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L'accoglienza dei richiedenti asilo particolarmente vulnerabili: quale ruolo per gli enti regionali?

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Academic year: 2021

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euro 25,00

ISBN 978-88-6342-930-5

Il volume intende delineare forme e sviluppi del fenomeno migratorio contemporaneo nella prospettiva dell’accoglienza a livello territoriale, con particolare attenzione ai suoi profili giuridici e assumendo come punto di partenza delle riflessioni il binomio accoglienza/emergenza. A questo scopo, i contributi qui raccolti si sviluppano lungo tre direttrici: la ricostruzione del quadro generale – internazionale, europeo e nazionale – all’interno del quale si collocano le politiche locali di accoglienza; l’indagine dei principali settori di intervento degli enti territoriali nella gestione del fenomeno migratorio, analizzati in ottica trasversale; infine l’analisi, alla luce dell’inquadramento generale, delle prassi e delle politiche di accoglienza messe in atto nei territori dell’Euregio Tirol-Alto Adige/Südtirol-Trentino.

Jens Woelk è professore associato di Diritto pubblico comparato presso l’Università degli Studi di Trento.

Flavio Guella è assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato presso l’Università degli Studi di Trento.

Gracy Pelacani è dottoressa di ricerca in Studi giuridici comparati ed europei presso l’Università degli Studi di Trento e visiting professor presso l’Università Pompeu Fabra di Barcellona. 22

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MODELLI DI DISCIPLINA

DELL’ACCOGLIENZA

NELL’ “EMERGENZA

IMMIGRAZIONE”

La situazione dei richiedenti asilo

dal diritto internazionale

a quello regionale

a cura di

Jens Woelk

Flavio Guella

Gracy Pelacani

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Quaderni della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Trento

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MODELLI DI DISCIPLINA DELL’ACCOGLIENZA

NELL’“EMERGENZA IMMIGRAZIONE”

La situazione dei richiedenti asilo

dal diritto internazionale a quello regionale

a cura di

Jens Woelk

Flavio Guella

Gracy Pelacani

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DITORIALE

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CIENTIFICA NAPOLI

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Al fine di garantire la qualità scientifica della Collana di cui fa parte, il presente volume è stato valutato e approvato da un Referee esterno alla Facoltà a seguito di una procedura che ha garantito trasparenza di criteri valutativi, autonomia dei giudizi, anonimato reciproco del

Referee nei confronti di Autori e Curatori.

L’organizzazione del convegno e la stampa di questo volume sono state realizzate grazie alla collaborazione del GECT Euregio Tirolo-Alto

Adige - Trentino/EVTZ Europaregion Tirol-Südtirol-Trentino.

Proprietà letteraria riservata

L’edizione digitale di questo libro (ISBN 978-88-8443-644-3, ISSN 2284-2810)

© Copyright 2016 by Università degli Studi di Trento, Via Calepina 14 - 38122 Trento, è pubblicata sull’archivio IRIS - Anagrafe della ricerca

(http://iris.unitn.it/) con Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 3.0 Italia License.

Maggiori informazioni circa la licenza all’URL: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/legalcode

© Copyright 2016 Editoriale Scientifica s.r.l. Via San Biagio dei Librai 39 - 80138 Napoli

www.editorialescientifica.com info@editorialescientifica.com ISBN 978-88-6342-930-5

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INDICE

Pag. Jens Woelk

I territori di fronte all’“emergenza immigrazione”, tra confini e accoglienza. Introduzione ... 1 Zusammenfassung ... 7

PARTE PRIMA

LA DISCIPLINA DEL DIRITTO D’ASILO, TRA ACCOGLIENZA ED “EMERGENZA”

Francesco Palermo

Dall’emergenza all’accoglienza attraverso l’integrazione della società. Primi spunti per un’indagine sul ruolo degli enti substa-tali ... 11 Zusammenfassung ... 22 Elena Mitzman

Accoglienza nell’emergenza: profili normativi e organizzativi a livello internazionale ... 25 Zusammenfassung ... 42 Gracy Pelacani

Accoglienza nell’emergenza: il quadro europeo. Il sistema co-mune d’asilo europeo alla prova dell’emergenza: un’araba feni-ce?... 45 Zusammenfassung ... 73 Francesca Biondi Dal Monte

La disciplina del diritto d’asilo tra accoglienza ed emergenza. Il quadro italiano ... 75 Zusammenfassung ... 96

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INDICE

VI

Pag. Lamiss Khakzadeh-Leiler

Asylrecht: Der rechtliche Rahmen in Österreich ... 99 Abstract ... 111 Paolo Bonetti

