• Non ci sono risultati.

La farmacocinetica della Flupirtina nel cavallo dopo somministrazione orale ed endovenosa

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "La farmacocinetica della Flupirtina nel cavallo dopo somministrazione orale ed endovenosa"

Copied!
83
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

Corso di Laurea Specialistica in Medicina Veterinaria

Tesi di laurea

La farmacocinetica della flupirtina nel cavallo dopo

somministrazione orale ed endovenosa

Candidato:

Relatore:

Valentina STANCO

Prof. Micaela SGORBINI

Correlatore:

Prof. Mario GIORGI

(2)
(3)

RIASSUNTO

I

ABSTRACT

I

1. INTRODUZIONE

1

1.1 Il dolore 1

1.1.1 Come si genera il dolore 1

1.1.2 Classificazione del dolore (Muir, 2005) 5

1.2 Il dolore nel cavallo 7

1.2.1 Riconoscimento del dolore nel cavallo (Driessen e Zarucco, 2007) 8

1.3 Trattamento farmacologico del dolore negli animali 12

1.3.1 Oppioidi 14

1.3.1.1 Oppioidi nella specie equina 15

1.3.2 Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) 17

1.3.2.1 FANS nella specie equina 18

1.3.3 Corticosteroidi 21

1.3.4 α2-agonisti 22

1.3.4.1 α2-agonisti nella specie equina (Driessen, 2007) 23

1.3.5 Anticonvulsionanti 23

1.3.5.1 Anticonvulsionanti nella specie equina (Driessen, 2007) 24

1.3.6 Antidepressivi 24

1.3.7 Antagonisti del recettore N-metil-D-aspartato 25 1.3.7.1 Antagonisti del recettore NMDA nella specie equina (Driessen, 2007) 26

1.3.8 Anestetici locali 27

1.3.8.1 Anestetici locali nella specie equina 28

2. LA FLUPIRTINA

29

2.1 Caratteristiche chimico-fisiche 29

2.2 Farmacodinamica 30

2.3 Farmacocinetica nell’uomo 32

2.4 Dosaggio e formulazione nell’uomo 33

2.5 Effetti avversi e tollerabilità nell’uomo (Giorgi e Owen, 2012) 34

2.6 Utilizzo della flupirtina in medicina umana 34

2.7 Stato dell’arte in medicina veterinaria 35

3. SCOPO DEL LAVORO

39

4. MATERIALI E METODI

40

4.1 Fase 1: sperimentazione animale 40

(4)

4.2.1 Prodotti chimici e reagenti 42

4.2.2 Preparazione delle soluzioni 42

4.2.2.1 Soluzione acquosa di acetato d’ammonio 20 mM pH 6,8 (AcONH4) 42

4.2.2.2 Miscela di estrazione 42

4.2.2.3 Soluzioni standard e retta di taratura 43

4.2.3 Strumentazione 44

4.2.4 Estrazione del campione (figura 3) 45

4.2.5 HPLC-FL 46

4.2.6 Metodo per la determinazione delle concentrazioni di analita nei campioni 47

4.2.7 Validazione del metodo 48

4.3 Valutazione farmacocinetica 50

4.4 Analisi statistica 51

5. RISULTATI

52

5.1 Sperimentazione sugli animali 52

5.2 Validazione del metodo 52

5.3 Profilo farmacocinetico nel cavallo 52

6. DISCUSSIONE

56

7. CONCLUSIONI

61

(5)

I

Scopo. La flupirtina è un analgesico non oppiode utilizzato in medicina umana per gli stati di dolore. Lo scopo del presente lavoro è stato valutare la farmacocinetica della flupirtina dopo somministrazione PO ed EV in cavalli adulti sani.

Materiali e metodi. Sei cavalli di razza trottatore italiano e di sesso femminile sono stati inclusi nel presente studio approvato dal Comitato Etico di Ateneo (Pisa). I cavalli sono stati assegnati in maniera casuale a 2 gruppi di trattamento con un design 2 X 2 Latin-square. Il Gruppo 1 (n = 3) ha ricevuto una dose singola (1 mg/kg) di flupirtina EV inoculato nella vena giugulare. Il Gruppo 2 (n = 3) ha ricevuto il farmaco (5 mg/kg) per os attraverso sonda naso-gastrica. Dopo una settimana di wash-out, gli animali sono stati cambiati di gruppo e le dosi ripetute. I prelievi di sangue (5 mL) sono stati raccolti a 0.25, 0.5, 0.75, 1, 1.5, 2, 4, 6, 8, 10, 24, 36 e 48 h e il plasma è stato analizzato con metodica HPLC.

Risultati. Sono stati evidenziati effetti collaterali transitori in 2/6 cavalli, risolti spontaneamente entro 5 min dall’inoculazione EV, mentre nessun soggetto ha manifestato effetti collaterali dopo somministrazione di flupirtina PO. La flupirtina è stata ritrovata nel plasma fino a 36 h, sia dopo somministrazione EV che PO. L’emivita media di eliminazione è stata più lunga dopo somministrazione PO (10.27 h) rispetto a EV (3.02 h). La biodisponibilità dopo somministrazione PO è stata 71.4±33.1%. La simulazione mediante modello compartimentale ha indicato 2.6 mg/kg quale dose PO necessaria per ottenere nel cavallo una Cmax e una AUC simili a quelle riportate per l’uomo con una concentrazione plasmatica teorica di 187 ng/mL.

Discussione e conclusioni. Questi risultati possono essere considerati come base per ulteriori studi sull’utilizzo della flupirtina nella specie equina.

Parole chiave. Cavallo, flupirtina, farmacocinetica.

ABSTRACT

Introduction and aim. Flupirtine is a non-opioid analgesic drug used in the treatment of a wide range of pain states in human beings. The aim of this study was to evaluate the pharmacokinetic profiles of flupirtine after PO and IV administration in healthy horses.

Materilas and methods. Six adult trotter mares were randomly assigned to 2 treatment groups using an open, single-dose, two-treatment, two phase, paired, cross-over design (2 X 2 Latin-square). Group 1 (n = 3) received a single dose of 1 mg/kg of flupirtine injected IV into the jugular vein. Group 2 (n = 3) received flupirtine (5 mg/kg) via nasogastric tube. The animals then swapped groups after a 1-week wash-out period and the doses were repeated. Blood samples (5 mL) were collected at 0.25, 0.5, 0.75, 1, 1.5, 2, 4, 6, 8, 10, 24, 36 and 48 h and plasma was then analysed by a validated HPLC method.

Results. Some mild and transient adverse effects (that spontaneously resolved within 5 min) were observed in 2/6 animals after IV administration. No adverse effects were noticed in the PO administration group. After IV and PO administrations, flupirtine was detectable in plasma for up to 36 h. The mean elimination halflife was longer after PO (10.27 h) than after IV (3.02 h) administration. The oral bioavailability was 71.4 Å} 33.1%. After compartmental simulation/modelling, an oral dose of 2.6 mg/kg was calculated to give Cmax and AUC values in horses similar to those reported in humans after a clinical dose administration with a theoretical flupirtine effective plasma concentration of 187 ng/mL.

Conclusions. These findings may form the basis for further studies concerning this active ingredient in equine medicine.

(6)

1

1. INTRODUZIONE

1.1 Il dolore

Il dolore è definito dalla IASP (Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore) come "un'esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole, associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale o comunque descritta come tale” (Anonymous, 1983). Questa definizione evidenzia che il dolore è un'esperienza sensoriale ed emotiva e pone l’accento soprattutto sulla natura soggettiva della sensazione dolorosa.

1.1.1 Come si genera il dolore

La nocicezione è la percezione fisiologica di stimoli nocivi. Il termine è stato introdotto nel 1910 (Sherrington, 1910) e viene dal latino nocere ("danneggiare"). La nocicezione è innescata da stimoli che attivano i terminali periferici dei nocicettori, recettori del dolore, rappresentati dalle terminazioni periferiche libere dei neuroni sensitivi primari i cui corpi cellulari sono localizzati nei gangli delle radici dorsali. Sono terminazioni libere che reagiscono a stimoli quantitativamente variabili (Henke

e Erhardt, 2006).

Diversi nocicettori individuano diversi tipi di dolore. I nervi periferici comprendono fibre afferenti mielinizzate di piccolo diametro (Aδ) e medio-grande diametro (Aα, β), nonché fibre non mielinizzate di piccole dimensioni (C). La velocità di conduzione è direttamente correlata al diametro della fibra. La maggior parte dei nocicettori sono fibre Aδ o C e le loro diverse velocità di conduzione (6-25 e 1,0 m/s rispettivamente) rappresentano la prima (veloce) e la seconda (lenta) risposta al dolore (Julius e Basbaum, 2001).

