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Lo spazio urbano notturno: città e luce. L'approccio configurazionale alla progettazione illuminotecnica. Proposta di riqualificazione del centro storico di Pisa

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Academic year: 2021

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Tesi di Laurea

A.A. 2014-2015

Proposta di riqualificazione del centro storico di Pisa

Relatori:

Prof. Ing. Valerio Cutini

Prof. Ing. Francesco Leccese

Candidato:

Viola Tamberi

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2 INDICE

Introduzione

1. Lo spazio urbano notturno

1.1 La percezione della città notturna 1.2 Architettura e luce

1.3 Luce e sicurezza

1.4 L’illuminazione pubblica e la sua gestione 2. La città di Pisa

2.1 Assetto storico 2.2 Assetto urbanistico

2.3 Vivibilità diurna e notturna 2.4 L’illuminazione di Pisa 3. Ricerca e metodo

3.1 La luce come elemento riqualificante

3.2 L’analisi configurazionale come lettura del territorio 3.3 Il sillogismo

3.4 Il social lighting

4. Analisi configurazionale 4.1 Background

4.2 Metodologia

4.3 Rilievi di flusso pedonale 5. Analisi illuminotecnica

5.1 Categorie illuminotecniche 5.2 Grandezze illuminotecniche 5.3 Misurazioni sul campo

6. Risultati: discussione ed elaborazione

6.1 Flusso pedonale e parametri configurazionali 6.2 Illuminazione e flusso pedonale

7. Progettare la luce 7.1 Il piano di Roland Jeol

7.2 Approccio configurazionale alla progettazione illuminotecnica 7.3 Linee guida

8. Proposta di riqualificazione illuminotecnica del centro storico 8.1 La centralità urbana

8.2 Area di progetto 8.3 Il concept

8.4 Progetti di studio 8.5 L’intervento

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Introduzione

La presente tesi nasce con l’obiettivo di approfondire la tematica della progettazione dello spazio urbano notturno: da una parte per rispondere alla carenza di studi a riguardo, che sacrifica molto spesso l’immagine e l’esperienza delle città; dall’altra parte un tale argomento si presta, data la sua complessità, ad un approccio multidisciplinare che trova all’interno del corso di laurea di Ingegneria Edile Architettura la sua adeguata dimensione.

Sono numerosi gli aspetti -e le relative problematiche da risolvere- che interessano la questione dello spazio notturno; nella presente tesi si è cercato di elaborare una sintesi, focalizzando l’attenzione su due ambiti squisitamente di carattere progettuale: la dimensione urbanistica e quella illuminotecnica. Due ambiti scientifici che si sovrappongono e diventano complementari allo stesso tempo, caratterizzati però da una certa distanza nella metodologia operativa e progettuale. I metodi di analisi urbanistica tradizionali risultano non sufficienti e poco adeguati per la lettura dello spazio in fase notturna e l’attuale governo della progettazione degli impianti di illuminazione pubblica è in fase di grande sviluppo ma talvolta pecca di eccessivi tecnicismi a discapito di una visione più completa della questione.

L’obiettivo che è stato raggiunto al termine della tesi è duplice: da una parte si propone l’elaborazione di una metodologia di analisi e di progetto che vuole essere generalizzabile ed applicabile ad altri casi di studio; dall’altra parte è stata sviluppata una proposta di riqualificazione di un’area di centralità urbana della città di Pisa.

Quest’ultimo progetto si può inserire all’interno di un più ampio Piano di Recupero dello Spazio notturno, in quanto si presenta come un intervento su scala urbanistica, sociale ed economica, in risposta a -purtroppo- evidenti condizioni di degrado.

L’auspicio che si vuol far emergere è quello di una rinnovata ed approfondita attenzione verso questa tematica, oggi ormai imprescindibile date le tendenze di sviluppo degli stili di vita nelle città, ma soprattutto una grande risorsa su cui investire per un innalzamento della qualità dello spazio e della società che vi opera.

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4 1.1 La percezione della città notturna

Ph: Francesco Caracciolo, https://www.flickr.com/photos/nordkapp55/3538961731/

L’uomo è abituato alla luce del sole e grazie a questa legge una serie di informazioni fondamentali per determinare orientamento e conoscenza di un luogo. In assenza di luce solare gli occhi si adattano alla bassa luminosità dell’ambiente: questo fenomeno si definisce come adattamento delle luminanze al campo visivo. Le variazioni dalla visione diurna a quella notturna sono sostanziali e tentare di attenuarle, progettando impianti di illuminazione di elevata potenza, è impresa vana. Il cosiddetto illuminare a giorno in ambienti esterni, di notte, è un obiettivo improponibile e le possibili soluzioni sono impraticabili: i flussi luminosi in gioco, infatti, sono molto diversi. 1

Si distinguono, in termini generali, la visione localizzata e la visione panoramica, indicando con la prima la visione di uno spazio ridotto e a distanze dell’ordine di poche unità di metro, la seconda interessa invece uno spazio ampio, permettendo la memoria visiva, l’orientamento, la completa riconoscibilità degli oggetti e delle persone. Di notte viene a mancare la visione panoramica e si parla di visione generale, cioè una visione d’insieme ma solo di una porzione dell’ambiente, ed acquista maggior peso la visione localizzata, ossia di tipo utilitario, incentrata su oggetti come ostacoli.

A partire dalla variazione di capacità visive nel periodo notturno, ne consegue che la visione della città di notte da parte dell’uomo viene alterata, o quantomeno risulta essere una visione parziale. In questi termini è

1 Gianni Forcolini, Lighting. Lampade, apparecchi, impianti. Progettazione per ambienti interni ed esterni, Hoepli Editore, 2004, p. 311

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5 fondamentale l’intervento dell’illuminazione che deve assolvere quei compiti che in fase diurna sono automaticamente svolti dall’occhio umano, in primis quello dell’orientamento. L’illuminazione in questa fase svolge una duplice funzione, che potremmo definire da una parte attiva e dall’altra passiva. L’illuminazione di un elemento della città, piuttosto che un altro, lo costituisce come punto focale e richiama l’attenzione su di esso, al punto che -paradossalmente- attraverso la luce artificiale sarebbe possibile far apparire la città completamente diversa dalla sua configurazione diurna, facendo emergere luoghi ed edifici a nostra scelta e lasciando tutto il resto in ombra. Si riconosce dunque all’illuminazione un potere “decisionale” sostanziale, in quanto ha la capacità di influenzare il modo di vivere lo spazio del cittadino, attirandolo verso alcuni determinati elementi. Questo fenomeno si riscontra comunemente in situazioni ricorrenti: <<Di giorno, per andare da casa mia alla piazza centrale percorro un certo tragitto, per varie motivazioni -comodità, estetica, velocità ecc. Di notte, dovendo andare nuovamente da casa mia alla piazza centrale, noto che la strada che percorro solitamente è poco illuminata, mentre quella adiacente ha un’ottima illuminazione. Automaticamente mi chiedo se percorrere il tragitto di sempre o cambiarlo>>. Qualsiasi scelta faccia in conclusione, si nota come la presenza di luce detenga un potere determinante per il comportamento dei cittadini nel vivere la città, potere che risiede principalmente nelle condizioni di comfort psicologico e di sensazione di sicurezza che riesce a infondere. Questa è quella che definiamo funzione attiva.

La funzione passiva, invece, è quella che considera la situazione nel suo complesso e non i singoli casi specifici. Il cittadino, di notte, decide di uscire e di raggiungere la piazza centrale. Questo avviene perché egli conosce la città ed attinge alla propria memoria per effettuare delle scelte che determinano il suo comportamento all’interno di essa. Perciò si può sostenere che, ab origine, la vivibilità della città notturna sia strettamente correlata a quella della città diurna -se non coincidente, assimilabile. In questo senso il ruolo dell’illuminazione è quello di permettere al cittadino, che conosce la città durante il dì, di poterla riconoscere durante la notte. Facciamo quindi distinzione tra la funzione attiva dell’illuminazione, dove “il cittadino segue la luce”, e funzione passiva, “dove la luce segue il cittadino”.

