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Ritorni, riappropriazioni, nuovi approcci nelle vicissitudini dell’orientalismo: l’Oriente creato dall’Oriente

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Academic year: 2021

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R. Carbone

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Ritorni, riappropriazioni, nuovi approcci nelle vicissitudini dell’orientalismo:

l’Oriente creato dall’Oriente

Raffaele Carbone

François Pouillon e Jean-Claude Vatin, i curatori del volume Après l’orientalisme. L’Orient créé par l’Orient, Paris, Karthala, 2011, che racchiude buona parte dei contributi di un convegno svoltosi all’Institut du Monde Arabe, a Parigi, nel giugno 2011, si sono proposti di tornare sulle vivaci discussioni che si sono sviluppate intorno all’orientalismo. Essi hanno inteso analizzare le dimensioni sia storiche che attuali del processo intentato contro questo complesso campo del sapere, che ha cercato – tra il XVIII e il XX secolo – di conoscere le lingue, le culture, le forme di civiltà situate a sud e a est dell’Europa. Le molteplici voci di questo libro hanno ricostruito la genesi dell’orientalismo, il modo in cui questo sapere a metà strada tra l’erudizione e la curiosità intellettuale è stato rielaborato in contesti periferici e come le società e gli Stati emersi dopo la dissoluzione del colonialismo hanno recuperato in nuove situazioni etniche e nazionali categorie e discorsi germinati sotto il segno dell’orientalismo. Gli autori di queste ricerche mettono in questione l’approccio e la metodologia degli studi di Edward Said: a riguardo i saggi della prima sezione, Retours sur l’orientalisme, rievocano i limiti e gli errori fattuali e di interpretazione di Orientalismo e segnalano, ad esempio, le semplificazioni di quegli autori che, influenzati dal libro saidiano, hanno colto in testi e produzioni artistiche orientalisti un’impronta razzista e imperialista. In particolare, si rileva che se si vuol esaminare come certe immagini dell’Islam e del mondo arabo sono state forgiate in Occidente, non ci si deve limitare alle élites universitarie e letterarie, ma occorre interessarsi anche ad altri tipi di produzione (romanzi rosa, teatro, cinema, cartoline postali, canzoni popolari, etc.). Parimenti, è stato messo in luce il contributo che gli intellettuali orientali hanno fornito all’erudizione tra il XVII e il XIX secolo e si è dimostrato che un certo orientalismo – quello, ad esempio, “cristiano” del XVII secolo – non poteva ridursi a un mero strumento di appropriazione e di dominazione imperialista né alla pura produzione di stereotipi dell’alterità. Con l’intento di fornire nuovi approcci alla problematica in questione, nella seconda sezione, dedicata agli Orients pluriels, sono stati esaminati aspetti e forme che ha assunto l’orientalismo interno ai diversi imperi orientali come, ad esempio, il rapporto tra il centro civilizzatore dell’impero cinese e le popolazioni situate alle frontiere della Cina e i diversi discorsi sull’Islam formulati nel corso dell’esperienza sovietica. I contributi della sezione Relectures indagano particolari aspetti o momenti di alcuni lavori dedicati ai mondi orientali nel corso del XX secolo, soffermandosi sul ruolo svolto da studiosi autoctoni nelle indagini etnografiche o antropologiche quali osservatori non estranei alla cultura descritta. Nell’ultima parte, Patrimonialisations, sono studiati quei processi attraverso i quali in contesti orientali si è realizzata una riappropriazione di produzioni artistiche, letterarie o artigianali la cui identità orientale è stata una creazione europea: attraverso l’esame, ad esempio, della ricezione araba de Le mille e una notte o della presenza di un museo di arte araba in Egitto, si intende far luce sulle modalità con cui certe immagini dell’Oriente forgiate in Occidente vengono problematicamente riprese o rielaborate nell’Africa mediterranea e nel Vicino Oriente.

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