 Gli stimoli nocivi possono essere suddivisi in (Kumar et al., 2013):  meccanici (pressione, gonfiore, ascessi, incisione);

 termici (ustioni, scottature);

(7)

2 I nocicettori rispondono a stimoli chimici, meccanici e termici. Una volta attivati, i canali ionici sui terminali sinaptici si aprono e gli ioni sodio e calcio scorrono nel terminale periferico del nocicettore, producendo una corrente elettrica interna che depolarizza la membrana. Si ha, quindi, la propagazione degli impulsi lungo la fibra afferente, attraverso il corpo delle cellule del ganglio della radice dorsale e nel corno dorsale del midollo spinale, dove si ha il contatto sinaptico con i neuroni del corno dorsale (Siddal e Cousins, 1997).

Nello specifico, le fibre afferenti entrano nel midollo spinale attraverso le radici del corno dorsale (primo neurone) e terminano nella sostanza gelatinosa del corno dorsale. A questo livello avviene il passaggio dello stimolo al secondo neurone. Il secondo neurone incrocia e procede nella porzione controlaterale lungo il tratto spino-talamico (fascio anteriore) fino all’encefalo. Prima di incrociare esso entra in connessione con fibre efferenti motorie e sinaptiche, responsabili di riflessi motori e sinaptici. Il tratto termina nei nuclei del talamo e allaccia connessioni anche con la formazione reticolare del tronco dell’encefalo. Da queste ultime dipendono le influenze del dolore sui centri del sistema respiratorio e circolatorio. Dal talamo originano fibre che raggiungono la corteccia celebrare (corteccia somato-sensitiva), da qui avviene il riconoscimento della sede d’origine del dolore e dipartono connessioni con il sistema limbico nel quale si ha l’elaborazione della componente affettiva-emozionale del dolore (Henke e Erhardt, 2006).

Il substrato anatomico del dolore è costituito da nocicettori cutanei e viscerali (innervati da fibre Aδ e C) e neuroni del midollo spinale, che trasmettono l’input periferico a strutture sopraspinali come il sistema cerebrale, il talamo, la corteccia e il sistema limbico e lo passano ai neuroni motori che mediano i riflessi di ritiro, o a neuroni efferenti autonomi che modificano l'attività cardiovascolare e respiratoria

(Bromm e Lorenz, 1998; Willis, 2007).

La percezione del dolore o nocicezione coinvolge 4 processi fisiologici primari: trasduzione, trasmissione, modulazione e percezione. Gli stimoli nocivi sono trasdotti in impulsi elettrici dai recettori periferici del dolore e successivamente trasmessi in tutto il sistema nervoso sensitivo. Questi impulsi elettrici vengono modulati da una varietà di sistemi endogeni (oppioidi, serotoninergici, colinergici, noradrenergici) nel corno dorsale del midollo spinale prima di essere trasmessi al

(8)

3 cervello dove hanno origine le risposte emozionali, comportamentali e fisiologiche. Diversi farmaci e tecniche di somministrazione del farmaco sono usati per inibire questi processi.

I nocicettori primari afferenti terminano principalmente nel corno dorsale su diverse classi di neuroni che possono trasmettere o modulare segnali nocicettivi. I neuroni specifici nocicettivi preferiscono rispondere a stimoli nocivi, mentre i neuroni di vasta gamma rispondono ad un range di stimoli. La terza classe di neuroni comprende inter-neuroni eccitatori e inibitori (Siddal e Cousins, 1997).

Una volta trasdotti, gli impulsi elettrici sono trasmessi ai terminali di fibre C nel corno dorsale dove i neuropeptidi eccitatori (tachichinine) SP, neurochinina A (NKA), CGRP e il glutammato sono rilasciati per attivare i recettori post sinaptici per le tachichinine (NK1, NK2), CGRP e glutammato (N-metil-D-aspartato: NMDA;

acido ammino-idrossimetil-isoxazolonepropionico: AMPA; kainato: KA) (Muir,

2005).

L’aumento cumulativo del numero di impulsi elettrici prodotto nelle cellule del corno dorsale e nei grossi motoneuroni del corno ventrale in risposta all'aumentata frequenza di stimolazione della fibra C risulta in un aumento dell’eccitabilità dei neuroni della corda spinale e wind-up del SNC (Woolf e Chong 1993).

Il wind-up si traduce in sensibilizzazione centrale, iperalgesia e allodinia. Le attuali conoscenze suggeriscono che l'attivazione dei recettori NMDA, che facilita l'ingresso di calcio nelle cellule, è integralmente coinvolto nel fenomeno wind-up e nello sviluppo di sensibilizzazione centrale e iperalgesia (Muir, 2005).

La sensibilizzazione centrale è uno stato di maggiore reattività del corno dorsale del midollo spinale, in combinazione con una riduzione della trasmissione inibitoria a causa di una ridotta attività inibitoria per perdita di interneuroni inibitori, che possono produrre un aumento persistente della sensibilità al dolore (Woolf, 2007). Questo stato di sensibilizzazione può avere un impatto sulla gravità del dolore e porterà a stati di dolore cronici più lunghi e più intensi che sono più difficili da curare (Curatolo et al., 2006).

Il talamo riceve solo una piccola frazione degli input sensoriali che entrano nel corno dorsale del midollo spinale e trasmette queste informazioni alla corteccia. La

(9)

4 maggior parte degli input non riesce a evocare un potenziale di azione e può essere in alternativa coinvolta nell'elaborazione locale, nella raffinazione, nella modulazione e nel controllo del trasferimento sensoriale. I terminali centrali dei nocicettori contengono recettori presinaptici che possono alterare il rilascio del trasmettitore. L'inibizione postsinaptica viene effettuata da un potenziale inibitorio iperpolarizzante evocato nei neuroni del corno dorsale mediante apertura di canali del potassio o del cloro (Loon, 2012).

Lo stimolo nocicettivo non deve provenire necessariamente dall’esterno, ma anche sostanze prodotte dall’organismo stesso possono provocare dolore (ad es. mediatori dell’infiammazione) (Henke e Erhardt, 2006).

I mediatori chimici del dolore e dell’infiammazione includono istamina, serotonina, bradichinina, leucotrieni, prostaglandine (E2), interleuchine (IL-1, IL-6), peptidi

neutrofilo-chemiotattici, fattore di crescita nervoso (NGF) e neuro-peptidi compresa la sostanza P (Levine et al., 1993; Woolf e Chong, 1993).

Queste sostanze aumentano l’eccitabilità dei nervi sensoriali e l’attività delle fibre nervose simpatiche post gangliari che porta a sensibilizzazione periferica, iperalgesia e allodinia. L'infiammazione aumenta la sensibilità di terminali periferici di fibre A-δ e C, stimola alcune fibre A-β ad esprimere la sostanza P e stimola la sintesi e il rilascio del fattore di crescita nervoso (NGF) un peptide che aumenta la sintesi di SP e calcitonina gene-related peptide (CGRP). Questo stimola quindi il rilascio di istamina e leucotrieni ed è associato con lo sviluppo di ipereccitabilità sensoriale e iperalgesia. Il risultato netto di queste risposte è lo sviluppo di diversi ma interconnessi cicli di feedback positivo, che migliorano la sensibilità neurale e intensificano la risposta al dolore (Muir, 2005).

- Iperalgesia: aumento della risposta (ipersensibilità) ad uno stimolo nocivo; sia nel sito di lesione (primario) che nella zona circostante il tessuto danneggiato (secondario).

- Iperestesia: aumentata sensibilità agli stimoli non nocivi. - Allodinia: dolore prodotto da stimoli non nocivi.

(10)

5

1.1.2 Classificazione del dolore (Muir, 2005)

Il dolore può essere acuto o cronico. Quando si verifica come una risposta normale e prevedibile al trauma (lesioni chimiche, termiche o meccaniche) o ad una malattia acuta, il dolore è considerato acuto. Inoltre, il dolore acuto è generalmente associato a una causa identificabile, si risolve dopo la rimozione della causa, risponde al trattamento e dura meno di 1-3 mesi (Barkin e Barkin, 2001).

Pertanto, il dolore acuto è definito come associato ad uno stimolo improvviso (ad esempio, incidente o chirurgia) (Wu e Raja, 2011) e generalmente se ne prevede la scomparsa nel momento in cui la ferita guarisce. Il dolore che non ha una causa chiara, o che dura più di 1-3 mesi dopo che la lesione iniziale è guarita, è considerato dolore cronico (Turk et al., 2011).

