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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA DIPLOMA UNIVERSITARIO PER INFERMIERE

Tesi di Diploma

PROGRAMMI PAD (DEFIBRILLAZIONE PER LA COMUNITA’) GIA’ ATTUATI O IN FASE DI ATTUAZIONE IN ITALIA.

ESPERIENZE A CONFRONTO

Relatore: Prof. Stefano Monachesi Correlatore: Fabio Dott. D’Este

Diplomando: Valter Sartor

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INDICE GENERALE

1. Revisione bibliografica 1.1. Introduzione

1.2. Morte improvvisa cardiaca 1.3. Arresto cardiaco

1.4. Presentazione della patologia 1.4.1. Tipologia d’aritmie

1.4.2. Aritmie per le quali è indicata la defibrillazione 1.4.3. Aritmie per le quali non è indicata la defibrillazione 1.5. Trattamento dell’arresto cardiocircolatorio

1.5.1. La catena della sopravvivenza 1.5.2. Efficacia di trattamento 1.5.3. L’importanza del fattore tempo 1.6. La defibrillazione

1.6.1. Il defibrillatore 1.6.2. Tipi di defibrillatori

1.6.3. Defibrillatori a corrente bifasica

1.6.4. Funzionamento del defibrillatore automatico 1.6.5. La defibrillazione pediatrica

1.6.6. Fattori che influenzano la defibrillazione 1.6.7. Sicurezza nell’utilizzo del defibrillatore 1.7. Programmi PAD (Pubblic Acces Defibrillation)

1.7.1. Il progetto PAD

1.7.2. Consenso medico legale

1.7.3. Chi può utilizzare il defibrillatore 1.7.4. Requisiti dl defibrillatore

1.7.5. Attivazione del “First Responder” 1.7.6. Training del laico

1.8. Esperienze attuate

1.8.1. Piacenza: “Progetto vita”

1.8.2. Mestre Venezia: “Progetto Salvagente” 1.8.3. Bolzano: “Croce Bianca”

1.8.4. Abruzzo: “Progetto Vita”

1.8.5. Colleferro: “Progetto Angeli del Cuore 1.8.6. Livorno: “Livorno Salvavita”

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1.8.7. Palermo: “Aeroporto” 1.8.8. Vicenza

1.8.9. Modena: “Progetto Cuore Vivo” 2. Ricerca

2.1. Scopo ed obiettivo della ricerca 2.2. Materiali e metodi 2.3. Risultati 2.4. Commento 2.5. Proposte Conclusioni Allegati

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1. INTRODUZIONE

E’ il giorno 13 Aprile 2000, sono in turno, come tirocinante, al SUEM (Servizio Emergenza Urgenza Medica) 118 di Treviso, quando arriva una chiamata per una persona che si è improvvisamente accasciata a terra. Poche le notizie, sta male, è caduto a terra, non risponde venite, presto…

Scatta immediatamente il “Codice rosso”, sempre quando il paziente non risponde, un’ambulanza che era uscita per il rifornimento, viene subito dirottata verso il luogo dell’accaduto, contemporaneamente parte dalla centrale operativa il medico con l’automedica. All’arrivo sul posto, l’equipaggio dell’ambulanza, arrivato per primo, al controllo delle funzioni vitali, rileva: assenza di respiro e polso. Si tratta d’arresto cardiocircolatorio. Alle ore 8.20.07 si accende il defibrillatore, sono applicati gli elettrodi sul torace del paziente, contemporaneamente arriva sul posto il medico. All’analisi il monitor rileva una FV (fibrillazione ventricolare), con indicazione allo shock. Alle ore 8.20.26, si eroga il 1° shock a 200J, inizia una nuova analisi, da parte del DAE, alle 8.20.53, 2° shock a 200J, inizia la 3° analisi, il DAE non da indicazione allo shock e consiglia di controllare il paziente, viene intubato e supportato farmacologicamente, alle 8.23.22 inizia una nuova analisi, si rileva FV e viene erogato il terzo shock a 360J alle ore 8.23.40, si controlla il paziente…

L’arresto cardiocircolatorio (ACC) rappresenta una delle principali cause di morte nei paesi industrializzati, con un’incidenza di un caso su mille. In Italia le persone che ogni anno sono colpite da morte improvvisa, sono stimate intorno ai 60.000, in un’età compresa tra 20-65 anni, di questi nell’80-85% dei casi l’aritmia responsabile è la fibrillazione ventricolare e/o la tachicardia ventricolare senza polso (TV). La FV non è come il cancro, una malattia in cui si muore lentamente, in cui si ha il tempo di salutare i propri famigliari e amici, la FV è improvvisa, è una morte rapida, che colpisce persone che un attimo prima stavano bene, in soli cinque secondi si cade a terra perdendo conoscenza. La morte arriva veloce: questo è il problema. C’è solo una cosa che sia efficace, comprovata ed indiscutibile, per interrompere quest’evento: l’elettricità. Erogare uno shock elettrico alla vittima, può far ripartire il cuore, a condizione che questo avvenga entro i 5-6 minuti dall’ACC. La sua efficacia decresce, infatti, del 10% per ogni minuto che intercorre dal momento dell’evento. Dopo 10 minuti dall’ACC, lo stato ipossico, danneggia irreversibilmente gli organi nobili, cervello, cuore, reni, condannando a morte l’individuo, nonostante, si tentino manovre rianimatorie anche avanzate. Possiamo quindi affermare, che per ottenere risultati efficaci, si deve potenziare l’efficienza con cui sono attivate tutte quelle risorse necessarie per un adeguato trattamento dell’ACC, e che trovano la loro attuazione nella così detta “CATENA DELLA SOPRAVVIVENZA”.

Le tecniche della rianimazione d’urgenza devono diventare parte del patrimonio culturale di tutti. La defibrillazione, con defibrillatori semiautomatici, in grado di fare automaticamente la diagnosi di arresto cardiaco, deve essere attivata precocemente, sia in ambiente ospedaliero che extra ospedaliero, sia da personale professionista medico, infermiere, che non professionista laico (comune cittadino), che adeguatamente addestrati all’uso di queste apparecchiature, sono una garanzia di sopravvivenza per tutti noi, da una patologia che è improvvisa, non si fa annunciare e può colpire chiunque in qualsiasi momento, con una incidenza di 1 su 1000. Se nel territorio in cui viviamo, sono necessari 10 minuti, prima che qualcuno ci

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possa dare una scarica elettrica con un defibrillatore, allora è troppo tardi, non servi a nulla, non sopravvive nessuno. Il tempo non lascia spazio, 5 minuti, difficili da rispettare con le normali procedure organizzative di soccorso, e le sempre più complesse architetture urbanistiche. Da questo i progetti PAD (Public Access Defibrillation), trovano le loro ragioni e motivazioni d’attuazione, coinvolgendo e correlando istituzioni, enti, associazioni, forze dell’ordine, popolazione, in una catena che rappresenta la lotta per la vita, una sfida alla sopravvivenza, dove tutti s’impegnano e si fanno promotori del bene e della salute altrui. Laddove la defibrillazione precoce è stata attivata, coinvolgendo la popolazione, le forze dell’ordine, i vigili del fuoco, i tassi di sopravvivenza dopo ACC sono notevolmente aumentati, Seattle ha registrato aumenti del 30%, Rochester nel Minnesota 45% se confrontati con l’1% di New York, si capisce perché proporla con tanta insistenza.

Naturalmente questo impone una ampia diffusione del DAE, e prima ancora che tutti i mezzi di soccorso, ambulanze, siano equipaggiate con defibrillatori ed infermieri abilitati all’uso dello stesso.

In tutto questo processo, l’infermiere gioca un ruolo decisivo, nella formazione del laico, nella gestione delle apparecchiature, nella raccolta dei dati nonché nella verifica delle abilità richieste per il funzionamento di queste apparecchiature salvavita.

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1.2. Morte improvvisa cardiaca - epidemiologia

“Decesso che avviene inaspettatamente, di solito nel sonno o a riposo o, in ogni caso istantaneamente o nel volgere di pochi minuti, in soggetti fino a quel momento in condizioni d’apparente benessere.”1

La morte cardiaca improvvisa (MIC) è dovuta ad una brusca ed irreversibile alterazione della funzione cardiaca, tale da rendere incompatibile un’adeguata perfusione cerebrale. Se questo squilibrio, non è corretto entro 2-6 minuti, spontaneamente o mediante rianimazione cardiopolmonare (CPR), si determina un danno cerebrale irreversibile, con conseguente morte biologica dell’individuo.2 La MIC è la più frequente causa di morte nella popolazione, tra i 20 e i 65 anni, seguono le neoplasie, e le morti d’origine traumatica.3 Secondo i dati ISTAT del 1998, il 46% dei decessi nella nostra Nazione avviene per malattie cardiovascolari.

