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Sugammadex: il primo antagonista selettivo dei miorilassanti steroidei. Proposta di studio clinico

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione Pag. 3

1. Sugammadex: farmacologia Pag. 7

1.1. Struttura chimica 7

1.2. Famacodinamica 10

1.3. Farmacocinetica 12

1.3.1. Popolazioni speciali 12

1.4. Eventi avversi 13

1.5. Interazioni con altri farmaci 14

2. Sugammadex: trials clinici Pag. 15

2.1. Studi su animali 15

2.2. Studi su pazienti umani 18

2.2.1. Studi di fase I 19

2.2.2. Studi di fase II 20

2.2.3. Studi di fase III 23

2.2.4. Popolazioni speciali 25

2.3. Tollerabilità 27

3. Prospettive e applicazioni future Pag. 30

4. Protocollo di studio Pag. 33

4.1. Background 34

4.2. Rapporto rischio-beneficio 37

4.3. Popolazione 41

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4.5. Disegno sperimentale 41

4.6. Valutazione di efficacia 44

4.7. Valutazione di sicurezza 44

4.8. Statistica 46

4.9. Finanziamento per la conduzione dello studio 47

Appendice A 48

Appendice B 50

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Introduzione

Negli ultimi cinquant‟anni i progressi compiuti nell‟ambito delle tecnologie biomediche e della farmacologia hanno consentito di incrementare l‟efficacia e la sicurezza delle procedure anestesiologiche, specie nelle popolazioni con elevato rischio clinico (i.e., ASA elevato), determinando una marcata riduzione della mortalità perioperatoria.

Parte di questi successi sono attribuibili allo sviluppo di molti nuovi farmaci anestetici, quali anestetici volatili ed endovenosi, anestetici locali ed analgesici; tuttavia i progressi più consistenti hanno forse coinvolto la categoria dei bloccanti neuromuscolari e più in generale il capitolo della miorisoluzione.

Intorno alla metà del secolo scorso Griffith e Johnson utilizzarono per la prima volta la D-tubocurarina per indurre il rilassamento neuromuscolare in un paziente sottoposto ad appendicectomia. L‟introduzione del curaro ha rappresentato un evento rivoluzionario nella storia dell‟anestesia, che ha aperto la strada a nuovi sviluppi. Gli anni „70 hanno visto l‟introduzione dei bloccanti neuromuscolari (NMBA) non depolarizzanti con il pancuronio, in seguito sostituito negli anni „80 da curari più maneggevoli, l‟atracurio e il vecuronio, dotati di un miglior profilo farmacocinetico e di minori effetti avversi cardiovascolari. Negli anni „90 l‟impegno delle due aziende farmaceutiche più competitive nella produzione dei miorilassanti, è stato rivolto alla ricerca e allo sviluppo di nuovi farmaci che rispondessero sempre più ai criteri del “curaro ideale”: rapido onset e breve durata d‟azione, metaboliti non attivi, assenza di fenomeni di accumulo, assenza di istamino-liberazione, di effetti

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collaterali e ottima reversibilità con gli inibitori delle acetilcolinesterasi. Tutto ciò ha portato all‟introduzione e all‟ampio utilizzo nella pratica clinica dei più moderni curari: rocuronio, cis-atracurio e mivacurio. Nonostante l‟avvento delle nuove classi di miorilassanti ad azione breve ed intermedia abbia segnato un indiscusso passo avanti nell‟ambito della miorisoluzione in termini di efficacia e sicurezza, restano tuttora aperte alcune importanti questioni.

Il blocco neuromuscolare residuo (PORC) rappresenta una problematica di particolare rilevanza clinica, determinando sfavorevoli e deleterie conseguenze che ancora oggi impattano negativamente sull‟outcome postoperatorio. E‟ necessaria un‟analisi attenta della letteratura per ottenere un inquadramento evidence based del problema. Molto spesso, infatti, la pratica clinica risulta pervasa da un considerevole numero di falsi miti privi di fondamento scientifico. La convinzione che l‟incidenza di curarizzazione residua postoperatoria sia irrilevante in caso di utilizzo di bloccanti neuromuscolari ad azione intermedia ne è un esempio. A questo proposito, dall‟analisi di un numeroso gruppo di studi condotti a partire dalla fine degli anni „70 in merito agli eventi clinicamente significativi di blocco residuo postoperatorio in seguito ad anestesia di routine, l‟incidenza di PORC è risultata pari al 20-83% per gli NMBA non depolarizzanti a lunga durata d‟azione e al 20-60% per quelli a durata d‟azione intermedia (Viby-Mogensen, 1979; Lennmarken, 1984; Bevan, 1988; Hayes, 2001; Gatke, 2002; McCaul, 2002; Kim, 2002; Baillard, 2005; Maybauer, 2007; Murphy, 2005), evidenziando quindi un‟elevata incidenza di PORC anche in relazione all‟impiego di questi ultimi.

Un altro mito da sfatare tra gli anestesisti, riguarda la convinzione che l‟utilizzo di una singola dose di NMBA a durata intermedia per

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l‟intubazione tracheale comporti un rischio minimo di PORC. Anche in questo caso le osservazioni scientifiche ci dicono il contrario. Debaene et al. su un totale di 526 pazienti a cui era stata somministrata una singola dose di NMBA ad azione intermedia (atracurio, vecuronio e rocuronio) hanno osservato un‟incidenza di PORC pari al 45% dei pazienti reclutati (Debaene, 2003). La PORC rappresenta una significativa minaccia per il paziente determinando impairment della meccanica respiratoria e della sensibilità chemorecettoriale all‟ipossiemia con un aumentato rischio di insufficienza respiratoria e micro ab-ingestis. Le strategie attualmente utilizzate per la riduzione della PORC sono sostanzialmente volte all‟implementazione delle tecniche di anestesia locoregionale come valida alternativa all‟anestesia generale, all‟utilizzo razionale dei sistemi di monitoraggio oggettivo del blocco neuromuscolare e all‟impiego routinario dei reversals anticolinesterasici. Tuttavia anche la somministrazione delle miscele decurarizzanti, per quanto sia ancora considerato il trattamento standard, rappresenta un‟altra problematica aperta in ambito anestesiologico che merita una riflessione critica.

I farmaci decurarizzanti utilizzati sono gli anticolinesterasici, in modo particolare la neostigmina, associati agli agenti antimuscarinici (atropina e glicopirrolato). Gli anticolinesterasici a causa di un‟azione indiscriminata sui recettori muscarinici e nicotinici sono associati ad effetti clinici avversi (bradicardia ed ipotensione, broncospasmo, nausea, vomito e iperperistalsi), l‟aggiunta di farmaci antimuscarinici per controbilanciare questi effetti negativi è a sua volta gravata da altre manifestazioni collaterali, quali tachicardia, secchezza delle fauci e visione offuscata. Inoltre i decurarizzanti tradizionali sono inefficaci verso il blocco neuromuscolare profondo (i.e. 1-2 post-tetanic count

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[PTC]) e presentano “effetto tetto”, per cui a dosi elevate scompaiono gli effetti terapeutici e prevalgono gli effetti collaterali.

Negli ultimi anni l‟idea del “curaro ideale” è stata considerata sempre più riduttiva e forse utopistica e la ricerca nel campo della miorisoluzione si è indirizzata verso lo sviluppo di nuovi end-points. Ad oggi l‟introduzione del concetto innovativo di “reversal ideale”, dotato di un miglior livello di tollerabilità e della capacità di convertire blocchi neuromuscolari profondi, appare una necessità clinica.

Le ricerche biomediche si sono focalizzate sull‟impiego di farmaci capaci di inattivare selettivamente gli NMBA a livello dalle giunzioni neuromuscolari, senza aumentare la quota di acetilcolina libera né interferire con i sistemi recettoriali dell‟organismo. In tal senso un interesse sempre maggiore è stato rivolto alle ciclodestrine, utilizzate fin dagli anni „70 nelle industrie alimentari e farmaceutiche per la produzione di alimenti, cosmetici e farmaci. Il sugammadex appartiene alla categoria delle γ-ciclodestrine, molecole dotate di una superficie idrofilica esterna e di una struttura idrofobica interna, che le rendono

carriers particolarmente ideali per legare e veicolare nel torrente ematico

i farmaci liposolubili. Il sugammadex è quindi il primo di una nuova classe di farmaci decurarizzanti che agisce selettivamente sugli NMBA amino-steroidei.

Questa tesi di specializzazione si compone di due parti principali: la prima consiste in una review dettagliata sullo stato dell‟arte del sugammadex, in cui verranno esaminate le proprietà farmacologiche, l‟efficacia terapeutica, la tollerabilità e anche i potenziali impieghi futuri. Nella seconda parte introdurremo una proposta di studio clinico.