Il dolore cronico può essere ulteriormente suddiviso in dolore cronico nocicettivo, derivante da danni tissutali in corso, come nel caso del cancro o dell'osteoartrosi e in dolore cronico neuropatico, che è una forma anomala del dolore che continua a persistere molto tempo dopo la risoluzione dei danni tissutali o addirittura in assenza di malattia o lesioni causali (Wolkerstorfer et al., 2016).

Il dolore è considerato 'fisiologico' quando opera per proteggere il corpo dal pericolo del contatto con uno stimolo dannoso tissutale (Woolf e Chong 1993). Questo tipo di dolore è prodotto dalla stimolazione dei nocicettori innervati da fibre ad alta soglia A-δ (Gruppo III) e amieliniche C (Gruppo IV).

Il dolore 'clinico' (nocicettivo), al contrario, è prodotto da lesioni dei tessuti periferici o danni al sistema nervoso ed è classificato come dolore infiammatorio o neuropatico

(Woolf e Chong 1993).

Il dolore 'infiammatorio' è viscerale (torace e visceri addominali) o somatico (pelle, articolazioni, muscoli o periostio). Il dolore viscerale è scarsamente localizzato, rappresentato da crampi, crescente-decrescente e può essere riferito a localizzazioni cutanee lontane dal sito di lesione. Il dolore somatico, al contrario, è facilmente localizzato, la parte può essere semplicemente dolorante o il dolore può essere lancinante o pulsante e generalmente acuto. Il dolore somatico include il dolore cutaneo o incisionale dopo una operazione ed è spesso indicato come superficiale (pelle) o profondo (articolazioni, muscoli e periostio).

(11)

6 Il dolore 'neuropatico' si verifica come conseguenza diretta di danni ai nervi periferici o al midollo spinale, viene descritto come un bruciore, lancinante e intermittente, e spesso non risponde al trattamento.

Sia il dolore infiammatorio che quello neuropatico possono produrre allodinia, iperalgesia (primaria e secondaria) e sensibilizzazione del SNC e periferico agli stimoli esterni.

Infine il dolore 'idiopatico' è un dolore che persiste in assenza di un identificabile substrato organico. Il dolore idiopatico è spesso eccessivo e accentuato dall’attivazione del sistema nervoso simpatico a causa di stress emotivo (paura) o eccitazione.

(12)

7

1.2 Il dolore nel cavallo

La sperimentazione degli stati emotivi non è limitata ai livelli più alti della coscienza (come riscontrato nell'uomo e in alcune specie animali), ma è considerato comune a tutti i vertebrati (Flecknell, 2008).

I cavalli sperimentano il dolore in un modo simile a quello dell'uomo e mostrano risposte emotive, suggerendo che vi sia una componente emozionale nell'esperienza nocicettiva (McMillan, 1999; Taylor et al., 2002).

La comunicazione verbale viene usata per descrivere le emozioni umane, ma non è un requisito per l'emozione. Di conseguenza, la mancanza di comunicazione non implica un'assenza di emozioni (Paul-Murphy et al., 2004).

Per questi motivi, nel 1994 la IASP ha ritenuto necessario aggiungere alla sua definizione di dolore la cautela che "l'incapacità di comunicare non nega la possibilità che un individuo sperimenti dolore o sia in necessità di un adeguato trattamento antidolorifico ".

La definizione generale del dolore è stata modificata per gli animali come segue: "Il dolore animale è un'esperienza sensoriale ed emozionale avversa che rappresenta la consapevolezza dell'animale di un danno o una minaccia all'integrità dei suoi tessuti; cambia la fisiologia e il comportamento animale per ridurre o evitare danni, per ridurre la probabilità di recidiva e per promuovere il recupero" (Molony e Kent,

1997).

Il matematico e il filosofo francese René Descartes (1596-1650) negò agli animali la capacità di sentire dolore perché non avevano alcuna capacità di ragionamento con la sua celebre citazione "Il più grande di tutti i pregiudizi che abbiamo trattenuto dalla nostra infanzia è quello di credere che le bestie pensano" (Descartes, 1649).

Dopo di lui, molti altri filosofi hanno considerato questo problema. Il postulato di analogia sostiene che, in analogia con gli esseri umani e sulla base dell'anatomia omologa degli organi di percezione e di accoglienza degli esseri umani e degli animali vertebrati, dobbiamo riconoscere che gli animali sono in grado di provare dolore. Questo è stato formulato come: "il postulato di analogia implica che la presenza o l'assenza di coscienza negli animali non può essere direttamente

(13)

8 scientificamente dimostrata. Sulla base delle somiglianze tra gli esseri umani e gli animali nell'anatomia, nella fisiologia e nel comportamento si può ipotizzare che esistano anche somiglianze nella percezione soggettiva" (Verhoog e Wemelsfelder,

1988). Gli animali hanno chiaramente i componenti anatomici e fisiologici necessari

per la trasduzione, la trasmissione e la percezione del dolore (Livingston, 1994).

1.2.1 Riconoscimento del dolore nel cavallo (Driessen e Zarucco, 2007)

Il riconoscimento del dolore rimane un ostacolo fondamentale per fornire un'efficace terapia del dolore negli animali (Taylor et al, 2002).

Attualmente non esiste un golden standard per riconoscere e quindi quantificare la percezione del dolore negli animali e nessuna delle tecniche attualmente disponibili per la valutazione riconosce l'importanza della soggettività nel dolore (Murrel e

Johnson, 2006).

Tuttavia, il veterinario ippiatra si trova spesso costretto a formulare un giudizio sul fatto che un cavallo provi dolore, situazione molto diversa da quella di "auto-segnalazione" verbale utilizzata negli esseri umani.

Gli animali non possono comunicare verbalmente, perciò in medicina veterinaria il valutatore si affida più spesso all'interpretazione degli indici fisiologici e all'evoluzione delle caratteristiche del comportamento o della locomozione (Price et

al, 2003).

Nei cavalli, specialmente quando il dolore è acuto o grave, il dolore è comunemente associato a cambiamenti nel funzionamento del sistema nervoso autonomo, che porta all’aumento di frequenza cardiaca, tasso respiratorio e alcuni fattori biochimici o altro. Sebbene la registrazione di tali parametri sia relativamente semplice, oggettiva e minimamente invasiva o non invasiva, sono piuttosto poco specifici e spesso influenzati da altri fattori di accompagnamento quali ansia, eccitazione, stress, ipovolemia, shock, sepsi ed endotossemia (Holton et al., 1998; Taylor et al., 2002;

Pritchett et a.l, 2003).

Inoltre, gli anestetici, i sedativi e altri farmaci somministrati durante il periodo perioperatorio limitano la validità degli indici fisiologici come parametri indicanti il dolore (Taylor et al., 2002; Murrel e Johnson, 2006).

(14)

9 Gli studi in varie specie di piccoli animali, animali da laboratorio e animali da fattoria hanno dimostrato che la valutazione dei cambiamenti comportamentali è superiore e clinicamente più pratica rispetto al monitoraggio dei parametri fisiologici da soli per la valutazione del dolore negli animali (Roughan e Flecknell, 2001; Prive

et al., 2003; Haussler e Erb, 2006).

Se possibile, il comportamento dovrebbe essere osservato quando le persone non sono presenti (ad esempio tramite telecamera remota o vetro a senso unico). Molti animali cambiano il loro comportamento quando un osservatore umano li sta osservando; molto probabilmente questo è fatto per evitare di essere visti come una "preda" agli occhi di un possibile predatore (Lerche, 2009).

Sono stati identificati quattro tipi chiave di risposte comportamentali al dolore

(Molony et al., 2002):

1) risposte riflesse spinali o sovra-spinali volte a proteggere una parte o tutto il corpo da ulteriori ferite;

2) comportamenti che riducono al minimo il dolore e aiutano la guarigione, come stare sdraiato o riposare un arto;

3) comportamenti progettati per ottenere aiuto da altri animali o impedire ad un altro soggetto (umano o animale) di infliggere ulteriori dolori, come la vocalizzazione o la reclusione;

4) risposte che inducono una modifica comportamentale attraverso l'apprendimento, consentendo così all'animale di evitare il ripetersi dell'esperienza, come calciare, mordere, flettere gli arti o sfuggire quando si avvicina ad un altro animale o umano.

