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L'annata agricola 1995 nel Veneto : prime valutazioni

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Academic year: 2021

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ISTITUTO NAZIONALE DI ECONOMIA AGRARIA

OSSERVATORIO DI ECONOMIA AGRARIA PER IL VENETO

GERHARD KUEHL

L'ANNATA AGRICOLA 1995 NEL VENETO

Prime valutazioni

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PRESENTAZIONE

Con questa pubblicazione l'Osservatorio di Economia Agraria per

il Veneto, seguendo una antica e consolidata tradizione, presenta

in anteprima i principali risultati conseguiti dall'agricoltura

nell'anno 1995. Come evidenziato più dettagliatamente nelle pagine

che seguono, si è trattato di una annata non positiva

particolarmente sotto il profilo delle quantità prodotte. Come

media generale la produzione lorda vendibile dell'agricoltura

veneta ha presentato nel 1995 un aumento del 4% rispetto all'anno

precedente, in termini monetari. Ovviamente questi valori sono

calcolati al netto delle compensazioni ettariali che l'Unione

Europea, in virtù della riforma Mac Sharry, concede sui cereali e

sulle colture oleaginose. L’ammontare complessivo è notevolmente

aumentato, peraltro soltanto una parte è stata incassata dagli

agricoltori, mentre il resto sarà erogato entro la prossima

primavera. Il prossimo anno dovrebbe portare a livello di politica

comunitaria indicazioni più precise sul completamento della

riforma della PAC per il settore del vino e dei prodotti

ortofrutticoli e su eventuali nuovi orientamenti che la

Commissione e il Consiglio dell'Unione Europea vorranno seguire.

La pubblicazione si rivolge in particolare modo a quanti operano

a diretto contatto con il mondo rurale. Si coglie l'occasione per

ringraziare quanti con le loro informazioni hanno contribuito ad

ampliare e verificare le nostre rivelazioni. In particolare si

ringrazia l'Ufficio Statistica della Regione Veneto, il

Dipartimento per i Servizi Speciali dell'Agricoltura, il

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le malattie delle piante e il p.a. Otello Mezzalira dell'Ufficio

INEA di Contabilità Agraria per il Veneto. La pubblicazione,

dovuta al dott. Gerhard Kuehl, è stata sponsorizzata dalla Banca

Popolare Veneta, alla quale va rivolto il nostro più vivo

ringraziamento.

Prof. Ottone Ferro

Direttore dell'Osservatorio di Economia Agraria per il Veneto

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INDICE

Introduzione pag.

Andamento climatico pag.

Cereali pag.

Piante industriali pag.

Patate e colture orticole pag.

Colture frutticole pag.

Vite pag.

Latte pag.

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Introduzione

L’annata agraria appena trascorsa verrà molto probabilmente ricordata per i numerosi aspetti contrastanti che l’hanno caratterizzata. In sintesi sotto il profilo quantitativo le produzioni agricole hanno registrato diminuzioni talvolta anche sensibili a causa di avversità meteorologiche particolarmente pesanti. Decisamente migliore la situazione sotto il profilo della commercializzazione con gran parte delle quotazioni tendenti a cospicui rialzi.

Le opposte tendenze registrate nei campi e nei mercati hanno contribuito da un lato a diminuire la produzione lorda vendibile in termini reali oltre l’1%, mentre in termini nominali si è registrato un incremento superiore al 4%. L’andamento climatico è stato decisamente negativo tanto che la maggioranza dei prodotti ha subito conseguenze sia in termini di rese sia di qualità dei prodotti. Per fortuna la scarsità di prodotto ha portato ad un rialzo dei prezzi sui mercati interni, influenzati anche dal cattivo andamento a livello mondiale di molti prodotti, dal concomitante smantellamento degli stock comunitari e dalla debolezza della nostra valuta. A questo proposito la svalutazione della lira ha anche favorito un’impennata dell’export italiano con l’affermazione del made in Italy e un’ulteriore aumento delle compensazioni comunitarie.

Tra i vari comparti i risultati più lusinghieri si sono ottenuti tra le coltivazioni erbacee. Se nel complesso in termini quantitativi si sono mantenuti i livelli raggiunti nel 1994, in termini monetari l’aumento della produzione lorda vendibile ha sfiorato il 10% rispetto all’anno precedente. I mercati cerealicoli hanno registrato forti tensioni con prezzi euforici in particolare per il mais, prontamente ridimensionati alla raccolta, ma comunque sempre molto favorevoli. Tra le oleaginose continua la crescita del girasole, mentre comincia ad affermarsi il colza. Stazionaria appare la situazione per quanto riguarda la soia e il tabacco. La patata e le colture orticole hanno recuperato sui mercati le perdite produttive registrate in campo. L’unica situazione veramente negativa tra le colture erbacee riguarda la

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barbabietola da zucchero letteralmente falcidiata dall’inclemenza del tempo.

Complessivamente negativo è stato l’andamento delle produzioni arboree. In termini quantitativi la riduzione è stata superiore al 10%. I danni causati dal maltempo sono stati particolarmente gravi per la frutta estiva, soprattutto drupacee, e per le produzioni di uva. Soltanto nel comparto delle mele e delle pere gli andamenti possono considerarsi discreti. I vistosi recuperi delle quotazioni nei principali mercati hanno peraltro limitato i danni, tanto che nel complesso la contrazione in termini di produzione lorda vendibile è stata intorno all’1%.

Anche nel settore zootecnico il buon andamento di mercato ha compensato risultati produttivi piuttosto incerti. La produzione lorda vendibile si è attestata su valori superiori del 3% a quelli del 1994. Il settore latte ha beneficiato della svalutazione della lira che ha reso più caro il latte tedesco spingendo i trasformatori veneti ad aumentare l’approvvigionamento interno. Qualche difficoltà si riscontra per il settore carni, turbato dalla querelle sull’IVA, per il rincaro dei mangimi. In rosso il comparto avicolo, uova a parte, e cunicolo, mentre una certa ripresa c’è stata per i suini.

A fronte di un risultato positivo delle produzioni agricole relativo alla fase di commercializzazione, va rimarcato il generale aumento dei prezzi dei mezzi tecnici. Secondo le prime stime di fonte Ismea si registrano aumenti del 20% per i concimi, del 5% per diserbanti e terzisti, del 15% per gli antiparassitari, del 13% per i mangimi. Incrementi particolarmente forti si sono avuti per i prodotti energetici, in alcuni casi fino al 100%, come conseguenza della svalutazione della lira. E’ probabile quindi che una valutazione delle performance del settore agricolo veneto in termini di valore aggiunto fornirà indicazioni meno soddisfacenti di quelle ottenute dall’analisi dell’andamento della produzione lorda vendibile.