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Sugammadex: farmacologia

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1.1. Struttura chimica

Le ciclodestrine sono molecole ampiamente diffuse in natura ovunque siano presenti amidi, batteri e condizioni ambientali appropriate. Le ciclodestrine sono costituite dagli anelli di sei, sette o otto unità di glucopiranosio e sono chiamate rispettivamente alfa, beta e gamma (Figura 1.1).

Figura 1.1. Ciclodestrine naturali: da sinistra a destra: alfa, beta e gamma. Immagine riprodotta da Welliver M. AANA J 2007; 75: 289-96

Le unità di glucopiranosio sono unite tra loro da legami α1-4 a formare una disposizione circolare. Questa conformazione determina una struttura a tronco di cono in cui i gruppi idrossilici sono disposti sul versante esterno, mentre i legami α1-4 e gli atomi di carbonio si trovano su quello interno. I gruppi idrossilici conferiscono idrosolubilità alla molecola, mentre i gruppi carbossilici creano una cavità idrofobica.

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Questa architettura sterica conferisce alla molecola stessa la caratteristica di carrier idrosolubile, capace di inglobare una molecola lipofila. Il principale beneficio farmacologico che deriva da questa struttura consiste nella capacità di incapsulare farmaci o sostanze liposolubili rendendoli al tempo stesso solubili nei liquidi organici (Welliver, 2009). In passato le ciclodestrine, considerate sostanze inerti prive di azione farmacologica, sono state utilizzate come eccipienti in diversi preparati farmaceutici. La elevata solubilizzazione in acqua delle molecole liposolubili e la buona tollerabilità, hanno fatto sì che le ciclodestrine rimpiazzassero progressivamente gli altri solventi organici (i.e., alcool benzilico e glicole-propilene) (MacPherson, 2001).

La potenza delle ciclodestrine varia in relazione alle dimensioni della tasca idrofobica e alle dimensioni della molecola che deve essere legata. Le dimensioni della cavità delle ciclodestrine sono approssimativamente: γ (0,8 nm), β (0,6 nm) e α (0,5 nm) (Welliver 2007). Una volta che la molecola lipofila è stata accolta all‟interno della ciclodestrina le interazioni elettrostatiche, le interazioni di van der Waals, i legami idrofobici e i legami idrogeno contribuiscono alla formazione di uno stabile complesso host/guest idrosolubile.

Tra tutte le ciclodestrine, le γ mostrano una maggiore affinità per le molecole di grande calibro, quali gli NMBA steroidei, perché possiedono una tasca idrofobica più ampia. Successivamente per potersi adattare meglio all‟ampia struttura rigida degli NMBA steroidei, le γ ciclodestrine sono state modificate aggiungendo otto catene laterali per ampliare la cavità. Inoltre la presenza di gruppi carbossilici carichi negativamente al termine di queste otto catene laterali aggiunte, esercitando tra loro una forza di repulsione, permettono alla cavità di non collassare e di mantenersi aperta. I gruppi carbossilici negativi

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presentano anche un secondo vantaggio, favorendo il legame con i gruppi aminici positivi del rocuronio (Bom, 2002; Adam, 2002) (Figura 1.2).

Nel complesso queste modifiche hanno portato alla sintesi del sugammadex (Figura 1.3), un composto di peso molecolare 2178, altamente idrosolubile e capace di complessare stabilmente con rapporto 1:1 le molecole di NMBA steroidei (rocuronio > vecuronio > pancuronio) (Bom, 2002; Adam, 2002; Tarver, 2002; Cameron, 2002). Il complesso sugammadex-rocuronio ha un altissimo tasso di associazione (costante di associazione 107 M-1) ed un bassissimo tasso di dissociazione: si stima che su 25 milioni di complessi sugammadex-rocuronio solo uno si dissoci (Naguib, 2009).

Inizialmente lo sviluppo delle γ-ciclodestrine modificate era stata incentivata dai laboratori di ricerca della Organon per creare un nuovo

Figura 1.2 A: Struttura tridimensionale di una gamma ciclodestrina. B: struttura di sugammadex. Immagini riprodotte da Welliver M. AANA J 2007;75:289-96.

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solvente del rocuronio in sostituzione del mannitolo fosfato correntemente utilizzato. Tuttavia la scoperta della straordinaria forza e stabilità del complesso sugammadex-rocuronio che veniva a crearsi, spostò l‟obiettivo dei ricercatori dalla solubilizzazione del rocuronio alla sua inattivazione.

Nasceva così un nuovo concetto di antagonismo farmacologico nel panorama dei bloccanti neuromuscolari.

1.2. Farmacodinamica

Fino ad ora le ciclodestrine sono state utilizzate esclusivamente come eccipienti per accrescere la idrosolubilità e quindi il trasporto nei fluidi biologici di numerosi farmaci. Sugammadex è il primo farmaco in cui una ciclodestrina rappresenta il principio attivo del farmaco stesso. Il meccanismo d‟azione con cui il sugammadex inattiva gli NMBA steroidei può essere scisso in due componenti: l‟incapsulamento diretto della molecola di curaro e il trasferimento degli NMBA dalle giunzioni neuromuscolari al compartimento plasmatico.

Il sugammadex è somministrato endovena e rimane nel plasma senza diffondere o essere trasportato in altri compartimenti. Nel torrente ematico il sugammadex complessa stabilmente gli NMBA steroidei con un rapporto 1:1. Il legame delle molecole di curaro nel compartimento plasmatico ne previene la diffusione ai siti recettoriali nicotinici. Inoltre il legame del curaro plasmatico libero al sugammadex crea un gradiente di concentrazione tra sangue e tessuti periferici che favorisce il ritorno degli NMBA già legati ai recettori dell‟acetilcolina della giunzione neuromuscolare al plasma dove vengono incapsulati dalle molecole di sugammadex rimaste libere (Epemolu, 2003). Questo processo avviene rapidamente e ripristina completamente la funzionalità neuromuscolare.

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La capacità del sugammadex di complessare e inattivare gli NMBA steroidei è differente nei diversi agenti. Il sugammadex converte il rocuronio in misura maggiore del vecuronio che a sua volta è antagonizzato più efficacemente del pancuronio. In ogni caso i bloccanti neuromuscolari vengono antagonizzati con lo stesso meccanismo dose-risposta.

Il sugammadex esplica esclusivamente un‟azione chelante sui curari, senza interferire con i sistemi recettoriali colinergici dell‟organismo. Questo rende ragione degli scarsi effetti avversi. L‟efficienza dell‟antagonismo del blocco neuromuscolare non sembra essere influenzata dall‟eliminazione renale del complesso sugammadex-NMBA (Staals, 2011).

La presenza di sugammadex influenza la farmacocinetica del rocuronio: il volume di distribuzione si riduce, la concentrazione plasmatica (AUC) aumenta, così come l‟eliminazione renale (Sorgenfrei, 2006) (effetto dose-dipendente) (Gijsenbergh, 2005). Tutto ciò porta complessivamente all‟aumento della clearance plasmatica di circa 2 volte e alla riduzione dell‟emivita del farmaco del 30% (Yang, 2009).

Sugammadex somministrato in dosi adeguate è in grado di antagonizzare blocchi neuromuscolari di qualsiasi entità (profondi e superficiali) indotti da rocuronio e vecuronio con un completo ripristino di TOF ratio 0,9 entro 3 minuti dalla somministrazione. Tuttavia in presenza di blocco neuromuscolare profondo, entro pochi minuti da una dose da induzione o a 0 conteggi post-tetanici (PTC), sono necessarie dosi maggiori di sugammadex (8-16 mg/kg) per ottenere ripristino rapido e adeguato della funzione neuromuscolare (Naguib, 2009). Invece dopo decurarizzazione con la somministrazione di una piccola dose di sugammadex (0,5 mg/kg) 42 minuti dopo il bolo di rocuronio è stata osservata una riduzione

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temporanea della risposta TOF (Eleveld, 2007). La ricurarizzazione, di cui sono riportati in letteratura pochi casi, avviene solo se si utilizzano piccole dosi di sugammadex per antagonizzare il blocco neuromuscolare.

1.3. Farmacocinetica

Le proprietà farmacocinetiche del sugammadex sono state valutate negli studi clinici di fase I, II e III, con particolare riferimento al complesso sugammadex-rocuronio.

Il sugammadex presenta una cinetica lineare quando somministrato in bolo endovenoso alle dosi di 1-16 mg/kg. Il volume di distribuzione allo steady state è di circa 11-14 L (0,16-0,20 L/kg), mentre nella fase finale del processo di distribuzione raggiunge 18 L (0,26 L/kg). Dagli studi in

vitro condotti su campioni di plasma e sangue intero, è stato visto che il

sugammadex non si lega né alle proteine plasmatiche né agli eritrociti. Il sugammadex non viene metabolizzato, ma viene quasi interamente eliminato a livello renale come farmaco immodificato oppure complessato al rocuronio. L‟eliminazione attraverso la bile e i gas espirati è trascurabile (0,02%). La clearance plasmatica del sugammadex è 84-138 ml/min negli adulti con funzionalità renale conservata. Negli studi sui volontari sani, l‟emivita plasmatica è stata di circa 1,8 ore. La quota maggiore (90%) di una dose di sugammadex viene eliminata entro 24 ore dalla somministrazione (Yang, 2009).

