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IL MITO DELLA CREAZIONE NEL LIBRO DEI SALMI

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

Le affinità esistenti tra gli elementi mitologici presenti nella Bibbia ebraica e i testi mitologici del Vicino Oriente antico hanno suscitato l’interesse degli studiosi fin dalla decifrazione dei primi testi in scrittura cuneiforme, nella metà del XIX secolo. Hermann Gunkel è l’autore del primo studio, intitolato Schoepfung und Chaos in Urzeit und Endzeit1, in cui è stato fatto un confronto tra la Bibbia ebraica e

un’opera della letteratura mesopotamica. In esso l’autore prendeva in considerazione il concetto di creazione espresso in alcuni libri della Bibbia ebraica, vale a dire la Genesi, i Salmi, i libri profetici e il libro di Giobbe, e lo confrontava col poema babilonese Enuma elish, in cui si narra dell’uccisione di Tiamat, il mostro delle acque primordiali, da parte di Marduk e della successiva creazione dell’universo mediante l’utilizzo del corpo del mostro. Gunkel riteneva che la narrazione di tipo cosmogonico contenuta nel primo capitolo della Genesi avesse un’origine differente da quelle presenti nel resto della Bibbia ebraica. Queste ultime sarebbero sorte, infatti, per influenza delle concezioni babilonesi espresse nell’Enuma elish. A questa visione si è opposto A. Heidel2, facendo notare,

soprattutto, che il termine ebraico tehom, indicante le acque primordiali, non può

essere derivato direttamente da Tiamat, ma anche che i due termini possono avere un’origine comune. Posteriori di qualche anno rispetto all’opera di Gunkel sono tre studi di A. J. Wensinck3, concepiti come una trilogia sulla religione dei

popoli semitici occidentali. Nel primo studio l’autore esamina il concetto di ombelico del mondo, nel secondo quello di oceano, nel terzo si occupa dell’immagine dell’albero cosmico. Nella prefazione allo studio sul concetto di oceano, l’autore spiega di aver circoscritto il campo della ricerca al mondo

1 Pubblicato a Goettingen nel 1895.

2 Heidel A., The Babylonian Genesis, Chicago 1951.

3 Wensinck A. J., The Ideas of Western Semites concerning the Navel of the Earth, Amsterdam 1916-The Ocean in the Literature of the Western Semites, Amsterdam 1918-Tree and Bird as Cosmological Symbols in Western Asia, Amsterdam 1921.

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semitico-occidentale, preferendo innanzitutto analizzare testi letterari provenienti da un ambiente culturale simile, in modo da fornire una base da cui sviluppare, eventualmente, ricerche di argomento più esteso. Integrare quello che non ci è noto della letteratura dei popoli semitici occidentali con dati presi dalle opere mesopotamiche può portare, secondo Wensinck, a negare l’autonomia culturale della zona.

La decifrazione dei testi rinvenuti a Ras Shamra-Ugarit , che avevano una notevole somiglianza dal punto di vista culturale con i libri biblici, determinò un notevole mutamento nella metodologia di studio della Bibbia ebraica: gli studiosi, infatti, si avvalevano spesso di un confronto con la letteratura ugaritica per le loro interpretazioni del testo biblico. D’altra parte, però, anche gli studi dedicati alla cultura di Ugarit hanno fatto frequentemente ricorso al raffronto con i libri della Bibbia ebraica. M. Dahood4, che utilizzava un metodo marcatamente linguistico

nel confrontare i testi ugaritici e quelli biblici, è tra i maggiori esponenti di questa corrente di pensiero. I principali esponenti della scuola scandinava5 si dedicarono

invece allo studio degli elementi mitologici all’interno della Bibbia ebraica, analizzando i rapporti tra la religione ebraica antica e le culture circostanti in una prospettiva storico-religiosa.

Questa tesi analizza dei salmi contenenti alcune antiche tradizioni mitologiche che concernono la creazione e, successivamente, li confronta con alcune opere letterarie della tradizione mesopotamica, che contengono dei temi mitologici simili.

La creazione, basandoci su ciò che è descritto nel libro dei Salmi, comporta una lotta tra Yhwh e le acque primordiali, chiamate in ebraico, mayim rabbim, mayim, tehom, yam, che costituiscono le forze del caos che si oppongono alla creazione,

insieme ai morti e agli altri abitanti degli inferi, in ebraico she’ol. Io mi occuperò

principalmente delle acque primordiali, facendo occasionali riferimenti alle forze della morte, soprattutto negli ultimi due capitoli, in cui confronterò le concezioni ebraiche con quelle mesopotamiche.

4 Dahood M., Ugaritic-Hebrew Philology, Roma 1965. Si vedano anche gli articoli: Hebrew-Ugaritic Lexicography I-XII, Biblica 44-45 (1963-74).

5 Ahlstroem, Engnell, Haldar, Hvidberg, Mowinckel, Nyberg, Riesenfeld, Widengren.

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Le acque primordiali dovrebbero essere considerate, a mio parere, una divinità caotica e non una semplice personificazione dell’acqua, per due motivi principali: il primo si deduce dai salmi, che mettono spesso in evidenza la loro potenza: l’esistenza o meno del mondo, infatti, è incerta e dipende dalla sconfitta o dalla vittoria delle acque primordiali, che quindi devono essere ontologicamente pari al loro avversario, Yhwh. Il secondo motivo si evince dai racconti cosmogonici delle altre culture del Vicino Oriente, come il Ciclo di Baal ugaritico e l’Enuma elish babilonese, in cui le acque primordiali, rispettivamente Yam e Tiamat, erano considerate delle divinità a tutti gli effetti. Come prova ulteriore del fatto che non si dovrebbe considerare il tema della lotta cosmogonica nella Bibbia ebraica come una semplice metafora poetica va citato lo studio di J. D. Levenson6, in cui si

afferma, anzi, che il mito di lotta o “combat myth” sarebbe un concetto teologico centrale dell’ebraismo. La battaglia cosmogonica, inoltre, non rappresenterebbe un evento definitivo, ma segnerebbe l’inizio di un equilibrio precario tra le forze del caos e le forze del mondo ordinato, che sarebbero destinate a fronteggiarsi con risultati alterni per tutto il corso della storia.

Dopo aver esaminato l’originario combattimento di Yhwh con le acque primordiali, mi sono occupato, nel secondo capitolo, delle lotte che si verificano dopo la creazione, che deve essere difesa dagli assalti del caos. Il terzo capitolo costituisce un confronto tra l’Enuma elish e le concezioni ebraiche che sono state esaminate nel primo capitolo; nell’ultimo capitolo, invece, si metteranno in parallelo le concezioni ebraiche espresse nel secondo capitolo e quelle contenute in alcune opere della letteratura mesopotamica, sia in sumerico che in accadico.

6 Levenson J. D., Creation and the Persistence of Evil. The Jewish Drama of Divine Omnipotence, San Francisco 1988, 48.

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