Nell’80% dei casi, la cardiopatia ischemica è la malattia più frequente che si riscontra, e in metà dei casi è sconosciuta e si presenta come fattore d’esordio, di una patologia, che fino a quel momento non aveva dato nessuna sintomatologia premonitrice all’individuo.4 Il 40% dei pazienti rianimati fuori dell’ospedale, dopo arresto cardiaco, non riferisce nessun sintomo prodromico.5 Il progetto Monica6, evidenziò che circa la metà delle morti improvvise è istantanea, oltre il 60% avviene entro 10 minuti dalla comparsa dei sintomi e nel 95% dei casi, colpisce persone in ambiente extraospedaliero.7

La più frequente causa di morte improvvisa, per arresto cardiocircolatorio, nel 65-80% dei casi è rappresentata da aritmie ipercinetiche: Fibrillazione Ventricolare (FV), il rimanente 20-30% da Asistolie, più rare sono le cause imputabili a tachicardie ventricolari sostenute, ed a dissociazione elettromeccanica.8 L’incidenza annuale negli Stati Uniti D’America è di 300-400.000 casi, 0,5-1 caso su 1000.9

Verosimilmente uno studio condotto in Italia denominato, “Friuli Venezia Giulia Arrest Cardiac Study FACS”10, condotto in Friuli Venezia Giulia, confermò il valore d’incidenza annuo nello 0,95 per mille. Ciò significa che ogni anno per ogni milione di abitanti ne muoiono 950 per ACC.11 Nella nostra regione il basso tasso di sopravvivenza globale 6,7%, rispetto ad altri Stati, dove sono state intraprese soluzioni al problema, impone di avviare tutte quelle metodologie possibili di trattamento, all’evento morte improvvisa cardiaca.

1

De Agostini, Enciclopedia della Medicina, p. 578:Istituto Geografico De Agostani S.p.a. 2

Ibidem, p.578 3

Chiaranda M., Guida illustrata delle emeregenze, p.1, Ed. Piccin 4

Forum elettrofisiologico. Tachiaritmie ventricolari maligne. Diagnosi e trattamento p.9 5

Attilio Maseri. La cardiopatia Ischemica p.571, Ed. Lusofarmaco 6

“Progetto Monica”:(Multinational Monitoring of Trends and Determinants in Cardiovascular Disease), lanciato nel 1982 dall’OMS con l’obiettivo di misurare l’andamento nel tempo della mortalità cardiovascolare e della morbosità coronarica e stimare quale relazione esista tra questi indici e le modificazioni dei fattori di rischio coronario, dello stile di vita, dell’assistenza sanitaria e delle caratteristiche socio-economiche in comunità definite di diversi paesi. In Italia si sorvegliò la popolazione di età compresa tra i 25-64 anni, in Friuli 501000 persone, in Brianza 445000 ed a Latina 357000.

7

Forum elettrofisiologico, op.cit., p.12 8

Hoffman M., Rauhe W., Mantovani G.-Capella G., Il Cuore, Assistenza al paziente cardilogico, p.137, Ed. Sorbona 9

Forum elettrofisiologico, op.cit., p.9 10

Studio FACS: Lo studio condotto nella Regione Friuli Venezia Giulia, nel 1993-94, ha esaminato l’epidemiologia dell’arresto cardiaco in modo prospettico multicentrico. Gli scopi dello studio sono stati: valutazione dell’efficacia del BLS in relazione al ritorno di circolazione spontanea, la percentuale di FV come ritmo d’esordio, le sequele

neurologiche dopo 24 ore e 48 ore, i dimessi vivi dall’ospedale e l’outcome ad un anno. 11

Kette F.-Sbrojavacca R.-Rellini G.- Topolini G.-Capasso M.-Arcidiacono D.-Bernerdi G.-Frittita P.:”Epidemiologia e tasso di sopravvivenza nell’arresto cardiaco extra-ospedaliero, nel Nord-Est d’Italia: Lo Studio FACS”;N&A (1998)

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1.3. Arresto cardiaco

Comunemente si parla d’arresto cardiaco, ma sarebbe più corretto parlare d’Arresto Cardiorespiratorio (ACR), poiché la funzione respiratoria e cardio-respiratoria, sono strettamente interconesse fra di loro. Ad un arresto primitivamente circolatorio, fa rapidamente seguito un arresto respiratorio; viceversa ad una cessazione dell’attività respiratoria segue invariabilmente il rapido deterioramento dell’attività cardiaca con conseguente arresto.12

Per arresto cardiaco (AC), s’intende un’improvvisa cessazione delle funzioni di pompa del cuore che porta alla morte se non adeguatamente e tempestivamente trattato.

La causa d’insorgenza di quest’evento può essere ricondotta fondamentalmente a:

a. Un arresto dell’attività cinetica della pompa ventricolare, d’origine elettrica o meccanica, b. Ad un arresto dell’efficacia di pompa legato ad una gittata cardiaca assente.

Nel primo caso (a), la natura è di tipo elettrico, inibizione della nascita dell’impulso (blocco senoatriale), o la sua propagazione lungo le normali vie conduttrici, (blocco atrioventricolare), in assenza del subentro di un valido ritmo idioventricolare o giunzionale. Si può inoltre verificare, una discrepanza, tra l’impulso elettrico che si propaga normalmente lungo le vie conduttrici, e la funzione contrattile; si ha in questo caso una sospensione dell’attività meccanica che non risponde allo stimolo elettrico (Attività Elettrica senza Polso PEA). Nel secondo caso, invece, vi è la compromissione dell’efficacia di pompa, a causa o di una frequenza cardiaca talmente elevata da rendere insufficiente il tempo di riempimento ventricolare (in caso di tachicardie ventricolari sostenute o flutter ventricolari), o per una contrazione caotica, disorganizzata e quindi non più efficace, di tutte le miocellule ventricolari. La cessazione dell’attività di pompa determina, oltre alla scomparsa di tutti i polsi arteriosi, uno stato d’ipossia che si ripercuote a livello cerebrale, causando perdita di coscienza (cinque secondi), ed arresto respiratorio.

Le complicanze di un arresto cardiocircolatorio dopo adeguata rianimazione, sono fondamentalmente legate alla durata dello stato anossico in cui versa il paziente. Si possono quindi avere quadri d’insufficienza d’organo specifici o generalizzati, come anche deficit neurologici reversibili o irreversibili. La regressione spontanea dell’arresto avviene molto raramente (si tratta o di tachicardie ventricolari, specie torsione di punta, o di comparsa di ritmo idioventricolare di supporto, dopo periodi più o meno lunghi d’asistolia). In assenza d’intervento appropriato, l’arresto cardiocircolatorio conduce a morte nel giro di pochi minuti. 13

12

Htpp://web.tiscalinet.it/r_magherini/acr.html – L’Arresto Cardiaco 13

(8)

1.4. Presentazione della patologia

Obiettivamente una persona è in Arresto Cardiaco,14 quando è presente la seguente triade: 1. E’ priva di coscienza;

2. Non respira spontaneamente, o presenta un respiro boccheggiante (“Gasping”); 3. Non è possibile rilevare il polso all’arteria carotide.

In queste condizioni il paziente passerà progressivamente da uno stato iniziale di pallore cutaneo, determinato dalla vasocostrizione, alla comparsa di cianosi, dovuta all’aumento della carbossiemoglobina. L’arresto respiratorio può essere accompagnato da una serie d’atti respiratori, inefficaci, “Gasping”, entro 30-45 secondi dall’ACC, iniziano a comparire modificazioni pupillari, midriasi, correlate al danno cerebrale anossico. Nella fase più avanzata le pupille possono diventare fisse e areflessiche.15

1.4.1. Tipologia d’aritmie

I disturbi del ritmo cardiaci possono essere divisi in tre grandi categorie:

Ritmi defibrillabili: sono rappresentati da ritmi letali, che portano a morte il paziente, salvo che non si defibrilli molto rapidamente. Questi ritmi includono, la Fibrillazione ventricolare (FV) e la Tachicardia Ventricolare (TV) senza polso.

Ritmi non defibrillabili: sono ritmi per i quali, la defibrillazione non è indicata, poiché non si ha nessun beneficio. Questi ritmi includono, il ritmo sinusale normale, tachicardia sopraventricolare, bradicardia, fibrillazione atriale, attività elettrica senza polso, asistolia, ritmi idioventricolare, extrasistoli, e altri ritmi con paziente cosciente e polso presente.

Ritmi intermedi: per i quali la defibrillazione rappresenta un incerto beneficio. Questi ritmi includono la FV con polso e la TV, per la quale non è indicato lo shock.16

Di seguito analizzeremo le condizioni patologiche che maggiormente danno luogo all’arresto cardiaco: la fibrillazione ventricolare, la tachicardia ventricolare senza polso, la dissociazione elettromeccanica e l’asistolia.

14

Htpp://web.tiscalinet.it/r_magherini/acr.html – L’Arresto Cardiaco 15

Hoffman M., Rauhe W., Mantovani G.-Capella G., op.cit., p.137, Ed. Sorbona 16

http://www.americanheart.org/Scientific/statements/1997/039701.html, American Heart Association, Automatic External Defibrillators for Pubblic Acces Defibrillation: Recommendations for Specifying and Reporting Arrhythmia Analysis Algorithm Performance, Incorporating New Waveforms, and Enhancing Safety

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1.4.2. Aritmie per le quali è indicata la defibrillazione

Fibrillazione ventricolare

La fibrillazione ventricolare è la più grave aritmia ipercinetica esistente poiché porta all’immediata cessazione, di una valida azione di pompa meccanica del cuore e quindi all’arresto cardiaco.

Nel corso della FV, il cuore, pur potendo sviluppare una gran quantità d’energia, non è in grado di utilizzarla, poiché essa è completamente disorganizzata.17

La patogenesi è ancora incerta, esistono tuttavia due teorie: una ritiene che vi sia una eccitazione di diversi foci ventricolari ectopici, e l’altra, che vi sia un movimento circolare della corrente scatenato da un singolo focus aberrante. E’ caratterizzata, da un movimento scoordinato, anarchico, vermicolare, del muscolo cardiaco, il quale perde in questo modo la capacità di contrarsi in modo efficace, e quindi l’azione di pompa.18 Clinicamente non è più possibile udire alcun battito cardiaco, né auscultare rumori respiratori, né palpare il polso.19

La FV, è la complicanza e a volte l’evento terminale di molte patologie, che può essere sia d’origine cardiaca sia d’origine extracardiaca.