Nonostante il valore inequivocabile della valutazione comportamentale come strumento per diagnosticare e quantificare il dolore, è importante riconoscere non solo che la nostra attuale conoscenza dei comportamenti dolorosi nei cavalli è ancora limitata (Taylor et al., 2002; Price et al., 2003), ma anche che i comportamenti descritti possono essere influenzati da fattori quali temperamento (età, razza, sesso, fattori stress-dipendenti), natura del cavallo come animale preda e foraggiamento o attività connesse alla fame (Sellon et al., 2004).

(15)

10 Allo stesso modo la familiarità con il singolo paziente e le informazioni relative al comportamento normale dell'animale prima della malattia, trauma o intervento chirurgico, ottenute da proprietari, allevatori, cavalieri o altri groom sono spesso essenziali quando si utilizzano strumenti di valutazione comportamentale per la valutazione e il monitoraggio del dolore. Infatti, gli studi sugli animali da allevamento hanno indicato che i veterinari spesso valutano il dolore meno efficacemente del personale agricolo, che con il tempo sviluppa una maggiore familiarità con i singoli animali sotto la propria cura (Wilson, 2006).

Inoltre, non solo negli esseri umani ma anche negli animali, i cambiamenti comportamentali in risposta al dolore possono essere alterati dall'ospedalizzazione e da trattamenti che impediscono l’attività locomotoria (meccanici: bendaggi, fasciature o ingessature; o farmacologici: effetti residui o secondari di farmaci somministrati nel periodo peri-operatorio) (Zimmermann, 1986; Price et al., 2003). Price e colleghi (Price et al., 2003) sono stati tra i primi a sviluppare un sistema di punteggio per la valutazione oggettiva del dolore clinico in cavalli sottoposti a chirurgia ortopedica. I cavalli hanno trascorso notevolmente meno tempo a mangiare, sono stati più spesso posizionati verso la parte posteriore della loro stalla, hanno acquisito più frequentemente posture anormali della testa, orecchie orientate verso il lato ed hanno trascorso meno tempo sdraiati in posizione sternale. Rispetto al comportamento prima dell'intervento chirurgico i cavalli hanno trascorso anche molto meno tempo a esplorare e meno tempo in movimento.

Pritchett e colleghi (Pritchett et al., 2003) hanno registrato indicatori fisiologici (frequenze cardiache e respiratorie e livelli di cortisolo plasmatico) e comportamentali del dolore postoperatorio in cavalli sottoposti a laparotomia esplorativa (gruppo chirurgico) confrontando questi dati con due gruppi di controllo: cavalli sani non sottoposti a nessun intervento (gruppo di controllo) e cavalli sottoposti a risonanza magnetica in anestesia generale (gruppo di anestesia). È stata usata una complessa scala numerica del dolore per valutare i cavalli ogni volta che sono stati registrati i parametri fisiologici. Il gruppo chirurgico è stato caratterizzato non solo dalle frequenze cardiache e dalle concentrazioni plasmatiche di cortisolo significativamente più elevate, ma anche dalla dimostrazione significativamente più lunga di comportamenti dolorosi rispetto ai gruppi di controllo e anestesia.

(16)

11 La maggior parte degli studi sui cavalli indica che vi è una variazione significativa interindividuale nella proporzione del tempo trascorso a mostrare comportamenti specifici in risposta a dolore superficiale, muscolo-scheletrico o viscerale (Price et

al., 2002; Sellon et al., 2002; Price et al., 2003; Pritchett et al., 2003).

Tuttavia, individuare tali comportamenti nei singoli pazienti e poi determinare ripetutamente la frequenza del loro verificarsi in successive finestre di tempo mediante osservazione diretta o video sembra fornire un metodo sensibile e valido per monitorare il grado di dolore o disagio dei pazienti, nonché la loro risposta ad analgesici e ad altri trattamenti.

(17)

12

1.3 Trattamento farmacologico del dolore negli animali

Negli animali c'è ancora una certa riluttanza ad usare analgesici. Nei cavalli, i principali argomenti contro il trattamento farmacologico del dolore sono i seguenti

(Taylor, 2002):

1. Se si rimuove il dolore da una zona ferita è probabile che l’animale abuserà di quella parte e causerà ulteriori danni. Questo è un argomento scadente, sia per motivi umanitari che per motivi pratici perché un cavallo agitato per il dolore ad un arto fratturato può, al contrario, provocare più danni di un animale calmo e rilassato, con una buona analgesia ed un supporto degli arti. Inoltre cavalli che non mangiano a causa del dolore ritardano il loro recupero. Tuttavia, è importante riconoscere la differenza tra fornire sollievo dal dolore e rimuovere tutte le sensazioni dall'area interessata, come nel caso dell’utilizzo di anestetici locali.

2. I farmaci utilizzati possono avere effetti collaterali. Se, tuttavia, si anticipano tali problemi possono essere gestiti più facilmente di quanto tradizionalmente creduto.

3. L'analgesia può mascherare una condizione di malattia ingravescente. Tale considerazione è applicabile in determinate circostanze come, ad esempio, il trattamento di artriti settiche ed in alcuni tipi di colica. Nei cavalli, è possibile ridurre per un breve periodo la copertura analgesica per valutare il progresso della malattia. Se questa è una preoccupazione importante per un particolare paziente, si possono scegliere farmaci con una breve durata d'azione per consentire una valutazione più frequente.

4. Il trattamento analgesico è costoso e non è economicamente praticabile nei cavalli. Gli analgesici più comunemente usati nei cavalli, però, sono relativamente poco costosi, inoltre la maggior parte dei clienti è generalmente disposta a pagare per costi supplementari se possono essere certi che i loro animali staranno meglio.

(18)

13 Al giorno d’oggi, tuttavia, la società è sempre più attenta verso il benessere degli animali. Al centro della nuova etica è la consapevolezza che il dolore e la sofferenza incontrollati rappresentano probabilmente il maggior danno che può essere inflitto agli animali e quindi il controllo del dolore e della sofferenza in tutti gli ambiti di uso animale è un imperativo morale importante (Rollin, 2009).

Per un corretto approccio al trattamento del dolore, è indispensabile la comprensione dei meccanismi che sono alla base della nocicezione e di quelli che la modulano. Sulla base di tali meccanismi risulta, infatti, possibile individuare i principali siti di azione delle maggiori classi di farmaci utilizzati nella terapia antalgica nell’animale.

 A livello della trasduzione: farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), corticosteroidi, oppioidi e anestetici locali possono agire inibendo la sensibilizzazione periferica dei nocicettori.

 A livello della trasmissione: gli anestetici locali si rendono responsabili dell’inibizione della conduzione dell’impulso.

 A livello della modulazione delle vie spinali: FANS, anestetici locali, oppioidi, α2-agonisti, antagonisti del glutammato, antidepressivi e

anticonvulsivanti possono inibire la sensibilizzazione centrale.  A livello della percezione: oppioidi, α2-agonisti e antidepressivi.

I pazienti che presentano dolore causato da meccanismi multipli beneficiano di una terapia analgesica che utilizza 2 o più farmaci che hanno come target diversi recettori (terapia multimodale). Un ulteriore vantaggio è che la combinazione di diverse classi di analgesici provoca spesso sovra-additività o sinergia, consentendo riduzioni della dose e quindi anche degli effetti collaterali (Lerche, 2009).

(19)

14

1.3.1 Oppioidi

I farmaci oppioidi sono una classe di farmaci che si legano competitivamente ai recettori degli oppioidi nel sistema nervoso centrale attraverso tre interazioni differenti (Wright, 2002):

 attivazione completa del recettore (agonisti), con piena espressione della funzione recettoriale;

 legame parziale al recettore (agonisti paziali), con espressione parziale della funzione del recettore (o blocco parziale del recettore se è già attivo);

 completa antagonizzazione del recettore (antagonisti), con eliminazione completa della funzione recettoriale durante la durata d’ azione del farmaco.

Gli agonisti e gli agonisti parziali sono utili per produrre diversi gradi di analgesia. Gli oppioidi non modulano la conduzione del nervo, ma inibiscono la liberazione di neurotrasmettitori eccitatori a livello del cervello e del midollo spinale. Di conseguenza, gli oppioidi riducono il dolore dovuto ad uno stimolo, ma non cancellano lo stimolo e non interferiscono con la funzione motoria (Wright, 2002). In particolare, gli oppioidi producono analgesia interferendo con specifici recettori (μ, κ e δ), mimando gli effetti degli oppioidi endogeni (endorfine, encefaline e dinorfine). Questi recettori variano nei loro effetti farmacologici (sebbene tutti e tre producano analgesia) e nella loro distribuzione nell’organismo (Waldhoer et al.,

2004).