Accoglienza nell’emergenza: la recente evoluzione ... 113

Zusammenfassung ... 162 PARTE SECONDA

IL RUOLO DEI TERRITORI

NELLA GESTIONE DELL’“EMERGENZA IMMIGRAZIONE”

Simone Penasa

Enti locali e sistema di protezione: da una accoglienza “di emergenza” a una accoglienza “integrata”? Spunti di compara-zione tra Italia e Austria ... 167

Zusammenfassung ... 185 Flavio Guella

Eccezionalità dei flussi migratori e sussidiarietà nella c.d. “am-ministrazione dell’emergenza” ... 187

Zusammenfassung ... 201 Lucia Busatta

Il diritto alla salute e l’accesso alla giustizia dei migranti nel sistema dell’accoglienza straordinaria ... 203

Zusammenfassung ... 215 Marta Tomasi

L’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. La tutela dei più vulnerabili oltre l’emergenza ... 217

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INDICE

VII

Pag. Davide Strazzari

L’accoglienza dei richiedenti asilo particolarmente vulnerabili: quale ruolo per gli enti regionali? ... 233

Zusammenfassung ... 245 Roberta Medda-Windischer

Vecchie e nuove minoranze: un Giano bifronte? Integrazione, diritti umani e tutela delle minoranze per ricomporre la (presun-ta) dicotomia ... 247

Zusammenfassung ... 258 PARTE TERZA

LA GESTIONE DELL’EMERGENZA NELL’EUREGIO

Jens Woelk, Flavio Guella, Gracy Pelacani

La disciplina dell’accoglienza dei migranti in Trentino e in Alto Adige/Südtirol ... 261

Zusammenfassung ... 273 Dietmar Schennach

Die Bewältigung der Ausnahmesituation in Tirol. Ein Praxisbe-richt... 275

Abstract ... 291 Walter A. Lorenz

Die Ergebnisse des EuregioLab 2015 ... 293

Abstract ... 296 CONCLUSIONI Fulvio Cortese Conclusioni ... 299 Zusammenfassung ... 305 Curatori e Autori ... 307

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L’ACCOGLIENZA DEI RICHIEDENTI ASILO

PARTICOLARMENTE VULNERABILI:

QUALE RUOLO PER GLI ENTI REGIONALI?

Davide Strazzari

SOMMARIO: 1. L’accoglienza dei richiedenti asilo: una questione di

rile-vanza prettamente statale. 2. L’accoglienza dei richiedenti asilo particolar-mente vulnerabili. 3. La particolare condizione delle vittime di tratta. 4. Vitti-me di tratta e ruolo regionale: possibili spunti.

1. L’accoglienza dei richiedenti asilo: una questione di rilevanza pret-tamente statale

La crescente incidenza del flusso migratorio rappresentato dai ri-chiedenti asilo, come conseguenza degli sconvolgimenti politico-istitu-zionali che stanno interessando diverse regioni dell’Africa e del Medio Oriente, ha determinato in Italia alcune difficoltà di coordinamento tra livelli di governo territoriale nella gestione del fenomeno in esame.

Sul piano formale della ripartizione delle competenze legislative, si può osservare che se, da un lato, gli artt. 117, c. 2, lett. a) e b) Cost. it. assegnano all’ambito centrale le competenze legislative, rispettivamen-te, in materia di asilo e condizione giuridica dello straniero non UE e immigrazione, dall’altro, come precisato dalla Corte costituzionale1, le

Regioni restano competenti a disciplinare interventi che si dirigono an-che nei confronti degli stranieri, nei limiti delle competenze ad esse as-segnate nelle materie di politica sociale.

Sul terreno specifico, poi, dell’accoglienza dei richiedenti asilo, soc-corre il riferimento al testo del d.lgs. 112/98 (c.d. Decreto “Bassanini”) che, nel ripartire le funzioni ammnistrative tra Stato, Regioni ed Enti

1 Si tratta della sentenza n. 300 del 7.7.2005 e la n. 156 del 5.4.2006. Su queste

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locali prima della riforma nel 2001 del Titolo V, ha attribuito allo Stato le funzioni amministrative in materia di prima accoglienza, nonché un ruolo di coordinamento degli interventi di accoglienza in favore dei richiedenti asilo2.

Tuttavia, il modello centralizzato nella gestione dell’accoglienza materiale dei richiedenti asilo, quale è possibile ricavare dalle disposi-zioni sopra richiamate, si è presto rivelato inefficiente e politicamente insostenibile a fronte del flusso di cittadini extracomunitari che ha ca-ratterizzato l’Italia negli ultimi anni e ha fatto emergere la necessità di procedere secondo soluzioni concertate e ispirate a un criterio di leale collaborazione tra soggetti istituzionali. Si tratta, del resto, di una solu-zione che presenta uno specifico rimando costituzionale all’art. 118, c. 3 Cost., disposizione che, pur riferendosi alla materia immigrazione e non all’asilo, demanda alla legge statale la disciplina di forme di coor-dinamento tra Stato e Regioni3.