D’origine cardiaca: la più frequente, la cardiopatia ischemica (infarto, angina soprattutto se instabile), le cardiomiopatie (specialmente quella dilatativa e ipertrofica), le valvulopatie (soprattutto aortiche), le miocarditi ed alcune patologie congenite.

D’origine extracardiaca, possiamo ritrovare accidenti elettrici, squilibri elettrolitici, ipotermia, ipopotassiemia, farmaci, ipovolemia.2021

Molti autori, concordano, che le migliori prognosi, si hanno nei pazienti con FV da incidente elettrico, o da causa extracardiaca correggibile: squilibri elettrolitici, farmaci, ipossia, ipovolemia ecc., mentre nei pazienti con cardiopatia strutturale (precedente infarto, cardiomiopatie, valvulopatie ecc.) il rischio di presentare recidive a lungo termine è elevato, circa il 35% a due anni.22

Tachicardia ventricolare

La TV è un’aritmia che rientra nella categoria delle aritmie defibrillabili, è caratterizzata da una frequenza molto elevata, che si presenta in meno del 10% dei pazienti colti da ACC. In questi casi all’ECG, si può

17

Michael F.,O’Keefe, Limmer D.,Harvey D.Grant, Robert H.Murray Jr. J.David Bergeron, Pronto Soccorso e Interventi di Emergenza, Come funziona il defibrillatore automatico esterno, p.348, Ed.McGraw-Hill Ottava Edizione 18

Chiaranda M., Guida Illustrata delle Emergenze, p.192, Ed.Piccin 19

Brunner L., Suddarth D., Nursing Medico Chirurgico, Ed. Ambrosiana 20

Hoffman M., Rauhe W., Mantovani G.-Capella G., op.cit., Fibrillazione Ventricolare, pp.195-196, Ed. Sorbona 21

Stevens Alan, Lowe James, Patologia, La morte cardiaca improvvisa può essere dovuta a infarto o ad aritmia, p.148, Ed. Casa Editrice Ambrosiana

22

Brunner L., Suddarth D., op.cit., Ed. Ambrosiana Figura 1

(10)

osservare un ritmo cardiaco organizzato, ma molto rapido, tale da non permettere alle camere cardiache, un sufficiente riempimento fra una contrazione e l’altra. In alcuni pazienti la TV può essere del tutto asintomatica; un defibrillatore se applicato a questi pazienti potrebbe caricarsi e chiedere di erogare la scarica, che in queste condizioni, con paziente cosciente e presenza di polsi periferici è inappropriata. Questo è uno dei motivi per cui il defibrillatore deve essere applicato solo a persona incosciente che non presenti polsi periferici.23

1.4.3. Aritmie per le quali non è indicata la defibrillazione Attività elettrica senza polso (PEA)

In una percentuale di pazienti con arresto cardiaco, variabile tra il 15-20%, vi è un deficit di pompa, pur alla presenza di un’attività elettrica relativamente normale. In questa situazione, al cuore arriva lo stimolo elettrico per contrarsi, ma il muscolo cardiaco non riesce ad avere una sufficiente contrazione, tale da permettere un’adeguata circolazione. L’eziologia del PEA può essere dovuta ad un’ipovolemia, a rottura di cuore, tamponamento cardiaco, pnx iperteso, in queste due ultime situazioni, il muscolo trova un ostacolo al suo riempimento. In tali casi la defibrillazione non trova nessuna utilità, in quanto non c’è una disorganizzazione o un’alterazione dell’attività elettrica come nella FV o nella TV, per cui la defibrillazione è controindicata.24

Asistolia

Nel restante 20-25% delle vittime per arresto cardiaco, il cuore cessa del tutto di generare impulsi elettrici, perdendo in questo modo l’unica fonte d’eccitamento in grado di far contrarre il muscolo cardiaco, che perde anche la sua funzione di pompa. All’ECG, si nota un’onda piatta, continua ed orizzontale, senza nessuna variazione. Questo può rappresentare l’evoluzione di una FV non trattata entro un determinato tempo, o l’evoluzione di malattie croniche giunte in fase terminale, di cardiomiopatie gravi o di gravi emorragie.25 La PEA e la conseguente asistolia sono facilmente reversibili, se dovute a ipovolemia, ipossiemia da asfissia, eccesso d’anestetici o ipertono vagale. La prognosi è infausta, invece, quando una FV degenera in asistolia per il passare del tempo, o in PEA dopo il fallimento della defibrillazione.26

23

Michael F.,O’Keefe, Limmer D.,Harvey D.Grant, Robert H.Murray Jr. J.David Bergeron, op.cit., Come funziona il defibrillatore automatico esterno, p.348, Ed.McGraw-Hill Ottava Edizione

24

Ibidem, p.348 25

Ibidem, p.349 26

Chiaranda M., op. cit., Attività elettrica senza polso e asistolia, p.189 Figura 2

Tachicardia Ventricolare

Figura 3 Dissociazione elettromeccanica (PEA)

(11)

1.5. Trattamento dell’arresto cardiocircolatorio

I principi che sostengono e giustificano un trattamento precoce dell’ACC sono:

I più frequenti ritmi iniziali nell’arresto cardiaco sono rappresentati dalla FV e TV senza polso 6-7 casi su 10;

L’unico trattamento attualmente efficace è la defibrillazione ventricolare;

La probabilità di successo della defibrillazione diminuisce rapidamente col trascorrere del tempo; La FV tende a degenerare in asistolia nel giro di pochi minuti;27

Il successo, quindi, del trattamento del paziente colto da arresto cardiaco dipende da una serie d’interventi critici, che trovano la loro rappresentazione metaforica, in quella che è chiamata la “Catena della Sopravvivenza”.

1.5.1. La catena della sopravvivenza

L’American Heart Association (AHA), ha adottato il termine “Catena della Sopravvivenza” per descrivere una sequenza d’interventi, nell’emergenza cardiologica, dove la defibrillazione immediata è la principale procedura salva vita. 28

La catena è rappresentata da anelli, interconessi l’uno con l’altro, i quali descrivono in modo cronologico gli interventi da effettuare nel paziente che si trovi in arresto cardiocircolatorio.

Come rappresentato in figura, i quattro anelli della catena sono costituiti da: Passo 1: Accesso precoce al sistema di

emergenza 118.

L’attivazione del sistema d’emergenza immediatamente dopo la determinazione dello stato d’incoscienza della persona, senza patologia evidente di tipo traumatico, trova giustificazione soprattutto nella consapevolezza che l’80% dei casi, la patologia è di natura

cardiologica, e in particolare si tratta d’arresto cardiocircolatorio.29

Passo 2: Avvio della Rianimazione cardiopolmonare (RCP). La rianimazione cardiopolmonare, di base, in una persona colta da arresto cardiaco, considera il sostegno delle funzioni vitali BLS (“Basic Life Support”) 30

, come sequenza di manovre che possono essere eseguite da chiunque senza l’ausilio di particolari strumenti.

27

Bonamone A., Defibrillazione, Atti del Convegno, Trattamento Avanzato dell’Arresto Cardiaco, Portogruaro (VE), 29/04/2000

28

Chiaranda M., op. cit., La catena della sopravvivenza, p.14 29

Sanson G.,Albanese P.,Diani A.,Michelutto V., L’Algoritmo Universale per l’Approccio alla Persona in Arresto Cardiaco, Atti del convegno, Trattamento Avanzato dell’Arresto Cardiaco, Portogruaro (VE), 29/04/2000

30

IRC – Italian Resiscitation Council, Manuale di BLS, Il Supporto di Base delle Funzioni Vitali (BLS), p.1

(12)

Il BLS, secondo organismi internazionali autorevoli (American Heart Association, European Resuscitation Council, World Federation of Societes Anaesthesiologists ecc.), sono necessarie per soccorrere un paziente che:

Ha perso coscienza;

Ha un’ostruzione delle vie aeree o si trova in stato d’apnea per altri motivi; E’ in arresto cardiaco.

L’obiettivo principale del BLS è la prevenzione dei danni anossici cerebrali. Le procedure sono finalizzate a:

Prevenire l’evoluzione verso l’arresto cardiaco in caso d’ostruzione respiratoria o apnea; Provvedere alla respirazione e alla circolazione artificiali in caso d’arresto cardiaco;

Sostenere un’eventuale FV, fino all’esecuzione del terzo anello della catena la defibrillazione. Passo 3: Defibrillazione precoce, cioè arrivo precoce sul posto di una equipe, in grado di praticare la defibrillazione. E’ attualmente l’anello più importante di congiunzione della catena, e sul quale i più autorevoli organismi internazionali stanno investendo moltissimo.

Passo 4: Inizio precoce del trattamento intensivo

Attuato dall’equipe medica, inviata dal 118, al fine di mantenere e stabilizzare le funzioni vitali. Prevede l’impiego d’apparecchiature per il monitoraggio e l’attuazione di procedure terapeutiche farmacologiche, per ripristinare e mantenere adeguatamente il controllo delle vie aeree, la ventilazione e la circolazione e infine provvedere al trasporto del paziente verso il centro ospedaliero più idoneo.31

31

(13)

1.5.2. Efficacia di trattamento

L’efficacia di trattamento di un soggetto in ACC, è influenzata da quattro variabili:

a. Il tempo intercorso tra l’insorgenza dell’ACC e l’inizio delle manovre rianimatorie.

