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La ceramica a vernice nera dall'area del tempio meridionale del santuario dell'acropoli di Volterra

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(1)

1

C

APITOLO

1

LA CERAMICA A VERNICE NERA DI PRODUZIONE

VOLTERRANA

La classe ceramica a vernice nera costituisce, come è noto,

per quanti si apprestino allo studio della storia delle popolazioni

che abitarono il Mediterraneo tra il IV secolo a. C ed il I secolo

a. C., un insostituibile fossile guida

1

.

Questa classe costituisce un ottimo indicatore della

romanizzazione di alcune zone d’Italia, dal momento che

alcune produzioni afferenti a determinate località si diffusero in

concomitanza con l’espansione di Roma e con la deduzione di

colonie.

Lo studio della vernice nera consente anche di poter

conoscere i flussi commerciali e la mobilità degli artigiani che,

migrando, portarono con sé tecniche, fogge e modi di decorare i

vasi in località anche molti distanti da quelle di provenienza

2

.

Gli studioso oggi affermano che l’origine della tipologia

ceramica sia da ricercare nell’ultima produzione di ceramica

attica a vernice nera, ma anche legata ai repertori ceramici

locali tradizionali

3

; tuttavia la differente conoscenza

documentale tra i vari comprensori della penisola che hanno

restituito questa classe ceramica, unitamente alla genericità

delle datazioni proposte, rende difficile lo studio degli elementi

1 DI GIUSEPPE 2005, p. 31 2 Ibidem, p. 34. 3 DI GIUSEPPE 2005, p. 34.

(2)

2

che

contraddistinguono

ogni

produzione

attestata

dai

rinvenimenti archeologici.

Tra le produzioni più importanti di ceramica a vernice nera

è interesse del presente lavoro quella volterrana.

Per quanto ancora oggi non siano state individuate fornaci

atte alla produzione di questo vasellame, e non siano note cave

di argilla utilizzate nell’antichità, o depositi di scarti di

lavorazione, è invalsa tra gli studiosi l’opinione che Volterra

possedesse officine dedite alla produzione della ceramica a

vernice nera.

Gli scavi condotti in città e nelle aree periurbane,

unitamente alle numerose ricognizioni archeologiche effettuate

nel vasto territorio, non hanno messo in luce alcun contesto

identificabile come centro per la produzione di ceramica;

tuttavia le analisi petrografiche e l’omogeneità dei reperti

morfologici riscontrati consentono di ipotizzare, con un certo

margine di certezza, l’esistenza di manifatture a Volterra

4

.

Recentemente, in seguito ad un colloquio orale tenuto dallo

scrivente con uno studioso volterrano, è emersa la possibilità

che le cave di argilla utilizzate per la produzione ceramica

locale potessero essere localizzate nei pressi dell’Ospedale

cittadino; tale possibilità, a detta dell’interlocutore, risiederebbe

nel fatto che per la costruzione degli edifici pertinenti al

nosocomio i degenti dell’ ospedale psichiatrico si avvalsero

dell’argilla trovata proprio nella zona, argilla utilizzata per la

(3)

3

fabbricazione dell’enorme quantità di mattoni necessari al

completamento del complesso

5

.

L’estrazione della creta e la realizzazione di un numero

imponente di edifici avrebbe, come è logico supporre, eliminato

qualsiasi traccia di frequentazione antica nella zona, soprattutto

per quanto concerne l’attività estrattiva e produttiva della

ceramica.

L’ipotesi, seppur bisognosa di conferme archeologiche, per

quanto esse siano ancora reperibili, non è tuttavia da rigettare

nella sua totalità, poiché appare ragionevole pensare che per

l’approvvigionamento di materie prime ci si rivolgesse,

nell’immediato, ai siti più prossimi al centro principale e

successivamente a quelli più distanti, come la valle del fiume

Cecina, ma anche del fiume Elsa, ricche di giacimenti di

argilla

6

.

A Volterra doveva essere presente una ricca produzione

urbana, attiva a partire dalla seconda metà del IV secolo a. C.,

caratterizzata, come noto, da differenze qualitative e

morfologiche, per le quali si rimanda ai numerosi lavori

disponibili

7

.

Qui ci si limita a ricordare solamente il fatto che le

maestranze operanti a Volterra e nel suo territorio, soprattutto

quelle che lavorarono per la ricca clientela aristocratica della

5

Il colloqui si è tenuto nel mese di Settembre c. a con il dottor Umberto Bavoni, direttore del Museo Diocesano di Arte Sacra e Primo Censore dell’Accademia dei Sepolti di Volterra.

6 Per quanto riguarda la presenza di giacimenti di argilla nel territorio volterrano di veda, ad esempio,

il piano strutturale del Comune di Volterra, pp. 13-14, oppure a quello di Montecatini val di Cecina, alle pp. 16-17, dove sono indicate le località ricche di argille a palombini.

7

MONTAGNA PASQUINUCCI 1972, pp. 269-436; CRISTOFANI 1973a , pp. 7-245; CRISTOFANI 1973b, pp. 246-272; PALERMO 2003, pp. 248-296; QUERCI 2009.

(4)

4

città per lo meno fino al II secolo a. C., dovevano essere

altamente specializzate, dal momento che erano in grado di

cuocere il vasellame in un’atmosfera riducente che, a fine

cottura, conferiva ai corpi ceramici un colore più tendente al blu

che al nero.

Tale produzione, definita a lungo Malacena

8

, ma

comprendente anche vasellame sempre di ottima qualità ma non

facente parte, per morfologia delle forme, al servizio così

definito, costituiva la principale caratteristica della produzione

a vernice nera della città.

Il successo della produzione si evince dall’elevato numero

di attestazioni rinvenute al di fuori del centro urbano e del

distretto territoriale a lei facente capo

9

.

L’analisi della considerevole mole dei reperti ceramici

afferenti a questa classe consente di affermare che la

produzione di miglior qualità si affermò tra il IV ed il III secolo

a. C.

10

con alcuni attardamenti ascrivibili alla prima metà del II

secolo

11

; il servizio prodotto, definito da Luigi Palermo

“antico”, fu ampiamente esportato in Etruria ed in Italia

8

MONTAGNA PASQUINUCCI 1972, p. 352; i vasi di questo raggruppamento risultano distinti per le forme eleganti e le decorazioni complesse che mescolano semplici baccellature con elementi figurativi, spesso posti in prossimità dell’ansa. Le forme e i motivi sono mutuati da vasellame metallico, in gran parte funzionali al rito del simposio e diffusissimi nei grandi ipogei di Volterra e del territorio, ma anche nell’Etruria padana, el mondo celtico e venetico.

9 Attestazioni di ceramica a vernice nera di produzione volterrana si hanno in gran parte dell’ Etruria

settentrionale e padana, per giungere fino in Lombardia, come attestano i rinvenimenti effettuati nel mantovano. Per questo si veda FRONTINI 1987, p. 138 e ss.

10

DI GIUSEPPE 2005, p. 37. Si veda anche a questo proposito PALERMO 2003, p. 286.

(5)

5

settentrionale e presenta delle caratteristiche del tutto simili a

quello realizzato dalle officine aretine

12

.

La ceramica si presentava di ottima qualità, molto

depurata, priva di inclusi e la vernice era contraddistinta da un

colore nero, tendente al blu, a volte proprio blu, lucida spessa e

coprente.

Queste caratteristiche si riscontrano nel vasellame destinato

alla mensa, come i piatelli M 1128, le coppe M 2636 e M 80, le

kylikes M 4115, insieme alla tazza biansata M 3171 e al

kantharos 3511, tutte forme che trovano ampia attestazione nei

contesti urbani e destinati al banchetto aristocratico, alle

pratiche cultuali e funerarie

13

.

L’analisi dei contesti archeologi volterrani ha, inoltre,

messo in luce come la maggior parte delle forme prodotte nella

ceramica di ottima qualità trovi attestazione anche in quella

dalle qualità più scadenti.

A partire poi dalla metà del II secolo il repertorio

morfologico mutò sensibilmente, con l’aggiunta di alcune

forme afferenti alla produzione ceramica etrusco-laziale, come

le coppette delle serie M 2523, M 2525, M 2525, oltre ad altre

di produzione genericamente etrusca, come le serie M 2533 e

2537, definite “portauovo” o “bruciaprofumi”, e quelle

esclusive della produzione volterrana, come la coppa M 1266

14

12

PALERMO 1998, pp. 121-122. Le officine aretine, in un primo momento si dedicarono ad una produzione che in rari casi varcò i ristretti limiti territoriali prossimi alla città, solamente con il II secolo la presenza e subì un netto incremento nei mercati dell’Etruria settentrionale ed interna fino a soppiantare la produzione volterrana.

13

DI GIUSEPPE 2005, p. 38; QUERCI 2009, p. 83.

(6)

6

già presente nel repertorio morfologico ma adesso ampiamente

prodotta e commercializzata.