La qualità dell'analgesia varia, così come la severità degli effetti collaterali. In generale, i recettori μ e κ sono l'obiettivo primario dei farmaci attualmente disponibili nella pratica veterinaria. Gli agonisti del recettore μ forniscono analgesia più profonda in molte specie, ma sono generalmente accompagnati da effetti collaterali più pronunciati rispetto ai κ agonisti (Wright, 2002).

Gli effetti collaterali più comuni degli oppioidi sono bradicardia, sedazione, ritenzione urinaria, depressione respiratoria, stipsi, vomito, nausea, disforia occasionale ed eccitazione (Wright, 2002).

(20)

15 Gli oppioidi tendono ad interferire limitatamente con l’apparato cardiocircolatorio, e il loro impiego nella premedicazione consente una riduzione dei farmaci anestetici, spesso dotati di maggiori effetti depressivi sul sistema cardiovascolare (Pascoe,

2000).

1.3.1.1 Oppioidi nella specie equina

L’efficacia analgesica degli oppioidi nei cavalli rispetto ad altre specie è meno definita (Bennett e Steffey 2002).

Quasi tutti gli studi sperimentali e l'esperienza clinica dimostrano che una singola iniezione di dosi di oppioidi note per produrre analgesia o anti-nocicezione significativa possono causare eccitazione del SNC, che spesso si manifesta come attività locomotoria compulsiva (camminamento nel box) (Bennett e Steffey 2002;

Taylor, 2006; Wilson, 2006).

Per questo gli oppiacei sono comunemente somministrati in combinazione con potenti sedativi come fenotiazine (come parte di un protocollo neurolepto-analgesico) o, più spesso, con α2-agonisti per controllare l'eccitazione centrale

(Driessen, 2007).

Esiste, tuttavia, una nozione comune tra molti clinici, secondo la quale i fenomeni eccitatori degli oppiacei sono molto meno marcati o addirittura assenti nei cavalli affetti da gravi forme di dolore muscolo-scheletrico o viscerale (Schatzmann e

Spadavecchia, 2004).

La combinazione di α2-agonisti con oppioidi produce un'eccellente analgesia clinica nei cavalli. La combinazione di morfina con xilazina, per esempio, produce eccellente sedazione e potente analgesia, permettendo la maggior parte delle procedure mediche e di chirurgia minore, senza la necessità di somministrazione successiva di un anestetico iniettabile o inalatorio (Muir et al., 1979).

Un altro effetto collaterale comunemente associato all'uso di oppioidi nei cavalli, soprattutto se somministrati ripetutamente o in continuo, è un aumento del rischio di sviluppo di ileo, a causa della depressione complessiva prolungata della motilità intestinale, che può portare a colica (Bennett e Steffey, 2002).

(21)

16 Questo effetto avverso è stato osservato sia in condizioni sperimentali che cliniche, ed ha determinato limitazione dell'uso a lungo termine degli oppioidi nella pratica clinica (Driessen, 2007).

Gli oppioidi utilizzati nella pratica clinica nel cavallo sono:

 butorfanolo: è un agonista del recettore κ e antagonista del recettore μ; è probabilmente l'oppiaceo più diffuso nei cavalli sia per il trattamento del dolore che per la sedazione in combinazione con α2-agonisti. Tuttavia, l'emivita breve del farmaco limita il suo utilizzo come analgesico al periodo perioperatorio. Come tutti gli oppioidi anche il butorfanolo determina riduzione della motilità intestinale (Driessen, 2007);

 fentanyl: è un potente agonista sintetico dei recettori μ, ma ha breve durata. Viene utilizzato in medicina umana e nei piccoli animali per il trattamento del dolore da moderato a grave (Driessen, 2007). Sistemi di somministrazione continua transdermica sono stati testati sia nei cavalli sani (Maxwell et al.,

2003; Orsini et al., 2006), sia in quelli con dolore (Wegner et al., 2002; Thomasy et al., 2004) ed è stato dimostrato che il posizionamento di patch di

fentanyl determina una rapida assunzione ed il raggiungimento di concentrazioni plasmatiche efficaci, senza provocare notevoli effetti negativi. Tuttavia, come dimostra una dettagliata analisi farmacocinetica, nei cavalli vi sono notevoli variazioni interindividuali (Orsini et al, 2006);

 buprenorfina: è un agonista μ e antagonista κ. Studi hanno dimostrato una notevole eccitazione ed una stimolazione emodinamica, che limiterebbe notevolmente il suo utilizzo nella pratica clinica equina come unico analgesico (Carregaro, 2005). Può essere usato in combinazione con detomidina (van Dijk et al., 2003).

I molti inconvenienti associati alla terapia a lungo termine con oppioidi (effetti avversi, tolleranza, dipendenza e limiti imposti sul loro utilizzo) hanno spinto lo sviluppo di terapie non-oppioidi (Martin e Eisenach, 2001).

(22)

17

1.3.2 Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS)

Estratti di piante contenenti salicilati sono state utilizzate per trattare l'infiammazione per migliaia di anni. La sintesi dell'acido acetilsalicilico (ASA, aspirina), il primo FANS, più di 100 anni fa ha portato all'uso diffuso di questo farmaco nel trattamento del dolore e dell'infiammazione e da quel momento sono stati commercializzati più di 20 altri FANS (Wolkerstorfer et al., 2016).

I FANS rappresentano un gruppo diversificato di composti chimici che sono attualmente i farmaci analgesici più diffusi nella pratica veterinaria animale per il dolore acuto o cronico (Muir, 2009). I FANS attualmente disponibili sono indicati per il trattamento del dolore da lieve a moderatamente grave (Driessen, 2007). Tutti i FANS condividono gli stessi effetti antipiretici, antiinfiammatori e analgesici e sono paragonabili nell'efficacia, ma condividono anche gli stessi effetti collaterali (ulcere gastrointestinali, disfunzione renale, alterazione dell’emostasi derivante da inibizione delle piastrine), sebbene l’importanza degli effetti avversi vari significativamente da un FANS a un altro (Wolkerstorfer et al., 2016).

I FANS determinano inibizione degli enzimi ciclossigenasi (COX-1 e COX-2), impedendo così la biosintesi di prostaglandine proinfiammatorie (PG) a partire dall'acido arachidonico. Le PG sono mediatori lipidici endogeni che contribuiscono al dolore e all'infiammazione. Tuttavia, servono anche a proteggere la mucosa gastrica e mantenere la funzionalità renale. L'inibizione delle PG, quindi, è sottesa alle tossicità gastrointestinali e renali di questi composti (Wolkerstorfer et al., 2016). Le prostaglandine si formano attraverso l'azione della ciclossigenasi (COX) che esiste in due "isoforme" (COX-1 e COX-2). Le prostaglandine formate da COX-1 "costitutiva" regolano la produzione di muco gastrico citoprotettivo e controllano il flusso sanguigno renale, oltre ad altre funzioni. Le prostaglandine formate da COX-2 "inducibili" sono generate da cellule immunitarie e tissutali in presenza di infiammazione (Driessen, 2007).

L'inibizione di COX-1 è ritenuta responsabile della maggior parte delle tossicità acute e croniche dei FANS, in particolare delle ulcere gastrointestinali. La COX-2 è l'enzima principale responsabile della sovrapproduzione di PG a seguito di lesioni o infezioni acute (Muir, 2009).

(23)

18 Per la sicurezza e l'efficacia analgesica, sono preferibili farmaci che bloccano preferibilmente il recettore COX-2. Questi farmaci includono meloxicam, carprofen ed etodolac (Wright, 2002).

La maggior parte dei FANS attualmente disponibili inibiscono entrambi gli isoenzimi COX-1 e COX-2, sebbene alcuni siano relativamente COX-2 selettivi o specifici. La recente disponibilità di FANS altamente COX-2 selettivi offre la possibilità di migliorare gli effetti analgesici e antinfiammatori, con minima interferenza sulla fisiologia gastrointestinale e renale, anche se questo non è stato accertato dai dati clinici (Muir, 2009).

1.3.2.1 FANS nella specie equina

I FANS sono tra i farmaci più comunemente prescritti nella specie equina. Il dolore muscolo-scheletrico e le infiammazioni sono le indicazioni più comuni per la somministrazione cronica di FANS. Con poche eccezioni, la maggior parte dei FANS utilizzati nella pratica equina sono non selettivi, vale a dire inibiscono sia COX-1 che COX-2. L'inibizione di COX-1 è considerata come causa principale degli effetti avversi associati all'uso prolungato di FANS, quali ulcerazione gastrointestinale, emorragie, coagulopatie e nefropatie. Al contrario, l'inibizione di COX-2 è ritenuta responsabile soprattutto delle azioni antinfiammatorie di questi agenti (Driessen, 2007).