1.3.1. Popolazioni speciali

L‟eliminazione del sugammadex o del complesso sugammadex-rocuronio è significativamente ritardata nei pazienti con severa compromissione della funzione renale (Clearance della creatinina ClCr < 30 ml/min) rispetto ai pazienti con clearance conservata (ClCr > 80

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ml/min), inoltre l‟efficacia della dialisi nell‟eliminazione dei complessi sugammadex-rocuronio non è stata dimostrata in modo convincente. Nonostante in questi pazienti l‟efficacia del sugammadex non sia pregiudicata e il blocco neuromuscolare non si ripresenti (Staals, 2008), tuttavia l‟utilizzo di sugammadex non è raccomandato. Cautela è anche consigliata in caso di pazienti affetti da insufficienza epatica, nonostante il fegato non sia coinvolto nel metabolismo e nel processo di eliminazione del farmaco (European Medicines Agency).

Per quanto riguarda la popolazione anziana, i soggetti con funzione renale preservata, il volume di distribuzione (Vd), la clearance (Cl) e l‟emivita plasmatica (t1/2) del sugammadex sono comparabili a quelli di una popolazione adulta sana (European Medicines Agency).

Nei bambini e adolescenti i parametri farmacocinetici del sugammadex variano in funzione dell‟età. Ad esempio a 8 anni Vd, Cl e t1/2 sono 3,1 L, 41 ml/min e 0,9 ore, a 15 anni sono 9,1 L, 71 ml/min e 1,7 ore rispettivamente (Yang, 2009). Attualmente il sugammadex è controindicato nei bambini con meno di 2 anni di età, per mancanza di dati disponibili sull‟efficacia e la sicurezza in questi pazienti (European Medicines Agency).

Ancora cautela è consigliata nelle donne in gravidanza e in allattamento, anche se si ritiene che una singola dose di sugammadex non determini effetti avversi per il bambino (European Medicine Agency).

1.4. Effetti avversi

Il sugammadex è un composto biologicamente inerte, sicuro e ben tollerato dall‟organismo. La sicurezza del farmaco è stata valutata nei trials di fase I e II (per un totale di 86 pazienti). Gli effetti collaterali riportati più frequentemente comprendono: ipotensione (3 soggetti),

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tosse (3 soggetti), nausea e vomito (6 soggetti), movimenti di un arto o parte del corpo durante l‟intervento (3 soggetti), secchezza delle fauci (4 soggetti), anosmia e disgeusia (2 soggetti) e livelli elevati di N-acetilglucosaminidasi nelle urine (5 soggetti), inoltre alterazioni del ritmo cardiaco, piressia, eritema e broncospasmo (Gijsenbergh, 2005; Sorgenfrei, 2006; Shields, 2006). Un modesto allungamento del QTc fu osservato da alcuni autori, anche se non è stato ancora chiarito del tutto se sia correlato al sugammadex (Dahl, 2007; de Kam, 2010).

Infine risultati di studi comparativi con la neostigmina confermano che il sugammadex non presenta incremento degli effetti avversi rispetto alle tradizionali miscele decurarizzanti (Jones, 2007).

1.5. Interazioni con altri farmaci

Sono riconosciute due categorie di potenziali interazioni:

- Interazioni da sequestro: la somministrazione di sugammadex può causare una riduzione dell‟efficacia di alcuni medicinali dovuta alla riduzione delle concentrazioni plasmatiche libere. In questo gruppo rientrano le interazioni con i contraccettivi ormonali e le molecole steroidee in genere. È stato stimato che l‟interazione tra 4 mg/kg di sugammadex e un progestinico determina una riduzione dell‟esposizione al progestinico (34% dell‟AUC) analoga alla riduzione che si osserva assumendo la dose giornaliera dimenticata di un contraccettivo orale con un ritardo di 12 ore, un‟evenienza che può determinare una riduzione dell‟efficacia. Per quanto riguarda gli estrogeni, si presume che l‟effetto sia meno marcato. Pertanto la somministrazione di una dose in bolo di sugammadex è ritenuta equivalente a una dose giornaliera non assunta di contraccettivi orali steroidei (combinati o a base di solo progestinico).

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- Interazioni da spiazzamento: la somministrazione di alcuni medicinali dopo sugammadex potrebbe, in linea teorica, spiazzare il rocuronio o il vecuronio dal sugammadex. Ciò potrebbe determinare una ricomparsa del blocco. Interazioni da spiazzamento sono al momento previste soltanto per poche sostanze medicinali come toremifene e acido fusidico. Per quanto concerne il toremifene, che ha una costante di affinità relativamente alta ad elevate concentrazioni plasmatiche, potrebbe verificarsi un qualche spiazzamento di vecuronio o rocuronio dal sugammadex. Il ripristino di un valore di 0,9 del rapporto T4/T1 potrebbe dunque risultare ritardato nei pazienti che hanno ricevuto toremifene lo stesso giorno dell‟intervento. Anche l‟impiego di acido fusidico nella fase preoperatoria può determinare un ritardo nel ripristino di un valore di 0,9 del rapporto T4/T1 (European Medicines Agency).

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Sugammadex: trials clinici

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2.1. Studi su animali

L‟efficacia del sugammadex è stata testata in prima battuta su modelli animali (topo, maiale, gatto e scimmie Rhesus). In studi in vitro, Miller e Bom osservarono in preparati di muscolo di diaframma di topo che il sugammadex convertiva per il 90% un blocco neuromuscolare indotto dagli NMBA amino-steroidei rocuronio, vecuronio, pancuronio e rapacuronio (quest‟ultimo non più disponibile in commercio). La risoluzione del blocco avveniva più efficacemente per il rocuronio; in subordine rapacuronio, vecuronio e pancuronio. Gli stessi studi confermarono che sugammadex non era in grado di antagonizzare gli NMBA non steroidei (atracurio, cis-atracurio, mivacurio e succinilcolina) (Miller, 2001). Questi risultati furono successivamente confermati da Mason e Bom in un esperimento in vivo sui maiali. In questo studio i maiali vennero trattati con NMBA steroidei e non, fino al raggiungimento di un blocco neuromuscolare profondo. Il tempo di recupero spontaneo della funzione neuromuscolare venne confrontato con il tempo di recupero dopo somministrazione di sugammadex 1 mg/kg. Il sugammadex determinava la rapida risoluzione del blocco muscolare indotto dagli NMBA steroidei con incidenza assente di blocco residuo o di ricurarizzazione, tuttavia non influenzava i tempi di recupero per gli altri curari. In questo studio la somministrazione di sugammadex non determinò rilevanti alterazioni della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa (Mason, 2001). In un altro interessante studio

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Hope e i suoi collaboratori valutarono gli effetti di sugammadex su un blocco neuromuscolare indotto e mantenuto da rocuronio allo steady-state, su gatti anestetizzati. Anche in questo caso un blocco profondo venne rapidamente convertito da sugammadex 1 mg/kg, senza effetti negativi su pressione arteriosa e frequenza cardiaca e senza segni di risoluzione incompleta del blocco o ricurarizzazione (Hope, 2001). Epemolu trovò durante uno studio sui maiali che l‟alta affinità tra sugammadex e rocuronio, produceva un gradiente di concentrazione tra rocuronio plasmatico e rocuronio tissutale, tale che le molecole di rocuronio libere, non ancora legate ai recettori della giunzione neuromuscolare, ritornavano nel compartimento centrale (plasma) per essere sequestrate dal sugammadex non ancora saturato. In questo modo il rocuronio è spiazzato dai propri siti recettoriali e la funzione neuromuscolare viene rapidamente ripristinata (Epemolu, 2003). De Boer analizzò la capacità di altre ciclodestrine modificate (una beta-CD e otto gamma-CD di peso molecolare crescente) di antagonizzare blocco neuromuscolare indotto da rocuronio allo stesso livello di profondità su una popolazione di scimmie Rhesus. L‟efficacia di queste ciclodestrine venne quindi confrontata con la risoluzione determinata da una miscela decurarizzante tradizionale di neostigmina e atropina. I risultati dimostrarono che in modo particolare due ciclodestrine (Org 26148 e Org 25969 o sugammadex) consentivano un ripristino efficace e rapido della funzione neuromuscolare, anche in questo caso senza segni di blocco residuo o ricurarizzazione spontanea ed effetti avversi. Entrambe queste ciclodestrine si dimostrarono estremamente vantaggiose rispetto ad atropina e neostigmina, anche in riguardo all‟impatto emodinamico (de Boer, 2006a). In un altro studio sulle scimmie, de Boer valutò la possibilità di utilizzare differenti dosaggi di sugammadex per risolvere

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un blocco neuromuscolare profondo indotto da rocuronio. Dopo un minuto dalla somministrazione di rocuronio 500 mcg/kg (5 x ED95), vennero somministrati o placebo (soluzione salina) o sugammadex a due differenti dosaggi (1 mg/kg e 2,5 mg/kg). I risultati ottenuti mostrarono un‟evidente conversione del blocco dopo somministrazione di sugammadex 2,5 mg/kg e una risoluzione parziale con 1 mg/kg rispetto al placebo. Gli autori non segnalarono nessun effetto avverso cardiovascolare (de Boer, 2006b).