Questo servizio, comprese le serie poc’anzi ricordate,

perdurò fino alla metà del II secolo a. C. nelle sue forme

essenziali denotando, come sottolinea Palermo, un evidente

“conservatorismo dell’artigianato ceramico volterrano”

15

.

Tuttavia Volterra, con la sua forte capacità propulsiva

verso l’esterno, mostra di non essere quella città chiusa che la

sua posizione sembra conferirgli, al centro, cioè, del vasto

territorio da essa dipendente; gli scavi condotti in città e nelle

sue immediate vicinanze hanno messo in luce vasellame

proveniente dal Lazio, come quello afferente all’ atelier des

petites estampille, dalla Campania (Campana A), dalla Sicilia

( Campana C), e da altre zone, come Chiusi ed Arezzo

16

.

Fino a non molti anni fa era opinione diffusa che la

produzione di ceramica a vernice nera volterrana avesse subito

una netta flessione iniziata a partire dalla seconda metà del II

secolo a. C.

17

.

L’analisi, invece, effettuata sui 3972 frammenti di ceramica

a vernice nera provenienti dallo scavo del teatro romano della

città ha fatto emergere come, sostanzialmente, l’andamento

della produzione risulti piuttosto omogeneo tra il primo

15

PALERMO 2003, p. 286.

16

DI GIUSEPPE 2005, p. 39.

(7)

7

venticinquennio del IV secolo e l’ultimo venticinquennio del I

secolo a. C.

18

.

Tale vasellame sembra diffondersi con una certa

consistenza a partire dal periodo compreso tra il 350 ed il 325

a.C., con un picco raggiunto nei primi decenni del III secolo.

Tra la seconda metà del III secolo e il primo quarto del II

secolo a. C. si registra una diminuzione delle presenze fino poi

a raggiungere un nuovo picco intorno alla metà del II secolo.

Successivamente iniziò il declino della classe ceramica

anche se le numerose attestazioni mostrano un buon livello di

presenza fino all’età augustea

19

.

Probabilmente la crisi ipotizzata non era altro che la

percezione della sensibile diminuzione dei prodotti delle

officine volterrane avuta nello studio di numerosi contesti

archeologici, prodotti che, tuttavia, continuano ad essere

presenti fino al I secolo a. C.

A questo proposito occorre ricordare che le prime

attestazioni di sigillata italica ed aretina si rifanno, in maniera

inequivocabile, alle ultime forme della ceramica a vernice nera.

In fine occorre dire, sempre a proposito della diminuzione

delle attestazioni di ceramica a vernice nera con impasto

tipicamente volterrano, che indagini svolte nel comprensorio

della val d’Era, in particolare nella località di Bellafonte, poco

più a NE di Montaione, hanno consentito di individuare un sito

che ha restituito reperti fittili, laterizi e ceramici, tra cui

18

DI GIUSEPPE 2005, p. 41 e fig. 4.

(8)

8

numerosi scarti di lavorazione, in particolare frammenti di

ceramica a vernice nera, ceramica acroma ed anfore

20

.

Non è dunque da escludere che per aree periferiche del

territorio volterrano si facesse uso più delle produzioni locali

che di quelle provenienti dal centro principale e questo

comportò, come è logico supporre, una diminuzione della

domanda, e quindi della produzione, di vasellame attribuibile

alle figline volterrane.

Concludendo su questo aspetto ad oggi è possibile

affermare che la ceramica a vernice nera di produzione

volterrana raggiunse dei livelli qualitativi assai elevati alla metà

del III secolo, in concomitanza con il momento di massimo

splendore della città; tali livelli furono alla base della sua

diffusione pressoché capillare in tutta l’Etruria settentrionale e

padana, con attestazioni fino in Lombardia.

La posizione decentrata e apparentemente isolata del centro

urbano non impedì, tuttavia, che i produttori di ceramica a

vernice nera riuscissero ad imporre i propri prodotti sul mercato

italico centro-settentrionale per un lungo periodo.

L’affermazione di tale produzione, che risentì in maniera

limitata dell’affermazione di altre produzioni consimili,

probabilmente si dovette alla capacità degli artigiani di proporre

un servizio ceramico capace di incontrare il gusto della clientela

e capace di ritagliarsi un mercato costituito dalle elites

cittadine, se ad essere esportato era, in prevalenza, vasellame

(9)

9

afferente al servizio da simposio, comunemente definito “di

Malacena”.

Della varietà di produzione e di attestazioni ceramiche

afferenti alla classe della vernice nera esemplare è lo studio dei

frammenti provenienti dal santuario urbano dell’Acropoli di

Volterra, da dove proviene una enorme quantità di materiale

ceramico afferente a questa classe.

Tale materiale, seppur in piccola parte, viene analizzato

nella presente tesi di specializzazione.

(10)

10

C

APITOLO

2

I SAGGI A-A; A-B; R4 E L’UBICAZIONE NELL’AREA

SANTUARIALE VOLTERRANA

Questo lavoro si occupa, come detto, dello studio di un

gruppo di frammenti appartenenti alla classe ceramica della

vernice nera proveniente dall’area meridionale del Santuario

dell’Acropoli di Volterra.

Tale area fino ad anni recenti risultava la meno esplorata

dell’intero santuario, anche se alcuni interventi erano già stati

eseguiti in passato

21

.

Proprio la necessità di ampliare la zona di ricerca anche

all’area meridionale del santuario, unitamente all’esigenza di

comprendere meglio la funzione dell’ambiente emerso durante

le campagne di scavo susseguitesi tra il 1989 ed il 1991, ha

portato all’apertura di alcuni saggi ubicati proprio in prossimità

della costruzione trdomedievale qui presente e nota da tempo.

L’indagine di quest’area è tutt’ora in corso; in questo

lavoro ci si soffermerà più dettagliatamente su quanto emerso

durante tre campagne di scavo

22

all’interno di tre saggi: il

saggio AA, ubicato sul lato opposto dell’edificio tardo

medievale; il saggio AB, ubicato a SE del muro medievale US

81; il saggio R4 ubicato a N del saggio AB, in prossimità

dell’allargamento del Recinto III.

21

BONAMICI 2008, p. 570.

(11)

11

I frammenti provenienti dagli strati archeologici rinvenuti

durante le campagne di scavo sono assai numerosi; si sono

contati 312 frammenti pertinenti ad orli e fondi dei quali, in

seguito ad un accurata selezione, si è deciso di analizzarne 56.

Il materiale è attribuibile a quasi tutte le tipologie

ceramiche note a Volterra e ampiamente studiate; sono presenti,

infatti, frammenti appartenenti ai Gruppi A-C e Z, ceramica

della miglior qualità prodotta in città e nel territorio, e

frammenti appartenenti al Gruppo T, diversificato da

caratteristiche tecniche più scadenti.

Si segnala un piccolo gruppo di ceramica ad impasto

grigio, con vernice nera rugosa, opaca e poco coprente,

considerata in questa zona dell’Etruria un indicatore

privilegiato di età sillana

23

, Gruppo Acropoli III V1 , ma su

questo aspetto si tornerà in sede di conclusioni.

Lo studio è consistito nel disegno e nello studio delle forme

note ed individuate, nella ricerca dei confronti con materiali

provenienti da contesti noti del territorio e dell’Etruria

settentrionale e padana, il tutto finalizzato a reperite il maggior

numero di informazioni da utilizzare per la ricostruzione delle

fasi di vita dell’area meridionale del santuario.

(12)

12

C

APITOLO

3

CATALOGO DELLE FORME

Produzione volterrana, GRUPPI A-C 24

GRUPPO A:impasto ocra o marrone 5YR 6/8, finemente granuloso, duro. Vernice nera o nero-bluastra, omogenea, spessa a riflessi metallici.

GRUPPO B: impasto beige 10 YR 8/4, compatto, duro. Vernice nera o nero-bluastra, omogenea, spessa, lucida o semilucida.

GRUPPO C: impasto nocciola o nocciola rosato 7,5 YR 7/4 – 8/4, compatto, duro. Vernice nera o nero-bluastra, talora di colore metallizzato, omogenea, spessa.

Piatto Morel 1171

1) VA07. 0458.12, Tavola 1 Gruppo A, Lamboglia 19

Orlo pendulo, estroflesso, a fascia con solcatura mediana. Vasca poco profonda Forma tipica della ceramica Campana C25, è assai diffusa nelle produzioni locali dell’Etruria settentrionale, in particolare delle officine attive a Volterra26

, dove sono noti esemplari provenienti anche dalla necropoli di Badia27.

