ABSTRACT
Elisabetta Bacchereti, Giallo e noir. Dalla tradizione al postmoderno, in «Paragone»
,nn. 78/79/80, agosto-dicembre 2008, Firenze 2009, ISSN 1120 4745, pp.105-142
Nella contaminazione dei modelli e delle scritture, nella confusione postmoderna dei linguaggi e degli stili, tentare, per il giallo e il noir, una «definizione di territorio» sembra un’operazione quanto meno anacronistica. Per verificare l’ipotesi dell’esistenza di una presunta zona classica del genere e stabilire una sorta di canone alle soglie del terzo millennio è necessario risalire alle radici storiche del romanzo d’indagine, dalla sua prima codificazione alle varie specifiche storico-geografiche: all’inglese, all’americana, alla francese e infine, all’italiana. Da Poe a Conan Doyle, da Agatha Christie a George Simenon, dall’hard boiled al noir per approdare all’Italia in giallo e nero, da De Angelis a Camilleri, passando per Scerbanenco e attraversando Gadda,Sciascia ed Eco, il saggio presenta in sintesi le articolazioni molteplici di un genere letterario investito da una popolarità sempre in crescita, ai limiti dell’inflazione e dell’implosione, talora caricato della pesante responsabilità di un nuovo “impegno”. Raccontare il crimine, , nella sua dimensione massificata ma anche negli aspetti intimi più sfuggenti, si trasforma sempre più in un allucinante viaggio di scoperta all’interno del delitto, spesso senza consolanti risarcimenti o soluzioni rassicuranti, come metaforica esplorazione del cuore di tenebra della realtà contemporanea, nel pubblico come nel privato, in caccia di una razionalità sempre più sfuggente e aleatoria, di una verità insabbiata, misconosciuta, nascosta, manipolata, negata, per l’affermazione di valori sempre più irrisi e sempre meno attuali in una società massmediologica, omologata e omogeneizzata dal desiderio del potere come dalla narcisistica esibizione del successo.