Applicando, dunque, criteri d’azione già implementati con successo in occasione dell’eccezionale flusso di ingressi occorso nel 2011-20124,

in occasione dell’emergenza Nord Africa, si giunge a sottoscrivere il 10 luglio 2014 un’intesa in sede di conferenza Stato-Regioni-Enti locali in cui si prevede che le Regioni concordino con l’esecutivo nazionale i criteri di ripartizione dei posti da destinare alle finalità di accoglienza dei richiedenti asilo, nonché la localizzazione dei centri governativi di

2 L’art. 129 del d.lgs. n. 112/98, collocato nel Capo II intitolato “servizi sociali”,

mantiene allo Stato le seguenti funzioni amministrative: lett. h) «gli interventi di prima assistenza in favore dei profughi, limitatamente al periodo necessario alle operazioni di identificazione ed eventualmente fino alla concessione del permesso di soggiorno, non-ché di ricetto ed assistenza temporanea degli stranieri da respingere o espellere»; lett. l) «le attribuzioni in materia di riconoscimento dello status di rifugiato e il coordinamento degli interventi in favore degli stranieri richiedenti asilo e dei rifugiati, nonché di quelli di protezione umanitaria per gli stranieri accolti in base alle disposizioni vigenti».

3 L’art. 118, c. 3 Cost. it. prevede analoghe forme di coordinamento, da disciplinarsi

con legge dello Stato, anche per la materia “ordine pubblico e sicurezza”, mentre per la materia della tutela dei beni culturali, la legge statale disciplina anche forme di intesa oltre che di coordinamento, con le Regioni.

4 Sul punto, anche M.V

RENNA, Le Regioni di fronte all’immigrazione: linee di

ten-denza degli ultimi anni, in E.ROSSI,F.BIONDI DAL MONTE,M.VRENNA, La governance

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L’ACCOGLIENZA DEI RICHIEDENTI ASILO PARTICOLARMENTE VULNERABILI

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prima accoglienza e di altre strutture temporanee che dovessero render-si necessarie a tal fine.

Detta intesa, che sanziona una partecipazione delle Regioni anche nella fase iniziale della prima accoglienza dei profughi e non solo in quella successiva, è stata sostanzialmente tradotta in legge dal recente d.lgs. n. 142/2015. Quest’ultimo, assunto per dare trasposizione alle direttive 2013/32/UE (c.d. direttiva procedure) e 2013/33/UE (c.d. dir. accoglienza), configura un sistema che, previo accordo programmatico tra lo Stato e le Regioni relativamente ai criteri di ripartizione territoria-le dei richiedenti asilo e alla localizzazione delterritoria-le strutture di primo ri-cetto, struttura l’accoglienza in due fasi.

La prima, di stretta competenza statale, finalizzata alla gestione del-la prima accoglienza, attribuisce un ruolo determinante aldel-la figura pre-fettizia, chiamato a inviare i richiedenti nelle strutture di prima acco-glienza, di cui all’art. 9 del d.lgs. 142/2015, o a disporre lui stesso l’ac-coglienza in strutture temporanee, in caso di esaurimenti di posti nelle strutture di cui sopra.

La seconda fase di accoglienza, rappresentata dal Sistema di prote-zione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), è predisposta dagli enti locali, chiamati a presentare domande di contributo per la realizzazione di progetti di accoglienza, garantendo specifici servizi secondo linee guida fissate da un decreto del Ministro dell’interno (art. 14), adottato sentita la Conferenza unificata Stato-Regioni-Enti locali5.

Ne deriva, dunque, complessivamente, un disegno in cui le Regioni, pur progressivamente e significativamente chiamate a partecipare atti-vamente alle decisioni relative al riparto regionale dei richiedenti asilo e alla localizzazione dei centri di prima accoglienza, non hanno poi margini per una differenziazione relativa alle politiche di assistenza e integrazione, essendo queste ultime affidate agli enti locali, chiamati a garantire servizi secondo linee guida fissate dal livello decisionale sta-tale, secondo uno schema che rimanda all’idea di un federalismo muni-cipale di esecuzione.

5 La disciplina odierna del sistema Sprar ricalca quella a suo tempo data dalla legge

30 luglio 2002, n. 189, la quale ha introdotto l’art. 1-sexies al d.l. n. 416/1989. Il d.lgs. 142/2015 ha però previsto che i finanziamenti statali possano anche essere in deroga al limite dell’80% stabilito originariamente dalla legge n. 189 del 2002.