Una serie di altri studi condotti su animali ha fornito importanti elementi per comprendere meglio in vivo il profilo farmacocinetico di sugammadex. Epemolu ha dimostrato nei maiali che i complessi sugammadex-rocuronio, grazie alla elevata idrosolubilità, sono escreti rapidamente nelle urine e con funzione dose-dipendente (Epemolu, 2002). Bom e collaboratori, condussero uno studio per descrivere gli effetti della riduzione della funzionalità renale sulla dinamica del farmaco: l‟efficacia di sugammadex non era influenzata dall‟interruzione (mediante clampaggio delle arterie renali) della perfusione renale plasmatica (Bom, 2003). Infine Mason in un altro studio originale dimostrò che l‟afficacia clinica di sugammadex non veniva inficiata dalle variazioni di pH nei maiali (Mason, 2002).

2.2. Studi su pazienti umani

L‟efficacia clinica e la sicurezza del sugammadex sono state valutate in circa 30 studi di fase I-III. Sugammadex è stato somministrato ad un totale complessivo di 2054 soggetto, di cui 1926 hanno ricevuto il farmaco dopo la somministrazione di un bloccante neuromuscolare amino-steroideo (rocuronio o vecuronio). In particolare i dati sull‟efficacia sono stati raccolti da 23 studi su 30 (tutti gli studi di fase II

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e III). Nella maggior parte dei casi sugammadex è stato somministrato alla dose di 2 mg/kg (n= 606) o 4 mg/kg (n = 582). Sono riportate comunque anche dosi maggiori fino a 32 mg/kg. I dettagli degli studi di fase I-III sono riportati nelle tabelle 2.1, 2.2. e 2.3. a fine capitolo. In tutti gli studi la funzione neuromuscolare è stata monitorata utilizzando l‟acceleromiografia (TOF-Watch SX®

, Schering-Plough, Roseland, NJ, USA).

2.2.1 Studi di fase I

Sono stati condotti sette studi di fase I. Per la maggior parte si tratta di studi randomizzati, in doppio cieco e con disegno crossover in cui volontari adulti hanno ricevuto dosi singole di sugammadex.

Nello studio di Gijsenbergh, 19 soggetti volontari sani non sottoposti ad anestesia sono stati randomizzati a ricevere una singola dose di sugammadex compresa tra 0,1 e 8 mg/kg e quindi attentamente monitorizzati per due ore. Nella seconda parte dello stesso studio, dieci soggetti sono stati anestetizzati due volte durante periodi diversi ed è stato loro somministrato in crossover placebo e una singola dose di sugammadex variabile tra 0,1 e 8 mg/kg. Nella prima fase dello studio tra gli effetti indesiderati sono stati segnalati alterazione del gusto e delle sensazioni olfattive, sensazione di ipertermia, secchezza delle fauci e parestesie, queste ultime perdurate circa una settimana. Inoltre è stato osservato un allungamento del QT in otto casi; di questi, cinque casi si sono verificati dopo il placebo (Gijsenbergh, 2005).

In un altro studio dove sugammadex è stato somministrato in associazione ad anestetici e curari, 12 soggetti dopo essere stati indotti con propofol e remifentanil, hanno ricevuto 16, 20 o 32 mg/kg di sugammadex combinato a rocuronio 1,2 mg/kg o vecuronio 0,1 mg/kg;

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inoltre altri 4 partecipanti non anestetizzati hanno ricevuto rocuronio 1,2 mg/kg o vecuronio 0,1 mg/kg con sugammadex 32 mg/kg. Le dosi utilizzate sono risultate ben tollerate, senza evidenza clinica di blocco neuromuscolare residuo; alcuni soggetti (37%) hanno riferito cefalea, alterazioni della temperatura, secchezza fauci, nausea e moderata irritazione al sito di iniezione, assieme a evidenza clinica di un modesto aumento delle transaminasi e GGT. Elettrocardiogramma e parametri vitali non hanno riportato cambiamenti significativi. Questo studio inoltre ha dimostrato che la concentrazione plasmatica dei due curari diminuisce più velocemente di quella del sugammadex (Cammu, 2008). Nel complesso sette volontari negli altri studi di fase I hanno mostrato segni di possibile ipersensibilità al farmaco (dose di 32 mg/kg) (de Kam, 2007; de Kam 2010; Peeters, 2010). Un soggetto ha interrotto il trattamento e un test cutaneo eseguito durante il follow up ha confermato la sensibilità al sugammadex.

2.2.2 Studi di fase II

Sono stati condotti 12 studi di fase II che hanno incluso 866 soggetti. Sette di questi studi si sono occupati della relazione dose-risposta di sugammadex nell‟antagonismo del blocco neuromuscolare rocuronio-indotto (tutti e sette gli studi), vecuronio e pancuronio-rocuronio-indotto.

Durante anestesia indotta e mantenuta con propofol e fentanyl, 27 volontari adulti maschi sono stati randomizzati per la somministrazione di placebo o sugammadex (0,5, 1, 2, 3 o 4 mg/kg) per antagonizzare un blocco neuromuscolare indotto da 0,6 mg/kg di rocuronio alla ricomparsa di T2 con TOF. Sugammadex ha drasticamente ridotto il tempo medio di risveglio (TOF ratio 0,9) con relazione dose-dipendente da 21 minuti nel gruppo placebo a 1,1 minuto nel gruppo sugammadex 4

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mg/kg. Dosi di sugammadex pari a 2 mg/kg o più hanno neutralizzato il blocco in meno di 3 minuti. Tra gli effetti avversi sono stati riferiti: tosse, movimenti e ipotensione. Nel postoperatorio alcuni pazienti hanno manifestato nausea, parosmia, vertigini e sensazioni di sbalzi di temperatura (Sorgenfrei, 2006).

In relazione alla capacità del farmaco di convertire i blocchi neuromuscolari a diversi livelli di profondità, gli studi di efficacia di fase II possono essere classificati in due gruppi principali:

BLOCCO LEGGERO

A 30 pazienti adulti è stato somministrato rocuronio al fine di mantenere un blocco profondo ad un livello inferiore a 10 conteggi post-tetanici durante anestesia con propofol, protossido e oppioidi. Alla comparsa del T2, dopo almeno due ore di blocco, i pazienti sono stati randomizzati per ricevere dosi diverse di sugammadex comprese tra 0,5 e 6 mg/kg). Il tempo medio di recupero completo (TOF ratio 0,9) è diminuito da 6 minuti e 49 secondi nel gruppo trattato con sugammadex a 1 minuto e 22 secondi nel gruppo che aveva ricevuto la dose di 4 mg/kg. Gli autori dello studio hanno concluso che la minore dose di sugammadex efficace era 2-4 mg/kg (Shields, 2006).

Successivamente 80 pazienti adulti sono stati randomizzati per ricevere rocuronio 0,6 mg/kg o vecuronio 0,1 mg/kg durante anestesia con propofol e remifentanil. Anche in questo caso differenti dosi di sugammadex (variabili da 0,5 a 8 mg/kg) o placebo sono state somministrate alla ricomparsa di T2. Il tempo medio di recupero (TOF ratio 0,9) è stato 31,8 minuti dopo placebo, 3,7 e 1,1 minuti dopo sugammadex 0,5 e 4 mg/kg, rispettivamente. Il tempo medio di recupero

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nel gruppo con vecuronio è stato 48 minuti dopo placebo, 2,5 e 1,4 minuti dopo sugammadex 1 e 8 mg/kg rispettivamente (Suy, 2007). Inoltre è stata confrontata l‟efficacia di sugammadex in pazienti sottoposti ad anestesia con agenti endovenosi (propofol > 6 mg/kg/h) o volatili (sevoflurano MAC 1,5 corretta per età). Sugammadex 2 mg/kg è stato somministrato alla ricomparsa di T2 dopo blocco con rocuronio. Il tempo medio di recupero del TOF ratio 0,9 è stato 1,8 minuti dopo anestesia con propofol e sevoflurano senza influenze significative dei due agenti anestetici. In entrambi i gruppi sono stati riportati degli effetti avversi di modesta entità e durata, peraltro già descritti negli studi precedenti. Si segnala tuttavia un allungamento dell‟intervallo QTc significativo rispetto al valore basale in entrambi i gruppi a 2 (p < 0,05) e 30 minuti (p < 0,001) dalla somministrazione di sugammadex (Vanacker, 2007).