La funzione attiva sarebbe preponderante se il cittadino non fosse un vero e proprio cittadino ma, ad esempio, un turista arrivato in città nelle ore serali, senza guide né mappe né alcuna conoscenza del luogo in cui si trova: necessariamente si sposterebbe seguendo le luci. Essendo tale situazione surreale, vediamo come nella realtà la funzione preponderante dell’illuminazione sia quella passiva. La progettazione degli impianti ha, quindi, il ruolo principale di permettere ai cittadini di riconoscere lo spazio e di viverlo analogamente a come avviene in fase diurna.

Il concetto degli spazi notturni descrive la produzione sociale dello spazio all’interno di determinati parametri spazio-temporali: nello specifico, le

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6 dinamiche sociali della notte nei luoghi delle interazioni e relazioni umane. Gli spazi notturni sono evidenti, per esempio, nel controllo -auspicabile- dei comportamenti impropri o illegali in luoghi bui all’interno della città, e in atti sovversivi o criminali che smuovono il normale ordine sociale. Gli spazi notturni vanno quindi ad influenzare le possibilità di vivere certi luoghi in termini di razza, genere, classe, orientamento sessuale, età e capacità fisiche. L’idea dello spazio notturno illustra la dimensione dialettica dello spazio sociale.

Gli spazi notturni possono essere approcciati concettualmente attraverso i processi di territorializzazione, che includono pratiche sociali, norme e rappresentazioni dello spazio che cercano di stabilire una sorta di ordine legittimo e compulsivo dell’ambiente. Ma il territorio come area di controllo sociale non è stabile temporalmente ventiquattro ore su ventiquattro. Come scrisse Michael Focault, è presente e permane la paura dell’oscurità, poiché essa nasconde alla visione umana eventi e comportamenti in avvenire. La società notturna ha implementato varie strategie e tecniche per tenere sotto controllo la mancanza di luce nello sforzo di ri-territorializzare la notte, tra cui si trovano tre approcci esemplari: canalizzazione, emarginazione ed esclusione.

La canalizzazione orienta le nostre attività e desideri in luoghi ritenuti socialmente accettabili e questo aiuta a ricostituire un ordine nel paesaggio notturno. La canalizzazione comporta tipicamente discorsi su quali siano i “giusti luoghi” da frequentare la sera e sull’utilizzo delle tecnologie per quanto concerne l‘illuminazione e le pubblicità. Il codice sociale della notte enfatizza le attività di intrattenimento stabilendo norme di comportamento che quindi plasmano gli spazi notturni andando a canalizzare le nostre intenzioni e desideri verso luoghi specifici. Gli impianti di illuminazione assistono i vari spostamenti verso le abitazioni, i ristoranti, i grandi magazzini o altri luoghi di attività, attraverso la luce. Le insegne pubblicitarie puntano l’attenzione sul consumatore di beni e servizi nell’oscurità della notte: le luci più forti e più abbaglianti attirano maggiormente i clienti ed emarginano i concorrenti.

Il metodo di emarginazione tende a categorizzare le persone in base alla loro inferiorità sociale “percepita o potenziale” nella previsione di comportamenti dannosi: segrega spazialmente determinati individui da altri e da specifiche parti della città. Ne consegue che l’emarginazione stabilisce e mantiene dei luoghi subordinati per tali persone “poco desiderate”. Tecniche di emarginazione includono ordinanze di zona e informali codici sociali di condotta, come designazione pregiudizievole di individui per classe sociale, razza, genere ecc.

L’esclusione moodella gli spazi notturni stabilendo, in maniera sovraordinata, dei luoghi di sicurezza, anche all’interno di aree emarginate. Analogamente all’emarginazione, questa è una modalità che genera una segregazione degli

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7 spazi, creando una sorta di barriera atta a proteggere le persone al suo interno. Esempio ne sono i veri e propri muri fisici, le pattuglie di sorveglianza, le chiavi di accesso e i vari sistemi di allarme, tutte cose create per costituire spazi di esclusività attraverso tecnologie e tecniche difensive.2

2Robert W. Williams, Night Spaces, pp. 566-568 in E. Ray Hutchison, Encyclopedia uf Urban

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8 1.2 Architettura e luce

http://designspiration.net/image/28480995178064/

“Negli scritti per l’Esprit Nouveau di Le Corbusier, il superamento delle avanguardie avviene anche evocando la luce quale strumento modellatore dei volumi. Giedion propone una lettura dello spazio formato da oscurità e luce in chiave psicologica, dove la luce assume la sua valenza materica. Venturi arriva a superare l’idea di una città costituita dalla relazione tra pieni e vuoti, attraverso la sostituzione del simbolo (insegna pubblicitaria luminosa) alla forma, sostituendo alla forma il messaggio, recuperando il vernacolo commerciale attraverso la mediazione della pop art; d’altra parte Koolhaas recupera l’eccesso informativo della illuminazione artificiale sostituendo il modello della rarefazione con il mito della concentrazione e del caos, dei flussi; l’enunciazione del dominio dell’artificiale non si comprende a pieno se non lo si inserisce all’interno del recupero e critica delle avanguardie, e in

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particolare di Le Corbusier, da parte dei gruppi radicali alla fine degli anni ’60.”3

La storia del rapporto tra città e luce è una storia che sembra essere ormai tracciata, in cui esistono momenti in cui l’ interesse si riacutizza -come oggi- e che sono comunemente accolti nella letteratura. Il percorso ha inizio dalla città industriale della metà dell’800 sino ad oggi, alla città globale in cui la luce artificiale rappresenta la continuità tra giorno e notte, da un lato, e dall’altro l’eccesso di comunicazione e di consumo. Nelle analisi di architetti e urbanisti sulla città, la luce assume oggi un ruolo preponderante, che essa sia naturale o artificiale non si può prescindere dalle forti variazioni che imprime nella lettura del tessuto urbano. Da una parte si ha la riscoperta e rivalorizzazione della luce naturale come elemento di grande caratterizzazione ambientale nonché sempre più complesso all’interno degli agglomerati urbani odierni di difficile conformazione; dall’altra, l’attenzione all’utilizzo della luce artificiale è oggi molto presente, legato principalmente ad un’applicazione rispettosa e sostenibile. Ne consegue che gli strumenti ed i metodi di analisi per la lettura della città, nel suo lato architettonico e urbanistico, debbano tenere in grande considerazione la presenza della luce, poiché essa incide fortemente sugli aspetti sociologici e ambientali. Si può affermare -poeticamente- che la luce sia il filo tramite cui si intrecciano i racconti della città e il ruolo delle immagini in essa.

Il tema del rapporto tra luce ed architettura è estremamente complesso ed articolato per la molteplicità di approcci con cui può essere affrontato e per la continua sovrapposizione tra il piano della lettura fenomenologica e quello progettuale. Parlando di paesaggio urbano illuminato è necessario tenere costantemente presente il problema della contrapposizione Natura/Tecnica nella cultura moderna. In realtà, studi appositi affermano quanto il rapporto con il ciclo naturale della alternanza delle stagioni e del passaggio dal giorno alla notte non sia stato sostanzialmente messo in crisi dall’avvento della luce elettrica, introdotta come strumento equivalente a qualunque mezzo della civiltà macchinista. Oggi però dobbiamo piuttosto parlare di una presenza nella città di una luce connaturata alle architetture pensate come corpi luminosi della notte, diversi rispetto alla loro stessa consistenza diurna; si parla di luce che si sovrappone alla città, cercando di far emergere la memoria e riattribuendo significati. La luce diventa lo strumento principale per la creazione di spazi artificiali, all’interno di una dimensione di vita principalmente notturna.

La luce quando viene applicata al contesto urbano ha due valenze : luce come complemento che comporta la sua applicazione ad altre strutture connesse, diventando quindi mezzo di rivelazione e di valorizzazione; oppure luce come

3 Silvano Oldani, Città e luce. Da Monet ad Andy Warhol, da Le Corbusier a Rem Koolhaas,

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10 elemento, collegata alla creazione di nuove figure e capace di fornire importanti informazioni spaziali anche di notte. Volendo mettere ordine, l’illuminazione prettamente funzionale è complemento, mentre quella scenografica è elemento, ma è la composizione di questi due approcci che forma l’immagine notturna idealizzata per la città.