 L’acido acetil-salicilico è il FANS conosciuto da più tempo in medicina veterinaria ed esplica il proprio effetto tramite l’inibizione sia della COX-1 che della COX-2 (Lees et al., 1987). Nonostante la sua rapida clearance l’acido acetil-salicilico è un buon antitrombotico ed anche a bassi dosaggi può determinare un prolungamento significativo del tempo di sanguinamento dose-dipendente (Cambridge et al., 1991). Questo farmaco è somministrato nel cavallo anche per la sua attività analgesica ed antinfiammatoria, ma a causa del tempo di emivita relativamente breve il suo impiego è molto raro nella pratica clinica (Tobin, 1979). Il maggiore utilizzo risulta pertanto essere quello della terapia antitrombotica a bassi dosaggi, ad esempio nel trattamento di patologie quali laminite e CID.

(24)

19  Il fenilbutazone è il FANS più utilizzato in assoluto nella specie equina per il trattamento di molte patologie dell’apparato muscolo-scheletrico, può essere utile anche nel trattamento di fenomeni dolorifici acuti come la colica. L’efficacia terapeutica di questo principio attivo supera le 24 ore grazie al legame irreversibile con le COX ed alla sua lenta eliminazione dai tessuti infiammati (Tobin et al., 1986). Per questo motivo dosaggi elevati o somministrazioni ravvicinate sfociano frequentemente in un incremento sproporzionato delle concentrazioni plasmatiche del farmaco che possono provocare reazioni di tossicità. Il fenilbutazone, infatti, ha un indice terapeutico ridotto nel cavallo. Se la dose somministrata è superiore a quella raccomandata dal produttore, possono essere prodotti effetti tossici, soprattutto se la somministrazione ad alte dosi viene mantenuta per più di un paio di giorni. Segni di tossicità includono anoressia, depressione, ulcere orali e gastrointestinali, riduzione delle proteine plasmatiche legata ad enteropatia proteino-disperfente e morte da shock. Altri effetti collaterali includono la neutropenia tossica, l'epatotossicità e la necrosi papillare renale. Quest'ultima può verificarsi se l'accesso all'acqua è limitato (Tobin et al., 1986). La necrosi delle papille renali è una delle complicazioni più frequenti, dovuta sia all’inibizione da parte del farmaco delle PG che regolano il flusso ematico renale, che alla diretta tossicità del fenilbutazone e dei suoi metaboliti (Read

et al., 1983). Se la somministrazione di fenilbutazone viene interrotta nelle

prime fasi della tossicità, la prognosi è buona. La sospensione ritardata è associata a recupero ritardato. Questa tossicità può essere antagonizzata mediante somministrazione di prostaglandine (Tobin et al., 1986).

 L’acido meclofenamico è utilizzato nel trattamento di patologie dell’apparato muscoloscheletrico del cavallo. Non accumulandosi nei tessuti, trova applicazione nella pratica clinica per il trattamento di fenomeni infiammatori di tipo cronico (Conner et al., 1973). È stata evidenziata una particolare efficacia di questo farmaco nel trattamento della laminite sia acuta che cronica, tuttavia la sua maggiore validità rispetto agli altri FANS, nel trattamento di questa patologia, non è ad oggi ancora confermata da sufficienti studi (Lees e Higgins, 1985).

(25)

20  Il flunixin meglumine è comunemente utilizzato come analgesico per il trattamento del dolore acuto che, nel cavallo, è frequentemente causato da coliche, coliti, endotossiemia, malattie respiratorie, chirurgie generali, laminite (Lees e Higgins, 1985). Il suo meccanismo d’azione è basato sull'inibizione delle COX e sulla diminuzione della produzione di prostaglandine e trombossano (Semrad et al., 1993). Non produce veramente analgesia ma inibisce l'iperalgesia associata alla sensibilizzazione dei nervi afferenti periferici mediata dalle prostaglandine. La sua efficacia si dimostra ottima nel trattamento del dolore acuto viscerale con attività del tutto sovrapponibile a quella degli oppioidi, rispetto ai quali è comunemente preferito nella pratica clinica poiché presenta un numero ridotto di controindicazioni come eccitazione del SNC ed ileo paralitico da diminuita motilità intestinale, tipicamente presenti invece nel trattamento con oppioidi

(Boothe, 1995). Rispetto ad altri FANS è considerato il più efficace nel

trattamento del dolore viscerale (Clark e Clark, 1999), per prevenire i segni clinici di endotossemia (Shuster et al., 1997) e per il trattamento di patologie oculari (Brooks, 1998). Occorre però prestare particolare attenzione nel suo utilizzo durante il trattamento delle coliche chirurgiche in quanto un dosaggio elevato del farmaco può mascherare la sintomatologia dolorifica e portare ad un’errata diagnosi, anche perché la durata d’azione si prolunga fino a 36 ore

(Lees e Higgins, 1985). Il flunixin meglumine è considerato nel cavallo un

FANS migliore e con indice terapeutico più ampio rispetto al fenilbutazione, ma se somministrato a dosaggi troppo elevati, può causare la comparsa di ulcere gastriche (MacAllister et al., 1993).

 Il ketoprofene è un FANS con maggior sicurezza rispetto a fenilbutazone e flunixin-meglumine (MacAllister et al., 1993). Può causare la comparsa di ulcere gastrointestinali ma questa evenienza è piuttosto rara se il farmaco è somministrato alla dose terapeutica consigliata.

 Il carprofen, ampiamente usato nei piccoli animali per la sua preferenziale attività COX-2, sembra mancare di una significativa selettività nel cavallo

(Brideau et al., 2001; Beretta et al., 2005). Anche se il suo meccanismo

d’azione nel cavallo non è stato ancora completamente chiarito, probabilmente include anche meccanismi indipendenti da COX. Il carprofen

(26)

21 esercita solo una minima inibizione delle COX, ma tende ad accumularsi nei tessuti infiammati e negli essudati, rendendolo ancora un valido candidato alla terapia del dolore. Inoltre evidenze sperimentali dimostrano che può avere effetti potenzialmente positivi sul metabolismo dei proteoglicani dei condrociti equini, proteggendo la cartilagine articolare dal danno infiammatorio. Questo crea una nicchia terapeutica distinta per questo farmaco nel trattamento dell'osteoartrosi (Goodrich e Nixon, 2006).

 Il meloxicam è molto più selettivo per COX-2 rispetto a flunixin meglumine o fenilbutazone, anche nel cavallo (Beretta et al., 2005), quindi assicura di avere una farmacodinamica (compresi gli effetti collaterali) ed un profilo farmacocinetico superiore alla maggior parte, se non a tutti, gli altri FANS attualmente disponibili.

 L’etodolac è un altro farmaco con azione preferenziale di inibitore COX-2 che recentemente sta attirando sempre più l’attenzione in campo equino. È un farmaco autorizzato per il trattamento dell'osteoartrosi nell’uomo e nel cane ed è stato sottoposto a test in alcune ricerche preliminari sul cavallo alla ricerca di un agente non steroideo con effetti collaterali minori, in particolare gastrointestinali (Zimmel, 2003), in cavalli con sintomatologia colica, classicamente trattati con flunixin meglumine. L’etodolac sembra avere anche un potente effetto analgesico muscolo-scheletrico. Etodolac è stato utilizzato clinicamente in cavalli che avevano dimostrato tossicità gastrointestinale precedente ad altri FANS, come fenilbutazone e flunixin meglumine, senza alcuna tossicità riscontrata (Davis et al., 2007), quindi l'uso terapeutico di etodolac rispetto ad altri FANS può essere vantaggioso.

1.3.3 Corticosteroidi

Numerose malattie di tipo infiammatorio rispondono alla terapia corticosteroidea. I corticosteroidi producono analgesia determinando effetti antinfiammatori in maniera simile ai FANS. Essi bloccano sia le ciclossigenasi che le lipossigenasi, agendo sulla fosfolipasi A2, inibendo così il rilascio dell’acido arachidonico dalle membrane

cellulari. All’impiego di questi farmaci, soprattutto se in associazione con i FANS, è particolarmente collegato il rischio di ulcere gastrointestinali, laminite, nonché di

(27)

22 altri effetti collaterali sistemici. Pertanto il grado di utilità di questi farmaci differisce considerevolmente nelle differenti malattie e la loro tossicità se somministrati cronicamente ne limita l’impiego (Furst et al., 2011).