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Partendo da questa premessa, lo scritto vuole interrogarsi se non sia possibile ipotizzare spazi per una maggiore progettualità dell’ambito di governo regionale in relazione all’accoglienza dei richiedenti asilo. Lo farà considerando una particolare categoria di essi, rappresentata dai gruppi vulnerabili e, in particolare, dalle vittime di tratta, soggetti che richiedono particolare attenzione proprio sul versante della tutela e assi-stenza, intersecando, dunque, in misura maggiore, le competenze regio-nali legate alle politiche sociali e sanitarie.

2. L’accoglienza dei richiedenti asilo particolarmente vulnerabili

L’idea di individuare all’interno della categoria di “straniero richie-dente asilo” una sottocategoria di soggetti che, in ragione di alcune loro caratteristiche o status, siano particolarmente vulnerabili e dunque meri-tevoli di un trattamento e di una tutela specifici, soprattutto sotto il profi-lo delle misure di accoglienza, trova un fondamento tanto nella giuri-sprudenza della Corte Edu quanto negli atti di diritto derivato dell’UE6.

In relazione alla prima, si può ricordare come, sulla base della giuri-sprudenza M.S.S., la Corte Edu ha avuto modo di qualificare i richie-denti asilo di per sé come un gruppo di soggetti particolarmente vulne-rabili, incidendo detta valutazione sul giudizio relativo ai comporta-menti che costituiscono un trattamento disumano e degradante ai sensi dell’art. 3 CEDU7. Più recentemente, la Corte ha ulteriormente affinato

la sua giurisprudenza, precisando che alcuni tra i richiedenti asilo – nel caso di specie i minori – sono da considerarsi un gruppo particolarmen-te vulnerabile e come tale necessitano di peculiari misure di accoglien-za, la mancanza delle quali può integrare gli estremi del trattamento inumano e degradante ai sensi dell’art. 3 CEDU8.

6 Cfr. U. B

RANDL, P. CZECH, General and Specific Vulnerability of

Protection-Seekers in the EU: Is there and Adequate response to their Needs?, in F.IPPOLITO,S.

IGLESIAS SÁNCHEZ, Protecting Vulnerable Groups, Oxford-Portland, 2015, 247 ss. 7 Corte Edu, M.S.S. c. Belgio e Grecia, GC, 21.1.2011, § 251.

8 Corte Edu, Tarakhel c. Svizzera, 4.11.2014, relativa a una possibile violazione

dell’art. 3 CEDU da parte della Svizzera per il fatto di rinviare una famiglia di richie-denti asilo in Italia, ai sensi del Regolamento Dublino, dove, a detta del ricorrente, non

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L’ACCOGLIENZA DEI RICHIEDENTI ASILO PARTICOLARMENTE VULNERABILI

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Per quanto riguarda gli atti di diritto derivato dell’UE, disposizioni che invitavano gli Stati Membri ad apprestare una specifica attenzione a determinate categorie di richiedenti asilo, identificate come soggetti vul-nerabili, era già contenuta nella direttiva c.d. accoglienza n. 2003/9/CE.

La nuova direttiva 2013/33/UE riprende e rafforza gli obblighi nei confronti della categoria dei soggetti vulnerabili. In particolare, l’art. 21 di tale atto individua delle categorie di soggetti, ritenuti vulnerabili in via presuntiva, della cui situazione gli Stati tengono conto in sede di attuazione della direttiva9. Tuttavia, il fatto di appartenere a una delle

categorie di cui all’art. 21 non determina automaticamente il sorgere di una specifica obbligazione da parte dello Stato. Infatti, ai sensi dell’art. 22 solo i richiedenti asilo con esigenze di accoglienza particolari sono destinatari delle specifiche misure di accoglienza definite dalla diretti-va. Al fine di individuare tali soggetti – i quali devono necessariamente appartenere a una delle categorie di cui all’art. 21 – gli Stati, entro un termine ragionevole dalla presentazione della domanda di protezione internazionale, sono tenuti ad effettuare una valutazione, la quale deve essere periodica, non assumere la forma di una procedura amministrati-va (dunque, richiedendosi una amministrati-valutazione caso per caso effettuata da personale specializzato) e non deve pregiudicare la valutazione delle esigenze di protezione internazionale. Le esigenze di particolare acco-glienza, che appunto possono porsi in una fase anche successiva a quel-la di prima accoglienza, si devono protrarre per tutta quel-la durata delquel-la va-lutazione della domanda10.

In termini concreti, l’attribuzione al richiedente asilo della qualifica di richiedente con esigenze di accoglienza particolari si traduce

sussistevano sufficienti garanzie in merito al mantenimento dell’unità del nucleo fami-liare, durante le procedure di riconoscimento della protezione internazionale.