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11 1.3 Luce e sicurezza

http://designspiration.net/image/9989754874608/

La possibilità di riconoscere l’ambiente circostante influisce in maniera sostanziale sulla sensazione di sicurezza percepita dal cittadino, sia in termini di miglioramento del comfort psicologico sia di effettiva prevenzione delle azioni criminose. Il timore dei cittadini di poter essere vittime di tali azioni è sicuramente una delle ragioni per le quali, nelle ore serali e notturne, numerose vie vengono attualmente meno frequentate rispetto al passato e molto spesso sono le strade con scarsa illuminazione. Ad aiutare i cittadini a vincere l’insicurezza e ad invogliarli a frequentare le vie, le piazze ed i giardini della propria città può senz’altro contribuire, in misura assai rilevante, una buona illuminazione ambientale.4 E’ da sottolineare come una buona illuminazione non sia legata direttamente alla quantità della stessa, anzi,

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12 spesso una eccessiva quantità di luce genera un forte contrasto rispetto alle zone circostanti, rendendo maggiormente difficile la visione. Il parametro prestazionale che permette di fare una valutazione qualitativa sul comfort illuminotecnico di un ambiente è l’indice di modellato: tramite esso è possibile quantizzare i rilievi e la plasticità della figura umana o degli elementi architettonici presenti sulla scena, al fine di correggere eccessivi o inadeguati contrasti che possono generare un malessere visivo.5

L’indice di modellato dipende da un valore di illuminamento -definito semicilindrico- che fa specifico riferimento alla possibilità di riconoscere una figura umana ad una certa distanza, assumendo quindi un particolare peso per quanto riguarda la determinazione di sensazione di sicurezza.

5 Chiara Magelli, L’indice di modellato come parametro di qualità nella progettazione illuminotecnica di interni ed esterni, Tesi di Laurea, Università di Pisa, 2013

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13 1.4 L’illuminazione pubblica e la sua gestione

Foto da satellite Suomi Npp

Se osserviamo le immagini del satellite Suomi Npp che sorvola l’Europa nella notte ci accorgiamo di come l’Italia sia tra i territori più illuminati d’Europa, al pari del Belgio, di Londra e della Ville Lumiere. Ormai da qualche anno si parla apertamente del problema dello spreco energetico legato all’illuminazione, sia in termini di spesa economica che di inquinamento luminoso. La situazione viene pienamente confermata dai dati: il consumo annuo pro capite per illuminazione pubblica in Italia è di 107 kWh, più del doppio della Germania (50 kWh) e della Gran Bretagna (42 kWh), i due paesi più virtuosi -ma la media UE è 51 kWh. A tale consumo corrisponde una spesa comunale di 1 miliardo di euro l’anno, 18.7 euro a cittadino, il doppio di quello relativo ai cittadini tedeschi. Il problema è che negli ultimi 15 anni la tendenza è stata più che negativa, contando un raddoppio del flusso totale di luce dell’illuminazione pubblica nel nostro Paese. La quota più incidente è sicuramente quella dell’illuminazione stradale, che costa circa 2 miliardi di euro all’anno e grava prevalentemente sulle finanze dei comuni, al netto delle spese di manutenzione. In Italia la sorgente più impiegata per illuminare è la lampada da 150W, mentre negli altri paesi si fa utilizzo di lampade da 70W, che sarebbero abbondantemente sufficienti anche per rispettare le nostre norme e leggi di settore.

I dati riportati a livello italiano hanno un loro riscontro nelle realtà locali delle singole città. In media le statistiche riportano la presenza di un lampione ogni 6 abitanti; vediamo che la città di Pisa si attesta precisamente sul valore

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14 medio, con 13.394 lampioni e 89.620 abitanti -con un risultato di 6,69 abitanti per lampione. Nelle principali città italiane si nota un costo per punto luce, compreso di manutenzione, piuttosto elevato: 290 euro a Roma, 234 euro a Milano e 156 a Torino. La città di Pisa riporta un costo di 122 euro a punto luce, ritenuto accettabile relativamente alla dimensione della città -ma il costo ottimale viene stimato sui 97 euro. La spesa per abitante a Milano è di 24,40 euro, a Roma e a Pisa si attesta intorno ai 18 euro -media italiana- e a Torino è 16,56 euro. La potenza media installata in Italia è di 400W, mentre Pisa si distingue per una potenza media di 137W, che risulta comunque essere superiore alla potenza sufficiente per garantire i necessari valori di illuminazione. Relativamente al consumo di energia pro capite vediamo che Pisa si attesta su 84 kWh, abbassando la media italiana ma risultando comunque molto maggiore della media europea. In una lettura complessiva si può dire che Pisa segue l’andamento delle altre città italiane, ma la questione si incentra sul grande margine di miglioramento possibile e quindi di urgente attuazione, al fine di ridurre -ed eliminare- lo spreco di risorse in corso. 6

Le spese eccessive relative al settore dell’illuminazione pubblica trovano -secondo l’esperto Diego Bonata- trovano le proprie motivazioni sostanzialmente in due situazioni: la prima è che queste spese non sono soggette ad un grande controllo, sia per incapacità dei comuni sia per il semplice aumento del costo dell’energia, sempre comunque molto influente. La seconda situazione è quella più strettamente politica, perciò un comune che abbonda in illuminazione ottiene sicuramente più consenso rispetto a quello che decide di spegnere le luci di notte per contenere gli sprechi. La problematica principale si ritrova infatti in una “sovrailluminazione” del territorio, quindi in una quantità di energia eccessiva e non necessaria, legata da una parte al fatto che un terzo degli impianti utilizzati nelle città italiane è obsoleto, costituito da lampade con più di 20 anni e quindi ad alto consumo, dall’altra gli impianti di nuova installazione sono pesantemente sovradimensionati, anche di 3-4 volte rispetto al necessario.7

Questa tendenza alla troppa illuminazione ha generato la attuale situazione delle nostre città, dove si alternano zone con molta luce a zone non illuminate, che per contrasto con le prime risultano ancora più buie e malsicure. La mancanza di omogeneità nella distribuzione degli impianti -con conseguente disuniformità della luce- è il fattore che rende di bassa qualità l’illuminazione pubblica, nonostante i costi esosi impiegati. La recente tendenza della sostituzione a tappeto delle lampade nelle città con i LED, a basso consumo, presenta i suoi limiti nel fatto che molto spesso è eccessiva e superflua la quantità di punti luce, perciò al termine dell’operazione si potrebbe riscontrare un consumo comunque superiore rispetto ad un intervento di riprogettazione dell’impianto.

6 Eco dalle città, Illuminazione pubblica: Milano, Torino, Roma a confronto, 29/06/2012.

URL: http://www.ecodallecitta.it/notizie/112646/ Consultazione: 10/06/2015

7 Eco dalle città, Intervista all’esperto Diego Bonata, 01/07/2012

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15 Tra le molte forme di inquinamento legate al progresso civile è da sottolineare quella dovuta alla luce artificiale usata negli esterni, il cui effetto più appariscente consiste nella formazione di una luminanza velante nella volta celeste che causa una riduzione dell’acuità visiva. Tale luminanza è causata dalle quote di radiazioni luminose disperse verso l’emisfero superiore, che vengono ancor più riflesse dalle sostanze inquinanti, dalle polveri e dal vapore acqueo presenti nell’atmosfera. L’espressione inquinamento luminoso indica un’alterazione dei livelli di illuminazione naturalmente presenti nell’ambiente luminoso notturno, e le aree più interessate sono le parti di territorio con consistenti insediamenti urbani e grandi complessi industriali. Numerosi studi hanno negli ultimi anni confermato che questa forma di inquinamento è dannosa per la flora e la fauna, andando a squilibrare i naturali meccanismi organici, ma anche per l’uomo, provocando una sorta di isolamento rispetto all’ambiente che ci circonda. Le cause di questo fenomeno sono da ritrovarsi sia nella quantità di luce prodotta (il fenomeno di sovrailluminazione suddetto) ma anche nelle caratteristiche degli apparecchi e del tipo di luce. Le nuove norme sull’illuminazione trattano in maniera ampia anche la questione dell’inquinamento luminoso e riportano indicazioni sulla sua limitazione, che riguardano la minimizzazione della dispersione di luce degli apparecchi e la riduzione dei livello di illuminamento e luminanza, anche tramite i regolatori di flusso.