Va peraltro ricordato che i risultati complessivi di alcuni comparti vanno integrati con gli aiuti al reddito previsti dalla riforma della PAC. Nel 1995 la nuova organizzazione comune di mercato per le colture cerealicole e proteoleaginose e per le

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produzioni bovine e ovicaprine è entrata a pieno regime. Quindi le compensazioni espresse in ECU sono aumentate oltre il 7% rispetto al 1994 e tali dovrebbero rimanere nei prossimi anni. Per l’Italia già nei due anni precedenti la congiuntura valutaria aveva consentito di incrementare considerevolmente l’ammontare degli aiuti espressi in lire (da 1761 lire per ECU nel 1992 a 2167 lire per ECU nel 1993 e infine a 2340 lire per ECU nel 1994). Quest’anno la lire verde si è assestata su valori leggermente inferiori all’anno precedente (2311 lire per ECU). Le domande per le compensazioni sono cresciute per mais, girasole e colza, mentre appare diminuita la superficie iscritta per la soia. Sostanzialmente stabile il set aside. Nel complesso la superficie interessata nel Veneto è stata di 460 mila ettari con un aumento del 14% rispetto al 1994. In sostanza l’ammontare complessivo delle compensazioni ricevute dagli agricoltori veneti è cresciuto in modo considerevole. In realtà la sorpresa più grande l’ha riservata il mercato dato che in origine gli aiuti al reddito avrebbero dovuto compensare una consistente flessione dei prezzi almeno per queste produzioni. Come già rilevato in precedenza la temuta riduzione non è avvenuta, anzi i prezzi si presentano tendenzialmente al rialzo negli ultimi due-tre anni. Quindi gli aiuti al reddito più che compensare le perdite di produzione lorda vendibile sembra siano serviti ad integrare il valore aggiunto del settore agricolo.

Tra le misure di accompagnamento della riforma va segnalato l’avvenuto decollo del programma di incentivazione all’adozione delle pratiche ecocompatibili (reg. 2078/92). Dai 5,7 miliardi della scorsa annata agricola si è passati all’erogazione di quasi 19 miliardi nel 1994/95. Hanno incontrato il favore degli agricoltori soprattutto le misure rivolte alla riduzione dei fertilizzanti e pesticidi, all’agricoltura biologica e all’introduzione di alberature e siepi, interessando una superficie complessiva poco inferiore ai 20 mila ettari.

Malgrado alcuni risultati soddisfacenti, le aspettative degli operatori del settore permangono abbastanza incerte. La progressiva riduzione del grado di protezione accordato finora a numerose colture sta rendendo le produzioni più influenzabili

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dagli andamenti di mercato. L’accresciuto ruolo del mercato è probabilmente la maggiore novità per gli operatori del settore. Non va peraltro dimenticato il peso ancora notevole che le decisioni comunitarie hanno sulle sorti dei singoli comparti. Dopo la riforma del 1992, durante il 1995 è arrivata a definizione la regolamentazione per il settore dello zucchero e sono iniziati i primi tentativi di porre mano ad una nuova revisione del sistema degli aiuti al reddito. Ma per numerosi agricoltori veneti il maggiore elemento d’attesa è costituito dalla riforma delle organizzazioni comuni di mercato per il comparto ortofrutticolo e vitivinicolo prevista per il prossimo anno.

Andamento climatico

L’andamento meteorologico del 1995 è stato decisamente particolare, tanto da poterlo considerare un anno climatologicamente anomalo. Tutte le stagioni si sono infatti presentate con caratteristiche inusuali per la nostra regione arrecando danni considerevoli all’agricoltura.

L’inverno è stato ricco di precipitazioni, pur se di limitata entità, concentrate in particolare a fine febbraio, il che ha portato a ritardare la semina della bietola. Le precipitazioni a carattere nevoso sono state scarse, mancando anzi del tutto in pianura, date le alte temperature, soprattutto per quanto riguarda i valori minimi. Il gelo, così scarso nei mesi tradizionalmente più freddi, si è preso la sua spiacevole rivincita all’inizio della primavera: nei giorni del 21 e del 31 marzo infatti la temperatura è scesa al di sotto dello zero in tutta la pianura toccando punte di -5/-6° C nelle zone più basse. Inevitabili i danni sugli albicocchi, susini e peschi, che si trovavano già in fase di fioritura o di prefioritura, ma anche sui meli e peri, le cui gemme erano ancora in fase di orecchiette di topo. Ultimi colpi di coda del freddo si sono avuti tra il 15 e il 16 aprile, quando le brinate hanno sorpreso le gemme dell’actinidia appena germogliate.

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La primavera è stata caratterizzata da piogge molto persistenti intervallate da un periodo di secco tra la metà di aprile e l’inizio di maggio e da temperature alternativamente al di sopra e al di sotto della media stagionale. L’entità delle precipitazioni, fino a 6 volte la media stagionale nel mese di maggio e oltre il doppio della media per giugno, ha portato a danni, localmente rilevanti, per le numerose esondazioni e alluvioni che hanno colpito praticamente tutte le provincie venete, mentre nella montagna bellunese i problemi più gravi sono derivati dai numerosi movimenti franosi. Le piogge hanno causato inoltre fallanze all’emergenza per il mais la soia e la bietola, fino a rendere necessario in alcuni casi una seconda semina. L’impossibilità di entrare in campo con le macchine ha creato sensibili difficoltà al regolare svolgimento delle operazioni colturali. La persistenza delle precipitazione ha determinato inoltre l’insorgere di gravi problemi fitosanitari, in particolare attacchi perniciosi di peronospora della vite, ticchiolatura delle pomacee e batteriosi sulle drupacee.

Il periodo estivo è iniziato senza sorprese. A fine giugno si è installata sul Mediterraneo un’alta pressione che ha riportato il sole e il caldo, fino a temperature di 35 - 36 ° C. Si sono riscontrati casi limitati di siccità. Il mese di agosto è stato nuovamente dominato dalle piogge, persistenti e abbondanti, mentre la temperatura è rimasta al di sotto della media stagionale. Nuovi danni si sono, quindi, avuti su quasi tutte le colture per opera dei violenti temporali e delle trombe d’aria che si sono abbattuti sulla pianura veneta. Particolarmente gravi sono stati i danni nel Basso Polesine. In aggiunta a tutto ciò le grandinate hanno colpito numerose zone nelle provincie di Verona, Vicenza, Padova e Treviso. Problemi per le colture dovuti all’andamento climatico si sono manifestati anche con ritardi nello sviluppo e nella maturazione e per le difficoltà delle operazione colturali, in primo luogo dei trattamenti antiparassitari. Settembre è proseguito nella scia del mese precedente, ma con una minore entità delle piogge, che ad ogni modo hanno superato del 30% i valori medi stagionali. Per limitare i danni economici patiti dagli agricoltori la Giunta regionale si è attivata per chiedere

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al Ministero il riconoscimento della natura calamitosa degli eventi più gravi.