La serie è diffusa anche ad Arezzo28, a Castiglioncello29 in Versilia, nella zona di Pietrasanta30 e a Populonia, dove sono presente esemplari di produzione volterrana nei contesti funerari delle Grotte31 e della spiaggia di Baratti32. La forma è nota anche a Pisa, in particolare alcuni frammenti provengono dal relitto ellenistico del porto urbano antico33 ed in area padana dove, insieme alla coppa 2536, alla kylix 4115 e al kantharos 3571 fa parte di un “servizio” largamente attestato34

La datazione proposta per la diffusione della forma è il III secolo a. C., ma risulta essere ancora attestata nella prima metà del II secolo a. C. come confermano le stratigrafie dell’acropoli35

ed anche i dati provenienti dal saggio V36. Datazione II secolo a. C.

Fase XII

24 La classificazione dei frammenti ceramici appartenenti alla classe della vernice nera provenienti dai

saggi AA, AB, R4 è stata effettuata sulla base di quella messa a punto da Luigi Palermo per le ceramiche appartenenti alla medesima classe provenienti dal resto del santuario dell’acropoli, essendo questa la più recente classificazione disponibile. PALERMO 2003, pp. 284-346.

25LAMBOGLIA 1962, p. 160, Forma 19 26

MONTAGNA PASQUINUCCI 1972, p. 373, fig.1, n. 578.

27 FIUMI 1972, p. 91, n 9, corredo della tomba a camera 61/4. 28 PALERMO 2003, p.291 e nota 552.

29 MASSA 1974, p. 44, 4; p.56, 3; p. 62, 1-2, tombe C,D,F, si vedano anche CIBECCHINI 1999, p.

118, n. 10 e PALLADINO 1999, p. 144, n. 4, fig. 127.

30 PARIBENI 1990b, p. 200. 31

GUZZI – SETTESOLDI 2009, p. 123.

32 PAGLIANTINI 2008, p. 250.

33 SETTESOLDI 2006, p. 11, tav. 1, fig. 2-3. 34 PALERMO 2003, p. 291 e nota 553.

35 Ibidem, p. 292, si veda anche MASSA 1996, p. 259, n. 2. 10

(13)

13

Piatto Morel 1173

2) VA08. 0620.4, Tavola 1 Gruppi A-C

Orlo pendulo, appiattito sul bordo esterno, con solcatura tra la fascia esterna dell’orlo e l’attacco della parete curvilinea

Per la forma si vedano le considerazioni fatte per il frammento n. 1 del catalogo. Piattello Morel 1174

3) VA07.0431.1, Tavola 1 Gruppo A

Orlo ingrossato estroflesso

La forma afferisce a produzioni dell’Etruria settentrionale, se ne trovano esemplari a Sovana, nella necropoli di Poggio Grezzano37. Morel avanza come datazione il II secolo a. C. L’esemplare volterrano può essere inquadrato al medesimo ambito cronologico.

Datazione: II secolo a. C. Fase XII.

Coppa Morel 1243

4) VA09.0589.45, Tavola 2 Gruppo A

Fondo ad anello a profilo appuntito con fascia mediana. Coppa Morel 1266

5) VA07.0451.5

Gruppo A, Holwerda 239, variante Querci b38

Orlo ingrossato, quasi orizzontale rispetto alla vasca, assottigliato nella parte terminale, vasca a profilo discontinuo, poco profonda.

Forma nota essenzialmente nella produzione ceramica eterusco-settentrionale, in particolare in quella volterrana, diffusissima non solo sull’acropoli39 ma anche in contesti funerari urbani40. Gli esemplari provenienti dal territorio sono noti essenzialmente dalla Valdelsa41 mentre rare sono le attestazioni al di fuori del territorio facente capo alla città42, conosciute essenzialmente da un esemplare facente parte di un corredo tombale proveniente da Spina43 e da due frammenti

37 MOREL 1981, p. 91 38 QUERCI 2009, pp. 8-9. 39 PALERMO 2003, p. 293 e 317, QUERCI 2009, pp. 8-9 40 CRISTOFANI 1973a, p. 64; p. 69 41 Le Ville 1983, pp.61-62. 42 PALERMO 2003, p. 293., nota 560.. 43

PAOLI-PARRINI 1988, p. 55, n. 90 e tavola X. L’esemplare spinetico è datato tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a. C. e presenta delle caratteristiche simili alla variante a di questo catalogo.

(14)

14

recuperati a Roselle44 . La forma subisce un evoluzione morfologica nel corso dei secoli, passando da un orlo elaborato, caratterizzato da un accentuata piegatura, a volte leggermente ingrossato, con scanalatura posta all’attacco con la vasca, a esemplare simili a quello analizzato nel presente catalogo. Contrariamente a quanto proposto da Morel, secondo cui la serie si colloca nel II secolo a. C., è possibile datare la forma a partire dalla fine del III secolo a. C.45, e forse anche prima, come sembra di poter desumere da alcuni dati provenienti da Spina, dove il tipo sembra affermarsi già dalla fine del IV secolo a. C.46.Probabilmente la produzione della coppa nella forma standard a Volterra si attesta a partire dalla seconda metà del III secolo a. C.; successivamente, dai primi decenni del II secolo a. C. si afferma la produzione della variante a e, infine, la variante b che trova diffusione dal II quarto del II secolo fino alla fine di questo.

Datazione: II secolo a. C. Fase XII

Coppa Morel 2255

6) VA08.0499.6; VA09. 0264.41, Tavola 2 Gruppo C, Lamboglia 5

Orlo verticale, indistinto, arrotondato all’estremità, vasca bassa a profilo continuo. La forma appare tipica della produzione della Campana B47 ma anche della Campana A48. La serie risulta ampiamente attestata in Gallia meridionale mentre invece gli esemplari noti rinvenuto in contesti dell’Etruria settentrionale sono scarsi49, se ne conoscono alcuni esemplari provenienti da Via Sant’Apollonia a Pisa50 appartenenti alla produzione ceramica volterrana di miglior qualità, e dalla necropoli della spiaggia di Baratti51; da Volterra sono noti tre frammenti provenienti dal Santuario dell’Acropoli52

, ed alcuni dalla necropoli del Portone53. Altri frammenti pertinenti alla forma sono stati trovati a Castiglioncello, nel territorio dell’ager pissanus54

, nella necropoli delle Grotte, presso Populonia55 e a Fiesole in alcuni contesti urbani56, mentre alcune varianti inedite sono note nella produzione aretina57. I contesti enumerati suggeriscono una datazione compressa tra il II secolo a. C. e gli inizi del I secolo a. C.

Datazione seconda metà II – primi decenni I secolo a. C. Fade XII-XIV 44 MICHELUCCI 1985, pp. 89, 93, nn. 851 e 906. 45 PALERMO 2003 p. 293.

46 PALERMO 2003, p. 293 e note relative. 47 PALERMO 2003, p. 332 48 PALLADINO 1999, p. 143, fig. 109. 49 Ibidem, p. 143. Fig. 109. 50

CORRETTI - VAGGIOLI 2006, p. 215; VAGGIOLI 2003, p. 371

51

PAAGLIANTINI 2008, P. 251.

52 Oltre quello analizzato nel presente catalogo ne è noto un altro proveniente da altre aree dell’Acropoli,

PALERMO 2003, p. 332, ed uno proveniente dall’area del saggio V, genericamente attribuito alal serie 2250, QUERCI 2009, p. 11.

53

CRISTOFANI 1973a, p. 270, n.5 e CRISTOFANI 1975, p. 14, n. 6 (tombe O, R)

54 PALLADINO 1999, P. 135. 55

ROMUALDI 1984-85, p. 29, figg. 27-29. Più recentemente si veda GUZZI SETTESOLDI 2009, p. 87.

56

PALERMO 1990, p 105.

(15)

15

Coppa Morel 2538

7) VA08.0502.5, VA07.0451.2, Tavola 2 Gruppo B

Orlo ingrossato, a fascia, arrotondato all’estremità. Vasca emisferica, poco profonda. Forma tipica della produzione ceramica di area etrusco-settentrionale, dell’Italia del nord e del Piceno.

La serie, insieme alla 2536, 2563, è tra le più diffuse nelle officine ceramiche medio-italiche; si trova attestata nelle produzioni vascolari di Chiusi, Arezzo, Roselle58, Populonia59. Attestazioni della forma sono note dalla zona di Massarosa in Versilia60 dalla necropoli di Monte Roseto presso Sovana61, da corredi funerari recuperati a Castiglioncello62, frammenti pertinenti a questa coppa sono noti dalla necropoli di Monte Bibele63 e da alcuni contesti urbani di Fiesole64 tutti riferibili alla produzione volterrana. A Volterra la serie proviene da numerosi contesti archeologici65. Esemplari di produzione probabilmente volterrana provengono da Rondineto, in Lombardia, dove le attestazioni di ceramica a vernice nera di produzione nord-etrusca, forse proprio volterrana, sono numerose66.

La serie si data al periodo compreso tra la fine del IV e il III secolo a. C., ma è attestata anche nei primi decenni del II secolo a. C.67.