Le problematiche finora individuate, alle quali se ne possono sommare ulteriori, conducono alle stesse conclusioni, ovvero alla necessità di una vera e propria progettazione efficiente dell’illuminazione pubblica. Riportando sinteticamente le indicazioni delle normative, gli impianti di illuminazione pubblica devono rispettare 5 requisiti:

 Utilizzare apparecchi che non emettono luce verso l’alto, essendo questa una dispersione inquinante ed inutilmente dispendiosa;

 Non sovrailluminare, perciò illuminare il minimo necessario richiesto dalle norme;

 Ridurre il numero di punti luce e ridurre la potenza;

 Usare sorgenti efficienti, come lampade a LED o il sodio a bassa pressione, ovvero sorgenti che abbiano un buon rapporto potenza/flusso luminoso;

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17 2.1 Assetto storico

http://cultura.comune.pisa.it/?p=4438

La città di Pisa nasce come porto fluviale etrusco, intorno alla metà del VI secolo, anche se la presenza di alcuni nuclei abitativi risale al IX secolo. Ipotesi diverse parlano di un nucleo greco, ma anche etrusco e ligure. Furono proprio gli Etruschi ad attribuirgli il nome Pisa e a far fiorire la città come centro artigianale e di produzione di manufatti. La fortuna di Pisa è da sempre la navigabilità dell'Arno e la vicinanza al mare. A seguito dei primi scontri con i vicini Liguri, Pisa cercò la protezione di Roma, diventando col tempo colonia romana.

Pisa deve il suo massimo splendore all'espansione sulle due rive dell'Arno: intorno al VII-VIII secolo, infatti, nasce “Chinzica” sulla riva sinistra dell'Arno, mentre al di fuori del nucleo romano e altomedievale si sviluppa “Forisportam”. L'unione di questi tre nuclei, nel 1155, grazie alla costruzione di una cinta muraria, rende Pisa uno dei porti fluviali più importanti del territorio italico. Fu questo importante porto ad attrarre mercanti da tutto il Mediterraneo aprendo le porte al periodo di massima fioritura della città, quando Pisa, nel XI e XII secolo, diventa Repubblica Marinara. Sotto il profilo culturale e scientifico il periodo della Repubblica è un periodo straordinario, per l’arte, la scienza e l’istruzione. Il declino della Repubblica Marinara avviene a partire dalla fine del 1200. Con l'occupazione fiorentina inizia un periodo di forte recessione per la città e di instabilità politica. Un secolo di abbandono comporta la rovina di una città dove si susseguono crolli, saccheggi ed un'alta mortalità dovuta a febbri causate dal ritorno della palude. Sul finire del secolo, quando inizia la reggenza medicea di Lorenzo il Magnifico comincia

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18 comunque una nuova fase per Pisa. A lato della Fortezza Vecchia, voluta dai Medici per controllare la città ribelle, viene costruito anche il Palazzo della Sapienza, sede universitaria di grande rilevanza.

La rinascita della città avviene nel XVI secolo, grazie all'amore dedicato alla città da parte di Cosimo I de' Medici, che qui trascorreva lunghi periodi, lontano dal clima più duro di Firenze, anche in senso politico. In particolare il Duca iniziò importanti opere di bonifica, varò una serie di facilitazioni fiscali e giudiziarie, volte al ripopolamento demografico e cambiò l'aspetto della città: sui Lungarni dove prima c'erano gli approdi commerciali, furono edificate le residenze signorili, fra cui il Palazzo Reale, e furono concepite bellissime opere come la Chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri e la meravigliosa Piazza dei Cavalieri. Questa politica di sviluppo prosegue anche sotto Francesco I e Ferdinando I: quest'ultimo fa realizzare il Canale dei Navicelli e le Logge dei Banchi.

Al Granducato di Toscana e all'illuminato Pietro Leopoldo si deve il merito dello sviluppo della città universitaria e il riassetto di alcune parti della città, fra cui i Lungarni, che venivano spesso alluvionati dalle inondazioni del fiume. Durante la breve invasione napoleonica (1809-1814), per volere dello stesso Napoleone e sulle orme dell' Ecoles Normales di Parigi, viene fondata la famosa Scuola Normale. Con la ripresa del potere da parte dei Lorena viene realizzata la rete ferroviaria che cambia gli assetti delle comunicazioni e del commercio in Toscana.

I primi grandi cambiamenti al tessuto urbano sono giunti nell'epoca fascista, con le costruzioni delle colonie giovanili del litorale pisano e di imponenti edifici nel cuore della città come la sede della facoltà di ingegneria, Palazzo INAIL, Palazzo di Giustizia o il Palazzo delle Poste. I continui bombardamenti degli alleati durante la seconda guerra mondiale causarono numerosi danni ai monumenti di Pisa, in particolare quelli del 1943 quando la città fu tagliata in due dal fronte bellico. I ponti abbattuti sono stati ricostruiti in cemento armato, senza seguire gli storici stili della città e molti palazzi del suo centro storico sono stati ricostruiti per fronteggiare all'emergenza case in modo discutibile, sottovalutando completamente il danno storico e architettonico che Pisa avrebbe subito. La più grande rivoluzione urbanistica moderna del dopoguerra è avvenuta negli anni settanta con la costruzione del quartiere popolare CEP, periferia ovest. Nei primi anni ottanta la periferia inizia a svilupparsi ad est, verso Cascina, creando i quartieri di Cisanello e Pisanova, prendendo come modello le moderne periferie delle città straniere.

Oggi Pisa si presenta come una città dalle notevoli dimensioni, tuttavia il centro storico della città è facilmente visibile perché è ancora delimitato dalle antiche mura. Dalle immagini satellitari, Pisa ha la classica forma a macchia d'olio, dove la parte storica è circondata dalle periferie.

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Assetto urbanistico

Piano Strutturale del Comune di Pisa, Tavola dei Sistemi e Sub Sistemi

Il Piano Strutturale del Comune di Pisa è stato approvato nel settembre del 1997. Il PS definisce le indicazioni strategiche per il governo del territorio comunale, in collegamento ed in coerenza con le politiche territoriali e di settore provinciali e regionali, ponendo notevole attenzione nei confronti dei delicati temi della tutela e dell’equilibrio ambientale e delle risorse peculiari di un ambito urbano fortemente caratterizzato come quello pisano.

La riqualificazione ed il riequilibrio sono gli obiettivi primari del piano, perseguibili attraverso una strategia di ridistribuzione territoriale delle funzioni, assumendo il centro storico quale luogo privilegiato per le attività culturali e di socializzazione, e attraverso una politica di tutela del territorio e di conservazione dei beni culturali esistenti. Ulteriore obiettivo è quello di completare e rinnovare le reti tecnologiche, il sistema delle infrastrutture e le opere di urbanizzazione.

Il Comune di Pisa è individuato all’interno del Sistema Territoriale della pianura dell’Arno, che, estendendosi in direzione est-ovest, occupa la parte settentrionale del territorio di tutta la Provincia di Pisa. All’interno di tale

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20 sistema il PS individua i sistemi ambientale, insediativo e infrastrutturale, ed i relativi sub sistemi.

Il Piano Strutturale definisce, e distintamente individua e perimetra, all’interno dei sistemi suddetti, le UTOE (Unità Territoriali Organiche Elementari), quali porzioni minime di territorio in riferimento alle quali si è ritenuto possano essere unitariamente considerate e risolte, in termini sistemici, pluralità di problemi di natura urbanistica ma anche di natura geologico-idraulica ed ambientale.