Archiviata un’estate decisamente anomala, all’inizio di ottobre si è insediato sul nostro cielo, con notevole ritardo, il grande assente del periodo estivo, ossia l’anticiclone delle Azzorre, regalandoci tempo stabile e temperature particolarmente miti per tutto il mese. Anche il resto dell’autunno è stato caratterizzato prevalentemente da tempo sereno e temperature elevate. La mancanza di precipitazioni ha creato qualche problema nelle semine dei cereali autunno-vernini e nei diserbi in presemina, ma ha anche ostacolato alcune malerbe e favorito la stabilizzazione dell’azoto.

Cereali

La superficie investita a frumento tenero è aumentata quest’anno intorno al 10%, ma l’aumento sarebbe stato più forte se non si fosse registrata una diminuzione di 500 ettari in provincia di Rovigo. Nel complesso si assiste negli ultimi tre anni ad una ripresa di interesse per questa coltura, che negli anni passati aveva subito drastiche riduzioni di superficie. Rispetto al 1994 l’incremento è stato particolarmente forte, vicino al 20%, in provincia di Padova che già primeggiava detenendo circa il 25% della superficie regionale.

L’andamento stagionale non è stato particolarmente negativo, ma le piogge hanno causato dapprima fenomeni di allettamento a seguito delle alluvioni primaverili, successivamente qualche difficoltà per la raccolta. La resa è così in netto calo (-5/-7%) attestandosi al di sotto dei 60 Q.li/Ha. Particolarmente pesante la contrazione della resa nel veneziano, mentre più contenute rispetto alla media sembrano essere le perdite in termine di resa in provincia di Verona e di Padova. La quantità dei prodotti è aumentata pertanto soltanto del 3%. Sul fronte dei prezzi le cose sono andate invece decisamente bene complice la rivalutazione del Franco francese, le scarse disponibilità interne nel paese transalpino, l’elevato prezzo del mais che ha spinto i mangimifici

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ad aumentare il peso del frumento nella composizione dei mangimi. Grazie ad un aumento medio del prezzo superiore al 10% la Produzione Lorda Vendibile monetaria per il frumento è così cresciuta del 15%, incremento superiore persino a quello registrato tra il 1991 e l’annata record del 1992.

Il frumento duro, in assenza del premio speciale concesso viceversa nel centro-sud è in forte ritirata. La superficie si è infatti dimezzata rispetto al 1994, mente già lo scorso anno si era registrata una riduzione di circa il 10% e di oltre il 20% nel 1992. In aggiunta anche le rese sono state particolarmente modeste, cosicché nonostante l’alto livello dei prezzi la Produzione Lorda Vendibile monetaria si è anch’essa quasi dimezzata. In contro tendenza Venezia dove comunque l’aumento del 42% della superficie ha portato la coltura ad appena 185 ettari.

L’orzo ha visto calare la superficie del 10% seguendo una tendenza ormai in atto dai primi anni novanta. La preferenza per la coltura del mais e l’assenza di convenienza economica del secondo raccolto di soia in mancanza di una specifica compensazione hanno quasi dimezzato la superficie investita nell’arco di 6 anni. Un altro motivo dello scarso investimento è stata la piovosità che ha impedito di entrare in campo per le semine. Si rilevano comunque tendenze diverse a livello provinciale: in provincia di Treviso e Vicenza sono stati seminati oltre 1.250 Ha in più, con aumenti delle superfici rispettivamente del 16% e del 7% rispetto al 1994.

Dal punto di vista climatico il 1995 è stato positivo grazie all’abbondanza d’acqua. Le rese sono comunque appena superiori a quelle dell’anno precedente. Anche l’orzo ha beneficiato dell’euforia sul mercato del mais guadagnando 6 punti percentuali nel prezzo. La Produzione Lorda Vendibile è così cresciuta in un anno di poco meno del 10%.

Per il mais è stato senz’altro un anno favorevole. Neppure il maltempo ha influito sulla coltura le cui rese sono invece aumentate mediamente quasi del 20, nonostante i ristagni di acqua che in molte zone hanno costretto a semine tardive e causato sofferenze all’inizio del ciclo vegetativo e nonostante che in prossimità della fecondazione le elevatissime temperature abbiano

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determinato in alcuni casi l’incompleta formazione della granella nell’apice della spiga. La superficie è rimasta praticamente costante, come conseguenza delle contrazioni di circa 5.000 Ha di Treviso e di 3.000 Ha di Padova e degli aumenti delle provincie di Rovigo, Verona e Vicenza. Le rese di quest’anno stabiliscono un nuovo record positivo per il Veneto. Negli ultimi quindici anni solo nel 1990 e nel 1992 si erano superati i 90 Q.li/Ha. A livello provinciale il miglioramento è sì generalizzato, ma non omogeneo. Si distinguono tra le diverse provincie quelle di Verona e Rovigo con incrementi che sfiorano il 25% e rese che dovrebbero oltrepassare i 100 Q.li/Ha. Intorno ai 95 Q.li/Ha appaiono le rese in provincia di Padova e Treviso, ma con incrementi rispetto al 1994 ben diversi: oltre il 20% per Padova, intorno al 5% per Treviso. Infine appena oltre i 90 Q.li/Ha dovrebbero attestarsi le rese nel veneziano e nel vicentino con incrementi rispettivamente intorno al 15 e al 10%.

I prezzi come si è già anticipato sono stati, fino a ridosso della raccolta, alle stelle, grazie anche all’atteggiamento accorto dei venditori, ma soprattutto in virtù delle diminuzioni delle produzioni nel resto dell’Unione, eccezion fatta per la Spagna, dell’esaurimento degli stock, della cattiva annata a livello mondiale e in particolare negli Stati Uniti, della chiusura sostenuta della campagna precedente e non ultimo della svalutazione della moneta che ha reso proibitivo non solo il mais estero, ma anche i sostitutivi mangimistici. Il buon andamento stagionale e l’aumento delle superfici a livello nazionale hanno poi ridimensionato il prezzo, che si è comunque attestato su valori assolutamente di rispetto con un aumento sullo scorso anno di oltre il 15% quando le trattazioni del nuovo prodotto sono entrate nel vivo.