BLOCCO PROFONDO

Per quanto riguarda gli studi eseguiti sulla conversione del blocco profondo, 98 pazienti anestetizzati con propofol e fentanyl sono stati randomizzati per la somministrazione di sugammadex (1, 2, 4, 6 o 8 mg/kg) o placebo a 3, 5 e 15 minuti dopo rocuronio 0,6 mg/kg. Il tempo medio di recupero è diminuito da 52, 51 e 35 minuti con placebo a 1,8, 1,5 e 1,4 minuti dopo sugammadex 8 mg/kg (Sparr, 2007).

Successivamente 50 pazienti anestetizzati con propofol e protossido sono stati randomizzati per ricevere una di due dosi di rocuronio (0,6 o 1,2 mg/kg) e una di cinque dosi di sugammadex (0,5, 1, 2, 4 o 8 mg/kg), somministrate ad un conteggio post-tetanico di 1 o 2. Con entrambe le dosi di rocuronio il ripristino del TOF ratio 0,9 è variato da 1,5 a 4,7 minuti per la dose di 4 mg/kg di sugammadex e da 0,8 minuti a 2,1

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minuti per la dose di 8 mg/kg. Alle dosi minori (0,5 e 1 mg/kg) il blocco non è stato adeguatamente neutralizzato (Groudine, 2007).

Un altro studio multicentrico di determinazione della dose ha coinvolto 45 pazienti adulti. L‟anestesia è stata indotta e mantenuta da propofol e oppioidi. Sugammadex (4, 8, 12 o 16 mg/kg) o placebo sono stati somministrati 5 minuti dopo rocuronio 1,2 mg/kg. Le dosi incrementali di sugammadex hanno ridotto il tempo medio di recupero da 122 minuti (risveglio spontaneo) a meno di 2 minuti, in maniera dose-dipendente. Non sono stati osservati segni di ricomparsa del blocco. Di scarso rilievo gli effetti collaterali riscontrati (de Boer, 2007).

Infine, 176 pazienti adulti hanno ricevuto con distribuzione randomizzata sugammadex (2, 4, 8, 12 o 16 mg/kg) o placebo a 3 o 15 minuti dalla somministrazione di una dose elevata di rocuronio (1,0 e 1,2 mg/kg) durante anestesia con propofol. Sugammadex 16 mg/kg dopo 3 e 15 minuti dalla somministrazione di rocuronio 1,2 mg/kg ha permesso il recupero del TOF ratio 0,9 in 1,3 e 4,7 minuti rispettivamente, senza evidenza clinica di blocco residuo o ricurarizzazione (Puhringer, 2008).

2.2.3. Studi di fase III

Ottocento settantadue pazienti sono stati inclusi negli studi di fase III, volti a testare l‟efficacia del farmaco rispetto ai trattamenti convenzionali.

Nello studio CRYSTAL, 84 pazienti adulti (ASA I-III), sottoposti ad anestesia generale con propofol e oppioidi per intervento chirurgico, sono stati randomizzati per ricevere sugammadex 2 mg/kg o neostigmina 50 mcg/kg per antagonizzare un blocco indotto rispettivamente da rocuronio 0,6 mg/kg e cis-atracurio 0,15 mg/kg. Dai risultati è emerso che il ripristino della funzione neuromuscolare indotto da sugammadex

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dopo rocuronio è più rapido (circa 5 volte) rispetto a quello ottenuto con neostigmina dopo cis-atracurio (Flockton, 2008).

Nello studio SIGNAL il recupero del blocco neuromuscolare profondo indotto da rocuronio è stato significativamente più veloce con sugammadex 4 mg/kg rispetto a neostigmina 70 mcg/kg (2,7 vs 49 minuti) (Jones, 2008).

Analogamente nello studio AURORA sugammadex 2 mg/kg ha antagonizzato un blocco moderato indotto da rocuronio (0,6 mg/kg) o vecuronio (0,1 mg/kg) in tempi significativamente più brevi rispetto a neostigmina 50 mcg/kg (1,4 vs 17 minuti e 2,1 vs 19 minuti, rispettivamente) (Blobner, 2007; Khuenl-Brady, 2010).

Nello studio SPECTRUM, i tempi di recupero con sugammadex da un blocco profondo indotto da rocuronio sono stati confrontati con il recupero dopo succinilcolina. In questo gruppo di pazienti, l‟intubazione tracheale è stata agevolata dalla somministrazione di rocuronio 1,2 mg/kg o succinilcolina 1 mg/kg. Il sugammadex è stato somministrato alla dose di 16 mg/kg 3 minuti dopo il rocuronio, mentre per la succinilcolina si è atteso il recupero spontaneo. I tempi medi di recupero completo del TOF ratio 0,9 sono stati significativamente più brevi per il gruppo trattato con rocuronio/sugammadex rispetto a quello con succinilcolina (6,2 vs 10,9 minuti) (Lee, 2009).

Nello studio VISTA, sugammadex 4 mg/kg è risultato efficace nell‟antagonismo del blocco neuromuscolare se somministrato almeno 15 minuti dopo l‟ultima dose di rocuronio, indipendentemente dalla somministrazione di mantenimento di dosi supplementari di rocuronio (White, 2009).

Attraverso le sintesi di questi risultati clinici, sono state elaborate le indicazioni per i regimi terapeutici da adottare.

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In particolare, se il recupero dal blocco indotto da rocuronio o vecuronio ha raggiunto un valore di almeno 1-2 PTC (Post tetanic count), la dose di sugammadex raccomandata è di 4 mg/kg di peso corporeo. Il tempo medio al ripristino di un valore di 0,9 del rapporto T4/T1 è di circa 3 minuti. È raccomandata una dose di 2 mg/kg di sugammadex in presenza di un recupero spontaneo giunto sino alla ricomparsa di T2, con un tempo medio di ripristino del TOF ratio 0,9 di circa 2 minuti. I tempi medi di recupero sono lievemente maggiori per il vecuronio rispetto al rocuronio. Quando è clinicamente necessario conseguire un antagonismo immediato dopo somministrazione di rocuronio, è raccomandata una dose di 16 mg/kg di peso corporeo di sugammadex. In questo caso se si somministra sugammadex 3 minuti dopo una dose in bolo di rocuronio 1,2 mg/kg è lecito attendersi un tempo medio di recupero del TOF ratio 0,9 di circa 1,5 minuti. Per il momento non ci sono dati per raccomandare l‟uso di sugammadex per l‟antagonismo immediato dopo vecuronio.

Nell‟evenienza eccezionale di ricurarizzazione dopo una dose terapeutica di sugammadex si raccomanda un‟ulteriore dose di sugammadex di 4 mg/kg.

Per quanto riguarda invece la risomministrazione di rocuronio o vecuronio dopo sugammadex, deve essere osservato un tempo di attesa di almeno 24 ore, tuttavia in caso di urgenza non differibile un nuovo blocco neuromuscolare può essere efficacemente e prontamente ripristinato dalle altri classi di curari.

2.2.4. Popolazioni speciali

Il programma di sviluppo clinico di sugammadex ha previsto anche la valutazione dei parametri di efficacia e sicurezza in coorti speciali di

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popolazione, come i pazienti pediatrici e anziani oppure i pazienti affetti da varie comorbidità e alterazioni delle principali funzioni d‟organo. Nello studio SPRING sono stati arruolati 30 pazienti adulti sottoposti ad anestesia generale totalmente endovenosa, dei quali, 15 erano affetti da insufficienza renale (clearance creatinina < 30 ml/min), gli altri avevano funzione renale conservata. Al recupero del T2 dopo rocuronio 0,6 mg/kg è stato somministrato sugammadex 2 mg/kg. Il tempo medio di risoluzione completa del blocco (TOF ratio 0,9) è stato circa 2 minuti nei pazienti con funzione renale compromessa e 1,65 minuti nei casi-controllo. La differenza non era significativa. In nessuno dei pazienti è stata osservata ricomparsa del blocco né effetti avversi importanti. La determinazione di questo risultato è particolarmente importante, in quanto il complesso sugammadex/rocuronio viene eliminato dall‟organismo principalmente per via renale. Al momento non sembra necessario alcun aggiustamento della dose per i pazienti con alterazione della funzione renale lieve o moderata. Tuttavia in via precauzionale rimane ancora sconsigliato l‟impiego di sugammadex nei pazienti con clearance della creatinina < 30 ml/min (Staals, 2008).

