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Giovanni Arrighi e Eric J. Hobsbawn tra politica e relazioni internazionali

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Giovanni Arrighi e Eric J. Hobsbawn tra politica e relazioni

internazionali

iconocrazia.it/editoriale-2/

30 Giugno 2019

di Giuseppe Cascione Iconocrazia 15/2019 - "Arrighi/Hobsbawn. Politica, storia, relazioni internazionali"

Negli anni Novanta per la prima volta l’identità del Novecento è diventata un oggetto di studio che poteva giovarsi dell’analisi retrospettiva. Il 1994 può esser considerato l’anno fondativo di questo dibattito: in quell’anno infatti vennero pubblicate due opere molto diverse tra loro, eppure accomunate dal tentativo di fare i conti con il Novecento interrogandosi sull’eredità che esso lasciava negli anni in cui si accingeva a congedarsi definitivamente. Si tratta de Il secolo breve di Eric Hobsbawm e de Il lungo XX secolo di Giovanni Arrighi.

Tanti sono gli elementi che differenziano i due volumi e i rispettivi autori. Oltre alle numerose diversità metodologiche, sin dai titoli risalta la differente interpretazione del Novecento. E tuttavia non mancano delle affinità importanti: in primo luogo la comune matrice marxista, in particolar modo il comune riferimento al pensiero di Antonio Gramsci, centrale nell’opera di Arrighi, meno presente in quella di Hobsbawm che tuttavia al pensatore italiano ha dedicato numerosi scritti individuandolo come uno dei suoi massimi ispiratori. Inoltre, sebbene attraverso l’elaborazione di tesi diverse,

entrambi sono collocabili su un fronte opposto rispetto a quello che propone una liquidazione del Novecento: per Hobsbawm il XX secolo è par excellence il secolo della politica, per Arrighi è il secolo nel quale si è massimamente sviluppato il sistema

capitalistico.

Nel venticinquesimo anniversario della pubblicazione di questi due volumi – nel

frattempo diventati dei classici – Iconocrazia vuol dedicare loro un numero tematico e decide di ospitare contributi che affrontino singolarmente le tesi dei due studiosi o che li mettano in dialogo tra loro.

Nel contributo di Ferrara, si cerca di trovare un denominatore comune ai due autori attraverso l’opera di Antonio Gramsci, a partire dalla sua analisi del dopoguerra come crisi e seguendo una serie di luoghi gramsciani che si snodano nelle argomentazioni di entrambi. Delattre, dal canto suo, fa dialogare Hobsbawm con Braudel, a partire dalla nozione di temps long e con un particolare sguardo filosofico. Montalbano articola la propria riflessione basandosi sulla teoria delle transizioni egemoniche di Arrighi e rintracciando in essa la pesante ipoteca intellettuale gramsciana, applicata ad una lettura particolare della storia del capitalismo europeo novecentesco. Quarta appunta

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infine la propria attenzione sulla lettura della vicenda sovietica, facendo interagire le tesi di Hobsbawm sull’epilogo dell’esperienza comunista nell’URSS con quelle di altri autori che, negli anni immediatamente successivi al crollo del blocco socialista, hanno rivolto il proprio sguardo al di là della cortina di ferro, in particolare quelle dello storico francese François Furet e dello storico tedesco Ernst Nolte.

Giuseppe Cascione

Professore Associato di Filosofia Politica Università degli Studi di Bari Aldo Moro More Posts

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internazionali" | RSS 2.0 Responses are currently closed, but you can trackback from your own site.

Iconocrazia Rivista scientifica semestrale di scienze sociali e simbolica politica ISSN 2240-760X | Aut. Trib. di Bari n. 3690//2011 - num Reg. Stampa 42 Bari © 2012 | designed by POOYA

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