Lo studio FACS,32 dimostrò una stretta correlazione tra il tempo d’intervento delle tecniche rianimatorie, e le probabilità di sopravvivenza. Nello studio emerse che coloro che avevano ricevuto un trattamento adeguato entro 1 minuto dall’insorgenza dell’ACC, presentavano una ripresa di polso e pressione nel 90% dei casi e i dimessi vivi erano del 50%. Tale percentuale diminuiva del 10% ogni minuto di ritardo dall’applicazione delle manovre rianimatorie. Jakbsson e coll.,33 riportano una casistica di 75% di incidenza di tachiaritmie ventricolari nei pazienti soccorsi entro 4 minuti dall’arresto cardiaco, il 70% fra 4-8 minuti, il 50% fra 8-12 minuti, il 40 oltre i 12 minuti. Verosimilmente uno studio condotto a Firenze su 266 pazienti colti da ACC,34 dimostrò come la frequenza di trovare un paziente in FV decresca con l’aumentare del tempo: 56% nei pazienti soccorsi entro 3 minuti, 43% fra 3 e 9 minuti, 32% fra 9 e 15 minuti, 27% fra 15 e 30 minuti.

b. Il luogo in cui accade l’evento.

La grande maggioranza degli arresti cardiaci avvengono in territorio extra ospedaliero, e l’incidenza maggiore si trova nelle città industrializzate, laddove i tempi di risposta dei mezzi di soccorso non riescono a garantire tempi accettabili, meno di 6 minuti.

c. Il meccanismo responsabile.

La sopravvivenza ad un arresto cardiocircolatorio, sostenuto da aritmia ipercinetica FV-TV è maggiore rispetto all’asistolia, o al PEA, di solito dovuto a rottura del cuore o come evoluzione patologica della FV iniziale, non trattata.

d. Condizioni cliniche prima dell’arresto.

32

Kette F.-Sbrojavacca R.-Rellini G.- Topolini G.-Capasso M.-Arcidiacono D.-Bernerdi G.-Frittita P.:”Epidemiologia e tasso di sopravvivenza nell’arresto cardiaco extra-ospedaliero, nel Nord-Est d’Italia: Lo Studio FACS”;N&A (1998) 85:pp 2-9

33

Forum elettrofisiologico, Morte Improvvisa Extraospedaliera: Incidenza, Sopravvivenza Immediata, a medio e a lungo termine, op.cit., pp.13-14

34

Ibidem, pp.13-14

Figura 5

Relazione tra il tempo di defibrillazione in caso di FV e indice di sopravvivenza.

(14)

Persone, colpite da MIC, ed affette da patologie extra cardiache (neoplasie, diabete ecc.), hanno sicuramente una prognosi meno favorevole

(15)

1.5.3. L’importanza del fattore tempo

Safar 35, ha proposto la definizione di “rianimazione cardiopolomonare e cerebrale”, al posto della tradizionale RCP, per rilevare come, il vero obiettivo della rianimazione è ridare la vita ad un paziente, senza sequele neurologiche, da anossia cerebrale.

Questo si può ottenere solo lottando contro il tempo, poiché le probabilità di mantenere integro il cervello, diminuiscono in modo esponenziale, per ogni minuto di anossia. Da ciò l’importanza di attuare il più precocemente possibile le manovre BLS, e la defibrillazione quando indicata.

Nello studio di Eisemberg, 36 emerse una significante differenza, nella sopravvivenza, tra i pazienti in arresto cardiocircolatorio, sottoposti durante il tragitto verso l’ospedale alle sole manovre rianimatorie (ventilazione e massaggio cardiaco), e quelli defibrillati sul luogo. Nel primo caso, solo il 23% giungeva vivo in ospedale e il 7% era dimesso vivo, nel secondo il 53% giungeva vivo in ospedale e il 26% era dimesso vivo. Ancora nello studio si evidenziò l’importanza nell’attivare le manovre rianimatorie, sul posto, da parte degli astanti, “in americano bystander”, nell’attesa dell’arrivo dei soccorsi avanzati. Nei pazienti in cui era praticata la rianimazione cardiopolmonare, il 67% giungeva vivo in ospedale, e il 43% era dimesso vivo, contro il 61% dei pazienti che sul luogo dell’evento non ricevevano nessun trattamento rianimatorio, con il 22% di dimessi vivi.

Eisemberg et al., 37 elaborarono un grafico, rappresentato nella figura, evidenziando che non soltanto i tempi d’attuazione del BLS, ma anche la disponibilità ed il tempismo della chiamata dei soccorsi ed il loro invio, influenzano la percentuale di sopravvivenza.

35

Chiaranda M., op. cit., L’importanza del fattore tempo, pp.15-16 36

Hoffman M., Rauhe W., Mantovani G.-Capella G., op.cit., p.138, Ed. Sorbona 37

Chiaranda M., op. cit., L’importanza del fattore tempo, pp.15-16

Figura 6 Relazione tra il tempo di esecuzione delle manovre rianimatorie, BLS-D, e l’indice di sopravvivenza, proposto da Eisemberg et al.

(16)

Dal Grafico, è evidente quanta importanza rappresenti il secondo e terzo anello della catena, costituito dall’intervento del comune cittadino. Il successo del soccorso, dipende dall’attuazione precoce delle manovre di BLS, e la defibrillazione.

Di là delle differenze che possono in ogni caso riscontrarsi nella gestione della risposta sanitaria all’arresto cardiocircolatorio nelle metropoli, nelle città di medie dimensioni e nelle aree a bassa densità di popolazione, l’analisi dei dati ottenuti ha in ogni modo fornito alcune indicazioni fondamentali. I sistemi d’emergenza che erogano una risposta su due livelli, di base ed avanzato, dimostrano una migliore efficacia, solo se il personale di primo intervento può disporre di un defibrillatore; così configurati i mezzi BLS hanno incrementato la percentuale di sopravvivenza dallo 0-1% al 14-18%, anche in assenza d’intervento dell’ALS. Sulla scorta di questi risultati, l’orientamento scientifico mondiale tende ad anticipare il più possibile la manovra terapeutica, per tradizione e cultura fino ad oggi riservata alla categoria medica, affidandola alla categoria infermieristica o addirittura al cittadino che adeguatamente preparato può fornire una risposta altrettanto efficace.38

Nel 1994 AHA tenne una prima conferenza “laico e defibrillazione”,39 in cui si dibatté, l’importanza della necessità di permettere al laico l’utilizzo del defibrillatore, nel 1995 fu sottoscritto ed approvato un documento nel quale s’indicò come fattore decisivo per la sopravvivenza, all’attacco cardiaco improvviso nell’adulto, l’intervento del laico con manovre di RCP e utilizzo del defibrillatore automatico.

Nella letteratura internazionale si possono ricavare numerosi dati d’esperienze condotte in diverse realtà, europee e statunitensi. In uno studio di Mosesso40, che aveva come obiettivo la valutazione della fattibilità della defibrillazione con DAE da parte di poliziotti, è emerso che: il tempo medio per la prima defibrillazione è sceso da 12 a 8 minuti, dopo l’introduzione dell’uso del DAE, la sopravvivenza è migliorata dal 3.6% al 26%, rispetto alla defibrillazione eseguita solo da personale sanitario.

38

Monfredini M., Aspetti normativi della defibrillazione in Italia, Atti del Convegno, Trattamento Avanzato dell’Arresto Cardiaco, Portogruaro (VE), 29/04/2000

39

http://www.americanheart.org/Scientific/statements/1995/119501.html 40

Mosesso VN, Use of automated external defibrillators by police officers for treatment of out-of hospital cardiax arrest, Ann Emerg Med 198; 32(2):200-207

(17)

1.6. La defibrillazione

La defibrillazione consiste nell’erogare un’adeguata corrente elettrica, al muscolo cardiaco, attraverso la parete toracica, che attraversando in un breve intervallo (4-20msec) una quota sufficiente di massa miocardica (massa critica), renda il cuore refrattario all’onda d’attivazione della FV – TV, che è pertanto interrotta.41

In questo modo, se il 75%-90% delle cellule ventricolari si trovano nella stessa fase contemporaneamente, si ha la possibilità che il nodo atriale o altro stimolatore intrinseco, riesca a riprendere il controllo elettrico del muscolo.42

L’efficacia della defibrillazione dipende:

Dalla disponibilità del miocardio a lasciarsi defibrillare (soglia di defibrillazione), dipende soprattutto dalla durata della FV. Altri fattori che la influenzano sono: lo stato metabolico, la temperatura corporea, eventuale terapia farmacologica, dalla condizione patologica preesistente.

Dall’energia elettrica erogata, dalla forma d’onda e dal tempo di scarica. Tal energia deve essere un compromesso, fra la probabilità di successo ed il rischio di un danno al miocardio. Energie troppo elevate, rischiano di danneggiare il muscolo cardiaco, mentre, energie troppo basse, non riescono a depolarizzare quella quota di miocellule sufficiente per ripristinare il normale ritmo.