9 Si tratta delle seguenti categorie: minori, minori non accompagnati, disabili,

an-ziani, donne in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, vittime di tratta, persone affette da gravi malattie o disturbi mentali, vittime di torture, stupri o altre for-me gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, quali le vittifor-me di mutilazioni geni-tali femminili.

10 Sulla disciplina prevista in ambito europeo v. V.S

TOYANOVA, Victims of Human

Trafficking – A Legal Analysis of the Guarantees for “Vulnerable Persons” under the Second Phase of the EU Asylum Legislation, in C.BAULOZ,M.INELI-CIGER,V. STOYA -NOVA (a cura di), Seeking Asylum in the European Union, Nijhoff, 2015, 58 ss.

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bligo da parte dello Stato di tenere conto delle sue peculiari condizioni psicosociali nei centri di accoglienza, anche sotto il profilo dell’allog-gio, e di verificare e monitorare le condizioni di salute. Ulteriori e più puntuali adempimenti sono previsti in relazione a categorie di gruppi vulnerabili quali i minori, i minori non accompagnati e le vittime di tortura e di violenza.

L’attuazione della direttiva in Italia, intervenuta col già citato d.lgs. 142/2015, manifesta anche in relazione al profilo qui esaminato quella tendenza centralistica che si è sottolineato essere connotativa dell’espe-rienza italiana in materia.

Le esigenze di accoglienza particolari per i gruppi vulnerabili sono richiamate tanto in relazione alla prima fase, di diretta gestione statale, quanto nella seconda, affidata al sistema Sprar. In particolare, in rela-zione a quest’ultima, l’art. 17, c. 4 del d.lgs. 142/2015 prevede che gli enti territoriali che partecipino al sistema di accoglienza territoriale ap-prestino servizi speciali di accoglienza per i richiedenti portatori di esi-genze speciali, servizi da individuarsi con decreto del Ministro dell’in-terno, sentita la Conferenza unificata. Saranno questi servizi che do-vranno garantire la valutazione iniziale e periodica della sussistenza delle condizioni di particolare vulnerabilità. Inoltre, sotto il profilo del-l’alloggio, i richiedenti adulti portatori di esigenze particolari sono, ove possibile, ospitati congiuntamente a parenti adulti.

Già oggi del resto i finanziamenti del sistema Sprar attraverso i bandi del Ministero dell’interno subordinano l’erogazione al fatto che gli enti locali garantiscano specifiche modalità di accoglienza ai soggetti vulne-rabili, imponendo, ad esempio, per l’accoglienza dei soggetti bisognosi di assistenza sanitaria, sociale e domiciliare, che le strutture di ricetto si ri-volgano a un numero compreso tra quattro e otto unità o, ancora, che gli enti locali organizzino equipe multidisciplinari e stipulino protocolli tra servizi socio-sanitari locali e realtà del privato sociale11.

Sembra ricavarsi, dunque, un modello di gestione dell’emergenza “accoglienza profughi” improntato a soluzioni verticistiche anche nella seconda fase dell’accoglienza e anche nei confronti dei soggetti vulne-rabili. Questa impressione, tuttavia, potrebbe in parte attenuarsi

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L’ACCOGLIENZA DEI RICHIEDENTI ASILO PARTICOLARMENTE VULNERABILI

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derando la specifica menzione, fatta all’art. 17, c. 2 del d.lgs. 142/2015, al tema delle vittime di tratta, considerate tra i soggetti vulnerabili, e per le quali si rimanda al programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale di cui all’art. 18, c. 3 bis del d.lgs. 286/98.

Poiché il tema delle vittime di tratta presenta crescenti collegamenti con quello della protezione internazionale ed è, inoltre, un ambito in cui si è dato un diffuso sperimentalismo, tanto del livello locale quanto di quello regionale, esso sembra un terreno proficuo per investigare in che misura si possa dare in relazione ad esso un più accentuato ruolo alle Regioni.

3. La particolare condizione delle vittime di tratta

Il tema delle vittime di tratta si presenta particolarmente complesso a partire dall’intreccio di fonti normative di carattere internazionale e sovranazionale, oltre che di diritto interno, che disciplinano la mate-ria12.