Datazione II secolo a. C. Fase XI

Coppa Morel 2571 8) VA08.0501.8 Tavola 3

Gruppo C

Orlo ingrossato, leggermente estroflesso, a fascia, con margine superiore arrotondato e solcatura all’attacco della vasca.

Vasca emisferica, poco profonda.

58 PALERMO 2003, p.295 e note 568 e 569. 59 ROMUALDI 1992, p.131. 60 VAGGIOLI 1990, p. 179 e p. 182. 61 PASQUINUCCI 1971 p.94. 62 MASSA 1974, p. 46, 5; p.56, 4-5, tombe C e D. 63 PARRINI 2008, p. 101. 64 PALREMO 1990, p. 107.

65MONTAGNA PASQUINUCI 1972, p. 373, CRISTOFANI-MARTELLI 1972, p. 508,

CRISTOFANI 1973 a, pp. 66 e ss, CRISTOFANI 1973 b, p. 252, 9; p.258, 4; p. 267, 28 Tombe A, C, G, H.

66

FRONTINI 1987, p. 141, fig. 6.9.

(16)

16

Forma di origine etrusca, a Volterra trova diffusione sia in ambito sacro68 che funerario69.

La coppa è molto attestata nei corredi tombali rinvenuti a Papena70, a Populonia71, nella necropoli “Le Grotte”, e dalla Valdelsa72

mentre ad Asciano è stata recuperata in un contesto urbano. Da Populonia proviene un frammento anche dall’acropoli, in particolare dal riempimento di una cava73E nota anche da un esemplare rinvenuto a San Rocchino, in Versilia74.

Si tratta, probabilmente, di una tarda evoluzione della forma Morel 83, poi 2536, prodotta dalle officine ceramiche locali e diffusa in contesti di varia natura. La caratteristica che distingue questa serie dalla coppa 2536 è la profonda solcatura che sottolinea l’attacco tra l’orlo e la vasca.

Dall’acropoli provengono numerosi frammenti75

, la maggior parte afferente alla produzione di buona qualità, ma con alcune attestazioni anche nel servizio ceramico più scadente76. Tra questi, in particolare tra quelli rinvenuti nell’area del saggio V, si possono distinguere due varianti rispetto alla forma standard, di chiara matrice locale: una prima variante è caratterizzata da un orlo più sottile mentre la seconda si presenta con un orlo più ingrossato ed estroflesso, rimane presente la solcatura all’attacco della vasca.

La serie è datata tra la fine del III e la prima metà del II secolo a. C.; i dati provenienti dal Santuario dell’Acropoli consentono di far scendere la cronologia fino al terzo quarto del II secolo a .C.

Datazione: fine III - prima metà II secolo a. C. Fase XII

Coppa Morel 2572

9) VA07.0418.1, Tavola 3 Gruppo A

Orlo indistinto, leggermente sporgente, arrotondato all’estremità esterna superiore, con due profonde scanalature.

Vasca emisferica a profilo continuo, poco profonda.

La forma, secondo Morel, appartiene alla produzione della ceramica Campana B, e dunque databile al pieno II secolo a. C.77 Esemplari simili sono noti ad Adria, mentre invece la forma non figura tra gli altri contesti esaminati.

68

PALERMO 2003, p. 296 e fig 18,11.

69

CRISTOFANI 1973b, p. 255, fig.179. Qui il riferimento è alla coppa Morel 83, serie 2536; tuttavia la presenza di una scanalatura abbastanza evidente sotto l’orlo richiama in maniera più puntuale la forma Morel 2571.

70

PALERMO 2003 p.296 e nota 574

71

ROMUALDI 1984-85, p. 31, n.36 e fig.37. In questo caso il riferimento è alla serie Morel 2536, anche se sembra più cogente il confronto con la serie 2571. La serie 2536, infatti, presenta un orlo rientrante, a mandorla, ed il vaso tende a chiudere verso l’interno. Vice versa la serie 2571 si presenta esattamente come la coppa riportata in figura.

72 Le Ville 1984, pp. 69 ss.

73 ACCONCIA – NIZZO 2009, p. 85, fig. 10, 10. Il frammento riportato come confronto appare del

tutto simile a quello analizzato nel catalogo, tuttavia l’identificazione dell’esemplare di Populonia è resa difficile dalla mancanza della serie di riferimento Morel.

74 PARIBENI 1990, p. 175, fig. 99, 2. 75 PALERMO 2003, p. 296 . 76 QUERCI 2009, pp. 17-18 e 48. 77 MOREL 1981, p. 186.

(17)

17 Datazione: II secolo a. C. Fase XII Coppa Morel 2611 10) VA07.0455.17, Tavola 3 Gruppo A-C

Orlo indistinto, leggermente estroflesso, arrotondato all’estremità. Vasca profonda, con pareti a profilo leggermente sinuoso.

Forma tipica della produzione campana A78, ad oggi sono pochi i frammenti appartenenti a questa forma rinvenuti a Volterra79 e ascrivibili alla produzione di miglior qualità, mentre più diffusi tra la produzione più scadente. Mancano, tuttavia, confronti con materiali provenienti dai contesti archeologici consultati.

Datata da Lamboglia alla fine del IV secolo e da Morel intorno al II secolo a. C. gli esemplare provenienti da Volterra, probabilmente varianti locali della forma standard, sono databile alla prima metà del II secolo a. C.

Datazione: inizi II secolo a. C. Fase XI

Coppa Morel 2620

11) VA07.0422.2, Tavola 3 Gruppo A

Orlo indistinto, leggermente estroflesso, arrotondato all’estremità. Vasca profonda, con pareti a profilo dritto.

Forma prodotta e diffusa dalle officine dell’Etruria meridionale a partire dall’inizio del III secolo a. C.80.

La forma è nota da un contesto tombale rinvenuto a Castiglioncello, databile alla prima metà del III secolo a. C.81, da un esemplare proveniente dalla necropoli delle Grotte di Populonia82 datato genericamente tra la fine del IV e gli inizi del II secolo a. C. e da un frammento rinvenuto sull’acropoli di Populonia83

Dal santuario dell’Acropoli proviene anche un altro frammento, che si discosta da quello analizzato in questo catalogo, per la resa della parte terminale dell’orlo che risulta assai acuminata. Probabilmente la forma trova diffusione a Volterra in alcune varianti rispetto alla versione standard e può essere inquadrata cronologicamente a partire dagli inizi del II84 secolo a. C.

Datazione: inizi II secolo a. C..

78 MOREL 1981, pp. 190-191. 79 QUERCI 2009, pp. 48-49. 80 MOREL 1981, p. 193.

81CIBECCHINI 1999, p. 91 e fig.38. Il confronto è approntato essenzialmente sulla base

dell’appartenenza dei due frammenti alla medesima forma Morel, la somiglianza è limitata alla resa del profilo della vasca.

82 GUZZI – SETTESOLDI 2009, p. 115. 83

ACCONCIA – NIZZO 2009, p. 85, fig.10, 4.

84

Il frammento proviene da uno strato superficiale che ha restituito anche frammenti di ceramica pre-sigillata e sigillata, probabilmente identificabile come uno dei livelli di obliterazione più tardi, come si avrà modo di vedere in sede di conclusioni e dunque la forma è fuori fase.

(18)

18

Fase XI

Coppa Morel 2621

12) VA08.0502.3, Tavola 4 Gruppo B

Orlo indistinto, leggermente ingrossato nella parte interna, desinente a punta. Vasca poco profonda, a profilo non lineare.

Per la descrizione e la diffusione si veda il punto precedente. Datazione II secolo a. C.

Fase XI

Coppa Morel 2672 13) VA07.0484.6

Gruppo A

Orlo indistinto, desinente a becco.

Vasca poco profonda, con pareti a profilo lineare.

Forma tipica della produzione etrusco-meridionale85 è nota in varianti locali prodotte nell’area spinetica86

. La serie è attestata a Populonia, in un corredo della necropoli Le Grotte87 e nel riempimento di una cava localizzata presso l’acropoli88 , e a Colle d’Elsa89. A Volterra è diffusa sia da contesti sacri che da contesti funerari90.

La produzione si data, generalmente, tra la fine del IV e gli inizi III secolo a. C. ma la produzione Spina sembra protrarsi fino agli inizi del II secolo a. C. così come le attestazioni populoniesi che scendono fino alla metà del II secolo a. C.

In area volterrana la forma dovette essere imitata dalle locali officine e prodotta fino ai primi decenni del II secolo a. C., sia nel servizio ceramico di buona qualità, sia in quello più scadente, come i dati delle necropoli e dell’area nord-orientale91 dell’Acropoli confermano.

Datazione: inizi II secolo a. C. Fase XI

Coppa Morel 2784

14) VA08. 0502.8, Tavola 4 Gruppo A

Orlo verticale indistinto, arrotondato sul margine superiore e leggermente assottigliato.

