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I giardini hafsidi d’Abu Fihr a Tunisi nelle testimonianze dei viaggiatori

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Academic year: 2021

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(1)

PATRIMONIOCULTURALE

MEDITERRANEO

ARCHEOLOGIA

ARCHITETTURA

MICROCITTA’

PAESAGGIO

RICERCA PRIN

2009-2011

Università di Chieti-Pescara

Università di Napoli

Seconda Università di Napoli

Università di Reggio Calabria

La scuola di Pitagora editrice RICERCA PRIN 2009-2011

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4

Spazi e culture del Mediterraneo

PATRIMONIO CULTURALEMEDITERRANEOARCHEOLOGIAARCHITETTURAMICROCITTA’PAESAGGIO

Fabbrica della Conoscenza numero cinquantadue

(3)

4

Spazi e culture del Mediterraneo

PATRIMONIOCULTURALEMEDITERRANEOARCHEOLOGIAARCHITETTURAMICROCITTA’PAESAGGIO

Tutti i diritti riservati

© copyright 2015 La scuola di Pitagora S.r.l. Via Monte di Dio, 54 - 80132 Napoli Telefono e Fax +39 081 76 46 814 www.scuoladipitagora.it info@scuoladipitagora.it ISBN 978-88-6542-408-7 ISSN 2464-9668 ISBN DVD 978-88-6542-463-6

Massimo Giovannini

Marinella Arena

Paola Raffa

Unità di Ricerca dell’Università degli Studi Federico II di Napoli

Antonella Di Luggo (responsabile), Riccardo Florio, Massimiliano Campi, Mara Capone, Raffaele Catuogno, Alessandra Pagliano, Teresa Della Corte, Emanuela Lanzara, Daniela Palomba, Rosaria Palomba, Angelo Triggianese, Carmen Frajese D’Amato, Roberta Montella, Angela Bonafiglia, Daniela De Crescenzo, Cristina Regis,

Paolo Caputo, Elisa Mariarosaria Farella, Filomena Mauriello.

Unità di Ricerca della Seconda Università degli Studi di Napoli

Carmine Gambardella (responsabile), Giuseppina Amirante, Paolo Giordano, Danila Jacazzi, Ornella Zerlenga, Alessandra Cirafici, Rossella Franchino, Nicola Pisacane, Riccardo Serraglio, Pasquale Argenziano, Alessandra Avella, Marina D’Aprile, Caterina Frettoloso, Mariateresa Galizia, Manuela Piscitelli, Cettina Santagati, Gabriella Abate, Lina Abategiovanni, Margaret Bicco, Antonio Calderone, Maria Carolina Campone, Alessandro Ciambrone, Luigi Corniello, Raffaela De Martino, Lamia Hadda,

Patrizia Moschese, Concetta Giuliano, Camilla Di Falco, Luca Ferri, Gaspare Serroni, Dario Martimucci, Edoardo Fiorillo, Vincenzo Cirillo, Giancarlo Napoli, Maria Vergara.

Unità di ricerca dell’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara

Livio Sacchi (responsabile), Maurizio Unali, Caterina Palestini, Pasquale Tunzi, Antonella Salucci, Alessandro Basso, Carlo Cafaggi, Giovanni Caffio, Pasquale Carusi, Carmela Casulli, Niccolò Cozzi, Paolo Demartis, Riccardo Di Carlo, Savio Doronzo, Antonio Giovannucci, Luigi Valentino Losciale, Alessia Maiolatesi, Francesco Martelli, Massimiliano Mazzetta, Angelo Natale, Carla Ramunno.

Unità di Ricerca dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

Massimo Giovannini (responsabile), Francesca Fatta, Marinella Arena, Rosario Giovanni Brandolino, Daniele Colistra, Gaetano Ginex, Gabriella Curti, Domenico Mediati, Sebastiano Nucifora, Paola Raffa, Agostino Urso, Manuela Bassetta, Gabriella Falcomatà, Andrea Manti, Giuseppe Mazzacuva, Pietro Mina, Chiara Pietropaolo, Chiara Scali, Viviana Tirella, Panaiota Koutsoukou, Elena Trunfio.

Revisione editoriale dei contributi ed impaginazione: Marinella Arena, Paola Raffa, Stefania Bella, Andrea Manti.

Il volume raccoglie gli esiti della ricerca “Costruzione di un Atlante del Patrimonio Culturale Mediterraneo: conoscenza, comunicazione, governance”, coordinata da Massimo Giovannini e realizzata con i finanziamenti del MIUR nell’ambito dei Programmi di Ricerca PRIN 2009-2011.

Alla ricerca hanno partecipato l’Università Federico II di Napoli (responsabile: Antonella Di Luggo), la Seconda Università di Napoli (responsabile: Carmine Gambardella), l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara (responsabile: Livio Sacchi), l’Università Mediterranea di Reggio Calabria (responsabile: Massimo Giovannini).

Università di Napoli Federico II - Antonella Di Luggo Seconda Università di Napoli - Carmine Gambardella Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara - Livio Sacchi Università Mediterranea di Reggio Calabria - Massimo Giovannini

A CURA DI SEDI PRIN 2009

La scuola di Pitagora editrice

FABBRICA DELLA CONOSCENZA

Collana fondata e diretta da Carmine Gambardella

COMITATO SCIENTIFICO DI COLLANA

Federico Casalegno

Professor, Massachusetts Institute of Technology, Boston

Massimo Giovannini

Professor, Mediterranea University, Reggio Calabria

Diana M. Greenlee

Professor, University of Monroe, Louisiana

Bernard Haumont

Professor, Ecole Nationale Supérieure d’Architecture, Paris-Val de Seine

James Kushner

Fullbright Visiting Professor, Southwestern Law School, Los Angeles

Maria Grazia Quieti

Ph.D. Extecutive Director, The U.S.-Italy Fullbright Commission

Elena Shilienskova

Professor and Director of the Design Department, Togliatti State University

Costruzione di un Atlante del Patrimonio Culturale Mediterraneo

Conoscenza, Comunicazione, Governance

Progetto di un sistema interattivo per la conoscenza e la gestione del patrimonio culturale mediterraneo Invarianti e permanenze architettoniche e archeologiche

Il materiale iconografico, ove non diversamente indicato, è da intendersi a cura degli autori.

La traduzione dei testi in lingua inglese, ove non diversamente indicato, è da intendersi a cura degli autori.

(4)

145

QUSAYR AMRA Giordania

Marinella Arena, Paola Raffa

151

HAMMAM YALBUGHA AL-NASIRI Aleppo, Siria

Gabriella Curti

155

QASR KHARANA Giordania

Marinella Arena, Paola Raffa

161

FORTE MATINITI Reggio Calabria, Italia

Sebastiano Nucifora, Agostino Urso

165

MASSERIA SAN MAUROCantinella di Corigliano, Italia

Daniele Colistra, Domenico Mediati

169

KSAR TAMZAYETTataouine, Tunisia

Marinella Arena, Paola Raffa

175

KSAR AMRIDIL Skoura, Marocco

Chiara Pietropaolo

680Gaetano Ginex Il modello della Kasbah archetipi, tipi e variazioni

698Chiara Pietropaolo

La torre del sistema difensivo dell’architettura berbera in Marocco

rilievo e rappresentazione grafica dell’elemento

710Gabriella Falcomatà Dalla kasbah agli ksour

181

TIGHREMTValle del Draa, Marocco

ASLIMAgdz, Marocco

Marinella Arena

TALIWINAgdz, Marocco

Marinella Arena

716Marinella Arena

Tighremt della Valle del Draa. Architetture spontanee nella terra dei Tamazight

191

HÛŠ Matmata, Tunisia

Paola Raffa

195

HOUCHNefta, Tunisia

Paola Raffa

199

MONASTERO DI VARLAAM Meteora, Grecia

Gaetano Ginex, Panagiota Koutsoukou

203

EREMO DI SANTO SPIRITO Majella, Italia

Caterina Palestini

734Caterina Palestini

Traiettorie culturali: rappresentazione e comunicazione della Tebaide abruzzese nel contesto Mediterraneo