Di particolare rilievo, essendo il primo atto internazionale che ha da-to esplicida-to riconoscimenda-to al fenomeno, è la Convenzione delle NU contro la criminalità organizzata transnazionale e i suoi due protocolli addizionali, dedicati rispettivamente alla prevenzione, repressione e punizione della tratta delle persone, in particolare di donne e bambini, e al contrasto del traffico di migranti. In tali atti si è appunto distinto il fenomeno del traffico di migranti – in cui l’individuo volontariamente accetta di emigrare e di dare un corrispettivo a fronte del trasporto – da quello della tratta, in cui la persona è indotta con la forza, la minaccia o l’inganno a migrare al fine di sfruttamento, per tale intendendosi alme-no lo sfruttamento sessuale, il lavoro o prestazioni forzate, la schiavitù o pratiche analoghe, il prelievo di organi. Solo nei confronti delle vitti-me di tratta gli Stati parte sono tenuti a forvitti-me di particolare tutela e as-sistenza. Benché il citato protocollo non imponga agli Stati un obbligo di attribuire alla vittima di tratta in quanto tale un permesso di

12 In tema, A.T.G

ALLAGHER, The International Law of Human Trafficking,

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no, si privilegia, tuttavia, il ritorno su base volontaria e comunque te-nendo in considerazione l’incolumità della persona.

La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, firmata a Varsavia il 16 maggio 2005 e entrata in vigore il 1° febbraio 200813, impone agli Stati contraenti di non effettuare alcuna

espulsione della vittima di tratta per un periodo di almeno trenta giorni, necessari, secondo l’art. 13 per sottrarsi all’influenza delle organizza-zioni internazionali e per decidere in merito alla collaborazione con le autorità giudiziarie.

In effetti, il tratto caratteristico di tali atti è quello di subordinare il rilascio del permesso di soggiorno alla vittima di tratta alla decisione di questa di collaborare con le autorità investigative e giudiziarie al fine di perseguire le organizzazioni criminose. La prospettiva per così dire premiale è presente anche nella già richiamata Convenzione europea che però consente agli Stati parte di scegliere se attribuire alle vittime di tratta un permesso di soggiorno anche solo in relazione alle necessità derivanti dalle condizioni personali della vittima, in alternativa o in ag-giunta alle esigenze di cooperazione con le autorità investigative e giu-diziarie14.

Le vittime di tratta costituiscono, dunque, una categoria concettual-mente distinta rispetto al tema dei titolari di protezione internazionale, i quali presentano un regime di maggiore tutela anche e soprattutto in relazione alla loro permanenza nello Stato di destinazione.

L’incremento, tuttavia, dei flussi di richiedenti asilo intervenuto in questi ultimi anni ha reso via via più sfumata la distinzione tra il feno-meno del traffico, quello della tratta e quello dei richiedenti protezione internazionale, essendo frequente che una persona, pur di sfuggire da

13 La Convenzione è resa esecutiva in Italia dalla l. n. 108 del 2010. Su tale

conven-zione v. A.T.GALLAGHER, Recent Legal Developments in the Field of Human

Traffick-ing: A Critical Review of the 2005 European Convention and Related Instruments, in Eur. Jour. of Migration and Law, 2006, 163 ss.; vedi anche J.RÍOS RODRÍGUEZ, Victims

of Trafficking and Smuggling of Migrants in International and European Law, in F. IP -POLITO,S.IGLESIAS SÀNCHEZ, op. cit., 359 ss.

14 Nel contesto dell’UE, la dir. 2004/81/CE prevede che gli Stati attribuiscano un

permesso di soggiorno solo in presenza di una fattiva collaborazione della vittima con le autorità giudiziarie. Vedi, in particolare, gli artt. 7 e 8.

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L’ACCOGLIENZA DEI RICHIEDENTI ASILO PARTICOLARMENTE VULNERABILI

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determinati scenari, accetti di pagare il suo trasferimento attraverso forme di sfruttamento sessuale o lavorativo.

Lo stesso UNHCR ha sottolineato le crescenti relazioni tra il tema delle vittime di tratta e quello dei titolari di protezione internazionale15.

Sebbene, evidentemente, si debba rifuggire da facili automatismi, esclu-dendosi che alle vittime di tratta in quanto tali si possa riconoscere lo

status di rifugiato o altrimenti bisognoso di protezione internazionale, il

documento dell’UNHCR rivela che, da un lato, si deve considerare se le persone riconosciute come vittime di tratta nei paesi di destinazione possano, una volta rientrate nel loro paese d’origine, essere oggetto di forme di persecuzione in ragione de loro essere state oggetto di tratta e dunque costituire un “gruppo sociale” ai sensi e per gli effetti della Convenzione di Ginevra. Si pensi, da questo punto di vista, al rischio che vittime di tratta, oggetto di sfruttamento sessuale, subiscano, una volta rientrate in patria o nel paese di previa residenza, forme di perse-cuzione associate proprio al loro passato. D’altro lato, sottolinea sempre il documento UNHCR, vi è il rischio anche che potenziali rifugiati o comunque bisognosi di protezione internazionale finiscano nel circuito dello sfruttamento proprio per pagare il costo del viaggio.

