• Non ci sono risultati.

Sintesi e proprieta di auto-assemblaggio in massa ed in soluzione di copolimeri a pettine aventi catene laterali polisilossaniche e poliossietileniche

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Sintesi e proprieta di auto-assemblaggio in massa ed in soluzione di copolimeri a pettine aventi catene laterali polisilossaniche e poliossietileniche"

Copied!
87
0
0

Testo completo

(1)

Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale

Corso di Laurea Magistrale in Chimica Industriale

Tesi di Laurea Magistrale

S

INTESI E PROPRIETÀ DI AUTO

-ASSEMBLAGGIO IN MASSA ED IN SOLUZIONE

DI COPOLIMERI A PETTINE AVENTI CATENE

LATERALI POLISILOSSANICHE E

POLIOSSIETILENICHE

RELATORI CONTRORELATORE

Prof. Giancarlo GALLI Prof. Valter CASTELVETRO

Dott.ssa Elisa MARTINELLI

CANDIDATO

Giuseppe PISANO

(2)
(3)

Riassunto

In questo lavoro di tesi sono state sintetizzate due classi di copolimeri anfifilici casuali PEGMA-co-SiMAx (x = 10−45 mol%) e TRIGMA-PEGMA-co-SiMAx (x = 4−65 mol%) mediante polimerizzazione radicalica controllata RAFT a partire da un monomero idrofobo polisilossano metacrilato (SiMA) e un monomero idrofilo poliossietilene metacrilato TRIGMA o PEGMA, caratterizzati da un diverso numero di unità ossietileniche (3 per TRIGMA e 9 per PEGMA). La natura controllata della polimerizzazione ha permesso di modulare la composizione dei copolimeri permettendo così di investigare l’effetto del grado di anfifilia sulla loro capacità di auto-assemblarsi in soluzione, in massa ed alla superficie di film sottili.

Per tutti i copolimeri anfifilici idrosolubili è stato studiato il comportamento di auto-assemblaggio in acqua ed in solventi organici mediante misure di diffusione dinamica della luce (DLS) e diffusione dei raggi X a basso angolo (SAXS). In particolare, l’analisi DLS di soluzioni acquose dei copolimeri a temperatura ambiente ha evidenziato che i copolimeri TRIGMA-co-SiMAx e PEGMA-co-TRIGMA-co-SiMAx presentavano aggregati con diametri idrodinamici, rispettivamente, di 15−30 nm e 17−71 nm caratterizzati da dimensioni maggiori rispetto a quelle rilevate in solventi organici. Le misure SAXS hanno messo in evidenza che i copolimeri nei solventi organici erano ben solvatati ed adottavano una conformazione random coil, mentre in acqua si auto-assemblavano in aggregati multi-catena con morfologia “a manubrio”. I copolimeri solubili in acqua erano inoltre contraddistinti da un comportamento termoresponsivo del tipo a temperatura di consoluto inferiore (LCST) e presentavano una temperatura di trasformazione

(Ttrasf) reversibile dipendente da diversi fattori strutturali, inclusi la lunghezza della catena

poliossietilenica, la composizione del copolimero e la sua concentrazione nella soluzione acquosa. Dall’analisi DLS emergeva inoltre che a T > Ttrasf si aveva la formazione di aggregati

multi-catena caratterizzati da un diametro idrodinamico Dh di alcune centinaia di nanometri, le

cui dimensioni aumentavano all’aumentare della concentrazione del copolimero in acqua. I copolimeri TRIGMA-co-SiMAx e PEGMA-co-SiMAx a maggior contenuto di SiMA (SiMA  28% in moli), e quindi aventi un più spiccato carattere idrofobo, sono stati utilizzati per la preparazione di film sottili mediante spin-coating per valutarne le proprietà di bagnabilità con acqua. Le misure dell’angolo di contatto con acqua (W) dimostravano che W aumentava al

crescere del contenuto di SiMA e diminuiva rapidamente nel tempo a causa di una pronta ricostruzione superficiale del film; questa era attribuita alla migrazione dei segmenti ossietilenici all’interfaccia polimero-acqua. Il grado di responsività al contatto con acqua appariva inoltre dipendente dalla composizione del copolimero e più accentuata nei copolimeri a minor contenuto di SiMA.

Gli studi di calorimetria differenziale a scansione (DSC) mostravano che i copolimeri a base di TRIGMA avevano una natura amorfa, mentre quelli con PEGMA erano semicristallini. In ogni caso, i copolimeri di entrambe le classi erano microseparati in massa in domini idrofili ed idrofobi originati, rispettivamente, dalle catene laterali ossietileniche e silossaniche chimicamente incompatibili tra di loro.

(4)
(5)

Indice

1. Introduzione ... 1

1.1. Copolimeri anfifilici ... 1

1.2. Auto-assemblaggio dei copolimeri anfifilici in strutture micellari ... 2

1.2.1. Auto-assemblaggio dei copolimeri anfifilici a blocchi ... 4

1.2.2. Auto-assemblaggio dei copolimeri anfifilici casuali ... 5

1.2.3. Applicazioni dei copolimeri anfifilici ... 7

1.3. Proprietà termoresponsive ... 9

1.4. Polimerizzazione radicalica controllata/vivente (CRP) ... 11

1.5. Polimerizzazione RAFT ... 13

1.5.1. Generalità ... 13

1.5.2. Meccanismo ... 14

1.5.3. Monomeri e agenti RAFT ... 15

1.5.4. Cinetica ... 17

2. Scopo della tesi ... 19

3. Risultati e Discussione ... 22

3.1. Scelta dei monomeri ... 22

3.2. Sintesi dei copolimeri anfifilici ... 22

3.2. Cinetica e reattività dei copolimeri PEGMA-co-SiMAx e TRIGMA-co-SiMAx ... 30

3.2.1. Reattività dei copolimeri PEGMA-co-SiMAx e TRIGMA-co-SiMAx ... 30

3.2.2. Studio della cinetica dei copolimeri PEGMA-co-SiMAx ... 33

3.3. Proprietà termiche dei copolimeri ... 34

3.3.1. Analisi calorimetrica differenziale a scansione (DSC) ... 35

3.3.2. Analisi termogravimetrica (TGA) ... 37

3.4. Proprietà di bagnabilità ... 39

3.4.1. Stesura dei film polimerici ... 39

3.4.2. Misure di angolo di contatto statico... 40

3.5. Assemblaggio in soluzione ... 42

3.5.1. Trasmittanza UV-Vis ... 42

3.5.2. Diffusione dinamica della luce (DLS) ... 46

3.5.3. Diffusione dei raggi X a basso angolo (SAXS) ... 51

(6)

4. Considerazioni conclusive

... 59

5. Parte Sperimentale ... 62

5.1. Solventi e reagenti commerciali ... 62

5.2. Copolimeri PEGMA-co-SiMAx ... 64

5.3. Copolimeri TRIGMA-co-SiMAx ... 66

5.4. Copolimeri PEGMA-co-SiMAx e TRIGMA-co-SiMAx per il calcolo dei rapporti di reattività 68 5.4.1. Determinazione dei rapporti di reattività ... 69

5.5. Preparazione dei film sottili ... 70

5.6. Caratterizzazione dei prodotti di sintesi ... 71

5.6.1. Spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (NMR) ... 71

5.6.2. Cromatografia di permeazione su gel (GPC) ... 71

5.6.3. Diffusione dinamica della luce (DLS) ... 71

5.6.4. Diffusione dei raggi X a basso angolo (SAXS) ... 71

5.6.5. Trasmittanza della luce... 72

5.6.6. Assorbimento UV-Vis ... 72

5.6.7. Analisi termogravimetrica (TGA) ... 72

5.6.8. Analisi calorimetrica differenziale a scansione (DSC) ... 72

5.6.9. Angolo di contatto statico ... 73

(7)
(8)

1

1. Introduzione

1.1. Copolimeri anfifilici

Si può definire “copolimero” il risultato della polimerizzazione di due o più monomeri diversi che, in opportune condizioni, instaurano tra loro legami covalenti portando alla formazione di una catena polimerica in cui sono concatenate le unità reagite di entrambi i comonomeri. In funzione delle condizioni di reazione e della reattività dei comonomeri si ottengono copolimeri che differiscono per la loro struttura; considerando due monomeri, le strutture principali che si potranno ottenere sono le seguenti (Figura 1.1):

a) Copolimeri casuali: in cui i due comonomeri si presentano in successione casuale (statistica) lungo la catena.

b) Copolimeri alternati: in cui i due comonomeri si alternano in modo regolare lungo la catena.

c) Copolimeri a blocchi: in cui la catena è costituita da blocchi di un comonomero legati a blocchi costituiti dall’altro comonomero.

d) Copolimeri ad innesto: in cui la catena principale costituita dallo stesso tipo di unità monomeriche porta innesti di catene laterali di diversa lunghezza dell’altro monomero.

Figura 1.1 – Tipologie principali di strutture dei copolimeri.

Il termine “anfifilico” viene attribuito a quelle sostanze che presentano caratteristiche sia idrofile che idrofobe e vengono definite tali per dar conto della loro natura ambivalente rispetto all’affinità con l’acqua.