Dall’impedenza toracica, rappresenta la resistenza che si oppone al passaggio della corrente elettrica, e quindi influenza l’efficacia della defibrillazione. L’impedenza toracica dipende da molti fattori: l’energia selezionata, la grandezza degli elettrodi, il materiale d’interfaccia elettrodi-cute, il numero e l’intervallo di precedenti shock, la fase di ventilazione (quantità d’aria nei polmoni presente nel momento della scarica), le dimensioni del torace e la pressione del contatto elettrodo-cute. L’impedenza transtoracica nell’uomo adulto è pari in media a 70-80 ohm. Maggiore è l’impedenza, minore è il successo della defibrillazione, a parità d’energia e tempo di scarica. Possiamo quindi affermare: per erogare uno shock efficace, dobbiamo ridurre il più possibile il valore dell’impedenza toracica, sia operando accorgimenti sul malato, sia sulle apparecchiature, adottare forme d’onda, tempi di scarica e quantità d’energia, adeguati.43

1.6.1. Il defibrillatore

Il defibrillatore è un dispositivo in grado di somministrare una scarica elettrica controllata ad un paziente per interrompere un’aritmia cardiaca.44 L’apparecchiatura è composta di due tipi di circuiti, uno a bassa tensione di 10-16 volt, che alimenta tutti i circuiti di manovra e lettura (pulsanti, schermo, microprocessori, ed il circuito a valle del condensatore), ed un circuito ad alta tensione, che interessa il circuito di carica e scarica di un condensatore. L’elemento principale del defibrillatore è il condensatore, che ha la capacità di

41

IRC – Italian Resiscitation Council, Defibrillazione precoce, Manuale per l’esecutore, p.7 42

Associazione Infermieri Specializzati in Area Critica, Atti del Convegno, Trattamento Avanzato dell’Arresto Cardiaco, Portogruaro (VE), 29/04/2000

43

IRC – Italian Resiscitation Council, op.cit., La defibrillazione, pp. 7-9 44

(18)

immagazzinare grandi quantità di energia (misurata in Joule), che attraverso un sistema di scarica, la eroga, in un tempo di pochi millisecondi, al paziente, collegato con esso attraverso un sistema di cavi, con piastre terminali, applicate in punti specifici al torace.45

1.6.2. Tipi di defibrillatori

Vi sono due modi per praticare la defibrillazione: il metodo tradizionale o manuale e il modo automatico. Il metodo manuale comporta per l’operatore il controllo del ritmo cardiaco del paziente su un monitor, richiedendo quindi, una diagnosi da parte dell’operatore, decidere che è necessaria la somministrazione della scarica elettrica, lubrificare le piastre da applicare al torace, caricare il condensatore con un livello d’energia appropriato, ed erogare la scarica elettrica.

Un defibrillatore automatico, invece, è un apparecchio dotato di un computer che analizza il ritmo cardiaco del paziente, lo riconosce tra i ritmi, eventualmente da defibrillare, dopo che l’operatore ha applicato gli elettrodi adesivi di monitoraggio-defibrillazione al torace del paziente.

Vi sono due tipi di defibrillatore automatico esterno: il tipo semi-automatico e il tipo completamente automatico. Nel caso del tipo semi-automatico, il tipo più comune, il soccorritore è avvisato di premere un pulsante per la somministrazione della scarica, dopo che l’apparecchio ha completato l’analisi del ritmo, riconoscendolo come ritmo da defibrillare. Il defibrillatore completamente automatico, eroga la scarica direttamente al paziente, senza avviso al soccorritore di premere pulsanti, provvedono da soli.46

1.6.3. Defibrillatori a corrente Bifasica

Il tipo di corrente normalmente utilizzata dai defibrillatori, automatici e non, è di tipo continuo (monofasica) e fluisce in un’unica direzione, da un elettrodo verso l’altro.

Del tutto recente è l’impiego di DAE con forma d’onda di tipo bifasica, di derivazione dai defibrillatori impiantabili (ICD). Questi defibrillatori erogano energie relativamente basse, 150J, rispetto ai monofasici, 200-360J, con la stessa efficacia di questi ultimi.

Non è del tutto chiaro perché con l’onda bifasica sia necessario un minore livello d’energia, si pensa che la prima parte dell’onda condizioni o prepari il cuore ad essere defibrillato dalla seconda fase, ottenendo così una distribuzione più uniforme della refrattarietà delle cellule e riducendo la probabilità di una nuova fibrillazione. Per ottenere lo stesso effetto, l’onda monofasica deve invece depolarizzare una maggior massa

45

Associazione Infermieri Specializzati in Area Critica, Atti del Convegno, Trattamento Avanzato dell’Arresto Cardiaco, Portogruaro (VE), 29/04/2000

Figura 7

(19)

critica e richiede pertanto una scarica più energica, che, come si è dimostrato sperimentalmente, se supera i 300J può danneggiare il miocardio

(slivellamento del tratto ST, aumento degli enzimi cardiaci, aritmie post-shock). Oltre che sul piano clinico, l’impiego di minori energie, ha consentito all’industria di fabbricare apparecchiature sempre più piccole, (solo 2 Kg. con le batterie) e di contenere i costi.47

1.6.4. Funzionamento del defibrillatore automatico

I DAE sono apparecchiature molto sofisticate, con una sensibilità vicina al 90% (capacità di riconoscere un ritmo per cui la scarica è indicata) e una specificità maggiore del 95% (capacità del DAE di riconoscere il ritmo che non richiede la scarica).48

Il loro funzionamento si basa su un microprocessore che analizza le molteplici caratteristiche che costituiscono il ritmo: frequenza, ampiezza, morfologia d’inclinazione o d’onde, stabilità, disturbi e artefatti, comparandoli con centinaia di ritmi contenuti nel microprocessore. Tutta una serie d’operazioni di filtraggio è eseguita per separare il segnale ECG da disturbi elettrici (segnali radio, interferenze elettriche a 50Hz, elettrodi malfunzionanti, elettricità statica, impedenza) e artefatti (respiro agonico, trasporto in ambulanza, movimento del paziente).49

Minima è la possibilità d’errore dovuta all’apparecchiatura, per evenienze quali: Movimenti del paziente,

Interferenze radio,

Defibrillazione non necessaria, Defibrillazione mancata,

In meno di un caso su 1000 il mancato rispetto delle istruzioni per l’uso di un DAE ha provocato la somministrazione di scariche non necessarie. Sono stati descritti, in letteratura, rari casi di defibrillazione impartita a pazienti coscienti, con aritmie ventricolari o sopraventricolari emodinamicamente valide; si tratta d’errori da parte dell’operatore e non del dispositivo. Uno dei requisiti per l’uso del defibrillatore è lo stato d’incoscienza della persona. Gli errori più importanti riportati nei trials clinici consistono in occasionali ancate defibrillazioni in situazioni che n’avrebbero trovato giovamento, sono casi di FV a basso voltaggio.50

46

Michael F.,O’Keefe, Limmer D.,Harvey D.Grant, Robert H.Murray Jr. J.David Bergeron, op.cit., Il Defibrillatore Automatico Esterno, pp.347-348

47

Chiaranda M., op. cit., Defibrillatori a corrente alternata, p.198 48

ForeRunner defibrillatore semiautomatico, Manuale d’Uso, Heartstream 1996 49

Associazione Infermieri Specializzati in Area Critica, Atti del Convegno, L’Analisi del ritmo cardiaco: funzionamento, affidabilità, precauzioni, Portogruaro (VE), 29/04/2000

Figura 8

Propagazione onda bifasica e sua forma d’onda.

(20)

1.6.5. La defibrillazione pediatrica

Con quale energia deve essere erogato uno shock elettrico su un bambino?

Il Prof. Bardy G., 51 sostiene che l’elemento più importante da tenere in considerazione nella defibrillazione, non sia tanto l’energia, ma l’impedenza toracica. Tale resistenza nel bambino non è tanto diversa da quella dell’adulto e quindi correlabile bene con livelli d’energia di 150J, del defibrillatore bifasico con onda tronca esponenziale. L’indicazione attuale, dei 2J per ogni chilogrammo di peso corporeo non ha nessuna base scientifica. Il dott.Bardy conclude che “non defibrillare i bambini perché l’energia è ritenuta troppo alta, ha per risultato che i bambini sono lasciati morire”.

Altri studi pubblicati, riportano che il ritmo iniziale che maggiormente si presenta nel 40-90% dei casi, sia rappresentato da asistolia o PEA. La FV o TV si presenta in circa il 23% dei casi.

Gutgesell et al, 52 ritengono che energie erogate in bambini di 2J per chilo di peso corporeo, risultano efficaci nel 91% dei casi.

Attualmente la comunità scientifica, sostiene ed accetta, che la defibrillazione in età pediatrica, sia di scarsa importanza e sicuramente non deve avere la precedenza rispetto alle manovre di BLS. Nel caso si presenti un’aritmia da defibrillare, in bambini di età inferiore ai 12 anni, e di peso inferiore ai 40Kg,53 questa va trattata erogando energie di 2J/Kg, seguiti, in caso d’insuccesso, da 4J/Kg e gli shock devono essere ripetuti. Le placche da usarsi devono essere le più grandi possibili, compatibilmente con le dimensioni del corpo per ridurre l’impedenza, e migliore il flusso di corrente. Nel caso di un neonato, le placche, possono essere poste in posizione antero-posteriore.54

1.6.6. Fattori che influenzano la defibrillazione Posizione degli elettrodi

Il posizionamento degli elettrodi per la defibrillazione, è l’elemento che maggiormente influenzerà l’efficacia della stessa. Gli elettrodi, nel nostro caso adesivi, devono essere posti in modo tale da garantire il maggiore passaggio della corrente elettrica nel muscolo cardiaco. L’American Heart Association e tutti i costruttori, raccomandano la posizione sterno – apicale. L’elettrodo sternale è applicato a destra, sotto la clavicola, in posizione verticale alla sua lunghezza, mentre l’elettrodo apicale è posto a sinistra, sotto la piega della mammella, in posizione orizzontale alla sua lunghezza, in modo tale che la metà dell’elettrodo coincida con la linea ascellare media, come rappresentato nella figura.55

