐿 = 𝑉 ∙ 𝜌ave 4.2.2

dove ρave mediata in tutta la lunghezza dello scambiatore.

Queste equazioni potrebbero essere utilizzate per calcolare la massa del refrigerante del liquido sottoraffreddato o di vapore surriscaldato di uno scambiatore di calore.

➢ Fluidi bi-fase riferita alla sezione di passaggio

𝑚g= ∫ 𝜌0𝐿 g∙ 𝑑𝑉g= 𝜌g∫ 𝐴0𝐿 g∙ 𝑑𝑙 4.2.3

𝑚f= ∫ 𝜌0𝐿 f∙ 𝑑𝑉f= 𝜌f∫ 𝐴0𝐿 f∙ 𝑑𝑙 4.2.4

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