(9)

2

Nel caso di una molecola a basso peso molecolare, tale termine sta ad indicare che essa possiede congiuntamente una parte idrofilia ed una idrofoba. Per cui nel campo della chimica macromolecolare vengono definiti “copolimeri anfifilici” quei polimeri costituiti da monomeri idrofili ed idrofobi legati covalentemente tra loro. La presenza di tali porzioni all’interno della stessa macromolecola le conferisce alcune proprietà peculiari1. Di particolar rilievo risulta

essere l’auto-assemblaggio di tali copolimeri che dà vita ad una vasta gamma di strutture micellari talvolta caratterizzate da un valore di concentrazione critico, definito CMC (concentrazione micellare critica, in analogia con le molecole anfifiliche a basso peso molecolare), le quali in alcuni casi sono anche mutevoli in funzione della temperatura (proprietà termoresponsive). Inoltre, in funzione della distribuzione delle porzioni idrofile/idrofobe i polimeri anfifilici possono essere classificati in tre diverse classi2(Figura

1.2).

Figura 1.2 – Classificazione dei polimeri anfifilici

Sono compresi nella classe dei polisaponi gli omopolimeri ottenuti utilizzando un monomero anfifilico ed i copolimeri anfifilici di tipo casuale e alternato. Alla classe dei polimeri anfifilici a struttura complessa appartengono i copolimeri anfifilici a multiblocchi e quelli ramificati (aggraffati, a stella, ecc.); infine vi sono i copolimeri anfifilici a due blocchi che fanno parte della classe dei macrosurfattanti.

1.2. Auto-assemblaggio dei copolimeri anfifilici in strutture

micellari

L’auto-assemblaggio dei copolimeri anfifilici in un determinato solvente (solitamente acqua) è una strategia cardine per la realizzazione di nanomateriali polimerici compartimentati aventi una struttura tridimensionale ben definita e con funzionalità uniche.3-4

Polimeri anfifilici Polisaponi Copolimeri anfifilici casuali Copolimeri anfifilici alternati Omopolimeri anfifilici Architetture Complesse Copolimeri anfifilici a multiblocchi Ramificati (Aggraffati, a stella, ecc) Macrosurfattanti Copolimeri anfifilici a due blocchi

(10)

3

Il fenomeno dell’auto-assemblaggio è strettamente correlato con il rapporto idrofilo/idrofobo dei costituenti chimici, oltre alla struttura primaria (lunghezza della catena, sequenza delle unità ripetenti e composizione).

Per studiare e manipolare le proprietà di auto-assemblaggio, i copolimeri anfifilici sono stati generalmente sintetizzati mediante tecniche di polimerizzazione di precisione, tra cui di particolar rilievo risulta essere la polimerizzazione radicalica controllata.5-6-7 Grazie a ciò è

stato possibile ottenere polimeri aventi varie architetture, ad esempio: copolimeri anfifilici a blocchi2-8, casuali9-10, alternati11, a gradiente12-13 e copolimeri a stella14.

Il processo di auto-assemblaggio ha luogo a seguito della dissoluzione del copolimero anfifilico in un opportuno solvente selettivo, solitamente acqua, il quale si comporta da buon solvente nei confronti di una componente e da non-solvente nei confronti dell’altra, portando di conseguenza alla formazione di strutture micellari, le quali sono solitamente costituite da un “cuore” idrofobo e da una “corona” esterna consistente delle porzioni idrofile a contatto con il mezzo acquoso.15 Tali sistemi mostrano un’elevata stabilità termodinamica, poiché la forza che

guida il processo di auto-assemblaggio è la diminuzione globale dell’energia libera. Analogamente ai tensioattivi a basso peso molecolare, anche i copolimeri anfifilici, ad una data temperatura, a basse concentrazioni sono liberamente solubili e tendono ad interporsi all’interfaccia aria-acqua. All’aumentare della concentrazione, nel sistema, si raggiunge un punto in cui sia l’interfaccia che il bulk risultano saturati; da tale punto, definito come concentrazione micellare critica (CMC), un ulteriore aumento della concentrazione porta alla formazione di micelle all’interno della fase acquosa (Figura 1.3).

Figura 1.3 – Descrizione del processo di aggregazione

Nello specifico, il valore della CMC per i copolimeri anfifilici risulta essere di alcuni ordini di grandezza inferiore rispetto a quello dei tensioattivi a basso peso molecolare. Inoltre, gli aggregati micellari possono essere costituiti da poche unità fino a varie decine di molecole. Il numero di molecole polimeriche che formano le micelle viene definito “numero di aggregazione.

(11)

4

Dati i bassi valori della CMC caratteristici dei sistemi polimerici anfifilici, si deduce come essi risultino particolarmente stabili alla diluizione; ciò è un requisito di notevole importanza per le possibili applicazioni di tali sistemi nei campi fisiologico e farmacologico per il rilascio mirato di opportuni farmaci16.

Tra i copolimeri anfifilici, quelli oggetto di maggior studio sono i copolimeri anfifilici a blocchi in quanto danno luogo a strutture morfologicamente più ordinate che ne facilitano lo studio. Al contrario, le strutture che eventualmente possono essere generate dai copolimeri anfifilici statistici non sono di facile predizione e di conseguenza il loro studio risulta essere di maggior complessità. Inoltre si deve sottolineare che il processo di auto-assemblaggio di tali copolimeri può realizzarsi in modo del tutto speciale anche come ripiegamento della singola catena macromolecolare in un solvente selettivo.17 In tale caso si ottiene la formazione di una

cosiddetta micella unimera (Figura 1.4).

Figura 1.4 – Rappresentazione del differente auto-assemblaggio dei copolimeri anfifilici statistici (a sinistra) e a blocchi (a destra) in soluzione.

Tali strutture unimolecolari hanno solitamente dimensioni al di sotto di 10 nm; per cui risultano molto interessanti in quanto possono essere prodotte con un notevole grado di semplicità dell’ingegnerizzazione macromolecolare rispetto alle nanotecnologie convenzionali. Di seguito entreremo più nel dettaglio sull’auto-assemblaggio dei copolimeri anfifilici a blocchi e casuali in modo da rendere più chiare le differenze ed esaltare come struttura e composizione abbiano una notevole influenza sui loro rispettivi comportamenti in soluzione.

1.2.1. Auto-assemblaggio dei copolimeri anfifilici a blocchi

I copolimeri a blocchi sono presenti sotto una vasta gamma di architetture, ovvero come copolimeri a blocchi lineari, casuali, ad innesto, ciclici, a stella e altri ancora; questi possono organizzarsi spontaneamente, in determinate condizioni, dando luogo ad aggregati con diverse morfologie.18,19 Tra questi, i sistemi più comuni e ampiamente studiati, sono i copolimeri

anfifilici a blocchi lineari definiti come macromolecole costituite da due o più blocchi, i quali sono legati tra loro mediante legami covalenti e sono caratterizzati da distinte e specifiche proprietà di solubilità responsabili del fenomeno dell’auto-assemblaggio in solventi selettivi. L’auto-assemblaggio nasce dalla necessità delle catene polimeriche di minimizzare le interazioni solvofobiche energeticamente sfavorevoli.

(12)

5

Pertanto, la formazione delle micelle è correlata a due forze opposte, la forza di attrazione tra blocchi insolubili, che porta all’aggregazione, e quella di repulsione tra i blocchi solubili che impedisce la crescita illimitata della micella. Allo stesso tempo, l’interazione tra i blocchi solubili e il solvente è responsabile della stabilizzazione delle micelle stesse.18,20 La morfologia

degli aggregati micellari risultanti è correlata principalmente alla curvatura molecolare intrinseca, derivante dalle dimensioni relative dei domini solubili e insolubili e questo influenza l’assemblaggio delle catene polimeriche all’interno degli aggregati. Il parametro di impaccamento, p, può essere utilizzato per definire le dimensioni relative della regione insolubile del copolimero (Equazione 1.1).20 L’equilibrio tra le interazioni idrofobe e idrofile dà

luogo ad una superficie ottimale, a0, del blocco insolubile all’interfaccia tra i blocchi solubili e

insolubili. Quest’area, insieme alla lunghezza, lc, e al volume, v, del blocco insolubile influiscono

sul parametro di impaccamento:

𝑝 = 𝑣 𝑎0 𝑙𝑐

Equazione. 1.1 Il parametro di impaccamento esprime il rapporto tra il volume della catena molecolare insolubile rispetto al volume effettivamente occupato dal copolimero auto-assemblato, quindi consente di ottenere la morfologia più probabile a seguito del processo di auto-assemblaggio (Figura 1.5). Mediante una regola empirica è stato osservato che è più probabile la formazione di micelle sferiche quando p ≤ 1/3 , di micelle cilindriche quando 1/3 < p ≤ 1/2 ed infine per 1/2 < p ≤ 1 di membrane (vescicole, polimerosomi)20,21.

Figura 1.5 – Strutture derivanti dall’auto-assemblaggio di copolimeri anfifilici a blocchi in un solvente selettivo.

1.2.2. Auto-assemblaggio dei copolimeri anfifilici casuali

L’interesse nello studio dell’auto-assemblaggio dei copolimeri anfifilici casuali è molto più recente rispetto a quello dei copolimeri a blocchi, i quali appunto presentano, come vantaggio, correlazioni struttura-proprietà relativamente semplici e fondate teoricamente.