50

Chiaranda M., op. cit., Defibrillatori automatici sistema di analisi, p.198 51

Bardj G.: “RCP o Defibrillazione Precoce?”; N&A (2000) 99:6 52

http://www.americanheart.org/Scientific/statements/1995/119501.html,”Conferenza 8-10 Dicembre 194, Accesso Pubblico alla Defibrillazione”

53

Michael F., Daniel L., Harvey D.Grant, Robert H.Murray Jr., J. David Bergeron, Pronto Soccorso e Interventi di Emergenza, Ed. McGraw-Hill, pag.347

54

Chiaranda M., op. cit., Defibrillazione in casi particolari, p.201 55

IRC – Italian Resiscitation Council, op.cit., Posizione degli elettrodi, p. 9

(21)

1.6.7. Sicurezza nell’utilizzo del defibrillatore per l’operatore

Defibrillare, significa erogare corrente elettrica attraverso il torace del paziente. Ciò può rappresentare una fonte di pericolo per il soccorritore, che accidentalmente può venirne a contatto, rischiando lui stesso l’arresto cardiaco. Tutto questo si può prevenire osservando alcuni principi basilari:

Non effettuare la defibrillazione se il paziente è bagnato. L’acqua è un ottimo conduttore d’elettricità; pertanto il paziente va asciugato e messo al riparo della pioggia se è all’esterno;

Non effettuare la defibrillazione se il paziente sta toccando oggetti metallici con cui altre persone sono a contatto, se il paziente è in una pedana metallica, bisogna allontanarlo, accertarsi che nessuno tocchi la barella, se la defibrillazione avviene con il paziente in barella;

Se il paziente ha un cerotto alla nitroglierina, sul petto, questo deve essere rimosso prima della scarica, (la plastica del cerotto, non la nitroglicerina, può esplodere per il rapido surriscaldamento indotto dall’elettricità;

Prima di ogni scarica bisogna essere assolutamente certi di aver detto: “Allontanarsi!” e di aver controllato il paziente dalla testa ai piedi, in modo da accertarsi che nessuno lo tocchi direttamente o indirettamente.

Un’annotazione deve essere posta per i malati che sono portatori di dispositivi impiantabili tipo Pacemaker e/o defibrillatori impiantabili. In questi casi è da evitare di posizionare le piastre direttamente sopra tali dispositivi, poiché anche se protetti contro un’eventuale scarica dall’esterno, c’è la possibilità che si alteri la loro programmazione con conseguenti malfunzionamenti.56

56

Michael F., Daniel L., Harvey D.Grant, Robert H.Murray Jr., J. David Bergeron, op.cit., Sicurezza, pag.357) …al paziente è applicato un cerotto alla

nitroglicerina (toglierlo preventivamente)

NON procedere alla defibrillazione se…

…qualcuno sta ancora toccando il paziente (accertarsi che tutti si siano allontanati)

Il paziente è bagnato

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1.6.8. Rischi della defibrillazione per il paziente

La peggiore situazione che si può venire a creare, consiste nell’erogazione di uno shock, ad un paziente, per errato riconoscimento di un ritmo “Non defibrillabile”, in ritmo defibrillabile.

Questa è un’evenienza molto rara, la letteratura riporta una casistica inferiore allo 0,5%.

Che cosa può accadere al paziente se erroneamente è erogato uno shock improprio, nonostante la bassissima percentuale d’errori?

Il Dott. Cappato R.,57 ritiene quanto segue:

1) Non produce nessun cambiamento nel ritmo cardiaco, e quindi senza danni al paziente; 2) Induce una fibrillazione ventricolare che prima non c’era, e quindi con danno al paziente.

Dettagliatamente, nel primo caso è erogato uno shock, improprio, per errore del software, o per manovre errate da parte dell’operatore, ma essa non produce nessun cambiamento nel ritmo iniziale, e non causa danni alla persona, dato il presumibile stato d’incoscienza della stessa, “conditio sine qua on”, per utilizzare il defibrillatore. Nel secondo caso, lo shock erogato, induce una modificazione del ritmo iniziale, dovuta presumibilmente, alla scarica che avviene nel momento vulnerabile del ciclo elettrico cardiaco. In questo malaugurato caso, la fibrillazione indotta erroneamente, sarebbe riconosciuta dagli automatismi diagnostici del defibrillatore stesso, nella successiva analisi, con una probabilità superiore al 99.5%, si avrebbe una successiva rapida defibrillazione, che con tutta probabilità sarà efficace, ripristinando il normale ritmo cardiaco e senza nessuna conseguenza per l’incolumità del paziente.

57

Cappato R., Direttore del centro di Aritmologia Clinica ed Elettrofisiologia del centro Cardiovascolare “Edmondo Malan” (MI), “Rischi della defibrillazione: una defibrillazione non necessaria quali danni provoca al paziente?”, N&A (2000) 105: 4-6

(23)

1.7. PROGRAMMI PAD (PUBBLIC ACCESS DEFIBRILLATION)

Con il termine PAD si definisce una nuova metodologia con la quale realizzare un progetto di defibrillazione precoce sul territorio. Il P.A.D. si basa sul concetto di una catena, che coinvolge e correla in una sequenza temporale, enti pubblici e privati, istituzioni quali: il 118, le forze dell’ordine, il dipartimento d’emergenza sanitaria, l’opinione pubblica, tramite la stampa e le agenzie pubblicitarie, i rappresentanti della legge, le associazioni di volontariato, i vigili del fuoco ecc., nel perseguimento di uno stesso scopo, ridurre i tempi d’intervento rianimatorio, per tutte quelle persone che ogni anno muoiono da ACC.

1.7.1. Il progetto P.A.D.

L’obiettivo del programma, è il trattamento immediato (entro 4 minuti), di una persona colpita da arresto cardiocircolatorio, attivando la defibrillazione precoce eseguita da “First Responders”, “Primo a rispondere”, opportunamente addestrati alle manovre RCP e defibrillatorie, in attesa dell’arrivo del soccorso avanzato. Con l’attivazione di questi progetti sul territorio italiano, ci si propone di aumentare il tasso di sopravvivenza delle persone colpite da MIC, sino al 30%. Questo in linea con quanto avviene in altri Stati, Seattle, Washington, dove la percentuale di sopravvivenza dopo ACC è aumentata del 30% con tempi di risposta dall’evento contenuti in 7-8 minuti. Rochester, nel Minnesota, con una più radicale distribuzione dei DAE ai poliziotti, la percentuale di sopravvivenza è del 45%.58 Verosimilmente anche in alcune città italiane, che per prime hanno avviato programmi PAD, Piacenza, a distanza di un anno si è registrato un aumento della sopravvivenza dal 6/7% al 14,5%.59 E’ chiaro, quindi, che estendere queste percentuali su tutto il territorio nazionale, significherebbe salvare circa il 25% di persone 10000 vite, che altrimenti sono destinate a morire.

1.7.2. Consenso medico legale

L’ostacolo che attualmente, si oppone alla diffusione del defibrillatore semiautomatico, affinché possa essere usato, anche da personale non medico, è rappresentato da una carente legislazione. Di fatto, non esiste attualmente in Italia, nessuna norma legislativa, che autorizzi personale non medico alla defibrillazione, inoltre richiedendo una diagnosi, la defibrillazione può essere eseguita solo da personale medico, qualsiasi altro compirebbe un reato, punibile penalmente.

Il punto di forza per ottenere il consenso medico legale, fa leva sul concetto che la diagnosi, in altre parole se il paziente deve essere defibrillato oppure no, è fatta dal defibrillatore semiautomatico, una macchina capace di riconoscere con estrema sensibilità e specificità i ritmi da defibrillare e quelli che non richiedono defibrillazione. Tutto questo avviene senza interferenze da parte dell’operatore, che si trova ad eseguire solo quello che è impartito dalla macchina, e quando lo decide lei.60

58

Bardy G., Marchlinski Fe, Sharma AD, Worley SJ, Luceri RM, Yee R, al dll’et., Circulation 1996; 94:2507-2514 59

Alessando Dott.Capucci:”Volontari delle pubbliche assistenze di Piacenza addestrati a defibrillare”; N&A (2000) 98:2-3

60

(24)

Riguardo a ciò il presidente del Tribunale di Bolzano, Dott. Bruccoleri Carlo, alla richiesta di un parere legale, sull’uso del defibrillatore da parte di personale non sanitario, afferma che:

a) Si può ragionevolmente dubitare che la defibrillazione effettuata con l’impiego di defibrillatori semi-automatici, costituisca “atto medico” in senso proprio. Le caratteristiche tecniche dell’apparecchiatura, che fornisce automaticamente la diagnosi e la terapia più indicata, non lasciano alcun margine di discrezionalità all’operatore, sicché questi svolge esclusivamente un’operazione manuale d’esecuzione di una terapia suggerita e al tempo stesso attuata dallo strumento.

b) L’art.348 del Codice Penale, concreta di regola il reato d’esercizio abusivo della professione medica. Tuttavia, lo stesso ordinamento, esclude la sussistenza di reato nel caso di soccorso di necessità, ossia quando le circostanze impongono un intervento d’urgenza.

c) L’art. 593 C.P., impone a chiunque, allorché, “trovi un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, di prestare l’assistenza occorrente o, se non è possibile, dare avviso immediato all’autorità”. Non precisa la norma in che cosa debba consistere “l’assistenza occorrente”.

d) L’art. 51 C.P., esclude la punibilità di chi abbia commesso un reato, nell’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica.

e) L’art. 54 C.P., esclude la punibilità di chi abbia agito “per salvare altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona”.