Vasca a calotta, poco profonda, a profilo lineare.

85 MOREL 1981, p. 203. 86

SASSATELLI ET ALII, 1993, p. 185, n.318.

87

ROMUALDI 1984-85, p. 43 e fig. 37,118-125. Corredo della tomba “del delfino”.

88 ACCONCIA – NIZZO 2009, p. 85, fig.10.14. 89

Le Ville 1994, pp. 81-82, fig. 323.

90

FIUMI 1972, p. 65 e fig. 15 e.

(19)

19

Forma avvicinabile alla Lamboglia 27 è raggruppata da Morel in diverse serie i cui esemplari afferiscono tutti ad evoluzioni più o meno simili della forma, che risulta essere una produzione tipica del repertorio ceramico della campana A. Trova ampia diffusione anche nll’atelier des petites estampilles, officina a grande diffusione marittima tradizionalmente localizzata nei pressi di Roma92 e presente con i suoi prodotti in molti siti archeologici93

Sull’acropoli di Volterra la forma trova ampia diffusione nella produzione ceramica di peggior qualità, Gruppo T, anche se non mancano frammenti afferenti alla produzione di miglior qualità94.

La forma è attestata anche nel territorio, per esempio a Colle val d’Elsa95 da dove proviene un esemplare morfologicamente simile a quelli dell’acropoli, ma anche a Castiglioncello, in questo caso appartenenti alla produzione dell’atelier des petites

estampilles96, nella necropoli di Monte Rosello presso Sovana97 e a Pietrasanta in Versilia98.

La forma nota a partire dalla fine del III secolo, trova ampia diffusione anche nel II secolo a. C.99.

Datazione inizi II secolo a. C. Fase XI

Coppa Morel 2862 15) VA07.0435.5, Tavola 4

Gruppo A-C

Orlo indistinto, leggermente introflesso, arrotondato all’estremità.

Vasca poco profonda, con profilo esterno lineare ed interno a profilo spezzato. La forma non trova confronti tra i materiali recuperati nelle aree di scavo analizzate, né nelle altre aree dell’acropoli. Mancano anche confronti provenienti dai contesti archeologici analizzati. Morel inquadra cronologicamente la forma amma metà del II secolo. Datazione: II secolo a. C. Fase XII Coppa Morel 2954 16) VA07.0453.3, Tavola 5 Gruppo A-C

Orlo indistinto, arrotondato e assottigliato all’estremità.

92

MOREL 1969, pp.59-60.

93

Si vedano ad esempio i numerosi esemplari conservati al museo di Faenza, alcuni dei quali di provenienza populoniese, SASSATELLI ET ALII 1993, pp.187-188.

94 PALERMO 2003, p. 298-299 e nota 586, QUERCI 2009, pp. 22-23- 95

Le Ville 1983, pp. 67 ss; Le Ville 1984, pp. 47 ss. In questo caso gli esemplari non presentano stampiglie, probabilmente a causa del fatto che spesso non sono integri.

96 CIBECCHINI 1999, p. 75, fig.9. 97 MONTAGNA PASQUINUCCI 1971, p. 340. 98 PARIBENI 1990b, p. 202. 99 Ibidem, p. 320.

(20)

20

Vasca profonda con pareti a profilo dritto.

La forma risulta prodotta dalle officine della Campana A100 ed è datata al II secolo a. C. L’esemplare rinvenuto nell’area occidentale del santuario appare isolato nel contesto più generale dell’Acropoli volterrana; non se ne conoscono esemplari neppure provenienti da altri siti urbani, periurbani e regionali. Evidentemente la forma non trovò ampia diffusione in città, e non è improbabile che la sua produzione andò rapidamente scomparendo.

Datazione: II secolo a. C. Fase XII.

Coppa Morel 2973

17) VA08.0502.11, Tavola 5 Gruppo C, forma Lamboglia 33

Orlo indistinto, leggermente ingrossato nella parte interna, desinente a punta. Vasca poco profonda, con pareti a profilo curvilineo e spezzato.

La coppa è molto attestata a Populonia, da dove provengono numerosi esemplari sia da ambito urbano che da ambito funerario101, e a Pisa, nel contesto di Via Sant’Apollonia, ove le coppe di questa forma sono attribuite alla produzione volterrana, e dunque importate102 La forma si inquadra cronologicamente tra la metà del II secolo a. C. e i primi decenni del I secolo a. C. L’esemplare proveniente dall’area occidentale del Santuario dell’Acropoli può essere ascritto al medesimo ambito cronologico proposto per quelli di Populonia.

Datazione: fine II secolo a. C. Fase XII

Tazza Morel 3171 a due anse verticali 18) VA08.0502.30, VA08.0499.16a, Tavola 5

Gruppo A

Piede strombato con modanatura.

Forma tipica dell’Etruria settentrionale103

a Volterra trova diffusione in ambito sacro104 e funerario105.

Delle forma esistono due gruppi morfologicamente vicini ma distanti cronologicamente: un primo databile intorno al 300 a. C., nel quale rientrano esemplari anche volterrani, ed un secondo databile alla fine del III secolo a. C.106. L’esemplare oggetto di studio appartiene alla variante “a” Morel e, sulla base dei dati provenienti dall’acropoli, è inquadrabile nel secondo gruppo, databile cioè alla fine del III secolo a. C.

100 MOREL 1981, p. 238.

101 GUZZI – SETTESOLDI 2009, p. 171 e note relative, PAGLIANTINI 2008, pp. 246-247, fig. 2, 3-4. 102

CORRETTI – VAGGIOLI 2006, p. 215; la coppa qui è stata identificata con la M 2972 ma è possibile approntare un confronto data la trascurabile differenza tra le due forme.

103 MOREL 1981, p. 254. 104 PALERMO 2003, p. 301. 105 FIUMI 1972, p. 61, fig. 14. 106 PALERMO 2003, p. 301 e note 599, 600.

(21)

21

Datazione: fine III- inizi II secolo a. C.. Fase X

Kantharos Morel 3511 19) VA08.0502.31, Tavola 6

Gruppo A tipo Beazly α i107, Forma Pasquinucci 128

Piede ad imbuto, con superficie esterna modanata, caratterizzata da due profonde solcature. Piano di posa regolare.

Il piede appartiene alla serie indicata ed è un tipico vaso potorio della produzione ceramica volterrana di migliore qualità, diffuso non solo in contesti urbani, come l’acropoli108

, ma anche nelle necropoli della città109 e del territorio, oltre che attestato in molti contesti dell’Etruria settentrionale, come documentano gli esemplari di produzione volterrana rinvenuti a Castiglioncello110 Bologna111, Spina112, Bolsena113, Montefortino114, Castellaccio presso Massarosa in Versilia115 e nella necropoli di Monte Bibele116

Prodotto dall’atelier della “ Anse a orecchia” se ne conoscono esemplari anche appartenenti alla produzione aretina117.

La datazione della forma, avanzata sulla base dei dati forniti dai contesti archeologici di pertinenza va dalla fine del IV secolo ai primi decenni del II secolo a.C. 118.

La datazione del frammento oggetto di studio non è facile, tuttavia si potrebbe avanzare una cronologia che lo collochi tra la fine del III e gli inizi del II secolo a. C.119

Datazione metà fine III - inizi II secolo a. C. Fase X Pisside Morel 7540 20) VA07.0474.15, Tavola 6 Gruppo A-C 107 BEAZLEY 1947 p. 281. 108

PALERMO 2003, pp. 301-302 e CRISTOFANI 1973a, p.67. Si cita tra tutti il frammento proveniente dal saggio E, p. 94 ed i frammenti provenienti dallo strato 1 del saggio F, p.112.

109

CRISTOFANI 1973b, p. 252 e fig. 176. Corredo delle tombe A e A1

110

MASSA 1973 -.74, tombe A, C, E, F, si veda anche la ricca bibliografia riportata alle note.

111

MONTAGNA PASQUINUCCI 1972, pp.403-404.

112 PAOLI – PARRINI 1988, p. 49 e tavola XI e p. 69 per la discussione e la datazione della forma. 113 BALLAND 1969, pp. 5 e ss..

114

MONTAGNA PASQUINUCCI 1972, p.404 e nota 2.

115 VAGGIOLI 19909, p. 184. 116 PARRINI 2008, pp. 108-109. 117 PALERMO 2003, P. 302 e nota 605. 118

Da ultimo si veda Ibidem, pp. 301-302e note 603 e 604. Per i contesti archeologici più recenti dove è stata trovata la forma si veda MANGANI 1980, p. 129

119 Tale datazione è suggerita, in via del tutto preliminare, dalla cronologia di altri frammenti

ceramici proveniente dal medesimo strato, che suggerisce un momento assai recente, II secolo a. C, ma anche dalla qualità della vernice del frammento, che invece suggerirebbe una datazione più antica.