(13)

6

Tuttavia i copolimeri a blocchi soffrono di uno svantaggio significativo in termini di complessità sintetica, in quanto sono generalmente richiesti più stadi di reazioni controllate o trattamenti di post-polimerizzazione come reazioni di sostituzione, innesto, idrolisi o aggraffaggio.22-23 Tali

difficoltà invece non sussistono nella sintesi dei copolimeri anfifilici casuali, in quanto è normalmente richiesto un singolo stadio di reazione in cui si realizza la copolimerizzazione, eventualmente controllata, di due (o più) monomeri differenti. Un’ulteriore differenza tra copolimeri anfifilici a blocchi e casuali consiste nel diverso comportamento in soluzione. Infatti è stato osservato che nel processo di auto-assemblaggio i copolimeri a blocchi tendono prevalentemente a formare aggregati di dimensioni variabili da alcune decine a centinaia di nanometri a seguito della formazione di associazioni multi-catena mediante interazioni intermolecolari. Invece i copolimeri anfifilici casuali, a seguito del processo di assemblaggio, mostrano in alcuni casi la tendenza ad interagire mediante interazioni intramolecolari portando alla formazione di micelle unimere con diametri idrodinamici inferiori a circa 10 nm; alternativamente possono organizzarsi con interazioni intermolecolari formando aggregati multi-catena di alcune decine di nanometri.24 Tali caratteristiche rendono i copolimeri anfifilici

casuali molto interessanti, sia dal punto di vista della ricerca di base che dal punto di vista della ricerca applicata.

Tra i copolimeri anfifilici casuali oggetto di maggior studio in letteratura vi sono quelli di natura metacrilica con catene laterali idrofile di polietilen glicol metacrilato (PEGMA) ed idrofobe di butil metacrilato (BMA) o dodecil metacrilato (DMA)25, come mostrato in Figura 1.6 .

Figura 1.6 – Auto-assemblaggio intramolecolare o intermolecolare di copolimeri anfifilici PEGMA/RMA (R = butile, dodecile) in soluzione acquosa.

Di questi copolimeri PEGMA/RMA, sintetizzati mediante polimerizzazione radicalica vivente catalizzata da rutenio, è stata studiata l’influenza del grado di polimerizzazione (DP) sul processo di auto-assemblaggio al variare della composizione relativa dei comonomeri.24 E’

stato individuato per tali copolimeri un valore del grado di polimerizzazione “critico” (DPth), al

di sotto del quale prevalevano le interazioni intermolecolari e per il quale si osservava la formazione di aggregati multi-catena; al di sopra di DPth prendevano il sopravvento le

interazioni intramolecolari comportando l’aggregazione della singola catena, ovvero la formazione di micelle unimere.

Sulla basa di tale studio24 sono state successivamente investigate le proprietà di

auto-assemblaggio di copolimeri anfifilici casuali a base di PEGMA/RMA, in cui il pendente alchilico variava mentre il PEGMA rimaneva il medesimo.26-27

(14)

7

Da tale studio è emerso che si avevano interazioni intermolecolari, e quindi la formazione di aggregati multicatena, se la catena laterale alchilica (R) aveva una lunghezza superiore del tipo R > C4, oppure se la frazione in peso del componente idrofobo (HWF) risultava essere HWF >

30% in peso. Sulla scorta di tali risultati, è stato proseguito lo studio dei sistemi PEGMA/RMA in cui però veniva variata anche la lunghezza della catena ossietilenica del PEGMA oltre che del pendente alchilico (Figura 1.7). La variazione della lunghezza della catena laterale idrofila esercitava un ruolo importante nella stabilizzazione della micella, in quanto stabilizzava il cuore idrofobo in acqua. Il processo di auto-assemblaggio in acqua dipendeva anche dalla lunghezza delle catene laterali (sia idrofobi che idrofili), oltre che dal loro contenuto relativo e dal loro grado di polimerizzazione (Figura 1.7).

Figura 1.7 – Dipendenza dell’auto-assemblaggio dei copolimeri PEGMA/RMA dalla lunghezza delle catene laterali idrofile e idrofobe in soluzione acquosa.

Inoltre è stato riscontrato che25, a parità di contenuto del 30% in moli di RMA, si aveva la

formazione di micelle unimere le cui dimensioni erano dipendenti dal grado di polimerizzazione per i copolimeri PEG4,5MA/BMA; invece si aveva la formazione di aggregati micellari multi-catena le cui dimensioni rimanevano costanti indipendentemente dal grado di polimerizzazione per i copolimeri PEG4,5MA o PEG8,5MA/DMA.

Da questo esempio illustrativo della letteratura si evince quanto sia complesso lo studio del comportamento in soluzione dei copolimeri anfifilici casuali poiché bisogna tener conto di una molteplicità di fattori al fine di poter dirigere il processo di auto-assemblaggio verso le (nano)strutture desiderate.

1.2.3. Applicazioni dei copolimeri anfifilici

I copolimeri anfifilici grazie alle loro proprietà di auto-assemblaggio hanno riscosso un notevole interesse ed oggi sono oggetto di studio in diversi ambiti grazie alle molteplici applicazioni per le quali possono essere adoperati.

Una delle potenziali applicazioni è il trasporto e rilascio mirato di farmaci in quanto tali copolimeri a seguito del processo di auto-assemblaggio formano strutture aventi dimensioni che vanno da pochi ad alcune centinaia di nm28.

(15)

8

Quasi tutte le vie di somministrazione dei farmaci hanno beneficiato di strutture micellari come nano-contenitori (Figura 1.8) in modo da incrementarne la biodisponibilità e ridurne gli effetti avversi.29,30

Figura 1.8 – Auto-assemblaggio di copolimeri anfifilici con formazione di nanomicelle per applicazioni nel trasporto di farmaci.

I vantaggi nell’adoperare tali strutture come mezzi di trasporto per farmaci sono molteplici, tra cui:

1) Le dimensioni ridotte (tipicamente inferiori a 100 nm) consentono l’iniezione direttamente nel flusso sanguigno senza causare vasocostrizione.31

2) La presenza di catene di polietilenglicol (PEG) nella struttura riduce notevolmente l’adesione da parte delle opsonine32 (ovvero si riduce il rischio di fagocitosi).

3) L’incremento del tempo di circolazione e le nanodimensioni fanno sì che si abbia un accumulo preferenziale nei tessuti che presentano un’elevata permeabilità vascolare e sistemi di drenaggio compromessi, caratteristiche tipiche delle cellule tumorali o di siti infiammati33.

4) La loro stabilità strutturale, statica e dinamica, è essenziale per le applicazioni in vivo. 5) La possibilità di funzionalizzare e bioconiugare la struttura ne incrementa l’efficacia

terapeutica.

Il ripiegamento di una singola catena polimerica per dar vita alla micella unimera può rappresentare un ulteriore strumento per produrre nanosistemi che possono essere applicati in molteplici settori in modo molto efficace, in particolare in termini di economia atomica.34,35

I copolimeri anfifilici possono trovare utili impieghi anche nel settore della catalisi, in quanto le micelle possono fungere da nanoreattori in soluzione, specialmente acquosa. Ciò risulta essere vantaggioso rispetto ai comuni utilizzi dei polimeri come supporti solidi per catalizzatori, in quanto questi sistemi possono subire lisciviazione dei metalli durante le reazioni o i processi di recupero; ciò ne riduce l’attività catalitica e li rende meno ecosostenibili. Questi problemi potrebbero essere superati in modo ottimale mediante l’incorporazione del catalizzatore nei copolimeri utilizzando un ligando opportuno, ad esempio per catalizzare le reazioni di ossidazione e riduzione (Figura 1.9).

(16)

9

Figura 1.9 – Micella polimerica come nanoreattore in catalisi.

Un esempio di tali sistemi è rappresentato da polimeri anfifilici contenenti complessi del rutenio, i quali sono stati testati come catalizzatori rispetto a reazioni di ossidazione di alcoli secondari36 ed idrogenazione di chetoni,37,38dimostrandosi sistemi catalitici performanti,

stabili e validi in catalisi organica.

Altri campi di applicazione promettenti per i copolimeri anfifilici sembrano quelli del recupero delle frazioni pesanti del petrolio,39 del bio-imaging40, dei sensori41 e della cosmetica42.