ARCHITETTURA

ARCHITECTURE

237

MERCATO DI PIAZZA MAZZINI Catania, Italia

Sebastiano Nucifora, Agostino Urso

243

MERCATO DI ISPICA Ragusa, Italia

Sebastiano Nucifora, Agostino Urso

754Agostino Urso

Dal mercato all’oggetto di mercato: l’ergonomia di coltelli e sassole

766Sebastiano Nucifora

Due piatti in equilibrio tra storia e mito

247

PARCO COLONNA Taormina, Italia

Paola Raffa

253

VILLA COMUNALE Napoli, Italia

Paolo Giordano

780Paolo Giordano Il disegno del suolo

209

PIO MONTE DELLA MISERICORDIANapoli, Italia

Carmine Gambardella, Giuseppina Amirante, Alessandra Avella, Pasquale Argenziano, Luca Ferri, Gaspare Serroni, Lina Abategiovanni Dario Martimucci, Eduardo Fiorillo

213

SAN GIOVANNI AL PALCO Mercato San Severino, Italia

Marina D’Aprile, Margaret Bicco

742Marina D’Aprile, Margaret Bicco

Il restauro dell’ex-monastero di S. Giovanni al Palco a Mercato S. Severino e la cultura architettonica del secondo Settecento

219

CAPPELLE ECLETTICHE DEL

CIMITERO MONUMENTALE Napoli, Italia

Carmine Gambardella, Pasquale Argenziano, Alessandra Avella

225

SCALE SANFELICIANENapoli, Italia

Ornella Zerlenga

233

LANTERNA SAN RAINERI Messina, Italia

Sebastiano Nucifora, Agostino Urso

794Luigi Corniello

La conoscenza dell’architettura fortificata con moschea in Albania

802Riccardo Serraglio Il Real Sito di Carditello dall’istituzione all’attualità

814Patrizia Moschese

Architetture salesiane nel Maghreb

822Alessandro Ciambrone

Architetture, disegni e geometrie delle Città Imperiali del Marocco

23

JERASH Giordania

Francesca Fatta

29

UMM ER RASAS Giordania

Gaetano Ginex

35

EL KHASNEH Petra, Giordania

Giuseppe Mazzacuva

500Giuseppe Mazzacuva Architetture di pietra e di terra

41

LOCRI EPIZEFIRI Italia

Andrea Manti

512Andrea Manti La digitalizzazione del patrimonio archeologico

47

LEPTIS MAGNA Libia

Francesca Fatta

69

TEMPIO DI VENERE Baia, Italia

Angela Bonafiglia

73

TERME ROMANE Baia, Italia

Daniela De Crescenzo

ARCHEOLOGIA

ARCHAEOLOGY

107 SELINUNTE Italia Francesca Fatta 616 Francesca Fatta

La misura invariante del linguaggio classico: l’esempio dei templi di Selinunte tra armonia e colore

113

FONTI E POZZI SACRIItalia

Gabriella Curti

632Gabriella Curti Ipogei sacri dedicati al culto delle acque

117 TIMGAD Algeria Gabriella Falcomatà 123 VOLUBILISMarocco Chiara Scali 646Manuela Bassetta La costruzione geometrica del mosaico romano

127

NECROPOLI DI CHELLAHRabat, Marocco

Gaetano Ginex

133

ZAWIYA SHĀLA Rabat, Marocco

Marinella Arena, Paola Raffa

139

PAN E LA CAPRANapoli, Italia

Carmine Gambardella, Danila Jacazzi, Giancarlo Napoli, Pasquale Argenziano, Alessandra Avella, Dario Martimucci

53

TEATRO ROMANO Miseno, Italia

Roberta Montella

520Alessandra Pagliano Il teatro perduto

532Angelo Triggianese A teatro con i romani

59

SACELLO DEGLI AUGUSTALIMiseno, Italia

Rosaria Palomba

63

FARO ROMANO Miseno, Italia

Massimiliano Campi

544Massimiliano Campi Rilievi in condizioni difficili

77

TEMPIO DI APOLLO Cuma, Italia

Mara Capone

556Mara Capone

Teorie e metodi per la rappresentazione del patrimonio archeologico su piattafor- ma digitale

83

CRYPTA ROMANA Cuma, Italia

Paolo Caputo, Elisa Mariarosaria Farella, Filomena Mauriello

89

TEMPIO DI DIANA Cuma, Italia

Daniela Palomba

95

VILLA ROMANA Cuma, Italia

Antonella Di Luggo, Cristina Regis

568Antonella Di Luggo, Raffaele Catuogno Innovazione della conoscenza e valorizzazione dei beni culturali

588Emanuela Lanzara L’antico Porto di Cuma

101

ARCO FELICE VECCHIO Cuma, Italia

Raffaele Catuogno

598Raffaele Catuogno, Daniela Palomba, Rosaria Palomba

Le strade romane come elementi

ordinatori del territorio flegreo 660Raffaela De Martino, Rossella Franchino, Caterina Frettoloso La sostenibilità negli interventi di trasformazione del territorio: il patrimonio archeologico in area mediterranea

670Cettina Santagati

Segni identitari nell’architettura sepolcrale ipogea del Mediterraneo

(5)

467

GONDAR Ethiopia

Livio Sacchi, Antonio Giovannucci

473

PALAZZO DI YOHANNES IV Mekele, Ethiopia

Livio Sacchi, Carlo Cafaggi, Riccardo Di Carlo, Paolo Demartis, Savio Doronzo, Luigi Valentino Losciale, Francesco Martelli

479

AL BALAD Jeddah, Arabia Saudita

Livio Sacchi, Pasquale Carusi, Niccolò Cozzi, Riccardo Di Carlo, Paolo Demartis, Savio Doronzo, Luigi Valentino Losciale, Angelo Natale

485

NASSEEF HOUSEAl Balad, Arabia Saudita

Livio Sacchi, Pasquale Carusi, Niccolò Cozzi, Paolo Demartis, Riccardo Di Carlo, Savio Doronzo, Luigi Valentino Losciale, Angelo Natale

409

STUMENTI MUSICALI ETNICIMediterraneo

Rosario Giovanni Brandolino, Domenico Mediati

415

ARTIGIANATO GRECANICO Calabria, Italia

Rosario Giovanni Brandolino, Domenico Mediati, Elena Trunfio

970Domenico Mediati

Il design della memoria e il “vocabolario simbolico”. Arti, simboli e codici nella tradizione agropastorale greco-calabra

421

SAN GENNARO Napoli, Italia

Ornella Zerlenga

988Ornella Zerlenga I Volti di San Gennaro

Primo Premio ‘Ianuarius’ per un progetto di comunicazione multimediale

427

I LUOGHI DEL GATTOPARDO Sicilia

Pietro Mina

1000Pietro Mina

La Sicilia del Gattopardo. Architetture intorno ad un valzer

433

PATTERN ISLAMICI Europa Meridionale-Maghreb

Daniele Colistra

1012Daniele Colistra

Mediterranean geometric patterns

PATRIMONIO INTANGIBILE

INTANGIBLE HERITAGE

MED fuori dal MED

MED out of MED

447

I DIARI DEI VIAGGIATORI

MARE NOSTRUM

Danila Jacazzi

DE LOCI SANCTIS

Maria Carolina Campone

KITAB RUGAR II

Maria Vergara

DA COSTANZA A GERUSALEMME

Danila Jacazzi, Ornella Zerlenga

DEVOTISSIMO VIAGGIO DI GIERUSALEMME

Camilla Di Falco

VIAGGIO DA VENETIA A COSTANTINOPOLI

Concetta Giuliano

KSAR AJDABIYA

Lamia Hadda

1044Maria Carolina Campone

La “città attesa”. La costruzione dei luoghi santi e della forma urbis nel Medioevo

1054Danila Jacazzi Haec est via ad Terram.