(22)

22

Corpo cilindrico a profilo concavo, piede tronco-conico con margine arrotondato, piano di posa lineare.

La forma, nota nella produzione della ceramica attica di V-IV secolo, è ampiamente attestata nella produzione della ceramica Campana B la cui datazione tra il II ed il I secolo a. C.120. La forma venne prodotta anche da numerose officine dell’Etruria tra cui anche quella di Volterra, dove è nota da pochi esemplari provenienti da contesti urbani121 databili ai decenni finali del III secolo. La forma risulta ampiamente attestata lungo tutto il corso dell’Arno, fino a Pisa122 da qui raggiunse l’area padana dove fu oggetto di non poche imitazioni da parte di alcune fabbriche locali123.

Il frammento in questione, per mancanza di altri dati disponibili, può essere genericamente ascritto alla medesima fase cronologica, forse con un leggero ritardo. Datazione fine III – inizi II secolo a. C.

Fase X

Fondi di coppa con piede ad anello 21) VA07.0476.12, Tavola 6

Gruppo A-C

Fondo con piede ad anello, di forma aperta. Profilo esterno caratterizzato da una fascetta lineare rientrata rispetto alla parte terminale; questa si presenta con un profilo spezzato, non curvilineo.

Il fondo è pertinente ad una forma aperta, non meglio identificabile, pertanto la datazione è impossibile

22) VA08.0422.17, Tavola 6 Gruppo A-B

Fondo con piede ad anello di forma aperta. Profilo esterno caratterizzato da una gola non molto profonda, seguita da una parte sporgente regolarizzata in tre tratti, piano di posa assai limitato. Il fondo interno presenta una serie di 3 cerchi concentrici e 5 stampiglie di difficile lettura, una posta al centro e 4 localizzate intorno in maniera non simmetrica. LA datazione, come per l’esemplare precedente, è impossibile.

Produzione volterrana. Gruppo Z, Pasquinucci E

Gruppo Z: Impasto beige o nocciola rosato o cuoio, talora con sfumature grigie, duro compatto. Vernice marrone o grigio marrone, lucida, poco omogenea, spessa.

Coppa Morel 2250

23) VA08.0499.5, Tavola 7 Gruppo Z

120 MOREL 1981, pp.409 e ss., PALERMO 2003, p. 306 e relative note. 121

PALERMO 2003, p. 306.

122

SETTESOLDI 2006, p. 12 e nota 73.

(23)

23

Orlo indistinto, verticale, assottigliato nella parte terminale, desinente a punta e leggermente ingrossato nel punto di attacco della parete.

Vasca poco profonda, con pareti a profilo lineare.

La forma è nota in due varianti: con vasca bassa, come nel caso analizzato, e prodotto nelle officine ceramiche volterrane124 ed aretine125; con vasca profonda, rielaborazione etrusca di modelli afferenti alla produzione della Campana A.

La forma risulta facente parte del repertorio di produzione delle officine a diffusione locale; sono noti esemplari provenienti da Belora, nei pressi di Riparbella126, da Colle val d’Elsa127 e da Populonia128.

I frammenti provenienti dal Santuario dell’acropoli indicano una cronologia compresa tra il 150 ed il 50 a. c.

Datazione metà II- metà I secolo a. C. Fase XII

Produzione volterrana, Gruppo T

Gruppo T: Impasto 1: impasto marrone 7,5 YR 6/4; marrone rossastro 7,5 YR 5/4; cuoio 5 YR 6/4 granuloso, con numerosi piccoli inclusi bianchi e vacuoli, poco duro. Impasto 2: impasto nocciola arancio 7.5 YR 7/4 – 7/6 – 6/6, granuloso, duro, con vacuoli e inclusi

Vernice 1: vernice grigia o bruna, opaca, rugosa, sottile, poco resistente, locali iridescenze.

Vernice 2: vernice bruna o nero bruna, opaca, rugosa, sottile, poco consistente, talora con sfumature grigie.

Vernice 3: vernice nero bruna, talora tendente al grigio, opaca semilucida, liscia, aderente, talora con leggere iridescenze

Vernice 4: vernice grigia o bruna, metallica, brillante, rugosa, spessa e resistente. Coppa Morel 1266

24) VA07.0484.19, VA09. 0590.12, Tavola 7 Gruppo T

Orlo ingrossato, ripiegato, con margine talora assottigliato, leggera solcatura tra l’orlo e la vasca.

Vasca emisferica, profonda.

Forma tra le più diffuse sull’acropoli, trova confronti con alcuni esemplari recuperati nel territorio di Colle val d’Elsa129

e uno da Spina130, appartenenti alla produzione di buona qualità.

124 PALERMO 2003, p. 316, CRISTOFANI 1973a, p.270. 125 PALERMO 1998, p. 120. 126 PALERMO 2003, p. 316. 127 Le Ville 1994, nn. 259-270. 128 ROMUALDI 1988, p. 56, n. 176. 129 Le Ville, 1983, pp. 61-62, nn. 91-92. 130 PAOLI-PARRINI 1988, p. 55 e tavola X.

(24)

24

La coppa sembra essere un’evoluzione della forma Lamboglia 22131

attestata nella produzione della ceramica campana A a partire dalla fine del IV secolo e prodotta per buona parte del III secolo a. C.

Non si conoscono esemplari provenienti da contesti tombali editi di Volterra. Le prime attestazioni della coppa risalgono al III secolo, mentre la grande maggioranza dei reperti è databile ai primi decenni del II secolo a. C.132 e prodotta per lo meno fino al terzo venticinquennio del secolo.

La maggior parte degli esemplari di questa forma proveniente dal Santuario dell’Acropoli appartiene al servizio di bassa qualità: la coppa è infatti la forma più diffusa tra i frammenti facenti parte del servizio ceramico di qualità peggiore (Gruppo T della classificazione di Palermo).

I frammenti oggetto di studio sono caratterizzati da un orlo ripiegato, con solcatura all’attacco con la vasca, e rare linee di tornitura marcate all’esterno ma spesso anche all’interno della vasca.

Uno dei due esemplari qui riportati afferisce alla forma standard della coppa; l’altro invece ad una produzione più recente, entrambi databili, comunque nel corso del II secolo a. C.

Datazione: prima metà II secolo a. C. Fase XI

Coppa Morel 2250

25) VA07.0484.21, Tavola 8 Gruppo T

Orlo indistinto, verticale, assottigliato nella parte terminale, desinente a punta e leggermente ingrossato nel punto di attacco della parete.

Vasca poco profonda, con pareti a profilo lineare.

Per le caratteristiche della forma e la sua diffusione si rimanda al punto 23 del presente catalogo.

Coppa Morel 2611

26) VA09.0590. 9, Tavola 8 Gruppo T

Orlo indistinto, verticale, arrotondato nella parte terminale. Vasca profonda, con pareti a profilo lineare

Per le caratteristiche della forma e la diffusione si veda il punto 10 del presente catalogo. Il frammento oggetto di studio presenta, tuttavia, una diversificazione nella resa dell’orlo che qui appare più arrotondato rispetto all’altro frammento analizzato. Probabilmente la forma venne prodotta in più varianti, con maggiore o minore fedeltà allo standard.

Datazione: inizi II secolo a. C. Fase XI

Coppa Morel 2614

131

PAOLI – PARRINI 1988, p.55 e LAMBOGLIA 1952, p. 171.

(25)

25

27) VA09.0264.22, Tavola 8 Gruppo T

Orlo indistinto, leggermente rigonfiato all’estremità, margine esterno arrotondato. Vasca a profilo continuo, troncoconica, profonda.

Produzione vascolare tipica dell’ area etrusca133

; alcuni esemplari sono noti dal territorio di Colle val d’Elsa134, probabilmente di produzione volterrana, e da Adria135, i cui esemplari risultano decorati con palmette e fiori di loto.

Gli esemplari rinvenuti nel Santuario dell’Acropoli afferiscono sia alla produzione di buona qualità136 sia alla produzione più scadente, come il frammento oggetto di studio.

La datazione della forma è compresa tra la fine del III e i primi decenni del I secolo a. C.; il frammento in questione, sulla base dei materiali provenienti dalla US, appare ascrivibile alla seconda metà del II secolo a. C., mentre invece l’altro frammento, proveniente dall’area del Saggio V, era stato datato alla prima fase di produzione della forma, ovvero alla fine del III secolo a.C.

Datazione: seconda metà del II secolo. Fase XII

Coppa Morel 2652

28) VA07.0458.77; VA07.0426.33, Tavola 8 Gruppo T, forma Lamboglia 28

Orlo pendulo, rivolto all’esterno con margine assottigliato, scanalatura poco profonda tra orlo e attacco di parete.

Vasca profonda con pareti a profilo rettilineo.