1.3. Proprietà termoresponsive

Nell’ambito della scienza dei materiali, la proprietà di responsività si riferisce alla capacità di risposta che un materiale dà quando viene sottoposto ad uno stimolo esterno. Nello specifico vengono definiti termoresponsivi quei materiali che mostrano una drastica variazione di una (o più) delle loro proprietà chimico-fisiche in funzione della temperatura. Una delle proprietà soggette a tale fenomeno è la solubilità; in questo contesto si collocano quei materiali che mostrano una variazione della propria solubilità, in un determinato solvente, in funzione della temperatura. Tra i vari materiali responsivi di particolar interesse risultano essere i materiali polimerici noti per le la loro capacità di effettuare transizioni di fase (solubile-insolubile) in un mezzo acquoso. A tal proposito, i polimeri responsivi (chiamati anche polimeri “intelligenti”), possono essere utilizzati come sistemi per varie funzioni sfruttando la loro intrinseca capacità di rispondere a stimoli esterni, come il pH43, la temperatura44,45, la luce46, il potenziale redox47,

i campi elettrici48 e magnetici49. Tra i polimeri intelligenti, quelli termoresponsivi sono tra i più

utilizzati in quanto effettuano una transizione di fase, solitamente reversibile, in funzione della temperatura. Questa speciale caratteristica rende i polimeri unici in quanto possiedono capacità “on-off” modulabili mediante la variazione della temperatura esterna.50

Tale caratteristica peculiare è correlata alla presenza di una lacuna di miscibilità nel diagramma di fase della miscela binaria polimero/solvente, accompagnata da separazione di fase in corrispondenza di una certa temperatura definita temperatura di trasformazione (𝑇𝑡𝑟𝑎𝑠𝑓). Nello specifico, se la transizione di fase si realizza a seguito di un aumento della temperatura allora tale soluzione polimerica presenterà un comportamento del tipo LCST51 (Lower Critical

Solution Temperature). Se, al contrario, la transizione si realizza a seguito di un abbassamento della temperatura la soluzione mostra un comportamento del tipo UCST52 (Upper Critical

(17)

10

LCST ed UCST indicano rispettivamente la temperatura in corrispondenza del minimo e del massimo rispetto alla curva di coesistenza all’equilibrio (Figura 1.10). Nel caso in cui la soluzione esibisca una UCST si avrà che, per 𝑇 > 𝑇𝑡𝑟𝑎𝑠𝑓, il polimero si troverà in soluzione, mentre per 𝑇 < 𝑇𝑡𝑟𝑎𝑠𝑓 precipiterà. Se invece la soluzione presenta una LCST, per 𝑇 > 𝑇𝑡𝑟𝑎𝑠𝑓 si avrà precipitazione, mentre per 𝑇 < 𝑇𝑡𝑟𝑎𝑠𝑓 la soluzione resterà invariata.

Figura 1.10 – Rappresentazione delle curve di coesistenza del tipo LCST e UCST nel caso di macromolecole in soluzione.

Di conseguenza, a seconda delle condizioni operative (temperatura e concentrazione) la soluzione si potrà presentare come monofasica o bifasica. I polimeri che presentano una LCST in acqua risultano essere di maggior interesse a seguito delle potenziali applicazioni in ambito biomedico. In particolare, per tali polimeri l’improvviso passaggio dal comportamento idrofilo a quello idrofobo, e viceversa, si basa sulla rapida rottura, e viceversa, dei legami a idrogeno tra polimero e molecole d’acqua. Ovvero, a basse temperature le catene polimeriche risultano essere ben solvatate ed il sistema si presenta come monofasico. All’aumentare della temperatura si ha la rottura dei legami a idrogeno con conseguente riduzione del grado di solvatazione che causa l’aggregazione delle catene polimeriche. Tale fenomeno è guidato dalla termodinamica (energia libera di miscelazione): portando la temperatura al di sopra del valore critico (LCST) si ha un contributo sfavorevole in termini entropici correlato al polimero, poiché si passa dalla catena in soluzione (entropia maggiore) alla formazione di aggregati (entropia minore); tuttavia, nel complesso l’entropia del sistema aumenta notevolmente poiché le molecole d’acqua che erano legate al polimero (bassa entropia) tornano libere comportando un aumento notevole dell’entropia, che sopperisce al contributo negativo associato all’aggregazione del polimero, rendendo la transizione favorevole (Figura 1.11).

(18)

11

Figura 1.11 – Comportamento di un copolimero termoresponsivo in soluzione acquosa avente una LCST.

Omopolimeri e copolimeri di natura anfifilica sono tra i materiali termoresponsivi di maggior interesse. In particolar modo, tra gli omopolimeri si possono annoverare svariati casi che mostrano una LCST in soluzione acquosa, come la poli(N-isopropilacrilammide) (PNIPAM)45,

poli(N,N-dietilacrilammide) (PDEAM)45, il poli(N-vinilcaprolattame) (PNVCL).53 In tale

contesto si collocano i polimeri a base di PEG grazie alle loro molteplici peculiarità. Infatti, tali polimeri stanno emergendo sempre più grazie alle potenziali applicazioni in ambito biomedico in quanto le catene ossietileniche rendono tali sistemi biocompatibili, non-immunogenici, atossici e solubili in acqua.54,55 Considerando l’omopolimero PEGMA (poli(etilenglicol)

monometiletere metacrilato) come capostipite di una vasta classe strutturale di copolimeri anfifilici, si può notare la sua natura di per sé anfifilica grazie al contributo idrofilo delle catene laterali ossietileniche e quello idrofobo della catena principale alifatica. E’ stato osservato che, all’aumentare della componente idrofila, si ha un aumento della LCST; infatti passando da 2 a 9 unità ossietileniche, la LCST sale da 26 °C a 90 °C56. Nel caso dei copolimeri del PEGMA, la LCST

diminuisce all’aumentare della porzione idrofoba e del peso molecolare.57 Per questi motivi i

copolimeri a base di PEG, in particolare i copolimeri anfifilici casuali, sono molto indagati grazie all’opportunità di modulare la 𝑇𝑡𝑟𝑎𝑠𝑓 nell’intorno della temperatura del corpo umano mediante variazioni nella composizione e nel grado di polimerizzazione in modo da rende tali copolimeri idonei per scopi biomedici.27,58

1.4. Polimerizzazione radicalica controllata/vivente (CRP)

Il primo approccio al controllo della polimerizzazione radicalica fu introdotto nel 1982 da Otsu59 mediante l’uso dei cosidetti “iniferter” (initiator-transfer-agent-terminator) come

iniziatori fotochimici. A seguire, negli anni 1990, furono sviluppati nuovi processi di polimerizzazione che per le loro caratteristiche furono definiti “viventi”, ovvero processi in cui i macroradicali (una volta esaurito il monomero in alimentazione) rimangono attivi in una fase di quiescenza, in attesa che venga fornito altro monomero o un terminatore.

(19)

12

Tali processi, indipendentemente dalla natura elettronica delle catene in crescita, sono contraddistinti dalle seguenti caratteristiche:

▪ La cinetica è del primo ordine rispetto al monomero;

▪ Il grado di polimerizzazione finale del polimero è direttamente proporzionale alla concentrazione del monomero ed al rapporto monomero/iniziatore;

▪ Si ottengono distribuzioni dei pesi molecolari con basse dispersità.

Per cui si deduce come in una polimerizzazione radicalica controllata (Controlled Radical Polymerization, CRP), contrariamente a quanto avviene in una convenzionale che non possiede carattere vivente, è possibile ottenere polimeri aventi composizioni, architetture e funzionalità ben definite. Questa nuova tecnica racchiude in sé molti vantaggi sia della polimerizzazione radicalica classica che di quelle viventi, ampliando i campi applicativi della prima e permettendo di ottenere polimeri a struttura controllata caratteristici della seconda.60,61

Inoltre, la sintesi CRP presenta vantaggi anche rispetto alle altre sintesi viventi (cationica e anionica) in quanto si possono adoperare una vasta gamma di monomeri e solventi e si ha una maggiore tolleranza alle eventuali impurezze. Per queste ragioni, lo sviluppo di tali metodi preparativi è un obiettivo di rilievo in ambito industriale. Una delle tecniche CRP più recenti e versatili è la RAFT (Reversible Addition-Fragmentation chain Transfer), che verrà adoperata in questo lavoro di tesi.

Per quanto concerne gli altri tipi di polimerizzazioni radicaliche controllate/viventi abbiamo: ➢ Polimerizzazione Radicalica Mediata da Nitrossido (NMRP):62 tale meccanismo di

polimerizzazione si basa sulla combinazione reversibile tra la catena in crescita e una specie radicalica persistente, ad esempio il radicale del 2,2,6,6-tetrametilpiperidinil-1-ossido (TEMPO). Tuttavia, tale metodica è difficilmente applicabile a monomeri diversi dallo stirene (e derivati); inoltre richiede temperature di polimerizzazione relativamente elevate (120-140 °C).

➢ Polimerizzazione radicalica a trasferimento atomico (ATRP):63 il meccanismo di

attivazione/disattivazione della catena in crescita è pressoché analogo a quello impiegato in NMP, ma richiede uno stadio intermedio di attivazione bimolecolare. La fase iniziale ha origine mediante un iniziatore alogenuro alchilico contenente un alogeno mobile. Durante il processo la stragrande maggioranza delle catene in crescita si trova in forma dormiente, in quanto la forma attiva in grado di dare propagazione si genera a seguito di un processo redox reversibile dal metallo di transizione (generalmente rame complessato da un legante multiazotato) che si ossida e contemporaneamente estrae, mediante rottura omolitica, l’alogeno dalla catena polimerica. Il radicale così generato è in grado di dare propagazione.

➢ Trasferimento degenerativo (DT): questa polimerizzazione si fonda su un meccanismo che consiste in una reazione di scambio, per trasferimento diretto, del gruppo terminale tra una catena attiva e un terminatore di catena. La concentrazione iniziale di trasferitore di catena (ad esempio specie alchiliche contenenti iodio) determina il grado finale di polimerizzazione, a patto che la concentrazione, in alimentazione,

(20)

13

dell’iniziatore termico convenzionale sia piccola rispetto a quella dell’agente trasferitore di catena.