1.3.4 α2-agonisti

I recettori α-adrenergici sono localizzati in varie aree del midollo spinale e del tronco encefalico coinvolte nell’analgesia. I farmaci α2-agonisti (es. xilazina, detomidina, medetomidina) se somministrati per via sistemica, determinano analgesia e sedazione, ma si rendono anche responsabili di effetti collaterali molto pronunciati soprattutto a carico dell’apparato cardiovascolare, rappresentati inizialmente da ipertensione, e in un secondo momento da ipotensione (soprattutto con xilazina), e da una pronunciata diminuzione della frequenza e della gittata cardiaca, secondari alla riduzione a livello centrale del rilascio di noradrenalina e quindi dell’attività del sistema simpatico. Questi farmaci possono anche causare depressione respiratoria, emesi e aumento della produzione di urina. Per tali ragioni gli α2-agonisti non rappresentano molecole di prima scelta nell’analgesia, sebbene recentemente siano state sviluppate varie tecniche per ottimizzarne gli effetti analgesici riducendo quelli collaterali. Basse dosi di medetomidina infatti provocano analgesia con minimi effetti cardiovascolari. Allo stesso modo la somministrazione epidurale (tale tecnica sta diventando sempre più popolare sia nei grandi che nei piccoli animali) ed intratecale danno luogo ad analgesia con ridotta incidenza di effetti indesiderati

(Perkowski e Wetmore, 2006).

Sono disponibili farmaci antagonisti in grado di interrompere l’azione degli α2-agonisti: atipamezolo e yoimbina. Questi, però, devono anche essere utilizzati con cautela nei pazienti compromessi, poiché anch’essi determinano cambiamenti cardiovascolari, come l'aumento della resistenza periferica e aritmie. L'effetto analgesico viene interrotto dagli antagonisti così come gli effetti indesiderati, quindi dovrebbe essere stabilita un'analgesia adeguata con un altro metodo prima dell'inversione (Wright, 2002).

(28)

23

1.3.4.1 α2-agonisti nella specie equina (Driessen, 2007)

Gli α2-agonisti sono tra gli analgesici più comunemente usati nella pratica equina.

Quelli attualmente autorizzati per l'uso nei cavalli sono xilazina, detomidina e romifidina. Inoltre, la medetomidina approvata per l’uso nel cane è stata utilizzata off-label nei cavalli.

Tutti gli α2-agonisti producono una significativa diminuzione della gittata cardiaca,

un aumento iniziale seguito da una riduzione della pressione arteriosa, bradicardia, riduzione dello svuotamento gastrico e della motilità intestinale.

1.3.5 Anticonvulsionanti

Farmaci antiepilettici sono stati utilizzati con successo per trattare la neuralgia trigeminale, la neuralgia post-herpetica e altre condizioni di dolore neuropatico, in cui il flusso di messaggi verso e dal cervello è disturbato. I farmaci anticonvulsionanti stabilizzano le membrane neuronali. Essi agiscono direttamente sui canali ionici, con conseguente depolarizzazione e attivano i canali del cloro GABA-dipendenti, aumentando la frequenza dell’apertura del canale del Cl- ed evocando l’iperpolarizzazione del neurone. Possono avere azioni multiple che forniscono benefici clinici nel trattamento dei pazienti con dolore neuropatico

(Wolkerstorfer, 2016).

Farmaci appartenenti a questa classe e recentemente usati come adiuvanti nelle terapie antidolorifiche in medicina veterinaria sono: carbamazepina e gabapentin, studiati in sperimentazioni cliniche randomizzate per il sollievo del dolore nei disturbi a livello neuropatico. La carbamazeprina blocca la conduttanza ionica sopprimendo l'attività delle fibre Aδ e C senza alterare la normale conduzione nel nervo (Fox, 2010). Tuttavia, la carbamazeprina non è di ampio utilizzo in medicina umana a causa degli effetti collaterali, dell’interazioni con altri farmaci metabolizzati dal fegato e per l’irregolare sollievo dal dolore.

Il gabapentin è paragonabile agli antidepressivi triciclici per l’utilizzo nel dolore neuropatico, ed è attualmente utilizzato per il dolore cronico umano. Nella pratica clinica veterinaria il gabapentin riduce il dolore in cani e gatti con un’esperienza

(29)

24 refrattaria di dolore neuropatico secondario a patologie dei dischi intervertebrali cervicali e toraco-lombari o a trauma pelvico (Mathews, 2008).

1.3.5.1 Anticonvulsionanti nella specie equina (Driessen, 2007)

Il gabapentin ha recentemente ricevuto un certo interesse come analgesico aggiuntivo nei cavalli con dolore intrattabile (ad esempio, laminite), non o solo parzialmente reattivo alle terapie del dolore convenzionali. Il meccanismo esatto della sua azione anticonvulsivante è sconosciuto, ma c'è la prova che il gabapentin provoca un aumento del rilascio di acido gamma-aminobutirico (GABA) senza interagire direttamente con i recettori GABA e anche un blocco di un sottotipo di canali del calcio nei neuroni. Il blocco dei canali del calcio nei neuroni afferenti primari ed eventualmente altri neuroni centrali, che portano a diminuita liberazione di neurotrasmettitori nocicettivi da parte dei neuroni sensoriali, sembra essere un meccanismo chiave alla base dell'azione analgesica (Ripamonti e Dickerson, 2001;

Sarantopoulos et al., 2002).

Il gabapentin possiede anche proprietà antiperalgesiche e antiallodiniche in una vasta gamma di modelli animali ed è risultato efficace contro il dolore neuropatico e postoperatorio (Ripamonti e Dickerson, 2001; Dahl et al., 2004).

La confusione, la sonnolenza e la vertigine sono eventi avversi frequentemente sperimentati dai pazienti, che limitano in qualche misura la sua utilità per il trattamento a lungo termine (Ripamonti e Dickerson, 2001).

Attualmente non sono riportati dati farmacocinetici o terapeutici per il gabapentin nel cavallo, ma il farmaco viene comunque utilizzato in cavalli sportivi, come dimostrano i risultati positivi in campioni di sangue raccolti in corso di controlli antidoping (Higgins, 2006). In questa fase non si può ancora raccomandare il gabapentin per l'uso nei cavalli.

1.3.6 Antidepressivi

Gli antidepressivi sono utilizzati per la terapia del dolore neuropatico continuo e del dolore associato a spasmi viscerali. In particolar modo, gli antidepressivi inibiscono

(30)

25 il reupetake della noradrenalina (NA) e della serotonina (5-TH) a livello del sistema nervoso centrale, e di conseguenza si ha un aumento dell’attivazione delle vie discendenti della modulazione del dolore; un altro meccanismo è quello di inibire i canali della NA che bloccano la generazione di impulsi e agiscono anche come antagonisti dei recettori N metil-D-apartato. Gli antidepressivi sono stati i primi ad essere studiati per la loro evidenza-base nel trattamento del dolore neuropatico mostrando sollievo dal dolore e dalla depressione (Fox, 2010).

L’amitriptilina è conosciuta come un inibitore della ricaptazione delle catecolamine, ma esercita anche una forte azione anestetica locale e allevia il dolore neuropatico sopprimendo le scariche eptotiche (Coull et al., 2003). I nuovi antidepressivi non triciclici, come SSRI, antidepressivi che alterano sia la neurotrasmissione noradrenergica che quella serotoinergica e antidepressivi NA-selettivi, hanno uso preferenziale nella medicina umana, a causa di una migliore tollerabilità, tuttavia la loro efficacia nell’alleviare il dolore neuropatico non è ancora dimostrata totalmente

(Fox, 2010).

1.3.7 Antagonisti del recettore N-metil-D-aspartato

Il recettore dell’N-metil-D-aspartato (NMDA), principale responsabile dei fenomeni di wind-up e del conseguente sviluppo di iperalgesia, fa parte della classe di recettori inotropi del glutammato. Questa classe di recettori (attivatori de canali ionici) è suddivisa in tre sottotipi differenti quali il kainato (KA) distribuito prevalentemente a livello dell’ippocampo, cervelletto e midollo spinale; l’α-ammino-3-idrossi-5-metilisossazolo-4-propionato (AMPA) e NMDA, entrambi distribuiti in modo omogeneo a livello del SCN (Katzung et al., 2011).

Il recettore NMDA è costituito da un canale ionico Na+/Ca2+ sottoposto ad un blocco

Mg2+ voltaggio-dipendente (Mayer et al., 1984).

I recettori NMDA sono coinvolti anche nell'induzione di sensibilizzazione centrale e potenziamento a lungo termine, promuovendo lo sviluppo del dolore cronico (Rison

e Stanton, 1995).