Dagli studi DIAMOND e LIBRA condotti per valutare la sicurezza e l‟efficacia di sugammadex nelle popolazioni anziane e pediatriche rispettivamente, è emerso che il farmaco presenta lo stesso profilo di efficacia e tollerabilità rispetto ai pazienti adulti e non sono richiesti aggiustamenti delle dosi. Tuttavia per quanto riguarda i neonati e i bambini fino a 2 anni, i dati clinici in possesso sono troppo limitati per poterne raccomandare l‟impiego in questa fascia d‟età (McDonagh, 2007; Plaud, 2007).

Negli studi WAVE e GLOW il sugammadex è stato testato in pazienti affetti da grave pneumopatie e cardiopatie. In entrambi i casi,

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sugammadex è risultato sicuro ed efficace. Considerando che gli anticolinesterasici sono gravati da un importante rischio di eventi avversi respiratori (broncospasmo e aumento delle secrezioni delle vie aeree) e cardiovascolari (bradicardia, tachicardia e ipotensione), il sugammadex potrebbe essere una valida alternativa da utilizzare nei pazienti ad elevato rischio di complicanze polmonarie cardiache (Amao, 2007; Dahl, 2009).

Ad oggi non sono stati ancora condotti studi sui pazienti epatopatici, sebbene nei modelli farmacocinetici-farmacodinamici utilizzati nei test di simulazione clinica (Schering-Plough files), sia dimostrato un allungamento dei tempi medi di recupero nei pazienti affetti da insufficienza epatica rispetto alla popolazione normale. Tuttavia anche in queste condizioni il ripristino della funzione neuromuscolare è apparso più rapido di quello ottenuto con la neostigmina (Craig, 2009).

2.3. Tollerabilità

Sugammadex è complessivamente ben tollerato dall‟organismo umano, essendo responsabile di effetti collaterali per lo più modesti e transitori. In un‟interessante review pubblicata recentemente, Yang e Keam hanno valutato il profilo di tollerabilità di sugammadex utilizzando i dati ottenuti da diversi trials clinici, case report e abstract, per costruire due analisi di confronto incrociate: sugammadex vs placebo e sugammadex vs trattamento standard (neostigmina). Dai risultati di questa rilevante metanalisi emergeva che nel complesso l‟incidenza di effetti avversi dopo somministrazione di sugammadex era sovrapponibile al placebo e al trattamento standard con neostigmina.

Eventi avversi vennero riportati nel 68% dei trattamenti con sugammadex e nel 72% dei casi placebo, nel primo confronto; e ancora

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nel 88% dei gruppi sugammadex e nell‟89% dei cassi trattati con neostigmina nel secondo. Solamente in pochi casi Yang e Keam hanno riscontrato la manifestazione di effetti collaterali gravi (5,8% nei casi sugammadex vs 4,3% nei controlli e 3,4% per sugammadex vs 3,6% per neostigmina). In nessuna di queste fonti sono riportati casi di decesso. Per quanto riguarda l‟incidenza degli effetti indesiderati di minore rilevanza, le alterazioni del gusto sono risultate piuttosto infrequenti (0,0- 7%) ai dosaggi raccomandati (fino a 16 mg/kg), più frequenti invece in caso di dosaggi elevati (15,4% con sugammadex 32 mg/kg e 66,7% con sugammadex 96 mg/kg). Comunque anche in caso di dosaggi eccessivamente alti (< 40 mg/kg) non sono state segnalate reazioni gravi. Gli Autori segnalano la presenza di alcuni effetti avversi, come tosse, movimenti e segni di anestesia superficiale, che si sono manifestati con frequenza fino a otto volte più elevata nel braccio sugammadex rispetto al placebo. In effetti questi disturbi si manifestarono più frequentemente quando il sugammadex era somministrato 3-15 minuti dopo il rocuronio piuttosto che alla ricomparsa di T2. Perciò gli effetti di superficializzazione del piano anestesiologico sono da mettere in relazione all‟utilizzo di dosaggi maggiori di sugammadex (16 mg/kg vs 2-4 mg/kg) che consentono una ripresa ancora più rapida dal blocco neuromuscolare.

Sono stati inoltre riportati eventi avversi nel braccio sugammadex che si sono presentati con frequenza maggiore rispetto al gruppo neostigmina, come le alterazioni della motilità gastrointestinale. Viceversa altri eventi indesiderati, quali secchezza delle fauci e persistenza di un blocco residuo, hanno avuto un‟incidenza maggiore nel gruppo dei soggetti trattati con neostigmina.

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La frequenza di reazioni di ipersensibilità al sugammadex è stata sotto l‟ordine dell‟1% in 1926 pazienti esaminati e trattati con varie dosi di sugammadex fino a 32 mg/kg.

Infine l‟incidenza del blocco neuromuscolare residuo è stato associato solamente all‟utilizzo di dosi impropriamente basse di sugammadex (< 2 mg/kg), nessun caso si è verificato dopo dosi maggiori di sugammadex (Yang, 2009).

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Prospettive e applicazioni future

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Come hanno spesso enfatizzato vari Autori, l‟introduzione di sugammadex rappresenta un elemento di consistente innovazione nel panorama dei farmaci miorilassanti e della disciplina anestesiologica in generale. Il meccanismo d‟azione peculiare di questo farmaco, già trattato nei precedenti capitoli, consente all‟anestesista di essere in grado di convertire prontamente un blocco neuromuscolare a qualsiasi livello di profondità e senza limiti temporali dalla somministrazione della dose precedente di curaro. Fino ad ora gli anticolinesterasici hanno rappresentato il gold standard per l‟antagonismo del blocco neuromuscolare, tuttavia la loro efficacia è limitata dal livello di profondità del blocco stesso. Per un blocco neuromuscolare profondo sono richiesti dosaggi estremamente elevati di colinesterasici-anticolinergici con il rischio elevatissimo di incorrere in effetti collaterali pesanti e in un antagonismo incompleto con blocco residuo. In altre parole per ottenere una decurarizzazione efficace, sicura e priva di effetti avversi è opportuno aspettare un certo grado di recupero spontaneo della funzione neuromuscolare. Il rapido onset d‟azione di sugammadex, invece, permette all‟anestesista di ottenere in ogni momento il pronto risveglio del paziente, pur mantenendo un adeguato livello di miorisoluzione durante l‟intera durata dell‟intervento con aumento del confort del chirurgo.

Nonostante il rischio di ricurarizzazione postoperatoria (PORC) sia pari a zero, è comunque necessario continuare ad utilizzare le tecniche di

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monitoraggio oggettivo della funzione neuromuscolare, al fine di individuare con precisione il livello di profondità del blocco e di conseguenza la dose appropriata di sugammadex da somministrare. Per quanto riguarda altri possibili nuovi campi di applicazione, dai risultati ottenuti sulla conversione immediata del blocco neuromuscolare profondo, appare evidente che anche i protocolli di induzione a rapida sequenza (RSI) possano essere facilitati e resi più sicuri dall‟introduzione di rocuronio/sugammadex. In questo contesto infatti spesso un rapido onset del blocco è richiesto per garantire in condizioni d‟emergenza l‟intubazione del paziente evitando il rischio di inalazione del contenuto gastrico, al tempo stesso però è di cruciale importanza che il miorilassante utilizzato abbia una breve durata d‟azione per consentire una ripresa veloce del respiro spontaneo in quei drammatici scenari di vie aeree difficili impreviste, in cui non è possibile né ventilare né intubare il paziente.

Fino ad ora la succinilcolina (1 mg/kg) è stata considerata il farmaco di prima scelta nelle induzioni rapide, grazie al profilo di rapido onset/offset, nonostante la lunga lista di potenziali effetti avversi; rocuronio 1,2 mg/kg, invece, pur presentando un timing di azione molto simile a questa, possiede tempi di recupero troppo lunghi. Tuttavia in un recente studio, Lee ha riportato che sugammadex 16 mg/kg somministrato 3 minuti dopo un bolo di rocuronio (1,2 mg/kg), ha consentito un recupero completo del blocco in tempi significativamente più rapidi della succinilcolina (Lee, 2009).

Altri studi dose-risposta precedenti a questo, avevano indicato che sugammadex 16 mg/kg rappresentava il dosaggio ottimale per convertire rapidamente (entro 2 minuti) un blocco neuromuscolare profondo indotto da rocuronio (1,2 mg/kg) (de Boer, 2007; Puhringer, 2008). Inoltre

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Cammu somministrò simultaneamente sugammadex 16 mg/kg e rocuronio 1,2 mg/kg in pazienti anestetizzati e non, senza riscontrare in nessun individuo la comparsa di blocco neuromuscolare (Cammu, 2008).

In conclusione di questo excursus sullo stato dell‟arte di sugammadex possiamo porre in rilievo un‟ultima questione aperta, meritevole, a nostro parere, di ulteriori approfondimenti anche in funzione dei risvolti clinici che potrebbe presentare.