1.5. Polimerizzazione RAFT

1.5.1. Generalità

Le prime pubblicazioni riguardanti il processo RAFT risalgono al 1998 quando fu scoperta questa nuova tecnica di polimerizzazione controllata dal gruppo di ricerca guidato da Rizzardo.64 La polimerizzazione RAFT è un processo che non richiede l’utilizzo di metalli

pesanti, quindi consente di ottenere materiali utilizzabili anche per applicazioni biomedicali.65

Gli ultimi 20 anni hanno visto un crescente interesse verso lo studio della polimerizzazione RAFT, inizialmente focalizzato sulla delucidazione del meccanismo, poi sul dimostrare le molteplici architetture polimeriche e materiali funzionali che si possono ottenere mediante tale processo e recentemente anche le potenziali applicazioni.7,66,67 Inoltre, il processo RAFT,

consistendo di una semplice modifica di un sistema radicalico convenzionale, risulta essere completamente scalabile e non richiede l’uso di particolari reattori. Un sondaggio attuale sulla recente letteratura brevettuale rivela oltre mille domande di brevetto da parte di oltre 100 aziende, tra cui importanti società internazionali, come DuPont, Solvay (Rhodia), Arkema, Lubrizol, L’Orèal, Unilever, ecc., in cui i brevetti coprono una vasta gamma di applicazioni tra cui microelettronica, celle solari in plastica, lubrificanti, modificatori di superficie, vernici, adesivi, cosmetici e biosensori.

La polimerizzazione RAFT si può considerare un caso particolare di trasferimento degenerativo (DT), ovvero si basa sull’azione reversibile di un trasferitore di catena (CTA, chain transfer agent), comunemente detto agente RAFT, avente una struttura generale del tipo Z(C=X)XR (Figura 1.12), in cui X è solitamente lo zolfo, il doppio legame C=X rappresenta la parte reattiva, R è un gruppo uscente e Z può assumere molteplici strutture.

Z

X

X R

Figura 1.12 – Struttura generale di un tipico agente RAFT.

Gli agenti RAFT più comuni sono ditioesteri aromatici e alifatici, tritiocarbonati e ditiocarbammati. Questi composti vengono preferiti in relazione al relativo al basso costo che essi presentano e all’assenza di gruppi terminali potenzialmente indesiderati all’interno del prodotto. Inoltre sono state sviluppate diverse metodologie per rimuovere o modificare l’agente RAFT che rappresenta il gruppo terminale della catena polimerica.68,69

(21)

14

1.5.2. Meccanismo

La reazione è iniziata in modo analogo a quanto avviene in una radicalica convenzionale, ovvero, mediante un iniziatore, solitamente di tipo termico (azo-composti o perossidi), in cui, a seguito della rottura omolitica di un legame si ha la formazione dei radicali primari (reazione 1, Figura 1.13). Questi radicali, reagendo con il monomero presente, portano alla formazione di oligoradicali Pn· che reagiscono con l’agente RAFT per formare un intermedio radicalico. Questo

a sua volta ripristina il doppio legame C=S formando una catena dormiente (macro-RAFT o macro-CTA) (reazione 2, Figura 1.13) e liberando una specie radicalica R· che dà inizio alla formazione di una nuova catena polimerica attiva Pm· (reazione 3, Figura 1.13). Quando tutte le

molecole dell’agente RAFT sono convertite in specie dormienti, si instaura un equilibrio di attivazione-disattivazione delle catene polimeriche in accrescimento mediante un meccanismo definito di “addizione-frammentazione” (reazione 4, Figura 1.13). Durante tale fase si ha la formazione di un intermedio radicalico, detto degenere in quanto porta due catene legate ai due atomi di zolfo, le quali possono essere differenziate esclusivamente per il grado di polimerizzazione.

(22)

15

In tale processo l’accrescimento delle catene avviene ad opera dei macroradicali quando questi si trovano separati dall’agente RAFT (catene attive), mentre quando la catena polimerica si trova legata al CTA allora essa si trova nella forma “dormiente”, cioè inattiva, ma in modo reversibile. Affinché un processo RAFT sia efficiente, deve esistere un rapido equilibrio nel passaggio da forme dormienti a catene attive in modo da far sì che tutte le catene crescano allo stesso modo, garantendo un controllo ottimale sul grado di polimerizzazione e l’ottenimento di bassi valori di dispersità dei pesi molecolari. Pertanto, la velocità dell’equilibrio attivazione-deattivazione deve essere molto maggiore della velocità del processo di propagazione, in modo da poter idealmente considerare che l’accrescimento delle catene avvenga per inserzione di una unità monomerica per volta. La polimerizzazione si arresta a seguito dell’esaurimento dei monomeri, salvo possibili reazioni di terminazione indesiderate che possono verificarsi portando alla formazione di catene morte (reazione 5, Figura 1.13). Queste solitamente rappresentano il 5−10% in peso del prodotto finale di reazione ed al fine di limitarle si lavora con rapporti CTA/iniziatore convenzionale relativamente elevati compresi tra 5 e 10.

Un requisito chiave nella polimerizzazione RAFT, che la differenzia dalle altre polimerizzazioni CRP, è l'uso di un iniziatore radicalico convenzionale. Nei sistemi a trasferimento degenerativo, una fonte di radicali primari derivanti da un iniziatore convenzionale consente di modulare la velocità di polimerizzazione e la frazione numerica di catene viventi mediante un’opportuna scelta delle condizioni di reazione. Infatti, il numero di catene che terminano irreversibilmente è direttamente proporzionale alla concentrazione dell’iniziatore convenzionale. Ne consegue che il numero di catene terminate irreversibilmente può essere previsto e regolato modulando la concentrazione iniziale dell’iniziatore convenzionale da cui si originano per decomposizione i radicali primari e quindi può essere limitato lavorando a basse concentrazioni di iniziatore oppure a più alti tempi di semi-dimezzamento, purché questo non comporti un’eccessiva riduzione della velocità di polimerizzazione. Nella polimerizzazione RAFT, diversamente a quanto accade nell’ATRP o NMP, una terminazione bimolecolare non porta ad una diminuzione del numero di catene viventi, che al contrario resta costante durante tutto l’arco della polimerizzazione.

1.5.3. Monomeri e agenti RAFT

Una delle caratteristiche chiave della polimerizzazione RAFT è la capacità di poter essere applicata ad un’ampia varietà di monomeri funzionali. La maggior parte dei monomeri vinilici possono essere divisi in due famiglie in funzione della loro reattività.

I monomeri “molto attivati” (MAM) presentano il loro gruppo vinilico coniugato ad un doppio legame (butadiene, isoprene, ecc.), un anello aromatico (stirene, vinilpiridina, ecc.), un gruppo carbonilico (metacrilati, metacrilammidi, ecc.) o nitrile (acrilonitrile, ecc.). Invece i monomeri “meno attivati” (LAM) presentano un doppio legame adiacente ad ossigeno, azoto, alogeni, zolfo o carboni saturi (acetato di vinile, N-vinilpirrolidone, cloruro di vinile, ecc.). Le eccezioni sono rappresentate essenzialmente da quei monomeri le cui funzionalità possono subire reazioni collaterali con il gruppo tiocarbonilico dell’agente RAFT.

(23)

16

In effetti i monomeri contenenti sostituenti nucleofili come le ammine primarie e secondarie sono in genere sconsigliati, sebbene possano essere ugualmente adoperati controllando in modo accurato le condizioni di reazione, ad esempio, protonando il gruppo amminico.70

La grande maggioranza della letteratura sul metodo RAFT si focalizza sulla polimerizzazione di metacrilati e metracrilammidi, tipicamente utilizzando come agenti RAFT i ditioesteri/ditiobenzoati o tritiocarbonati. Tuttavia, come è stato sopra esposto, il metodo RAFT consente di controllare la polimerizzazione anche di quei monomeri che in genere sono difficili da adoperare con le altre tecniche CRP. Inoltre, la RAFT si rivela vantaggiosa anche rispetto a quei monomeri che sono difficili da polimerizzare mediante polimerizzazione radicalica convenzionale, avendo come vantaggio il controllo sul peso molecolare e sulla dispersità71,72. L’elevata versatilità della polimerizzazione RAFT nei confronti di una così ampia

gamma di monomeri è strettamente correlata proprio con la reattività del CTA. Nello specifico per far sì che una polimerizzazione RAFT abbia successo è necessario garantire che il doppio legame C=S risulti essere più reattivo, nei confronti delle specie radicaliche, rispetto al doppio legame C=C del monomero; tutto ciò si ottiene mediante un’oculata scelta dei gruppi Z ed R dell’agente RAFT.