Su queste considerazioni, si può affermare che la defibrillazione praticata in situazioni d’obiettiva urgenza o d’urgenza erroneamente e incolpevolmente supposta, con l’impiego di un defibrillatore esterno semi-automatico, da parte di personale sanitario non abilitato, o da parte di persona estranea all’ambiente sanitario, laico, non costituisce reato e rappresenta attività lecita.61

Daniela Aschieri, 62 come associazione “Il cuore di Piacenza”, ha presentato al Ministero della Sanità una bozza per un Decreto Ministeriale che possa regolamentare l’uso dei defibrillatori semi-automatici, al fine di ottenere una tutela legislativa nazionale, ed inequivocabile per l’uso del defibrillatore semi-automatico da parte di personale laico. La bozza del decreto, affronta: la libertà d’impiego del defibrillatore da parte del personale laico, la loro formazione e i corsi d’aggiornamento al fine di valutare la permanenza dei requisiti d’idoneità. La bozza prende in esame, anche il ruolo del 118, il quale deve coordinare l’utilizzo di queste apparecchiature.

Inoltre, anche la centrale operativa 118 di Modena, in collaborazione con l’Associazione Nazionale C.O.N.A. CUORE, (coordinamento operativo nazionale cuore), ha presentato una proposta di legge, che si compendia in tre articoli: 63

61

Bruccoleri C.:”Considerazioni medico legali sulla defibrillazione precoce con l’impiego del defibrillatore esterno semi-automatico”; N&A (2000) 98:12

62

Aschieri Dott.Daniela:”Defibrillazione ai laici:proposto un decreto ministeriale”; N&A (2000) 98:8-11 63

G. Spinella – Pesidente Associazione del cuore di Modena e Associazione CONACUORE “Il Progetto Cuore Vivo e la Defibrillazione Precoce”, Atti del Congresso Emergency Oggi, 13/15 Ottobre 2000

(25)

1. I cittadini possono attuare la manovra di defibrillazione precoce poiché gli attuali apparecchi, molto specifici ed affidabili, non sono più d’uso prettamente medico ed infermieristico.

2. I requisiti del soccorritore DAE, sono d’avere frequentato e superato un corso d’aggiornamento specifico, secondo le linee guida approvate in sede Nazionale ed Internazionale. Ugualmente l’abilitazione sarà mantenuta, solo se sarà effettuato un periodo d’aggiornamento secondo linee guida di cui sopra.

3. La defibrillazione non potrà essere effettuata senza il collegamento logistico ed organizzativo con i locali sistemi d’emergenza 118, per la loro competenza nel soccorso.

Da citare, che in questi giorni è stato emanato un decreto ministeriale, già pubblicato nella gazzetta ufficiale, che autorizza le compagnie aeree a munirsi di defibrillatore, ed il capo-cabina è autorizzato alla defibrillazione. Questo sicuramente rappresenta l’inizio di una legislazione, che sicuramente non potrà trovare ostacoli per una sua estensione anche da parte di personale laico, operante a terra.

In Europa ci sono già due normative in questo senso, una francese ed un’austriaca.

1.7.3. Chi può utilizzare il defibrillatore

L’uso del defibrillatore automatico, richiede da parte dell’utilizzatore, poche abilità, che riguardano: il riconoscimento di un arresto cardiaco, l’adeguata connessione dell’apparecchio, con il paziente, ed il rispetto della sequenza di trattamento memorizzata nella memoria dell’apparecchio stesso. Imparare ad usare un DAE è più facile che imparare ad eseguire correttamente la RCP. In test clinici effettuati, il personale di soccorso che fa uso di un DAE ha mediamente erogato lo shock 1 minuto prima del personale dotato di defibrillatore manuale.64 Negli USA sono stati fatti dei test per verificare chi fossero in grado di usare questi defibrillatori; sono stati testati i medici, la polizia, gli EMT (Emergency Medical Technicians), primi soccorritori, infermieri, hostess degli aerei, volontari, personale delle sale da gioco. Sono stati testati anche dei bambini, impiegano circa 90 secondi a capire come funziona un DAE e ad usarlo seguendo le istruzioni che lo stesso defibrillatore dice loro a voce.65Anche a Piacenza sono stati testati dei bambini, insegnando loro tecniche di soccorso. In un paio d’ore d’addestramento è stato insegnato come riconoscere una situazione d’emergenza, il significato della chiamata al numero 118 e l’utilizzo del DAE. Già dopo due sole prove, dice la Dott.Aschieri, 66 i bambini erano in grado di aprire il defibrillatore, posizionare le placche adesive sul torace della persona svenuta, accendere il defibrillatore e seguire le indicazioni vocali via via suggerite dal defibrillatore. Da ciò si deduce che l’utilizzo del DAE non è prerogativa di una elite di persone, ma chiunque lo può utilizzare con efficacia e successo, previo un breve corso di insegnamento all’utilizzo 5 ore, secondo linee guida dettate AHA, ed adottate dall’IRC.

64

IRC – Italian Resiscitation Council, op.cit. 65

Bardy Dott.Guest:”Defibrillazione precoce perché proporla con tanta insistenza”; N&A (2000) 98:6 66

(26)

1.7.4. Requisiti del defibrillatore

Secondo il Dott. D’Este, i defibrillatori si possono suddividere in quattro categorie: A quattro tasti (accensione/spegnimento, analisi, carica, scarica)

A tre tasti (accensione/spegnimento, analisi, scarica)

A due tasti (accensione/spegnimento, scarica), sono quelli che meglio si adattano, per essere impiegati nei programmi di defibrillazione precoce per la comunità.

Un defibrillatore, contrariamente a quello che si potrebbe credere, deve adattarsi all’operatore che lo utilizzerà. Per questo il DAE, impiegato da personale laico addestrato alla defibrillazione, deve:

Essere di semplice utilizzo, anche un bambino dovrebbe essere in grado di utilizzarlo;

Avere pochi tasti, il due tasti evita il rischio di errore, o di non sapere, nell’immediato utilizzo, quale tasto deve essere premuto. Questo si traduce alla fine in un notevole risparmio di tempo, sia nell’insegnamento all’uso, sia nell’applicazione;

Dare indicazioni a voce, in italiano, su cosa si deve fare momento per momento; Essere bi-fasico;

Essere in grado di scegliere automaticamente l’energia di scarica, in base all’impedenza toracica, demanando così l’operatore dalla scelta;

Registrare automaticamente per un tempo sufficiente, su una PC CARD, tutto ciò che avviene nel paziente, ed attorno al paziente: tracciato ECG, shock somministrati, suoni, voci, rumori, con ore e minuti;

Non richiedere la ricarica delle batterie. Le batterie ricaricabili, non sono mai garanzia di carica ottimale. Sono preferibili le batterie al litio, che non necessitano di carica, garantiscono una durata periodica lunga, medialmente un anno senza utilizzo, oltre al vantaggio di poter dislocare il defibrillatore in qualsiasi luogo;

Richiedere poca manutenzione ed essere affidabile;

1.7.5. Attivazione del First Responder

In un servizio PAD, risulta efficace gestire le chiamate per AC, istituendo un codice d’attivazione, di tipo dedicato, CODICE BLU, al quale rispondono tutti i soccorritori in possesso di DAE: all’arrivo di una chiamata generale indicante il luogo d’intervento, risponderà il First Responder più vicino al luogo d’intervento, in questo modo si riesce a gestire in modo molto dinamico, l’attivazione del soccorso nel minor tempo possibile. Seguirà l’invio dell’unità medica medicalizzata per il trattamento avanzato. Un modo, a mio avviso ancora più rapido sarebbe quello di dotare tutti i defibrillatori mobili (cioè installati su automezzi quali vigili, polizia, carabinieri , ambulanze, metronotte), di un trasmettitore satellitare a radio localizzazione (GPS), in questo modo una volta che la C.O.118 riceve una chiamata di soccorso per la quale scatta il codice Blu, può allertare direttamente il mezzo che in quel momento si trova più vicino al luogo della missione. Con questo sistema si evitano due passaggi: la chiamata generale dei First R. mobili, e la risposta del First R. che

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presume d’essere vicino al luogo dell’intervento, con un certo margine di discrezionalità, tale da non corrispondere al tempo reale d’intervento.

1.7.6. Training del laico

La maggior parte dei First Responder, non utilizzano molto spesso il defibrillatore, né tanto meno, si vengono a trovare di fronte a pazienti in ACC. In queste condizioni, diventa assai facile per i soccorritori, dimenticare ciò che avevano imparato a proposito della defibrillazione. Questo è un motivo più che sufficiente, per il quale, la formazione permanente, teorica e pratica, è tanto importante. In tutti i servizi di emergenza in cui vengono attivati i programmi PAD, oltre alla formazione iniziale, devono essere previsti corsi di aggiornamento “Retraining”, con cadenza non inferiore ai sei mesi e comunque entro l’anno. Il retraining, a cura dell’infermiere o di un medico, deve prevedere, la descrizione d’eventuali variazioni nelle linee guida, dimostrazioni pratiche di trattamento con simulazione su manichini appositi, sia nel riconoscimento dei pazienti da trattare con defibrillatore, sia nell’eseguire il BLS, che non può essere una manovra disgiunta dalla defibrillazione. Devono essere previsti momenti di discussione per eventuali problematiche del First Responder: a volte può accadere che il non usare mai l’apparecchiatura, possa demotivare il First Responder, per questo è molto utile organizzare incontri di ripasso d’eventuali casi in cui sia stata praticata la defibrillazione da parte del laico. Tenere aggiornati i First Responder sul decorso dei malati che hanno ricevuto la defibrillazione, può contribuire ad aumentare la motivazione necessaria per sostenere la DP.