Rotte, città e architetture dei viaggiatori nel Mediterraneo

1066Lamia Hadda

I giardini hafsidi d’Abu Fihr a Tunisi nelle testimonianze dei viaggiatori

1074Pasquale Argenziano

Il paesaggismo inglese in Italia. W. Coldstream e J.M.W. Turner disegnano Capua

1084Antonino Calderone Disegni vesuviani

1098Viviana Tirella

Lo spazio celato. Restituzione geometrica dell’architettura illusoria in Sicilia

437

APPARATI EFFIMERI Mediterraneo

Maurizio Unali

1026Maurizio Unali

Rappresentare l’immateriale. Cultural heritage e poetiche dell’effimero

377

CAPO PELORO Messina, Italia

Daniele Colistra

381

CAPO MILAZZO Milazzo, Italia

Daniele Colistra

387

ISOLA DI STROMBOLI Isole Eolie, Italia

Gaetano Ginex

391

ACQUEDOTTO CAROLINO Campania, Italia

Nicola Pisacane

898Nicola Pisacane

Permananze e innovazioni nella rappresentazione multidimensionale del territorio

397

TRACCIATI E TERRITORIO Napoli, Italia

Alessandra Avella

910Alessandra Avella

“Catturare” il paesaggio mediterraneo attraverso tecniche di navigazione e rilevamento cinematico tridimensionale

403

MEDIO MEDITERRANEOItalia-Albania

Carmine Gambardella, Pasquale Argenziano Alessandra Avella, Nicola Pisacane

PAESAGGIO

LANDSCAPE

327

MICRO-CITTA’ DI CALABRIA Italia

ROGHUDI Reggio Calabria

Rosario Giovanni Brandolino, Domenico Mediati, Pietro Mina, Elena Trunfio

GALLICIANO’Reggio Calabria

Rosario Giovanni Brandolino, Domenico Mediati, Pietro Mina, Elena Trunfio

846Rosario Giovanni Brandolino Architetture e idiomi

337

MICRO-CITTA’ DI SICILIA Italia

ALI’Messina

Marinella Arena

MANDANICI Messina

Marinella Arena

864Marinella Arena Tre piccole città

305

RIONE TERRA Pozzuoli, Italia

INSULAE 6a-6c VESCOVADO E DUOMO

Riccardo Florio

INSULA 6b PALAZZO RUSSO

Teresa Della Corte

INSULA 7b PALAZZO DE FRAJA

Carmen Frajese D’Amato

832Teresa Della Corte Piano di sezione “cursorio” e sperimentazioni metodologiche per l’indagine conoscitiva e la valorizzazione dei contesti complessi

271

MICRO-CITTA’ D’ABRUZZO Italia

POPOLI Pescara Carmela Casulli BUSSIPescara Alessia Maiolatesi CUGNOLI Pescara Massimiliano Mazzetta PESCARA Pescara Pasquale Tunzi OFENAL’Aquila Giovanni Caffio CASTELLITeramo

Alessandro Basso, Carla Ramunno

LANCIANO Chieti Antonella Salucci 347 CITTA’-OASI Tunisia TAMERZA Tunisia Gaetano Ginex CHEBIKA Tunisia Gaetano Ginex MIDES Tunisia Gaetano Ginex 361

IGHERM Valle del Draa, Marocco

TAGUERSIFT O FELLA Marocco

Paola Raffa

TAGUERSIFT IZDAR Marocco

Paola Raffa

AYT ISSA OU BRAHIM Marocco

Paola Raffa

876Paola Raffa

Igherm della Valle del Draa: Disegni di città di terra

MICRO-CITTA’

MICRO-CITIES

924Alessandra Cirafici

Mapping: tra cartografia, mappe di comunità e open data. Esplorazione urbana e

rappresentazione del territorio

936Gabriella Abate

La piattaforma webgis del Cilento. La prima rete di connettività geografica multimediale finalizzata al marketing & comunicazione dei prodotti/servizi offerti dall’Oasi Fiume Alento

946Manuela Piscitelli

La costruzione di un immaginario del paesaggio mediterraneo attraverso vedute e testimonianze dei viaggiatori del Grand Tour

956Mariateresa Galizia

La cultura del costruire nel paesaggio rurale mediterraneo

(6)

Seconda Università di Napoli Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara Università Mediterranea di Reggio Calabria Università di Napoli Federico II

(7)

1067

PATRIMONIO INTANGIBILE

1066

I giardini hafsidi d’Abu Fihr a Tunisi nelle testimonianze dei viaggiatori

Hadda Lamia

Il presente studio pone l’attenzione sull’architettura palaziale e sui giardini reali del parco di Abu Fihr a Tunisi, descritti nei secoli dai viaggiatori. Il parco si trova nella zona nord della città di Tunisi e si inserisce in una lottizzazione urbana di sei ettari posti all'entrata della località dell'Ariana. Lo spazio verde di Abu Fihr, anche se è stato trasformato con la costruzione di nuovi immobili e strade, presenta ancora una florida vegetazione e alcune testimonianze archeologiche relative soprattutto a infrastrutture idrauliche medievali. Rimane infatti qualche vestigia di una grande vasca (birka) alimentata da una derivazione dell'acquedotto romano di Cartagine, consolidato durante la reggenza del principe al-Mustansir (1249-1277). Sui lati est e ovest del grande bacino d’acqua si elevano dei muri costruiti in pisé di una rilevante importanza, che un tempo, con molta probabilità, dovevano presentare due padiglioni, di dimensioni diverse, sostenuti da colonne in marmo bianco e rivestite di mosaici. Tunisi_Epoca Hafside_Giardini_Abu Fihr_Viaggiatori

The following study focuses attention on the structural architecture and the royal gardens of the Abu Fihr Park in Tunis as described by travellers.

The park is located in the northern part of Tunis and is part of an urban site of seven acres just at the entrance of the Ariana area. Even though the Abu Fihr green area has been transformed by the building of new streets and houses,

it still has abundant vegetation and some archaeological ruins related to medieval waterworks.

Indeed, we can still find the remains of a large pond (birka) fed by the Roman aqueduct of Cartage which was consolidated during the reign of Prince al-Mustansir (1249-1277).

On the Eastern and Western sides of the large pond there are walls made of adobe that are of relevant importance.

Once, they probably had two pavilions of different sizes that were supported by white marble columns and covered in mosaics. Tunis_Hafside period_Gardens_Abu Fihr_Travellers

(8)

1069

PATRIMONIO INTANGIBILE

hadda laMia

.

i giardini hafsidi d’abU fihr nelle testiMonianze dei viaggiatori

Fig. 1. Vestigia del Grande bacino del giardino di Abu Fihr. Fig. 2. Strutture restaurate dell’antico acquedotto romano.

1068

Unità di ricerca della seconda Università degli stUdi di napoli

L’Africa settentrionale, dopo la fine degli Almohadi (1147-1269), era governata da tre dinastie. In Marocco risiedevano i Merinidi (1196-1465); la parte occidentale dell’Algeria invece era sotto il controllo degli Abdelwadidi 1500); mentre gli Hafsidi (1235-1574) governavano la parte orientale dell’Algeria, la Tunisia attuale e la parte occiden-tale della Libia1. Il fondatore di quest’ultima dinastia fu un certo Abū Zakariyā Yahya ibn

Abī Hafs (Abū Zakariyā I, 1228-1249), che allontanandosi da Marrakesh, capitale almo-hade, colse l’opportunità per decretare la propria autonomia.

Gli Hafsidi ressero le sorti della Tunisia medievale, con capitale la città di Tunisi per circa tre secoli e solo verso la fine del XV secolo2, dopo la caduta di Granada

avvenu-ta nel 1492, vennero minacciati dagli Spagnoli che spinsero le loro navi fino al litorale maghrebino. Nello stesso periodo i corsari comandati dal Barbarossa, che avevano già occupato la città di Algeri (1516), conquistarono la capitale nel 1534, mettendo fine al potere del sultano hafside Muhammad ibn al-Hasan (1573-1574). Il crescente potere degli Spagnoli e il conseguente timore dei corsari di soccombere determinò la chiama-ta dei Turchi, che portò alla conquischiama-ta della città di Tunisi da parte di Sinan Pasha nel 15743.