Il gruppo Z è principalmente responsabile della reattività del doppio legame C=S nei confronti dei radicali ed inoltre governa la stabilità del radicale intermedio, che deve essere considerato in relazione con la reattività del radicale propagante. A causa della stabilizzazione elettronica da parte dei loro sostituenti, spesso accoppiata a fattori sterici, i MAM producono radicali relativamente stabili e quindi poco reattivi, per cui è richiesto un gruppo Z che renda stabile il radicale intermedio in modo da incrementare la reattività del gruppo C=S nei confronti di tali radicali. Pertanto, i tritiocarbonati (Z = S-alchilici) o ditiobenzoati (Z = fenile) sono adoperati come CTA per la polimerizzazione dei MAM. Per quanto concerne i LAM, essi richiedono intermedi radicalici del CTA meno stabili, come xantati (Z = O-alchile) o ditiocarbammati (Z = N-alchile), al fine di favorire la frammentazione del radicale in crescita e promuovere la polimerizzazione. Infatti, il doppietto elettronico presente sull’ossigeno o sull’azoto viene delocalizzato sul gruppo tiocarbonilico con conseguente disattivazione del legame C=S alla reazione di addizione del radicale e destabilizzazione dell’intermedio radicalico del CTA. Tale effetto promuove quindi la propagazione della catena macromolecolare in crescita e la frammentazione dell’intermedio radicalico del CTA, consentendo così un ottimo controllo della polimerizzazione di monomeri LAM, ma non dei MAM.

Il ruolo del gruppo R è molto più delicato ed influenza:

1) la reazione di addizione del radicale al CTA, poiché il gruppo S-R influenza la reattività del C=S

2) la reazione di frammentazione dell’intermedio formato, poiché il gruppo R deve essere un buon gruppo uscente al fine di completare la reazione di ri-inizio in un tempo breve rispetto alla durata dell’intera polimerizzazione

3) la reazione di propagazione, poiché il gruppo R deve ri-iniziare rapidamente la polimerizzazione in modo da garantire che tutte le catene siano iniziate contemporaneamente per ottenere una stretta distribuzione dei pesi molecolari.

(24)

17

Pertanto, deve essere ottimizzato l’equilibrio tra stabilità del radicale ed effetti sterici: il gruppo R deve formare un radicale abbastanza stabile e allo stesso tempo reattivo nei confronti del monomero.

Tipicamente, buoni gruppi R sono rappresentati da quelli i cui radicali imitano il comportamento dei radicali monomerici o di quelli che si originano dagli iniziatori termici, tipo AIBN (Figura 1.15).

Figura 1.15 – a) Il coefficiente di trasferimento diminuisce da sinistra a destra. Anche la

velocità della reazione di frammentazione diminuisce da sinistra a destra. La linea tratteggiata indica un controllo parziale della polimerizzazione. b) La velocità della reazione di addizione

diminuisce e quella di frammentazione aumenta da sinistra a destra. La linea tratteggiata indica un controllo parziale della polimerizzazione.

1.5.4. Cinetica

La cinetica nell’ambito della polimerizzazione RAFT è particolarmente correlata alla tipologia e alla struttura dell’agente RAFT da utilizzare, per cui ai gruppi R e Z. Di seguito prenderemo in considerazione i ditiobenzoati, come categoria di CTA, in quanto nel presente lavoro di tesi è stato adoperato un agente RAFT appartenente a tale categoria.

(25)

18

I ditiobenzoati sono tra gli agenti RAFT più popolari,73 almeno per quanto riguarda il controllo

della polimerizzazione dei metacrilati e delle metacrilammidi, dove offrono un maggior controllo sul peso molecolare, dispersità e una maggiore fedeltà del gruppo terminale. Dallo studio della cinetica delle polimerizzazioni RAFT che adoperavano tali CTA sono state evidenziate diverse cause di ritardo nel processo di polimerizzazione.

Queste includono “cause evitabili”, come una scelta non ottimale del gruppo R o Z, dell’iniziatore, impurezze nell’agente RAFT, nel monomero o nel mezzo di polimerizzazione, presenza di aria o ossigeno o una combinazione di questi fattori.

Invece le cosiddette cause “non evitabili” sono tutte associate alle specie radicaliche intermedie; in particolar modo è stato riscontrato che il ritardo nella velocità di polimerizzazione incrementa all’aumentare della stabilità del radicale intermedio. Nel caso dei ditiobenzoati tale effetto viene imputato alla presenza del gruppo aromatico il quale stabilizza il radicale intermedio per risonanza (Figura 1.16).

Figura 1.16 – Stabilizzazione del radicale intermedio nel caso dei ditiobenzoati.

Da tale assunzione però sono state avanzate diverse ipotesi su quali siano gli stadi cinetici per cui si realizza il ritardo74:

❖ L’ipotesi della frammentazione lenta (SF)75: la causa principale del ritardo deriva dalla

frammentazione, particolarmente lenta, degli intermedi radicalici, nella fase di pre-equilibrio e nella fase stazionaria , da essere di per sé la causa del ritardo.

❖ L’ipotesi della terminazione dei radicali intermedi (IRT)76: la causa principale del

ritardo consiste nel consumo degli intermedi radicalici a causa di reazioni in situ o mediante reazioni di disproporzionamento o combinazione con altre specie radicaliche. I fautori dell’ipotesi SF generalmente ammettono che sono possibili reazioni che coinvolgano gli intermedi. I sostenitori dell’ipotesi IRT ammettono che gli intermedi derivanti dai ditiobenzoati siano più stabili di quelli derivanti dagli altri agenti RAFT. La situazione rimane tuttavia irrisolta.

(26)

19

2. Scopo della tesi

I copolimeri a blocchi anfifilici hanno una ben nota capacità di auto-assemblarsi in massa allo stato solido, in soluzione di solventi selettivi per uno dei blocchi costituenti e alla superficie di film sottili, secondo un processo bottom-up che porta alla formazione di strutture supramolecolari con dimensioni variabili sulla scala dei nanometri, la cui morfologia è strettamente correlata a parametri strutturali del copolimero quali architettura, composizione e peso molecolare. Sebbene l’abilità dei copolimeri a blocchi anfifilici di auto-organizzarsi in nanostrutture sia potenzialmente sfruttabile in un vasto campo di applicazioni che spaziano dalla micro-elettronica alla biomedicina, tuttavia essi presentano un significativo svantaggio che ne limita lo sviluppo su larga scala legato alla complessità del processo di produzione che necessita condizioni operative di elevata purezza dei reagenti, assenza di aria e reazioni multistadio.

Quei limiti dei copolimeri a blocchi sono sostanzialmente superati nella sintesi di copolimeri anfifilici casuali, generalmente ottenibili in un singolo stadio di reazione in cui due o più monomeri vengono fatti polimerizzare tra loro in opportune condizioni sperimentali. Da qui la crescente attenzione dei ricercatori per la sintesi di copolimeri anfifilici funzionali con architetture ben controllate e pesi molecolari ben definiti, aventi strutture modulabili e variabili da quella casuale in senso stretto a quella a gradiente. Notevole attenzione è stata inoltre rivolta allo studio dei modi di aggregazione dei copolimeri casuali in massa, in soluzione ed alla superficie di film sottili, alla comprensione dei processi di auto-assemblaggio e a come questi differissero da quelli più noti dei copolimeri a blocchi e come fossero influenzati dalla chimica e dall’architettura del copolimero stesso. In particolare, diversi studi recenti27,77 hanno

messo in luce la capacità dei copolimeri anfifilici casuali di auto-organizzarsi in acqua in nanoparticelle di piccole dimensioni (< 15 nm), dette micelle unimere, che derivano dal ripiegamento della singola catena guidato dalle interazioni idrofobe intramacromolecolari. Uno dei precursori idrofili maggiormente investigato per lo sviluppo dei copolimeri anfifilici è rappresentato dal polietilenglicol monometiletere metacrilato (PEGMA), in virtù anche del suo comportamento termoresponsivo in soluzione acquosa legato alla presenza di una lacuna di miscibilità di tipo LCST. D'altra parte, i comonomeri idrofobi maggiormente studiati in combinazione con il PEGMA sono i (met)acrilati fluorurati78 e gli alchil (met)acrilati, mentre

molto poco è noto riguardo alla possibilità di utilizzare (met)acrilati con catene laterali silossaniche caratterizzate da uno spiccato carattere idrofobo, simile a quello dei fluoruropolimeri, ed una elevata flessibilità di catena superiore a quella delle catene alchiliche. In questo quadro che si colloca il presente lavoro di tesi, volto alla sintesi di nuovi copolimeri casuali anfifilici derivanti dalla copolimerizzazione del polisilossano metacrilato (SiMA) alternatamente con il trietileneglicol metacrilato (TRIGMA) o il polietileneglicol metacrilato, aventi una diversa lunghezza della catena ossietilenica laterale (Figura 2.1). Al fine di ottenere copolimeri con pesi molecolari ben definiti e basse dispersità, le copolimerizzazioni saranno effettuate utilizzando la tecnica di polimerizzazione radicalica RAFT, che tra le varie tecniche di polimerizzazione radicalica controllata appare essere la più versatile per la polimerizzazione

(27)

20

di differenti monomeri vinilici e vinilidenici79. I copolimeri TRIGMA-co-SiMAx e

PEGMA-co-SiMAx a diverso contenuto x di unità idrofobe SiMA, cioè a diverso grado di anfifilia idrofilo/idrofobo, saranno ottenuti variando il contenuto molare dei due comonomeri in alimentazione, mantenendo costante la conversione totale dei monomeri.