Vale la pena notare che la causa remota di questo andamento del prezzo è comunque la riforma della PAC, che introducendo il riposo obbligatorio e contenendo pertanto le produzione, ha eliminato quelle eccedenze che portavano il prezzo di mercato ad allinearsi tendenzialmente con il prezzo di intervento. Tra gli effetti previsti e desiderati del nuovo ordinamento di mercato dei cereali vi era dunque proprio lo stabilirsi di un prezzo di

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mercato superiore al prezzo di intervento stabilito in sede comunitaria. Logico che in presenza di andamenti climatici avversi i prezzi salgano ulteriormente a tutto vantaggio di quelle zone, l’Italia nel caso specifico del 1995, dove la campagna è viceversa andata per il meglio.

Il duplice risultato positivo sul fronte delle quantità e su quello dei prezzi ha determinato una Produzione Lorda Vendibile di oltre 700 miliardi di lire con un aumento di quasi il 40% rispetto al 1994. Se a ciò aggiungiamo le pingui compensazioni i maiscoltori non possono che essere soddisfatti dell’annata.

Facile previsione per il prossimo anno un rinnovato interesse per la coltura, che potrebbe però riservare delusioni perché molti fattori del successo del mais appaiono legati alla contingenza. In particolare un’ulteriore aumento delle superfici a livello nazionale potrebbe comportare il superamento della superficie di base con conseguente diminuzione delle compensazione e aumento della percentuale di riposo obbligatorio per la successiva campagna.

Per il riso il buon andamento climatico è stato interrotto solo dal freddo di agosto che ha portato a qualche ritardo di crescita. La resa media sembra comunque essersi incrementata del 7% rispetto all’anno precedente. La domanda molto attiva e il prezzo sostenuto dello scorso anno hanno portato ad un considerevole aumento della superficie (15-20%). Il prezzo è rimasto elevato in particolare per la più pregiata varietà Arborio. Sommando gli incrementi produttivi al buon andamento di mercato si riscontra un aumento del 30% della Produzione Lorda Vendibile. Da segnalare che i prezzi a livello di Unione Europea sono in regresso, mentre si attende la redazione del nuovo regolamento in un clima di aspro contrasto tra l’Italia e gli altri membri.

Colture industriali

Per la bietola non è esagerato dire che nulla è andato come doveva. A cominciare dalle decisioni di investimento, che in

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particolare nei comprensori forti del Polesine e del padovano hanno visto la coltura poco più che stazionaria nonostante le aumentate assegnazioni degli zuccherifici. Si nota addirittura un deciso regresso nel veronese. Questo disamoramento per la bietola ha più di una ragione. Da una parte vi è infatti la concorrenza del mais, meno laborioso e più sicuro, grazie soprattutto alle compensazioni, dall’altro la situazione di incertezza dovuta ai ritardi nella definizione dell’ordinamento di mercato e dell’accordo interprofessionale.

Il tempo atmosferico è andato esattamente al contrario delle esigenze della coltura. Le prime difficoltà si sono avute già nell’autunno 1994 per le lavorazioni di base, poi sono arrivate le piogge nell’epoca della semina con i conseguenti ritardi, subito dopo il secco, poi di nuovo un eccesso di precipitazione, per di più su terreni mal preparati, con conseguenti problemi di asfissia. Grossi problemi sono derivati anche dalle infestazioni da giavone, favorito ancora dalle piogge e dalla conseguente difficoltà di intervenire con i trattamenti. Infine nella seconda decade di agosto, questa volta in particolare sul Veneto occidentale, ha colpito in modo pesantissimo la cercospora. Se infatti le varietà oggi usate resistono bene agli attacchi di luglio, non altrettanto si può dire degli attacchi tardivi, che devono essere combattuti con almeno tre trattamenti.

Il risultato di tutto ciò è un autentico record negativo. Dopo la buona annata del 1992 le cose nel corso degli anni sono andate di male in peggio. Le rese in radici sono scese quest’anno a 420 Q.li/ha con polarizzazioni medie al di sotto dei 13°. Particolarmente negativa la produzione nelle zone più vocate del rodigino, padovano e veneziano dove le rese in radici sono scese in molti casi al di sotto dei 300 Q.li/Ha con polarizzazioni di poco superiori ai 12,5°. Un po’ meglio nei comprensori bieticoli settentrionali ed occidentali, comunque sempre molto al di sotto dei normali valori produttivi. Per la purezza, grazie alle nuove varietà, non esistono invece ormai più problemi.

In base all’accordo interprofessionale del 22 novembre il prezzo base ha subito un forte incremento. Il prezzo per una polarizzazione di 16° è stato infatti fissato a 11.300 Lire/q.

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Purtroppo a causa delle basse polarizzazione raggiunte si attesta per i produttori veneti su livelli molto inferiori.

In termini di Produzione Lorda Vendibile è stato conseguito il peggior risultato tra tutte le produzioni venete con una riduzione intorno al 25% rispetto all’anno precedente.

Per il prossimo anno in base all’accordo il prezzo sarà di 11.600 lire/Q.le, nonostante il regolamento UE preveda la diminuzione dell’aiuto per il nord Italia del 33%. E’ stata inoltre ammessa la possibilità per i bieticoltori di approvvigionarsi direttamente presso le ditte sementiere.

La soia dopo il leggero incremento dello scorso anno è tornata a contrarsi in termini di superfici, che sono state infatti nel 1995 poco superiori ai 70.000 ettari. Solo a Verona vi è stato un lieve incremento. La diminuzione degli investimenti è senz’altro dovuta alla mancata differenziazione del premio comunitario per la coltura nel regime semplificato. Ciò, date le più basse rese rispetto ai cereali, determina la perdita di convenienza economica per i piccoli produttori, ai quali non conviene normalmente aderire al regime generale. Solo i grandi produttori, obbligati ad aderire al regime generale, che prevede maggiori compensazioni per la soia, sono ancora interessati alla coltura.

L’accordo interprofessionale ha preso ancora una volta come prezzo di base quello della borsa di Chicago, aumentato però quest’anno di 3.500 Lire/Q.le, anziché di 1.500 come avveniva nel 1994. Quest’aumento riflette la difficoltà dei macinatori di approvvigionarsi di materia prima, il che provoca la sottoutilizzazione degli impianti, l’aumento dei costi e la perdita di redditività per l’industria. Ancor più però il timore per il futuro è quello di una contrazione delle superfici che induca Bruxelles a tagliare la quota di produzione assegnata al nostro paese.