La Tunisia hafside, pur essendo attraversata da continue lotte, visse un periodo di gran-de prosperità nel campo economico e culturale, in particolare sotto i principi al-Mustansir ibn Abi Zakariyā (1249-1277), Abū Fāris ‘Abd al-’Aziz (1394-1434) e Abū ‘Amr ‘Uthmān (1436-1488). Numerosi sono i monumenti edificati in questo periodo. Tra i più noti: la qasba con la sua moschea, i rifacimenti della Grande moschea al-Zaytūna con la costruzione della biblioteca annessa, la sala d’abluzione di Mid’at es-Soltāne, i palazzi reali di Ras Tabia e i celebri giardini di Abu Fihr4.

Il presente studio pone la sua attenzione esclusivamente all’architettura palaziale auli-ca e sui giardini di Abu Fihr descritti nei secoli dai viaggiatori. Attualmente si conserva-no poche testimonianze archeologiche delle residenze di Ras Tabia, mentre rimane qualche vestigia del grande bacino (birka) del parco reale di Abu Fihr. Quest’ultimo è conosciuto soprattutto per l’importanza delle infrastrutture idrauliche: una grande vasca alimentata da una derivazione dell’acquedotto romano di Cartagine restaurato durante la reggenza del principe al-Mustansir nel 1267. Purtroppo dai testi oggi accessibili, nes-suna testimonianza sui giardini d’Abu Fihr ha indicato con precisione l’area del sito ed è proprio l’individuazione di questa superficie che ci permetterebbe di conoscere esat-tamente quale fosse l’ubicazione dell’antico bacino. Nel 1912 fu grazie alle poche rovi-ne che il Segretario gerovi-nerale del Governo tunisino dichiarò la struttura idrica monumen-to smonumen-torico5.

Il parco di Abu Fihr si trova nella zona nord della città di Tunisi e si inserisce in una lot-tizzazione urbana di sei ettari posti all’entrata della località dell’Ariana. La superficie, sulla quale insisteva una florida vegetazione, è stata trasformata con la costruzione di nuovi immobili, strade e infrastrutture. Sui lati est e ovest, dove cresce una vegetazio-ne selvaggia, si elevano ancora dei muri costruiti in pisé di una certa importanza, che una volta dovevano contenere due padiglioni di diverse dimensioni.

Durante l’epoca di al-Mustansir, il parco reale di Abu Fihr fu utilizzato dai familiari del sovrano e dall’aristocrazia della capitale che vi costruirono alcune ville la cui sontuosi-tà e la magnificenza stupisce ancor oggi i visitatori. Tali residenze ricordano il lusso e l’opulenza dei palazzi reali dell’Alhambra a Granada, con i loro parchi e i loro giardini dove l’acqua, sorgente eterna di vita, costituisce l’elemento vitale da cui tutto nasce6.

Ibn Khaldun sottolinea che la cultura dei parchi reali attinge da quella andalusa: “La gran parte dei suoi abitanti [Tunisi] discendono dagli Andalusi che si rifugiarono duran-te il VII secolo dell’Egira”7.

A tale proposito è bene ricordare che durante la grande rivolta della città di Cordova nel IX secolo, il califfo al-Hakam ibn Hisham (al-Hakam I 796-822) aveva espulso molti Andalusi che si rifugiarono in Marocco, in Algeria e in Tunisia. Le riconquiste di Siviglia nel 1248 e di Granada nel 1492 determinarono un’emigrazione massiccia, che venne ripresa nel 1610, anno dell’espulsione definitiva dei musulmani di Spagna. A Tunisi giungevano costantemente dei rifugiati andalusi8. Abu Bakr ibn Saïd afferma che lo

splendore artistico del Marocco si poteva ritrovare a Tunisi, dove il sultano hafside ha

costruito numerosi monumenti, edificato palazzi e pianificato parchi e giardini alla maniera degli Andalusi e degli Agdal di Marrakesh. Tutti gli architetti erano di origine andalusa, come i muratori, i carpentieri, gli artisti e i giardinieri.

I progetti dei suoi edifici sono ideati dagli Andalusi, oppure copiati dai monumenti eret-ti in questo paese9.

L’opera idraulica, commissionata dai sultani hafsidi per il parco di Abu Fihr, occupa un posto di rilievo per il rifacimento, il consolidamento e il restauro di un segmento consi-derevole dell’antico acquedotto romano di Cartagine, le cui acque sorgevano dalle montagne della città di Zaghuan posta a 60 chilometri circa. La grande infrastruttura pubblica fu costruita sotto l’imperatore Adriano (120-138 d.C.) e completata molto pro-babilmente sotto Settimio Severo (193-211 d.C.), che aggiunse alcuni impianti di cap-tazione delle acque provenienti delle montagne Juqqar10.

L’acquedotto era formato da un canale rettangolare di 80-90 cm di larghezza e di 100 cm di altezza per assicurare un approvvigionamento idrico di 32.000 m³, ovvero 320 litri per secondo. La struttura dentro la quale scorreva l’acqua era costituita da un arco a tutto sesto di 30 cm di spessore che riposava su piedritti di 40 cm di altezza collegata ai paramenti verticali dell’infrastruttura determinandone l’isolamento completo. La strut-tura idrica, supportata da archi monumentali, seguiva la geomorfologia del territorio scavando spesso profonde gallerie oppure snodandosi attraverso rilievi montagnosi o fiancheggiando colline e territori pianeggianti attraversati da fiumi (fiume Miliane, El Lil e la Soukra)11.

Il famoso acquedotto di Cartagine è giunto fino in epoca hafside subendo molte mutila-zioni e rifacimenti, a partire dalla distruzione operata dai Vandali nel 439, durante la presa della città, per poi essere restaurata dallo stesso Belisario nel 534. Successivamente, nel 698, la condotta idrica era stata di nuovo interrotta dagli Arabi allorquando posero l’assedio alla stessa città. Infine, i Fatimidi nel X secolo ripresero alcune parti murarie e le consolidarono.

I rifacimenti eseguiti nel XIII secolo dal sultano Al-Mustansir non devono considerarsi riferiti alla totalità dell’opera. Uno degli obiettivi principali del sultano era il ripristino del tratto di acquedotto che approvvigionava la città di Tunisi e dei giardini reali di Abu Fihr che si trovavano, come abbiamo detto, nelle immediate vicinanze del quartiere Ariana. I lavori furono rivolti essenzialmente al rilevamento di 116 chilometri su 132, ma anche e soprattutto alla costruzione di un nuovo troncone che potesse far fronte alle immedia-te necessità destinaimmedia-te al fabbisogno idrico della capitale, passando per la medina, la Grande moschea di Tunisi, fino a scorrere sinuosamente con una serie innumerevole di archi sulla piana che congiunge per 980 metri la collina di Rābta e Ras Tabia in dire-zione nord-est, dove il sultano possedeva un palazzo con alcuni giardini. Per quanto riguarda le notizie tecniche c’è da rilevare che l’opera di al-Mustansir consta di ben 160 archi, e l’acqua scorre all’interno di volte a tutto sesto di 25-29 cm di larghezza e su 30 cm di altezza12.

La bellezza dei giardini di Abu Fihr e la sontuosità dell’opera dell’acquedotto romano restaurato hanno incantato poeti, storici e viaggiatori. Nei testi medievali sono stati sempre preceduti dalla parola “Jinan” o “Bustan”. Secondo la cultura arabo-islamica il giardino riflette il Paradiso coranico, dall’arabo classico jennat, al plurale jinan indica una superficie agricola produttiva collocata spesso fuori le mura urbane: frutteti, verzie-ri e pomaverzie-ri. Tra i testi dell’epoca figura la Qasida “Maqsura” d’Abu el-Hasan Hazim al-Qartayanni, lungo poema di 974 versi consacrati al principe Al-Mustansir nel quale cele-bra, dal verso 53 al verso 171, la grande opera di restauro dell’acquedotto e dell’alimen-tazione idrica della città di Tunisi13.