Figura 2.1 – Formula generale dei copolimeri anfifilici TRIGMA-co-SiMAx e PEGMA-co-SiMAx

Il comportamento di auto-assemblaggio dei copolimeri anfifilici in soluzione sarà studiato mediante misure di diffusione dinamica della luce (DLS) in solventi organici (ad es. CHCl3, THF,

DMF) e in acqua a temperatura ambiente e in funzione della temperatura per investigare il loro comportamento termoresponsivo e la sua dipendenza dalla lunghezza della catena ossietilenica, dalla composizione del copolimero e dalla sua concentrazione in soluzione acquosa. L’utilizzo di una tecnica sofisticata quale la diffusione dei raggi X a basso angolo (SAXS) fornirà informazioni complementari riguardo al tipo di aggregazione e morfologia delle nanostrutture sia in soluzione acquosa che in solventi organici. Infine, la capacità di tali copolimeri di auto-assemblarsi in massa ed alla superficie di film sottili verrà investigata, rispettivamente, mediante calorimetria differenziale a scansione (DSC) e misure di angolo di contatto con acqua.

(28)

21

L’effettivo potenziale di questi copolimeri di auto-assemblarsi in nanodomini in soluzione, in massa ed alla superficie di film sottili rende questi materiali sfruttabili per una vasta gamma di applicazioni avanzate, che spaziano da sistemi di incapsulamento per la veicolazione di farmaci altamente idrofobi o di sonde fluorescenti per tecniche di bioimaging ad additivi attivi alla superficie per lo sviluppo di rivestimenti protettivi dal campo tessile a quello navale.

(29)

22

3. Risultati e Discussione

3.1. Scelta dei monomeri

Nell’ambito dei copolimeri in grado di dare auto-assemblaggio in soluzione acquosa, mediante interazioni intermolecolari o intramolecolari, giocano un ruolo fondamentale l’anfifilia del sistema e il controllo della struttura primaria (architettura, grado medio di polimerizzazione, dispersità). 27,28 Sulla base di tali considerazioni, nel seguente lavoro di tesi ci siamo occupati

della sintesi di nuovi copolimeri anfifilici casuali adoperando alcuni monomeri commerciali (Figura 3.1).

Nello specifico è stata realizzata la sintesi di due serie di copolimeri in cui il monomero idrofobo rimaneva il medesimo, cioè il polidimetilsilossano metacrilato (SiMA; Mn = 680 g/mol, DPn ≈

6), mentre per il componente idrofilo sono stati adoperati due diversi metacrilati dell’etilenglicol monometiletere, che differivano solo per la lunghezza della catena ossietilenica. Nello specifico, in un caso è stato usato il trietilenglicol monometiletere metacrilato (TRIGMA; Mn = 232 g/mol) e nell’altro il polietilenglicol monometiletere metacrilato (PEGMA; Mn = 475

g/mol, DPn ≈ 9). Entrambi i monomeri TRIGMA e PEGMA sono noti80 dare origine a omopolimeri

idrofili anfifilici di per sé e termoresponsivi caratterizzati da una temperatura di consoluto inferiore (LCST) in soluzione acquosa.

Figura 3.1 – Strutture dei monomeri TRIGMA, PEGMA e SiMA

3.2. Sintesi dei copolimeri anfifilici

Come tecnica di polimerizzazione per la sintesi dei copolimeri è stata adottata la polimerizzazione radicalica controllata, al fine di garantire un maggior controllo sulla struttura primaria del copolimero, preferendo tra le varie metodologie possibili la RAFT (reversible addition−fragmentation chain-transfer) in virtù della sua maggiore versatilità (vedi paragrafo 1.5).

Le reazioni di copolimerizzazione sono state condotte adoperando azo-bis(isobutirronitrile) (AIBN) come iniziatore convenzionale, mentre come agente RAFT (CTA) il 2-ciano-2-propil benzoditioato, con un rapporto molare CTA:AIBN di 10:1, uguale in tutte le reazioni.

(30)

23

Al fine di produrre copolimeri con un grado medio di polimerizzazione di circa 50, è stato fissato un rapporto molare CTA:comonomeri di 1:50 per tutte le polimerizzazioni, adoperando una concentrazione iniziale dei due comonomeri pari a 1,5 M in toluene anidro. In ogni reazione è stato variato il rapporto in moli dei due comonomeri nella miscela di alimentazione (PEGMA da 90 a 50 mol%; TRIGMA da 95 a 30 mol%) in modo da ottenere copolimeri la cui composizione variasse gradualmente in un ampio intervallo composizionale. Tutte le reazioni sono state condotte a 70 °C per 15 ore in atmosfera inerte di azoto ed infine arrestate per raffreddamento ed esposizione all’aria. I copolimeri così sintetizzati sono stati denominati PEGMA-co-SiMAx e TRIGMA-co-SiMAx, in cui x rappresenta la percentuale in moli di unità ripetenti SiMA all’interno del copolimero, determinata mediante analisi 1H-NMR del prodotto

purificato. Gli schemi di reazione sono riportati in Figura 3.2.

Figura 3.2 – Schema di sintesi dei copolimeri PEGMA-co-SiMAx (x = 10−45 mol%) e TRIGMA-co-SiMAx (x = 4−65 mol%) mediante polimerizzazione RAFT

Il calcolo della conversione a fine reazione è stato eseguito mediante analisi 1H-NMR,

(31)

24

Nello specifico per tale calcolo sono stati considerati (Figura 3.3) i segnali a 6,25 e 5,5 ppm relativi ai protoni vinilidenici (=CH2) dei monomeri ed i segnali a 4−4,5 ppm relativi ai protoni

esterei (−COOCH2−) presenti sia nei monomeri che nelle unità ripetenti del copolimero.

Per il calcolo del grado di conversione percentuale (p) è stata adoperata l’Equazione 3.1.:

𝑝 = (1 − 𝐴𝑚 𝐴𝑡𝑜𝑡/2

) × 100 Equazione. 3.1

in cui Am indica l’area integrata del segnale a 5,5 ppm (o 6,25 ppm), mentre Atot è l’area integrata

dei segnali a 4−4,5 ppm.

I valori ottenuti sono riportati nella Tabella 3.1 e 3.2.

(32)

25

Tabella 3.1 – Condizioni di reazione e valori di conversione totale (p) dei monomeri a fine reazione per la sintesi dei copolimeri PEGMA-co-SiMAx

Copolimero PEGMA (mol%) SiMA (mol%) treaz (h) p (%) Resa (%) PEGMA-co-SiMA10 90 10 15 97 85 PEGMA-co-SiMA17 80 20 15 96 82 PEGMA-co-SiMA29 70 30 15 94 73 PEGMA-co-SiMA42 60 40 15 96 68 PEGMA-co-SiMA45 50 50 15 74 71

Tabella 3.2 – Condizioni di reazione e valori di conversione totale (p) dei monomeri a fine reazione per la sintesi dei copolimeri TRIGMA-co-SiMAx

Copolimero TRIGMA (mol%) SiMA (mol%) treaz (h) p (%) Resa (%) TRIGMA-co-SiMA4 95 5 15 96 73 TRIGMA-co-SiMA6 90 10 15 97 58 TRIGMA-co-SiMA15 85 15 15 94 55 TRIGMA-co-SiMA19 80 20 15 89 55 TRIGMA-co-SiMA28 70 30 15 90 53 TRIGMA-co-SiMA48 50 50 15 80 65 TRIGMA-co-SiMA65 30 70 15 78 76

Poiché i copolimeri sono stati sintetizzati in un ampio intervallo di composizioni il metodo di purificazione adottato è stato variato in base alla composizione del copolimero. In particolare, per i copolimeri con un basso contenuto in moli di SiMA (fino al 17 mol% nei copolimeri con il PEGMA, 6 mol% nei copolimeri con il TRIGMA) è stato possibile effettuare la purificazione, partendo dal grezzo di reazione, mediante precipitazione, utilizzando come non solvente il n-esano in largo eccesso (rapporto 1:10 in volume). In modo analogo è stata effettuata la purificazione dei copolimeri TRIGMA-co-SiMA48 e TRIGMA-co-SiMA65, adoperando come non solvente metanolo in largo eccesso (rapporto 1:10 in volume). Sebbene per i restanti copolimeri (con x = 29−45 per PEGMA-co-SiMAx e con x = 15−28 per TRIGMA-co-SiMAx) sia stata valutata la solubilità in diversi non solventi (n-esano, etere, etere di petrolio, metanolo, THF), nessuno di questi è risultato efficace come precipitante, per cui la purificazione è stata realizzata mediante dialisi. A tale proposito quei copolimeri sono stati solubilizzati con la minima quantità d’acqua (circa 15−20 mL), introducendo poi la soluzione risultante all’interno di una membrana per dialisi (Replingen Spectra/Por Biotech RC, 3.5-5kD 16mm) precedentemente condizionata in acqua per circa 30 minuti. La membrana, contente la soluzione polimerica, è stata sottoposta a diversi cicli di dialisi variando il solvente in cui era

(33)

26

immersa. Nel primo ciclo è stata utilizzata acqua come solvente, nel secondo ciclo una miscela H2O/THF (1/1 in volume). Infine la soluzione polimerica è stata portata a secco, il polimero

risolubilizzato in 2−3 mL di THF ed inserito all’interno di una nuova membra posta a contatto con una soluzione di THF nel terzo ciclo di purificazione. Mediante tali cicli è stata realizzata con successo la completa rimozione dei monomeri residui. Nello specifico, con i primi due cicli di dialisi è stato rimosso il monomero idrofilo residuo (PEGMA o TRIGMA) e una parte del SiMA; mediante il ciclo finale è stata completata la rimozione del SiMA residuo.