Per chi ha investito nella coltura il 1995 non è stato avaro. L’abbondante disponibilità idrica ha infatti giovato alla coltura che ha fatto segnare un aumento delle rese del 9%. Dall’altro lato, la carenza di materia prima ha spinto il prezzo al rialzo, portandolo a superare le 40.000 lire al quintale con un guadagno del 9,5% rispetto al 94. Le prospettive della coltura sono

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strettamente legate al contributo comunitario. Per il prossimo anno si potrebbe pertanto ipotizzare un aumento della superficie, tanto più che i risultati raggiunti quest’anno incoraggiano gli agricoltori in questa direzione.

I dati disponibili sul girasole appaiono contrastanti. Sembra comunque che le superfici siano aumentate di poco, grazie soprattutto, all’espansione nel padovano. Le avverse condizioni atmosferiche nel periodo estivo-autunnale, che hanno ritardato le operazioni di raccolta, hanno inciso sulle rese produttive, che nel Nord-Est d’Italia dovrebbero registrare una diminuzione intorno al 7%. Leggermente migliori appaiono essere le prestazioni del girasole alimentare.

Il mercato, perdurando la situazione deficitaria a livello di Unione Europea, è stato buono, anche in considerazione della diminuzione delle produzioni sudamericane e dell’incremento dei consumi nei paesi asiatici. Si registra quindi un lieve aumento anche sul fronte dei prezzi. Ciò fa ben sperare per il futuro, anche se un’eventuale, seppur non molto probabile, recupero della lira potrebbe in parte compromettere le buone prospettive in termini di prezzo.

Sul fronte dei rapporti con l’industria sono stati stipulati gli accordi interprofessionali sia per il girasole alimentare sia per il no-food. Il primo accordo, comprendente anche il colza, è frutto di una lunga e difficile trattativa e vede imporsi il principio del prezzo unico, eliminando lo svantaggio per i produttori più lontani dagli stabilimenti di trasformazione. Il prezzo più basso compensava per l’industria il maggior costo di trasporto. Quindi l’espansione delle colture dovrebbe risultare favorita. Per il girasole a destinazione non alimentare l’accordo è viceversa stato raggiunto a tempo di record.

L’annata è stata nel complesso accettabile per il tabacco nonostante un avvio difficoltoso a causa delle piogge persistenti che hanno costretto a posticipare i trapianti, normalmente eseguiti tra fine aprile e il 20-25 maggio, arrivando fino alla prima settimana di giugno. Pochi danni invece sono venuti dalla grandine. La raccolta è decorsa in modo regolare, le rese sembrano essere nella norma e la qualità ottima. Le superfici sono rimaste

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invariate. Il prezzo è cresciuto in media con il tasso di inflazione. La Produzione Lorda Vendibile è così diminuita in misura molto contenuta, a fronte di una resa più bassa di quasi il 5% rispetto al 1994. Su scala nazionale le cose non sono andate altrettanto bene e si prevede che la produzione resterà sotto quota. A livello mondiale invece gli aumenti delle produzioni dei paesi asiatici e dello Zimbabwe determineranno una maggiore produzione, nonostante la contrazione delle produzioni statunitensi, dove gli sforzi si concentrano sul miglioramento qualitativo. Le prospettive per la coltura nel Veneto sono buone.

Patate e colture orticole

Le piogge hanno costretto alla semina ritardata anche della

patata. In seguito, con le basse temperature, hanno bloccato

l’emergenza e creato problemi nel diserbo di pre-emergenza, portando in alcuni casi il diserbante a contatto col tubero. Si sono riscontrati forti attacchi di peronospora e Pseudomonas solanaceum. Quest’ultimo è un batterio, importato in un lotto di semente inquinata proveniente dall’Olanda, che ha reso necessaria la distruzione di vari appezzamenti nei quali è stato stabilito per decreto il non ritorno per 5 anni della coltura. Il pericolo che l’epidemia si possa ripresentare veicolata dalle solanacee spontanee impone un’attenta vigilanza da parte dei pataticoltori. A seguito dell’andamento climatico le rese si sono fermate poco oltre i 300 Q.li/Ha con una diminuzione della produzione del 5%. Le rese sono state particolarmente basse rispetto alla norma nel vicentino e nel padovano, discrete viceversa nel trevigiano e nel bellunese.

Nonostante la concorrenza con i cereali, che poteva far prevedere un calo di interesse per la patata, la superficie è invece in aumento dell’8-10%. Ciò si spiega in funzione dei prezzi molto alti del ‘94 e forse anche per la nascita di un importante centro di contrattazione denominato “borsa patate” a Bologna e per la stipula dell’accordo interprofessionale, tutti fattori che hanno contribuito a dare elementi di certezza e dunque di fiducia

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agli agricoltori. Il mercato continua ad essere favorevole, i prezzi sono infatti ulteriormente saliti mediamente del 13-15%. Soltanto in chiusura dell’anno i prezzi appaiono in ribasso per un’eccedenza di mercato dovuta alla riduzione dei consumi anche a livello industriale. La redditività è comunque buona pur se il prezzo del seme è particolarmente alto, data la rivalutazione del Fiorino olandese.

Per le colture orticole il 1995 è stato un anno discreto malgrado le basse temperature, che hanno caratterizzato buona parte dell’estate, abbiano rallentato un po’ i consumi. Nel complesso la contrazione produttiva di un certo rilievo (circa -3%) è stata controbilanciata da un aumento dei prezzi. La Produzione Lorda Vendibile non dovrebbe avere significative differenze rispetto all’anno precedente.

Per quanto riguarda la fragola va subito segnalato il posto sempre più importante che va assumendo la tecnica del fuori suolo, a cui si stanno convertendo molte delle principali aziende venete, in particolare nel veronese. Le gelate di marzo hanno provocato dei danni, ma anche portato, per il successivo abbassamento termico alla scalarità delle produzioni. A livello fitosanitario sta avendo successo la lotta biologica contro i tripodi tramite l’insetto predatore Orius, mentre in coltura autunnale non è stato efficace il controllo dei lepidotteri ad opera del Bacillus thuringesis. In crescita anche i danni provocati dal miride Ligus per il quale non esistono attualmente prodotti efficaci che siano al contempo selettivi verso la fauna utile. Sia per quanto riguarda le produzioni sia per i prezzi non si segnalano particolari scostamenti rispetto al 1994.