Secondo il viaggiatore arabo Al-Abdari, che visitò Tunisi tra 1289 e 1290 e scrisse il suo diario di viaggio Rihla verso la fine del XIII secolo, “quanto all’acquedotto di Monte Zaghuan, l’acqua che porta è destinata al palazzo e ai giardini del sultano”14 costoso per

due motivi: la devozione e il divertimento. Al-Omari (1301-1349), invece, riporta che Abu Fihr si trovava “a una distanza di circa tre miglia della città. L’acqua era portata ai due acquedotti tramite un canale proveniente da Zaghuan, una montagna posta a due giornate da Tunisi, e da un canale che giungeva all’interno della cittadella” 15. Inoltre la

cronaca di az-Zarkashi (XV secolo) attesta che il restauro dell’antico acquedotto, ulti-mato nel 1267, era destinato all’alimentazione idrica dei giardini reali16.

Nel XVI secolo il viaggiatore spagnolo Marmol descrisse il parco hafside: “Nei dintorni [Tunisi] alcuni giardinieri posseggono delle vaste aree verdi, in modo particolare nelle zone settentrionali e meridionali, dove ci sono molteplici specie di buoni frutti e di gran-di gran-dimensioni. Allorquando Carlo V attaccò Tunisi, invase questa baia, dalla quale si notavano ancora interessanti costruzioni e le vestigia di palazzi di marmo bianco con una grande cisterna larga e profonda e con numerosi archi che sostenevano gli acque-dotti che approvvigionavano l’acqua lontana di dieci leghe” 17.

Una descrizione molto più dettagliata ci è offerta dal famoso storico Ibn Khaldun (1332-1406): “Nelle vicinanze della capitale [Tunisi] egli [Abu Abdallah Muhammad al-Mustansir ibn Yahya, 1228-1277] organizzò un giardino al quale diede il nome di Abu-Fahr che fu molto ammirato da tutti e reso celebre. Si scorgeva una foresta di alberi di cui una parte era circoscritta di intrecci di sottili rami o sfoglie di legno mentre il resto continuava a crescere in piena libertà. Vi erano fichi, ulivi, melograni, datteri, vigne e altri alberi da frutto; oltre ad altre varietà di arbusti selvaggi, quali il giuggiolo e la tame-rice, tutto disposto in modo da formare per ciascuna specie un gruppo a parte. A que-sta superficie fu dato il nome di Es-Châra (il boschetto). Tra gli arbusti si dispiegavano le aiuole, gli stagni, i campi di verde decorati da costruzioni e coperti di alberi le cui foglie e fiori affascinavano gli sguardi. Il limone e l’arancio mescolavano i loro rami a quelli dei cipressi, mentre il mirto e il gelsomino sorridevano alla ninfea. Nel mezzo, un grande giardino circondava una vasca talmente ampia che sembrava un mare. L’acqua giungeva dall’antico acquedotto, opera colossale che si sviluppava dalle sorgenti di Zaghuan fino a Cartagine, e il cui percorso passava a volte a livello del suolo a volte tramite enormi arcature a diversi piani, sostenute da massicci pilastri. La condotta idri-ca parte da una regione molto alta, e penetra nel giardino sotto la forma di un muro; in modo che le acque, sgorganti dapprima da una grande bocca per poi cadere in una larga e profonda vasca di forma quadrata, edificata in pietra e malta di calce, discendo-no da un canale abbastanza breve fidiscendo-no al bacidiscendo-no [del giardidiscendo-no] riempiendolo di flutti abbondanti. […] A ogni estremità del bacino trova posto un padiglione, uno grande, l’al-tro piccolo, sostenuti, tutti e due, da colonne in marmo bianco rivestite di mosaici in marmo. I soffitti sono artisticamente lavorati e si lasciano ammirare per la loro solida costruzione oltre che per la bellezza degli arabeschi dei quali sono ornati. In conclusio-ne, i chioschi, i portici, i bacini dei giardini, i palazzi a diversi livelli, i ruscelli che

scor-rono all’ombra degli alberi, sono tutte attenzioni riservate a un luogo così incantevole da renderlo tanto caro al sultano che, per meglio trarne piacere, abbandonò per sem-pre i luoghi di svago costruiti dai suoi sem-predecessori. Nulla fu dimenticato, da parte sua, per aumentare lo charme di un luogo la cui notorietà doveva essere conosciuta nel mondo”18.

A parte i muri in pisé che delineano l’andamento generale del bacino, le descrizioni dei viaggiatori non apportano nessuna informazione circa il reale posizionamento dei giar-dini, anche se è del tutto evidente che l’elevato della struttura comportasse diversi ordi-ni di piaordi-ni di archi, concordando bene con quanto appare da alcuordi-ni disegordi-ni e stampe del XVI secolo19. Si può dedurre dallo scritto che il troncone si addentrava nei giardini,

con l’aspetto di un muro che attraversava un bacino profondo, tale da permettere di scaricare la carica idraulica terminale prima di giungere nella vasca20.

Nel 1992, l’archeologo tunisino Adnan Louhichi ha cercato di scoprire, attraverso uno scavo condotto con metodi scientifici, cosa attualmente ancora rimaneva della descri-zione di Ibn Khaldun dei giardini hafsidi21. In effetti, sia il muro dell’acquedotto che il

pic-colo bacino erano ormai scomparsi. Quello che era noto, prima delle ricognizioni archeologiche di Louhichi, proveniva da una relazione di scavo effettuata nel 1936 dal-l’archeologo francese Solignac che riportava la presenza del piccolo bacino di scarico a 80 m a sud-est dalle vestigia del grande bacino. Per brevità riportiamo un passaggio tratto dallo scritto dello stesso archeologo francese: “Il grande bacino di Abu Fihr era rettangolare. Attualmente sussiste il muro ad ovest, quasi interamente, e il muro a sud, a metà conservato. Dal paramento orientale, rimane solo un contrafforte. Malgrado un simile stato di rovina, è facile ricostruirne la planimetria […] Noi possiamo fornire le dimensioni probabili, nonostante una certa incertezza sulla posizione precisa del muro settentrionale interamente scomparso: lunghezza 209 m, larghezza 80,50 m, ovvero una superficie di più di 16,824 mq” 22.

Secondo lo scavo di Louhichi, del grande bacino rimangono: il muro ovest per 183 m di lunghezza; il muro sud, a partire dall’angolo ovest, per 39 m: il muro est solo per 60 m a partire dall’angolo sud. L’archeologo riporta anche lo spessore dei muri di 2,5 m che possono raggiungere al massimo 2 m di altezza. L’interno dei paramenti murari sono tutti rivestiti di una malta di tipo idraulico molto spessa (5 cm circa) composta da un impasto di calce, gesso, carbone di legno e una piccola quantità di ceramica gratta-ta. Sugli angoli sud e nord del bacino l’archeologo tunisino ha trovato i resti di una strut-tura rettangolare, confermando quanto già notato da Ibn Khaldun: “à chaque extrémité

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i giardini hafsidi d’abU fihr nelle testiMonianze dei viaggiatori

Fig. 3, 4. Il “Tempio d’acqua” romano a Zaghuan.

du bassin s’élève un pavillon”. I padiglioni presentavano una pavimentazione in terra-cotta rossa che sovrastava una condotta d’acqua che era collegata ad un pozzo. Indagini recenti sui materiali di costruzione impiegati per edificare il grande bacino e il padiglione sud dimostrano che essi sono stati realizzati in terra cruda con la tecnica del

pisé23. Tale tecnica è molto frequente nell’architettura islamica nordafricana ed è anche ben descritta nella Muqaddima di Ibn Khaldun: “Si può anche costruire tutto in terra, a iniziare dai muri, utilizzando tavole in legno.