Sui prodotti purificati sono stati registrati gli spettri 1H-NMR in acetone-d6 in modo da poter

calcolare il rapporto molare fra unità monomeriche nel copolimero, il grado di polimerizzazione medio numerale ed il peso molecolare medio numerale (Tabella 3.3 e Tabella 3.4).

Tabella 3.3 – Caratterizzazione chimico-fisica dei copolimeri PEGMA-co-SiMAx

Copolimero %SiMA (in moli) %SiMA (in peso) Mn(a) (g/mol) Mn(b) (g/mol) Đ(c) PEGMA-co-SiMA10 8 14 20295 17334 1,30 PEGMA-co-SiMA17 17 23 23490 21023 1,29 PEGMA-co-SiMA29 29 37 31510 17564 1,59 PEGMA-co-SiMA42 42 51 31995 17217 1,45 PEGMA-co-SiMA45 45 54 28940 15579 1,60

a) Peso molecolare medio numerale calcolato mediante 1H-NMR

b) Peso molecolare medio numerale calcolato mediante GPC adoperando una retta di taratura ottenuta utilizzando PMMA come standard

c) Dispersità ottenuta mediante analisi GPC

Tabella 3.4 – Caratterizzazione chimico-fisica dei copolimeri TRIGMA-co-SiMAx

Copolimero %SiMA (in moli) %SiMA (in peso) Mn(a) (g/mol) Mn(b) (g/mol) Đ(c) TRIGMA-co-SiMA4 4 12 7700 17100 1,17 TRIGMA-co-SiMA6 6 17 8500 16100 1,16 TRIGMA-co-SiMA15 15 34 8000 20000 1,22 TRIGMA-co-SiMA19 19 41 8700 21400 1,17 TRIGMA-co-SiMA28 28 53 8800 20400 1,13 TRIGMA-co-SiMA48 48 73 12200 26000 1,33 TRIGMA-co-SiMA65 65 85 8600 22500 1,30

a) Peso molecolare medio numerale calcolato mediante 1H-NMR

b) Peso molecolare medio numerale calcolato mediante GPC adoperando una retta di taratura ottenuta utilizzando PMMA come standard

(34)

27

A titolo di esempio viene illustrato lo spettro del copolimero PEGMA-co-SiMA42 (Figura 3.4). Riportiamo anche il calcolo per la determinazione del grado di polimerizzazione medio numerale di PEGMA (o TRIGMA) e SiMA dei copolimeri, dal quale possono essere stimati il peso molecolare medio numerale (da NMR) e la composizione molare. I segnali presi in considerazione sono i seguenti:

➢ i tre segnali presenti fra 7,4–8 ppm relativi ai 5 protoni aromatici presenti nel CTA (C6H5CSS)

➢ il singoletto a 3,4 ppm relativo ai 3 protoni metilici della terminazione del polieteilenglicol (OCH3)

➢ il segnale a circa 0,1 ppm relativo ai 42 protoni silossanici del SiMA (Si(CH3)2(OSi(CH3)2)6)

➢ il segnale compreso a 4–4,5 ppm relativo ai protoni esterei delle due unità monomeriche (COOCH2)

Il valore dell’integrale relativo ai segnali dei protoni aromatici del CTA è stato normalizzato rispetto al numero di protoni che lo ha generato; poiché per ogni catena polimerica è presente una sola molecola di CTA tale valore corrisponde a 5. In virtù di ciò è stato possibile eseguire il calcolo del numero medio di unità ripetenti dei due monomeri all’interno della catena polimerica

Nel caso dei copolimeri del PEGMA avremo (Equazione 3.2):

𝑛𝑃𝐸𝐺𝑀𝐴 =

𝐴𝑃𝐸𝐺𝑀𝐴

3

Equazione. 3.2

in cui APEGMA rappresenta il valore dell’integrale del segnale a 3,4 ppm.

In modo analogo è stato calcolato il valore delle unità medie di SiMA nella macromolecola, ovvero (Equazione 3.3):

𝑛𝑆𝑖𝑀𝐴 = 𝐴𝑆𝑖𝑀𝐴 42

Equazione. 3.3

dove ASiMA rappresenta l’area integrata del segnale a 0,1 ppm.

A questo punto è stato possibile calcolare il valore del grado di polimerizzazione complessivo del copolimero (Equazione 3.4):

𝑛𝑡𝑜𝑡 = 𝑛𝑃𝐸𝐺𝑀𝐴 + 𝑛𝑆𝑖𝑀𝐴 Equazione.

3.4

Infine, essendo noti i pesi molecolari delle due unità ripetenti (𝑀𝑛𝑃𝐸𝐺𝑀𝐴 = 475 g/mol; 𝑀𝑛𝑆𝑖𝑀𝐴 = 680 g/mol) è stato calcolato il peso molecolare medio numerale mediante

l’Equazione 3.5.

(35)

28

Figura 3.4 – Spettro 1H-NMR del copolimero PEGMA-co-SiMA42 purificato

Inoltre, tutti i copolimeri sono stati sottoposti ad analisi GPC al fine di valutarne la dispersità (Đ), parametro che dà informazioni sull’effettivo controllo durante il processo di polimerizzazione. Le soluzioni polimeriche (5 mg/mL in CHCl3) sono state filtrate mediante

filtri di PTFE (pori 0,2 μm) e successivamente iniettate in colonna. Osservando le curve di eluizione (Figura 3.5) dei vari copolimeri si può osservare come vi sia una progressiva perdita della monomodalità, rispetto alla curva di eluizione dell’omopolimero PEGMA, all’aumentare del contenuto di SiMA. Ciò può essere attribuito al fatto che gli incrementi del contenuto delle unità SiMA di natura oligomerica, con una dispersità relativamente alta di circa 1,2, comportino un graduale aumento della dispersità dei copolimeri più ricchi in SiMA. L’apparente discrepanza tra i valori di peso molecolare calcolato mediante analisi NMR e quello determinato mediante analisi GPC è imputabile alle diverse caratteristiche conformazionali ed idrodinamiche dei copolimeri in questione rispetto a quelli degli standard di PMMA che sono stati adoperati per la realizzazione della retta di taratura impiegata per l’elaborazione dei cromatogrammi.

I risultati ottenuti dalle analisi combinate mediante 1H-NMR e GPC hanno confermato

l’avvenuta copolimerizzazione, consentendo di ricavare le caratteristiche chimico-fisiche dei vari copolimeri (Tabelle 3.3 e 3.4).

(36)

29

Figura 3.5 – Cromatogrammi GPC dei copolimeri PEGMA-co-SiMAx e TRIGMA-co-SiMAx

-0,2 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 10 11 12 13 14 15 16 RI (u .a .)

Tempo di ritenzione (min)

p-PEGMA PEGMA-co-SiMA10 PEGMA-co-SiMA17

PEGMA-co-SiMA29 PEGMA-co-SiMA42 PEGMA-co-SiMA45

-0,2 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 12 12,5 13 13,5 14 14,5 15 15,5 16 RI (u .a .)

Tempo di ritenzione (min)

TRIGMA-co-SiMA4 TRIGMA-co-SiMA6 TRIGMA-co-SiMA15 TRIGMA-co-SiMA19 TRIGMA-co-SiMA28 TRIGMA-co-SiMA48 TRIGMA-co-SiMA65

Riferimenti

Documenti correlati

Fra  i  saggi  che  cercano  l’epica  femminile  nelle  sue  metamorfosi  in   altri  generi  va  ricordato  quello  di  Laura  Fortini  (Un  altro  epos..

  La   cultura   italiana   contemporanea   appare   poco  incline  a  essere  rinchiusa  in  gabbie  precostituite  poiché  si  tratta  di   una  realtà  magmatica

Questo lavoro di tesi si concentra sul ruolo della comunica- zione visiva nel contribuire ad aumentare e migliorare i conte- nuti di Wikipedia, attraverso la realizzazione

Per poter lavorare in relazione con la persona e il contesto di appartenenza, l’operatore sociale deve essere in grado di conoscere la maggior parte delle sfumature

I. Un IPN rigonfia ma non si dissolve in un solvente II. Creep e flussi viscosi sono soppressi [40]. Esistono diversi tipi di architetture IPN. Questi sistemi differiscono

Riprendendo quanto affermato in uno dei punti dedicati agli scenari della ricerca mediaeducativa, la progettazione ad hoc di un setting d’apprendimento, si configura come

L’ipernatriemia può derivare dall’uso di soluzioni di citrato di sodio ad elevata concentrazione (ipertoniche per ciò che riguarda il contenuto di sodio) e può

to the units of the Commission responsible for environmental research. European University Institute. Available Open Access on Cadmus, European University Institute