Per il pomodoro il 1995 è stato un anno disastroso al sud, ma non è andato bene nemmeno al nord. Nella nostra regione, dove già l’investimento era segnalato in calo del 10%, è andata persa quasi la metà della produzione. Particolarmente colpite sono state le province di Venezia, Rovigo e Verona. Il prezzo non è aumentato di conseguenza segnando un +15% per il pomodoro da mensa e stabilità per quanto riguarda l’industria, nonostante le difficoltà di approvvigionamento cui quest’ultima è stata soggetta.

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Anche la lattuga ha sofferto per le piogge di marzo ed i conseguenti attacchi di peronospora all’interno delle serre, contro cui scarsamente efficace è stata la lotta fino al ristabilirsi delle condizioni meteorologiche. Di nuovo le piogge di giugno hanno causato ingiallimenti e marciumi basali. A luglio è stata invece la Liriomiza a causare consistenti danni anche per la mancanza di un prodotto fitosanitario utilizzabile sulla lattuga. Le basse rese hanno avuto come effetto una diminuzione della produzione complessiva intorno al 9%, nonostante la crescita delle superfici sia stata dell’ordine del 10%. La campagna di commercializzazione ha avuto esiti soddisfacenti.

Per il radicchio i problemi derivano dalla mitezza dell’autunno che ha portato alla maturazione contemporanea di tutto il radicchio rosso che solitamente è invece ben scalato. Il clima favorevole anche alla altre colture ha determinato un’offerta insolitamente alta di tutti i prodotti orticoli autunnali. La disponibilità di un’ampia gamma di prodotti è risultata gradita al consumatore che ha ripartito i consumi di orticole tra tutti i prodotti riducendo quelli di radicchio, tradizionalmente più alti nel periodo.

Colture frutticole

La produzione di mele ha risentito nel Veneto dell’anomalo andamento climatico. Le gelate hanno causato perdite molto rilevanti, soprattutto in provincia di Vicenza, in seguito si è abbattuta la grandine, questa volta con maggior violenza nella bassa veronese. La pezzatura è risultata piccola e la qualità non buona perché i frutti sono derivati dalla seconda allegagione, essendo la prima rimasta distrutta dal gelo. Si è avuta una forte incidenza di cancro necrotico in molte zone in seguito alle grandinate con lesioni alla corteccia e per la pioggia successiva. Si riscontra una diffusione sempre più vasta della carpocapsa, mentre la cidia è stata segnalata su impianti posti in vicinanza del pesco.

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La superficie è calata del 7% soprattutto in conseguenza degli estirpi. Nell’annata 1994/95 si sono infatti concentrati il 56% degli espianti in termini di superfici, superando pertanto la somma dei 3 anni precedenti. L’intervento comunitario per l’estirpazione dei meleti, giunto quest’anno a conclusione, ha favorito complessivamente l’espianto dall’annata 1990/91 di 767 ettari.

Le rese sovvertendo i timori iniziali si sono attestate al di sopra dei 340 Q.li/Ha. In realtà le performances produttive sono state molto buone solo nel veronese e nel trevigiano mentre sono risultate in diminuzione rispetto al 1994 in tutte le altre provincie e in particolare in quella di Vicenza. Per spiegare il dato medio regionale va tenuto presente che in provincia di Verona si concentrano oltre i 2/3 dei meleti.

La disponibilità elevata di prodotto non ha condizionato negativamente la campagna di commercializzazione. I prezzi sono stati infatti buoni, arrivando fino alle 750 lire/Kg. Questo dato apparentemente contraddittorio si spiega da un lato con il cattivo andamento delle produzioni di altri fruttiferi, in generale delle drupacee, dall’altro dalla minore pressione dell’offerta a livello comunitario. Tale contrazione si deve agli estirpi, che hanno interessato circa l’8% della superficie impiantata nell’Unione, escludendo l’Italia, all’assottigliarsi degli stock e al cattivo andamento climatico in Francia e ancor più in Germania, dove le perdite dovrebbero risultare intorno al 30% della produzione.

Le variazioni di superfici, rese e prezzo nel Veneto hanno determinato per la Produzione Lorda Vendibile un aumento del 16%. La superficie è prevista in crescita per l’entrata in produzione dei nuovi impianti, malgrado il programma di incentivazione si sia concluso.

Per il pero le perdite sono state sensibili in termini quantitativi, ma pure il recupero del prezzo è stato maggiore rispetto al melo. Sul fronte fitopatologico si è notata la presenza di ticchiolatura, insolita sul pero, mentre problematico è stato il controllo della psilla. Il controllo biologico è risultato infatti spesso tardivo, quello chimico non sempre

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efficace. La maculatura bruna ha richiesto una lotta molto onerosa a causa della piovosità di maggio e giugno.

La superficie complessiva è aumentata, grazie, anche in questo caso, ai nuovi impianti veronesi. Le rese sono state buone in provincia di Verona, piuttosto basse nel veneziano e soprattutto nel padovano, non troppe lontane dai valori del 1994 nelle altre provincie, e ciò vale anche per la media regionale. La quantità prodotta è aumentata nel complesso di oltre il 5%. Sul mercato gli agricoltori hanno spuntato prezzi decisamente buoni, inferiori solo a quelli del 1991. Grazie al buon andamento del mercato la Produzione Lorda Vendibile ha fatto un deciso balzo in avanti rispetto all’anno precedente (+20%).

Il gelo ha compromesso quasi la metà della produzione regionale di pesche e nettarine, ben oltre le contrazioni registrate a livello nazionale. Nell’area più importante, vale a dire la pianura veronese, solo per la cultivar Redhaven si sono ottenute rese quasi normali. Per il resto le perdite interessano tutte le cultivar sia per le pesche gialle, sia per le bianche e in misura ancora più elevate le nettarine e le percoche. Le fitopatie non hanno causato particolari problemi, del resto per la maggior parte dei produttori, soprattutto del veronese e del padovano, non era rimasta molta produzione da difendere.

Inevitabili gli aumenti di prezzo, che hanno permesso a molti produttori di mantenere il livello di reddito sugli standard degli anni passati, considerando anche la riduzione dei costi. Complessivamente la Produzione Lorda Vendibile ha subito una contrazione del 15%.

Sul fronte della politica comunitaria è stato definito il regolamento per l’estirpazione che prevede un premio di 5.000 ECU/Ha (vale a dire circa 11 milioni di lire) per una superficie minima di 0,5 Ha con l’obbligo di non reimpiantare per 15 anni. Le domande devono essere presentate entro il 31 gennaio 1996. Secondo quanto riferito dagli operatori del settore questo nuovo regolamento non dovrebbe avere un effetto marcato sul territorio veneto, data la buona redditività offerta dalla coltura.