Le cui dimensioni variano secondo le regioni, ma sono in generale di quattro cubiti su due. Si assemblano le tavole a partire dalle fondazioni, posizionandole a una distanza giusta. Esse sono collegate ad alcune traverse in legno assicurate da corde: l’assem-blaggio è chiuso con due altre piccole tavole. In seguito, nella cassaforma, si versa un impasto di terra e di calce, appositamente preparato per l’uso. Si aggiunge la miscela di volta in volta fino a raggiungere l’estremità dell’assemblaggio ligneo.

La terra e la calce sono così diventate una sola sostanza. Successivamente, si posizio-nano due altre tavole nel medesimo modo e si prepara il miscuglio calce e terra. Si assembla una nuova cassaforma che si sovrappone alla prima, fino a costruire l’intero paramento murario, come se fosse realizzato in un solo momento.

Questo procedimento costruttivo viene definito pisé (tabiya) e il muratore che utilizza tale tecnica è detto tawwab”24. I bacini d’acqua rappresentano una sorta di specchio nel quale si riflettono le facciate dei palazzi. La difficoltà dell’approvvigionamento idrico e l’opulenza rappresentata da queste vaste distese d’acqua simboleggiavano la ricchez-za e il potere dei governanti. I padiglioni, invece, erano concepiti per il riposo, per per-mettere ai governanti di godersi lo spettacolo della natura nel mentre si proteggevano dai raggi solari estivi. La tradizione dei bacini costruiti davanti alla facciata principale dei palazzi reali è tipica dell’architettura islamica. Nella Tunisia medievale, gli Aghlabidi si distinsero per essere degli eccellenti costruttori di importanti infrastrutture idrauliche. Infatti, la città di Raqqada venne dotata di impianti di particolari dimensioni molto simi-li a quelle reasimi-lizzate nella città di Kairuan. Il grande bacino del palazzo di Raqqada, di cui restano ancora alcune vestigia, presenta una forma trapezoidale e un’altezza del-l’invaso pari a 3 m, sostenuto da contrafforti a sezione semicircolare25.

Il palazzo del Mare, a Sabra al-Mansuriya, edificato nel X secolo da al-Mansūr,

posse-deva un grande bacino d’acqua (140x70 m) antistante il complesso palatino. Secondo lo storico della dinastia fatimide Qadi an-Nu’man (morto nel 974), è stato Tolomeo che ha suggerito nel sonno ai principi fatimidi l’esatta localizzazione dell’edificio reale al centro del lago artificiale26. Un altro complesso, alla Qal’a dei Banu Hammad in Algeria,

il dar al-Bahr (il palazzo del mare), comportava un grande bacino davanti la costruzio-ne palatina. All’interno della superficie della vasca si svolgevano addirittura dei giochi nautici come riportato nel Kitāb al-Istibsār: «Tra tutti emergeva quello detto Dar al-Bahr, al centro del quale vi era un vasto bacino dove avevano luogo dei giochi nautici e dove la quantità considerevole di liquido necessario era portata da molto lontano»27. Esempi

tipici di tale organizzazione planimetrica sono i palazzi andalusi dove la natura è la cor-nice dell’abitazione del sovrano e assume un ruolo di primo piano nella vita quotidiana dei califfi omayyadi28. Presso l’Alhambra a Granada, della metà del XIII secolo,

possia-mo ancora oggi farci una idea più precisa dell’importanza di questi bacini all’interno dei complessi palaziali29.

Nella cultura araba l’importanza dell’acqua è fondamentale poiché, secondo la versio-ne Coranica, è all’origiversio-ne della nascita dell’universo e quindi della vita: «Non sanno dunque i miscredenti che i cieli e la terra formavano una massa compatta? Poi sepa-rammo dall’acqua ogni essere vivente»30. Per tale ragione e per la particolare

situazio-ne climatica del mondo arabo, l’acqua occupa un ruolo fondamentale situazio-nelle residenze reali. Inoltre, grazie ad adattamenti ambientali particolari l’acqua può assicurare quel-l’elemento naturale che lega il palazzo alla natura circostante. Niente era lasciato al caso, essendo tutto eseguito nei dettagli dagli architetti che concretizzavano le aspira-zioni dei loro committenti, ovvero realizzare la giusta simbiosi tra il costruito e la natu-ra circostante.

Il parco di Abu Fihr con i sui giardini, bacino, padiglione e palazzi venne trascurato dopo la morte del principe al-Mustansir nel 1277. Secondo lo storico Brunschvig la Tunisia aveva attraversato un lungo periodo di instabilità politica durato fino al regno del califfo Abu Faris (1394-1434) “de troubles, d’affaiblissement et de scissions que l’Ifriqya avait traversée pendant près de cent ans, depuis la mort du grand Mustansir”31.

Probabilmente l’abbandono del parco fu dovuto al mancato funzionamento dell’acque-dotto e alla costruzione delle grandi residenze reali edificate presso il quartiere del

Fig. 5. Pianta delle infrastrutture idrauliche della città di Tunisi in epoca hafside (da A. Daoulatli). Fig. 6. Pianta degli impianti idraulici di Abu Fihr (da J.-M. Solignac).

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Bardo. In effetti, nel XVI secolo, il viaggiatore Leone L’Africano descrisse i palazzi e i giardini del Bardo: “Quant aux jardins, ils sont quasi en infinité remplis d’orangers, citrons, roses, fleurs gentiles et suaves, mêmement en un lieu appelé Bardo, là où sont les jardins et maisons de plaisance du roi, fabriquées avec une architecture non moins industrieuse que superbe, enrichie d’entailles et peintures des plus fines couleurs”32.

In occasione dell’assedio dell’imperatore Carlo V alla città di Tunisi, il viaggiatore Georg Braun e il disegnatore Frans Hogenberg, nella loro opera Civitates Orbis Terrarum (1575), ci offrono un’altra testimonianza dettagliata della città di Tunisi arricchita da varie stampe: “Le case sono abbellite con pietre molto belle e con mosaici, e usano un gesso assai elegante e lo colorano. Scarso però il legno. I pavimenti delle stanze sono decorate con pietre lucidissime. Tutte le case sono di un solo colore.

Ognuna di esse ha due porte, di cui una guarda la strada, l’altra la cucina, e tra l’una e Note

1 Ibn Khaldūn, Histoire des Berbères, trad. De Slane, vol. II, Paris 1999, pp. 280- 481.

2 Sulla dinastia hafside, Cfr. Brunschvig R., La Berbérie Orientale sous les Hafsides des origines à la fin

du XVème siècle, Paris 1940.

3 Chérif M-H., Introduction de la piastre espagnole (riyal) dans la Régence de Tunis au début du XVIIe

siècle, in «Cahiers de Tunisie», 61-64, 1968, pp. 45-55; Saadaoui A., Tunis ville ottomane, trois siècles d’urbanisme et d’architecture, Tunis 2001, pp. 17-19.

4 Daoulatli A., Tunis sous les Hafsides, Tunis 1976, pp. 176-243; Hadda L., Il decoro architettonico

hafsi-de. Materiali per una storia dell’arte islamica in Ifriqiya (XIII-XIV), Napoli 2004, (testo in arabo), pp. 7-18.

5 Il decreto del 13 marzo 1912 venne pubblicato nella Gazzetta ufficiale (Journal Officiel) del 23 marzo

1912.

6 Gaston M., Saladin H., Arts d’Islam, Paris 2012, p. 48.

7 Ibn Khaldūn, Notices et extraits des manuscrits de la Bibliothèque Nationale de Paris, vol. XX, Paris

1863, p. 362.

8 Talbi M., Les contacts culturels entre l’Ifriqiya hafside (1230-1569) et le sultanat nasride d’Espagne

(1232-1492), in Estudios historicos, Actas del coloquio Hispano-Tunecino, 2, Madrid 1973, pp. 63-90;

Saadaoui A., Les Andalous, in Ifriqiya: treize siècles d’art et d’architecture en Tunisie, Tunis-Aix-en-Provence 2000, pp. 112-135; Hadda L., L’apport artisanal et culturel de I’immigration andalouse en

Ifriqiya pendant I’époque Hafside (Xlll-XVl s.), in «Schola Salernitana», X, 2005, pp. 235-249.