Il tema delle vittime di tratta ha ricevuto una peculiare attenzione nel contesto italiano e ciò fin dall’approvazione del d.lgs. 286/1998 (T.U. Immigrazione) e dalla previsione in esso contenuta dell’art. 18. In particolare, alla luce dell’art. 27 del regolamento di attuazione (d.P.R. n. 394/1999) la normativa italiana permette, accanto al rilascio del per-messo di soggiorno strumentale alla collaborazione della vittima con l’autorità giudiziaria, il rilascio, da parte del questore, su proposta degli assistenti sociali, di un permesso di soggiorno c.d. sociale, concesso anche solo in funzione della gravità e dell’attualità del pericolo per lo straniero che intenda sottrarsi ai condizionamenti della criminalità or-ganizzata16.

15 V. il documento del 2006, Linee guida di protezione internazionale -

L’applica-zione dell’art. 1A(2) della ConvenL’applica-zione del 1951 e 70 del protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati alle vittime di tratta e alle persone a rischio di tratta, in

partico-lare 14-15, reperibili sul sito www.unhcr.it.

16 Sulla disciplina nazionale e sulla scarsa attuazione del percorso c.d. sociale in

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Ulteriori interventi legislativi sono occorsi nel 2003 con la legge 228 – che ha introdotto nel c.p. il reato di tratta di persone e che ha istituito il Fondo per le misure anti-tratta – e nel 2014 con il d.lgs. n. 24. Quest’ul-timo – che ha previsto, almeno sulla carta, il programma unico di emer-sione, assistenza e integrazione, ad oggi tuttavia non ancora attuato – ap-pare rilevante perché, sulla scia della direttiva europea 2011/36/UE di cui è trasposizione, evidenzia il nesso tra il fenomeno delle vittime di tratta e quello dei rifugiati. Lo fa, in particolare, invitando le amministrazioni che si occupano di assistenza alle vittime di tratta e quelle che hanno compe-tenza in materia di asilo a individuare forme di coordinamento e mecca-nismi di rinvio tra le due forme di tutela (art. 10, c. 1), nonché stabilendo l’obbligo di fornire alle vittime di tratta informazioni relative alle proce-dure per ottenere la protezione internazionale (art. 10, c. 2).

La regolamentazione in Italia del fenomeno delle vittime di tratta, unitamente alle sempre più marcate connessioni col tema dei richiedenti asilo, hanno evidenziato l’emersione di almeno tre nuclei problematici, che, come si evidenzierà, possono rappresentare altrettanti potenziali ambiti di azione regionale.

In primo luogo, si può segnalare una certa inerzia delle istituzioni statali sotto il profilo programmatorio cui si accompagna, anche, una certa esiguità dei finanziamenti. Benché il già citato d.lgs. 24/2014 pre-veda l’adozione di un piano nazionale d’azione contro la tratta e il gra-ve sfruttamento degli esseri umani, sulla cui base assumere il già ri-chiamato programma unico d’emersione, assistenza e integrazione so-ciale, ad oggi detti atti programmatici non sono stati adottati. Ne conse-gue che è ancora operativo il meccanismo basato su contributi concessi dal Dipartimento delle pari opportunità per finanziare iniziative di assi-stenza e tutela delle vittime, presentate da enti territoriali, in conven-zione con enti privati, a valere sul fondo anti-tratta istituito nel 200317.

tela delle vittime della tratta e del grave sfruttamento: il punto della situazione oggi in Italia, 2015, reperibile sul sito www.asgi.it. In dottrina, v. A.ANNONI, L’attuazione

del-l’obbligo internazionale di reprimere la tratta di esseri umani, in Riv. dir. int., 2006,

405 ss.

17 Il d.lgs. 24/2014 ha tuttavia previsto che su detto fondo gravino gli indennizzi

predisposti in favore delle vittime, ciò che ha contribuito a ridurre ulteriormente i finan-ziamenti per i progetti.

(21)

L’ACCOGLIENZA DEI RICHIEDENTI ASILO PARTICOLARMENTE VULNERABILI

243

In secondo luogo, tra i profili problematici del fenomeno delle vit-time di tratta vi è quello della specifica formazione degli operatori so-ciali e, più in generale, dei diversi soggetti istituzionali che possano entrare in contatto con tali situazioni, atteso che spesso la vittima di tratta non è consapevole della sua condizione e dei diritti connessi a tale

status o comunque si mostra reticente a far emergere il suo vissuto per

timore di possibili ritorsioni.

Infine, come si è notato, la condizione delle vittime di tratta, a mag-gior ragione quando essa si lega alle vicende dei richiedenti asilo, po-stula uno stretto coordinamento tra diversi attori istituzionali. Si tratta, dunque, di istituire forme di coordinamento tra forze dell’ordine, que-stura, operatori sociali, commissioni territoriali secondo schemi colla-borativi che in parte vengono richiamati, come sopra notato, dalla stes-sa normativa statale (v. il citato art. 10, c. 1 del d.lgs. 24/2014).