Gli antagonisti del recettore NMDA possono agire direttamente o indirettamente su diversi siti del complesso recettoriale. Il blocco diretto del recettore NMDA è

(31)

26 maggiormente realizzato mediante l'utilizzo di sostanze che agiscono sul sito di legame per il glutammato (agonisti competitivi) e in misura minore sui diversi siti di legame (antagonisti non competitivi). Il blocco indiretto del recettore NMDA invece si realizza maggiormente con l’uso di farmaci che agiscono modulando il sito redox del recettore stesso o attraverso un'azione sulla proteina chinasi C, che influenza il blocco del canale del Mg2+ del recettore (McBain e Mayer, 1994).

Farmaci antagonisti del recettore NMDA più comunemente utilizzati in medicina veterinaria sono la ketamina, l’amantadina e il dextrometorfano. La ketamina, antagonista non competitivo del recettore NMDA (Thomson et al., 1985), è un anestetico dissociativo. Recentemente si è diffuso il suo impiego a dosi sub-anestetiche nel trattamento del dolore.

L’amantadina, anche se appartenente alla classe degli antivirali, per le sue caratteristiche di antagonista non competitivo dei recettori NMDA (Korenhuber et

al., 1995) è stata recentemente introdotta per la gestione del dolore cronico negli

animali.

Infine, il dextrometorfano è un antagonista orale del recettore NMDA e viene raccomandato per la gestione del dolore neuropatico. Purtroppo, nei cani questo farmaco non viene assorbito se somministrato per via orale, e per questo motivo non è raccomandato in questa specie animale (Mathews, 2008).

1.3.7.1 Antagonisti del recettore NMDA nella specie equina (Driessen, 2007)

La ketamina è pensata per inibire le azioni del glutammato, il principale neurotrasmettitore di aminoacidi eccitatori nel cervello dei mammiferi. Il Glutammato esercita i suoi effetti eccitatori attraverso l'attivazione del complesso di canali ionici noti come recettore inotropico dell’N-metil-D-aspartato (NMDA), che sembra svolgere un ruolo cruciale nella nocicezione spinale e cerebrale, nonché nella plasticità sinaptica e lo sviluppo neuronale (Hocking e Cousins, 2003).

I dati che supportano l'efficacia analgesica di un'infusione continua di ketamina a bassa dose nel cavallo sono limitati. Matthews e collaboratori (Matthews et al., 2004) hanno condotto studi sulla somministrazione di ketamina in infusione continua nel cavallo in cerca di possibili effetti analgesici ed i risultati mostrano che le risposte

(32)

27 variano a seconda della condizione patologica trattata. Quando somministrata epiduralmente in cavalli in condizioni sperimentali, la ketamina ha prodotto una buona analgesia e impedito l'iperalgesia (Redua et al., 2002).

1.3.8 Anestetici locali

Gli anestetici locali funzionano bloccando la trasmissione del nervo tramite blocco del flusso di sodio attraverso i canali Na+ voltaggio-dipendenti. Questi farmaci, dunque, non limitano solo la trasmissione del dolore, come tutti i farmaci precedentemente citati, ma eliminano completamente lo stimolo del dolore prima che raggiunga la colonna vertebrale. Questo può essere un aspetto estremamente utile della terapia analgesica multimodale perché la sensibilizzazione del dolore può essere bloccata prima che inizi. Tradizionalmente, i veterinari hanno considerato tecniche locali come sostituti dell'anestesia generale e il concetto di utilizzare tecniche locali oltre all'anestesia generale per le procedure chirurgiche è un concetto di riesame che fornisce analgesia multimodale a basso costo (Wright, 2002).

Gli anestetici locali vengono più spesso somministrati in siti specifici (topici, locali) o sui nervi (regionali) per produrre analgesia. Quando vengono usati per via topica, mediante infiltrazione locale o tramite blocco nervoso regionale, bloccano la trasduzione e la trasmissione dei segnali afferenti primari. Essi possono essere somministrati anche per via epidurale o intratecale allo scopo di fermare la trasmissione dello stimolo nocicettivo dalle corna dorsali del midollo spinale ai centri superiori, e per via intraperitoneale, allo scopo di ridurre stati infiammatori e quindi algici di diversa natura (es. pancreatite) (Perkowski e Wetmore, 2006).

Gli anestetici locali più utilizzati per produrre anestesia locale sono la lidocaina e la bupivacaina. Recentemente, in medicina veterinaria, oltre ad un utilizzo topico, è stato introdotto l'uso della lidocaina come analgesico sistemico: è stato infatti dimostrato che la sua somministrazione in infusione endovenosa continua durante un intervento chirurgico ha azione adiuvante l’anestesia generale, consentendo una riduzione dei dosaggi dell'anestetico (Fox, 2010). Effetti tossici cardiovascolari (es. aritmie e depressione cardiaca) e neurologici (es. convulsioni) possono manifestarsi anche a dosi prossime a quelle terapeutiche.

(33)

28

1.3.8.1 Anestetici locali nella specie equina

La lidocaina somministrata per via sistemica ha recentemente guadagnato popolarità nella pratica veterinaria equina come farmaco anestetico-risparmio e per il suo effetto analgesico, procinetico e antinfiammatorio nel periodo perioperatorio (Malone e

Graham, 2002; Doherty e Frazier, 1998; Brianceau et al., 2002; Dzikiti et al., 2003; Driessen, 2005; Murrell et al., 2005; Malone et al., 2006; Robertson et al., 2005).

Clinicamente, sembra che la lidocaina intravenosa sia spesso utile, in particolare per il trattamento del dolore gastrointestinale, anche se le risposte al trattamento farmacologico sono variabili. Ciò è in parte dovuto all'alta variabilità interindividuale nelle concentrazioni plasmatiche di lidocaina, come dimostrano gli studi farmacocinetici sull'infusione sistemica di lidocaina (Feary et al., 2005; 2006). La capacità della lidocaina di alleviare il dolore grave può mascherare la necessità di intervento chirurgico. Pertanto, i cavalli che sono stati trattati con infusione di Lidocaina necessitano di un monitoraggio accurato, idealmente della misura dei livelli plasmatici e dell'interruzione intermittente dell'infusione di farmaco per valutare l’effettivo stato di dolore (Malone e Graham, 2002).

(34)

29

2. LA FLUPIRTINA

La flupirtina è un farmaco analgesico approvato in medicina umana per il trattamento del dolore acuto e cronico, in particolare del dolore muscolo-scheletrico (Raffa e

Pergolizzi, 2012).

La flupirtina è stata inizialmente sintetizzata da Degussa Pharma (Francoforte sul Meno, Germania) ed è stata approvata per la prima volta negli anni '80 in Germania

(Friedel e Fitton, 1993). Attualmente è commercializzata in diversi paesi: Germania,

Italia, Portogallo, Russia, Slovacchia, Estonia, Lettonia, Lituania, India, USA e Brasile.

2.1 Caratteristiche chimico-fisiche

La flupirtina è una ethyl{2-amino-6-[(4-orobenzyl)amino]pyridin-3-yl}carbamato (figura 1). È una molecola poco lipofila e scarsamente solubile in acqua, quindi si trova in commercio come sale maleato (Giorgi & Owen, 2012). La formulazione iniettabile è stata recentemente tolta dal commercio per problematiche relative alla formulazione stessa.

Riferimenti

Documenti correlati

Spoilerare si inserisce in una lunga sequenza di verbi nati negli anni recenti dalla combinazione di termini italiani e inglesi – in questo secondo caso, acclimatati nella

L’Istituto Italiano di Cultura di Montréal e il Di- partimento di Scienze Veterinarie dell’Univer- sità degli Studi di Torino sono lieti di pre- sentare la serie di

Domenico Bergero, Direttore del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università degli Studi di Torino, si sviluppa in un programma ricco di temi scientifici,

L’Istituto Italiano di Cultura di Montréal e il Di- partimento di Scienze Veterinarie dell’Univer- sità degli Studi di Torino sono lieti di pre- sentare la serie di

33, recante ulteriori misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19; ⮚ Ordinanza del Ministero della Salute, 16 agosto 2020, Ulteriori misure urgenti

Diverse tecniche di gestione del dolore, adottate durante e dopo la chirurgia, in primis la terapia farmacologica (steroidea, analgesic a, antibiotica e

Paolo l’ho visto molte volte, perché da un lato mi incuriosiva, dall’altro sentivo che mi cercava anche in certi momenti… quindi molto attento su Paolo, molto

Available Open Access on Cadmus, European University Institute Research Repository... Working Papers