La forma risulta prodotta dalle officine etrusche della Campana B, da quelle di Arezzo137 e da quelle di Volterra138. Esemplari simili sono noti a Pisa, da Via Sant’Apollonia139

entrambi ascritti alla produzione ceramica volterrana di miglio qualità140. La produzione della forma è, secondo Palermo, di difficile attribuzione, dal momento che i caratteri morfologici e le caratteristiche tecniche sono molto simili. Una diversificazione si riscontra, sembra, tra gli esemplari prodotti dalle officine della Campana B, che produssero la forma a partire dalla prima metà del II secolo a. C., e quelli prodotti ad Arezzo e Volterra, che appaiono più recenti, seconda metà del II secolo a. C.141. I due frammenti analizzati possono essere ascritti al periodo compreso tra fine II e l’ inizio I secolo a. C., come l’esemplare noto proveniente dall’acropoli.

Datazione: fine II – inizio I secolo a. C.

133 MOREL 1981, p.191. 134 Le Ville 1984, pp. 73-74, fig. 312. 135 MANGANI 1980, p. 126. 136 QUERCI 2009, pp. 18-19. 137 PALERMO 1998, p. 124. 138 PALERMO 2003, p. 297.

139 CORRETTI – VAGGIOLI 2006, p. 215. Qui la serie Morel proposta è la 2653 ma la somiglianza con il

frammento oggetto di studio è notevole.

140

VAGGIOLI 2003, p.371, n. 50.

(26)

26

Fasi XIII Coppa Morel 2812

29) VA07.0458.73, Tavola 8 Gruppo T

Orlo indistinto, leggermente piegato verso l’interno, arrotondato all’estremità. Vasca poco profonda, con pareti a profilo lineare.

Produzione tipica dell’ Etruria settentrionale142

, è nota dal corredo della tomba A della necropoli del Portone143 e dal territorio di Colle val d’Elsa144.

La forma si data alla seconda metà del III secolo a. C.

I dati provenienti dai contesti archeologici esaminati confermano una sua diffusione a partire dalla fine del III secolo a. C., ma la produzione dovette protrarsi per lo meno fino alla metà del II secolo a. C., come si evince dalle stratigrafia dell’area sud-orientale del Santuario dell’Acropoli, dove è attestato in un buon numero di esemplari, tutti afferenti, però, alla produzione migliore delle officine ceramiche attive in città e nel territorio145.

Datazione : metà II secolo a. C. Fase XII

Coppa Morel 3534

30) VA07.0458.78, Tavola 8 Gruppo T

Orlo indistinto, leggermente rigonfiato nella parte terminale, arrotondato all’estremità e caratterizzato da una solcatura mediana che rende l’orlo suddiviso in due lobi.

Vasca profonda, con parti a profilo rettilineo.

La forma, secondi Morel, appartiene a produzioni localizzabili in Italia meridionale ed in Sicilia, in particolare è noto un esemplare ad Agrigento146. La datazione avanzata per questa forma è il periodo compreso tra la fine del IV e la prima metà del III secolo a. C.

L’esemplare rinvenuto nel Santuario dell’Acropoli afferisce alla produzione più scadente della ceramica a vernice nera prodotta in città e nel territorio. Inoltre risulta, ad oggi, l’unico caso di presenza della serie in ambito volterrano

Datazione: II secolo a. C. Fase XII

Olpe Morel 5311

31) VA07.0458.78; VA08.0501.11; VA07.0434.27; VA07.0437.8

142 MOREL 1981, pp. 143 CRISTOFANI 1973b, p. 254 fig.178. 144 Le Ville 1984, pp.61-62. 145 QUERCI 2009, pp. 23-24. 146 MOREL 1981, p. 270.

(27)

27

Gruppo T

Orlo verticale, leggermente estroflesso, arrotondato nella parte terminale. Collo a profilo concavo.

Forma diffusa in area etrusco-settentrionale è nota anche da esemplari provenienti dalla Valdelsa147 e dall’area padana, anche se non del tutto simili148. Due frammenti sono stati rinvenuti nel corredo di una tomba della necropoli delle Grotte a Populonia149.

L’olpe non è molto attestata in Etruria settentrionale, come testimonia la scarsezza di frammenti ascrivibili a questa forma rintracciata nei contesti archeologici analizzati; tuttavia appare facente parte sia del repertorio ceramico di buona qualità, sia di quello di minor pregio. La forma è databile tra la fine del IV e la prima metà del III secolo a. C. 150 ma i dati provenienti dall’area sud-orientale del Santuario dell’Acropoli, con i quali è possibile approntare un confronto diretto, non confermano questa datazione. Questi, infatti, sulla base della stratigrafia appaiono databili al II secolo a. C.

La somiglianza tra i due frammenti oggetto di studio nel presente catalogo e gli altri provenienti dal Santuario dell’Acropoli permettono di fissare anche per questi due esemplari la datazione proposta per gli altri.

Datazione: metà II a. C.. Fase XII

Olla Morel 7212

32) VA07.0437.7, Tavola 11

Gruppo T, Forma Pasquinucci 134

Orlo ingrossato all’esterno, breve collo cilindrico, corpo ovoide.

La forma trova larga diffusione sia nel repertorio ceramico di miglior qualità sia in quello più scadente151 di Volterra152; è nota anche da esemplari, probabilmente di produzione volterrana, da Colle val d’Elsa153, da Castiglioncello154 e da Spina155. La datazione proposta per la forma è compresa tra la fine del IV secolo a. C. e gli inizi del III secolo a. C.

I dati provenienti dall’are sud-orientale del santuario indicano che probabilmente la forma era utilizzata anche nella prima metà del II secolo a. C.; in questo modo si abbassa notevolmente il periodo di diffusione della forma.

L’esemplare oggetto di studio proviene da uno strato che ha restituito anche ceramica a vernice nera di produzione assai recente pertanto è possibile avanzare l’ipotesi che la forma, per lo meno a Volterra, contnui ad essere prodotta ed

147 Le Ville 1983, pp. 127-128, n. 190; Le Ville 1994, pp. 103-104, n. 357. 148 SASSATELLI ET ALII 1993, p. 182, n. 309-310 149 GUZZI – SETTESOLDI 2009, p. 99. 150 MOREL 1981, p.350. 151

MONTAGNA PASQUINUCCI 1972, p.412, 413 con relative note e figura 6

152

FIUMI 1972, corredi tombali delle tombe: 60/C; 60/G; 61/a; 61/b; 61/f; 61/8; 61/13; 65/11

153 Le Ville 1983, pp.101-102 e Le Ville 1984, pp. 91-92, fig. 338. 154

MASSA 1973-74, p. 37.

155

Un esemplare, seppur non del tutto uguale, proviene dal corredo di una tomba dalla necropoli di Spina databile tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a. C., PAOLI-PARRINI 1988, p. 17, n. 23.

(28)

28

utilizzata, per lo meno fino ai decenni iniziali del I secolo a. C., forse come residuo morfologico.

Datazione: fine II inizi I secolo a. C. Fase XIV

Olla Morel 7222

33) VA07.0480.26, Tavola 11

Gruppo T, forma Pasquinucci 134 a

Fondo con piede ad anello e pareti a profilo convesso

Forma vascolare tipica della produzione etrusco-settentrionale in particolare di Volterra156, è nota da esemplari provenienti da Colle val d’Elsa157, da Chiusi e da contesti di area padana158 come ad Adria159. Se ne conoscono esemplari provenienti anche da Castiglioncello160 e da Pisa161. La forma risulta facente parte tanto della produzione di miglior qualità, quanto di quella più scadente.

La forma, secondo Palermo, si evolve nel corso dei secoli passando da un corpo globulare attestato tra la fine del IV e gli inizi del II secolo a. C., ad un corpo ovoide, databile tra la fine del III e la prima metà del II a. C.162 .

Gli esemplari recuperati sull’acropoli appartengono al tipo a corpo ovoide databile al II secolo a. C.163.

Datazione: metà II secolo a. C. Fase XII

Produzione dell’Etruria settentrionale. Tipo Acropoli III, V 1

Impasto grigio, morbido, granuloso, frattura poco netta. Vernice nera, opaca, poco aderente, sottili

Piatto Morel 2260

34) VA07.0458.203, Tavola 12 Gruppo V 1

Orlo indistinto, arrotondato all’estremità, leggermente ispessito nella parte interna, piegato quasi ad angolo retto.

Vasca poco profonda, con pareti a profili rettilineo

Forma nota nella produzione ceramica dell’Italia settentrionale, in particolare dell’area celtica164, trova diffusione anche nell’Italia peninsulare. La datazione

156 MONTAGNA PASQUINUCI 1972, p. 412, fig.6. Si veda anche Fiumi 1972, il corredo della

tomba a camera 60/D, p. 65 e fig. 11 c.

157

Le Ville 1983, pp.99-100; Le Ville 1994, pp. 169-170.