4. Vittime di tratta e ruolo regionale: possibili spunti

L’individuazione sopra operata dei nuclei problematici relativi al fe-nomeno delle vittime di tratta consente di individuare altrettanti spazi di azione per l’ambito regionale.

Si può infatti ipotizzare che le Regioni, agendo sulla base delle com-petenze in materia sociale, possano innanzitutto operare sul piano isti-tuzionale, promuovendo forme di coordinamento e di supporto per quei soggetti istituzionali che, a vario titolo, possono venire a conoscenza di potenziali vittime di tratta. In questo senso, le Regioni possono proporsi come enti capofila di possibili accordi tra pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 15 della legge 241/90, al fine di favorire l’emersione del fenomeno “tratta”. Iniziative in tal senso sono già operative a livello locale, pur non necessariamente coinvolgendo le Regioni18.

In secondo luogo, le Regioni possono promuovere incentivi econo-mici e di supporto istituzionale e progettuale per gli enti locali

18 Per i protocolli sottoscritti finora v.

(22)

DAVIDE STRAZZARI

244

zati alla predisposizione dei progetti nazionali e/o dell’UE per reperire finanziamenti nel settore.

Infine, è ipotizzabile che la Regione si attivi sul piano della forma-zione specifica degli operatori sociali. Lo stesso d.lgs. 24/2014 prevede all’art. 5 un obbligo generico per le amministrazioni competenti di rea-lizzare specifici moduli formativi sulle questioni inerenti alla tratta di essere umani per i pubblici ufficiali interessati.

Il possibile rilievo dell’ambito regionale, secondo le linee tratteggia-te, è confermato dalla circostanza che diverse tra le legislazioni regio-nali più recenti in materia di immigrazione hanno dedicato specifica attenzione all’accoglienza dei richiedenti asilo e al fenomeno della trat-ta. Ad esempio, l’art. 17 della legge n. 6/2010 della Regione Campania prevede forme di contributi a enti territoriali o del privato sociale che istituiscano e/o gestiscano centri di accoglienza per richiedenti asilo e vittime di violenza e grave sfruttamento. Più articolata la legge regiona-le della Toscana, la n. 29/2009, che individua, all’art. 68, tra gli inter-venti che la Regione attua al fine di promuovere la tutela del diritto d’asilo e della protezione sussidiaria, con particolare riguardo ai minori non accompagnati, donne e vittime di tortura, azioni di monitoraggio e analisi del fenomeno, azioni per il rafforzamento della rete di informa-zione e tutela, la formainforma-zione degli operatori, il supporto agli enti locali che aderiscono a programmi nazionali ed europei di tutela del diritto d’asilo e il coordinamento delle strutture pubbliche e private di acco-glienza presenti sul territorio regionale.

In un contesto, dunque, quale quello della gestione dell’accoglienza dei richiedenti asilo, in cui sembra prevalere il ruolo dello Stato, sia come soggetto attuatore (nella prima fase), sia come soggetto coordina-tore (nella seconda fase), emerge la possibilità per le Regioni di dare vita, nel limitato ambito tematico qui decritto, a forme progettuali in grado di determinare potenziali differenziazioni su base territoriale.

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245

ZUSAMMENFASSUNG

Die Aufnahme besonders verletzlicher Asylbewerber:

welche Rolle für Regionen?

Davide Strazzari

Die jüngste italienische Regelung zur Aufnahme von Asylbewer-bern hat die zentrale Rolle des Staates in diesem Bereich bestätigt. Dies gilt sowohl für seine Rolle in der unmittelbaren Ausführung in einigen Politikbereichen, insbesondere bei der Erstaufnahme, als auch für die Koordinierungsrolle in Bezug auf die folgenden Aufnahmephasen, für welche die lokalen Gebietskörperschaften verantwortlich gestalten.

Obwohl es den Regionen gelungen ist, sich die wichtige Aufgabe der Festlegung des territorialen Verteilungsschlüssels der Asylbewerber zu sichern, gemeinsam mit dem Staat, scheint ihre regulatorische Rolle im Bereich des Sozialwesens nicht ebenso anerkannt und gewürdigt.

Ausgehend von dieser Beobachtung werden in diesem Beitrag die Möglichkeiten für die Entwicklung von Formen regionaler Projekte untersucht, welche die Aufnahme von Asylbewerbern aus besonders verletzlichen Kategorien zum Gegenstand haben. Besonderes Augen-merk gilt den Opfern von Menschenhandel, da diesen gegenüber in der Vergangenheit die regulatorische Rolle der Regionen besonders ausge-prägt war.

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