Le disposizioni riferite alle UTOE, pertanto, specificano ed integrano, con riferimento alle caratteristiche individuate dei luoghi compresi nelle porzioni di territorio considerate, nonché in considerazione delle interdipendenze e delle interrelazioni tra episodi ed elementi territoriali, e tra tematismi specifici, le disposizioni riferite alle articolazioni dei sistemi territoriali.

Gli intensi processi di espansione urbana che hanno contrassegnato l’ultimo secolo, e in particolare i decenni Cinquanta-Settanta, sia prima che dopo la vigenza del Prg, hanno prodotto una configurazione urbana con le seguenti caratteristiche:

 è ancora ben distinguibile una consistente permanenza della città storica, racchiusa entro le mura, sia pure ridotta nella sua consistenza dalle distruzioni belliche e dalle successive ricostruzioni intensive, nonché intasata negli spazi interni;

 le demolizioni parziali delle mura non hanno prodotto, diversamente da altre città murate, un anello completo di circonvallazione, ma la viabilità avvolge il centro solo da tre lati, in posizione ravvicinata al recinto storico;

 la ferrovia tirrenica si è disposta quasi tangenzialmente alla città storica, costituendo una insormontabile barriera urbanistica a sud-ovest, mentre la linea per Lucca ha fortemente condizionato la morfologia del quartiere periferico nord;

gli sviluppi extra-moenia si sono diretti in primo luogo a ovest e a sud fino a raggiungere il tracciato ferroviario; successivamente verso nord (quartiere di Porta a Lucca), e più recentemente a est del centro storico, assumendo caratteri morfologici progressivamente diversi;  i quartieri sviluppati oltre la ferrovia, a nord (Gagno), ovest (via Andrea

Pisano) e sud (San Marco-San Giusto) si sono qualificati come realtà marginali rispetto al corpo urbano vero e proprio, e sono caratterizzati da un’alta incidenza di abitazioni popolari;

 i quartieri satellite (prevalentemente residenziali) veri e propri si realizzano negli anni Cinquanta-Sessanta in posizione esterna

al continuum urbano: i Passi e il Cep e, nonostante gli sviluppi urbani successivi, mantengono (soprattutto il primo) una loro separatezza o per la discontinuità spaziale o per la discontinuità morfologica, e comunque per quella sociale;

 i veri e propri "paesi" nati a distanza di chilometri dalla città storica, si sono sviluppati fino quasi a raggiungere la saldatura con l’aggregato urbano: Riglione-Oratoio (che si saldano comunque tra di loro) e Putignano;

 il principale fenomeno di espansione urbana si è verificato negli ultimi 25 anni a est della città, come indicato dal PRG, con la creazione del quartiere di Cisanello che ha comportato l’urbanizzazione di 203 ha di territorio agricolo. Sul piano dei contenuti funzionali, si è trattato di

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21 uno sviluppo sostanzialmente residenziale, con sporadiche presenze di servizi locali e il recente insediamento di alcune funzioni commerciali e direzionali di interesse urbano. Il quartiere si è formato con caratteri di scarsa organicità, a causa della sommatoria degli interventi parziali effettuati in assenza di una idea forte di città. Esso mantiene peraltro ancor oggi vaste aree non urbanizzate o non edificate, che

costituiscono l’ultima riserva disponibile per modificarne in senso positivo le caratteristiche complessive.

In termini di configurazione spaziale complessiva, l’aggregato urbano presenta comunque uno spostamento di peso verso est, bilanciato da contrappesi sia a nord (Porta a Lucca) che a sud (quartieri quasi senza soluzione di continuità da Porta a Mare a Putignano). Condizioni di minore addensamento all’intorno del nucleo storico sono presenti sia a ovest (zona dal viale delle Cascine all’Arno, e zona a ovest della darsena, a sud del fiume) che a nord-est (zona di via del Brennero-via di Pratale).

Dall’analisi delle attuali condizioni strutturali dei diversi livelli gerarchico-funzionali in cui è articolata la rete stradale cittadina emerge una molteplicità di problematiche inerenti l’effettiva capacità della rete stessa ad assolvere al complesso delle diverse funzioni di scorrimento, di collegamento interquartiere e di penetrazione verso il centro. L’incompletezza e la scarsa funzionalità complessiva della rete di scorrimento induce inoltre fenomeni di distorsione nell’impiego della viabilità più interna.

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23 2.3

Vivibilità diurna e notturna

Ph: Lucrezia Cosso, https://www.flickr.com/photos/chicchina88/15177372118

Pisa si presenta al giorno d’oggi come una città piena di servizi ed opportunità. I cittadini che la popolano si possono identificare sommariamente in 4 tipologie: studenti, pendolari, turisti e residenti. E’ stato scelto di creare tali categorie in funzione di una lettura della vivibiltà e dei flussi che interessano la città, in orario diurno e notturno, in modo da poter estrapolare informazioni utili e confrontabili. La popolazione della città di Pisa conta un totale di 89940 abitanti. L’ateneo pisano ospita 48.801 studenti tra abitanti, fuori sede e pendolari. Per quanto riguarda il turismo, si registrano (al 2012) 832.000 turisti su base annua che visitano la città. Dai dati pubblicati nel 2012 all’interno del “Progetto turismo Pisa”, a cura del CNR, si possono estrapolare informazioni interessanti riguardo la consistenza della popolazione pisana e i suoi flussi. Attraverso un modello Bottom Up, grazie all’utilizzo di dati GSM forniti da Wind, è stato suddiviso il campione in tre categorie di interesse: residenti, pendolari e visitatori (che più in generale comprende sia utenti in transito che turisti). I risultati ottenuti mostrano che in un arco di tempo standard -considerata l’influenza del weekend e delle varie fasce orarie- la presenza delle suddette categorie si distribuisce come segue: il 20% sono residenti, il 9% sono pendolari, il 45% sono visitatori ed il 26% rimane non classificato. Si noti da questo quale sia il peso dei turisti nella vivibilità della città e nella generazione dei flussi all’interno di essa.

Viene inoltre specificato come all’interno della categoria “non classificati” siano inclusi i visitatori occasionali e i visitatori della notte, non avendo però ulteriori dettagli in merito.

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24 La presenza di un Ateneo Universitario discretamente importante ed esteso, fa sì che gran parte della popolazione di Pisa siano studenti, identificati come fruitori di determinati spazi e caratterizzati da abitudini di spostamento che presentano caratteristiche comuni e ben delinabili. Durante il dì, i poli attrattori per questa categoria sono ovviamente le sedi delle varie facoltà universitarie, insieme alle strutture collegate, come aule studio, mense, laboratori, case dello studente. Queste strutture sono dislocate in maniera piuttosto diffusa all’interno della città, andando dalla zona delle Piagge a Porta Nuova, con grande concentrazione nel centro storico ma anche nelle zone periferiche, come quella del CNR.

Tale disposizione genera una serie di flussi di tipo pedonale, ciclabile e con i mezzi pubblici (autobus e treno). Questi spostamenti vengono in gran parte condivisi con i pendolari che arrivano in città grazie alla stazione e da lì si muovono a piedi o in bici verso il centro e tramite gli autobus verso le zone periferiche. La parte di pendolari che giunge dalle zone limitrofe a Pisa, decidendo di utilizzare l’auto, sono perlopiù diretti nelle zone periferiche, causa la complicata situazione di parcheggi nel centro storico.

I turisti impegnano Pisa e le sue vie principalmente all’interno delle mura, muovendosi per il centro storico e raggiungendo i vari monumenti dislocati nella città. Si nota come Piazza dei Miracoli, primaria attrazione turistica, risulti essere leggermente fuori dal nucleo centrale pedonale della città, motivo per cui molto spesso i turisti preferiscono ricorrere a mezzi pubblici per recarvici. Utilizzando il dataset di Flickr, composto da circa 16.000 foto scattate nell’area urbana di Pisa, è stato estrapolata una mappa di densità delle fotografie individuando le aree di maggior interesse e attrattività.