158 PALERMO 2003, p.305 con note 622 e 623. 159 MANGANI 1980, pp.129-130. 160 CIBECCHINI 1999, p. 78 e fig. 15 161 SETTESOLDI 2006, p. 12. 162 PALERMO, p.305 e nota 624. 163 Ibidem , p.305 e nota 625. 164 MOREL 1981, p. 155

(29)

29

proposta da Morel per le varie forme della serie oscilla tra la fine del II secolo a. C. e la prima metà del I secolo a. C.

Ad oggi non sono noti esemplari simili provenienti dai contesti analizzati. Con ogni verosimiglianza la forma venne prodotta in pochi esemplari, non è del tutto improbabile che si sia verificata una sostituzione, nell’ambito del repertorio ceramico del gruppo V 1, tra questa forma e la 2284.

Il frammento rinvenuto nell’area occidentale dell’Acropoli è genericamente databile tra i decenni finali del II secolo a. C. e la prima metà del I secolo a. C.

Datazione: fine II – inizi I secolo a. C. Fase XIV

Piatto Morel 2284

35) VA09.0588.91, Tavola 12 Gruppo V 1, Lamboglia 7

Orlo verticale arrotondato, leggero ispessimento in corrispondenza dell’attacco con la vasca.

Vasca ampia, con pareti dal profilo lineare, legger solcatura subito sotto l’attacco con l’orlo.

La forma, secondo Lamboglia, richiama in maniera puntuale la forma Drag 17 della ceramica sigillata aretina165, della quale prende il fondo spesso e verticale. E nota anche nella produzione della ceramica Campana B databile al I secolo a. C.166. Un esemplare simile proviene dallo scavo della spiaggia di Baratti167Attualmente è noto un unico esemplare, simile morfologicamente, afferente alla medesima produzione, rinvenuto nel Santuario dell’Acropoli di Volterra che presenta, tuttavia, alcune differenze, sopratutto nella resa dell’orlo.

Datazione: prima metà I secolo a. C. Fase XIV

Coppa Morel 2553

36) VA07.0480.89, Tavola 12 Gruppo V1

Orlo indistinto, arrotondato all’estremità, con margine superiore appiattito e profonda scanalatura all’attacco con la parete.

Vasca conica, con pareti a profilo dritto.

La forma appare nota nella produzione ceramica di Cosa168 e probabilmente afferisce al repertorio ceramico delle officine attive nel territorio della città. Non è da escludere che la forma fosse nota anche a Volterra, dove trova attestazione, ad oggi, solamente dal frammento analizzato nel presente catalogo.

Morel avanza come datazione della serie la metà del II secolo a. C., periodo al quale potrebbe essere ascritto pure questo frammento, forse con un leggero ritardo dovuto

165 LAMBOGLIA 1952, pp. 6-7. 166 PALERMO 2003, p. 334. 167 PAGLIANTINI 2008, p. 251, fig. 4.3. 168 MOREL 1981, p. 184.

(30)

30

al fatto che la forma risulta appartenere alla produzione di ceramica ad impasto grigio, affermata, secondo i dati, non prima degli ultimi decenni del I secolo a. C. Datazione: fine II secolo a. C.

Fase XIII Coppa Morel 2611

37) VA09.0589.89, Tavola 12 Gruppo V1

Orlo indistinto, leggermente estroflesso, arrotondato all’estremità. Vasca profonda, con pareti a profilo leggermente sinuoso.

Per la discussione della forma ceramica si rimanda al punto 10 del presente catalogo.

Occorre sottolineare che la datazione proposta per la forma, II secolo a. C. sembra contrastare con la diffusa convinzione che la produzione ceramica a pasta grigia sia nota e diffusa a Volterra solamente dai decenni iniziali del I secolo. Se la datazione avanzata per questa forma trovasse riscontro anche in altri elementi, si potrebbe dire che la produzione della ceramica localmente nota come “sillana” inizia con i decenni finali del II secolo, per affermarsi ampiamente nei decenni iniziali del I secolo.

Datazione: seconda metà II secolo a. C. Fase XII

Coppa Morel 2614

38) VA09.0589.103; VA09.0589.104, Tavola 13 Gruppo V1

Fondo ad anello con piede di posa molto limitato; profilo esterno regolare, profilo interno con ombelico di tornitura. Un esemplare presenta 4 cerchi concentrici. Vasca profonda con pareti a profilo spezzato.

Per la diffusione della forma si rimanda al punto 27 del presente catalogo. Si aggiunge che i frammenti pertinenti a questa forma e provenienti dall’area del Santuario dell’Acropoli sono databili al III e al II secolo a.C., evidentemente la forma trova ampia attestazione in ambito sacro.

Datazione: metà II secolo a. C. Fase XII

Coppa Morel 2652

39) VA09.0589.91; VA07.0431.49; VA07.0484.48, Tavola 13 Gruppo V1

Breve orlo distinto, ripiegato verso l’esterno. Due frammenti presentano una scanalatura all’attacco tra orlo e vasca.

(31)

31

Forma prodotta in Etruria dalle fabbriche della campana B, da officine ceramiche aretine e da quelle di Volterra169 se ne conoscono esemplari provenienti da Colle val d’Elsa170

e da Pisa, dal relitto ellenistico del porto urbano antico171

La forma presenta caratteri morfologici omogenei, caratteristiche tecniche simili e motivi decorativi affini tanto che non è semplice, come sostiene Palermo, risalire alle produzioni delle diverse officine ceramiche che la producevano172.

La datazione varia in relazione alle officine ceramiche di produzione: più antichi gli esemplari della campana B, più recenti quelli prodotti ad Arezzo e Volterra, dove la forma non risulta diffusa prima della metà del II secolo a. C.

I dati provenienti dall’area sud-orientale del Santuario dell’Acropoli, unitamente ai dati provenienti da contesti funerari volterrani173 confermano la datazione avanzata da Palermo, posticipando di un venticinquennio il periodo finale di attestazione. Datazione: metà II secolo a. C.

Fase XII Olpe Morel 5310

40) VA07.0458.206, Tavola 14

Gruppo V1, forma Pasquinucci 159.

Fondo con piede ad anello, profilo esterno ed interno lineare.

Il frammento appare pertinente alla forma indicata, la forma è diffusa in area etrusco-settentrionale è nota anche da esemplari provenienti dalla Valdelsa174 e dall’area padana, anche se non del tutto simili175

.

L’ olpe è databile tra la fine del IV e la prima metà del III secolo a. C. 176

ma i dati provenienti dal saggio V non confermano questa datazione.

Gli esemplari oggetto di studio sono databili tra gli inizi e il terzo venticinquennio del II secolo a. C.

Datazione: metà II secolo a. C. Fase XII

Fondo di forma aperta 41) VA07.0480.92

Gruppo V1

Fondo con piede ad anello di forma aperta; profilo esterno caratterizzato da una scanalatura all’attacco tra il piede e la vasca, profilo interno lineare.

169

PALERMO 2003, p. 297 e nota 578.

170 Le Ville 1984, pp. 73-74, fig.312.

171 SETTESOLDI 2006, p. 12, la forma rinvenuta a Pisa è stata identificata con la 2653, ma la

somiglianza con l’esemplare volterrano e tale che si può utilizzare la coppa di Pisa come confronto.

172 PALERMO 2003, p. 297 e note 279, 280. 173 FIUMI 1972, p.91, 10. 174 Le Ville 1983, pp. 127-128, n. 190; Le Ville 1994, pp. 103-104, n. 357. 175 SASSATELLI ET ALII 1993, p. 182, n. 309-310 176 MOREL 1981, p.350.

(32)

32

C

APITOLO

4

L’AREA MERIDIONALE DEL SANTUARIO DELL’ACROPOLI

DI VOLTERRA

Le indagini archeologiche effettuate nel settore sud-

occidentale dell’area del santuario dell’Acropoli di Volterra

hanno messo in luce una situazione assai interessante.

Si è già fatto cenno alle motivazioni che hanno spinto

all’esecuzione di questo intervento, motivazioni che hanno

trovato ampia soddisfazione nei risultati ottenuti.

Le ricerche condotte in quest’area, in parte effettuate già tra

il 1989 ed il 1991, ma limitatamente all’area interna del edificio

tardo medievale, sono state intensificate recentemente fino

all’ottenimento di una considerevole quantità di dati, utili alla

ricostruzione delle vicende che hanno interessato questa zona.

Tali ricerche hanno evidenziato nella sua interezza una

struttura a pianta allungata rettangolare, non dissimile da quella

del coevo tempio A, con fronte rivolta a sud-est

177

.

Le caratteristiche architettoniche e i materiali di risulta

ottenuti in seguito all’indagine hanno consentito di identificare

l’edificio come il terzo tempio presente sull’acropoli

178

e le

indagini condotte nella zona più orientale delle adiacenze

dell’edificio tardo medievale, denominata saggio AB, hanno

messo in luce il suo accesso.

177

BONAMICI 2007, p. 572.

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