9 Ibn Saïd, citato in Saladin H., Tunis et Kairouan. Voyages à travers l’architecture, l’artisanat et les

mœurs du début du XX ème siècle, Paris 1908, p. 52.

10 Ferchiou N., Les aqueducs de Zaghouan à Carthage et leurs structures complémentaires. Note

Préliminaire, in «Africa», XVII, 1999, pp. 69-86.

11 Id, Le chant des Nymphes: les aqueducs et les temples des eaux de Zaghouan à Carthage, Tunis 2008,

pp. 50-53.

12 Solignac J.-M., Travaux hydrauliques hafsides de Tunis, in «Revue Africaine», 79, 1936, pp. 517-580. 13 Garcia Gόmez E., Observaciones sobre la “qasida maqsura” de Abu-l-Hasan Hazim al-Qartayanni, in

«Al-Andalus», 1-1, 1933, pp. 81-104.

14 Al-Abdari, Notices et extraits du voyage d’El-Abdery à travers l’Afrique septentrionale au VII siècle de

l’Hègire, trad. Cherbonneau, in «Journal Asiatique» IV, 1854, pp. 144-176, in part. p. 165.

15 Al-Omari, Ibn Fadhl Allah, Masalik al-Absar fi Mamalik al-Amsar, I. L’Afrique moins l’Egypte, trad.

Gaudefroy-Demombynes, Paris 1927, pp. 111-112.

16 Az-Zarkashī, Tārikh al-dawlatayn al-Muwahidiyya wa al-Hafsiyya, ed. H. Yakoubi, Tunisi 1998, p. 81. 17 Marmol, Description de l’Afrique, trad. N. Perrot d’Ablancourt, vol. II, Paris 1667, p. 447.

18 Ibn Khaldūn, Histoire des Berbères…, cit., vol. II, pp. 339-341.

19 Civitates Orbis Terrarum (1575), scritti di Georg Braun, disegni Frans Hogenberg e stampe di Jan

Cornelisz Vermeyen (1555-1590).

20 J.-M. Solignac, Travaux hydrauliques…, cit., p. 532.

21 Louhichi A., Abu-Fihr, un monument hydraulique hafside du XIIIème siècle: archéologie et histoire, in

«Africa», XIII (1995), pp. 155-181.

22 J.-M. Solignac, Travaux hydrauliques…, cit., p. 537.

23 Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXXV, 48, 169, fa riferimento nel I secolo d.C. alla terra cruda

collo-candola, con il legno e la pietra, tra i materiali da costruzione più antichi. In Marocco, in particolare, la tecnica del pisé registra una straordinaria continuità fino ai giorni nostri, essendo ancora utilizzata per costruire monumentali edifici a più piani: Cfr. Hadda L., La necropoli merinide (XIV s.) del parco

archeo-logico di Chella in Marocco, in «Restauro archeoarcheo-logico», Università di Firenze - Facoltà di Architettura,

Bollettino del Gruppo di Ricerca sul restauro archeologico, Firenze, 3, 2008, pp. 25-29.

24 Ibn Khaldūn, Discours sur l’Histoire universelle, Al-Muqaddima (Prolégomènes), trad. V. Monteil, Arles

1997, pp. 640-641.

25 Cfr. Solignac M., Recherches sur les installations hydrauliques de Kairouan et des steppes tunisiennes

du VIIe au Xle siècle (J.-C.), in «Annales de l’Institut d’Etudes Orientales», 10, 1952, pp. 5-273 in part.

pp. 237-239; Mahfoudh F., Architecture et urbanisme en Ifriqiya Médiévale (Proposition pour une

nou-velle approche), Tunis 2003, pp. 96-103.

26 Qadi an-Nu’man, al-Majālis wa al-Musāyarāt, ed. H. Fekih, B. Chabbouh, M. Yaalaoui, Tunisi 1978, p.

325.

27 Kitāb al-Istibsār fi ‘ajā’ib al-amsār, ed. S.Z. Abdul Hamid, Alessandria 1958, p. 101.

28 Tra i più interessanti contributi dedicati all’architettura palaziale nella Spagna medievale: Cfr. Navarro

Palazón J., Sobre Palacios Andalusíes (siglos XIV), in Vivir en Palacio enla Edad Media, Siglos

XII-XV, Segovia 2005, pp. 111-144; Almagro Gorbea A., Palacios medievales hispanos, discurso del 27 de

enero de 2008, Real academia de bellas artes de San Fernando, Madrid 2008.

29 Cfr. Ruggles F., Los jardines de la Alhambra y el concepto de jardín en la Espagna islámica, in Al

Andalus, Las Artes Islámicas en España, a cura di J.D. Dodda, Madrid 1992, pp. 162-171 ; Zangheri L.,

Lorenzi B., Rahmati N.M., Il giardino islamico, Firenze 2006, pp. 390-402.

30 Il Corano, Surat al-Anbiya’, versetto (aya) 30.

31 R. Brunschvig, La Berbérie Orientale …, cit., pp. 387-388.

32 Léon L’Africain, Description de l’Afrique, trad. A. Epaulard, vol. II, Paris 1956, p. 44. 33 Braun G., Hogenberg F., Civitates Orbis Terrarum, vol. II, Colonia 1575, p. 57.

34 Ibn Abi Dinar, Al-mu’nis fi akhbāri Ifriqiya wa Tunis, ed. M. Chammam, Tunisi 1967, pp. 19-20.

Bibliografia

- Brunschvig R., La Berbérie Orientale sous les Hafsides des origines à la fin du XVème siècle, Paris 1940.

- Daoulatli A., Tunis sous les Hafsides, Tunis 1976.

- Gafsi Slama A., Notes sur les jardins d’Abu Fihr en Tunisie, in «Estudios sobre Patrimonio, Cultura y Ciencias Medievales», 3-4, 2001, pp. 187-195.

l’altra porta c’è quasi sempre un elegante atrio, dove chiacchierare con gli amici. Ci sono bagni assai comodi che puoi trovare a Fes, anche se lì le case non sono così spaziose. Nel suburbio trovi spesso orti ordinati che producono frutti non abbondanti ma di grande qualità: mele, limoni, rose, e ogni tipo di fiori soprattutto dal luogo detto Bardo, dove sta la reggia, cinta da tanti bellissimi giardini.

La città ha tutt’intorno, fino a quattro o a cinque miglia, bellissimi e numerosi campi di olivi, da dove traggono un buon olio, che non solo basta per la città, ma ne esportano grosse quantità anche in Egitto.

Bruciano il legno di questi olivi e ne fanno carboni, comunque il legno è molto scarso, e non so dove sia più scarso di lì”33.

Nel XVII secolo, lo storico tunisino Ibn Abi Dinar ci conferma che nel parco di Abu Fihr era rimasto solo il grande bacino e qualche rovina34.

- Ibn Khaldūn, Histoire des Berbères, trad. De Slane, vol. II, Paris 1999.

- Louhichi A., Abu-Fihr, un monument hydraulique hafside du XIIIème siècle: archéologie et histoire, in «Africa», XIII, 1995, pp. 155-181.

- Solignac J.-M., Travaux hydrauliques hafsides de Tunis, in «Revue Africaine», 79, 1936, pp. 517-580.

ment. Al-Omari (1301-1349), instead, stated that Abu Fihr was located roughly 3 miles away from the city. He said the that the water was brought to the two aqueducts by a canal coming from Zaghuan, a mountain that was two days distance from Tunis, and by a canal that arrived at the

centre of the citadel9.

In addition, the chronicles of az-Zarkash (15th century) attest that the restoration of the aqueduct,

finished in 1267, was destined to serve the waterworks of the royal gardens10. Another, more

detailed description, is provided by the historian Ibn Khaldun (133-1406): “In the vicinity of the

capital he [al-Mustansir] laid out a garden to which he gave the name Abu-Fahr that was much

admired and celebrated by all. [...] Nothing was overlooked so as to enhance the charm of a site

whose fame should be known throughout the world”11.