Un altro elaborato interessante del Progetto Turismo Pisa riguarda la validazione dei percorsi turistici grazie alla geolocalizzazione delle foto flickr. Come base sono stati presi i due percorsi principali consigliati sulle mappe turistiche e ad ogni foto è stato associato il segmento di percorso più vicino. In questo modo è stato possibile notare come in generale entrambi i percorsi siano effettivamente seguiti ma soprattutto si nota una concentrazione di foto in diversi punti di interesse quali: Piazza Vittorio Emanuele, Corso Italia, Ponte di Mezzo, Chiesa della Spina, Lungarno, Piazza Santa Caterina, Via Roma e Piazza dei Miracoli.

I residenti all’interno della città, si muovono in maniera egualmente diffusa in tutta l’area cittadina, facendo uso di mezzi pubblici o preferendo biciclette e passeggiate. I flussi pedonali fanno perno su un’arteria verticale che attraversa il centro, che prende il nome di Corso Italia a sud e Borgo Stretto a nord, costellata delle principali attività commerciali. Da questa si aprono tutti i numerosi vicoli che ospitano a loro volta uffici, attività e residenze.

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Densità di foto scattate nella città di Pisa, fonte Flicr.com

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29 Al calar della sera, Pisa cambia un po’ aspetto. I lungarni si accendono di luce calda e donano alla città il suo volto caratteristico. Piazza dei Miracoli, estremamente affollata durante il dì, diventa un piacevole giardino del silenzio. Le attrazioni turistiche diurne non proseguono nelle ore serali. Bellissime piazze, come quella di San Paolo a Ripa d’Arno, leggermente al di fuori delle arterie pedonali, non si presentano come luoghi di ritrovo per la sera. La vita notturna di Pisa si svolge interamente nel cuore del centro storico, con punto focale Piazza Garibaldi e un raggio di circa 500m, andando a tracciare un perimetro di spostamenti completamente pedonali. I principali protagonisti della vita notturna di Pisa sono sicuramente gli studenti, che nel tempo hanno caratterizzato la scena della città delineando delle peculiarità ben riconoscibili. In primis, gli studenti hanno una limitata capacità di spostamento, soprattutto di notte quando i mezzi pubblici sono -purtroppo- praticamente inesistenti, motivo per cui la zona di vita notturna risulta essere unica e di modeste dimensioni. Il punto di ritrovo è rappresentato da Piazza Garibaldi, nel cuore del nucleo storico e democraticamente centrale rispetto al perimetro delle zone residenziali e periferiche. Da qui, la bicicletta viene parcheggiata e la vita prosegue a piedi. Causa od effetto della movida, la maggior parte delle attività commerciali notturne si dislocano in questa zona, principalmente nella parte a nord dell’Arno, intorno a Borgo Stretto. Ma la vera notte Pisana non si chiude tra quattro mura, si riversa nelle strade e nelle piazze. Il motivo è da una parte contingente, in quanto i locali, ricavati nel tessuto storico, sono di piccole dimensioni e non adeguati ad accogliere la folla di studenti, ma dall’altra c’è una sorta di tradizione nel vivere la notte nelle piazze di Pisa, facilitata certamente dal favorevole clima toscano, mai troppo rigido. Piazza delle Vettovaglie, Piazza dei Cavalieri, Piazza Santa Caterina sono alcune delle piazze, ognuna con le sue caratteristiche, che accolgono gruppi di giovani ogni sera. Questo fenomeno è un piacevole esempio di rapporto stretto tra i cittadini e la città, sicuramente un tessuto particolare e ricco di potenzialità, ma porta con sé un incontrollato problema di degrado sociale e urbano. L’urgenza di problematiche di sicurezza e rispetto per i beni comuni appare lampante ogni mattina. Il giusto approccio per la risoluzione di certe situazioni non può che essere bilaterale: da una parte un aumento della vigilanza, dall’altra azioni di educazione collettiva.

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30 2.4 Illuminazione di Pisa

Ph: Lorenzo Pacifico 2011, https://www.flickr.com/photos/69918253

L’impianto di pubblica illuminazione della città di Pisa conta 13394 punti luce, compresa la parte di Marina di Pisa. Circa la metà del totale sono lampade a vapori di sodio ad alta pressione con potenza pari a 150W, l’altra metà comprende diverse tipologie di lampade e diverse potenze. Un quadro dell’illuminazione pubblica della città potrebbe essere riassunto in quattro macroambiti:

 Gli apparecchi in stile del centro storico: a partire dalle lanterne su palo tipiche installate sui lungarni, lontane dal garantire buone prestazioni illuminotecniche ma ad unico scopo estetico, a quelle a mensola che si ritrovano nella maggior parte delle strade del centro (in stile, ghisa, ditta Neri) -e gli interventi tendono a completare la totale sostituzione. Attualmente sono presenti diversi modelli di apparecchi in stile a mensola e, in ogni caso, le lampade all’interno non sono tutte uguali ma differiscono per potenza, tipo, temperatura di colore. Ne consegue che all’interno del centro non si ha una uniformità di luce che possa permettere una lettura univoca del tessuto. Tali lanterne non hanno comunque nessun valore storico, infatti è stata spesso preferita la completa sostituzione al restauro degli apparecchi antichi. Gli unici apparecchi che hanno valore storico si trovano in Piazza Santa Caterina (su palo, doppia lampada).

 L’illuminazione stradale: costituita principalmente da tre tipologie di apparecchi (indicati in foto).

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31 Il tipo sospeso è utilizzato laddove non c’è lo spazio per inserire i pali, ma rappresenta una scelta esteticamente poco gradevole, anche se dal punto di vista prestazionale restituisce ottimi risultati in termini di uniformità di illuminazione. Questi sono utilizzati nelle strade di modesta larghezza con edifici abbastanza alti su entrambi i lati, per poter permettere l’aggancio. Gli apparecchi sospesi installati in città sono, nella maggior parte dei casi, vecchi ed in cattive condizioni; infatti le linee di indirizzo comunali prevedono la loro sostituzione con apparecchi a mensola. Nelle strade di grandi dimensioni (doppio senso, doppia corsia) sono presenti i tipici apparecchi stradali su palo con sbraccio di 1.5 m. La tipologia n.3 è invece utilizzata in strade di più modeste dimensioni (unico senso di marcia) e nelle zone più vicine al centro storico, dove viene privilegiato un certo senso estetico.

 L’illuminazione residenziale: nelle zone residenziali e periferiche gli apparecchi sono delle più disparate tipologie. Si va dagli apparecchi ormai non più a norma, a rare installazioni di led nelle nuove zone. Non vi è una ricerca di uniformità all’interno del singolo quartiere e talvolta si hanno delle vere e proprie zone buie.

 L’illuminazione architettonica: questo ultimo macro gruppo comprende i sistemi di illuminazione di singole entità, come monumenti, piazze, facciate di edifici, parchi. Questo tipo di approccio progettuale porta da una parte alla valorizzazione di determinati luoghi ed elementi, dall’altra genera il rischio di una discontinuità nel tessuto urbano notturno. Nella città di Pisa si riscontrano inoltre molti edifici e spazi che necessiterebbero di una apposita illuminazione di tipo architettonico ma che attualmente ne sono sprovvisti, scontando una vera e propria esclusione dal panorama notturno della città. Pisa è tra i comuni che non ha ancora adottato un Piano Regolatore dell’Illuminazione Comunale (PRIC), motivo per cui non vi è una progettazione organica e completa della illuminazione pubblica. Gli interventi dell’amministrazione riguardano principalmente due ambiti: le nuove urbanizzazioni e le manutenzioni straordinarie. I primi sono i casi in cui è necessario un impianto di illuminazione ex novo, magari per la costruzione di una strada nuova. Le ultime tendenze sono quelle di inserire lampade a led, che risultano però essere molto onerose. I secondi sono i casi in cui si ha necessità di un intervento su un impianto esistente che però ecceda la manutenzione ordinaria, di cui si occupa direttamente la ditta che ha l’incarico di gestione.