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1.8. ESPERIENZE ATTUATE

1.8.1. PIACENZA “Progetto vita” 5 Maggio 1999

“Ho sentito parlare per la prima volta di una rete di defibrillatori distribuiti sul territorio e operati da dei laici un anno e mezzo fa, durante un congresso medico negli Stati Uniti, dove il Dott. Gust Bardy ha illustrato la situazione di Seattle nella quale è stato avviato un progetto di questo genere”, spiega il Dott. Cappucci A., primario cardiologo all’ospedale di Piacenza. 67

E’ così che Piacenza, prima città in Europa, avvia il “Progetto Vita”, un capillare sistema di soccorso con “280 laici, First Responder”, addestrati alla defibrillazione precoce, con 27 defibrillatori semi automatici, sparsi sul territorio in punti strategici della città e a bordo di automezzi (polizia municipale, vigili del fuoco, ambulanze di associazioni).

Analisi della metodologia organizzativa Reperimento fondi

Per il reperimento dei fondi, si è cercato di coinvolgere tutta la popolazione, che in questo modo è diventata parte attiva del progetto dice il Dott. Cappucci. Molte aziende e supermercati si sono attivati per organizzare raccolte di fondi in una sorta d’autofinanziamento. Si sono inoltre organizzati spettacoli in piazza tipo “Teleton”, dice la Dott. Aschieri D. cardiologo, referente del progetto. Il tutto supportato da una massiccia pubblicità. Si sono coinvolti tutti i canali di diffusione radiofonica, televisiva, giornalistica, enfatizzando lo scopo del progetto: cosa fosse la defibrillazione, perché è importante farla presto. Si sono organizzati numerosi incontri con le varie associazioni, sportive, culturali, assistenziali, divulgazioni nelle scuole, allo scopo di sensibilizzare un sempre maggiore numero di persone ed ottenere, alla fine, il loro consenso e la partecipazione al progetto.

Aspetti legali

“Da attenta analisi delle norme giuridiche, non ci sono ostacoli giuridici maggiori. E’ tuttavia chiaro che colui che non ha una laurea in medicina e non ha l’abilitazione professionale all’esercizio della professione medica, può operare solo e unicamente sotto la responsabilità del medico che si assume la responsabilità dell’azione”, dice il Dott.Cappucci. 68 Qui a Piacenza, la responsabilità, sarà della struttura dipartimentale che si occupa della formazione. Inoltre, in seguito ai numerosi incontri e meeting, per la diffusione del progetto, e la mobilitazione del popolo, le Istituzioni e le autorità cittadine si sono sentite confortate nel prendere una serie di decisioni “eccezionali”, non ultime, quelle di richiedere ed ottenere l’autorizzazione, dai competenti ministeri, per addestrare gli uomini delle forze dell’ordine, ad eseguire la defibrillazione precoce con i defibrillatori, posti a bordo delle loro autopattuglie. Inoltre si sta tentando di forzare la burocrazia centralista

67

Cappucci A.:”Laici autorizzati a defibrillare”; N&A (2000) 99:1 68

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della Capitale, delegando l’autorità legislativa alle singole regioni, che si sono dimostrate molto più sensibili e permessive.69

Dislocazione logistica

A Piacenza i defibrillatori sono stati sparsi nelle zone del centro ad alto flusso di persone, come: ufficio di polizia, poste centrali, in alcune piazze, grossi centri commerciali e supermercati, inoltre sono stati posti defibrillatori nelle macchine delle forze dell’ordine, per una migliore capillarità nel territorio. Tutti i defibrillatori sono numerati e mappati alla centrale del 118 con: numero progressivo, ubicazione, note di manutenzione, persone abilitate all’uso più prossime, con telefoni e numeri dei cellulari. I defibrillatori saranno posti bene in vista e indicati da un particolare contrassegno. Nel caso di malore, il 118 attiverà il First Responder più vicino, il quale una volta prelevato il defibrillatore, raggiunto il posto, lo collegherà al paziente. A questo punto sarà il defibrillatore che deciderà cosa fare, se somministrare la scarica oppure no. Una volta che l’ambulanza del 118 sarà sul posto, si prenderà in carico il paziente, e provvederà al trasporto, con il defibrillatore con cui è stata erogata l’eventuale scarica. All’arrivo in centrale 118, si preleverà la PC CARD, sulla quale si sono registrati tutti gli eventi temporali, oltre all’ECG, le manovre eseguite, sostituita con una nuova, ripristinato il materiale usato e ricollocato nel suo posto in città. Per i defibrillatori “mobili”, vale a dire, quelli collocati nei mezzi della polizia o dei vigili, o nelle ambulanze delle varie associazioni di volontariato, per loro saranno attivati un codice di chiamata dedicato, “Codice Blu”, che permetterà alla centrale 118 di individuare la posizione del mezzo più vicino al luogo del malore e al suo tempestivo invio.

Formazione

Maurizio Saltarelli, infermiere coordinatore del 118 di Piacenza, 70 ritiene che inizialmente la formazione preveda soltanto il corso di defibrillazione precoce, “al cittadino bisogna insegnare subito come defibrillare, al BLS e quindi riconoscere l’arresto cardiaco, la sequenza dell’ABC, pervietà delle vie aere, respirazione, circolazione, posizione di sicurezza ecc. ci penseremo successivamente”.

Questa scelta di anteporre la DP (defibrillazione precoce) al BLS, deriva da alcune considerazioni:

Minore tempo per insegnare la DP, 5 ore tra teoria e pratica, e quindi possibilità di formare molte più persone;

Apprendere, come eseguire la DP è molto più semplice, che non eseguire correttamente il BLS; Riduzione dei tempi di trattamento, un soccorritore che conosce il BLS potrebbe iniziare le manovre di BLS, invece di collegare il defibrillatore e permettere alla macchina di valutare la situazione cardiaca; La sostanza del nostro progetto, ritiene il Dott. Cappucci, 71 è insegnare al maggiore numero di persone, come trattare un arresto cardiaco, nel modo più semplice possibile e nel tempo minore possibile, semplicemente premendo un pulsante.

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Cappucci A.:”Defibrillazione precoce: problemi e strategie – meeting di esperti a Marilleva”; N&A (2000) 105:11 70

Saltarelli M.:”Formazione alla defibrillazione precoce; Al BLS ci penseremo dopo!”; N&A (1998) 82:6 71

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1.8.2. MESTRE-VENEZIA “Progetto Salvagente” 21 Luglio 2000

Scopo del progetto è quello di formare “First Responder”, laici, in numero tale, da consentire di ridurre l’intervallo tra l’ACC e l’inizio della defibrillazione, mantenendolo al di sotto dei 5 minuti. L’obiettivo è di arrivare e, se possibile superare, la percentuale del 30% di sopravvivenza, già dimostrata in altre esperienze europee e nordamericane, in aree prevalentemente urbane.

Analisi della metodologia organizativa Reperimento fondi

Per tutto il progetto si richiederà il patrocinio dell’Azienda USSL 12, della CEE, del Ministero della Sanità, della Regione Veneto, del Comune di Venezia e delle Associazione Sacientifiche ANMCO, SIC, GIEC, AIAC, IRC.

Non si esclude il coinvolgimento della popolazione al progetto, attraverso campagne di sensibilizzazione alle specifiche tematiche, indirizzate ai malati cardiopatici e alle loro famiglie, nel quale avrà ruolo fondamentale l’Associazione “Amici del Cuore”. Il progetto sarà pubblicizzato con un logo impiegando tutti i sistemi di diffusione, al fine di sensibilizzare la popolazione, nel promuovere il progetto stesso.

Aspetti legali

Il progetto sarà diretto da un comitato multidisciplinare: responsabile U.O. Cardiologia, D.E.U., SUEM, Amici del Cuore. I medici componenti il comitato avranno la responsabilità legale degli interventi di defibrillazione effettuati dagli operatori laici, una volta ritenuti idonei all’utilizzo del defibrillatore.

Dislocazione logistica

Considerata la complessità oleografica del territorio, il progetto si attuerà in due fasi consideranti la Terraferma Veneziana e Centro Storico, isole, con soluzioni logistiche diverse ma in ogni caso complementari.

Per la terraferma, il progetto prevede nella sua prima fase, la distribuzione del DAE in tutte le ambulanze delle Associazioni di Volontariato e dei vigili del fuoco, questo permetterà di poter disporre di un maggiore numero di mezzi di soccorso, potenzialmente in grado di eseguire la DP. Successivamente si distribuiranno i DAE alle forze dell’ordine, per poi passare alla terza fase, che prevede l’allocazione del DAE, presso impianti industriali, centri commerciali, zone urbane ad alta concentrazione di pubblico. In questo progetto, non sono state trascurate, le persone conosciute e a rischio d’ACC, per questi sono previsti corsi di formazione al BLS ed in particolare alla RCP (rianimazione cardiopolmonare).

Venezia centro storico ed insulare.

Per questa zona territoriale, inizialmente si provvederà ad abilitare gli infermieri del SUEM di Venezia, iniziando con il personale del SUEM del Lido, di Pellestrina e dei Vigili del Fuoco del Lido e Cà bianca. In seguito si abiliteranno il personale della Croce di Malta, Polizia Municipale e Vigili del Fuoco del centro storico. Quest’ultima, ed in particolare P.za San Marco, sarà coperta con pattuglie appiedate della polizia

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