Fino ad ora sugammadex è stato utilizzato con successo per convertire blocchi leggeri o profondi indotti da dosaggi medio-elevati di rocuronio (0,6-1,2 mg/kg). Un‟analisi dose-risposta per dosi minori di rocuronio non è stata ancora condotta in letteratura. Tuttavia considerando che sugammadex complessa il rocuronio con rapporto 1:1, riteniamo giustificato ipotizzare che dosi minori di sugammadex, rispetto a quelle codificate (2 mg/kg per il blocco leggero, 4 mg/kg per il blocco profondo [1-2 post-tetanic counts] e 16 mg/kg per il recupero immediato) possano essere sufficienti per antagonizzare dosi minori di rocuronio.

Da queste riflessioni nasce il progetto del nostro studio. I principali obiettivi saranno 1) valutare il profilo di efficacia dose-risposta di sugammadex per bassi dosaggi di rocuronio (0,35 mg/kg) e 2) descrivere la funzione analitica che lega queste due variabili. Lo scopo che ci prefiggiamo è quello di dimostrare la nostra ipotesi di partenza e di determinare la dose minore di sugammadex necessaria per convertire un blocco neuromuscolare profondo entro pochi minuti dalla somministrazione di un bolo di rocuronio 0,35 mg/kg in pazienti sottoposti a tiroidectomia simulando uno scenario “cannot ventilate,

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Studio clinico

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CONVERSIONE CON SUGAMMADEX DI UN BLOCCO

NEUROMUSCOLARE PROFONDO INDOTTO DA

ROCURONIO 0,35 MG/KG IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A

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4.1. Background

La curarizzazione residua postoperatoria (PORC) rappresenta una problematica di particolare rilievo clinico in ambito anestesiologico. L‟elevata incidenza in relazione all‟uso di bloccanti neuromuscolari ad azione intermedia (33-64%) (Baillard, 2000; Cammu, 2006; Hayes, 2001), anche dopo una singola dose per l‟intubazione oro tracheale (45%) (Debaene, 2003) e l‟aumentato rischio di complicanze postoperatorie, fanno sì che il blocco neuromuscolare residuo rappresenti ancora oggi un importante fattore di morbidità e mortalità legate all‟anestesia.

Attualmente le strategie utilizzate per ridurne l‟incidenza sono orientate in due direzioni. La prima prevede l‟impiego di un adeguato monitoraggio intra-operatorio della profondità del blocco neuromuscolare tramite il TOF (train of four). Questa metodica consente una valutazione efficace e oggettiva del recupero della funzione neuromuscolare, soprattutto alla luce di un‟ampia gamma di condizioni cliniche che influenzano la farmacocinetica e la farmacodinamica dei curari, rendendole assolutamente variabili e talvolta imprevedibili nei singoli individui. La seconda consiste nella somministrazione di farmaci inibitori dell‟enzima acetilcolinesterasi (neostigmina, edrofonio e piridostigmina) che agiscono come reversals dei curari, esercitando un antagonismo funzionale a livello della giunzione neuromuscolare. Malgrado sia ancora considerato lo standard care, l‟efficacia di quest‟ultimo meccanismo è limitata dal grado di profondità del blocco neuromuscolare; per antagonizzare un blocco profondo sono necessari tempi più lunghi e dosaggi di anticolinesterasici maggiori fino al raggiungimento del cosi detto “effetto tetto” oltre il quale, ulteriori dosi di farmaco non producono nessun ulteriore antagonismo. Inoltre gli

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anticolinesterasici sono associati a rilevanti effetti collaterali derivati dalla stimolazione del sistema muscarinico, quali bradicardia, ipotensione, aumentato rischio di broncospasmo, nausea, vomito e iperperistalsi, per cui è d‟obbligo ricorrere alla concomitante somministrazione di farmaci a effetto vagolitico (atropina e glicopirrolato), i quali a loro volta possono essere associati ad altri effetti avversi.

In questo contesto la recente introduzione nella pratica clinica del sugammadex, segna un importante passo avanti nell‟ambito della miorisoluzione e del suo antagonismo e forse di tutta l‟anestesia. Sugammadex è un nuovo antagonista selettivo dei miorilassanti amino-steroidei che agisce con un meccanismo d‟azione unico che lo distingue dagli inibitori della colinesterasi. Si tratta di una γ-ciclodestrina modificata, dotata nella sua struttura tridimensionale di una tasca idrofobica in grado di accogliere e legare al suo interno i bloccanti neuromuscolari steroidei (rocuronio, vecuronio e pancuronio), con cui forma complessi molto stabili con rapporto 1:1 (Adam, 2002). Sugammadex esplica la propria azione come chelante del curaro senza agire sul sistema colinergico o su altri sistemi recettoriali dell‟organismo, pertanto non determina le modificazioni emodinamiche e gli effetti avversi legati all‟attivazione muscarinica, non è metabolizzato a livello epatico, ma interamente escreto per via renale in 24-48 ore, senza particolari problematiche nei pazienti che presentano riduzione della funzionalità renale. Il programma di sviluppo clinico di sugammadex ha incluso dati provenienti da 30 studi clinici in tutto il mondo condotti su 2054 pazienti, che nel complesso hanno dimostrato la sicurezza e la tollerabilità del farmaco e l‟assenza di effetti farmacologici differenti dalla chelazione del miorilassante, anche in popolazioni

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pediatriche, anziane, con funzione renale compromessa, affette da patologie cardiovascolari e polmonari (Naguib, 2009).

Per quanto concerne le raccomandazioni posologiche, nei diversi trials clinici sugammadex alla dose di 4 mg/Kg si è rivelato efficace nel revertire completamente il blocco muscolare profondo (1-2-post tetanic count), mentre 2 mg/Kg sono risultati adeguati per l‟antagonismo del blocco muscolare leggero (alla comparsa del T2), in tempi significativamente più brevi della neostigmina (Flockton, 2008; Khuenl-Brady, 2010; Blobner, 2010; Johnes, 2008; Lemmens, 2010). Sugammadex possiede quindi la capacità di antagonizzare il blocco neuromuscolare a diversi tempi e profondità. Questi risultati hanno rappresentato inoltre il punto di partenza per valutare la possibilità di impiego del sugammadex in uno scenario di emergenza “cannot

intubate, cannot ventilate” per revertire completamente il blocco

neuromuscolare e garantire la ripresa del respiro spontaneo in tempi rapidissimi, inferiori al tempo di ischemia cerebrale. In questo contesto, è stato dimostrato che una dose di sugammadex pari a 16 mg/Kg consente di ottenere un recupero ottimale a 3 minuti dalla somministrazione di rocuronio (1,2 mg/Kg) durante rapid sequence

induction (Lee, 2009).

Nei lavori pubblicati in letteratura, sugammadex è stato impiegato per antagonizzare blocchi muscolari indotti prevalentemente con dosaggi medio-elevati di rocuronio (0,6-1,2 mg/Kg). E‟ possibile quindi ipotizzare che la dose di sugammadex efficace possa essere ridotta per dosaggi inferiori di curaro.

Al fine di verificare questa ipotesi abbiamo disegnato uno studio prospettico, randomizzato, non controllato, in aperto, di intervento, di fase IV e monocentrico che si propone di ricavare la relazione tra dose di

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sugammadex e tempo necessario a esercitare un antagonismo del blocco neuromuscolare profondo (T0) indotto da rocuronio 0,35 mg/Kg in pazienti sottoposti a tiroidectomia, in tempi rapidi, compatibili con scenari di emergenza in cui sia necessaria un‟immediata riconversione al respiro spontaneo. Il nostro clinical management standard prevede l‟utilizzo di dosaggi di rocuronio ridotti per interventi di tiroidectomia totale e parziale; rocuronio 0,35 mg/kg permette un grado di miorisoluzione adeguato all‟intubazione orotracheale e alla procedura chirurgica e allo stesso tempo garantisce rapidi tempi di recupero della funzione neuromuscolare, consoni alla breve durata della procedura eseguita dai nostri operatori (circa 40 minuti).