The park of Abu Fihr, with its gardens, pond, pavilions and buildings were neglected after the death of prince al-Mustansir in 1277. According to the historian Brunschvig, Tunisia went through a long period of political instability that lasted until the end of Caliph Abu Faris’s (1394-1434)

reign12. The park was probably abandoned due to the disuse of the aqueduct and the building of

immense royal residences in the Bardo area of the city. In effect, in the 16th century, the traveller

the Leo Africanus described only the buildings and the gardens of Bardo of the 17thcentury13. The

Tunisian historian Ibn Abi Dinar confirms that only the large pond and some ruins were left in the

park of Abu Fihr14.

The Hafsidi ruled over medieval Tunisia, with its capital at Tunis, for almost three centuries. Only

towards the end of the 15thcentury1, after the fall of Granada in 1492, were they threatened by the

Spanish who pushed their boats towards the Maghreb coast. The rising power of the Spanish and the consequent fear of succumbing to the corsairs drove them to call on the Turks. This led to the

conquest of the city of Tunis by Sinan Pasha in 15742.

Even though Hafsid Tunisia experienced continuous conflict, it experienced a period of great economic and cultural prosperity, in particular under Princes al-Mustansir ibn Abi Zakariyā (1249-1277), Abū Fāris ‘Abd al-’Aziz (1394-1434) and Abū ‘Amr ‘Uthmān (1436-1488). Numerous mon-uments were built in that period. Amongst the most famous we can cite are the Qasba with its mosque; the reconstruction of the great mosque al- Zaytūna, with the building of the annexed library; the ablution room of Mid’at es-Soltāne; the royal palaces of Ras Tabia; and the

celebrat-ed gardens of Abu Fihr3. This study concentrates, exclusively, on the courtly structural

architec-ture and on the Abu Fihr gardens described by travellers over the centuries. The park is well known mainly for the importance of its waterworks. A large pond fed by a bypass of the Roman aqueduct of Cartage and restored during the reign of Prince al-Mustansir. Today, there are few archaeological remains of the large pond (birka). The park is in northern Tunis and is part of a seven acre urban site located just at the entrance of the Ariana area. This area has been trans-formed by the building of new houses and streets. On the Western and Eastern sides, where abundant vegetation can be found, there are two walls made of abode of considerable impor-tance. At one time, they might have held two pavilions of different dimensions.

During the al-Mustansir period the royal park of Abu Fihr was used by the families of the ruler and by the aristocracy of the capital who built their villas there and whose sumptuousness and mag-nificence still amazes visitors today. These villas are reminiscent of the luxury and opulence of the royal palaces of Alhambra in Granada, with their parks and gardens where water constituted

a fundamental element on which all life is born4. Ibn points out that the culture of the royal parks

drew inspiration from Andalusia: “The majority of its inhabitants [Tunis] descend from the

Andalusians who took refuge there during the 7thcentury from the Hegira”5.

Abu Bakr ibn Saïd also affirms that the artistic splendour of Morocco could be found in Tunis, where the Hafsid sultan built numerous monuments, palaces, and planned parks and gardens in the Andalusian and Agdal of Marrakesh fashion. All the architects were of Andalusian origin, just as were the bricklayers, the carpenters, the artists, and the gardeners.

The plans for his buildings were drawn up by the Andalusians, or copied from the monuments

erected in this country6. The waterworks, commissioned by the Sultans of Hafsid for the park of

Abu Fihr, occupies a prominent place for the restoration, the consolidation and the restoration of a considerable segment of the antique Roman aqueduct of Cartage, whose waters rose from the mountains of the city of Zaghuan approximately 60 kilometres away. The immense public infra-structure was built under the emperor Hadrian (120-138 A.D.) and was completed, probably, under Septimius Severus (193-211 A.D.) who added some water collection systems for the water

that flowed from the Juqqar Mountains7. The renovations carried out in the 13thcentury by the

sul-tan Al-Mussul-tanisir did not involve the whole structure.

One of the Sultan’s principal objectives was to reactivate the section of the aqueduct that fed the city of Tunis and the royal gardens of Abu Fihr.

The beauty of the gardens of Abu Fihr and the sumptuousness of the restoration of the Roman waterworks captivated poets, historians and travellers. In Medieval texts they were always pre-ceded by the word “Jinan” or “Bustan”. According to Arab-Islamic culture, the garden reflects Koranic paradise. The classic Arabic jennat, jinan in the plural form, indicates a productive agri-cultural area located outside the city walls with orchards and fruit sellers.

Amongst the texts from that period, we can mention Rihla, by the traveller Al-Abdari, who wrote that the water of the mountain of Zaghuan was destined for the palace and the gardens of the

sultan in his diary towards the end of the 13th century8. He specified that the Hafsid ruler decided

to have this prestigious and costly project carried out for two reasons: devotion and

entertain-travellers’ testimonies of the hafsidi gardens of abu fahir in tunisi

Hadda Lamia

Notes

1 Brunschvig R., La Berbérie Orientale sous les Hafsides des origines à la fin du XVème siècle, Paris 1940.

2 Chérif M-H., Introduction de la piastre espagnole (riyal) dans la Régence de Tunis au début du XVIIe siècle, in «Cahiers de Tunisie», 61-64, 1968, pp. 45-55; Saadaoui A., Tunis ville ottomane, trois siècles d’urbanisme et d’architecture, Tunis 2001, pp. 17-19.

3 Daoulatli A., Tunis sous les Hafsides, Tunis 1976, pp. 176-243; Hadda L., Il decoro architettonico hafside. Materiali per

una storia dell’arte islamica in Ifriqiya (XIII-XIV), Napoli 2004, (testo in arabo), pp. 7-18.

4 Gaston M., Saladin H., Arts d’Islam, Paris 2012, p. 48.

5 Ibn Khaldūn, Notices et extraits des manuscrits de la Bibliothèque Nationale de Paris, vol. XX, Paris 1863, p. 362. 6 Talbi M., Les contacts culturels entre l’Ifriqiya hafside (1230-1569) et le sultanat nasride d’Espagne (1232-1492), in

Estudios historicos, Actas del coloquio Hispano-Tunecino, 2, Madrid 1973, pp. 63-90; Saadaoui A., Les Andalous, in Ifriqiya: treize siècles d’art et d’architecture en Tunisie, Tunis-Aix-en-Provence 2000, pp. 112-135; Hadda L., L’apport arti-sanal et culturel de I’immigration andalouse en Ifriqiya pendant I’époque Hafside (Xlll-XVl s.), in «Schola Salernitana», X,

2005, pp. 235-249.

7 Ferchiou N., Les Aqueducs de Zaghouan à Carthage et leurs structures complémentaires. Note Préliminaire, in «Africa», XVII, 1999, pp. 69-86.

8 Al-Abdari, Notices et extraits du voyage d’El-Abdery à travers l’Afrique septentrionale au VII siècle de l’Hègire, trad. Cherbonneau, in «Journal Asiatique» IV, 1854, pp. 144-176, in part. p. 165.

9 Al-Omari, Ibn Fadhl Allah, Masalik al-Absar fi Mamalik al-Amsar, I. L’Afrique moins l’Egypte, trad. Gaudefroy-Demombynes, Paris 1927, pp. 111-112.

10 Az-Zarkashī, Tārikh al-dawlatayn al-Muwahidiyya wa al-Hafsiyya, ed. H. Yakoubi, Tunisi 1998, p. 81. 11 Ibn Khaldūn, Ibn Khaldūn, Histoire des Berbères, trad. De Slane, vol. II, Paris 1999, pp. 339-341. 12 R. Brunschvig, La Berbérie Orientale …, cit., pp. 387-388.

13 Léon L’Africain, Description de l’Afrique, trad. A. Epaulard, vol. II, Paris 1956, p. 44. 14 Ibn Abi Dinar, Al-mu’nis fi akhbāri Ifriqiya wa Tunis, ed. M. Chammam, Tunisi 1967, pp. 19-20.

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