Gli ultimi interventi effettuati hanno riguardato l’illuminazione di:

 Piazza delle Vettovaglie: installazione di proiettori sulle colonne del porticato

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 Piazza dei Cavalieri: illuminazione delle facciate

 Via Santa Maria: inserimento lanterne

 Mura storiche: proiettori

In alcune situazioni sono stati installati dei sistemi di regolazione del flusso luminoso delle lampade: questi interventi si sono rivelati di scarsissimo successo a causa della presenza -pressoché totale- di impianti di tipo misto. In impianti del genere, essendo le lampade di diverse tipologie, esse reagiscono in maniera diversa all’abbassamento del flusso, al punto da comportare spesso problematiche di rottura delle stesse. Risulta molto raro, se non quasi impossibile, avere un quadro elettrico a cui fanno capo lampade tutte uguali in modo da poter permettere l’utilizzo dei sistemi di regolazione del flusso; per questo motivo vengono raramente installati.

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35 3.1 La luce come elemento riqualificante

Urban Light, Chris Burden, www.artribune.com/wp-content/uploads/2015/05

E’ possibile progettare l’illuminazione pubblica tramite una suddivisione della città in ambiti di intervento, caratterizzati da omogeneità di spazi e conseguente richiesta di un’illuminazione apposita. I principali ambiti di intervento riguardano le aree pedonali, le aree verdi, i complessi monumentali, gli impianti sportivi e per spettacoli, i complessi industriali e le infrastrutture. Per ciascun ambito di intervento risultano preponderanti uno o più aspetti dell’illuminazione, relativi alle particolari necessità dell’area, generando quindi un approccio progettuale -finora utilizzato- che si basa sul distribuire la luce nel tessuto urbano per punti focali e per zone circoscritte. L’esito è quello di una rete di illuminazione che presenta caratteri di disomogeneità ma che soprattutto risulta essere statica e poco adattabile alla variabilità delle esigenze ed alla mutabilità del paesaggio. Inoltre una caratteristica fondamentale per la percezione degli spazi urbani nelle ore notturne è rappresentata dalla uniformità dell’illuminazione, poco rispettata nel caso in cui si decida di illuminare esclusivamente con un criterio per ambiti di intervento, con il risultato di avere emergenze architettoniche illuminate all’interno di un contesto in penombra. Ad accentuare questa situazione vi è anche il fatto che spesso gli impianti sono stati costruiti sotto la spinta di necessità contingenti o di occasionali disponibilità economiche, mancando perciò di una coordinazione degli interventi, sia nello spazio che nel tempo.

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36 L’evoluzione dell’approccio progettuale ha portato all’attuale orientamento che prevede una distribuzione dell’illuminazione pubblica non secondo gli statici ambiti d’intervento ma secondo i sistemi di cui si compone un aggregato urbano, come il sistema dei percorsi e delle aree di sosta per i pedoni, il sistema degli aggregati residenziali, il sistema infrastrutturale, il sistema delle aree verdi ecc. Tali sistemi, che devono essere ben integrati tra loro, rappresentano la natura dinamica della città notturna, complementare a quella diurna, della quale si cerca di favorire una lettura complessiva e non frammentaria. La questione quindi si sposta da un livello quantitativo ad uno qualitativo, dove la percezione dello spazio urbano consentita dall’illuminazione diventa la chiave di lettura della città notturna. La progettazione degli impianti non può quindi prescindere dal relazionarsi con la configurazione dello spazio urbano, nelle sue declinazioni statiche e dinamiche, affrontato come un insieme complesso e continuo di attimi percettivi. Il progettista costruisce scene e panorami luminosi che sono frutto dell’interpretazione dei significati che un particolare luogo urbano ha assunto nel tempo per la comunità che vi abita.8

Partendo dall’assunto che non sia possibile, quanto piuttosto inutile, illuminare la totalità di un aggregato urbano, l’obiettivo diventa quello di illuminare le aree interessate dall’attività dell’uomo in fase notturna, in modo da permettere la riconoscibilità degli spazi suddetta. In termini logici, potremmo dire che la distribuzione dell’illuminazione debba essere proporzionale alla quantità di attività umane dislocate nello spazio urbano. Le attività umane in fase notturna possono essere legate alla presenza di attività commerciali od a spazi appositamente dedicati alla collettività, come parchi o stadi, ma una buona parte di queste è rappresentata dallo spostamento delle persone, che generano flussi di vario tipo -pedonale, ciclabile, veicolare. Per quanto riguarda il traffico veicolare, l’illuminazione stradale viene progettata secondo le indicazioni di apposite norme, che fanno riferimento al codice della strada. La questione si sposta quindi su come affrontare la progettazione dell’illuminazione adeguata al flusso pedonale all’interno delle città, combinando le esigenze di efficienza dell’impianto, riduzione dei consumi e qualità dell’ambiente notturno. La conoscenza e l’analisi di questi flussi, il loro andamento, la quantità e la qualità, può divenire un ottimo strumento grazie al quale sviluppare una progettazione di illuminazione pubblica adeguata e “su misura”.

8 Gianni Forcolini, Lighting. Lampade, apparecchi, impianti. Progettazione per ambienti interni ed esterni, Hoepli Editore, 2004, p. 316

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37 3.2 L’analisi configurazionale come lettura del territorio

Axial map della città di Pisa

Esistono diversi modelli sviluppati per studiare la previsione delle correnti di traffico all’interno delle città. Principalmente si distinguono due correnti: i modelli basati sull’interazione spaziale e quelli configurazionali. I primi fanno uso della teoria gravitazionale e sostengono che la distribuzione dei flussi sia governata dalla consistenza e la posizione delle attività insediate, assumendo lo spazio urbano come una condizione invariante che non influisce nel funzionamento del sistema. I modelli configurazionali invece sostengono che l’articolazione dello spazio urbano sia il fattore primario della produzione del movimento e della conseguente localizzazione delle attività, poiché il modo in cui gli utenti si muovono in un insediamento dipende dal modo in cui essi percepiscono il suo spazio. Questo movimento avviene secondo una serie di percorsi lineari correlati alle linee visuali: si può quindi modellare lo spazio urbano come una griglia, la cui struttura e morfologia diviene quindi la caratteristica determinante. Questo metodo è fondato sull’ipotesi dell’esistenza di una frazione del movimento pedonale, il cosiddetto movimento naturale, che non dipende dalla presenza di specifici generatori di traffico, ma dalla configurazione stessa della griglia, e che è funzione delle sue proprietà intrinseche.9

L’analisi configurazionale si pone in una posizione interessante per il tema in questione: il problema dell’illuminazione pubblica è legato agli eccessivi consumi, all’inquinamento ed alla qualità dell’ambiente notturno. Si parla

9 Valerio Cutini, Spazio urbano e movimento pedonale. Uno studio sull’ipotesi configurazionale,

Cybergeo: European Journal of Geography, documento 111, 26/10/1999 URL:

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38 quindi di illuminare il minimo indispensabile ma con buona qualità. Nella scelta di “cosa” e “dove” illuminare può venire in ausilio la conoscenza della distribuzione del traffico all’interno di una città, aspetto trattato nell’ambito di diverse metodologie, tra cui appunto l’analisi configurazionale.

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39

3.3 Il “sillogismo”

http://sfuwoodwards.ca/global/images/syllogism2.jpg

La metodologia che è stata applicata in questa tesi porta avanti parallelamente due campi di studio: urbanistica ed illuminotecnica. L’obiettivo che è stato posto è quello di sviluppare una progettazione dell’illuminazione degli spazi pubblici che generi equilibrio tra i numerosi aspetti connessi, da quello sociale, a quello tecnico, a quello energetico, a quello architettonico e via dicendo. Il punto di partenza è rappresentato dall’uomo: lo spazio pubblico è per definizione quello spazio dove l’uomo decide di espletare le proprie attività di natura sociale. Perciò lo spazio pubblico, soprattutto quello notturno che segue delle logiche diverse da quello diurno, non è definito a priori e il progettista deve essere capace di leggerlo e capirlo. E’ stato scelto di utilizzare l’analisi configurazionale come strumento di lettura dello spazio di una città, poiché questa permette la conoscenza di informazioni legate al comportamento dell’uomo all’interno di essa.