Per gli altri fruttiferi segnaliamo l’annata scarsa dal punto di vista produttivo, ma buona se non ottima sul fronte del prezzo

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per il ciliegio e per le drupacee in genere. In ripresa anche il prezzo del kiwi, per il quale sta tornando un certo interesse, sia a livello di mercato finale sia per quanto riguarda il mondo agricolo. Analogo il discorso per quanto riguarda il kaki.

Vite

Anno difficile anche per la vite colpita dalle piogge, dal freddo e dalla grandine nei momenti più delicati e, sempre come conseguenza secondaria del maltempo, da notevoli problemi fitosanitari. Le continue piogge hanno infatti reso in molti casi del tutto inefficaci gli interventi. Grande virulenza ha manifestato la plasmopara arrivando ad attaccare anche i grappoli, così come ha fatto, almeno sulle varietà a grappolo compatto, la botrite. In seguito si è sviluppato l’oidio, che ha colpito soprattutto i più sensibili vitigni delle aree collinari, costringendo a raddoppiare i trattamenti. Da segnalare anche l’escoriosi e le malattie da deperimento della vite, che colpiscono ormai anche piante di soli 7 od 8 anni.

Le varie avversità hanno colpito il territorio veneto in modo abbastanza differenziato: la grandine si è fatta sentire in particolare nel vicentino e nel veneziano, la pioggia, il freddo e la peronospora hanno danneggiato in maniera particolarmente grave le produzioni trevigiane, mentre la botritis ha interessato in modo più pesante il vicentino e quindi il trevigiano e il veronese. Queste due ultime provincie sono state le più esposte anche agli attacchi dell’oidio, l’espansione della flavescenza dorata infine si è manifestata massimamente sulle varietà Garganega e Prosecco.

Dopo tante traversie comunque l’annata si è chiusa in modo più positivo, date le condizioni meteorologiche autunnali caratterizzate da caldo e secco, che hanno favorito la maturazione e la vendemmia. Così le pur scarse produzioni sono state in parte di ottima qualità. In parte perché purtroppo in altri casi si

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segnalano problemi di acidità, di odori di muffa, di bassa gradazione e di bassa resa alla mostatura.

La produzione complessiva di vino non raggiungerà i 6 milioni di quintali con una flessione di oltre il 15% rispetto all’anno precedente. Tale calo è dovuto in massima parte alle perdite di cui si è detto, che riguardano soprattutto Vicenza e Padova. Per quanto riguarda le superfici si possono considerare sostanzialmente stazionarie, data la diminuzione inferiore all’1% che si registra. Anche le domande di estirpazioni sono infatti diminuite sia in termini di numero di domande, 901 contro le 1150 (di cui 995 accolte) del 1994, sia in termini di superfici, 866 ettari contro i 1247 (di cui 828 accolti) sempre del precedente anno. In particolare per i DOC pare che gli espianti siano compensati dai reimpianti.

In termini di Produzione Lorda Vendibile gran parte della perdita del comparto è stata recuperata sul mercato, dove le scarse produzioni e la buona qualità hanno portato le quotazioni ad aumenti del 15% rispetto al 1994. La prevedibile contrazione della Produzione Lorda Vendibile si è attestata intorno al -5%.

Latte

Nel comparto del latte ciò che accade in stalla passa ormai quasi in secondo piano rispetto ai molti avvenimenti dei palazzi di Bruxelles e di Roma.

Eppure a ben guardare le novità hanno il sapore del già vissuto. Ancora una volta infatti le note più positive derivano, non da fattori interni, ma semplicemente dalla congiuntura valutaria, che rendendo più caro il latte straniero e in particolare quello tedesco, rende più appetibile il latte nostrano per i trasformatori, spingendo il prezzo al rialzo. In realtà vi è da segnalare la tendenza delle multinazionali operanti sul nostro territorio a non concedere aumenti di prezzi, e di ciò si ha la riprova vedendo lo scarso incremento concesso in sede di accordo interprofessionale, appena 34 lire. Ad ogni modo almeno nel Veneto

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il prezzo di mercato è lievitato, tanto che rispetto al 1994 si sfiora il 10% di aumento.

Ancora polemiche per le quote sia per la sottoscrizione dei tagli lineari alla quota B da parte del nostro ministero sia per il ritardo con cui sono state fornite le norme per la presentazione delle dichiarazioni produttive. Particolarmente spinosa la questione della compensazione nazionale, che dovrebbe a norma di legge andare a beneficio solo della montagna e delle zone svantaggiate, ciò implica il rischio del pagamento del superprelievo per alcuni allevatori nelle zone più produttive del Nord. Situazione difficile da digerire considerando che l’Italia non supera la quota ed ancor più se si pensa che la quota è largamente al di sotto del fabbisogno interno.

Una autentica novità è invece l’imminente creazione della borsa delle quote latte, che dovrebbe rendere più trasparente la compravendita delle stesse.

Carni

L’intero comparto rischia di essere messo in difficoltà per la crisi del settore mangimistico. La situazione è evoluta nel corso dell’anno in modo abbastanza singolare. Il prezzo dei cereali e in particolare del mais ha raggiunto livelli molti alti, per la scarsità del prodotto e la concorrenza negli approvvigionamenti da parte delle amiderie, dato anche il cambio sfavorevole e i conseguenti alti costi dei sostitutivi dei cereali. Tale aumento ha dapprima lasciato il prezzo immutato, in quanto le grandi case hanno preferito assorbire l’aggravio dei costi riducendo i propri margini. Anche i piccoli produttori sono stati costretti a fare altrettanto per non perdere clienti, ma in breve si sono ritrovati in seria difficoltà, tanto che molti hanno dovuto chiudere o essere inglobati nei gruppi maggiori. A questo punto, però, perdurando la situazione di sovra quotazione dei cereali indotta dalla PAC, anche il costo dei mangimi è stato ritoccato. In

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conclusione gli aumenti nei prezzi dei mangimi sono stati dell’ordine del 10-15%.

Parecchia confusione ha regnato anche su questo comparto dal punto di vista normativo. L’IVA sui prodotti zootecnici è stata dapprima portata al 19% poi ridotta al 16%, ma solo per il prodotto finale, in seguito anche per gli animali vivi, alla fine ribassata fino al 13%, ma per il prosciutto cotto rialzata dal 10 al 16%.

A seguito degli accordi GATT hanno perso di validità le licenze di esportazione assegnate prima del mese di maggio, mentre quelle di maggio e giugno restano riconosciute e la quantità esportata ai paesi membri non viene computata, fatte salve alcune restrizione basate sulla media delle esportazioni.