4.2 Rapporto rischio-beneficio

I potenziali rischi a cui i soggetti arruolati nello studio potrebbero essere esposti, sono rappresentati esclusivamente da eventuali effetti avversi legati alla somministrazione di sugammadex. Sugammadex è attualmente nella fase IV della sperimentazione del farmaco. I dati relativi alla sicurezza e alla tollerabilità derivano da 30 studi clinici condotti su 2054 soggetti trattati. La dose maggiore di sugammadex studiata è stata 96 mg/kg, somministrata a 12 volontari sani che non hanno riportato effetti avversi. Reazioni avverse riportate in letteratura hanno incluso alterazione del gusto, secchezza delle fauci, diarrea, discomfort addominale, prolungamento del QT, fibrillazione atriale, tachicardia, cefalea, agitazione, disturbi del sonno, ritenzione urinaria, poliuria, leggero aumento degli enzimi epatici, dispnea, tosse, eritema e irritazione nel sito di iniezione. In caso di somministrazione di una dose involontaria di sugammadex (40 mg/kg), il paziente non ha riportato effetti avversi. Nelle valutazioni cliniche di laboratorio, sugammadex

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non ha influito sulle analisi ematologiche, biochimiche sieriche e delle urine. Dai risultati tratti dallo studio SPRING emerge la tollerabilità di sugammadex nei pazienti affetti da insufficienza renale, tuttavia, in via precauzionale ne è stato sconsigliato l‟impiego nei pazienti con clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min. E‟ stata dimostrata recentemente la sicurezza di sugammadex in pazienti affetti da insufficienza epatica all‟ultimo stadio. In uno studio su volontari sani, dosi di 4 mg/kg e 16 mg/kg di sugammadex prolungavano del 17-22% il tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT) e il tempo di protrombina (PT). In tutti i casi, questo leggero prolungamento è stato di breve durata (< di 30 minuti). Un aumento del rischio di sanguinamento, quindi, non può essere escluso in pazienti affetti da alterazioni della coagulazione e che fanno uso di anticoagulanti. Pertanto tali condizioni rappresenteranno criteri di esclusione dallo studio.

Negli studi non clinici e nelle simulazioni farmacodinamiche-farmacocinetiche è stato dimostrato che sugammadex interagisce con i contracettivi ormonali orali e non orali, il toremifene, l‟acido fusidico e la flucoxacillina, riducendone l‟attività; inoltre l‟efficacia di sugammadex può essere inficiata da farmaci anticonvulsivanti e dai sali di magnesio che influenzano la profondità del blocco neuromuscolare potenziando gli effetti dei curari. Sulla base di queste considerazioni, in via del tutto precauzionale, i pazienti valutati per l‟arruolamento nello studio che presentino trattamenti in corso con i farmaci sopra elencati, verranno esclusi dallo studio. Per quanto riguarda, invece, i pazienti che abbiano necessità di intraprendere dopo l‟intervento uno qualsiasi di questi trattamenti, potranno iniziarne l‟assunzione con ragionevoli margini di sicurezza dopo 48-72 ore dalla somministrazione di sugammadex.

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Per quanto riguarda la gravidanza e l‟allattamento, non sono ancora disponibili sufficienti dati in letteratura. Pertanto, tali condizioni sono considerate criteri di esclusione dallo studio.

Infine sono possibili eventi correlati al ripristino della funzione neuromuscolare durante anestesia che includono il movimento di un arto o del corpo, tosse e suzione del tubo endotracheale; in tal caso, al fine di garantire la massima sicurezza della procedura chirurgica, il blocco neuromuscolare verrà prontamente ripristinato con una dose aggiuntiva di curaro e il paziente uscirà dallo studio.

Se dovessero essere somministrati nuovamente bloccanti neuromuscolari steroidei (rocuronio o vecuronio), è raccomandato un tempo di attesa di 24 ore. Qualora fosse necessario ricurarizzare il paziente, prima che sia trascorso il tempo di attesa raccomandato, si dovrà ricorrere a bloccanti non steroidei (atracurio, cis-atracurio e mivacurio).

Lo studio non presenta alcun beneficio immediato per il singolo paziente, poiché esclusivamente finalizzato al progresso scientifico e al miglioramento della pratica clinica.

4.3 Popolazione

Lo studio prevede l‟arruolamento sequenziale, in un periodo di 3-6 mesi, di 85 pazienti sottoposti a intervento di tiroidectomia totale e parziale presso la U.O. Chirurgia Generale 2 che rispondano ai criteri di inclusione e di esclusione elencati di seguito.

Criteri d'inclusione:

- Maschi e femmine di razza caucasica di età compresa tra 18 e 65 anni. - Rischio anestesiologico basso (definito come ASA 1 e 2).

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- Consenso informato fornito dall'avente diritto, secondo normativa vigente.

Criteri d'esclusione:

- Rifiuto del consenso informato da parte dell'avente diritto.

- Ipersensibilità al principio attivo di sugammadex o a ciascuno degli eccipienti contenuti nel farmaco.

- Pregresse reazioni avverse/allergiche ai curari ed altri farmaci impiegati durante l‟anestesia generale (oppioidi e ipnotici).

- Patologie neuromuscolari note o sospette.

- Disfunzioni renali ed epatiche di moderata/grave entità.

- Alterazioni della coagulazione e impiego di anticoagulanti (dicumarolici ed eparinoidi).

- Storia familiare/personale di ipertermia maligna. - Gravidanza e allattamento.

- Allungamento del QTc.

- Intubazione orotracheale difficile prevista.

- Assunzione di anticoncezionali ormonali orali e non orali.

- Concomitante terapia con acido fusidico, flucoxacillina e toremifene. - Impiego di sostanze che interferiscono con i bloccanti neuromuscolari

(anticonvulsivanti e sali di Magnesio).

- Qualsiasi condizione clinica non ritenuta idonea dallo sperimentatore.

Criteri d'uscita:

- Ritiro del consenso informato, in qualsiasi momento, da parte dell'avente diritto.

- Necessità di interruzione della procedura per il verificarsi di eventi avversi.

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41 - Termine dello studio.

4.4 Obiettivi e finalità

Outcome primario dello studio consiste nella ricerca della relazione intercorrente tra dose di sugammadex e il tempo necessario per antagonizzare completamente un blocco neuromuscolare profondo (TOF ratio 0,9) indotto da rocuronio 0,35 mg/Kg. Il riconoscimento di una dose minima efficace consentirebbe di ridurre la somministrazione di dosi impropriamente elevate di farmaco, riducendo i costi e il potenziale rischio di effetti avversi.

Outcomes secondari (sono rappresentati l‟onset time (T0) di rocuronio 0,35 mg/Kg) ed eventuali effetti avversi.

4.5 Disegno sperimentale

Il presente studio prospettico, randomizzato, non controllato, in aperto, di intervento, di fase IV e monocentrico si propone di ricercare la relazione intercorrente tra dose di sugammadex e il tempo necessario per antagonizzare completamente un blocco neuromuscolare profondo (TOF ratio 0,9) indotto da rocuronio 0,35 mg/Kg in pazienti sottoposti a tiroidectomia.

L‟arruolamento dei pazienti rispondenti ai criteri di inclusione e la richiesta scritta del consenso informato avverranno dopo il completamento della valutazione anestesiologica preoperatoria presso gli ambulatori del servizio di pre-ospedalizzazione dell‟AOUP, stabilimento di Cisanello, edificio 30C, dove valutati i criteri sopra menzionati, lo sperimentatore informerà il paziente accuratamente e dettagliatamente sulla possibilità di partecipare allo studio e sugli eventuali rischi che questo comporta, in accordo con quanto formalizzato nel modulo del

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consenso informato. Al momento dell‟arruolamento nello studio, per garantire l‟anonimato dei soggetti partecipanti e la riservatezza nella raccolta dei dati sensibili, sarà assegnato a ciascun paziente reclutato un codice identificativo (ID paziente), composto dal numero progressivo di inserimento nello studio e dal codice dello studio.

I pazienti arruolati saranno randomizzati per ricevere sugammadex ad un dosaggio compreso tra 1 e 16 mg. Per la randomizzazione si ricorrerà ad un software generatore di numeri random consultabile in versione gratuita al sito www.random.org.

I pazienti saranno sottoposti ad anestesia generale totalmente endovenosa (TIVA) indotta da propofol 2 mg/kg e remifentanil 0,50 γ/kg/min e mantenuta con infusione continua di propofol e remifentanil titrati per mantenere la pressione arteriosa media ≥ 60 mmHg e la frequenza cardiaca compresa tra 60 e 80 bpm. Prima della fine dell‟intervento si somministreranno morfina 0,1 mg/kg e ketorolac 30 mg per l‟analgesia postoperatoria. Un blocco neuromuscolare adeguato alle manovre di intubazione orotracheale e alla procedura chirurgica sarà indotto da rocuronio 0,35 mg/kg in singola dose. La profondità del blocco neuromuscolare verrà monitorizzata in continuo durante tutta la procedura mediante stimolazione con TOF (train of four) del nervo ulnare (TOF-Watch®; NV Organon, Oss, The Netherlands) secondo la comune metodica descritta, previa calibrazione iniziale dopo l‟induzione dell‟anestesia. In seguito al raggiungimento di un blocco muscolare adeguato (scomparsa del secondo o del primo twich del TOF: T1-T0) si procederà ad intubazione orotracheale mediante laringoscopia diretta e a ventilazione meccanica in modalità volume controllato settata per mantenere la SpO2>95% ed EtCO2 pari a 30-35 mmHg.

Figura

Figura 1.1. Ciclodestrine naturali: da sinistra a destra: alfa, beta e gamma. Immagine  riprodotta da Welliver M
Figura 1.2 A: Struttura tridimensionale di una gamma ciclodestrina. B: struttura di  sugammadex

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