La metodologia che è stata sviluppata nella ricerca di questa tesi può essere schematicamente ed intuitivamente riassunta in un sillogismo:

1. L’uomo “segue” la configurazione urbana 2 L’illuminazione deve “seguire” l’uomo

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40 Il primo enunciato esprime concettualmente la teoria, studiata e verificata, che è alla base dell’analisi configurazionale, ovvero che gli spostamenti dell’uomo seguono il movimento naturale intrinseco alla griglia urbana. Il secondo enunciato mette in evidenza come l’illuminazione pubblica abbia per definizione una natura “a posteriori”, ovvero quella di accondiscendere alle esigenze dell’uomo. Il terzo enunciato contiene il nucleo della ricerca in esame, affermando che quindi l’analisi configurazionale possa rappresentare un utile strumento di supporto alla progettazione dell’illuminazione urbana. Questo sillogismo è stato applicato al caso di studio della città di Pisa. E’ stata sviluppata l’analisi configurazionale su tutta la griglia urbana, grazie all’utilizzo del software DepthMapX. Sono state estrapolate informazioni riguardo i principali parametri configurazionali e sulla base di queste è stato scelto un campione di strade che fosse rappresentativo ed esaustivo. Sono state selezionate 40 strade con caratteristiche tali da “coprire” tutto l’arco dei valori degli indici configurazionali scelti. Su ogni strada sono stati effettuati dei rilievi dell’illuminazione, sia per quanto riguarda il tipo di impianto e le sue caratteristiche esterne, sia misurando i valori di determinate grandezze illuminotecniche. Parallelamente, sulle stesse strade sono stati svolti dei rilievi di flusso (esclusivamente pedonale). Una volta raccolti questi dati, sono stati elaborati al fine di verificare che i parametri configurazionali risultassero effettivamente correlati alla distribuzione del flusso pedonale -in modo da validare l’utilizzo di tale analisi- e, dall’altra parte, confermare che invece non vi è nessuna relazione tra la distribuzione dei flussi e l’illuminazione. I risultati ottenuti hanno quindi permesso di sviluppare delle linee guida generalizzabili per affrontare la progettazione dell’illuminazione pubblica all’interno di una città. Nel caso di Pisa è stato utilizzato questo metodo per approcciarsi alla questione della riqualificazione dello spazio urbano notturno, proponendo un progetto di social lighting.

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41 3.4 Social Lighting

www.sociallightmovement.com

Le teorie che stanno alla base del Social Lighting , in generale, non sono nuove nel panorama della progettazione urbana, basti pensare ad esempio alla progettazione partecipata, dove la collaborazione della comunità è fondamentale nella realizzazione di un progetto e dove, molto spesso, tema centrale di dibattito è l’illuminazione, strumento garante di sicurezza. Con un ‘illuminazione progettata può cambiare radicalmente la percezione e l’attrattività di un luogo. La sensazione di sicurezza e di protezione che si avverte in un ambiente è fortemente influenzata dal dominio visivo dello spazio circostante e dalla generale familiarità con il sito; il primo fattore dipende direttamente dall’illuminazione ma anche il secondo può essere influenzato. È dunque fondamentale offrire la possibilità di essere attratti da un luogo ma anche di vedere e di riconoscerne le peculiarità e di percepirne la sicurezza. L’illuminazione può connotare fortemente la percezione di sicurezza di uno spazio urbano, non soltanto attraverso l’azione fisica del vedere, ma anche attraverso un’azione indiretta, tramite la creazione di un’immagine del luogo, percepita come positiva.

L’idea tradizionale di illuminazione pubblica urbana è basata su un duplice approccio: da una parte, risparmio economico e prestazioni tecnologiche basate su dati quantitativi, dall’altro il contributo creativo di professionisti del

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42 lighting design impegnati nel valorizzare la bellezza urbana e rafforzare l’esperienza notturna della città. Da una parte vi è il controllo dell’illuminazione da parte delle pubbliche amministrazioni al fine di risparmio energetico ed esigenze funzionali; dall’altra linee guida di buona pratica supportate dal lighting design sostengono che l’illuminazione urbana abbia lo scopo di provvedere una buona qualità della luce nella sua esperienza sociale. A questo proposito, sta emergendo un “social oriented lighting design” come un interessante approccio indirizzato a progettare città più socialmente accessibili ma anche a sviluppare un tipo di illuminazione urbana più sostenibile. Rispetto agli aspetti energetici, tecnici ed economici, i valori umani, sociali e cognitivi dell’illuminazione urbana rappresentano un campo di investigazione molto giovane e quindi complesso da analizzare. Inoltre, le ricerche attuali in questo campo sono soprattutto incentrate sugli ambienti interni mentre ricerche in contesto urbano sono ancora mancanti di una metodologia concreta. Studi odierni stanno confermando come sia possibile implementare scenari di illuminazione più sostenibili, concentrando l’attenzione sulle persone: la “social oriented lighting” sembra aver trovato una strada per conciliare aspetti ambientali, sociali ed energetici attraverso scenari di risposta che possono trasformare lo spazio urbano grazie ad un forte potere evocativo e, allo stesso tempo, ristabilire una relazione di fiducia tra gli abitanti e la città notturna. In particolare il colore della luce, la sua distribuzione e vicinanza sono strettamente legati al comfort visivo ed alle impressioni di ambienti ospitali, accessibili ed intimi. Inoltre, le tecnologie di risposta ed interazione dell’illuminazione influenzano positivamente l’esperienza della notte in modo evocativo e divertente, permettendo una personalizzazione dello spazio e stimolando la socializzazione tra i fruitori: le persone possono così diventare protagonisti attivi nella definizione dell’atmosfera luminosa urbana.10

La luce è un sistema aperto in grado di reagire a diversi scenari e di modificarsi in base al modo in cui i visitatori esplorano lo spazio e reagiscono al suo design favorendo esperienze diverse e percezioni imprevedibili della città . In questo senso, la soluzione di Smart Lighting non consiste nell’interpretazione dell’hardware utilizzato ma si basa sulla relazione integrata con il software, ovvero la comunità, a cui è data la possibilità di modificare l’hardware. 11

10 Daria Casciani, Urban Social Lighting. Exploring the social dimension of urban lighting for

more sustinable urban nightscapes, Aprile 2014. URL:

http://dariacasciani.net/2014/04/18/urban-social-lighting/

11 Daria Casciani, Le notti urbane del domani: luci puntate sui cittadini, Lighting efficiency

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44 4.1 Background

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/d5/Nocube.svg/2000px-Nocube.svg.png

La configurazione della griglia urbana ha da sempre ricevuto notevole attenzione in campo geografico e urbanistico territoriale: la forma delle reti stradali che la compongono risulta spesso complessa e le sue proprietà difficilmente possono essere ricavate da semplici modelli costituiti ad esempio da griglie regolari. Negli ultimi anni però la recente disponibilità di una gran quantità di dati e di software hanno aperto la possibilità ad analisi quantitative e a modellizzazioni di queste configurazioni. Prima di procedere a descrivere le principali tecniche di analisi dei layout urbani e di adottarle su casi reali, è utile formulare una rappresentazione semplificata delle reti cittadine in modo da comprendere le relazioni che si instaurano fra le varie componenti che le costituiscono.

Uno degli approcci alla descrizione delle reti stradali più semplice e intuitivo consiste nel rappresentare la rete con un grafo i cui archi rappresentano le strade e i cui vertici rappresentano le intersezioni tra le strade o i punti terminali. Questo grafo è chiamato rappresentazione primaria (Porta e al., 2006). Esso ha preso subito il primo piano nelle implementazioni delle network analysis in campo territoriale per via della sua modalità semplice di associare a ogni arco, una volta definiti gli spazi come punti e le relazioni tra questi come archi, una delle componenti delle dimensioni geografiche più utilizzata, la distanza.

In opposizione alla rappresentazione primaria, un'altra modalità per semplificare la descrizione della rete urbana consiste nel definire un grafo i cui

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