Per i bovini c’è un leggero miglioramento dei prezzi, che non copre però nemmeno l’inflazione, e comunque il trend pare in peggioramento. La dinamica del mercato permane comunque molto limitata in termini di quantità trattate, nonostante il maggior equilibrio del mercato che si è raggiunto grazie alla riduzione degli stock a livello comunitario.

Sul lato dei costi, oltre a quanto detto sui mangimi, c’è da rilevare un calo dei prezzi dei ristalli che fa seguito a prezzi molto sostenuti nella prima parte dell’anno a causa della situazione valutaria. I prezzi elevati hanno indotto gli allevatori a ridurre gli acquisti determinando così la flessione dei corsi che non riguarda comunque il bestiame più pregiato di cui vi è un’offerta contenuta.

Probabilmente l’aumento del prezzo del latte orienterà alcuni produttori maggiormente verso quel settore portando ad una diminuzione dell’ingrasso. Un primo effetto della favorevole situazione del comparto latte si è avuto sul mercato delle carni di vacca, poiché gli allevatori per sfruttare appieno la capacità lattifera degli animali ne hanno ritardato la macellazione. La contrazione dell’offerta non ha però inciso sui prezzi dato il livello estremamente basso della domanda.

I produttori di suini hanno visto migliorare il mercato rispetto al 1994 grazie al buon andamento dei consumi di carni fresche e dei prosciutti e all’assottigliarsi delle scorte, sia a

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livello di complessi industriali sia di distribuzione. Un contributo rilevante è venuto anche dal declino delle produzioni degli altri paesi comunitari con conseguente riduzione dei flussi di importazione. L’Italia è infatti l’unico paese dell’Unione in cui, secondo l’ISMEA, le produzioni suinicole del 1995 dovrebbero essere in crescita.

Per gli avicoli da carne il 1995 è stato un anno decisamente negativo. In particolare per i broilers il cui mercato è risultato intasato dall’offerta anomala degli allevatori veneti e dell’Emilia Romagna costretti a vuotare gli allevamenti a causa di un’epidemia. Più normale la situazione per le galline leggere e medie, mentre un discreto rialzo si va profilando per i tacchini e le faraone. L’inizio dell’anno aveva ingenerato in realtà ottimismo nel settore e molti allevatori avevano sfruttato il basso prezzo dei mangimi per aumentare le produzioni visto il livello piuttosto sostenuto della domanda. Tale componente si è però affievolita determinando un eccesso dell’offerta che si era ormai espansa. Nel contempo i prezzi dei mangimi hanno cominciato a salire, mettendo così in crisi la redditività delle produzioni. Anche la tradizionale ripresa di consumi in corrispondenza dell’estate, quando le carni bianche vengono preferite alle rosse, si è presentata in ritardo e in modo attenuato.

Va tenuto conto che l’applicazione degli accordi GATT ha reso necessario per i prodotti avicoli una contrazione delle esportazioni finanziate verso il mercato mondiale e ciò genera una maggior pressione dell’offerta sul mercato interno.

Le uova continuano a segnare prezzi in ascesa e grande vivacità, con quantità trattate al di sopra della media, dopo però una prima metà dell’anno fortemente negativa.

L’annata pare essere andata piuttosto male per le carni

cunicole, la tendenza sembra però orientata al miglioramento.

Nel comparto degli ovicaprini, mentre le carni caprine risultano stazionarie, in espansione, seppur lieve, in virtù della favorevole congiuntura dei prezzi sono le carni ovine. In particolare il consumatore sembra orientarsi sulle carni di maggior pregio, nonostante il maggior costo. Ciò sovverte una caratteristica consolidata che vedeva la domanda orientata sulle

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qualità più scadenti come conseguenza di un consumo sostenuto dagli strati più poveri delle popolazione, che risultano più legati alle tradizioni, quali ad esempio quelle alimentari del periodo pasquale. Particolarmente positiva la congiuntura per l’allevamento ovino da latte.

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PUBBLICAZIONI A CURA DELL'OSSERVATORIO DAL 1990:

L'annata agricola 1989 nel Veneto (Prime valutazioni) di Luigi Gambarin e Andrea Povellato, gennaio 1990.

Il mercato fondiario nelle Venezie (1984-1988) di Luigi Galletto e Andrea Povellato, aprile 1990.

Le prospettive dell'export agro-alimentare della provincia di Venezia di Ottone Ferro, Vasco Boatto, Edi Defrancesco e Maurizio Balestrieri, luglio 1990.

I vini della provincia di Venezia. Guida alle aziende produttrici a cura di Vasco Boatto, giugno 1990.

Aggiornamento del mercato fondiario delle Venezia. Anno 1990 di Luigi Gambarin e Andrea Povellato, settembre 1990.

L'annata agricola 1990 nel Veneto (Prime valutazioni) di Luigi Gambarin e Andrea Povellato, gennaio 1991.

I vini della provincia di Venezia. Guida alle aziende produttrici a cura di Vasco Boatto, giugno 1991.

L'annata agricola 1991 nel Veneto. Prime valutazioni, di Andrea Povellato, gennaio 1992.

L'annata agricola 1992 nel Veneto. Prime valutazioni, di Andrea Povellato, gennaio 1993.

L'affitto in agricoltura, contributi di Ottone Ferro, Luigi Costato, Giuseppe Avolio, Andrea Povellato, Luigi Galletto e Gerhard Kuehl, Cetid, Venezia, febbraio 1993.

L'annata agricola 1993 nel Veneto. Prime valutazioni, di Luca Cesaro, gennaio 1994.

Impatto della riforma della P.A.C. sull'agricoltura del Veneto, di Ottone Ferro, Luca Cesaro e Andrea Povellato, Materiali di Ricerca, 1994.

Effetti economici della reintroduzione di siepi e alberature in aziende agricole, Franco Contarin, Andrea Povellato, Luca Rossetto, Materiali di Ricerca, 1994.

L'annata agricola 1994 nel Veneto. Prime valutazioni, di Luca Cesaro, gennaio 1995.

I principali indicatori economici dell’agricoltura veneta. Elaborazione dei dati contabili RICA 1990-93, di Andrea Povellato, marzo 1995 Valutazione della convenienza economica di sistemi produttivi a basso

impatto ambientale. Materiali di Ricerca, in corso di pubblicazione

Osservatorio di Economia Agraria per il Veneto Agripolis - Via Romea 35020 LEGNARO (PD)

tel. 049/8272693 fax 8272686 E-mail: ferro@ipdunidx.unipd.it

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